BIBLIOGRAFIA - Annalisa Bindi

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BIBLIOGRAFIA - Annalisa Bindi
140 Il sole sorge a est
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144 Il sole sorge a est
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ALLEGATO A
LE INVARIANZE DEL PATRIMONIO TERRITORIALE
I percorsi storici1
Nel tentativo di ricostruire la viabilità una difficoltà deriva dal fatto che, contrariamente agli
insediamenti di cui rimangono le tracce, delle strade (che hanno avuto fino al secolo scorso il
carattere più che altro di sentiero) tali tracce si perdono o sono assenti. Il lavoro degli storici è
dunque quello di interpretazione delle fonti e dei ritrovamenti archeologici.
Allo stato attuale il quadro conoscitivo è frammentato e, per quanto riguarda il periodo
precedente all’Ottocento, si possono fare soltanto delle ipotesi, gli storici e gli archeologi
infatti preferiscono parlare di direttrici2 piuttosto che di percorsi veri e propri; se infatti si può
presumere che il collegamento tra due luoghi si sia mantenuto nel tempo, è possibile che il
percorso sia stato modificato a seguito dei cambiamenti del sistema ambientale ed idraulico, a
livello locale molto evidenti.
Relativamente al periodo etrusco le ricostruzioni sono state fatte sulla base dei siti rinvenuti e
dalla morfologia del territorio. Delle conferme indirette vengono dal periodo romano ed
ellenistico; gli scavi archeologici hanno dato alla luce tratti di strada basolata ed è presumibile
che queste ricalcassero in buona parte le precedenti etrusche ( è il caso dei tratti individuati in
uscita dalla città di Vetulonia). Altre conferme dovranno venire da ulteriori scavi. Il cui esito
è in parte compromesso dalla consuetudine diffusa sino a poco tempo fa di utilizzare i siti
affioranti come cave per le nuove costruzioni3. Come si evince dalla tavola sul sistema
insediativi etrusco, è credibile la presenza di una fitta rete viaria che, facendo centro su
Vetulonia, si diramava nel territorio collegando la città con le zone agricole di fondovalle (Val
Berretta, San Germano, Valle del Rigo), con le colline metallifere ed infine con le zone costiere
dove senza dubbio erano collocati uno o più approdi.
Durante il periodo romano oltre al sistema viario locale precedente si dovette valorizzare
quello di attraversamento e lunga percorrenza, quali la via Aurelia. Secondo le ricostruzioni
fatte, l’Aurelia si sviluppava secondo due tracciati: uno costiero ed uno più interno; il primo
sarebbe stato in funzione fintanto che le condizioni del lago non peggiorarono; infatti dal III
sec. d.c. l’occlusione degli emissari del lago ne avrebbero innalzato il livello delle acque,
provocando impaludamenti della zona dell’Ombrone divenuta poi impraticabile; questo
troverebbe conferma nella carta Peutingeriana.
Durante il periodo medievale il baricentro del sistema insediativo, pur con delle eccezioni
(vedi l’Abbadia ed il sistema fortificato di Grosseto), si sposta sulle alture; si presume dunque
lo sviluppo dei percorsi di crinale e mezza costa, accanto al mantenimento di quelli di
fondovalle compresi quelli lungo il lago, che continuava ad essere una risorsa fondamentale
per la sopravvivenza delle comunità locali. Delle conferme indirette ci possono venire dalle
epoche successive ed in particolare dal Catasto Leopoldino; se questo dato vale in generale, è
ancor più valido per questi luoghi dove, ad eccezione di Tirli, sviluppatasi nel corso del ‘600,
si è verificata una sostanziale continuità insediativa.
Documentazioni più certe si iniziano ad avere dal periodo mediceo, quando il sistema viario
locale risulta precario e fragile. Le cause vanno ricercate nella mancanza di un adeguata
regimentazione delle acque nel periodo invernale ed il caldo ed i miasmi malarici emessi dal
1
Piano strutturale del Comune di Castiglione della Pescaia, 2004, quadro conoscitivo, 2004,
Quadro Conoscitivo, pag. 269-271.
2
Vedi Citter, in Cammini Giubilari
3
E’ il caso dell’antica via Aurelia lungo il Tombolo, il cui basolato è stato utilizzato per
realizzare la nuova strada di impianto ottocentesco; […]
145 Il sole sorge a est
lago in estati che difatti isolano Castiglione e la sua comunità. Tale situazione è rimasta
invariata fino al settecento, tanto che lo stesso Pietro Leopoldo, parlando della maremma,
indicava l’isolamento come una delle cause principali del mancato sviluppo economico e
demografico. La situazione era tanto più grave perché il problema non riguardava soltanto il
territorio al suo interno, ma anche i collegamenti con l‘esterno; infatti durante il medioevo, a
causa del dissesto idraulico e dello stato di insicurezza determinato dalle incursioni Turche, si
finì per privilegiare gli itinerari dell’entroterra, quali la via Francigena, di fatto isolando il
tratto costiero, almeno per la zona in esame.
Sempre dalle fonti emerge che nella seconda metà del Settecento in pieno periodo Lorenese, la
viabilità di collegamento con le roccaforti costiere (Torre Cala Galera, Forte delle Rocchette
ecc.) era precaria, come del resto la via per Tirli lungo l’Ampio (si percorreva infatti quella per
le vigne ed i poggi della casina degli Orzali), mentre la strada per l’Abbadia (la Badiola al
Fango) era in mezzo alla palude. Non diversa era la situazione lungo il Tombolo, qui infatti la
strada correva lungo la spiaggia fino al fosso Martello, di qui al Querciolo e poi fino a
Grosseto; il mezzo principale rimaneva il “barchino”. Alla luce di questi fatti bisogna leggere
gli interventi di Ximenes, in particolare lo scavo del nuovo Navigante e il tentativo di
costruire una strada lungo il suo argine nell’ottica di superare tale isolamento.
E’ soltanto nell’Ottocento che la situazione tende a migliorare, è infatti il Santi (naturalista
della seconda metà del XVIII sec.), che testimonia il ripristino della viabilità lungo il
tombolo. Sempre nell’ottica di favorire la mobilità locale va vista l’iniziativa di concedere alla
popolazione locale il passaggio gratuito con barca sulla fiumara di Castiglione.
Di fatto nel catasto Leopoldino, che fotografa lo stato dei luoghi in un momento in cui la
bonifica integrale non è ancora definita, è presente la maglia viaria principale, ancora oggi in
gran parte in uso; era difatti esistente l’attuale strada delle Collacchie, come del resto la strada
delle Strette; completamente modificato è invece il sistema viario di bordo del lago (l’attuale
Provinciale di Macchiascandona). Si nota un intensificarsi di strade nei pressi di Castiglione
e di Vaticino, dove si hanno i primi fenomeni di case sparse; sono presenti inoltre strade di
mezza costa, quali quella che da Vaticino, passa per il podere Il Frantoio e prosegue per
Macchiascandona e quella in parte di crinale, che da Castiglione, passando per il Romitorio e
Buriano, proseguiva per Giuncarico.
La viabilità romana e medievale nel castiglionese
Il tema della viabilità in epoca romana e medievale è stato approfondito da Carlo
Citter4, il quale afferma che l’area grossetana fu attraversata da una fitta rete stradale,
costruita fra il III e II secolo a.C. di cui i principali tracciati erano l’Aurelia Vetus e
l’Aemilia Scauri. Le due strade procedevano da Roma a Pisa con tracciati separati,
anche se a breve distanza, oppure condividevano uno stesso tracciato, ma in generale
l’Aemilia Scauri aveva un percorso più interno, mentre l’Aurelia seguiva la costa.
Grazie a ritrovamenti di basolati, ricognizioni di superficie e foto aeree, è possibile
individuare un primo tracciato, presumibilmente l’Aurelia Vetus, che da
Cosa/Ansedonia raggiungeva il fiume Ombrone nei pressi della foce, per biforcare (a
S.Mamiliano), dopo aver superato il corso d’acqua al Ponte del Diavolo, da un lato,
verso Grosseto-Roselle e, dall’altro, verso Castiglione della Pescaia attraverso il
tombolo costiero5.
Un secondo tracciato, parallelo al primo, ma più interno, è probabilmente l’Aemilia
Scauri, che superava l’Ombrone poco a monte di Grosseto. I due tracciati, posti
entrambi sulla sponda orientale del Lago Prile, si congiungevano (per poi subito
dopo nuovamente separarsi) in una località denominata Salebrone, che molti hanno
4
CITTER, C. 1996a, La viabilità in provincia di Grosseto fra l' età romana e il medioevo, in
CITTER, C. a cura di Guida agli edifici sacri. Abbazie, monasteri, pievi e chiese medievali della
provincia di Grosseto, Siena
[….] oltrepassato l' Ombrone dopo il cosiddetto Ponte del Diavolo, un tratto
stradale costeggia il meandro fino al podere S. Mamiliano dove si biforca: un tratto
lungo circa 50 m. si dirige verso Grosseto, l' altro, appena accennato, ma chiaro, verso
il tombolo costiero e quindi Castiglione della Pescaia; […] lungo il tombolo costiero la
letteratura riporta numerose testimonianze di una strada basolata che sul posto
viene ancora definita rialto del diavolo, evidentemente perché costruita su aggere; c'è
l' evidenza archeologica di un grande abitato ai piedi del colle di Castiglione della
Pescaia, presso l' accesso al Prile. (Idem, pag. 88).
5
146 Il sole sorge a est
identificato in Castiglione della Pescaia, ma che invece Citter ritiene possa essere la
località “Il Lupo”, presso il fiume Bruna, tra Vetulonia e Giuncarico, un luogo che nel
medioevo era detto significativamente l’Incrociata6.
Il tracciato costiero seguiva invece il tombolo e raggiungeva Castiglione della Pescaia
dopo aver superato un ponte sull’emissario del Prile, per poi proseguire a nord in
direzione di Follonica (attraverso il Pian di Rocca), oppure raggiungere ancora
Salebrone costeggiando la sponda occidentale del Prile, sotto i colli di Vetulonia7.
Nel medioevo si ha una sostanziale continuità d’uso dei tracciati antichi già descritti,
confermando il punto nodale rappresentato dall’Incrociata, nei pressi del quale sorse
l’Abbazia di Sestinga8.
Dall’Incrociata una via pubblica percorreva le valli del Rigo e dell’Alma9 per
congiungersi al tratto costiero10.
I viaggi del Granduca11
6
Superato l' Ombrone l' Aurelia vetus si dirigeva dunque verso Roselle. Contando 9 miglia da
Hasta arriviamo nel centro storico di Grosseto. L' Aemilia Scauri invece, si ricongiungeva
alla vetus dopo Telamona per distaccarsene prima di Hasta, evitando quindi sia
questa che la foce dell' Ombrone e Umbro per dirigersi verso Grosseto direttamente.
Questo intervento consentiva di evitare numerosi punti di traffico intenso per
proseguire verso nord, costeggiando la riva sinistra del laghetto di Alberese, le colline
di Grancia, nelle cui vicinanze poteva attraversare l' Ombrone e da qui arrivare al
grande complesso di S. Martino. Le due strade dunque sarebbero sulle opposte
sponde del fiume, quasi parallele. […] Da Umbro-Grosseto e da S. Martino-Ad Lacum
Aprilem la via Aurelia vetus e l' Aemilia Scauri procedevano in direzione nord-ovest
quasi parallele, per convergere, dopo XII miglia, a Salebrone, da ubicare all' interno,
presso il Bruna. La zona de Il Lupo, detto nel medioevo l'Incrociata, perché nodo
viario importantissimo, sembra la posizione più plausibile. (Idem, pag. 89).
7 Certamente dopo la costruzione dell' Aurelia Vetus fu realizzato anche il tratto che univa
l'Ombrone a Follonica, per consentire un più agile collegamento fra i porti della costa e per
facilitare il traffico di lunga percorrenza verso la Gallia.
Resti di questo tracciato sul tombolo furono segnalati già dal Repetti e ancora prima dal Targioni
Tozzetti. La strada doveva correre lungo un aggere ed era basolata. Il sopralluogo non ha
consentito di reperire dati materiali in questo senso, ma stando a precedenti segnalazioni doveva
essere un po' più a monte di quella attuale, distanza che aumentava verso Pingrossino, con circa 1
km di differenza, e che diminuiva verso Castiglione, a Canova. A Castiglione della Pescaia era un
altro ponte che una carta del XVIII secolo riporta con il consueto toponimo di ponte del Diavolo.
Lungo le rive settentrionali ed occidentali del Prile correva un altro importante asse viario che
univa il porto di Castiglione della Pescaia a Vetulonia costeggiando l' area di Isola Clodia. (Idem,
p.92).
8
La via Aurelia vetus era interamente ripresa, fra Grosseto e Salebrone, dalla via che va a Buriano
che passava per il portum stagni e, attraversato il Sovata, proseguiva in direzione nord avendo
sulla sua sinistra la curtis poi castello di Buriano, la curtis poi castello di Colonna/Vetulonia, le
due abbazie di Sestinga e il castello di S. Michele. A Il Lupo si incrociava con la via del vadum de
Yschia o ad balneum Calvellarum che riprende gran parte del tracciato dell' Aemilia Scauri con la
ovvia deviazione nel suo tratto iniziale verso il nuovo polo di Grosseto dalla primitiva mansio
presso S. Martino che infatti non restituisce materiali posteriori al VII secolo d.C. se non qualche
frammento sporadico di maiolica arcaica. (Idem, p.98).
9
Da L' incrociata una via publica passava sotto Vetulonia nei pressi del Casale Episcopi e
seguendo i corsi del Rigo prima e dell' Alma poi, arrivava a congiungersi con il raccordo costiero a
Pian d' Alma, cioè alle spalle del porto romano. Pur non essendovi prove inequivocabili di un
tracciato viario romano lungo questa direttrice, mi sembra piuttosto evidente che il porto alla foce
dell' Alma e Castiglione della Pescaia siano i due referenti per Vetulonia ed il suo territorio.Idem
p.98
10 La strada romana doveva essere ancora in suo fino alla costruzione della nuova via dei
cavalleggeri che univa le torri costiere fra XVI e XVII secolo. Idem, p.96
11
Diana E., In viaggio con il Granduca. Itinerari nella Toscana dei Lorena, Edizioni Medicea, Firenze,
1994
147 Il sole sorge a est
Pietro Leopoldo di Lorena, Granduca di Toscana, tra il 1767 ed il 1773 compì
numerosi viaggi in Maremma per sovrintendere agli imponenti lavori di bonifica
della pianura grossetana. Nell’occasione redasse minuziose relazioni di viaggio che ci
permette di ricostruire l’assetto viario del tempo nell’area di Castiglione della
Pescaia.
I diversi tracciati sono suddivisi a seconda degli interventi che il sovrano ebbe ad
annotare:
- Tracciati viari citati da Pietro Leopoldo per i quali non si hanno notizie di
interventi:
Simbolo: (________________)
3 – Massa – Lago dell’Accesa – Valle di Montesassi – feudo Cambiaso – Giuncarico –
Ravi – Castiglione della Pescaia;
4 – Massa – Lago di Pian d’Alma – Torre delle Civette – Torre delle Rocchette –
Castiglione delle Pescaia;
6 – Castiglione della Pescaia – via del Tombolo – strada lungo il fosso Martello –
Paduline – Querciolo sul fosso S.Giovanni – Grosseto;
9 – Valpiana – Accesa – Gavorrano – Tirli – Castiglione della Pescaia;
10 – Lago di Scarlino – Follonica – Padule di Pian d’Alma – Torre del Barbiere – Torre
della Troia – Tirli;
11 – Torre della Troia – Torre di Cala Galera – Torre delle Rocchette – Castiglione
della Pescaia;
12 – Castiglione della Pescaia – Colonna – Giuncarico – Montepescali – Sticciano –
Paganico;
- Tracciati viari citati da Pietro Leopoldo oggetto di lavori di ripristino o miglioria:
Simbolo: (------------)
31 – Strada lungo l’argine del Navigante “per andare da Grosseto a Castiglione”
34 – Accesso a Colonna
- Tracciati per i quali Pietro Leopoldo sollecita il ripristino
Simbolo: (……………..)
44 – Castiglione della Pescaia – Colonna
45 – Castiglione della Pescaia – Tirli
Aree di rilevante pregio ambientale ed i siti di interesse naturale e culturale.12
Il territorio di Castiglione della Pescaia è caratterizzato dalla presenza di grandi aree boschive
che costituiscono una risorsa primaria sia per le attività agricole connesse, sia per la
componente floro-faunistica che per il potenziale sviluppo turistico in senso naturalistico. A
tal proposito, se il Parco della Maremma costituisce un modello consolidato ormai da tempo, è
da segnalare il recente progetto di valorizzazione della Diaccia Botrona, che ha visto sia il
ripristino della Casa Rossa, con la funzione di laboratorio multimediale che la costruzione di
percorsi escursionistici.
Il patrimonio boschivo, che con i suoi 12.446 ha copre una parte cospicua dell’intero territorio
comunale, si sviluppa lungo i principale rilievi, che dall’interno si prolungano a ventaglio
verso il mare. Procedendo da est verso ovest incontriamo i poggi di Vetulonia e di Buriano,
quelli di Tirli e sulla costa quelli di Punta Ala. All’interno di questi vasti ambiti la Provincia
ha individuato le A.R.P.A. (aree a rilevante pregio ambientale), sottoponendole ad una
disciplina specifica. Tali aree sono state classificate in base al valore prevalente, quello
naturalistico (N), quello paesaggistico (P) e quello storico archeologico (S).
All’interno dell’A.R.P.A sono state individuate le Aree di Reperimento (AR), che sono zone
sottoposte a tutela elevata. Complessivamente le A.R.P.A. e le Aree di Reperimento con i loro
7.800 ha occupano circa il 35% dell’intero territorio comunale.
L’elenco delle aree comprende
Vetulonia
(con valore storico – paesaggistico, SP17)
Buriano
(con valore paesaggistico, P18)
Poggio di Tirli (con valore paesaggistico, P16)
12
Piano strutturale del Comune di Castiglione della Pescaia, 2004, Quadro Conoscitivo, pag. 271-272
148 Il sole sorge a est
Poggio di Punta Ala
(con valore paesaggistico, P33)
Diaccia Botrona (con valore naturalistico, N34)
Un’Area di Reperimento è stata individuata all’interno dell’A.R.P.A. SP17 (Vetulonia).
A questo elenco si aggiunge quello dei siti Bio Italy o siti riconosciuti a livello comunitario.
Nel territorio comunale ne sono presenti quattro:
S.I.C. (siti di importanza comunitaria)
Z.P.S. (zone a protezione speciale)
S.I.R. (siti di importanza regionale)
111. Diaccia Botrona
107. Punta Ala
111. Diaccia Botrona
107. Punta Ala
108. Pian d’Alma
111. Diaccia Botrona
112.Tombolo di Castiglione
( a Sud e Nord di Ponte Giorgini)
I belvedere ed i coni di visuale lineari e puntuali.13
Una delle fasi di indagini del territorio è stata finalizzata all’individuazione dei principali
belvedere al fine di un loro mantenimento e visualizzazione. Infatti nel concetto stesso di
paesaggio, inteso come immagine in evoluzione del territorio con un forte valore estetizzante,
uno degli aspetti principali è il momento della percezione. Tenendo sempre conto del Ptc si è
cercato di distinguere i “belvedere lineari”(quelli che permettono di percepire il paesaggio sia
in modo dinamico sia in modo statico) dai “belvedere puntuali” sia come veduta diretta che
inversa.
Un ulteriore sforzo è stato quello di individuare dei possibili belvedere che al momento, o per
inaccessibilità dei luoghi (quale la Chiesa Renzetti dell’omonimo poggio nei pressi di
Vetulonia) oppure per la presenza di ostacoli visivi quali la vegetazione troppo fitta o la
mancanza di punti sosta, non sono fruibili (ad esempio rispettivamente le strade che da Tirli
proseguono verso l’Ampio e Pian d’Alma).
Nell’individuazione dei belvedere si è inoltre tenuto conto dei percorsi principali e di quelli
secondari o che ripercorrono tracciati storici (come la strada pedecollinare che dall’Ampio
procede verso il podere san Gerolamo ed il percorso che da Buriano procede verso il Romitorio
di San Guglielmo).
Si propone così un punto di vista diverso dal consueto (quello che dalla piana si rivolge verso
le colline), che arricchisce e completa l’immagine del paesaggio. Quest’ultimo punto di vista
infatti non nuovo, ma dimenticato da quando la vita si è spostata dalle colline verso la piana,
offre un immagine del territorio storica, più vicina a quella che avevano gli abitanti del luogo
nel passato. In epoca etrusca e medievale si prediligevano gli insediamenti collinari e
pedecollinari, il punto di vista principale, così come il sistema dei valori, era così ribaltato
rispetto a quello attuale; allora inoltre il paesaggio era caratterizzato da una grande distesa di
acqua, l’antico lago Prile, di cui oggi rimangono evidenti tracce (la Diaccia Botrona, il
complesso sistema di canali di deflusso delle acque e questa grande landa piatta e priva di
insediamenti che si estende da Castiglione fino a Macchiascandona verso nord-est e a Marina
di Grosseto verso sud-est).
Dall’indagine è emerso che il territorio possiede un gran numero di belvedere di rilievo e che
ce ne sono altrettanti potenziali da sviluppare; questi ultimi soprattutto in relazione al
ripristino di percorsi storici e sentieri con una valenza escursionistica - culturale.
Tale operazione di individuazione e tutela di tali belvedere potrebbe essere affiancata dalla
valorizzazione in senso storico mediante, ad esempio, una pannellistica in grado di fornire
informazioni e strumenti di lettura del paesaggio nelle sue stratificazioni storiche.
Il patrimonio storico – archeologico e monumentale.14
Il comune di Castiglione della Pescaia possiede un patrimonio storico archeologico
monumentale importante sia per il suo valore intrinseco che per la varietà. Infatti le
13
14
Piano strutturale del Comune di Castiglione della Pescaia 2004, Quadro Conoscitivo, pag. 278-279
Piano strutturale del Comune di Castiglione della Pescaia 2004, Quadro Conoscitivo, pag. 295-296.
149 Il sole sorge a est
emergenze censite sul territorio riguardano tutte le epoche storiche, da quella antica a quella
moderna, testimoniando così una frequentazione continuativa dei luoghi.
Tale patrimonio e, in particolare, quello storico archeologico potrebbe essere ancora più ricco
se fossero condotte opere di scavo rivolte al recupero della cultura materiale sia dell’età antica,
ampliamente studiata a partire dal secolo scorso che dal lungo periodo medievale. Al momento
le tracce storiche rinvenute al periodo etrusco e all’età moderna che sono i periodi più studiati.
Paradossalmente per quanto concerne il periodo etrusco delle innumerevoli scoperte
archeologiche compiute a partire dal Falchi nelle immediate vicinanze di Vetulonia ( si dice
circa ben 300 tombe), e quella del Curri negli anni ’70, rivolta al territorio aperto, oggi è
visibile ben poco.
Un giudizio complessivo quindi estremamente positivo per quanto riguarda le potenzialità ed
uno invece non sufficiente sul piano della valorizzazione di tale patrimonio in chiave turistico
museale. Le iniziative messe in campo al momento sono infatti ad un livello soltanto
embrionale.
L’obiettivo primario della ricerca è stato quello di approfondire il quadro delle conoscenze
necessarie per elaborare le norme di tutela e valorizzazione del patrimonio esistente. Il lavoro è
stato finalizzato all’esame ed all’approfondimento dell’elenco dei beni compresi sia nel D.Lgs
490/99, nel quale sono confluiti gli elenchi dei beni vincolati secondo la L.1089/39 (titolo I,
art.2) che quelli presenti nell’elenco elaborato della Provincia ai sensi della L.431/85.
Una valutazione complessiva del patrimonio storico archeologico locale passa inevitabilmente
attraverso un giudizio sullo stato di conservazione e sul grado di valorizzazione.
Quest’ultimo dato poi si basa su due aspetti che sono l’accessibilità di un bene e la sua
fruibilità e, quindi, in servizi forniti per la comprensione dell’oggetto. Sulla base di questa
analisi il giudizio generale sul territorio comunale risulta negativo; la presenza però di alcune
iniziative positive fanno ben sperare. Tra queste emerge la riapertura del Museo Archeologico
che grazie ad una gestione attiva (mostre e varie iniziative culturali), sembra riuscire a
catalizzare l’interesse della comunità e dei turisti verso le risorse storico archeologiche
presenti sul territorio. Da segnalare c’è anche il recente restauro e valorizzazione della Tomba
del Pietrera. E’ chiaro che queste iniziative singole, seppur lodevoli, necessitano di essere
inquadrate nell’ambito di una serie di proposte sistemiche relative allo sviluppo di tutto il
territorio altrimenti rischiano di essere un fallimento.
Al momento, infatti, il quadro generale è piuttosto negativo, delle 11 aree e relativi beni
vincolati, a cui se ne può aggiungere una 12°, la necropoli di Val di Campo (al momento tale
area non risulta negli elenchi dei beni vincolati), soltanto sette sono accessibili e di questi
soltanto due risultano valorizzate in senso museale moderno; queste sono appunto la tomba
della Pietrera e quella del Diavolino (oggetto alcuni anni fa di un restauro “discusso”).
Questi dati uniti al fatto che il numero complessivo dei siti fra quelli censiti e quelli
effettivamente accessibili sono un’inezia rispetto al grande patrimonio che, documenti, reperti
e scavi del passato hanno testimoniato, confermano complessivamente il quadro negativo
iniziale. Ugualmente, le potenzialità di sviluppo e di valorizzazione in chiave sistemica sul
territorio rimangono ampie; si può fare l’esempio del Convento o Abbazia di Sestinga, ridotto
attualmente allo stato di rudere che ha un forte valore sia storico-architettonico che
paesaggistico-ambientale; domina infatti le valli circostanti (ottimo belvedere) e trovandosi in
una posizione strategica a metà strada tra Vetulonia e la via dei Sepolcri (dove si concentrano
le principali tombe etrusche del luogo) costituisce il nodo naturale per lo sviluppo di un
eventuale parco archeologico su ampia scala. E, ancora, si può citare la vasta necropoli di val
Berretta a destra della strada delle Collacchie, superata Pian di Rocca, dove a partire dagli
anni ’70 sono state individuate una settantina di tombe a camera con tumulo di cui sono
visibili solo una ventina. Qui, oltre ai grossi problemi di degrado (agenti atmosferici e
mancata manutenzione), c’è anche quella del continuo scavo clandestino; inoltre la proprietà è
privata e quindi lo scavo non è accessibile. Anche qui le potenzialità sono enormi sia per
l’importanza della necropoli in sé che per la sua visibilità; infatti per la sua vicinanza alle
zone balneari potrebbe svolgere un ruolo di ulteriore traino per lo sviluppi dei sistemi museali
locali.
Altrettanto emblematica è la situazione relativa a sito di Castel Maus, ridotto a completo stato
di rudere; anche qui l’importanza oltre che storico-archeologic (ben poco si sa sul sito) è di tipo
paesaggistico ambientale il sito, si trova all’interno della macchia, lungo un crinale itinerario
prevalentemente di crinale (con ampie vedute panoramiche) che da Pian d’Alma corre sia
verso Tirli, che verso il complesso di S.Guglielmo (località Malavalle). Il recupero del sito
oltre ad essere un’opportunità di indagine storica, potrebbe arricchire una insieme di itinerari
150 Il sole sorge a est
di carattere storico-escursionistico di cui il Comune lentamente si sta dotando (vedi itinerario
per San Guglielmo).
Nello stesso stato di rudere si trova la Torre di Cala Galera, di cui però si è già previsto
l’intero recupero; vista l’importanza storica e il valore paesaggistico-abientale, il Comune ha
concordato con la proprietà la possibilità di favorirne una forma di visita regolamentata.
Qualora questo modello funzionasse potrebbe costituire un precedente per i molti immobili
privati d’interesse pubblico presenti nel territorio al momento non visitabili.
Il patrimonio storico, architettonico e monumentale.15
Come per il patrimoni storico-archeologico, anche per le emergenze storico, architettoniche e
monumentali si è cercato di dare un giudizio sia sullo stato di conservazione che sul grado di
valorizzazione. Nel trattare l’argomento si è fatta una distinzione tra i beni nei centri storici e
quelli sparsi; tale scelta non ha una valenza tanto metodologica, quanto operativa, quindi
attinente alla gestione di tale patrimonio.
Se il giudizio di valore sullo stato di conservazione dei beni segnalati nei centri storici è
complessivamente positivo, non altrettanto è quello relativo al grado di valorizzazione. Infatti
non esistono itinerari tematici, né mappe dei centri storici ragionati, né tantomeno una
pannellistica.
Più complessa è la situazione relativa al territorio aperto; gli unici beni oggetto di
valorizzazione sono: la Casa Rossa, divenuta porta d’ingresso della Diaccia Botrona ed
allestita con strumenti multimediali16 e la chiesa di S.Guglielmo; oltre al restauro è infatti
stato ripristinato il percorso, per altro storico, con la disposizione in loco di un’opportuna
pannellistica.
Dei sei beni vincolati in territorio aperto (D.lgs.490/99, titolo I), due non sono stati
individuati (trattasi dell’Acquedotto il Lorenese in loc. Alberellette e dalla Casa di Caccia di
S.Guglielmo)
Invece dei sedici beni individuati dalla Provincia (L431/85), tre non sono stati censiti (Torre
dello Sparviero, nell’omonima isola ed i due mulini della Zinghera) ed uno non è visibile
(saline lorenesi).
Di quelli rimanenti ad eccezione della Fonte di S.Gugliemo, nei pressi di Buriano e
dell’Acquedotto lorenese in località val Bona (entrambe sottoposti al vincolo D.Lgs 490/99),
che si trovano in uno stato di conservazione insufficiente, il giudizio complessivo è positivo; i
beni in questione infatti prevalentemente di proprietà privata per cui difficilmente accessibili,
godono di un buon stato di conservazione.
15
“Piano strutturale del Comune di Castiglione della Pescaia” 2004 – Quadro Conoscitivo pag.296297
151 Il sole sorge a est
Elenchi emergenze storico – archeologiche monumentali.
152 Il sole sorge a est
153 Il sole sorge a est
154 Il sole sorge a est
155 Il sole sorge a est
156 Il sole sorge a est
L’antico lago Prile e la Diaccia Botrona.17
L’antico bacino, divenuto poi lago, detto “Prile” è infine immensa palude, ha sempre
caratterizzato profondamente il paesaggio locale fornendo le condizioni per lo sviluppo
dell’insediatività locale. Infatti sin dall’antichità il “lago” ha costituito una risorsa
fondamentale permettendo una pesca sicura, i commerci e la lavorazione del sale. Tale attività
si sono protratte nel tempo nonostante le trasformazioni fisiche ed i dissesti idraulici. In tal
senso sono una testimonianza importante la frequentazione del porto da parte dei pisani
(XIII-fine XIV sec.), dei genovesi ed i continui contrasti tra le comunità di Castiglione,
Grosseto e Buriano per il controllo del lago e delle sue risorse. Tale interesse si protrae sotto il
dominio dei Medici e dei Lorena quando, nonostante la diffusione della malaria, è attestata la
presenza di un’importante centro di raccolta e smercio del pesce presso “l’abbadia”(toponimo
presente nel Catasto Leopoldino che si riferisce alla Badiola al Fango); questi sono comunque i
secoli in cui si registrano i livelli di popolamento più bassi (XIX sec.); infatti gran parte di
coloro che lavoravano sul territorio nei vari settori (pesca, lavorazione del sale, raccolta delle
erbe e taglio della legna) erano forestieri e vi si trattenevano stagionalmente.
Come si diceva inizialmente, il lago Prile con le sue risorse e la sua presenza fisica ha
condizionato l’insediatività locale, che sin dall’antichità si è sviluppata in modo continuo
lungo il suo bordo a nord dell’Ombrone; la fascia comprese si estende dalle aree pedecollinari
fino a quelle di sommità o di crinale con una tendenza verso queste ultime dall’epoca
medievale in poi; infatti in epoca etrusca sono attestati entrambi i tipi di insediamento,
Vetulonia sulla sommità dei poggi, val Berretta e Poggio Tondo lungo i fondovalle stretti (con
una doppia valenza, quella agricola e di snodo o punto di transito); tale condizione si protrae
in epoca romana, come testimoniano ritrovamenti di ville lungo il bacino; diversa è la
situazione in epoca medievale, in tale epoca infatti i siti sono prevalentemente arretrati (il caso
di Tirli) e in posizione di sommità (Vetulonia, Buriano). I motivi vanno ricercati nello stato
generale di insicurezza, le continue incursioni turche, e nella malaria. Fanno comunque
eccezione i centri di Castiglione e Grosseto e l’insediamento sull’Isola Clodia; infatti il primo
costituisce il porto e l’ingresso dal mare al territorio, il secondo sorge su uno snodo viario
(itinerario nord-sud l’antica Aurelia ed est-ovest dal mare verso l’interno, che ha una valenza
strategico-militare, mentre la terza è un punto strategico per la pesca sul lago.
Tale situazione si è mantenuta inalterata fino ai giorni nostri, seppure il sistema delle risorse
e l’uso del territorio si sia modificato; se bene infatti l’attività di bonifica e di colmata
integrale, iniziata dall’800 e conclusasi nel ‘900, ha portato alla colonizzazione degli
“acquisti”, le terre sottratte all’acqua, tale fenomeno insediativi, caratterizzato dalla bassa
densità, pur modificando l’uso del territorio, non ha modificato ne il sistema insediativi
principale, quello dei centri storici, ne il paesaggio ne i suoi connotati sostanziali. Se infatti
con la bonifica si è perso definitivamente l’aspetto estetizzante della piana, non si è invece
persa la percezione di “grande vuoto” in termini insediativi. Quindi il lago “che non c’è più”
rappresentando ancora un limite fisico all’insediatività e al sistema dei percorsi, che
continuano ad essere anulari, continua ad esistere in termini percettivi; in tal senso assume
grande valore l’esperienza sensoriale, che si può avere alla Badiola al Fango (l’antica
Abbadia).
E’ quindi evidente che per mantenere viva e presente l’immagine di un passato non troppo
lontano che costituisce non soltanto una memoria ma anche un valore in termini ambientali e
paesaggistici, diventa importante l’integrità del mondo rurale.
Il sistema paesaggistico del P.T.C., le unità di paesaggio.18
Il Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Grosseto assume valenza di piano
paesistico, ai sensi dell’art. 1 bis della L431/85.
Il sistema paesistico della Provincia è classificato in “Unità di Paesaggio”, i cui caratteri
distintivi sono da considerare “invariati” nei processi di formazione dei nuovi strumenti
urbanistici comunali. Per tale motivo il quadro conoscitivo del Piano Strutturale di
Castiglione della Pescaia.
17
“Piano strutturale del Comune di Castiglione della Pescaia” 2004 – Quadro Conoscitivo pag.297298
18
Piano strutturale del Comune di Castiglione della Pescaia 2004, Quadro Normativo, pag. 16-20
157 Il sole sorge a est
Non può prescindere dai connotati rilevati all’interno dell’Unità di Paesaggio che interessano
il territorio comunale.
Essi vengono riportati così come catalogati e precisamente descritte nelle “schede” del Ptc
stesso.
Pr 1.2 Pian D’Alma – Pianura costiera con paesaggio di bonifica.
Area costiera pianeggiante di origine alluvionale che si insinua tra le colline risalendo il corso
dell’Alma. Litorale con pineta su dune sabbiose.
Paesaggio agricolo e di pianura con corsi d’acqua ad andamento rettilineo e buona
disposizione delle culture intensive. Rete dei percorsi poco sviluppata, con andamento
moderatamente curvilineo. Fenomeni insediativi contenuti, soprattutto in prossimità della
fascia litoranea. Edilizia a carattere rurale.
Pr 1.3 Punta Ala – Promontorio collinare antropizzato con ampi residui di paesaggio
naturale
Area costiera con morfologia ondulata e andamento tipico dei colli maremmani. Matrice
arenacea e marnosa, con tratti calcarei. Corsi d’acqua a regime torrentizio. Litorale sabbioso a
nord, roccioso a sud della Punta, connotata dalla caratteristica sequenza di scogli. Prevalenza
di macchia mediterranea e bosco ceduo. Presenza di critmum marittimum e lemonium
multiforme nella zona delle Rocchette. Assenza di colture. Residui di insediamenti storici
legati al sistema difensivo costiero. Insediamenti turistici recenti a carattere estensivo, con
case basse e villette prevalentemente integrate nel sistema del verde. Porto turistico sulla
Punta, con fronte edilizio arretrato dall’acqua e caratterizzato dai percorsi pedonali. Edilizia
in buona misura omogenea, con caratteri sobriamente razionalisti, finitura di intonaco, colori
terrosi.
Il Comune perseguirà particolare attenzione al mantenimento di un basso livello di
antropizzazione e all’equilibrio ideologico dell’ecosistema. La fruizione del patrimonio
boschivo perseguirà obiettivi di estrema tutela. Il Comune subordinerà, nelle aree insediate,
gli eventuali interventi edilizi, ivi incluse le ristrutturazioni, ad uno specifico studio i
inserimento nel contesto naturale ed insediativo accompagnando la progettazione a quella
esecutiva delle sistemazioni a verde, con interventi di valorizzazione della flora mediterranea,
e dei dispositivi per il risparmio idrico. Sarà incentivato il recupero delle torri costiere, da
attuarsi nel rispetto dei progetti delle “Regie Fabbriche”.
C2.1 Le Pinete di Castiglione – Tomboli prevalentemente urbanizzati.
Zona costiera decisamente insediata. Litorale sabbioso con ampie pinete. Centro storico
arroccato entro le mura a presidio della foce, con tessuto in buona parte integro. Adiacente
insediamento turistico lungo costa con propaggini collinari; insediamenti a bassa densità nel
verde, concentrati e sparsi. Viabilità costiera in parte integrata negli insediamenti litoranei,
con difficoltà funzionali irrisolte.
Il Comune proseguirà il mantenimento dell’equilibrio ecologico, con specifico riferimento alle
pinete e alla falda acquifera. In particolare le Pinete delle Rocchette e Roccamare necessitano
di un attento monitoraggio e di conseguenti regole per: il mantenimento degli alberi,
l’opportuno indirizzo degli interventi edilizi, la riqualificazione della zona umida retrostante,
la limitazione del traffico meccanizzato e per il contenimento dei fenomeni di degrado (il
dilavamento dei terreni, incendi, insufficiente rinnovazione naturale, etc.). In generale il
Comune condizionerà gli interventi di riqualificazione edilizia all’efficace smaltimento delle
acque nere.
Saranno disincentivate espansioni parallele alla linea di costa, né ampliamenti dei perimetri
degli insediamenti a bassa intensità.
C2.2 La costa del Prile – Costa paludosa con pinete.
Costa pianeggiante imperniata sulla Riserva Naturale della Diaccia Botrona, residuo della
colmata dell’antico lago Prile. Litorale sabbioso, tombolo litoraneo con pineta di impianto
Ottocentesco e fascia agricola con tracce della bonifica protrattasi per secoli (opere idrauliche,
cateratte, manufatti, canali ecc). viabilità limitata al perimetro quella costiera non aderente
alla spiaggia.
Occorre da parte dei Comuni perseguire azioni di tutela e riqualificazione delle condizioni
fitosanitarie e del bilancio idrico delle pinete, della vitalità del padule, dello stato di
manutenzione e della fruizione delle opere di bonifica, della valorizzazione delle memorie
storico-archeologiche (anche legate alle attività tradizionali del lago). Nel mantenere gli
attuali livelli di antropizzazione, i Comuni disincentiveranno le espansioni edilizie. Per gli
interventi edilizi ritenuti indispensabili i comuni perseguiranno estremo rispetto ed il
mantenimento delle connotazioni morfologiche strettamente aderenti ai caratteri tipici delle
opere di bonifica.
158 Il sole sorge a est
P2.2 La bonifica grossetana – pianura agricola, paesaggio di bonifica.
Territorio assolutamente pianeggiante, esito di colmata recente (confrontabile con i Polder
olandesi). Suoli alluvionali di diversa fertilità. Prevalenza di latifondo con colture cerealicole,
oleaginose e foraggere. Corsi d’acqua in alveo artificiale. Assenza di alberature. Presenza
costante delle opere di bonifica (idrovore, canali, ecc) che garantiscono ancora il deflusso delle
acque. Reticolo rigorosamente geometrico di strade, canali e confini con maglia ottogonale
distinta per dimensioni: più rada a nord (ex demanio e latifondo), più fitta a sud (Ente
Maremma).
Insediamenti radi e di ridotta entità, edifici bassi. Disposizione degli edifici poderali in
corrispondenza degli incroci (uno ogni quattro). Ricorrenza dei tipi edilizi, con prevalenza
della tipologia “poderi dell’Ente Maremma” nella porzione meridionale e della tipologia
“grande fattoria” (Acquisti e Guicciardini) nella porzione settentrionale. Sarà opportuno
normare da parte dei comuni i seguenti aspetti di rilevanza paesistica: tutela dell’integrità del
suolo e della falda acquifera (forte presenza del cuneo salino e limitazione della captazione da
pozzi); concentrazione di eventuali impianti di trasformazione delle produzioni agricole a
completamento dei principali insediamenti rurali esistenti concentrati (nuclei, non poderi
sparsi), come nel caso del Cristo. Eventuali interventi di nuovo appoderamento perseguiranno
le regole insediative della preesistenza.
Pi2.4 l’Ansa della Badiola – Pianura agricola pedecollinare
Conca pianeggiante in riva destra del fiume Bruna delimitata ad anfiteatro dai rilievi di
Poggio Ballone e Buriano. Suolo fertile e diffusa attività agricola. Emerge l’ex fattoria
granducale della Badiola, introdotta da filari alberati di Pini e Cipressi. Fitta rete di corsi
d’acqua ortogonali al Bruna e viabilità a pettine, con maglia più rada, a partire dalla
provinciale lungo il Bruna (quest’ultima caratteristicamente contornata da filari di querce).
Le norme comunali perseguiranno in generale il mantenimento dell’attuale livello di
antropizzazione; in particolare l’assoluta tutela dei filari ed il mantenimento degli assetti
colturali e storico-insediativi nelle tenute di impianto storico. Auspicabili iniziative di
valorizzazione correlate alla fruizione della Diaccia Botrona.
R3.4 La Sella di Giuncarico – Collina boscata ed insediata.
Territorio collinare composto da un insellatura biforcata intorno all’altura di Giuncarico e
due sistemi di rilievi bassi ma sensibilmente acclivi. Fondovalle segnati dai tracciati
infrastrutturali. A nord rilievi boscati con interessante associazione di specie mediterranee
ancora in ottime condizioni. Resti di castello medievale presso la sommità di Poggio
Moscatello, in posizione dominante sulla valle del Bruna. Scendendo verso il fiume il bosco
lascia spazio alle colture, con prevalenza di seminativi ed oliveti. Colture più diffuse nei rilievi
a sud, punteggiati de consistenti insediamenti di mezzacosta o in corrispondenza delle
immissioni nella vecchia Aurelia.
La valorizzazione turistica delle risorse esistenti sarà garantita in collegamento alla tutela
delle emergenze, con particolare riferimento all’area di Poggio Moscatello e Poggio Monticino,
e correlata alla fruizione del patrimonio storico – archeologico in un intorno più ampio.
R3.6 Poggio Ballone e Monte d’Alma – Alta collina boscata
Sistemi di due crinali di analoga elevazione (ca 600m s.l.m.), separati dalla valle dell’Alma e
del Rigo. Territorio rivestito di un ininterrotto manto forestale, salvo i fondovalle
parzialmente coltivati. Prevalenza di macchia mediterranea, con presenza di boschi ad alto
fusto; luogo di deposito e di sosta per i migratori. Due soli insediamenti di mezzacosta, con
prevalenza di Caldana, rilevante centro storico murato, sulla minuscola Tirli. Percorsi
tortuosi immersi nel verde. Nel crinale a nord (Poggio d’Alma) consistente complesso
demaniale (bandite di Scarlino), giacimenti ferrosi e fossili. Nel crinale a sud demanio civico
di Tirli e vestigia del monastero di S.Guglielmo.
Le norme comunali indirizzeranno in termini di estrema compatibilità paesistico-ambientale i
diversi interventi di valorizzazione previsti o ipotizzabili, con particolare riferimento a
riqualificazione del patrimonio boschivo con eventuale incremento delle fustaie recupero e
valorizzazione dei beni del demanio civico (a seguito di affrancazione ed ampliamento);
incremento della fruizione con nuovi percorsi ecologici, con specifico riferimento alle
emergenze storiche degli antichi sentieri e dei percorsi guglielmiti (romitorio di S.Guglielmo
di Malavalle, Tirli, Buriano, Abbadia di Sestinga ecc) ed il suo recupero; realizzazione
dell’invaso sull’Alma e potenziamento delle attività agricole.
R3.7 I poggi di Vetulonia – Collina boscata ed insediata.
Sistema di rilievi di elevato valore paesaggistico con siti di assoluto valore archeologico.
Boschi nelle zone più elevate; poi colture ad oliveto con terrazzamenti e lunettamenti colture
più sviluppate a fondovalle, soprattutto in prossimità del Sovata. Rapporto storico tra
159 Il sole sorge a est
insediamenti e lago Prile: diffusi i resti di necropoli villanoviane, ampia area archeologica di
Vetulonia (porto lacustre). Oggi insediamenti maggiori in sommità ed a mezza costa,
raccordati a pettine alla viabilità di pedecolle, punteggiata di nuclei minori.
La normativa comunale sarà volta a: preservare gli assetti naturalistici e colturali attuali (con
particolare riferimento alle sistemazioni dei terreni di mezzacosta); riqualificare le emergenze
come sistema integrato (ripristino dei sentieri a servizio del turismo rurale; conversione ad
alto fusto del bosco intorno ai siti panoramici e archeologici ecc.); valorizzare il patrimonio
archeologico coniugando presidio agricolo e sviluppo turistico (si raccomanda che gli
eventuali edifici assentiti conseguano un inserimento paesistico particolarmente efficace).
160 Il sole sorge a est
ALLEGATO C
PARCO TEMATICO DEGLI ETRUSCHI
Glossario del parco
- sistema parco: inteso nella sua estensione fisica di territorio con itinerari
visita e servizi decentrati, richiede per la propria gestione e valorizzazione
l’impiego di strumenti di information technology e di documentazione
multimediale, organizzati in una complessa sinergia di componenti
interconnessi.
- nodi: si distingue in nodo di “servizio” e di “accoglienza”, il primo contiene
elementi atti alla diffusione dei servizi del parco tra le stazioni multimediali,
nelle intranet locali e attraverso internet; con il secondo si intende il luogo da
cui l’utente può usufruire dei servizi del parco.
- porta: si intende il “nodo di accoglienza” del sistema parco dove, oltre ad
essere presente un centro di interesse culturale (museo, area archeologica), è
prevista una intranet locale collegata con il “motore del parco ed un “totem
informativo”, cioè una postazione di accesso al sistema.. Queste reti locali
sono poi connesse tra loro in un’unica rete geografica e comunicano con
l’esterno attraverso internet.
- centro di accoglienza: si intendono con questo termine le due “porte”
principali di accesso al parco per i visitatori; rivestono questo ruolo le “porte”
di Massa Marittima e Sorano.
- motore del parco: è costituito dal centro di gestione e controllo centrale
dell’intero sistema parco e, con i suoi canali, contiene i servizi principali, cioè
i servizi di informazione, ricerca, formulazione di itinerari, supporto alla
ricettività turistico - alberghiera, edutainment, ecc.
- contenuti: con questo termine si intende ogni genere di informazione
veicolata in formato digitale attraverso gli strumenti hardware e software
previsti dal sistema parco, come testi, immagini, ricostruzioni, video ed
audio, animazioni di qualsiasi formato ed argomento.
Il Motore del Parco
Il motore è il cuore del sistema e costituisce un centro avanzato di produzione
editoriale e multimediale in grado di affiancare una rigorosa ricognizione dei
materiali esistenti, alla produzione di contenuti per ogni genere di utenza (studenti,
studiosi di ogni livello e specializzazione e visitatori). I diversi servizi del Motore del
Parco sono organizzati, dal punto di vista delle funzionalità in cinque sottosistemi:
- Il Motore di Documentazione gestisce le risorse informative, principalmente
di carattere multimediale, per fini di documentazione e informazione.
Caratteristica fondamentale è la gestione e l’aggiornamento costante dei
contenuti dei nodi. Una rete ad alta velocità, applicazioni multimediali su
stazioni dedicate, ricostruzioni virtuali di oggetti e architetture, video digitale
e un sistema intranet, rappresentano le principali tecnologie che il
sottosistema del Motore può ospitare. In sintesi il motore di documentazione
deve costituire il “collante” tra tutti i sistemi e costituire il punto di gestione
di tutto il sistema del parco;
- Canale di Edutainment tematico: strettamente connesso al Motore, questo
sottosistema è concepito con una finalizzazione di intrattenimento. Sia le
applicazioni presenti, sia l’insieme dei gadget, sia i giochi elettronici
dovranno avere un orientamento educativo e di intrattenimento;
- Canale di Media streaming: si occupa della distribuzione dei contenuti video.
Questo componente si configura come un vero e proprio canale che eroga
“media” digitali riguardanti sia il Parco tematico che il Territorio;
- Canale del turismo: assieme al canale di promozione del territorio, si rivolge
ad un pubblico vasto ed eterogeneo, deve offrire una panoramica completa
circa le modalità di visita e soggiorno nelle aree interessate. In esso si
concentra l’informativa relativa ad operatori turistici e consente all’utente di
programmare la propria vacanza, o anche solo la semplice visita di un giorno,
mediante servizi di ricerca e prenotazione (di alberghi, ristoranti, visite
161 Il sole sorge a est
-
guidate e simili). Possibilità di costruire un itinerario turistico personalizzato
secondo il tempo, gli interessi e così via.
Canale di promozione del territorio: obiettivo del canale è la piena
valorizzazione dei “tesori” del territorio. In esso trovano posto gli
approfondimenti sulle risorse naturali, sul patrimonio culturale, sulle
tradizioni produttive, eno-gastronomiche, tipiche dell’area geografica.
Punti di accoglienza del parco
- Sorano / Fortezza Orsini (centro di accoglienza)
- Massa Marittima / Convento delle Clarisse (centro di accoglienza)
- Pitigliano / Museo Etrusco, Centro visita della necropoli
- Orbetello / Polveriera Guzzman
- Scarlino / Parco di Pian d’Alma
- Magliano in Toscana / Centro di Documentale, Biblioteca Comunale
- Manciano / Museo della Preistoria e della Protostorica, Museo di
Montemerano, Museo di Saturnia
- Scansano / Museo Archeologico, Ufficio del Turismo, Palazzo del Comune
- Follonica / Museo del ferro e della ghisa
- Roselle / Parco archeologico di Roselle
- Vetulonia / Museo Archeologico
162 Il sole sorge a est
163 Il sole sorge a est
Le informazioni culturali.
Vediamo come queste sono descritte nel capitolato di appalto 19
I contenuti
Le linee guida per l’elaborazione dei contenuti, comprendono le seguenti are
tematiche:
- l’inquadramento territoriale
- le informazioni turistiche
L’inquadramento territoriale della Provincia di Grosseto dovrà spiegare, in modo
semplice e sintetico, le proprietà e le caratteristiche del territorio. Le tematiche del
territorio provinciale sono state affrontate diffusamente in molte pubblicazioni e da
quasi ogni punto di vista: il patrimonio culturale e soprattutto archeologico, il
patrimonio naturalistico, la risorsa mineraria e le particolari caratteristiche
geologiche, i centri storici, la costa, la ruralità sotto il profilo culturale e sociale. Le
ricerche svolte dalla Provincia per il Sistema museale e le Aree protette contengono
molti aspetti di tipo territoriale e urbanistico che possono fornire utili suggerimenti
per la costruzione di un inquadramento territoriale generale.
Oltre al contesto territoriale è necessario riproporre con immagini e testi i singoli
luoghi di visita, stimolando la curiosità dell’utente e rendere quindi attraente la visita
dell’emergenza culturale o ambientale.
Dovranno essere fornite descrizioni e immagini di percorsi culturali e ambientali, di
itinerari enogastronomici e prodotti tipici, il mapping (per l’orientamento dei fruitori),
la logistica e i trasporti pubblici, la ricettività alberghiera ed extralberghiera (compreso
l’agriturismo), la ristorazione, il commercio di qualità.
Dovranno essere compresi nel portale una serie di collegamenti (links) agli altri Parchi
Archeologici e Minerari del territorio.
Le informazioni di tipo turistico dovranno contenere:
- informazioni sulle modalità di fruizione dei beni culturali e ambientali;
- informazioni sull’accessibilità ai beni;
- news su eventi e iniziative, con relativo scaricamento di brochure e altro
materiale informativo, promossi dalla Provincia e da altri soggetti
aderenti ai Sistemi.
Le informazioni sulle modalità di fruizione, per ogni singolo sito, museo o area
naturale protetta, dovrebbero includere: indirizzi e telefoni, orari di apertura, tariffe di
ingresso, modalità di accesso al bene, per tipo di trasporto pubblico o privato
utilizzato, servizi a pagamento (visite guidate, audioguide, laboratori e aule didattiche,
campi estivi, editoria, merchandising, ecc.), orari e tariffe, informazioni su servizi
pubblici locali.
Le informazioni sulle modalità di accesso ai beni devono essere accompagnate dal
“mapping” stradale che consente di elaborare in via elettronica i percorsi più rapidi o
più panoramici.
Infine deve comprendere l’informazione su eventi ed iniziative promosse dalla
Provincia e dai responsabili dei siti culturali e ambientali dei Sistemi: mostre, singoli
eventi espositivi, concerti o serate, spettacoli teatrali, convegni, seminari, ecc.
I contenuti Culturali dovranno vertere sulla storia del territorio della Provincia di
Grosseto e specificatamente sulla civiltà Etrusca, che costituisce carattere distintivo del
Parco.
I temi ad essa relativi dovranno dunque essere affrontati in modo particolarmente
congruo ed efficace, sia per il livello di approfondimento che per l’estensione.
Dovranno essere trattati i seguenti argomenti
Storia del territorio
• La storia del popolamento.
19
Parco Tematico degli Etruschi, 2004, cit., capitolato di appalto pag.71-73.
164 Il sole sorge a est
•
•
•
•
•
•
•
Preistoria e protostoria (paleolitico, neolitico, età del bronzo,
villanoviano).
Gli Etruschi
La Romanizzazione e l’età imperiale
Il Medioevo
I Medici e i Lorena
Epoca Moderna. Il Mito della Maremma dell’800
Il ‘900. Il latifondo, le bonifiche, le miniere.
Civiltà Etrusca
• Estensione territoriale della civiltà etrusca, diffusione e testimonianze
della civiltà etrusca in Italia.
• Gli Etruschi in Toscana.
• Gli Etruschi nella provincia di Grosseto.
Aree e Parchi Archeologici e Musei
• Parchi archeologici
• Musei Archeologici ed altri
I contenuti saranno costituiti da una serie di schede didascaliche riguardanti il
territorio interessato, le emergenze/reperti del sito/museo e alcune informazioni
generali e turistiche
165 Il sole sorge a est
ALLEGATO D
APPLICAZIONE Project Cycle Management alla proposta di
PARCO di CASTIGLIONE DELLA PESCAIA
Fase A) Analisi identificativa del soggetto progettuale di riferimento
Il leader di progetto è il Comune di Castiglione della Pescaia: l’ente locale in base al T.U.
267/2000 ha infatti competenze proprie e specifiche in materia di assetto del territorio, attività
produttive e culturali. Il Piano Strategico del Comune è il punto di riferimento per la
programmazione territoriale.
Il Progetto di Parco può far pienamente parte della programmazione concertata coordinata
dall’Amministrazione Provinciale di Grosseto che negli scorsi anni ha dato vita a significativi
accordi (es. patto territoriale), garantendo il finanziamento necessario, come è avvenuto per il
Progetto di Parco tematico degli Etruschi.
Il futuro Parco può essere gestito in forma diretta dal Comune di Castiglione della Pescaia,
oppure affidato in gestione a terzi.
Livelli dell’analisi identificativa:
1° livello – Analisi delle motivazioni
Valorizzazione dell’entroterra rispetto alla costa già ampiamente saturata;
Allargamento della stagione turistica da marzo a ottobre; Accrescere nella
cittadinanza il livello di consapevolezza della storia del proprio territorio; Integrare la
cultura con turismo – agricoltura – artigianato.
2° livello – Analisi dei macro-obiettivi
Creazione di una rete di percorsi attrezzati che valorizzi l’entroterra collegando le
emergenze archeologiche e storico - artistiche; Aumento del numero di escursionisti
che visitano il territorio; Aumento della quota di turismo culturale (famiglie, scuole,
eventi/convegni); Aumento dell’identità culturale della cittadinanza e della
predisposizione al volontariato.
3° livello – Analisi operativa
Creazione di un Parco dell’entroterra, costituito da una “rete” di percorsi che
attraversano l’entroterra, collegano “nodi” informativi; la rete è coordinata da un
Centro Visite, da un Centro di Documentazione e dal Museo Archeologico di
Vetulonia; Realizzazione e gestione economica compatibile con il bilancio comunale e/o
con il conseguimento di finanziamenti a progetto (bandi europei, regionali e
provinciali); Concorso di competenze diverse: Amministrazione Comunale, Regione
Toscana, Provincia di Grosseto, Università degli Studi di Siena, Bandite di Scarlino,
Parchi storico naturalistici della Provincia di Grosseto, Fondazioni Bancarie, oltre alle
organizzazioni di volontariato;
Offerta turistico culturale integrata con la promozione di prodotti agricoli di qualità e
artigianato tipico.
Fase B) Identificazione della proposta progettuale
Articolazione dell’idea progettuale in una proposta progettuale
Identificazione delle funzioni e delle competenze necessarie al progetto
Costituzione di un comitato tecnico-scientifico e/o di un gruppo di progetto in
possesso delle seguenti competenze: esperto di parchi archeologici, esperto di parchi
naturali, esperto di storia locale e di storia sacra, esperto escursionista, esperto di
marketing territoriale;
Identificazione degli attori: primari e secondari
(Primari): Amministrazione Comunale - Uffici Tecnici - Lavori Pubblici Urbanistica, Regione Toscana, Provincia di Grosseto, Università degli Studi, Bandite
di Scarlino, Fondazioni Bancarie, Associazioni culturali e di volontariato;
(Secondari): Imprenditori turistici, agricoli, artigiani, Istituto Scolastico, Guide
Turistiche, Proprietari delle aree interessate dagli itinerari.
Identificazione dei beneficiari: mirati e finali
166 Il sole sorge a est
Amministrazione Comunale, Popolazione che vive e/o lavora a Castiglione
della Pescaia, personale impegnato nel Parco, escursionisti, allievi istituti
scolastici, guide turistiche e ambientali.
Identificazione delle linee di finanziamento
Finanziamenti comunitari e regionali (tramite patti territoriali), bilancio
Comune di Castiglione della Pescaia, Finanziamenti Fondazioni Bancarie e
proventi della vendita dei servizi.
incontri del soggetto progettuale di riferimento con gli attori
Gli attori raccomandano che il Progetto di Parco segua una logica “modulare”,
“realistica” e “progressiva”, cioè che sia realizzabile in fasi successive ed anche solo
in parte.
o Stesura del piano di pre - fattibilità
Creazione di una di 8 itinerari che, utilizzando possibilmente “antichi percorsi”,
stenda sul territorio una rete di collegamenti che unisca le emergenze storico archeologiche, le località di pregio ambientale e panoramico. I percorsi attrezzati con
segnavia, pannellistica dedicata e punti sosta, sono interconnessi con otto nodi aventi
diversa vocazione tematica ed un Centro Visite. Il Centro Visite (con istallazioni
multimediali) è localizzato in località Casa Mora e dovrà offrire informazioni e
servizi culturali, ma anche turistiche e sulle produzioni di pregio agricole e
artigianali.
I nodi tematici sono dedicati:
• Vetulonia / etruschi
• Val Berretta / etruschi
• Casa Rossa / area naturale Diaccia Botrona e Paduline/Villa
Romana
• Buriano e Malavalle / figura di S.Guglielmo
• Tirli / economia del bosco
• Castel Maus / castello altomedioevale e metallurgia
• Punta Ala/Torri costiere di/ avvistamento pirati turchi
Sono inoltre previste alcune aree da destinare alla ricerca
archeologica ed all’archeologia sperimentale.
La realizzazione degli “itinerari”costituisce il “livello minimo” di
intervento, che può essere finanziato come spesa di investimento dal
Comune di Castiglione della Pescaia e tenuto in manutenzione nel
tempo.
Interventi di media difficoltà: realizzazione del centro visite, dei nodi
tematici e “punti sosta” lungo gli itinerari.
Interventi problematici: restauro conservativo delle emergenze (es.
Castel Maus e Convento di Malavalle), l’alienazione di aree di
proprietà privata (es. Val Berretta)
Strutture esistenti: Museo Archeologico di Vetulonia e Ufficio
Turistico.
Fase C) Istruzione del progetto
(verifica se il progetto e fattibile, qualitativamente accettabile e sostenibile)
Analisi del contesto generale e specifico
Il Progetto aderisce alle linee del Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di
Grosseto e del Piano strutturale di Castiglione della Pescaia, soprattutto nei punti in cui
indica una forte integrazione tra offerta turistica e culturale, la promozione dei prodotti
dell’agricoltura di qualità e dell’artigianato artistico; superamento della stagionalità,
estensione della fruizione turistica da marzo a ottobre, attraverso l’escursionismo
familiare e scolastico; riscoperta degli antichi percorsi; salvaguardia delle emergenze
archeologiche e storico - artistiche del territorio; diffusione nella popolazione di una
maggiore identità e promozione dell’associazionismo e del volontariato.
Identificazione delle strategie di intervento
(modularità e progressività dell’intervento);
1)Stesura progetto e dei preventivi di spesa di realizzazione e di manutenzione;
167 Il sole sorge a est
2)Verifica finanziamento iniziale (realizzazione e manutenzione annuale dei percorsi);
3)Realizzazione degli itinerari (tracciamento e pannellistica) e punti sosta sui percorsi;
4)Realizzazione del Centro Visite e Centro di Documentazione
5)Piano di marketing del parco (compresi strutture oggi esistenti);
6)Verifica di finanziamento per ampliamento Parco e per la gestione dei servizi;
7)Restauro conservativo dei manufatti (emergenze) previo finanziamento specifico;
Identificazione dei livelli progettuali
I livelli progettuali sono quattro:
1. obiettivo generale – può essere descritto come la situazione desiderata a
livello che dà il “senso” a un insieme coordinato di interventi; deve
rispondere alla domanda “perché”: ed in base a come si risponde il
progetto può essere valutato.
2. obiettivo specifico – riguarda lo specifico intervento e concerne il flusso
duraturo di benefici destinato ai beneficiari; deve rispondere alla
domanda “come”.
3. risultati – comportano le realizzazioni (materiali ed immateriali)
conseguite con le attività del progetto; devono rispondere alla domanda
“cosa”.
4. attività – sono le azioni che richiedono mezzi e sono budgetizzabili in
quanto possono essere scomposte in voci di costo.
168 Il sole sorge a est
Configurazione del “quadro logico” (logical framework)
Indicatori
Fonti di verifica
Ipotesi
(problematiche)
Aumento flussi
turistici da marzo
a ottobre
Dati arrivi e
presenze
Attendibilità
delle rilevazioni
turistiche
Obiettivo
Specifico
Aumento
escursionisti
familiari e gruppi
scolastici;
adesione di
giovani ad
associazioni
culturali e
volontariato
Aumento numero
famiglie e
scolaresche che
visitano il
territorio; numero
iscrizioni
associazionismo;
aumento utilizzo
biblioteca
comunale
Dati arrivi e
presenze;
Istituzione di
card turistica;
rilevazioni,
permanenti e
periodiche e
questionari
distribuiti
presso il centro
visite; nuove
adesioni alle
associazioni di
giovani e
anziani; numero
accessi
biblioteca
comunale
Rischio di utenza
che elude il
censimento
Risultati
Ampio utilizzo
degli itinerari e
dei servizi del
centro visite;
capacità di tenere
in buono stato gli
itinerari
Numero
utilizzatori degli
itinerari;
efficienza delle
attrezzature
Rilevazioni
permanenti e
periodiche
c.s.
Attività
Realizzazione di
percorsi
attrezzati e
centro visite;
attività
promozionale;
produzione di
materiale
informativo
risorse
Provenienti dal
bilancio del
Comune, da
progetti
comunitari e
regionali,
elargizioni
fondazioni
bancarie; vendita
servizi
costi
Personale centro
visite; spese di
manutenzione
Taglio fondi di
bilancio enti
locali; mancanza
di linee di
finanziamento
comunitarie e
regionali
Obiettivo
Generale
Livello di
obiettivi
Allargare il
periodo di
fruizione
turistica;
Accrescere nella
cittadinanza la
consapevolezza
di uso
ecocompatibile
del territorio
Configurazione della mappa delle interazione tra gli attori
Tavoli di concertazione tra soggetti; convenzioni e lettere di intenti. Regione ToscanaProvincia Grosseto - Fondazioni Bancarie: per inserimento del progetto nella
programmazione e per il finanziamento; Amministrazione Comunale ed esperti esterni:
stesura progetto esecutivo e preventivi di realizzazione degli interventi; Bandite di
Scarlino: partecipazione alla stesura dei progetti e sovrintendenza alla tracciatura dei
percorsi, vigilanza e piccola manutenzione; Associazioni culturali, ambientali e
volontariato: vigilanza e piccola manutenzione; Università degli Studi di Siena e Museo
Archeologico Vetulonia: stesura progetto, creazione del Centro di documentazione,
realizzazione allestimento multimediale, predisposizione materiale informativo e
didattico, stesura piano di ricerca archeologica sul territorio e gestione dell’ area di
archeologia sperimentale.
Definizione delle risorse per la pianificazione dell’intervento
Capitale umano: progettisti interni e esterni all’amministrazione comunale; tecnici
dell’amministrazione per l’appalto dei lavori e dei servizi; direttore Centro di
Documentazione.
169 Il sole sorge a est
Capitale Sociale: relazione dell’Amm.ne Comunale con la popolazione, il territorio, le
istituzioni locali, le fondazioni bancarie.
Capitale Simbolico: Immagine positiva per l’Amm.ne Comunale e valorizzazione del
territorio con ricadute economiche.
Risorse Materiali: Sede del centro di Documentazione, attrezzature nodi e punti sosta;
finanziamenti per la costruzione e la gestione.
Definizione di accordi generali con gli attori
Accordi politici tra soggetti, in particolare la concertazione territoriale della Provincia di
Grosseto (Patto Territoriale, Distretto Rurale); Accordi tecnici per la costituzione del
comitato di progetto con il concorso delle competenze di tutti i partner.
Costruzione budget
Di norma il budget si compone di quattro parti:
• Budget economico – valutazione economica del risultato delle attività
progettuali; attraverso i singoli budget delle aree progettuali, si arriva
a definire l’ammontare degli elementi positivi e negativi del progetto;
• Budget degli investimenti – documento che comprende gli
investimenti che il leader di progetto (Comune di Castiglione della
Pescaia) dovrà fare nel corso del progetto;
• Budget finanziario – si suddivide in budget finanziario in senso
stretto (ammontare risorse impegnate e risorse generate) e budget di
tesoreria o cassa (ammontare delle risorse liquide;
• Budget patrimoniale – definisce la situazione patrimoniale ed
economica del leader di progetto al termine dell’esercizio del budget
economico.
Nella fase di “progetto di fattibilità” non è possibile stimare con esattezza i costi, ci
limitiamo perciò ad indicare le diverse voci con una stima di larga massima circa la
rilevanza della spesa:
a) tracciatura dei sentieri e attrezzatura dei percorsi con pannellistica e punti sosta –
media
b) realizzazione del Centro Visite – media (se sarà confermata la possibilità di utilizzo
di edifici già di proprietà pubblica a Casa Mora)
c) realizzazione del Centro di Documentazione – leggera (presso la biblioteca
comunale)
d) allestimento dei nodi:
- Vetulonia – leggero (già esistente)
- Val Berretta – medio/pesante (realizzazione parco pubblico)
- Casa Rossa – leggero (già esistente)
- Buriano – medio (S.Guglielmo)
- Tirli – medio (Bosco)
- Punta Ala – medio (Torri costiere)
- Castel Maus – pesante (Metallurgia)
- Malavalle – pesante (per assicurare la fruibilità in sicurezza del sito)
e) allestimento area archeologia sperimentale – medio (le realizzazioni si
susseguiranno nel corso del tempo)
g) promozione iniziale del parco – leggera (campagna di pubblicizzazione sul
territorio provinciale ed all’esterno)
In sintesi, si stima una spesa leggera/media per la realizzazione dei percorsi attrezzati
e dei nodi. Impegnativa è invece la spesa per la realizzazione del parco pubblico in Val
Berretta, anche per i costi della eventuale acquisizione dell’area della necropoli, e per
la messa in sicurezza e piena fruibilità dei siti di Castel Maus e Malavalle. Si
sottolinea comunque che il parco può prendere vita anche con gli interventi stimati di
media e leggera rilevanza.
Le spese di gestione sono riconducibili a quattro principali voci di costo:
a) personale (Direttore e Segreteria) – medio
b) collaborazioni – leggero
c) manutenzione e vigilanza – medio (con la collaborazione dell’associazionismo)
d) promozione e marketing – leggero
170 Il sole sorge a est
Le entrate sono derivanti dalla vendita di servizi ai visitatori (servizi guide e bus navetta,
accesso all’allestimento multimediale) e dai proventi della concessione a privati di servizi del
parco (book shop, promozione e vendita prodotti tipici e ristoro nel Centro Visite)
Redazione del documento di progetto
Lo schema del documento di progetto si articola secondo le seguenti sezioni:
• Presentazione del soggetto: Obiettivi che si propone l’Amministrazione
Comunale ed i soggetti collegati; fonti di finanziamento abitualmente accessibili
• Presentazione del progetto: Sintesi dell’idea progettuale, struttura del parco e
dei servizi annessi
• Analisi del contesto: Contesto socio-economico del territorio, identificazione
degli attori e dei beneficiari finali
• Strategie di intervento: Obiettivi generali e specifici, risultati attesi e attività
(vedi “quadro logico” – punto d)
• Modalità di realizzazione: Costituzione di un comitato di progetto che
predisponga il progetto esecutivo e definisca in dettaglio i budget di spesa
• Fattori che assicurano la sostenibilità: Economicità, flessibilità, conformità
alle previsioni del Piano Strutturale del Comune, accordi (integrazioni e
sinergie) con soggetti interni ed esterni,
• Monitoraggio e valutazione: Definizione degli indicatori da cui desumere il
positivo avanzamento del progetto e modalità di rilevazione delle informazioni
• Documento di budget: Bilancio analitico dell’intervento
• Allegati: tutti i documenti e gli studi preliminari
Fase D) Finanziamento
Modalità di intervento:
• Finanziamenti privati
a) contratto di sponsorizzazione
b) contratto di partenariato
c) erogazioni liberali fatte da imprese
d) erogazioni liberali fatte da privati
e) prestazioni gratuite di servizi e cessione gratuite di beni in materia
f) spese di rappresentanza delle imprese
Si pensa che siano possibili finanziamenti di tipo e) nell’ambito di sinergie con gli operatori
economici (turistici e agricoli) presenti sul territorio ed interessati dal progetto di parco.
Finanziamenti pubblici
a) a livello europeo
b) a livello statale
c) a livello regionale
d) a livello di enti locali
Nella parte finale della tesi è riportato uno studio analitico delle possibilità di finanziamenti
della Comunità Europea, della Regione Toscana e delle Fondazioni Bancarie.
•
Fase E) Messa in opera
L’attuazione del progetto, detta “implementazione”, ha inizio quando il
finanziamento viene erogato e si articola in due momenti:
- momento dell’analisi, in cui gli attori individuati definiscono:
- le metodologie generali, cioè le modalità secondo cui i diversi
soggetti partecipano allo svolgimento del progetto
- le metodologie specifiche, cioè le modalità secondo cui ciascuna
attività del progetto verrà realizzata al fine di definire l’incidenza sui
costi
- momento esecutivo della pianificazione che stabilisce:
- chi fa cosa
- come
- con quali risorse
- quando (cronogramma)
171 Il sole sorge a est
Fase F) Valutazione
L’attività di valutazione ha il compito di controllare che l’andamento progettuale
produca i benefici previsti e raggiunga gli obiettivi generali e specifici indicati. Un
progetto deve prevedere un monitoraggio, cioè un apparato di misurazione della
sequenza delle operazioni, lungo l’arco di cinque momenti del ciclo di progetto, in
ciascuno dei quali viene valutato il grado di coerenza con gli obiettivi strategici del
progetto:
- ex ante (preliminare)
- iniziale
- on going (fase esecutiva)
- finale
- ex post (a progetto concluso)
Per attuare un processo di valutazione occorre costruire alcuni “indicatori” capaci di
misurare in tempi successivi lo “scarto” rispetto al raggiungimento degli obiettivi. La
costruzione di indicatori implica che il progettista scelga le “soglie” (standard), cioè i
livelli quali/quantitativi di “accettabilità” dei risultati conseguiti 20
La valutazione avviene secondo specifici criteri:
• pertinenza - il progetto risponde alle priorità stabilite
• efficacia – rapporto fra obiettivi raggiunti e obiettivi previsti
• strategia – efficacia della strategia proposta rispetto ad altre
• coerenza – dei mezzi e del metodo impiegati, in funzione delle attività e
degli obiettivi previsti
• impostazione – impianto operativo, impianto istituzionale
• fattori d’influenza – fattori esterni che hanno contribuito o impedito di
ottenere i risultati previsti
• efficienza – rapporto fra obiettivi raggiunti e mezzi impiegati
• costo-beneficio - rapporto fra efficienza economica dei costi del progetto
e benefici del progetto in termini monetari
• costo-efficacia – rapporto fra efficienza economica dei costi del progetto e
benefici del progetto in termini non monetari
• impatto – effetti positivi e negativi introdotti dal progetto sul piano socioculturale e sul piano economico
• sostenibilità – benefici del progetto che perdurano dopo la fine dell’aiuto
esterno e ne consentono la vita autonoma
• riproducibilità – capacità del progetto di suggerire interventi ad esso
omogenei che lo assumono come modello
• cronogramma – rispetto dei tempi di realizzazione delle attività
La valutazione dei progetti avviene secondo alcuni aspetti peculiari ed impiegando
determinati criteri:
o per le attività si utilizzano i criteri della pertinenza, dell’efficacia, della
sostenibilità, dell’impatto e del cronogramma
o per il metodo si utilizzano i criteri della coerenza e della riproducibilità
o per gli obiettivi e i risultati si utilizzano i criteri della pertinenza,
dell’efficacia, della sostenibilità, dell’impatto e del cronogramma
o per le risorse si utilizzano i criteri dell’efficienza, della coerenza, della
sostenibilità, della riproducibilità.
L’impianto nel progetto di un metodo di valutazione è condizione necessaria per
l’erogazione dei finanziamenti dell’Unione Europea.
20
Amari 2006, cit., pp. 150-151.
172 Il sole sorge a est
ALLEGATO E
GLI ETRUSCHI A VETULONIA:
 Vetulonia ed il suo territorio
 Antologia di testi
Vetulonia ed il suo territorio
Tra la fine del VII ed il VI secolo si sviluppano nel territorio vetuloniese, in aree
esterne e di confine, diversi insediamenti minori con funzione di controllo del
territorio e per lo sfruttamento della risorsa mineraria: Accesa, Selvello, S.Germano,
Poggio Zenone, Poggio Pelliccia, Pian d’Alma e Val Berretta; anche gli insediamenti
di Rondelli e di Val Pietraia nel golfo di Follonica facevano parte dell’agro
vetuloniese. Tutti questi centri sono caratterizzati da necropoli che hanno le stesse
caratteristiche, anche se distanti tra loro decine di chilometri: tombe a camera
quadrangolare, preceduta da un dromos, costruita con lastroni e coperta con tumulo
di terra e delimitata la lastre infisse nel terreno; corredi composti di calici in bucchero
con pareti ondulate e linguette pendule dall’orlo, alabastra di bucchero o di impasto,
ornati con testine umane sotto l’orlo, piccoli vasetti di vetro colorato con bocca
trilobata; presenza di vasi etrusco-corinzi e attici ed oggetti di bronzo e ferro.
Nel corso del V secolo questi centri scompaiono quasi contemporaneamente e la
eventuale ripresa avviene solo dopo una certa soluzione di continuità e con
caratteriste tali da far ipotizzare un cambio di influenza in favore di Populonia; la
stessa Vetulonia, prima della rinascita tra la fine del IV e l’inizio III secolo, sembra sia
stata un oppida di Populonia.
Da questi primi dati sommari, appare evidente la presenza di un centro
organizzatore di questa rete di insediamenti, identificabile in Vetulonia, che con la
prima età del ferro aveva assunto il controllo del distretto minerario e della stessa
isola d’Elba.
Vetulonia, della quale non si hanno dati sufficienti sull’abitato, si sarebbe sviluppata
nel IX secolo, probabilmente attorno a due punti di aggregazione (il Convento e
l’attuale paese) come dimostrerebbero le due distinte necropoli villanoviane, nelle
quali si cominciano a rilevare l’emergere di alcuni gruppi all’interno della comunità,
come dimostrano la presenza di armi ed i circoli di pietre che riuniscono all’interno
dello stesso spazio i pozzetti di incinerazione di individui di uno stesso clan
gentilizio.
Negli ultimi decenni dell’VIII secolo si passa a tombe a fossa ad inumazione, inserite
sempre entro circoli di pietra ma sormontate da tumuli di terra, dirette antecedenti
delle future monumentali tombe a tumulo, con corredi preziosi e raffinati.
La presenza di un ceto principesco o comunque aristocratico è testimoniata nella
seconda metà del VII secolo dall’imponenza dei tumuli a tholos della Pietrera e del
Diavolino, ma qualche riscontro archeologico comincia ad aversi anche nell’abitato:
nell’area di Costa Murata, sotto le domus di età ellenistica, è stato rinvenuta una
concentrazione di ceramiche d’importazione dei secoli VI e V che presenta evidenti
tracce d’incendio, in precedenza interpretata come deposito votivo, in quanto tale
materiale non era di uso comune e si ritrova nelle tombe come manifestazione di
lusso e prestigio. La mancanza di iscrizioni dedicatorie sulle ceramiche, che dovrebbe
essere comune in un sito sacro, fa oggi ipotizzare (Cygielman 1998) l’attribuzione ad
una residenza principesca come a Murlo e Acquarossa. Inoltre un deposito di elmi
bronzei di tipo Negau che recano sull’oro un’iscrizione haspnas, sarebbe riferibile
(Maggiani 1990) ad un modello di organizzazione militare che faceva capo ad un
singolo clan familiare: le trasformazioni politico sociali del V sec. avrebbero portato
al seppellimento intenzionale degli elmi.
Con il VII sec. a.C. ai poggi limitrofi già occupati in età villanoviana e orientalizzante
si affianca una capillare rete di centri secondari che svolgono funzione sia di
controllo e sfruttamento delle aree metallifere che presidio di confine nei confronti
dei centri vicini, in particolare quelli localizzati in prossimità della costa e dai
probabili scali portuali da cui avveniva il trasporto del minerale dall’Elba e gli
scambi con le città dell’Etruria meridionale.
173 Il sole sorge a est
La tipologia delle tombe, di ampiezza ridotta ma con una certa ricerca di
monumentalità, mostra una sostanziale uniformità di caratteristiche della
popolazione che fanno pensare al sorgere di una classe media che nel corso del VI
secolo emerge all’interno della compagine sociale nei centri etruschi.
Il sorgere di una forte classe media, soprattutto nei centri satelliti, può essere una
delle cause della dell’apparente decadenza della Vetulonia dei principes nel VI e V
secolo.
Di questi centri satellite è documentato solo l’abitato del lago dell’Accesa che ci
restituisce l’immagine di abitazioni modeste ma appartenente comunque ad un ceto
dirigente e ad artigiani specializzati, sicuramente legato alle clientele dei gruppi
gentilizi, che grazie ai proventi dall’estrazione e lavorazione dei metalli traeva le
risorse per fornirsi di oggetti di importazione; l’insediamento dista poche centinaia di
metri, in linea d’area, con le miniere di Serrabottini e Fenice Capanne.
Considerata l’analogia tra i centri nella tipologie di tombe e probabile che analoghi
fossero anche gli insediamenti che non sono stati ancora ritrovati.
L’area dell’insediamento si estende per alcune decine di ettari, non ancora del tutto
indagata, nella quale sono stati individuati cinque distinti quartieri abitavi, indicati
con le lettere dell’alfabeto, risalenti dalla fine del VII al VI secolo a.C., di cui sono
emersi le fondazioni di ambienti realizzate in pietre locali (arenaria e palombino).
Le pareti, realizzati in mattoni crudi, graticcio (rami o canne intrecciate rivestiti in
argilla) o pisé (gettate di argilla fresca entro casseformi di legno, rimosse
successivamente) sono andati perduti.
Sono stati invece ritrovati frammenti di tegole e coppe in argilla pertinenti ai tetti.
Dal disegno delle fondamenta sul terreno si evidenzia che le stanze erano
quadrangolari, di ridotta superficie, contigue e precedute da un portico o da un muro
basso.
I reperti ritrovati nei diversi edifici sono relativi soprattutto alla vita domestica:
fuseruole, rocchetti, pesi di telaio (filatura e tessitura), macine per cereali o pietre per
affilare lame (coti); vasellame d’impasto e di bucchero, come grandi olle per l’acqua o
derrate alimentari, medie o piccole olle per grasso e miele, vasi per la cottura dei cibi,
piatti e ciotole per bere; sono stati rivenuti pesi da rete di pietra o piombo impiegati
per pescare nel lago.
La forma dell’insediamento disegna un quadrilatero irregolare aperto al centro e con
ampi inserti di verde tra i diversi quartieri, forse adibiti a orto.
Il quartiere C riveste il maggior interesse dal punto di vista tecnologico perché
presenta due gruppi di forni per la lavorazione dei metalli, con buche dal profilo
concavo, scorie di fusione e pezzi di minerale (blenda), oltre a pietre e laterizi con
segni di esposizione al calore. Questo quartiere artigianale era il più vicino alla
sponda del lago per agevolare le lavorazioni dei metalli che necessitano di acqua.
Di particolare interesse sono le soluzioni tecniche adottate per il drenaggio delle
acque: oltre alle massicciate di sassi in funzione di vespaio, notevole è il sistema di
cabalette coperte di cui resta nella casa VI del quartiere C.
Un parallelo può essere fatto tra il quartiere artigiano dell’Accesa con l’analogo
edificio costruito intorno al 530 a.C. sul Poggio Porcareccia a Populonia: in questo
caso i locali, tra loro contigui, destinati alla lavorazione del ferro, sono costituiti da
grosse murature in filari di blocchi di pietra con pareti intonacate in calce rossa, sono
affacciati su un’ampia area centrale scoperta; anche qui un impianto di
canalizzazione sotto il piano dei pavimenti convoglia le acque in una vasca esterna
all’edificio, dove erano i forni utilizzati per l’arrostimento del minerale.
Se l’insediamento dell’Accesa era legato allo sfruttamento delle miniere del
campigliese, la fortuna di Val Berretta è invece legata alla lavorazione dell’ematite
proveniente dall’Elba ed agli scambi con l’Etruria meridionale (probabilmente Vulci)
attraverso i porti localizzati ipoteticamente a Punta Ala e nella laguna di Pian d’Alma
o nel vicino promontorio di Punta Pomata nello stagno che allora occupava il Pian di
Rocca.
L’insediamento di Val Berretta doveva invece trovarsi su un’altura prospiciente la
necropoli nel Pian di Rocca, delimitata dalla confluenza di due fossi, ma l’area è
occultata dall’impianto di un uliveto e compromessa da una cava di pietra, ma
l’identificazione è confermata, oltre dalla morfologia del territorio, dal ritrovamento
di tratti di una strada basolata con una carreggiata di circa tre metri, che sale verso
l’altura attraversando la necropoli.
174 Il sole sorge a est
La fine dei centri dell’agro vetuloniese, come già accennato, avviene quasi
contemporaneamente intorno alla seconda metà del V secolo a.C. e coincide
sorprendentemente con le scorrerie siracusane nel Tirreno settentrionale. L’ipotesi
(Cambi 2003) è che Vetulonia, prima ancora che Populonia, potrebbe essere stata
l’oggetto delle degli attacchi siracusani e che per questo abbia perso il predomino sui
distretti minerari dell’interno e dell’Isola d’Elba, in favore di Populonia che inizia
così il proprio periodo di massimo splendore.
La precoce concentrazione di ricchezze a Vetulonia già nella Prima età del Ferro (IXVIII sec. aC.), esemplificata dall’analisi dei corredi restituiti dalle sue necropoli
(Poggio alla Guardia, Poggio alle Birbe, Poggio Baroncio e Dupiane), mostra un
centro estremamente ricettivo a nuovi contatti con il mondo esterno ed una ricca
articolazione di scambi con altre aree.
Proprio il ruolo svolto da Vetulonia nel controllo delle ricche miniere del suo
entroterra costituisce il polo d’attrazione da parte di altre popolazioni che instaurano
proficui scambi con questo centro. Ed è proprio attraverso queste motivazioni che è
possibile comprendere le dinamiche e le trasformazioni che coinvolgono così
precocemente la compagine sociale vetuloniese.
Si adottano usi funerari sempre più diversificati e complessi dove la caratteristica
degli oggetti deposti nelle sepolture all’interno di una “nuova” società segnata da un
improvviso benessere economico.
Nel corso della seconda metà del IX sec. .C. abbiamo testimonianza della comparsa,
nelle necropoli di Vetulonia, di oggetti rari, come ci testimoniano i ritrovamenti in
elenco:
- una fibula a quattro spirali tipica delle popolazioni enotrie dell’Italia
meridionale, pervenuta tramite la mediazione dei centri di Pontecagnano o
Tarquinia;
- un fodero di spada proveniente da Pontecagnano;
- orciuolo e tazzina gemina con decorazione a lamelle metalliche, provenienti
da Tarquinia, ritrovati a Poggio alla Guardia.
Proprio attraverso i contatti con Tarquinia e gli altri centri dell’Etruria meridionale
(Vulci, Veio e Bisenzio) è possibile pensare allo sviluppo in loco di fabbriche che
riproducevano prodotti tipici di quell’area, come hanno dimostrato le analisi di
campioni di argilla risultati di provenienza locale.
Forti sono le componenti allogene (indigene) tra i materiali presenti nei corredi
vetuloniesi a cavallo tra IX e VIII sec., anche se il nucleo più consistente è costituito
da oggetti in bronzo ed in ceramica provenienti dalla Sardegna, influenzati dal
mondo cipriota e smistati dalla componente fenicia:
- bottoni in bronzo, faretre miniaturizzate, piccoli pendagli a pendola o a
forma di fiasca, pugnali miniaturizzati, ciotole-coperchio in bronzo con prese
a spirale;
- bocchetta askoide, tipica della cultura nuragica ma che potrebbero essere
prodotte da botteghe artigiane di Vetulonia;
- coppa in bronzo istoriata, analoga alla produzione di Nimrud (Assiria) del
terzo quarto dell’VIII sec.
Tra l’VIII ed il VII secolo (orientalizzante) a.C. Vetulonia diviene polo di attrazione
per maestranze itineranti attirate dal benessere economico di questo centro ed
aumenta la richiesta di prodotti “esotici” da parte delle classi dominanti. Cambiano
gli usi funerari con modalità di sepoltura più consoni al nuovo benessere: nel corso
del VII sec. il “circolo di pietre” non delimita più, come nel villanoviano, pozzetti di
individui appartenenti ad uno stesso gruppo familiare, ma una o più fosse di grandi
dimensioni e che raccolgono le spoglie di un solo individuo.
Al nuovo rito dell’inumazione si affianca, continuando la tradizione precedente,
quello dell’incinerazione, che sembra connotare individui di rango, quasi che questa
modalità, con il complesso rituale messo in atto, ne volesse sancire una sorta di
eroicità, così come descritto nel racconto omerico dell’Iliade per le onoranze funebri
di Patroclo ed Ettore.
I nuovi costumi funerari impongono la presenza di specifici oggetti che marcano
ritualità come quella del banchetto che si impone nelle società aristocratiche etrusche.
Accanto agli oggetti della bronzistica vetuloniense, si ha la testimonianza della
presenza di oggetti di particolare rarità di provenienza dal vicino oriente:
175 Il sole sorge a est
-
oinochoe d’argento dalla Tomba del Duce di manifattura cipriota o nord
siriana;
- coppe bronzee di manifattura orientale e assiro-palestinese come quelle della
Tomba del Tridente;
- grandi lebeti con protomi leonine, grifi e sirene, dal Circolo dei Lebeti;
- kotylai d’argento di tradizione protocorinzia, come nella Tomba del Duce,
ascrivibile a maestranze orientali stanziate in centri etrusco-meridionali come
Cerveteri.
La profonda crisi che investe nella seconda metà dell’VIII sec. a.C. il bacino orientale
del Mediterraneo, conseguente all’invasione assira, con la chiusura di empori, quali
quello di Al Mina, favorisce l’esodo verso occidente di intere popolazioni.
Greci e Fenici sembrano spartirsi aree diverse d’influenza: i primi sono dislocati
lungo il Golfo di Napoli, le coste ioniche calabresi e la Sicilia orientale, i secondi
lungo le coste occidentali della Sicilia, della Sardegna, delle coste nord-africane e
della Spagna.
Gli stessi greci e fenici che prima condividevano empori come Al Mina, ora
condividono quello di Pithekoussai.
Dalla Sardegna proviene invece l’interesse esclusivo dei fenici per i comprensori
minerari vetuloniese e populoniese; è significativo infatti, che tra la fine dell’VIII e
l’inizio del VII sec. a.C., manchino nel distretto minerario attestazioni di ceramiche
geometriche greche (euboiche), che invece sono abbondanti nei contesti coevi
dell’Etruria meridionale e della Campania.
Con la metà del VII sec. a.C., con il rafforzarsi dei rapporti con Cerveteri, a Vetulonia
arrivano ceramiche greche e greco orientali, come le numerose kotylai ed aryballoi
protocorinzi e le coppe ad uccelli rodie, a cui si aggiungono ceramiche o buccheri a
rilievo provenienti dai centri etrusco-meriodionale o laziali.
Dai questi centri, in particolare da Cerveteri, affluiscono a Vetulonia i primi artigiani
orientali che diffondono le nuove tecniche dello sbalzo e della granulazione su
metalli preziosi.
Ancora in contesti di VII sec. a.C. continua la presenza di prodotti sardi, quali le
navicelle in bronzo, come nella Tomba del Tridente e del Circolo di Mut; la
circostanza ha creato discussioni tra gli studiosi in quanto tali oggetti sono invece
assenti nei coevi corredi delle tombe nuragiche.
Ai rapporti con le città etrusco-meridionali e con le componenti mercantili fenice e
greche, si uniscono, nel corso del VII sec. a.C., quelli con il settentrione: Bologna, le
coste adriatiche e le aree dell’Europa centro-occidentale e danubiana; scambi
alimentati dalla c.d. “via dell’ambra”.
Ambra e avorio forniscono la materia prima per elaborati manufatti finemente
intagliati, quali collane, amuleti, scarabei, pissidi, che fanno supporre la presenza di
manifatture altamente specializzate nella lavorazione in loco.
Una serie di prodotti influenzati, se non direttamente provenienti, dalla bronzistica
centro-europea orientale tra cui spiccano:
- la bardatura bronzea di tradizione tracio-cimmerica del Circolo degli
Acquastrini
- un piede tronco-conico in bronzo e un finale bronzeo con apofisi a sferette dal
Circolo delle tre Navicelle di marca hallstattiana
- una serie di anse con figure zoomorfe, forse rielaborazioni locali di prodotti
centro-europei
- sicule bronzee, tripodi ed incensieri, prodotti a Vetulonia, diffuse a nord delle
Alpi attraverso la mediazione di Bologna e Este.
L’intensa e proficua serie di rapporti internazionali che caratterizza tutto il VII sec.
a.C. vetuloniese, favoriti da una società di tipo “aristocratico” che vedeva
nell’accumulo di beni santuari la propria affermazione, sembra frantumarsi nel corso
del secolo successivo, sia per i cambiamenti politici in atto in tutta la società etrusca,
sia per la sempre crescente pressione esercitata dai centri confinanti di Populonia e
Roselle, che ne scardinano progressivamente l’egemonia economico-politica.
Antologia di testi
A metà del VII secolo, la stratificazione sociale e le nuove forme di scambio emporico
provano quanto arcaico e superato dalla realtà fosse il sistema economico
176 Il sole sorge a est
egemonizzato dalle classi dominanti, strutturato attraverso il dono e la reciprocità
totale.
Non fa quindi meraviglia che la struttura sociale dei grandi centri urbani accentui la
tendenza a stratificarsi in una pluralità di livelli, che erodono il potere dei principes e
perciò premono in direzione di una rudimentale economia monetale, capace di
interpretare i nuovi bisogni sociali e le embrionali, ma tenaci spinte verso la ricchezza
mobiliare.
Nel VI secolo a.C. l’accelerazione verso forme di isonomia si manifesta con sepolcri a
dado e con facciata omogenea sulle vie sepolcrali. A Tarquinia, i pochissimi grandi
tumuli dell’orientalizzante, vengono nel VI secolo a.C. sostituiti dalle centinaia di
piccoli tumuli, mentre il fenomeno delle tombe dipinte segnala l’esistenza di una
pluralità di famiglie.
Quasi a contrasto con questa situazione meridionale, i grandi abitati dell’etruria
centro-settentrionale non partecipano allo stesso movimento con uguale forza.
Vetulonia, dopo i fasti principeschi di VII secolo a.C. sembra scomparire a danno
della vicina, emergente Roselle, forse nata come sbocco di Chiusi sul mare;
Populonia, anch’essa dominata dai grandissimi tumuli del VII secolo a.C., vede
sorgere le tombe uniche “ad alto tumulo” e, solo alla fine del VI secolo a.C., le tombe
“a edicola”, con evidente tendenza al livellamento sociale, ma in palese ritardo
rispetto all’Etruria meridionale. Nel complesso, il VI secolo a.C. vede concludersi,
prima e con fenomenologia più complessa nel più avanzato meridione, poi
lentamente nel settentrione, il processo di strutturazione urbana; con le alterne e
continue vicende di conflitto tra i vari centri, soccombono ora alcuni centri fiorenti
dell’orientalizzante: Vetulonia è forse sostituita da Ruselle, Marsiliana viene
sommersa dall’espansione di una Vulci in prepotente ascesa dal tardo VII secolo a.C.;
sorgono ora città con rango di metropoli……resta in ogni caso il fatto che il definitivo
assetto urbano, pur nelle differenze areali, costituisce la nota dominante
dell’arcaismo etrusco e fenomeno destinato a segnare il futuro itinerario delle
vicende storiche.
(Torelli 1986 – Rasenna pag. 48-50)
***********
Il territorio, piuttosto che non il centro della città di Vetulonia, hanno fornito le più
significative testimonianze di questo periodo: ne sono un emblematico esempio due
complessi funerari dislocati verso le aree minerarie di Ribolla, del gavorranese o in
Val Berretta, quali Poggio Pelliccia e la Tomba del figulo alle Migliarine, che hanno
restituito una copiosa messe di ceramiche corinzie, ioniche e attiche.
Dal centro abitato di Vetulonia, a Costa Murata, provengono una ricchissima serie di
ceramiche attiche, cronologicamente datate tra il secondo quarto del VI sec. alla metà
del V sec. a.C., probabilmente legate ad un’area sacra di pertinenza di una residenza
principesca confrontabile con quelle di Murlo, Ficana e Acquarossa.
(Cyngielman 2005 - pag. 9-14)
***********
Se la lacuna conoscitiva dell’abitato per questo periodo risulta per ora assoluta,
proprio il sorgere attorno a Vetulonia di un capillare numero di centri secondari ci
aiuta a comprendere meglio, in una gerarchia degli insediamenti, la rete gestionale
del territorio.
In questo senso la ricchezza delle informazioni che provengono dal territorio con le
realtà di Val Berretta, Pian d’Alma, Poggio Pelliccia, S.Germano, Selvello e della
stessa Accesa, di gran lunga la più nota, testimonia, per tutto il VII ed il VI secolo,
una gestione territoriale con un preciso ruolo di Vetulonia quale guida nei confronti
dei centri secondari, sia che essi rappresentino luoghi di possesso e sfruttamento
delle aree metallifere, sia che si pongano quali luoghi di confine nei confronti dei
centri vicini.
Proprio a questo proposito mi preme sottolineare il ruolo strategico svolto da
insediamenti quali Val Berretta e Pian d’Alma, situati in posizione chiave alla
177 Il sole sorge a est
confluenza di un percorso che univa Vetulonia a Punta Ala dove, credo, possa
collocarsi un probabile scalo marittimo. Non secondaria, tra l’altro, la dislocazione
della stessa Punta Ala nei confronti dell’area mineraria elbana (posta proprio di
fronte).
E’ opinione comune che Roselle vada a sostituire Vetulonia nel controllo del
territorio a partire dall’inizio del VI secolo a.C.
Alcune osservazioni per questo periodo sono possibili.
Da un lato abbiamo le testimonianze fornite dalla necropoli con un progressivo
allontanamento delle aree cimiteriali dalle alture prossime all’area urbana, con una
loro dislocazione nelle zone pianeggianti di fondo valle, forse una ricerca di nuovi
luoghi, visti gli spazi angusti forniti ormai dalle vecchie sedi già occupate in età
villanoviana e orientalizzante.
A questa necessità di recuperare nuovi spazi, credo abbia contribuito anche il sorgere
di nuove tipologie tombali, come piccoli tumuli caratterizzati da camere a pianta
rettangolare con breve dromos d’accesso, banchina di deposizione formata da lastre
poste di taglio e copertura a lastre aggettanti su pennacchi, di un tipo comune anche
nei nuclei cimiteriali del territorio (Val Berretta e S.Germano), dove la sostanziale
uniformità nella composizione dei corredi contribuisce a delineare il sorgere di quella
classe media che, nel corso del VI secolo a.C. emerge all’interno della compagine
sociale nei centri etruschi.
Dall’altro lato, le presenze nell’abitato sembrano in parte contraddire quanto
supposto relativamente al nuovo ruolo assunto da Roselle.
Sulla sommità del nucleo urbano vetuloniese sorgono le cosiddette mura dell’Arce.
Sebbene manchino dati stratigrafici sulla cronologia delle mura dell’Arce, il
confronto tecnico-costruttivo con la cinta rosellana (le cui vicende cronologiche sono
meglio conosciute), fanno ricondurre anche le strutture vetuloniesi al VI secolo a.C.
Questa eventualità allinea Vetulonia alle principali città dell’Etruria Settentrionale,
che proprio in questo periodo si muniscono di mura, legandosi ai mutamenti di
ordine politico ed istituzionale che vanno affermandosi nei centri etruschi nel corso
del VI secolo a.C:, frutto dell’affermarsi di nuove compagini sociali.
Comunque sia, un “terminus ante quem” perlomeno per la cronologia delle mura
dell’Arce, è costituito dal deposito di elmi “tipo Negau”, databili non oltre la metà
del V secolo a.C., recanti sull’orlo della tesa un’iscrizione “haspnas” che Maggiani ha
riferito a un gentilizio e che sottenderebbe ad un modello di organizzazione militare
che faceva capo ad un singolo clan familiare, quello degli “haspna”.
I modi del rinvenimento e le condizioni dei singoli oggetti, che presuppongono una
loro intenzionale distruzione, sembrano rappresentare, anche per Vetulonia, il
riflesso delle profonde trasformazioni sociali in atto nella società etrusca e, dunque,
anche in quelle dell’apparato militare, evidenziando il momento d’ascesa di un ceto
medio in sostituzione dell’aristocrazia dell’età precedente.
A queste osservazioni si affiancano anche i dati forniti dai ritrovamenti nell’area di
Costa Murata. Attualmente in quest’area sono visibili una serie di grandi domus con
ampia corte interna forse di prima età ellenistica, sebbene la serie dei ritrovamenti
effettuati da Anna Talocchini segnalino un’area con forte frequentazione sin
dall’inizio del VI secolo a.C.
Purtroppo l’assenza di una documentazione attendibile degli interventi di scavo,
rende incerta –in attesa di nuove verifiche stratigrafiche- la natura di questi
ritrovamenti.
A proposito della presenza di un possibile “deposito votivo”, costituito dalla serie di
ceramiche d’importazione riferibili cronologicamente a tutto il VI secolo a.C. e la
prima metà del V, pur non potendo escludere questa ipotesi, che per ora rimane la
più accreditata, il fatto che essi presentino evidenti tracce d’incendio ed in forza,
anche dell’assenza, fino a questo momento, di elementi quali iscrizioni dedicatorie o
altro materiale che segnalino quest’area (perlomeno in età arcaica) come sacra, non
escluderei, a puro titolo d’ipotesi, una diversa realtà, quella cioè di una residenza
come quelle note a Ficana, Acquarossa e Murlo, dove la presenza di materiale
d’importazione potrebbe ben figurare.
(Cygielman 2002 – pag. 164-173)
178 Il sole sorge a est
***********
Il corredo funebre di Poggio Pelliccia copre un arco di tempo che va dalla metà del
VII alla prima metà del V secolo a.C., colmando quel “vuoto” di ben due secoli, che,
finora, sembrava esistere nelle facies culturali di Vetulonia.
Colpisce l’abbondanza, la ricchezza e la rarità della suppellettile, qui ritrovata, che
offre il quadro di una città ancora molto ricca e potente e con una capacità di acquisto
indubbiamente notevole, molto lontana dall’immagine stereotipata della città
irrimediabilmente impoverita e decadente.
Questi nuovi acquisti, che confermano in modo certo la vitalità e la ricchezza di
Vetulonia nel VI secolo e nella prima metà del V, fanno, di conseguenza, decadere la
tesi della improvvisa e precoce scomparsa di Vetulonia, dopo il periodo di grande
splendore del VII secolo, a vantaggio della vicina Roselle, che torna, così, ad essere
ridimensionata a città coesistente e non predominante.
L’ipotesi della esistenza di una necropoli del periodo arcaico a Vetulonia, attestata
dal ritrovamenti di ceramica attica a figure nelle tombe a circolo della piana del
Diavolino, è stata confermata, anche dai ritrovamenti delle necropoli di Val Berretta,
di Campo della Manganella, di S.Germano, di Corbello, tutte dipendenti da
Vetulonia.
Il fatto che questi rinvenimenti (ceramica attica a figure nere e rosse) nelle necropoli
vetuloniesi non debbano essere considerati una sporadica e casuale attestazione della
vitalità della città, è dato dalla sensazionale scoperta effettuata nel 1975 nell’area
urbana di Vetulonia e precisamente a Costa Murata.
In un vano della zona orientale di Costa Murata, una delle tre alture che fanno parte
della zona urbana di Vetulonia, alla profondità di m. 0,40-0,90, sono venuti alla luce,
insieme a molto altro materiale di ogni tipo, trovato negli strati superiori, nella terra
di riporto, numerosi frammenti di vasi attici del medesimo periodo arcaico di quelli
del Tumulo di Poggio Pelliccia.
L’aver trovato a Costa Murata, quindi nella zona urbana di Vetulonia, materiale di
una abbondanza e di una ricchezza così notevoli e di un arco cronologico che
abbraccia tutto il VI e la prima metà del V sec. a.C., è una prova inconfutabile di
quanto, con gli scavi programmati ci si proponeva di cercare: la continuità di vita e la
floridezza di Vetulonia anche nel periodo arcaico.
(Talocchini 1994 - pag.99-123)
***********
La presenza nei corredi vetuloniesi di oggetti transmarini, ellenici e orientali, pone il
problema del loro arrivo a Vetulonia. In altri termini vi saranno arrivati direttamente
dai rispettivi centri di produzione, oppure mediatamente attraverso un centro di
smistamento italico o anche etrusco? Ovviamente la prima possibilità comporta come
conseguenza l’uso di uno scalo marittimo a Vetulonia, scalo che potrebbe essere stato
nel bacino interno del Lago Prile, o sulla costa tirrenica.
Gli oggetti ellenici e orientali restituiti dai corredi orientalizzanti di Etruria si
impongono all’attenzione per la qualità della fattura sul piano tecnico e decorativo,
per le conseguenze che hanno avuto nella formazione di un nuovo gusto e di un
nuovo repertorio figurativo nella tradizione etrusca del VII secolo, ma non certo per
la quantità degli esemplari. A Vetulonia in particolare la scarsezza di manufatti
trasmarini è molto più rilevante che negli altri centri orientalizzanti dell’Etruria
meridionale. Anzi se si prescinde momentaneamente da alcune concentrazioni di
materiale in determinati complessi (kotylai protocorinzie nella Tomba del Duce, vasi
corinzi e ionici nella Tomba del Figulo, lebeti con protomi nel Circolo dei Lebeti,
ecc.), la scarsezza di cui si diceva è ancora più evidente. Il fatto è rilevante se si tiene
presente che le tombe scavate non sono poche e i corredi non sono poveri, in modo
particolare di prodotti metallici: ciò che indica una popolazione per niente scarsa e
condizioni di vita per niente depresse ed il centro disponeva di un valido mezzo di
scambio: il rame grezzo o lavorato.
179 Il sole sorge a est
La scarsezza degli oggetti ellenici e orientali a Vetulonia è provata indirettamente dal
fatto che questi oggetti non hanno fatto scuola a Vetulonia e sono stati sempre sentiti
come prodotti esotici e sono rimasti patrimonio di poche famiglie.
Le categorie di oggetti ellenici e orientali rappresentate a Vetulonia sono tutte
rappresentate nell’Etruria meridionale e in particolare a Cere e in maggiore quantità
e varietà che a Vetulonia. Questo significa che la corrente commerciale che ha portato
questi oggetti potrebbe essere stata la stessa. Se si accetta che spesso i singoli corredi
vetuloniesi mostrano orientamenti precisi verso un determinato centro di
importazione, si può supporre che gli oggetti di origine diversa combinati in uno
stesso complesso possano essere riuniti precedentemente in un centro di
smistamento. Il Circolo dei Lebeti ha restituito accanto ai lebeti, di sicura
importazione da un’area egeo-orientale, anche un carrello-bruciaprofumi, di fattura
probabilmente cerretana. La IV fossa della Tomba del Duce ha restituito, accanto al
kotylai protocorinzie e coppe rodie, vasi di bucchero fine e prodotti di metallo
prezioso che si possono attribuire all’ambiente ceretano. La concomitanza di prodotti
ellenici e orientali e di prodotti ceretani in uno stesso complesso vetuloniese è
indicativa per la provenienza degli stessi prodotti.
Se i prodotti ellenici e orientali sono arrivati a Vetulonia dai centri etruscomeridionali insieme ai prodotti di questi stessi centri, il movimento di importazione a
Vetulonia dall’Etruria meridionale assume proporzioni imponenti sul piano
qualitativo e quantitativo. Di conseguenza anche il movimento di esportazione da
Vetulonia dei prodotti caratteristici dell’entroterra vetuloniese, cioè i minerali, si
dimensiona in maniera meno vaga e forse anche grandiosa: i metalli della zona
vetuloniese avranno avuto uno degli sbocchi più larghi nell’Etruria meridionale. In
questo modo il rapporto tra Vetulonia e Cere, che risultava squilibrato relativamente
ai prodotti di artigianato dei due centri, potrebbe risultare equilibrato sul piano degli
scambi effettivi.
(Camporeale 1969 – pag.114-118)
***********
Con l’età orientalizzante l’esame dell’evoluzione storica del territorio si deve
necessariamente restringere all’area da noi considerata. Dato che i resti materiali
sono in massima parte costituiti da avanzi di tombe disfatte, aree di frammenti fittili
e cippi funerari, non è ancora possibile definire con esattezza le varie fasi di questo
processo. E’ certo però che fin dal VII secolo l’espansione agricola, commerciale e
demografica di Vetulonia si articola principalmente lungo le vie di comunicazione
naturali, gettando le basi di un sistema viario che raggiungerà il suo pieno sviluppo
entro la metà del VI secolo a.C.
Se le antiche città etrusche vanno considerate come organismi economici e politici
unitari, costituiti dall’aggregato urbano e da una parte del territorio circostante, è
logico pensare che i centri abitati sorgessero in posizioni naturalmente dotate delle
caratteristiche topografiche che meglio si prestavano alle loro esigenze strategiche,
economiche e demografiche. Di conseguenza le aree prescelte dovevano avere
superfici proporzionate alle necessità di ordine demografico dei rispettivi territori.
Vetulonia sorge in una posizione particolarmente aspra, difficilmente accessibile, che
si adegua perfettamente alla fisionomia di un centro politico, amministrativo,
religioso, situato in posizione arroccata per dominare l’economia, fondata
essenzialmente sulle risorse estrattive, sulle attività metallurgiche e sugli scambi
commerciali, di un territorio relativamente limitato e poco favorevole all’agricoltura.
Per il controllo e l’organizzazione di tali attività primarie bastano pochi centri
periferici, ben collegati tra loro e disposti nei punti strategici della produzione e delle
comunicazioni terrestri e marittime. Roselle, viceversa, nonostante le recenti scoperte
di quartieri artigianali, sembra conservare l’aspetto di un centro agricolo e
commerciale.
180 Il sole sorge a est
Nell’ultimo studio complessivo sugli interessi commerciali vetuloniensi in età
orientalizzante la configurazione economica della città è quella di un importante
centro produttore di metalli pregiati, principalmente rame, debole esportatore di
prodotti finiti e forte importatore di manufatti metallici e ceramici, di monili e di altri
oggetti di lusso.
Lo sbilancio non indifferente che si rileva a favore delle importazioni di prodotti
finiti sarebbe compensato da grosse esportazioni di materia prima, in gran parte
dirette verso i mercati dell’Etruria centro-meriodionale costiera: Vulci, Tarquinia e
specialmente Caere, i quali a loro volta fungerebbero da intermediari per le
importazioni dal mondo ellenico ed egeo-orientale, pur senza escludere
completamente la possibilità di rapporti diretti via mare.
In una ricostruzione, nel VII-VI secolo a.C. il Prile appare come una vasta laguna
alimentata a NE dall’Ombrone, e dotata di una larga comunicazione con il mare a SE,
fra i rilievi di Poggiale e di Pingrosso, in armonia coi risultati delle indagini
podologiche. L’unico isolotto emergente all’interno di questo bacino è l’estrema
propaggine dei Poggetti di Badia, l’attuale Isola Clodia o Badiola al Fango: e’ in questa
zona la probabile ubicazione del porto di Vetulonia .
Dal canto nostro vorremmo aggiungere che la parte NO del Prile fu l’ultima ad
essere colmata e quindi ebbe in antico fondali certamente abbastanza profondi e
adatti alla navigazione; che la spiaggia a E di Poggetti, oltre a formare un’ampia
insenatura protetta a S dall’Isola Clodia, è ben guardata anche ai fianchi e alle spalle
dai contrafforti dei Poggi Ballone, Bruno e Spada contro i venti dei quadranti
settentrionali; che si trova alla fine della via naturale più breve e diretta per le zone
minerarie dell’Accesa; che era ricca di acque dolci, congiunta da due diverse strade a
Vetulonia e che pertanto offriva condizioni ideali per un antico approdo e un asilo
sicuro e sufficiente per qualsiasi imbarcazione.
Perciò è verosimile che in questo luogo vi fosse un porto di Vetulonia: probabilmente
il più importante e forse il più antico.
(Curri 1978 - pag. 16, pag.22-26)
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Vetulonia appare, dopo gli splendori della tarda età del Ferro e della fase
orientalizzante, in declino. Nel VI secolo la città pare soggetta a un generale
impoverimento, tanto che le tombe delle necropoli urbane e del territorio, anche se
utilizzate o riutilizzate nel VI e nella prima metà del V, sono state erette tutte, al più
tardi, nell’orientalizzante recente. Questo quadro, da accogliere con cautela, appare,
per la verità, eccessivamente severo.
Il territorio rivela invece tracce copiose di frequentazione e di utilizzazione avanzata
delle risorse.. In età orientalizzante la città organizza una rete assai fitta di
insediamenti volti, in molti casi, al sistematico sfruttamento delle risorse minerarie
dell’area campigliese e alla lavorazione del minerale grezzo di ferro evidentemente
proveniente dall’Elba. Gli abitati dell’Accesa, di Selvello, di S.Germano, di Poggio
Zenone, di Val Berretta, di Val Petraia, benché conoscano la loro fase di massima
espansione nel VI, spesso affondano le loro origini nella fine del VII o direttamente
(Val Berretta) oppure attraverso la frequente localizzazione nei loro paraggi di aree
sepolcrali già utilizzate nel pieno VII, nella prima metà (Val Petraia) o talvolta anche
prima (Accesa).
Ad essi aggiungerei l’abitato rinvenuto sotto il castello di Scarlino, ove sono
chiaramente attestati episodi di riduzione/fusione del minerale di ferro databili al
VII-VI secolo.
Controversa è la natura della manifattura di Rondelli, ove a uno sviluppo
nell’iniziale VI secolo succede una fase di abbandono, quindi una fase prima di
frequentazione poi di effettiva rioccupazione (fra la fine del VI e gli inizi del V).
Questi insediamenti, dipendenti da Vetulonia, cui sono affiliati dai caratteri culturali,
costituiscono un tessuto uniforme. Resta difficile da spiegare la natura dei rapporti di
questi abitati con la metropoli e soprattutto la contemporaneità esistente fra gli inizi
della prosperità degli uni e il lento declino dell’altra. E’ certo che la frequentazione
del territorio, legata alla città in formazione ma più ancora ai gruppi gentilizi che ne
181 Il sole sorge a est
governavano i destini, debba essere vista come una emanazione nel territorio dei
principes e delle loro clientele.
I gruppi marginali sembrano sopravvivere alla caduta della classe principesca di
Vetulonia nella prima metà del VI secolo.
Il definitivo esaurimento dell’egemonia vetuloniese su questi paraggi va fissata alla
prima metà del V secolo a.C., in concomitanza con l’abbandono della maggior parte
degli abitati cui si è finora accennato, incluso il villaggio del lago Accesa.
In ogni caso, pur con le difficoltà imposte dalla natura diseguale della
documentazione, è possibile cogliere segni evidenti del nuovo assetto dato al
territorio sul finire del V secolo a.C., l’intero distretto massetano, un tempo
vetuloniese, era stato inglobato da Populonia analogamente a quanto era avvenuto
per le isole e presto munito degli stessi, speciali indicatori (le fortezze).
Proprio Vetulonia, prima ancora di Populonia, potrebbe essere stata l’oggetto delle
scorrerie siracusane nel Tirreno settentrionale verso la metà del V secolo.
(Cambi 2002 – pag.12-14)
Corredi delle necropoli di Vetulonia
Età villanoviana: IX-VIII sec. a.C.
Tra la fine del IX e gli inizi dell’VIII secolo a.C. è possibile cogliere i primi accenni di
una profonda trasformazione all’interno della compagine sociale vetuloniese: le
necropoli rilevano infatti una volontà di caratterizzazione e diversificazione sociale
sconosciuta nel periodo precedente.
Compare, accanto agli ossari biconici, una particolare urna cineraria a forma di
capanna, tipo poco frequente in Etruria settentrionale, per cui Vetulonia, che ne ha
restituito un gran numero, si pone come unico centro dell’Etruria del Nord ad avere
adottato questo modello culturale tipico dei centri etrusco meridionali, del Lazio e di
Roma.
Anche l’altissima frequenza di armi nelle tombe maschili e l’aumento di oggetti di
importazione nei corredi, rientra nel panorama culturale legato alla nascita di una
“aristocrazia” dipendente da una precoce ricchezza dovuta allo svilupparsi
dell’attività metallurgica. Sono testimoniati, già in questa fase, scambi con aree
dell’Etruria meridionale, soprattutto Tarquinia, con l’area bolognese e la Sardegna,
che faranno di Vetulonia, come della vicina Populonia, i principali centri di
concentrazione e ridistribuzione di tutta una serie di prodotti santuari.
In questo contesto spiccano oggetti di grande pregio come la “coppa fenicia”(*) del “I
circolo di pietre interrotte” (databile tra il terzo e l’ultimo quarto dell’VIII secolo a.C.,
mentre prodotti d’impasto come la coppa della “Buca del 16 aprile 1897” o quella con
decorazione dipinta dalla fossa di Castelvecchio (*) manifestano anche per Vetulonia
contatti con quella serie di coppe euboliche che in quest’epoca entrano nei “mercati”
etruschi come oggetti di prestigio dell’artigianato greco.
La necropoli di Poggio alla Guardia, la più significativa tra le necropoli villanoviane
di Vetulonia, presenta una fitta concentrazione di tombe a pozzetto, per lo più prive
di rivestimento (ne sono state scavate più di mille); la deposizione è comunque unica,
ad eccezione di rare attestazioni di doppie o triple esposizioni con cinerari
sovrapposti divisi da una lastra di pietre; nessun segnacolo esterno contraddistingue
queste sepolture.
Altra caratteristica della necropoli di Poggio alla Guardia è la presenza dei cosiddetti
“Circoli di pietre interrotte”, noti a partire dal tardo IX secolo, che racchiudono al
loro interno “tanti pozzetti quanti ne possa contenere”. La presenza nel corredo di
corredo di queste sepolture di oggetti di prestigio rende verosimile l’ipotesi, già
avanzata da Falchi e più volte ribadita, che questa tipologia tombale indichi la
volontà di distinzione sociale dei defunti (membri di uno stesso gruppo familiare o
clan riuniti all’interno di un circolo).
Nello scorcio del VIII secolo a.C. compaiono i cosiddetti “ripostigli degli stranieri”,
sulla cui natura di tombe non esistono dubbi e la cui attestazione solo a Poggio alla
Guardia rende plausibile un ruolo particolare di questa necropoli.
Contemporaneamente è attestata una serie di sepolture costituite da un “circolo di
182 Il sole sorge a est
pietre interrotte” con unica “buca” centrale, al cui interni sono deposti gli oggetti del
corredo tutti “d’importazione” e i soli denti del defunto.
(Cygielman 2000 - pag.33-38)
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Periodo orientalizzante:– fine VIII – inizi VI sec. a.C.
La crisi che investì l’oriente mediterraneo nella seconda metà dell’VIII secolo a.C. e
che ebbe come conseguenza finale l’invasione assira, causò come contraccolpo una
inversione delle rotte commerciali delle popolazioni del Vicino Oriente (fenici,
siriani, greci-euboici) con conseguente esodo di popolazioni spinte in Occidente alla
ricerca di nuove fonti di approvvigionamento e di scambi.
Questo fenomeno ampio ed articolato sta alla base della rapida evoluzione della
maggior parte dei centri costieri etruschi che costituiscono, grazie alle loro risorse, il
polo di attrazione di maestranze e prodotti che affluivano nei mercati etruschi da
aree diverse dell’oriente mediterraneo e dalla Grecia. Si rafforzano
contemporaneamente anche quei rapporti con il Centro-Europa e con la Sardegna già
funzionanti fin dai periodi più antichi.
In questo clima, Vetuolonia possiede tutte quelle caratteristiche che la faranno
assurgere a centro di grandissima importanza. Lo sviluppo demografico che
consegue all’esplosione economica legata allo sfruttamento del bacino metallifero del
massetano (e forse dell’Elba) è verificabile dall’ampliamento delle necropoli: ai poggi
già occupati in età villanoviana si affiancano ora nuove località; nel settore orientale
l’area occupata dalla necropoli arriva ai margini del bacino del Prile ed in quello
occidentale ai Poggi di Cernecchio e Valli, fino alle alture delle Lavacchie.
Tipiche dell’Orientalizzante di Vetulonia sono le “tombe a circolo” con una o più
fosse all’interno, secondo una tipologia già attestata anche a Marsiliana d’Albegna, i
cui legami con Vetulonia si rivelano stretti, forse in relazione alla posizione chiave di
Marsiliana che costituisce, attraverso l’alta valle del Fiora, una via di comunicazione
obbligata per il flusso di scambi da Vetulonia verso la valle del Tevere.
Significativa è infatti l’assenza a Vulci di questo tipo di tombe, che invece compaiono,
pur con caratteristiche differenti, fino a Bisenzio, una delle tappe d’obbligo di questo
itinerario.
In questa apertura verso l’ambiente greco e orientale anche gli abitanti di Vetulonia,
come quelli di molti altri centri dell’Etruria, del Lazio e della Campania, cambiano
radicalmente i loro usi: l’evidenza archeologica mostra soprattutto nel rituale
funerario l’adeguamento ad un’ideologia con profonde influenze orientali,
completamente estranea alle popolazioni indigene. L’influenza non è soltanto
ideologica, ma si concretizza nella presenza, tra gli oggetti del corredo, di esemplari
d’importazione di altissimo pregio: i grandi lebeti nord-siriaci del Circolo dei Lebeti,
l’oinochoe d’argento (*) di probabile produzione cipriota o siriana, la kotyle
d’argento (*) di tradizione protocorinzia e l’urna d’argento della tomba del Duce,
entrambe di probabile manifattura ceretana; a questi si affiancano oggetti provenienti
dalla Sardegna come le navicelle miniaturistiche (*). L’apporto tecnico e figurativo
derivante da questi elementi innovatori determina a Vetulonia una fervida fioritura
nella lavorazione del bronzo e il sorgere di officine specializzate in questo settore,
cui si possono riferire prodotti come i tripodi con cavalli o, nello scorcio del VII
secolo a.C., le cimase configurate dei reggivasi, le bardature equine con figure
maschili stilizzate a “despotes theron” (signore degli animali), le anse a giorno e le
bardature con protomi di volatile che ricalcano il filone hallstattiano di tradizione
centro-europea sempre vitale a Vetulonia.
La circolazione di questi arredi bronzei, prodotti dall’artigianato artistico
vetuloniese, non è circoscritta solo al mercato interno, ma ha un raggio di diffusione
in aree diverse e lontane tra di loro; anche per un gruppo di avori rinvenuti a
Marsiliana si è postulata, da più parti, una provenienza vetuloniese.
Se tra la fine dell’VIII e il primo quarto del VII secolo a.C. Vetulonia sembra quasi
estranea al flusso di ceramiche che dalla Grecia giungono nelle città dell’etruria
meridionale, il quadro cambia rapidamente intorno alla metà dello stesso secolo,
quando tra beni di prestigio proveniente verosimilmente da Caere affluiscono i primi
esempi di ceramiche corinzie (*) e greco-orientali, cui si affiancano ceramiche italo-
183 Il sole sorge a est
geometriche (*) di una classe propria dell’area tarquinese e vulcente
(metopengattung). Allo stesso tramite possono anche riferirsi le lamine a stampo in
argento del cosiddetto “Ripostiglio della Straniera” (*) e del Circolo degli
Acquastrini, che costituiscono il modello per una tecnica che, poco prima della metà
del VII secolo a.C., sarà ripresa ed ampliamente applicata da una officina locale.
Sotto l’influsso delle officine etrusco-meridionali si sviluppa infatti anche a Vetulonia
un’attività di orafi che acquisisce ben presto una sua propria fisionomia; alla tecnica
della filigrana si affianca quella dello sbalzo con l’adozione di un linguaggio formale
che darà vita a soluzioni figurative sempre più baroccheggianti: particolare sviluppo
assume a Vetulonia la tecnica del pulviscolo il cui successo è testimoniato dalla larga
diffusione di questi prodotti, tanto che si è congetturato il trasferimento di
maestranze vetuloniesi in altri centri.
Alla fase più recente del periodo orientalizzante (seconda metà VII secolo a.C.)
appartengono le tombe monumentali a tholos. A buon diritto, tra gli esempi più
belli dell’architettura funeraria etrusca, possono essere annoverate alcune tombe
vetuloniesi, come la tomba della Pietrera, del Diavolino I e II o Pozzo all’Abate e la
tomba di Poggio Pelliccia, cui si affiancano in forme più modeste, riproducendo le
caratteristiche dei grandi tumuli gentilizi, quelle della Fibula d’oro, del Belvedere, di
Val di Campo, ecc.
In genere queste tombe presentano una camera quadrangolare preceduta da un
dromos a cielo aperto. La copertura, detta a pseudovolta, è sorretta da un pilastro
centrale ed è formata da lastroni agettanti impostati su pennacchi angolari. La tholos
è coperta da un tumulo di terra e pietrame limitato da un tamburo circolare a grossi
blocchi squadrati. All’apice del tumulo era poi collocato un cippo conico in pietra.
Nella tomba della Pietrera, all’interno del tumulo furono trovate otto statue
frammentarie in pietra che rappresentano uno dei pochi complessi scultorei di età
orientalizzante scoperti in Etruria: si tratta di quattro figure maschili e quattro
femminili che, secondo una suggestiva ipotesi di ricostruzione, potrebbero essere
state allineate lungo il dromos a rappresentare gli antenati del defunto.
(Cygielman 2000 - pag.45-61)
***********
Età arcaica e classica: VI e V secolo a.C.
Alla gran messe di dati restituiti dalle necropoli per l’età villanoviana e
orientalizzante (IX – inizi VI secolo a.C.) non corrisponde nessuna informazione
relativa all’abitato antico.
Dai rinvenimenti sembra di poter individuare un graduale declino di Vetulonia in
favore delle vicine Roselle e Populonia.
La recente scoperta a Costa Murata di una grande quantità di materiali collocabili
cronologicamente tra il primo quarto del VI e la metà del V secolo a.C.
(probabilmente ascrivibile per le sue caratteristiche ad un deposito sacro anche se
mancano sui vasi iscrizioni dedicatorie), se da una parte conferma una continuità di vita
per Vetulonia, dall’altra, proprio per la natura di offerta votiva, non rappresenta un
sufficiente elemento di giudizio sulla prosperità della città in questo periodo.
Indizio comunque di tale continuità, oltre che di necessità difensive connesse
all’instabilità politica della regione, sono le cosiddette Mura dell’Arce (*) in opera
poligonale, rinvenute sul Poggio Colonna e ricollegate ad un tratto di mura urbane
visibili in località Piantoni, databili tra la fine del VI e il V secolo a.C.
In questo quadro si inseriscono anche i resti di una tomba a edicola di tipo
populoniese rinvenuta in località Scala Santa (fine VI-inizi V sec. a.C.) e un nucleo di
elmi (tipo Negau) provenienti da un deposito dell’Arce (*) databili alla metà del V
secolo a.C. Il fatto che circa la metà di questi elmi riporti il gentilizio “haspna” rende
verosimile una loro pertinenza a membri di un esercito privato di un clan familiare,
forse soccombente dinanzi all’affermazione di un nuovo assetto politico sociale.
(Cygielman 2000 - pag.62-67)
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184 Il sole sorge a est
Il territorio in età orientalizzante e classica: fine VIII – prima metà IV secolo
L’area di influenza di Vetulonia doveva estendersi lungo le vie di comunicazione
naturali costituite dalle valli del Bruna e del Sovata e occupando settori di
importanza strategica per lo sfruttamento delle risorse primarie del territorio. In
particolare lo sviluppo degli insediamenti segue due principali direzioni: una, rivolta
verso il bacino minerario massetano e l’altra, verso il mare, dove l’esistenza di un
approdo portuale, talora prospettata, non è tuttavia ancora provata.
A nord, il controllo delle risorse minerarie era assicurato dall’abitato del Lago
dell’Accesa, il più antico dei centri minori vetuloniesi, documentato a partire dalla
seconda metà del IX a tutto il VI secolo a.C.
Lungo le direttrici verso Vetulonia sono situati altri importanti insediamenti come
quello di S.Germano nella valle del Sovata, del quale è stata rinvenuta una necropoli
arcaica costituita da tombe a camera (VI secolo a.C.), mentre un’evidente
testimonianza della presenza aristocratica lungo tale tracciato è costituita dal
monumento tumulo di Poggio Pelliccia, che ha restituito deposizioni databili dal VII
al V secolo a.C. Il corredo della tomba, anche se depredato in antico, ha restituito
pregiate importazioni di ceramica greca (corinzia, greco-orientale e attica) che
documentano, oltrechè lo status sociale della famiglia proprietaria della tomba, la
varietà e ricchezza degli scambi commerciali vetuloniesi ancora in età arcaica.
Nella prospiciente valle del Bruna le necropoli di Selvello e della Borraccia
documentano l’importanza del tracciato rivolto verso nord.
Lungo la fascia costiera sono noti finora soprattutto insediamenti di età arcaica,
periodo dell’ipotetico “declino” della città di Vetulonia, testimoniati da necropoli di
tombe a camera con tumulo come quelle di Pian d’Alma e Val Berretta o da resti di
strutture abitative come nel caso del Poggio S.Pomata presso Pian di Rocca.
La necropoli di Val Berretta comprende una tomba a fossa di età orientalizzante e
circa una sessantina di tombe a camera con tumulo che hanno restituito corredi
funerari databili tra il VI e il IV secolo a.C.
I tumuli conservati variano tra i 10 e i 20 metri circa di diametro. Il dromos, non
sempre in asse con la camera, è talora lastricato. La camera quadrangolare, di piccole
dimensioni e seminterrata, aveva una copertura a falsa volta; all’interno sono
riconoscibili le lastre di sostegno dei letti funebri, o, in alternativa, un tratto
rettangolare di lastricato con la stessa funzione.
I corredi, che comprendono oreficerie e importazioni di ceramiche greche (grecoorientali e attiche), documentano l’esistenza di una compagine sociale del tenore di
vita medio-alto.
Il relativo abitato sorgeva probabilmente su un poggio soprastante la necropoli.
(Cygielman 2000 - pag.82-91)
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BIBLIOGRAFIA
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esotiche dalla terra e dal mare” - Grosseto
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orientalizzante” – Sansoni Editore – Firenze
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di Vulci” in “La civiltà arcaica di Vulci e la sua espansione” (Atti del X Convegno di
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“Vetulonia al centro del Mediterraneo – Preziose merci esotiche dalla terra e dal
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185 Il sole sorge a est
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TORELLI 1986 - M.Torelli, “La storia” in “Rasenna – Storia e civiltà degli Etruschi” –
UTET – Milano 1986
ALLEGATO F
LA BONIFICA DELLA PALUDE DEL LAGO PRILE
“Conoscere per governare” fu questo il criterio adottato dai Lorena a partire dal 1737
nell’affrontare la drammatica situazione della Maremma all’indomani della
successione ai Medici nel Granducato di Toscana.
Durante il periodo della “reggenza”, una schiera di ingegneri, geografi ed
amministratori furono inviati a studiare, documentare e proporre soluzioni ai
problemi della Toscana che la precedente dinastia aveva lasciato colpevolmente
irrisolti e che si erano pesantemente aggravati.
Era quello della corte di Vienna un atteggiamento scientifico, tipico del riformismo
asburgico, che dette grande sviluppo alla cartografia, non solo ai fini di una precisa
documentazione della situazione esistente, ma anche per illustrare le diverse ipotesi
di intervento.
Vogliamo ripercorrere una parte delle vicende della bonifica della pianura grossetana
attraverso alcune carte che illustrano la situazione e gli interventi tra il periodo mediceo e
quello lorenese.
Partiamo da un’opera singolare intitolata Guida per viaggiare la Toscana (fig 1): si
tratta di un piccolo atlante “tematico” manoscritto redatto ad uso dei viaggiatori che
a metà del XVIII secolo ed illustra i principali percorsi, allora assai incerti e
disagevoli, di attraversamento della regione. L’opera è conservata nell’Istituto
Geografico Militare di Firenze ed è attribuita, per comparazione stilistica ad altre
carte di autore conosciuto, ad Antonio Giachi, appartenente ad una famiglia
impegnata in attività di agrimensura, allestimento cartografico e copiatura, al
servizio dell’amministrazione lorenese.
Il percorso che ci interessa, dei sedici che compongono l’atlantino, è quello tra
Grosseto e Cecina, lungo il tracciato costiero dell’antica “strada dei cavalleggeri”,
fatta costruire dai Medici per il collegamento tra le varie torri di guardia costiere.
Oltre all’autore è incerta anche la datazione della carta, ma dagli elementi contenuti
in questo itinerario è possibile desumere che la stesura sia avvenuta nell’arco
temporale tra il 1759 ed il 1763: compaiono infatti, con grande evidenza, le grandi
saline delle Marze realizzate tra il ’58 ed il ’59, che rimasero attive appena un
ventennio e non sono ancora riportate le opere di “riduzione fisica” della palude
realizzate da Leonardo Ximenes a partire dal 1766.
Limitando la descrizione al tratto tra Grosseto e Castiglione della Pescaia, si nota
come la strada percorra il tombolo costiero, attraversi la “Fossa Nuova”, l’emissario
del lago ampliato nel 1592, per raggiungere Castiglione della Pescaia (riportato
stranamente più nell’entroterra rispetto alla reale posizione) per poi proseguire
attraverso il territorio del Principato di Piombino. appartenente allo Stato dei Presidi.
L’estensione del lago è riportata con particolare cura e si notano, oltre alle saline delle
Marze, la vecchia idrografia precedente agli interventi di Ximenes, dove spicca la
presenza del fosso Tanaro, del fosso Martello e del canale Navigante nuovo,
quest’ultimo realizzato a fine del Seicento dall’ingegnere fiorentino Giuliano
Giaccheri.
Le contraddizioni dei Medici
La carta del padule di Castiglione (fig. 2), allegata al progetto redatto nel 1794-85 da
Serafino Calindri di sfruttamento ittico dello specchio d’acqua, conservata nel Fondo
Palagi della Biblioteca Moreniana di Firenze, contiene, per la metà, una lunga
legenda descrittiva in cui si tenta di ricostruire i lavori eseguiti dai granduchi
medicei.
L’elenco di queste opere ci permette di affrontare la situazione del padule durante il
periodo mediceo, caratterizzata non solo da inutili tentativi di bonifica, ma anche di
186 Il sole sorge a est
pesanti contraddizioni nelle scelte di governo dovute al fatto che sul lago insistessero
diverse utilizzazioni tra loro incompatibili.
Va infatti ricordato che l’area del lago era proprietà “privata” della famiglia Medici
che dall’appalto dei diritti di pesca traeva un terzo delle proprie entrate fondiarie
(7000 scudi): terminata definitivamente nel 1559 la guerra di Siena, Cosimo I acquistò
dai Piccolomini d’Aragona il Marchesato di Castiglione che assunse lo status di
“dominio ducale privato” alle dirette dipendenze del principe (tramite la moglie
Eleonora di Toledo), separato dallo Stato di Firenze e di Siena.
Gli interessi degli appaltatori dei diritti di pesca, che avevano la loro sede nel
promontorio della Badiola al Fango, era che il livello del lago fosse più alto possibile
e che il deflusso delle acque in mare fosse bloccato in modo da evitare anche la fuga
del pesce: tentarono perciò di rialzare le bocchette (cateratte) che garantivano il
deflusso delle acque dai due gradini murati che avevano la funzione di “tenere in
collo”, cioè mantenere costante il livello, causando però una dilatazione dell’acqua
stagnante in aree coltivate, con grave danno dell’agricoltura. Inoltre il mancato
deflusso delle acque provocava l’insabbiamento della bocca di Castiglione che
impediva l’accesso delle nave per il trasporto della produzione agricola.
L’agricoltura maremmana, vocata principalmente ad una produzione cerealicola,
aveva anche tre altri nemici che ne impedivano lo sviluppo:
a) una politica protezionistica dello Stato che imponeva l’ammasso
(Magistratura dell’Abbondanza) della produzione ad un prezzo non
remunerativo e il divieto di esportazione;
b) il sistema di pascolo pubblico che imponeva ai coltivatori di aprire i terreni al
bestiame brado, nei due anni in cui i campi non erano seminati a causa della
rotazione triennale delle colture, a solo vantaggio dello Stato che riscuoteva
una tassa (attraverso la Dogana dei Paschi) dagli allevatori per ogni capo che
era condotto in Maremma per il pascolo invernale;
c) la presenza di vaste proprietà fondiarie assenteiste di enti pubblici ed
ecclesiastici che detenevano a Grosseto 6500 moggia su 7.000.
Gli interventi di bonifica del periodo dei Medici tentarono inutilmente di conciliare
questi tre interessi in conflitto (agricoltura, pesca ed allevamento), con l’effetto di
mantenere le condizioni di insalubrità che provocavano il terribile flagello della
malaria: pur non conoscendo ancora il diretto agente infettivo, cioè la zanzara anofele,
era evidente il collegamento della malattia con lo sterminato acquitrino di 50-100
Kmq che d’estate si ritraeva lasciando scoperta la “cuora”, cioè la vegetazione
lacustre che, putrefacendosi, rendeva l’aria irrespirabile, ma soprattutto costituiva
l’habitat naturale degli insetti.
La presenza della malaria riduceva ai minimi termini la popolazione residente e
limitava l’impegno in agricoltura a solo 190 giornate lavorative invernali e
primaverili.
Nella parte sinistra della carta del Calindri (fig 3) sono indicate le opere di
bonifica/regimazione realizzate dai diversi granduchi medicei, vediamo le
principali:
Cosimo I° (1537-1574) ed il figlio Francesco I° (1574-1587) visitarono nel 1562 la
Toscana meridionale per controllare lo stato di avanzamento dei progetti di
fortificazione delle Maremme e poterono anche verificare le gravi condizioni di
dissesto idraulico e di degrado ambientale, economico e sociale: il viaggio ebbe un
epilogo tragico con la morte misteriosa (forse malaria) della moglie Eleonora di
Toledo e dei figli Don Garzia ed il cardinale Giovanni.
Nel 1572 fu scavato un fosso di scolo lungo 1600 braccia nel padule di Montepescali e
nel 1576 furono disseccati alcuni piccoli ristagni d’acqua nel territorio di Giuncarico,
Colonna e Caldana.
Interventi più consistenti avvennero con Ferdinando I° (1587-1609) che per far meglio
defluire le acque stagnanti fece demolire nel 1592 la pescaia e scavare il nuovo
emissario fossa nuova (fig. 4) tagliando in due il gradum, l’isolotto ai piedi di
Castiglione dove era probabilmente localizzata la mansio romana di Salebro (area
archeologica delle Paludine), per una spesa di 20.000 scudi; nello stesso anno fu
187 Il sole sorge a est
eretto l’ Ufficio dei Fossi di Grosseto, cui il sovrano delegava in loco il coordinamento,
il controllo e l’individuazione delle iniziative di bonifica. Nel 1603, per arginare le
ricorrenti rovinose piene dell’Ombrone, fu eretto un massiccio terrapieno lungo sette
miglia, costato 8.000 scudi, che partiva a sud di Grosseto fino alla Trappola,
sull’argine destro. La demolizione della pescaia e la realizzazione del nuovo
emissario fu poco gradita dagli appaltatori della pesca del lago che, per la riduzione
dello specchio d’acqua, chiesero una diminuzione del canone annuo di 2.500 scudi.
La costruzione del nuovo argine dell’Ombrone fu invece sollecitata proprio dagli
appaltatori perché le tracimazioni del fiume danneggiavano le strutture di
trasformazione del pescato e innalzavano il fondo del lago.
Cosimo II° (1609-1621) per venire contemporaneamente incontro alle esigenze sia dei
“faccendieri” (imprenditori agricoli precapitalistici) che degli appaltatori della pesca,
promosse la costruzione di un primo canale navigabile (fig. 5) che collegasse il
“porticciolo” di Grosseto con il porto di Castiglione, agevolando il trasporto dei grani
maremmani; il canale aveva però anche un’arginatura rialzata in modo da proteggere
il lago dalle inondazioni dell’Ombrone. I lavori cominciarono nel 1614 e durarono
fino al 1639, a causa delle insormontabili difficoltà incontrate nello scavare in queste
zone paludose e instabili, e ammontarono a 37.236 scudi. Dopo poco tempo, per le
piene dell'Ombrone e per le scorrerie del bestiame brado, il canale divenne
intransitabile. Cosi nel 1694 fu progettato un secondo canale navigante dall'ing.
Giuliano Ciaccheri che, seguendo un percorso più interno al padule, doveva evitare i
problemi cui era andato incontro il primo, giungendo direttamente a Grosseto
attraverso il fosso S.Giovanni.
I lavori andarono avanti fino al 1715 per una spesa complessiva di 42.287 scudi, ma
dopo pochi anni si manifestarono gli stessi inconvenienti che aveva trovato il vecchio
navigante.
L'apertura di questi due canali navigabili è sintomatica del modo di procedere della
bonifica medicea. I granduchi sperarono di poter contentare pescatori, allevatori ed
agricoltori con opere polivalenti in grado di permettere insieme un saldo baluardo
contro le alluvioni, una comoda abbeverato del bestiame ed un economico trasporto
fluviale dei grani fino a Castiglione, unico porto della Maremma.
La costante di tutti i manufatti costruiti in padule era di andare incontro ad una
rapida degradazione per la difficoltà dei controlli, per la mancanza di popolazione,
per la distruzione provocata dai greggi e per le trasgressioni perpetrate dagli
affittuari del lago nella regolamentazione del livello delle acque.
Eguale sorte incontrarono le opere di sistemazione del corso della Bruna, di generale
ripulimento dei fossi della pianura e di rifacimento degli argini.
I Medici per quasi due secoli non seppero scegliere una precisa "vocazione" della
Maremma e per questo non furono in grado di portare avanti un chiaro disegno di
bonifica.
Dati i rudimentali mezzi tecnici a disposizione, tutto si risolse nell’inalveazione di
fiumi e torrenti per togliere i ristagni prodotti dai loro “spogliamenti”, nel
prosciugamento delle paludi e stagni solo laddove le pendenze naturali del terreno lo
permettevano.
Dalla seconda metà del cinquecento e fino a metà settecento, fu messa in atto una
bonifica che si potrebbe definire estemporanea, non inserita in nessun piano organico
complessivo, dettata da motivazioni contingenti e realizzata solo quando le opere
non erano più rinviabili.
Quelle dei Medici furono operazioni talora costose ma scoordinate, che
presupponevano la permanenza della situazione ambientale preesistente proprio per
non mettere in discussione grossi interessi economici ormai consolidati ed incapaci di
debellare il flagello della malaria.
L’approccio scientifico dei Lorena
La situazione divenne ancora più precaria con la decadenza della dinastia medicea
che si concluse nel 1737 con la morte dell’ultimo granduca Gian Gastone cui
successero i Lorena.
Importanti novità intervennero durante il periodo di Reggenza (1737-1765) durante il
quale Francesco Stefano di Lorena, rimasto a Vienna , affidò il governo della Toscana
188 Il sole sorge a est
ad un gruppo di governatori e tecnici di valore, quali il Principe di Craon ed il Conte
di Richecourt, che fecero precedere gli interventi riformatori della questione
maremmana da studi e visite di funzionari ed ingegneri idraulici che aprirono un
dibattito se dare priorità alle opere di bonifica idraulica oppure ai provvedimenti
legislativi politico economici.
La soluzione adottata durante la “reggenza” e nei primi anni del governo di Pietro
Leopoldo fu quella di far procedere parallelamente la modifica delle leggi e gli
interventi di bonifica secondo un principio di bonifica integrale.
In quelli anni furono adottati importanti provvedimenti amministrativi per la
Maremma:
1738 – liberalizzazione del commercio del grano, che poteva essere esportato nella
percentuale dei 2/3 del raccolto e l’editto non poteva essere sospeso neppure in caso
di carestia, anche se sul grano esportato gravava la “gabella delle tratte” (dazio): nel
periodo 1741-45 la quantità media esportata annualmente dal porto di Castiglione era
di circa 330 moggia, dal 1756 al 1763 sale invece a 1165 moggia, mentre il prezzo
medio dello staio sale di 60,83 soldi a 70,42 e diviene finalmente remunerativo; la
“moggia” è l’unità di misura (recipiente cilindrico) per granaglie, ma indica anche la
superficie di terreno necessaria per la semina di una moggia di grano (circa 700 mq).
1765 – allivellamento dei terreni dell’Opera del Duomo, un ente pio laicale che possedeva
oltre 9.000 ettari: il “livello” era un patto agrario che prevedeva il pagamento di un
canone annuale alla proprietà che rimane immutato anche nel caso di migliorie
portate dal livellario ed era ereditario. Furono così costituiti 30 appezzamenti da 40 a
1000 ettari, precedentemente non appoderati, che però andarono a beneficiare
altrettanti “faccendieri” in gran parte già benestanti; il disegno era quello di
privilegiare soggetti in grado di investire capitali nel miglioramento e nella
manutenzione dei campi e partecipare all’opera di risanamento, come avverrà nei
secoli successivi con l’istituzione dei consorzi di bonifica;
1766 – nascita della Provincia Inferiore, separando Grosseto da Siena in modo che le
Magistrature siano a più diretto contatto con i problemi della Maremma;
1778 – abolizione della Dogana dei Paschi, di conseguenza tutti i bestiami introdotti in
Maremma sono liberati da ogni gabella (detta fida) verso lo Stato, ma devono
pattuire e pagare il prezzo del pascolo con i proprietari o conduttori dei campi;
quest’ultimi che in precedenza erano afflitti dalle libere scorrerie delle mandrie e
greggi che distruggevano ogni miglioria (canalizzazioni, argini e piante), ne traggono
ora un vantaggio economico, ma possono soprattutto regolare l’afflusso di bestiame;
Tra gli interventi di bonifica idraulica realizzati durante i venti anni di reggenza si
ricorda che nel 1742 fu scavato e modificato in parte il corso del fosso Martello e
risistemato l'argine dell'Ombrone. L'interesse per il fosso Martello si spiega con il
fatto che esso, assai lungo e ricco d'acque, riceveva gli scoli della maggior parte della
pianura grossetana e opportunamente ristrutturato poteva essere immesso nel
Navigante e permettere i trasporti di merci per via fluviale direttamente da Grosseto,
oltre a contribuire al miglioramento dell'aria di quest'ultima
Nel 1758 fra le altre visite vi è quella di un equipe di ingegneri, inviata per esaminare
le condizioni del suolo ed effettuare lavori di manutenzione ai fossi e al porto di
Castiglione, che fra gli altri comprende per la prima volta Leonardo Ximenes
destinato a svolgere un ruolo di assoluto rilievo nel successivo periodo di Pietro
Leopoldo (1765-1790).
Uno dei motivi che aveva fatto venire in Maremma lo Ximenes, era l'incarico datogli
dal sovrano di esprimere un parere sulle costruende saline di Castiglione che
abbiamo già visto nell’atlantino di Antonio Giachi e che sono evidenziate solo nelle
carte della seconda metà del XVIII (fig. 6): si trattava di 404 bacini che coprivano
una superficie di ben 410.000 mq, in località Puntonali tra il lago e il tombolo
all’altezza delle Marze.
Si prevedeva di produrre dai 9 ai 12 milioni di libbre di sale l’anno da collocare,
tramite il porto di Castiglione, sia sul mercato interno che su quello esterno,
189 Il sole sorge a est
contribuendo al rilancio economico del territorio, ma dopo vent’anni di attività
l’impresa, costata £ 80.000, era chiaramente fallita.
Come aveva pronosticato Ximenes, le spese di produzione del sale si dimostrarono
troppo alte, perché la zona era troppo lontana dal mare, sottoposta alle inondazioni
del lago e affetta dai miasmi della palude; anche la “macchina a fuoco” per il
pompaggio dell’acqua marina, fabbricata nel 1776 da Luigi Guglielmo De Cambrì
Digny, non portò sostanziali benefici alla produzione perché aveva costi di gestione
troppo alti.
Il progetto ecologico di riduzione fisica del padule
La Carta Topografica Generale del Lago di Castiglione (fig. 7) riporta gli
interventi attuati tra il 1766 ed il 1788 da Leonardo Ximenes, che grazie al sostegno
del sovrano, realizzò il primo piano sistematico di intervento pubblico che affronta
con larghezza di mezzi e di tecniche la bonifica della pianura grossetana,
abbandonando il vecchio modo di procedere frammentario e disorganico. La carta
è del 1769 e riporta una situazione con molte opere in corso di realizzazione.
Il matematico gesuita suggeriva di procedere a una sistemazione idraulica che
permettesse il controllo del livello delle acque stagnanti e della loro superficie,
evitando le eccessive dilatazioni nel periodo invernale ed i restringimenti estivi,
che provocano la putrefazione dei detriti organici del fondo e i terribili miasmi
ritenuti la causa più probabile delle febbri.
Ximenes non voleva prosciugare completamente i grandi laghi palustri toscani
(simile impostazione fu adottata per il Padule di Fucecchio) ma conservarli,
purché regolati nel regime delle acque e resi innocui dal punto di vista malarico.
Egli, infatti, considerava questi specchi d’acqua delle utili infrastrutture
polivalenti, in grado di fornire cospicui redditi e importanti servizi pubblici: ricchi
centri di pesca, di caccia, di vegetazione palustre, comode idrovie per i commerci,
provvidenziali bacini di raccolta ed espansione delle acque superficiali.
Ximenes aveva iniziato i lavori in Maremma chiedendo l'autorizzazione del
granduca a canalizzare il Rio della Valle che, privo di argini, scendeva dai poggi di
Tirli; aveva proseguito rafforzando l'argine destro dell'Ombrone e ripulendo vari
torrenti fra cui i fossi Molla e Molletta.
Con il motuproprio del 24 novembre 1766, Pietro Leopoldo affida l'incarico a
Leonardo Ximenes di procedere ai lavori di bonifica del lago di Castiglione che
comincio dalla costruzione di una nuova fabbrica delle bocchette, meglio
conosciuta come Casa Rossa.
L'edificio doveva servire per regolare il deflusso delle acque del lago con 3 luci e 3
cateratte e con una centrale da usare come passaggio obbligato per il pesce in
uscita e risalita; sopra le volte delle arcate c'era lo stanzone dell'argano con
macchine e pulegge, che manovravano le cateratte (solo quella centrale pesava 40
quintali).
Questa geniale manufatto, non poteva però da solo risolvere il problema della
regimazione/drenaggio lacustre: per assicurare un adeguato scolo delle acque più
profonde e stagnanti, Ximenes iniziò l'escavazione mai completata, dalla Casa
Rossa in avanti, di un largo Canale Reale proprio in mezzo alla palude.
Contemporaneamente, per favorire il ricambio delle acque morte e il
mantenimento del livello ottimale durante le siccità estive, operò un difficile
collegamento di fossi nuovi e preesistenti in modo da formare un Canale di
Rinfresco, fra l'Ombrone (tagliato alla Barca di Grosseto) e la padule, che
utilizzava le acque chiare del fiume convogliandole nel lago attraverso il fosso
Barchetti, la fossa Circondaria delle mura grossetane, il S.Giovanni, il Secondo
Navigante e un nuovo Canale intermedio.
Tramite l'utilizzo del Canale Reale, della Fossa Nuova e della Fiumara di
Castiglione, era resa possibile la navigazione e i trasporti in ogni stagione fra il
porto di Castiglione e Grosseto.
Tutti questi lavori comportarono un'ingente spesa di quasi 150.000 scudi.
L'opera di Ximenes non si limitò al lago, ma intervenne soprattutto per lo sviluppo
di Castiglione della Pescaia che doveva divenire la capitale economica del
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comprensorio e centro di numerose attività da sviluppare, dalla pesca al
commercio del suo porto, dall'agricoltura alle risorse forestali: approfondì la
Fiumara, ampliò la darsena, costruì un acquedotto lungo sette chilometri e
disegnò il piano regolatore del nuovo borgo sotto il Castello.
Altre “opere utili” nella pianura grossetana furono:
-
la costruzione di un ponte sulla Molla, che doveva avere lo scopo di regolare le
acque;
-
l’edificazione di un altro ponte nei pressi della chiesa di S.Giovanni per
permettere la comunicazione con la parte a sinistra del Canale Navigante;
-
un adeguato scalo commerciale per la città di Grosseto
-
lo sfruttamento dell'energia cinetica delle molte acque esistenti attraverso
diversi mulini.
Nel 1774-76 Pietro Leopoldo incaricò una commissione composta da Michele
Ciani, Francesco Siminetti, Luigi di Schmidweiller, e dai tecnici Pietro Ferroni e
Giuseppe Salvetti per riscontrare i risultati della bonifica ximeniana, anche perché
il comportamento del matematico gesuita aveva provocato molti malcontenti, per
il carattere arrogante e per presunti favoritismi nella distribuzione delle terre
bonificate.
Dalle ispezioni risultò il limite di fondo della bonifica maremmana di Ximenes:
l'aver troppo ed esclusivamente concentrato l'attenzione al solo comprensorio del
lago Castiglionese, aver intrapreso troppi difficili lavori senza portarli a termine e
aver trascurato altre zone più facilmente risanabili.
A parte l’ingente spesa di 150.000 scudi, il sistema di Ximenes appariva troppo
complesso, di realizzazione assai incerta in un'area come la Maremma, dove pure
la semplice manutenzione diventava spesso impossibile per la malaria e la scarsa
popolazione.
L'altro grave limite tecnico di Ximenes è di non avere voluto tentare la via delle
colmate artificiali per prosciugare completamente il lago di Castiglione: egli infatti
voleva mantenere il bacino palustre per sfruttarlo sia come via di comunicazione
che per allevamento ittico, ma il mantenimento del lago non aveva affatto
sradicato la malaria.
Ximenes, ufficialmente nel 1781, ma in pratica nel 1776-77, venne estromesso dai
lavori maremmani e sostituito dal matematico Pietro Ferroni e successivamente da
Pio Fantoni che cominciarono a studiare la possibilità di colmata totale del lago,
giudicata però di difficile realizzazione.
Nel 1784 si tornò ancora a valutare l’ipotesi di uno sfruttamento ittico del lago, con
uno studio di Serafino Calindri per l’allevamento delle anguille alla “maniera
comacchiese”.
Nel 1790 Pietro Leopoldo lasciò la Toscana per divenire Imperatore d’Austria e
con il suo successore Ferdinando III° si ebbe una certa stasi nell’intervento di
bonifica. Dopo gli anni dell’occupazione napoleonica e la restaurazione si dovette
attendere il governo di Leopoldo II (1824-1859) per una ripresa decisa degli
interventi.
Il prosciugamento tramite colmata
Leopoldo II nel 1826 intraprese come i suoi predecessori un viaggio in Maremma
per constatarne le condizioni di degrado ambientale e sociale. Gli scienziati non
sapevano spiegare esattamente la causa delle febbri malariche, la sola cosa di cui si
era certi è che la palude fosse comunque la causa di tutto. L’idea di Leopoldo è che
l’unica soluzione era prosciugarla e definisce “guerra” la bonifica della Maremma
(1824).
Una legge emanata dallo stesso Leopoldo il 27 novembre del 1828, sulla base di un
progetto del ministro Vittorio Fossombroni, viene programmata la colmata della
palude, che può considerarsi l'inizio del processo di risanamento che ha portato
alla attuale conformazione della pianura.
La prima opera fu la costruzione del Ponte Giorgini a Castiglione della Pescia, a tre
luci e cateratte, in modo da superare la Fiumara e separare le acque dolci dalle
191 Il sole sorge a est
salate, la miscela delle quali era considerata erroneamente una delle cause della
malaria.
In una carta topografica del 1840 sono evidenziati dettagli dell’intervento: le
cinque “casse di colmata” (Strillaie, Barbatella, Rampollino, Badiola, Rampollino), i
due “canali diversivi” ed i numerosi “scolatoi”.
In soli centosessanta giorni di lavoro venne scavato il primo Canale Diversivo,
capace di convogliare l'acqua fangosa delle piene dell'Ombrone nella parte più
orientale della palude. Il canale, che in questa prima versione misura sette
chilometri di lunghezza (nell'ultima fase dei lavori ne misurerà diciassette), è
dotato di una presa d'acqua sull’Ombrone chiamata Ponte Tura (in località
Bucacce).
Il Diversivo è un canale particolare, nato per trasportare la terra, e l'acqua non è
che il “mezzo di trasporto” in cui la terra viaggia. L'ingegnere Alfredo Baccarini ha
calcolato che dal 1830, anno della sua costruzione e fino al 1871 il canale abbia
trasportato 116 milioni di metri cubi di detriti provenienti dal fiume Ombrone,
andando a depositarli sul fondo della palude nei bacini di raccolta (i recinti o casse
di colmata).
Fino al 1859 si susseguiranno venti campagne lavorative invernali-primaverili,
dirette dall’ingegnere Alessandro Manetti, durante le quali si svolgeranno i
regolari lavori di manutenzione, si prepareranno le vasche per la decantazione
delle acque torbide e si scaveranno i fossi scolmatori.
Per condurre le “acque chiare” (decantate) al mare, tra il 1830 e il 1838, vengono
creati tre canali artificiali, veri e propri emissari del lago, tutti dotati di cateratte: il
San Rocco (intorno al quale si svilupperà Marina di Grosseto), il San Leopoldo (di
cui si conserva il ponte delle cateratte, tra Marina e le Marze) e il Bilogio (a
Castiglione della Pescaia). Nel 1831-32 viene scavato, derivato dall’Ombrone a
partire dalla località Barca, lungo il tracciato del Canale Navigante di Ximenes, il
secondo Canale Diversivo che dovrà provvedere alla colmata della parte
meridionale del padule (questo diversivo misurerà da 4 fino a 12 chilometri).
Vengono canalizzati verso il mare anche i torrenti Bruna e Sovata, che sfociavano
nella palude al di sotto delle colline di Buriano e che si erano dimostrati inefficaci
per la colmata a causa del loro scarso “tasso limimetrico” (cioè bassa apporto di
terra); nella stessa zona viene scavato nella stessa zona il Canale Allacciante, che
dallo scolo degli Acquisti conduce le acque al mare di Castiglione della Pescaia.
Vaste zone della palude vengono colmate, ovvero riempite di terra portata
dall'Ombrone: vengono così restituiti ai proprietari per essere coltivate circa 9.000
ettari.
Si costruiscono strade che seguono l'andamento dei canali e dei recinti di colmata,
come, ad esempio, la via Castiglionese o strada del padule, che segue il tragitto del
primo Diversivo fino a scavalcarlo al Ponte Nuovo, poi corre a Macchiascandona e
segue infine tutto il corso del Bruna; anche la via Emilia di Scauro, l'attuale Aurelia
vecchia, viene tracciata da Leopoldo II e da Alessandro Manetti da Cecina a
Grosseto: in questo periodo vengono costruiti o rifatti in Maremma 393 chilometri
di strade e 126 ponti.
Durante il periodo lorenese si era creata artificialmente una pianura di 24 miglia,
ma alla proclamazione del Regno d’Italia restava da colmare circa la metà (quella
più occidentale) della palude, anche perché i calcoli sulla velocità di colmata si
erano dimostrati troppo ottimistici: dagli otto anni previsti da Vittorio
Fossombroni, si era passati ai 22 anni calcolati da Alessandro Manetti.
Nonostante i risultati parziali, con una spesa di venti milioni di lire in trent’anni, si
registra un sensibile miglioramento delle condizioni di vita: regredisce nelle
statistiche sanitarie la malaria e cresce la popolazione da 63.238 abitanti nel 1828
cresce a 76.179 nel 1843, con un tasso del 21 per cento e crescerà nel decennio
successivo al 10%.
Alla fine dell’800 si cominciano a capire le cause della malaria (un parassita dei
globuli rossi, il Plasmodium malariae), l’agente infettivo (la zanzara anofele), la
cura delle febbri a base di chinino; solo nel secondo dopoguerra la zanzara anofele
192 Il sole sorge a est
è stata debellata grazie all’uso del potente insetticida DDT (dicloro-difeniltricloroetano) .
Come noto, negli anni ’20 la bonifica fu completata integrando il sistema della
colmata con lo scolo naturale delle acque con una capillare rete di canali e, nel
caso di “acque basse”, con lo scolo meccanico a mezzo idrovore: ultima memoria
del lago Prile è oggi la riserva naturale della Ghiaccia Botrona.
La moderne carte della pianura grossetana illustrano una specifica identità del
territorio che il recente studio “Analisi dei valori territoriali, dell'uso del suolo, del
sistema insediativi” redatto nel luglio 2002 per il Piano Strutturale della Provincia di
Grosseto Art. 24 L.R. n.5 del 16.01.1995 così efficacemente descrive:
Il territorio di Grosseto è il risultato di una serie molto coerente di atti di pianificazione e
progettazione che lo hanno interessato, almeno per quanto riguarda il suo assetto attuale, a
partire dalle bonifiche lorenesi del XVIII secolo fino al parziale riassetto dovuto alla riforma
agraria degli anni Cinquanta del secolo scorso.
E’ da allora che da territorio di acque selvagge si trasforma in territorio di acque
regolate.
Le strutture dell’acqua, in particolare, si specificano differenziandosi:
il grande fiume Ombrone, che disegna sinuosi meandri in un tratto di pianura racchiuso
da alti argini che lo escludono alla vista da lontano e ne delimitano l’area di possibile
espansione delle acque; i canali principali, grandi elementi del telaio che supporta l’estesa
rete degli infiniti canali medi, minori e capillari, il fiume Bruna, al bordo nord-occidentale,
ormai reso un grande canale che drena le tante acque del territorio a settentrione e cui si
affianca, parallelo, il canale Collettore – Molla, il canale Diversivo ( ormai interrato
all’altezza di Grosseto, avendo esaurito la sua funzione di colmatore per il Padule della
Diaccia ) , l’emissario S.Leopoldo e l’emissario S.Rocco, nella parte centrale della piana, il
canale Essiccatore, che porta le acque della piana di Alberese, il canale Scoglietto –
Collelungo, a lambire la base delle falesie dell’Uccellina; le acque dei moltissimi stagni
permanenti o temporanei interdunali (detti localmente “chiari” o “bozze”) e costieri; le
grandi estensioni dei paduli; i laghetti per l’allevamento ittico, quelli di cava e quelli per
uso agricolo più numerosi man mano che ci si allontana dalla costa; gli specchi temporanei
delle risaie.
A questi elementi acquei, differenziati nella loro capacità di essere strutturanti nei
confronti del paesaggio, ma che, considerati nell’insieme del loro sistema, conferiscono al
territorio una precisa trama paesistica, si aggiungono altri elementi, appartenenti ad altri
sistemi e anch’essi necessari per completare i connotati dell’identità del paesaggio di
Grosseto.
Alla trama dei canali e delle altre acque si giustappongono altre trame, anch’esse costituite
da elementi di diversa importanza strutturante:
quella dei diversi appoderamenti e divisioni proprietarie; della viabilità principale,
secondaria e poderale; degli insediamenti sparsi, formati, oltreché dai piccoli nuclei agricoli,
dai casali-villa delle grandi tenute storiche risparmiate dalla riforma agraria, dai casali
delle bonifiche sette-ottocentesche, dai casali della riforma, localizzati secondo precisi ritmi
insediativi in rapporto all’estensione dei poderi e al rapporto con la viabilità; quella della
vegetazione che, da elemento unitario fortemente strutturante nella linea continua del
fronte delle pinete costiere, si articola a filari, lungo le strade o i canali, in genere con
funzione antivento (pini, pioppi, eucalipti, ecc.), e che assieme alle scacchiere delle diverse
colture seminative e arboree (oliveti, frutteti, qualche vigneto), determinano la “calligrafia”
media e minuta del paesaggio; quella, poco appariscente dei centri minori, storici e non, che
si relazionano in maniera diversa con il centro maggiore.
Bibliografia:
Barsanti D., Rombai L. “La Guerra delle acque in Toscana”, Firenze 1986
Cantile A., “Sulla Guida per viaggiar la Toscana del XVIII secolo custodita nelle
conservatorie storiche dell’I.G.M.”, Istituto Geografico Militare - Firenze 2002
Bellocci P., “I Lorena in Toscana – Gli uomini e le opere”, Edizioni Medicea,
Firenze 2001
193 Il sole sorge a est
Autori Vari, “Analisi dei valori territoriali, dell'uso del suolo, del sistema
insediativi” - Piano Strutturale della Provincia di Grosseto Art. 24 L.R. n.5 del
16.01.1995, Provincia di Grosseto – Grosseto 2002
Siti consultati:
www.gol.grosseto.it/puam/comgr/ stor
www.faenzi.com/diacciabotrona/ieri_oggi_domani/
http://www.provincia.grosseto.it/cultura/bonifica/
www.agroambientalemaremma.it/pdf/ bonificamaremma.pdf