perde tempo chi s`illude

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perde tempo chi s`illude
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PERDE TEMPO CHI S’ILLUDE
PRIMA PARTE
La verità è nel fondo di un pozzo: lei guarda in un pozzo e vede il sole o la luna; ma
se si butta giù, non c’è più né sole né luna, c’è la verità.
Leonardo Sciascia
14 giugno 01:20
BUIO PRELUDIO
Dans ma rue. Edith Piaf.
La città si rosola lentamente al caldo di un incandescente giugno, l'afa beffarda non
accenna minimamente ad allentare la sua rovente morsa. Da troppi giorni non piove e
l'asfalto sembra animarsi adattandosi mollemente sotto i passi dei pedoni. Sgradevoli
odori si alzano dai marciapiedi, Roma è ormai in avanzato stato di lievitazione. I
ventilatori non si trovano più nei negozi e sugli scaffali degli elettrodomestici rimane
solo qualche condizionatore più costoso, grande e rumoroso. Ma la corsa al refrigerio
non finisce e ognuno fronteggia la calura come meglio può. Solo di notte la vita
sembra tirare il fiato e smettendo di boccheggiare si può tirar su aria dal naso con
meno affanno. Provvidenziale un fugace acquazzone di mezzanotte allieta la terra e
rincuora le speranze degli accaldati: timide gocce bagnano il suolo rinfrescando il
sudore dell'Urbe.
Nel buio di via Monte del Gallo sette figure vestite di nero seguono veloci la strada
scendendo dalla cima del clivo, il fragore della pioggia copre il rumore dei passi,
forse non si aspettavano il temporale o forse stanno solo prendendo la rincorsa dopo
aver visto dinnanzi a loro ciò che inseguono. La veloce discesa continua ed aumenta
la frequenza dei passi, un uomo e una donna sulla sessantina escono dalla loro auto e
dopo averla parcheggiata attraversano la via accedendo lentamente sul ballatoio che
dal marciapiede porta all'androne della loro casa. La donna trova sollievo nelle gocce
cadute dal cielo e si sofferma ad annusare l'odore della terra che si alza dal sostrato di
cemento e brecciolino. Una pianta di gerani si mostra fiera nel suo splendore e cattura
l’attenzione dell’anziana, intanto la discesa delle figure vestite di nero continua.
All'improvviso un lampo squarcia la penombra lunare illuminando la discesa della
oscura masnada, la donna alza lo sguardo dal rosso dei gerani e trova il suo
compagno steso a terra dietro di lei, lentamente il sangue dell'uomo forma un piccolo
specchio scuro che dal collo si allarga verso la testa. L’anziana presa alla sprovvista
vorrebbe urlare ma una fitta al collo le fa abbassare lo sguardo, sul suo petto stanno
scendendo fiotti di sangue interrotti da grumi d'aria. L'immagine si offusca e mentre il
suo corpo tocca terra con le ginocchia, vede saltellare verso la fine della via strane
figure di nero vestite, nelle loro mani scintilla l'argento di oggetti che è sicura di non
aver mai visto prima.
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14 giugno 11:23 parte prima
Pop. Afterhour.
Università degli studi di Roma, facoltà di Giurisprudenza, aula 7, quarta fila a sinistra
posto esterno. Quello riflesso sul vetro della finestra sono io: T-shirt rossa, occhiali a
goccia e jeans scuri. I capelli scendono disordinati sul mento, e se non fossi
impegnato a sbadigliare probabilmente li legherei. Una suoneria di cellulare si
diffonde sgradevole e piena di presagi come una nube nera. Finalmente in ferie mi
concentro sulla mia odissea accademica, ho sette giorni per prepararmi un esame,
sostenerlo e godermi un po’ di vacanza. Le persone nell’aula iniziano a far girare gli
sguardi per individuare il telefono che sta suonando. Sono le undici e ventitre, di
Valerio neanche l'ombra, dovevamo incontrarci alle undici e dieci per fare colazione
prima della lezione, ma il barista ha visto solo me mentre mangiavo il danese e
bevevo il marocchino zuccherato sino ai limiti del disgusto. Il cellulare continua a
trillare, ma il professore non è ancora arrivato, l'aula è forse troppo grande per una
lezione di esegesi delle fonti del diritto romano. L'acustica mediocre non dà tregua ai
dieci poveracci che leccano l'assistente con sguardi interessati, caldi e avvolgenti
come lingue ben allenate. Nessuno vuole rispondere al cellulare. Siamo all'ultima
lezione prima degli esami della sessione estiva e il servilismo esplode in tutte le sue
forme d'arte varia. In questo quarto d'ora accademico mi passa davanti la vita, tra
risate e schiamazzi, avvisi letti al microfono e le prenotazioni sull'agenda che ha
lasciato il professore. Io siedo solo con i miei ventisette anni, quanto mi pesa
inseguire questo diploma di laurea. Il telefono continua a squillare, mi viene in mente
che prima ho chiamato Valerio ma il suo cellulare era spento, sarò stupido io che
ancora prendo seriamente i suoi appuntamenti e li rispetto per giunta con maniacale
puntualità. Immerso nei miei silenzi decido che è il momento di rispondere al
cellulare:
Pronto
Martino Colussi?
Si, sono io
deve andare in Campidoglio…..
Una voce femminile tonda e velata mi riporta alla realtà
Ci deve essere un errore, questo è il mio primo giorno di ferie
Mi dispiace, ma al momento tutti i suoi colleghi sono impossibilitati a prendere
servizio.
Ma è possibile che non ci sia nessun altro?
mentre parlo mi preparo per andare via, l'assistente mi guarda male, ma lo stesso mi
alzo ed esco dall'aula tagliando la strada al professore, non volendo gli pesto il piede
e mi convinco che forse è meglio cambiare esame…
Colussi è in linea?
Si sono qua, allora dove devo andare?
Deve andare in Campidoglio da Giansante
Ok sto andando, ma considerando il traffico del lungotevere
mi ci vorrà un bel po'.
Non si preoccupi, stiamo già avvertendo chi la aspetta. Buona giornata.
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-
Anche a lei.
Di colpo sono in macchina, il mio sedere si frigge sul sedile, la temperatura
dell'abitacolo è tra il molto caldo e l'eccessivamente spudorato, le foderine sul sedile
sono napalm, costituite da un composto liquido e incandescente che mi abbraccia
avviluppandomi. Prima di partire abbasso i finestrini e specchiandomi nel retrovisore
mi dico che ce la posso fare: posso non svenire, posso affrontare il traffico e posso
laurearmi. A volte me ne convinco. Bisognerà dire a Luca mio fratello mezzo
meccanico e mezzo scemo di ingegnarsi e adattare qualche condizionatore per la mia
126. Così sono di nuovo in marcia con il proiettile in canna e il piede sulla tavoletta
dell’acceleratore. Unica mia compagna è la radio, dai suoi fantastici 66.6 in frequenza
stereo dolbizzata Klaus Belli trasmette One Step dei Madness, e il caldo fa meno
male. Sul sedile accanto a me la borsa del calcio mi guarda, è ancora qui a lanciare le
sue pestilenziali zaffate dall'ultimo allenamento. Oggi pomeriggio faremo pace con la
lavatrice. Intanto è meglio decidere con molta attenzione come consumare le sette
marlboro della giornata. Prima di tentare la sorte sul lungotevere, mi regalo un caffè
freddo ad un bar di San Paolo, accendo la prima sigaretta mentre la temperatura
dell'Urbe supera abbondantemente i trenta gradi. Boccheggio con stile e sfoglio
velocemente un quotidiano locale-nazionale molto folkloristico. Dopo le solite
cinquanta pagine sul calcio mercato e la sua fiera delle illusioni (ho il brutto vizio di
sfogliare il giornale dalla fine), due pagine sulla televisione e prima della politica
arriva un'inserzione di due pagine. Sembra l'iniziativa di un privato. Sullo sfondo
nero lettere bianche formano una scritta: “vidi nel cielo sette angeli che avevano
sette flagelli, gli ultimi, poiché con essi si deve compiere l’ira di Dio.”
La cosa non mi colpisce significativamente, ma si incastra nella mia testa molto più
del sondaggio in prima pagina: “Quale vip le famiglie italiane vorrebbero come
vicino d'ombrellone?”. Sono le undici e quaranta quando faccio fermamente rotta
verso il Campidoglio, sul lungotevere trovo la festa dell'automobilista: tutti
disordinatamente in coda, ognuno difende il suo posto in un gioco di precedenze
improvvisate, decine e decine di ferri vecchi fumanti tra clacson, insulti e polveri
sottili: la città non smette di respirare i suoi stessi rifiuti. Quando arrivo a Piazza
Venezia è l’una meno cinque e mi sono abbronzato, accendo una sigaretta per
ringraziare gli dei e percorro felice la via che porta in Campidoglio cercando di
parcheggiare l’automobile più all'ombra possibile. Ho ancora la sigaretta in bocca
quando scendo e vado incontro a Cesare Giansante che mi aspetta in guardiola, deve
essere una brutta storia se mi aspetta lì da un'ora e mezza. Cesare ha solo qualche
anno in più di me, ma è già un dirigente di primo livello. Durante il mio concorso era
lui il vice presidente di commissione. Ricopre incarichi delicati, è l’uomo di fiducia
dei vertici, lo chiamano sempre quando bisogna chiudere in fretta un caso, e lui con
indefesso impegno cancella lo sporco e fa tornare a splendere il pulito. Per premiarlo
gli hanno costruito una scrivania su misura in Campidoglio, ma non credo che basterà
a saziare la sua l’ambizione. Giansante lavora sempre, senza pausa, senza ferie, pensa
a se stesso solo dopo le ore di lavoro se non c’è da fare qualche ora di straordinario.
Alto un metro e ottanta centimetri, capelli neri di media lunghezza, perfettamente
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scalati lo accarezzano a metà fronte e si posano appena sopra le piccole orecchie.
Carnagione chiara e due occhi intelligenti, due occhi di colori diversi: uno azzurro,
limpido intenso che osserva e capisce, l’altro nero, impenetrabile, ferinamente
animale. Corporatura media, perennemente in giacca e cravatta, la sua linea sembra
perfettamente appesa ad un ago della bilancia che lo fa ingrassare cinque chili
d’inverno e gli restituisce il peso forma ai primi soli della primavera. Non porta mai
con sé la pistola, né altra arma, sicuro di sé fino al trauma cranico, impartisce ordini
con un tono di voce e una decisione che non dà spazio a dubbi e non ammette mai
ripensamenti. Ama curarsi dei suoi subalterni, si ricorda a memoria compleanni e
onomastici e li onora stappando dei vini che se non conquistano la simpatia, gli
assicurano quantomeno la più interessata considerazione. Nella dirigenza è
sicuramente l’uomo che potrebbe rivelarsi utile al momento giusto, per questo e per
le sue irresistibili cravatte ho accettato di salire in Campidoglio.
- Ciao Martino come stai?
In ferie Cesare
So che sei in ferie ma sei il primo e l'unico che siamo riusciti a beccare, ci
serve un lavoro veloce e pulito, immagino che anche tu voglia liberarti di
questa incombenza prima dell'ora di pranzo e ritornare il prima possibile a
goderti le tue ferie, stavo ordinando per i miei ragazzi qualcosa al bar vuoi
qualcosa anche tu?
Si, Giansante sto cercando di smettere di fumare e ho sempre una gran
fame…
Ma se hai una sigaretta in bocca
Si ma poi la spengo e mi viene fame, allora per me vanno bene le solite
schifezze: tramezzini, medaglioni, piadine, fai te?
Adesso ordino, ma Valerio Zatti l'hai sentito? Lui per contratto deve essere
reperibile ventiquattro ore su ventiquattro, sono due ore che non riusciamo a stabilire
un contatto e noi lo sai che in mezz'ora dovremmo potervi rintracciare tutti…
Che ci vuoi fare Valerio è fatto così, non lo incastri con una telefonata, avevo
un appuntamento con lui stamani…se è urgente provate a casa Palmizi
Del commissario Palmizi?
Si lui è partito per quel corso d’aggiornamento a Parma, ma la moglie no
e Zatti sta con la moglie di Palmizi?
Vabbè Cesare che ci importa di Zatti, dai dimmi che cos'è successo di tanto
urgente da farmi rientrare in servizio
No no, ora faccio telefonare a casa Palmizi, e ti avverto, Palmizi è mio
amico, se Zatti sta lì dovrò avvertirlo che la moglie...
Giansante siamo tutti amici, abbiamo lavorato tutti e tre a Via Cipro: io te e
Palmizi, guarda, io sono in ferie ma sto qui per aiutarti nel tuo lavoro quindi facciamo
che non ci siamo visti e io non ho detto niente su Palmizi, dammi il suo numero di
telefono, lo chiamo io, tu pensa al bar e dimentica quello che ho detto, bisogna creare
un clima giusto per lavorare assieme non è vero?
Si hai ragione ora ordino la colazione anche per i ragazzi, tu intanto
telefona, poi ti spiego perché ti ho fatto chiamare.
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14 giugno 02:41
Where is my mind. Pixies.
È notte e il sudore si asciuga cristallizzandosi sugli indumenti umidi che avvolgono e
rinchiudono i corpi costantemente tiepidi. Il motociclista dalla camicia azzurra
inebetito dal caldo lentamente decelera in sella alla sua cbr 600, slaccia lievemente il
casco per far filtrare un minimo di aria, ma dallo spiraglio penetra solo un vento
rovente. Così il centauro inizia ad accelerare per illudersi che quell’aria possa
riportare la sua temperatura a valori più accettabili. Ai lati della moto ci sono due
bauletti, i suoi clienti, malgrado l’orario, attendono il contenuto di quelle tasche
laterali che ospitano merce perfettamente impacchettata: opuscoli con piani astrali,
profili personali e previsioni generali, il tutto per chi crede negli astri e paga gli
esperti del settore. E con questo caldo eccezionale le commissioni sono addirittura
raddoppiate, nuovi e vecchi clienti, tutti vogliono sapere, ansiosi di vivere un destino
diverso prima di costruirselo. Il motociclista percorre veloce tutta via Gregorio VII,
da Piazza Pio XI comincia ad accelerare, all’altezza della stazione ferroviaria due
ombre gli si affiancano. Sono creature scure, una a destra e una a sinistra, scintilla
qualcosa nelle loro mani, il motociclista pensa sia un riflesso della luna, e sbatte due
volte gli occhi, ma le nere proiezioni continuano a seguirlo e veloci gli si affiancano.
Sono nere, e corrono veloci, a ben vedere non sono solo due, ma si danno il cambio
in una repentina staffetta, la moto sembra essere il testimone, che scandisce la loro
veloce marcia. Il centauro dapprima rallenta incuriosito, poi intimorito stringe la
cinghia del casco e comincia ad accelerare controllando negli specchietti la marcia di
quelle strane creature. Le nere figure di colpo si bloccano, sul fondo degli specchietti
laterali sembrano salutarlo con le braccia, ma in realtà stanno solo indicando qualcosa
davanti a loro e davanti alla moto. Il motociclista alza la testa e davanti a lui vede
un’altra ombra, stavolta solitaria e perfettamente al centro della strada. Intanto il
centauro senza accorgersene è entrato nel sottopassaggio che porta al lungotevere, il
nero fantasma lo attende dritto in piedi al centro della galleria, gambe unite e braccia
conserte. Dagli specchietti vede le altre ombre entrare nel tunnel. Il motociclista di
colpo si sente circondato, capisce che deve provare a guadagnarsi con la forza una via
d’uscita e puntando l’oscura figura apre a manetta l’acceleratore. La ruota anteriore
s’impenna di qualche centimetro, quando tocca nuovamente terra il motociclista alza
leggermente la testa, ormai è a pochi metri dalla creatura vestita di nero e prima di
capire di essere morto, fa appena in tempo a vedere il riflesso della lama metallica
che gli stacca la testa dal collo.
14 giugno 09:57 parte seconda
Professional Widow. Tori Amos.
Dalla guardiola Giansante telefona al bar per prenotare la seconda colazione, un
usciere intanto mi accompagna ad un telefono interno e mi passa un foglietto con il
numero di casa Palmizi, la moglie di Palmizi è un’infermiera: capelli rossi su un
corpo slanciato, in molti colleghi hanno perso la testa per lei, a me è indifferente sia
per via dell’amicizia con il marito, ma soprattutto perché Valerio da mesi mi disgusta
riempiendomi le orecchie con le sue fantasie erotiche sulla signora Palmizi. Fisso il
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biglietto e poi decido di strapparlo per non coinvolgere Valerio, se davvero è con la
moglie di Palmizi, prima o poi, si farà sentire lui, io spero solo di sbrigarmi e far
ritorno all’università per combinare qualcosa. Il ragazzo del bar intanto porta tutto a
tempo di record su di un grosso vassoio pieno di panini e bibite, Giansante dà ordine
di allestire un mini buffet, nella grande sala blu del personale. Ci sa fare Giansante
tutti sorridono mentre si abbuffano e si spingono tirandosi i tovaglioli. Lui prende due
panini, due bicchieri e una bottiglia d'acqua, viene verso di me e mi supera facendomi
segno di seguirlo. Segue un rapido giro tra i corridoi: intravedo uffici dove lavorano
uomini in giacca e cravatta e donne praticamente in bikini. Dopo una rampa di scale
entriamo in quello che presumo sia il suo ufficio, l'aria condizionata mi restituisce
dieci anni di vita, mentre mangiamo scambiamo solo due battute di circostanza, mi
chiede di Zatti, gli dico che aveva ragione lui, che non stava a casa di Palmizi e di
riprovare sul suo cellulare. Finiamo i panini e sorseggiando l'acqua si sfrega le mani
iniziandomi a spiegare il motivo della chiamata, un po' della sottile farina del pane gli
è caduta sulla cravatta e lo rende di colpo più umano. Sulla scrivania ci sono fascicoli
chiusi e ben ordinati, tutti numerati che aspettano di essere consultati in perfetto
ordine, a loro fianco il giornale di oggi, ancora perfettamente piegato nasconde al suo
interno l'inserto, ci deve essere stato tanto trambusto stanotte se Giansante ancora non
ha sfogliato il giornale. Alle sue spalle un diploma dello Chateubriands, laurea con
cornice e ben tre master alla Luiss, una sua foto con Baricco e due pizzaioli
napoletani. Ai lati della scrivania una piantana alogena e una poltrona Giorgetti,
vicino al muro si intravede un piccolo frigobar e una distruggi documenti, sotto la
scrivania il cestino dei rifiuti.
Ma sentiamo che ha da dire, lui imposta la voce e parte il nastro:
Martino ti abbiamo chiamato perché la figlia dell'assessore Rossi deve
presentare una denuncia, sai abita nel tuo commissariato e ci serviva una persona di
fiducia, la ragazza è ancora scossa e non sa cosa deve fare
Cos'è successo di preciso?
Degli episodi senza valore, alcuni fanatici hanno imbrattato la sua porta di casa
con delle interiora animali, lei insiste per presentare una denuncia e noi vorremmo
evitare di farla andare in commissariato, sai una fuga di notizie o addirittura un
incontro con la stampa, si tratta di una denuncia delicata, le elezioni comunali si
avvicinano…
Va bene quali sono i tuoi ordini grande e potente Cesare?
La denuncia l'ho redatta io, eccola qua tu devi solo passare in commissariato e
registrarla, poi la duplice copia la dai ad un mio collaboratore che ti seguirà e la
faccenda per noi è chiusa.
Quindi io devo solo firmare l'atto in commissariato senza fare domande e senza
dire niente…
si bravo, la denuncia che tu registrerai ha solo valore probatorio, servirà solo se
ci sarà un seguito alla vicenda, non ti preoccupare è un atto di routine, eccoti qua le
copie, questa la depositi e questa poi la dai a Vittorio, un mio collaboratore, che ti
aspetta fuori vicino alla tua macchina
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Ok Giansante nemmeno la leggo, per qualsiasi cosa sempre disponibile, grazie
del panino allora…
Grazie a te, sei stato veramente squisito a venire malgrado le ferie
Dovere, senti però se effettivamente c’è la necessità di far passare la cosa sotto
silenzio forse è meglio far registrare la pratica da chi è in servizio e non da chi come
me risulta in ferie, se vuoi la porto io al commissariato e la faccio registrare da un
altro collega effettivamente in servizio…
Hai ragione Martino, non c’avevo pensato, io sono esausto e volevo concludere
in fretta questa vicenda, ho passato tutta la notte fuori fra cene e ricevimenti e
stamattina Rossi mi ha tirato giù dal letto per risolvergli questa grana.
Allora la ragazza non vuole sporgere denuncia?
La ragazza non vuole sporgere denuncia, è l'ufficio del padre che spinge perché
la ragazza denunci il fatto e così il padre abbia le spalle coperte se un domani il fatto
venisse scoperto dalla stampa, chissà come darebbero la notizia. Tu vai e fai
registrare l’atto ad un collega di cui ti fidi, non dirgli nulla.
Vabbè, allora io vado, ti saluto vecchio mio, grazie del panino e buone vacanze
Anche a te, ah Martino aspetta un attimo…
Si Cesare dimmi
Hai letto come si chiama la ragazza?
Quale ragazza?
Bravo Martino, a buon rendere.
L'oggetto della denuncia, rigorosamente contro ignoti, riguarda il ritrovamento di
interiora animali sparse sullo zerbino di casa della figlia dell'assessore. Nessun
testimone, solo una firma incomprensibile. Mentre con la 126 parcheggio al
commissariato, Vittorio l'assistente di Giansante mi segue con il suo scooterone.
Vittorio è un simpatico quarantenne brizzolato che in sella al suo burgman svicola nel
traffico con infantile gioia e sottile soddisfazione. Saliamo assieme al primo piano e
tutti mi prendono in giro perché non sono ancora andato in ferie, registriamo,
timbriamo e depositiamo la denuncia grazie alla gentilezza dei colleghi, infine ci
salutiamo stringendoci la zampa. Ognuno va per la sua strada, la mia mi porta nel bar
più vicino bramando una bibita fresca e dell'aria condizionata tutta per me.
16 giugno 03:54
BIANCO CARNEVALE
A day in the life. Beatles
Roma non smette di sudare, sotto la bolla sub-sahariana, la colonnina di mercurio
impazzisce giustificando l'ossessione della popolazione per ventilatori e gelati. Anche
di notte per le strade si boccheggia alla ricerca di un vento che sempre più debole si
alza a lenire la stravaganza di un'estate arrivata anzitempo. Via della Conciliazione è
deserta eccezion fatta per una coppia che veloce cambia marciapiede verso Porta
Cavalleggeri. La macchina del cardinale chiude la curva dopo aver percorso il ponte
Amedeo Savoia, ora si trova davanti a S.Pietro. Il cardinale viaggia sulla sua audi
berlina scura, al suo interno solo due persone, l'autista e l'alto prelato. Ritornano da
una cena tenutasi con i membri della congregazione, non avevano voglia di uscire,
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preferiscono il giorno, l'alba, il sole. Come ogni anno sua eccellenza ha dovuto
presenziare alla cena della consulta per le nuove beatificazioni: un convivio di alti
prelati che si scambiano opinioni e indiscrezione su tutte le pratiche in odore di
santità. Nella macchina I due sono in silenzio ad ascoltare lo stereo pioneer che con
fedeltà digitale riproduce Madame Butterfly. Si sta avvicinando il finale con il ritorno
di Pinkerton, e scatta il semaforo, l'autista si ferma e si distrae osservando una figura
nera alla sua destra; non fa a tempo a proferir parola perché il suo sportello senza far
rumore si apre e una lama gli trafigge lo sterno perforandogli i polmoni. La musica è
alta e non si sente il suo respiro che si spegne tra gli spasmi e la disperazione della
fine. Il cardinale sul sedile posteriore non si è accorto di nulla, tiene gli occhi chiusi,
assorto com'è a seguire la morte di Madame Butterfly. I suoi carnefici per un attimo
si lasciano sfuggire un sorriso, soddisfatti di questo protrarsi dell'attesa, poi come
sono entrati in macchina se ne vanno, rimane solo una delle ombre nere che con
quattro incisioni precise recide i polsi e i tendini d'Achille del cardinale. La musica
sta per finire e l'alto prelato di colpo si ridesta prendendo bruscamente coscienza della
situazione, cerca l’aiuto dell'autista ma questi non lo può più aiutare, le grida di
dolore si alzano nell'abitacolo che le sette ombre hanno sigillato prima di scomparire.
Il cardinale spinge le braccia contro i finestrini ma i vetri rimangono serrati così come
pure il tettino e gli sportelli. Dopo quindici minuti di agonia tutto smette di muoversi
nella macchina, sotto le ultime note della Madame Butterfly la sinfonia della vita
lascia spazio al silenzio della morte.
16 giugno 09:13
SECONDO GIORNO DI FERIE
Cipria. Marysun nicotina.
Mi sveglio nel mio letto e mi riaddormento sul libro di filosofia del diritto. Valerio
ancora non si è fatto sentire, beato lui che ha tanto da fare, a volte riesce a sparire con
le sue donne per mesi. Sin da piccolo era diverso, sua madre lo racconta spesso a noi
colleghi che, per un motivo o per un altro capitiamo a casa sua: mentre gli altri
ragazzini cercavano un pallone e un prato per giocare, lui già faceva finta di cadere
dalla bicicletta per farsi consolare dalle mamme dei giovani calciatori. Il mio secondo
giorno di ferie segue la scia del primo, altre sette sigarette da gestire con parsimonia,
ieri sera mio fratello Luca, il meccanico, si è preso la mia macchina, e ha iniziato a
lavorare stanotte per adattarci un condizionatore della mercedes rimediato a lavoro.
Luca è un portento, la sua missione è elaborare motori. Alza i cofani e vede in pochi
istanti quello che altri meccanici non vedranno in una vita, smonta i componenti e li
porta uno ad uno al suo banco di lavoro dove con le sue lime li riadatta, li modifica
creando nuovi equilibri assolutamente impensabili solo pochi secondi prima. Lui fa
rinascere i motori leggendo il futuro nelle loro testate. La mia macchina è stata la sua
prima creazione: una 126 del 92 con motore originale trasformato in 12 valvole, kit
turbo, cromature fatte a mano per avvolgere tutto il gruppo termico. Fasce, valvole,
cilindro e biella, tutti adattati e perfezionati. La centralina, dopo aver soppiantato il
carburatore originale, è stata rimappata per dare le giuste informazioni agli iniettori
ed esasperare il motore come si deve. I getti sono stati allargati, l'albero motore è in
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carbonio e il volano è da competizione: serve per avere più scatto e successivamente
meno abbrivio. Luca poi ha trovato dei distanziali che producono solo a Monaco per
gli assetti più estremi. Il cambio sequenziale a sei marce più retro con display
segnamarce, il telaio è l’originale piombato con aggiunta di roll-bar a gabbia
imbullonato direttamente alla scocca. I cerchi sono da 13’ con attacco monobullone
tipo formula 3 in magnesio. Quando sollevo il cofano il motore scintilla come uno
specchio e quando è acceso, il suo rumore è il ruggito di un predatore che reclama la
sua precedenza nelle gerarchie automobilistiche.
Svogliatamente accendo la televisione, si parla del triangolo di sangue nel cuore di
Roma, tutta la polizia è all'erta, il mondo religioso e politico sono in lutto per il feroce
assassinio di un Consigliere di Forza Italia con sua sorella, la decapitazione del
motociclista nel tunnel, e il delitto del Cardinal Molinari con il suo autista, si
vociferano sia tornate le B.R. e si attendono rivendicazioni. Scendo e risalgo con il
giornale, tre delitti collegati per ferocia e modalità, l'arma sembra la stessa: pugnali
affilatissimi. Non avendo niente da fare finisco la colazione e dopo aver preso il tutto
città e la macchina fotografica salgo in metropolitana direzione S.Pietro. Scendo alla
stazione di Ottaviano e inizio a consultare lo stradario, su via della Conciliazione è
pieno di fiori dove hanno ammazzato il cardinale, è un punto centrale prima del
secondo semaforo, proprio di fronte a S.Pietro, la macchina con i cadaveri è stata
lasciata in mezzo alla strada fino a stamattina quando l' hanno rimossa su
segnalazione di un giornalaio. Scatto un po' di foto. Poi mi incammino verso
Gregorio VII, taglio per il clivo di Via Monte del Gallo, scendo le scalette e trovo
anche qui dei fiori, scatto cinque foto alla via. Cinque morti violente in due notti a
poche centinaia di metri. Colto dal caldo mi infilo dentro ad un bar, rimango sulla
porta sorseggiando un analcolico ad osservare che succede nella via. Tutto si squaglia
alla luce del sole, lentamente. Mi sono rimaste dieci foto, alzo lo sguardo e vedo che
da una saracinesca esce una ragazza seguita da un vecchietto, apro la porta del bar, lei
lo chiama nonno e lo bacia sulla guancia. Io e il vecchio la osserviamo mentre
scompare dietro la curva di Via Monte del gallo, restiamo ancora lì sospesi a
galleggiare sulla sua figura quando ormai ha superato il nostro orizzonte, rimaniamo
solo io e il nonno. All'improvviso i nostri sguardi si incrociano, lui mi sorride e mi fa
cenno di avvicinarmi, io colto alla sprovvista mi guardo alle spalle, ma ce l'ha proprio
con me, così pago l'analcolico e lo raggiungo. Mi invita ad entrare, da fuori sembra
un garage, ma dentro assomiglia ad un irish pub tutto è in legno: spiccano una
macchina del caffè e il verde di un tavolo da biliardo all'italiana.
hai fatto belle foto ragazzo?
non so, le devo sviluppare
allora non sei né turista né fotografo, ma perché da stamattina fotografi i due
posti dove hanno ammazzato quei poveracci?
Come lo sa?
Il quartiere è piccolo e io conosco tutti
Mi ha incuriosito questo fatto di cronaca
Anche a me, io mi chiamo Franco Antinori
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Un sorriso senza età per una voce senza esitazioni. Occhi scuri, denti piccoli, capelli
bianchi corti e tante rughe.
Piacere Martino Colussi
Sei un poliziotto vero?
Si vede così tanto?
Un pochino
Complimenti per il locale gli acciai della macchina del caffè brillano come
specchi, ma come mai non c'è un'insegna di fuori?
Perché non è un locale pubblico, qui si entra solo su mio invito, è un ritrovo per
gentiluomini.
E la ragazza che è uscita?
Mia nipote, allora Martino che pensi di queste morti?
Che l'assassino ha dimostrato una ferocia fuori dall'ordinario
Gli assassini
pensa siano stai più di uno?
Sicuramente, non si possono uccidere due persone di seguito con un'arma
bianca in meno di due metri di spazio, è praticamente impossibile
Ma era notte
Qui a Via Monte del Gallo, ma via della Conciliazione è illuminata a giorno
anche di notte e poi come si può assaltare una macchina da soli?
E quanti sono secondo lei?
Più di cinque
E come fa a dirlo?
Ho parlato con il giornalaio che ha trovato l'auto: per prima cosa l'autista è
stato colpito al torace, poi hanno ammazzato il cardinale. Del cardinale non si
riusciva a vedere niente perché provando a fuggire aveva ricoperto i vetri con il suo
stesso sangue, gli devono aver reciso i polsi per essere sicuri che morisse e poi gli
devono aver colpito le gambe per non farlo rialzare, probabilmente il tendine di
Achille.
Ha visto tante cose il giornalaio!
No questa è la prima supposizione del medico legale, il rapporto completo lo
depositerà in serata
E come fa a sapere queste informazioni riservate
Non sono poi così riservate
Ha dei contatti in procura?
No con la santa sede, i cardinali sono cittadini dello Stato Vaticano…
Mi inizia a far paura Signor Antinori
Anche tu inizi a farmi paura Martino, non capita spesso di vedere persone che
fanno cose per passione, tu sei qui sotto il sole a far domande e scattar foto per pura
passione
Non ha idea di chi ci sia dietro questi orribili crimini?
No e mi interessa proprio per questo, non mi sarei mai aspettato un duplice
omicidio all'arma bianca nella mia via e un cardinale squartato a pochi metri dal
Vaticano, per non parlare del motociclista decapitato nel sottopassaggio…
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E sono in cinque per lei?
Forse di più, non operano casualmente, colpiscono di notte, forse hanno
preparato tutto per confondere le idee e sparire o forse continueranno
Scusi ma lei è nella polizia?
No per carità, Sciascia diceva che sbirri si nasce, come si nasce preti o
cornuti…
Cornuti?
“…Non credere che uno è cornuto perché gli mettono le corna in testa, o un
prete si faccia prete per la vocazione: uno ci nasce. Uno non si fa sbirro
perché ha bisogno di abbuscare qualcosa o legge un bando d’arruolamento,
uno sbirro ci nasce. Poi ce ne son di poveretti che vestono la divisa e fanno
una brutta fine, senza offesa…”
Si figuri, ma lei di che si occupa?
Mi occupo di politica: l'uomo è un animale sociale, io metto pace, risolvo
contrasti, mi pagano per far andare bene gli affari. Ho tanti informatori perché devo
sempre trovare i punti d'incontro, più so e più è facile fare il mio lavoro. L’uomo
insegue le sue passioni, e più o meno coscientemente tende verso la soddisfazione,
come una falena punta la luce. Noi risentiamo nella vita di tutti i giorni
dell’andamento dei mercati della borsa, ma nel nostro piccolo facciamo lo stesso: ci
accaparriamo quello di cui abbiamo bisogno, in un modo più o meno intelligente. E
allora serve qualcuno che sappia fare i conti, e soprattutto serve qualcuno che regoli i
conti per chi li ha sbagliati perché accecato da troppa passione. Io sono uno che
elimina confusione e incertezza. Io sono uno che fa bene i conti.
Grazie della chiacchierata è stata molto istruttiva
Figurati, torna a trovarmi quando vuoi Martino, buon lavoro
Grazie, buona giornata
Esco dal locale di Franco tra il confuso e l'incredulo, è stato come entrare in una
dimensione parallela. Attraverso veloce la strada alla ricerca di un poco d'ombra, e di
colpo una bmw inchioda sulle mie scarpe: è Giansante che mi fa cenno di salire e poi
mi offre un passaggio. Accetto contento e gli chiedo cosa ci fa da queste parti, lui mi
chiede cosa ci faccio io da Don Franco.
- Vecchio mio non si risponde ad una domanda con un'altra domanda
così mi dice che lì abita sua madre e poi continua:
Guarda che Don Franco è il primo indiziato per gli omicidi di S.Pietro
Ma dai?
Martino la sai la sua storia?
No
Beh è molto più vecchio di quanto sembra, durante l'occupazione tedesca nel
suo paesino è morto il fratello minore di Don Franco perché il medico si è rifiutato di
curarlo di notte, il fratellino gli è morto fra le braccia davanti alla porta sbarrata del
medico che stava dentro con una puttana. Franco preso dall'odio chiede giustizia al
colonnello tedesco. Il fatto strano è che i tedeschi erano in ritirata e uccidevano tutti,
ma il giovane Franco che ti fa?
12
Che ti fa?
Convince il gerarca tedesco che acconsente a punire il medico. Dicono che
fossero in tre su un campo coltivato a camomilla: Franco, il tedesco e il medico. Il
comandante avrebbe dato a Franco una pistola ma pare che lui abbia preferito il suo
coltello per fare un lavoretto sulla gola del medico. Da quel giorno nel suo paesino ha
dettato legge, poi si è trasferito a Roma ed è diventato un faccendiere, ma sono tante
le voci che girano su di lui. Di sicuro c'è che trenta anni fa è stato processato per
quell'omicidio e indovina chi ha testimoniato in sua difesa?
Dimmelo tu
L'ufficiale tedesco: il colonnello scappato in Sud America è tornato, rischiando
il carcere a vita per far assolvere Don Franco Antinori
E poi come è andata a finire?
È scappato di nuovo, del resto siamo in Italia, stai attento Martino, Franco
Antinori è pericoloso, riesce a convincere chiunque a fare quello che dice lui, nessuno
riesce a rifiutare le sue proposte, di che avete parlato?
Della nipote
La conosci?
Solamente di vista
Lascia perdere
Mi sa che hai ragione.
Arriviamo sulla Tiburtina e mi faccio scaricare a piazza Zamorani per noleggiare un
film, vado verso casa con la videocassetta in mano, quando all’improvviso la vedo
parcheggiata tra due straniere: perfetta emerge per la sua suprema eccellenza,
accelero il passo e sono subito da lei, mi appiccico al finestrino della mia 126 e
scorgo un biglietto di Luca:
“Adesso è perfetta”.
17 giugno 00:02
LA TETRA ASSEMBLEA
Blondie. Atomic.
Il tasso d'umidità non accenna a diminuire così come la temperatura decisamente
troppo elevata per il mese di giugno. Come ogni venerdì si riunisce l'assemblea degli
azionisti di una nota multinazionale, vanno approvati in fretta due dei cambiamenti
del piano aziendale.Tenendo conto degli impegni di tutti i vertici azionari si decide di
trasformare la riunione in una cena di mezzanotte, per la precisione l’appuntamento è
al Giardinaccio, il noto ristorante della capitale a pochi passi da S.Pietro. Arrivano
tutti alla spicciolata, non manca neanche il noto ingegner Shulz giunto dalla
Germania per fugare le voci su di una sua presunta malattia. Inizia la cena, inizia il
dibattito sulla gestione dell'azienda, nella sala condizionata rimbombano forchette e
leasing, cannolicchi e acquisizioni, votazioni e galestro capsula viola. Dopo il dessert
il presidente prende la parola:
Buona sera a tutti e grazie per aver accettato l'invito, sarò breve: la ragione
per cui ci siamo riuniti questa sera, è l'approvazione del piano economico
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che permetterà il rilancio del nostro marchio societario agli occhi
dell'opinione pubblica internazionale. Infatti puntiamo a creare una nuova
immagine della nostra azienda con la realizzazione di infrastrutture
collocate in determinati nodi strategici e secondo i prospetti che avete
ricevuto in settimana. Contestualmente il nostro gruppo continuerà la sua
scalata ai vertici delle borse europee, a tal proposito è necessaria
l'approvazione per attuare la seconda fase del progetto ICARUS, grazie agli
sforzi dell'ingegner Shulz continueremo ad investire nella ricerca
biochimica del settore spaziale e se Dio vorrà ci confermeremo società
leader del settore.
Applausi
Grazie, fra qualche minuto, tre hostess di sala passeranno tra i tavoli con dei
registri per raccogliere i vostri voti, la votazione sarà ratificata dopodomani durante il
consiglio di amministrazione. Grazie e buona serata.
Mentre l'amministratore si risiede le luci si spengono di colpo, ed i condizionatori
cessano di pompare aria fredda nella sala, le porte si chiudono, e i vetri rifulgono
lasciando immaginare le luci nella sala principale del ristorante. Dopo qualche attimo
d'impasse una nuova voce prende la parola al microfono:
Signori non vi preoccupate sono il direttore del ristorante, abbiamo dei
problemi al gruppo elettrogeno tra qualche istante ripristineremo le luci e l'aria
condizionata
Dopo queste parole riprende fitto fitto il vociare dei soci intramezzato ogni tanto da
qualche tonfo, come se stesse cadendo qualcosa sui tavoli, gradualmente
diminuiscono le voci e qualche bicchiere cade per terra insieme alle posate. Qualcuno
inizia a strillare istericamente finché la voce riprende il microfono:
Signori per favore state calmi stiamo lavorando tutti, cercate di stare al
vostro posto perché non è facile ammazzarvi tutti.
In quell'istante l'ultima testa crolla sul tavolo facendo schizzare per terra un vassoio
seguito da una flute e una bottiglia di minerale.
Cinque minuti dopo tre hostess entrano in sala con i registri per la votazione, l'odore
ferroso le ferma sulla soglia, ma una mano incauta aziona l'interruttore spalancando
alla vista il tetro spettacolo dei corpi riversi senza vita sul legno dei tavoli.
17 giugno 11:57
Rockstar. Hole.
Mi risveglio con il ventilatore puntato sulla testa, svogliatamente vado in cucina apro
una bottiglia di minerale e mi attacco a garganella. Cerco nutella ma in frigo c'è solo
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miele, ripiego sulla marmellata e accendo la tv beccando cinque edizioni speciali dei
telegiornali, tutti aprono con il terzo misterioso delitto: 27 persone trucidate durante
una cena a due passi da S.Pietro. Chiudo tutto e mi rimetto a letto per cinque minuti,
poi mi alzo e porto a far sviluppare il rullino di foto scattate ieri, visto che sui delitti
delle ultime notti non capisco niente mi ritorna in mente la denuncia della figlia
dell'assessore: per quattro volte hanno trovato animali sgozzati sullo zerbino di casa,
due volte di mercoledì e due volte di venerdì. Penso che oggi è Giovedì e mi potrebbe
dir bene, così lancio il rullino al fotografo e torno a casa per dormire, stanotte mi
aspetta una piccola veglia. Telefono a Valerio in cerca di compagnia ma il cellulare è
sempre staccato. Chiudo gli occhi e mi tuffo sul materasso addormentandomi prima
di arrivare. Mi sveglio alle ventuno, con dodici ore di sonno aggiuntive e sette
sigarette ancora tutte da fumare, mi riattacco all'acqua minerale ed esco: prima tappa
pizzeria, seconda tappa casa figlia assessore. Mi apposto all'inizio della via: fari
spenti e vetri abbassati. La casa è su via del Vaticano, vicino a Gregorio VII, una
delle salite che porta sulle mura dello Stato Pontificio. Ogni quarto d'ora scendono
dai palazzi circostanti per la passeggiata serale, alcuni cani accompagnati dai
rispettivi padroni, oltre le mura vaticane si intravede una grossa antenna. Accendo la
radio sui 66.6 FM e faccio entrare nel caldo dell'abitacolo la voce di Klaus Belli. Il
Belli stasera gira i dischi anche per me, parte con about a girl dei nirvana, poi seek
and destroy dei Metallici. Dopo aver stappato una lattina, mangio la pizza e accendo
la prima sigaretta, inizio a pensare che forse è meglio lasciar perdere tutto e partire
una settimana a Riccione. Verso mezzanotte finisce l'andirivieni dei cani e relativi
proprietari, rimango solo io, abbasso la radio per non dare nell'occhio e realizzo di
aver dimenticato a casa il cellulare quando mi viene voglia di chiamare Valerio.
Verso le tre e mezzo una piccola ombra fa capolino dall'altra parte del marciapiede,
porta un sacchetto di plastica verde. Altezza uno e settanta circa, jeans scuri, felpa
con cappuccio nera, si accosta veloce al portone del palazzo in cui abita la figlia
dell'assessore e con un cacciavite fa scattare la serratura. Io scendo dalla macchina
con la pistola in mano, lentamente seguo i suoi passi. La strana ombra si piega sullo
zerbino riversando il contenuto del sacchetto, prende un foglio dalle tasche e legge
una formula in latino, mi avvicino e appoggio la canna della pistola sulla sua nuca.
Sdraiati a terra e allarga le braccia
Proprio sul gatto?
Anche più in là ma non fare scherzi
Non ha armi con sé, solo una bibbia e un cacciavite. Suono alla porta per chiedere
alla figlia dell'assessore di chiamare la polizia per consegnare questo deficiente e
andare a fare le valigie per Riccione, ma lo sventratore di gatti inizia a parlare.
lei non è qui
Stai zitto non peggiorare la tua situazione
Attendo cinque minuti, poi mi arrendo, è giovedì notte, sarà uscita. Spingo per
l'ultima volta l'indice sul campanello di casa Rossi e poi carico l'uomo dei gatti morti
nella mia macchina e metto in moto per portarlo in questura.
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Come ti chiami?
“Vidi nel cielo sette angeli che avevano sette flagelli,ff gli ultimi, poiché con
essi si deve compiere l’ira di Dio, ”
Per nulla confortato dalla prima risposta continuo con la seconda domanda.
Cosa fai nella vita oltre a squartare gatti?
Sono un prete, faccio il pastore di anime
E quei gatti non avevano un'anima?
Non li ho ammazzati io, erano già morti
E ti sembra normale che un prete di notte vada in giro a seminare cadaveri di
animali sugli zerbini?
Il sangue di Cristo mostra la giustizia di Dio ed è una propiziazione per i
peccati. Ancora non sei in grado di distinguere il bene dal male, io devo fermare una
catena di sangue, ma la mia forza è troppo debole
Ma perché i gatti morti?
Perché solo il sangue di una morte violenta può testimoniare il sangue
versato...
Per fortuna siamo arrivati, mostro il tesserino e i colleghi mi fanno passare, il
satanista è calmo, quasi rilassato, gli levo le manette e lo faccio sedere di fronte al
tavolo per le procedure di identificazione, mi intasco le manette e rimetto la sicura
alla pistola. Veloce afferro una penna e compilo il verbale dell'arresto. Il collega più
alto in grado legge ad alta voce rapporto e denuncia, compila i campi in bianco e
pronuncia il nome della Rossi. Al suono di quel nome il satanista esplode
rovesciando la scrivania con i moduli cartacei e la tastiera del terminale centrale, i
colleghi disordinatamente lo circondano provando a bloccarlo con le buone. Lui però
riesce a staccare l'attaccapanni a muro ed assestare due colpi in testa ai poliziotti che
cadono all'indietro. Dalla stanza vicina iniziano ad arrivare i rinforzi che si bloccano
sull'uscio per valutare la situazione, io mi avvicino lentamente al satanista con le
mani alzate mostrando i palmi vuoti ed inizio a parlare:
Dai non ti preoccupare stai calmo e posa l'attaccapanni, eh?
Nessuno deve pronunciare quel nome, lei è la morte
Ma la tua forza non era debole? Dai dimmi che ti è successo non aver paura se
vuoi hai il diritto di denunciare la Rossi...
Al suono di quel nome, il satanista stringe l'attaccapanni e, come una mazza da
baseball, scarica tutta la sua potenza mirando alle mie tempie, ma prima che il legno
apra in due la mia testa, dal corridoio parte un proiettile che centra in fronte il
satanista, io rimango fermo in piedi al centro della stanza con le mani alzate, i due
colleghi sono ancora a terra e dubito seriamente che l'uomo in nero si possa più
rialzare. La morte è l'ultimo evento che cristallizza l'esistenza umana, dopo non ci
sarà più nulla di uguale o di diverso, perché quell'organismo non prenderà più parte
agli equilibri di questo mondo. Se fai il mio lavoro la morte prima o poi impari a
conoscerla e ti rendi conto che non ti ci abituerai mai. Ogni volta incontri una morte
diversa. Non ti puoi mai abituare perché non esiste un'unica morte: ci sono le piccole
morti che colpiscono i bambini, più la modalità dell'uccisione è violenta, più ti vien
voglia di braccare chi ha ucciso. Poi ci sono le lunghe morti che silenziose ristagnano
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sui cadaveri in avanzato stato di decomposizione e per non farsi vedere si fanno
sentire, laboratori chimici a cielo aperto che trasformano ciò che l'uomo non ha
ancora scoperto, e in questi casi meno sai e più vorresti vederci chiaro. E ci sono le
morti casuali, sono le più veloci di solito: l'angelo nero rimbalza dal destinatario
principale e finisce per impossessarsi di un corpo totalmente estraneo alla vicenda.
Ma queste sono solo alcune morti che ho avuto la sfortuna di incontrare in cinque
anni di servizio, e non avevo ancora visto morire un uomo di fronte a me guardandolo
negli occhi. Sento salire un disagio invincibile, che non è pietà e non è dolore, è un
rancore ancestrale contro l’impossibilità di reagire, di non poter impedire che
avvenga ciò che è già avvenuto. La morte oltre a fermare la vita dello squartagatti ha
fermato anche la mia che l'ho visto spegnersi. La morte è come un tatuaggio: posso
scordare di averla sulla pelle ma prima o poi mi salterà agli occhi con tutte le sue
sfumature. Ora mi sento come un albero: vivo, immobile, silenzioso testimone
ancorato a terra. Una mano mi tocca una spalla e una voce inizia a sussurrare:
Sei ferito?
Lo deve ripetere un po' di volte, perché la mia risposta lo rincuora:
No
Puoi abbassare le braccia?
Credo di si
Mi giro e lentamente la normale consuetudine della vita ricompone le fratture della
morte. Entra in una stanza dove non ero mai stato prima, mi portano sigarette e caffè,
stendiamo un rapporto sull'accaduto, arriva l'ambulanza dell'obitorio, gli esami
medici sul cadavere serviranno anche per attribuire un'identità al cadavere. Mi
chiedono se mi sento bene, poi ci salutiamo stringendoci la zampa e chiamandoci per
cognome. Scendendo le scale mi accendo un'altra sigaretta, salgo in macchina e
imbocco la via di casa. Dopo aver parcheggiato chiudo l'auto e sul sedile del
passeggero trovo la bibbia e il cacciavite dello squartagatti. Salgo a casa ed esamino
il libro, il testo è molto vissuto, pieno di sottolineature, in molti punti è addirittura
cancellato e riscritto, ma la cosa che mi colpisce di più è il suo segnalibro: una foto
con tre preti, uno dei quali è l'appena defunto squartagatti, insieme con una decina di
donne e un uomo brizzolato venuto sfuocato sulla destra, la didascalia recita:
Organico 1997. Sullo sfondo sembra di intravedere il cortile di un ospedale. Ma ho
avuto troppe emozioni e chiudo tutto, è già mattina, accendo lo stereo mentre fumo la
quinta sigaretta per tuffarmi, una volta acquisita la necessaria dose di nicotina, in un
sonno senza sogni.
18 GIUGNO 03:23
Sole Nero
Last night of the year. U2.
Il caldo non si attenua e ormai le speranze che le condizioni meteorologiche
migliorino sono un lontano e sbiadito ricordo, un sogno che riposa seccato negli
scoloriti risvolti di una esausta speranza, consumata e sciolta sotto l'azione costante
del sole. Al terzo piano di via del Crocefisso il giorno si forgiano medaglie di padre
Pio, ma la notte lo stesso titolare dell'attività presta soldi a strozzo. Prima si valutano
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le garanzie e poi si ricevono i soldi, le notti successive sono tutte per gli interessi: si
devono pagare o in contanti, o a scelta con oggetti d'antiquariato, argenteria, gioielli,
orologi... Insomma tutto ciò che è suscettibile di una valutazione economica, ogni
oggetto viene poi immagazzinato e in seguito rivenduto. Per chi non rispetta i
pagamenti ci sono due esattori: due ragazzi con tanti muscoli e poca pietà che
ricordano le scadenze. L'inventario delle merci depositate si redige verso le tre
quando si attenua l'andirivieni dei debitori e gli esattori si concedono un caffè.
L'anziano usuraio redige di suo pugno una prima stima del flusso di credito, penna
alla mano si comincia dai gioielli e per ultimo l'oggettistica varia. Il vecchio non
supera il metro e sessanta, e a dirla tutta è più largo che alto, totalmente pelato si
trascina dietro una barba incolta, ingiallita sul labbro inferiore dalla lunga amicizia
con il sigaro. All' improvviso però le finestre si spalancano. Sentendo quei rumori il
pensiero va subito ai ladri, poi vedendo sette figure di nero vestite, due delle quali
nelle mani stringono le teste dondolanti degli esattori, il vecchio capisce che stanotte
nessuno toccherà i suoi gioielli. L'occhio allenato dell'usuraio cade sugli strani oggetti
che gli inaspettati visitatori brandiscono: un argento lucidissimo il cui intenso riflesso
tradisce il filo della lama. Poi lo sguardo va sulle teste degli esattori, mozzate
sgocciolano sangue denso, mentre dagli occhi senza vita piove una leggera pioggia di
siero, che solca le guance bagnando i canali lacrimali. Il vecchio capisce che è inutile
urlare e dopo aver poggiato con cura la scatola delle pietre preziose si consegna ai
suoi carnefici. Le lame si alzano e scintillano ancora una volta prima di affondare
nella carne viva, il sangue zampilla mentre la vita lentamente scompare.
18 GIUGNO 12:22
No Guru. Elettrojoyce.
Verso mezzogiorno mi telefona Giansante:
Martino?
Si sono io
Complimenti ho saputo dell'arresto di stanotte
("Complimenti..." e per cosa?)
Il cortile interno del mio cervello è una grande pozzanghera, un odore di terra
mi sale nelle narici, conto i miei capelli sul cuscino, nella bocca schiocco la lingua e
ricordo un sapore misto di miele e nicotina, lentamente sbadiglio e mi sembra di aver
baciato un posacenere, ma poi rispondo:
Si complimenti, ma sai pure che è morto quel poveraccio?
Mi risulta che quel poveraccio ha steso due agenti e stava per colpire anche te
al volto con un'arma impropria
("Mi risulta”...”arma impropria...")
Un temibile attaccapanni di legno
Appunto
Senti mi ha lasciato una foto in machina, me ne sono accorto solo dopo...
Non ti affliggere è stato solo un incidente e poi stamani ci sono buone notizie
Mi date un'altra settimana di ferie?
No veramente rientri in servizio attivo da questo momento
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E quale sarebbe la buona notizia?
In nottata hanno destituito la task force istituita per indagare sui misteriosi
delitti di S.Pietro e in mattinata mi hanno affidato l'incarico
("i misteriosi delitti...)
E tu hai accettato?
Si te la senti di darmi una mano?
("Te la senti...")
Va bene, le vacanze senza Valerio sono una noia terribile
(Ma mi rendo conto di quello che dico?)
A proposito che fine ha fatto Valerio?
Non so ha preso le ferie con me e poi è sparito, conoscendolo se la starà
spassando in giro.
Martino allora posso contare su di te per questa faccenda, guarda ci tengo
molto per me è il primo incarico dirigenziale di prestigio e per te la prima indagine
investigativa di grande rilievo, e poi ti porto io in ferie...
("ci tiene molto...e poi mi porta in ferie")
Ma i tuoi amici dei piani alti?
Guarda secondo me mi hanno dato questo incarico perchè è praticamente
impossibile da risolvere in tempi brevi, ci sono troppi volponi che mi vogliono fare le
scarpe
("fare le scarpe")
Va bene mi arrendo, allora che faccio passo in Campidoglio?
No, ho ottenuto l'autorizzazione per condurre l'indagine in una sede non
ufficiale
Hai paura di possibili talpe?
No ma al momento non mi sento di escludere nulla
("Al momento non mi sento...")
Ti aspetto a Via Nomentana 325 citofono 9
A che ora?
Ce la fai per le 13:00?
Tranquillamente!
Sudato mi alzo dal letto vestito solo del lenzuolo bianco che mi avvolge tipo toga,
vado verso lo specchio del bagno. Con fare sicuro apro il cassetto e prendo pennello e
crema da barba, apro il rubinetto e la schiuma inizia a capeggiare sulle mie guance,
appena sembro babbo natale scelgo il rasoio ed inizia una piacevole rasatura senza
contropelo. Apro la finestra ed è molto meglio ignorare la temperatura esterna. Mi
tuffo in doccia e dopo una ventina di minuti sotto il getto dell'acqua mi catapulto in
cucina, mentre mi asciugo agguanto una fetta di pane ed un succo di frutta. Mi infilo
nei jeans, mi incastro nella maglietta e mi impunto sulle scarpe. Rapida corsa verso la
porta afferro portafogli, beretta parabellum, chiavi di casa, chiavi dell’auto, cellulino
e sigarette. Miracolosamente infilo tutto nelle tasche, mi calo in macchina, e dopo 7
semafori di cui 3 verdi 2 rossi e 2 non pervenuti, arrivo al portone dell'appuntamento.
La porta si apre in automatico e una voce dal citofono gracchia
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Ultimo piano, attico
L'ascensore è di quelli con la gabbia metallica, ad ogni piano improvvisi sobbalzi mi
spingono verso i lati. Arrivato all'attico chiudo l’ascensore e mi infilo nell'unica porta
aperta. Mi accoglie un'aria condizionata di cui francamente si sentiva l'esigenza, mi
incammino per il lungo corridoio cercando di raggiungere le voci che sento provenire
di fronte a me. Ai due lati del corridoio sono ubicate molte stanze, sbirciando in una
vedo un tavolo con calici e porta ghiaccio di cristallo. Dopo una trentina di metri
buoni finalmente vedo il ciuffo di Cesare Giansante, lui da bravo padrone di casa
intrattiene gli altri ospiti, gesticolando comodamente su di una poltroncina Luigi XVI
rivestita con una bandiera americana vintage. Per terra un tappeto persiano abbraccia
i quattro angoli del salone, il soffitto è interamente affrescato seguendo i chiari scuri
del Caravaggio. In fondo un camino grande come il bagno di casa mia, con tanto di
arnesi per il fuoco. Su di un divanetto blu elettrico due pinguini in giacca e cravatta
mi fissano e mi salutano con la zampa, uno è nero con cravatta presidential e scarpe
lavorate a mano, l'altro sfoggia un magnifico bastone d'osso, un completo di lino
bianco e un panama, sopra la tasca della giacca bianca una meravigliosa orchidea.
Vicino a Giansante seduta su una poltrona di pelle bianca una ragazza pallida scoppia
a ridere, ma dov'è che l'ho già vista? Capelli lisci biondi, occhi azzurri, leggera e
flessuosa come la sua risata, mi dice di chiamarsi Lucrezia. Giansante salta in piedi e
comincia a parlare:
Va bene signori questa è la nostra prima riunione ufficiale, speriamo di
risolvere questo intricatissimo caso prima di un secondo incontro, noi siamo la nuova
squadra investigativa incaricata di far luce sui delitti di S.Pietro. Vi ho chiamato
perché vi conosco e, oltre a stimare le vostre doti personali, ammiro molto anche le
vostre capacità professionali e confido, che unendo le nostre forze in una proficua
sinergia, si possa debellare questo mostro che sta facendo fare alla polizia italiana una
meschina figura, relegandola ad un posto che non le compete. Desidero fin da subito
che una cosa sia chiara: qui comando io! Non voglio colpi di testa, qualunque
decisione deve essere vagliata e approvata insindacabilmente da me, se qualcuno non
è d’accordo quella è la porta, ci sono domande?
Io e i pinguini ci guardiamo con la faccia interrogativa: dove vorrà arrivare? Uno dei
pinguini si alza, è quello bianco: un uomo elegantissimo con la sua sessantina di anni
portata così bene che gliela si può leggere solo negli occhi: una tinta leggera, una
abbronzatura curata e i giorni sembrano aver solo carezzato la sua esistenza, sul
risvolto della giacca di lino fa capolino un'orchidea e la sua domanda conquista
definitivamente le mie simpatie:
Che fine ha fatto la precedente commissione investigativa?
Destituita, per mancanza di risultati, e noi faremo la stessa fine se non
concludiamo niente, ora possiamo andare avanti?
brevi cenni del capo da parte di tutti i presenti e lui va avanti
Allora l'ultimo arrivato è Martino Colussi, lui sarà il mio braccio destro, se per
qualche motivo non posso vagliare le decisioni, sarà lui ad assumere il controllo
intesi?
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Io rimango immobile schiacciato sotto il peso delle responsabilità.
Seduta accanto al Colussi la Dottoressa Lucrezia Trabini gionalista di punta del
Tg1, vista la rilevanza del caso ci darà una mano a barcamenarci con gli organi
d'informazione, sul divano...
Ecco l'uomo con l’orchidea
-...abbiamo il Professor Augusto Pieromalli ordinario alla Sapienza di quattro
cattedre tra cui criminologia, ha già collaborato con l'F.B.I., il R.I.S di Modena. Ha
ricevuto in mattinata un dossier con tutti i rilevamenti della scientifica e dopo ci
traccerà un possibile profilo del killer, accanto a lui il sottosegretario agli interni il
Dottor Marcello Agriesti che rappresenta in questa sede il governo e l'appoggio
istituzionale su cui potremo contare nello svolgere questa complessa indagine.
Giansante afferra un telecomando e gli specchi alle pareti diventano schermi su cui
vengono proiettati le foto dei delitti, prima una stradina, poi Via della Conciliazione,
il ristorante, sempre corpi sgozzati, sangue nero coagulato e seccato sull'asfalto e sul
pavimento, schizzi di sangue da per tutto, nessuna impronta digitale, vestiti intatti:
delitti veloci. Si deduce dalle foto, tagli precisi, incisioni millimetriche hanno dato
solo la morte senza dolore e sofferenza aggiuntiva, a parte il lento strazio del
dissanguamento. Lucrezia continua a ridere, io vorrei saperne di più, il sottosegretario
è sbiancato e sta visibilmente per vomitare, il Prof.Pieromalli professionalmente
inforca gli occhiali e controlla ciò che già conosce, dopo alcuni istanti gli schermi
ritornano specchi. Dalla porta entra il simpatico Vittorio l'assistente brizzolato di
Giansante, ecco di chi era la voce che ha aperto al citofono, Vittorio spinge un
carrellino per vivande, ci saluta e consegna una cartella con foto, prospetti e referti
medico-legali. Lucrezia continua a ridere accanto a lei sorride Giansante, Lucrezia e
Cesare: i Borgia!
Vittorio visto l'ora ci serve un antipasto, dal carrellino spuntano prosciutto crudo,
olive, salmone, tartine varie, gamberetti, frutti di mare, focacce, grissini e bevande
analcoliche. Giansante mastica con una grazia disumana, e dopo essersi passato il
tovagliolo sulle labbra comanda:
Professore allora lei che idea si è fatt...
Ma il sottosegretario lo interrompe bruscamente:
Ma com'è possibile farsi un'idea solamente dalle foto?
Giansante si aggiusta i capelli e sbuffando replica:
Non è necessario esaminare direttamente la scena del delitto, dalle foto si
possono ricavare perfettamente la posizione della vittima e tanti dati utili come lo
stato degli indumenti, in più si elimina quell'angoscia generata dall'atrocità di un
crimine violento ed è più facile essere obiettivi, vuole prendere la parola professore?
Il professore con la sua magnifica orchidea comincia a parlare:
Si dunque, da ogni delitto emerge un determinato modello comportamentale,
pertanto un'interpretazione del luogo del delitto tramite l'analisi delle foto ci permette
d'inferire all'autore del delitto determinate caratteristiche specifiche peculiari, in
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modo da ridurre significativamente la serie dei possibili sospetti e iniziare la caccia
all'uomo
O agli uomini
lo interrompo io guadagnandomi un ringhio di Giansante e un sorriso del prof. che
riattacca:
Esatto, o agli uomini, in effetti non ci si può aspettare che un solo uomo faccia
tutto questo da solo, chi vi parla ritiene fortissimamente di trovarsi di fronte all'opera
di assassini seriali "locali" e "stazionari", infatti costoro trovano le vittime sempre
nella stessa area, seguendo a perfezione la teoria della territorialità, in questo caso
specifico: i dintorni di S.Pietro. Sono assassini freddi calcolatori, pianificano con cura
i delitti con maniacale precisione, non hanno lasciato mai indizi precisi. Dagli esami
chimici risulta che hanno scelto un'arma particolare: dei bisturi d'argento,
taglientissimi che caricano la vicenda di valore simbolico, ma l'elemento principale è
il ripetersi degli omicidi, sempre agli stessi orari, di notte fra mezzanotte e le cinque,
quando la città dorme. Non ci sono mezzi pubblici a quell'ora, quindi dobbiamo
pensare che arrivino in macchina, forse sono cinque, o forse risiedono in loco e
arrivano a colpire direttamente a piedi. I delitti poi si susseguono giorno dopo giorno,
o meglio notte dopo notte, secondo me sono stati meticolosamente programmati, ad
avvalorare la mia tesi gli elementi raccolti negli interrogatori agli assistenti del
Cardinale: l'alto prelato usciva di notte unicamente in quella serata per la cena della
congregazione. Invece risulta più difficile collegare questi eventi all'assemblea
societaria, ma è incredibile che nel ristorante nessuno abbia visto nulla fino all'arrivo
delle tre hostess che hanno dato l'allarme. A tal proposito nutro il forte timore che si
sia finito per prendere in considerazione la catena di delitti solo con le prime vittime
eccellenti. Dott.Giansante a tal proposito che ne pensa di indirizzare l'inchiesta verso
i casi non registrati così da limitare il "numero oscuro"?
Il dott.Giansante sembra entusiasta
Certo Professore però spieghi anche al sottosegretario cosa intendiamo per
"Numero Oscuro"
Dunque il "numero oscuro" è quella quota di casi che in ogni tipo di reato non
viene registrato dalle agenzie di controllo, finendo così fuori dalle statistiche ufficiali,
per esempio l'omicidio tra senza fissa dimora o tossicodipendenti difficilmente finisce
registrato come omicidio seriale, si pensa sempre al regolamento di conti, inoltre
consiglierei anche un confronto con la banca dati europea sui serial killer, onde
evitare spiacevoli sorprese come un killer d'importazione
Va bene professore, se desidera le posso conferire tutte le autorizzazioni per
queste ricerche in modo che possa condurre lei queste indagini statistiche senza
intralci e perdite di tempo, vuole andare avanti con il profilo?
Certo, allora penserò io alle statistiche, dunque vado a concludere con il
profilo, in questa sede comunque mi sento di dover sottolineare come sia puramente
indicativo, e possa svolgere solo una funzione d'aiuto, difatti sono solo conclusioni
dedotte in via ipotetica, ma se possono essere d'aiuto alle indagini...Allora il
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comportamento omicidiario è la risultante di tre fattori: l'individuo, il suo ambiente, e
il terzo che è una sintesi fra i precedenti: le sue relazioni sociali. A questo punto mi
sbilancio e ipotizzo si tratti di individui tra i 25 e i 30 anni, molto giovani che
agiscono in comunione d'intenti, razza bianca, appartenenti al sostrato sociale delle
vittime. Mi lascia assai perplesso il fatto che sia assente un collegamento di natura
sessuale esplicito tra vittime e carnefici. Modalità e frequenza mi fanno pensare ad un
desiderio d'onnipotenza immane, senza sosta, il loro giudizio universale non si ferma,
sono inafferrabili perché non lasciano tracce e non si possono istituire legami tra loro
e le vittime. Per ora è tutto quel che posso dirvi.
Grazie professore, si sono fatte le 13 e 35...
Giansante riprende il telecomando e su tutte le pareti appare il TG1, il giornalista
lancia il servizio e partono le immagini: ministro, Questura, Giansante, Primo piano
S.Pietro, Primo piano faccione Giansante e poi tutti di nuovo in studio per le notizie
dall'estero.
Signori tutto questo per dirvi che abbiamo gli occhi dell'opinione pubblica sulla
nuca, quindi facciamoci onore
Il sottosegretario molto brevemente chiarisce la posizione del governo:
Prendeteli.
Io sorrido a tutti e mentre Lucrezia finisce di battere sul portatile il suo corsivo che
domani leggeremo sul corriere ci salutiamo e rimaniamo soli io e Giansante.
Martino ora vieni di là che comincia la vera riunione.
Mi porta in una sala più piccola grigia e asettica, con una grossa cartina del quartiere
S.Pietro, davanti a noi tre uomini in divisa che ci salutano sull'attenti:
maggiore Zwegli interpol
tenente Ferri Polizia italiana
capitano Sebastiani reparti speciali
Giansante prende prima fiato e poi lentamente scandisce:
Allora signori, sarò breve, ringraziando Dio il perimetro da sorvegliare è
piccolo, hanno sempre colpito in questa parte del quartiere S.Pietro ed è qui
che noi li aspetteremo, voglio 100 uomini a piedi, tutti perfettamente
nascosti, uno per via a partire dalle 22:00, poi 3 auto in appoggio sempre
pronte ad intervenire in caso di allarme, ci sono domande?
Silenzio
-
Ci sono risposte?
Silenzio
-
Tenetevi all'erta, presto vi darò nuove disposizioni
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Ci ritroviamo di nuovo da soli io e Giansante mentre Vittorio trova un posto a tutto,
Cesare comincia a parlarmi:
È molto più tosta di quanto pensassi, nessun indizio, sono freddi, precisi,
infallibili, e adesso noi siamo condannati a prenderli altrimenti addio carriera.
Posso esaminare i fascicoli
Scherzi, devi farlo, scegliti una stanza, se hai bisogno di qualcosa te la trova
Vittorio, io adesso vado a lavorare in Campidoglio tu resta qua e guarda come
procedono le indagini, se qualcosa ti puzza, o qualcuno inizia a fare il furbo avvertimi
che ci penso io
Che cosa era questa casa?
Bella eh? narcotraffico, poi chiama il prof. e senti se ha delle novità sulle
statistiche, ma vedrai che l'unico modo per prenderli è fargli terra bruciata
tutt'attorno.
Che vuoi dire?
Ho un'idea, ma non so ancora se posso realizzarla, voglio braccarli dall’alto,
sto correndo in Campidoglio anche per questo, tu sorveglia la base e scegli una stanza
per lavorare.
prendo quella con i calici di cristallo
Fai come vuoi...
Mi hai chiamato perché ti serviva una babysitter per quando vai a lavorare
fuori eh?
Una babysitter con il potere assoluto, sei il mio braccio destro tu comanda e
loro ti ubbidiranno, sul tavolo ci sono i numeri di telefono per qualsiasi evenienza,
falli lavorare sul serio, ma non esagerare con la frusta.
19 GIUGNO 04:00
Nuvole di Sangue
Now i’am here. Queen.
Nella notte l'asfalto rilascia lentamente tutto il calore assorbito durante il giorno, e la
città si trasforma lentamente in un grande forno, che neppure al calar delle tenebre
esaurisce la sua riserva di combustibile. Un caldo che come in una maledizione
aumenta ogni giorno e con muta violenza cinge le anime sudate e ci rende tutti
accaldati prigionieri di un nemico invisibile. Invisibile come le sette ombre, che
silenziose si avvicinano a Piazza Mazzini percorrendo via Borsieri di corsa, i loro
passi leggeri e cadenzati sono precisi e a chi le scorge sembrano un miraggio o una
visione demoniaca così terrifica da cercar altrove qualcosa per ritemprare la fortezza
dello spirito, forse è il caldo che le ha generate forse con il finire del caldo se ne
andranno. Il loro incedere non lascia una scia del loro passaggio e in silenzio si
avvicinano inesorabilmente al loro punto di arrivo. Al civico numero sette di Piazza
Mazzini risiede Salvatore Falorno, opinionista che dalle colonne di un quotidiano ha
parlato dei misteriosi delitti citando una profezia secolarista del nuovo male e dei
nuovi santi che con la rinnovata beatitudine di Dio Padre sconfiggeranno la bestia
ancora una volta. L'appartamento di Falorno è al terzo piano, lavora di notte, incollato
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al computer, sorseggia un cuttysark ghiacciato, digitando le lettere dei suoi articoli.
Alto più di un metro e ottanta centimetri, butterato nel viso e stempiato sulla fronte,
con assidui trattamenti estetici cerca di recuperare quel fascino che la fine della
gioventù gli ha irrecuperabilmente sottratto. Quando le ombre iniziano a bussare alla
sua finestra, il volto del giornalista è completamente avvolto da una maschera di
propoli e argilla. La prima cosa a saltare è la linea telefonica: il collegamento ad
internet progressivamente rallenta la connessione, fino a che questa non si interrompe
definitivamente. Poi va via anche l’elettricità, resiste ancora solo la corrente
industriale, il Falorno non si allarma minimamente, gli basta che frigo e
condizionatore d'aria continuino a funzionare. Così va in cucina e apre il suo
whirpool quattro stagioni, dopo aver preso una bottiglia di Perrier si incammina verso
il pannello di controllo dell'elettricità. Sollevando la leva della corrente, l'energia
elettrica ritorna, però la connessione ad internet, non risulta ancora ristabilita. Si sta
per dirigere nuovamente in corridoio ma con la coda dell'occhio vede una figura
vestita di nero seduta sulla poltrona di pelle. La nera figura lo saluta con le gambe
accavallate, lo fissa immobile, allora il giornalista cerca istintivamente di afferrare il
tagliacarte sulla scrivania, ma la sua mano trova solo il legno del tavolo. L'inaspettato
ospite in nero si alza in piedi mostrando il tagliacarte e in quel momento altre due
ombre decapitano l'opinionista tuffando le lame nel suo collo, e continuando ad
affondare nella carne viva in direzioni diverse. Il corpo del giornalista cade senza vita
e dopo un istante arriva a terra anche la sua testa, sotto i colpi dei fendenti che l'hanno
prima mozzata e poi fatta schizzare in aria, girando su se stessa più volte prima di
cadere. Accanto al marrone dell'argilla, il sangue si coagula nero come le ombre che
intanto ridiscendono per strada. Stavolta sono passate dalla porta principale,
brandendo i loro pugnali, intanto strane sirene cominciano a farsi sentire in
lontananza. Per nulla preoccupate le nere figure scendono in gruppo come sono state
abituate a fare e s’incamminano sulla strada del ritorno seguendo a ritroso lo stesso
iter dell'andata. Tutto sembra seguire la loro logica, quando d'un tratto una luce
squarcia in due via Barletta e illumina il nero corpo degli scuri demoni. L'argento dei
pugnali rifulge come la luce della telecamera che li sta riprendendo. Il pilota
dell'elicottero osa e scende ancora di quota rischiando di planare e impattare contro
qualche albero. Con tutto il rumore dell'elicottero nessuno si accorge del furgone
mercedes che supera abbondantemente i 200 Km/h e arriva lanciatissimo da viale
delle Milizie. Dopo una curva con il freno a mano il mercedes punta le sette ombre
nere, sul marciapiede deserto tra la caserma e uno dei tanti distributori di parchimetri.
In sei saltano sul tetto delle macchine in sosta, una: l'ultima, fa in tempo solo a saltare
e non essere tirata sotto dal furgone che la centra in pieno cofano, spingendola dieci
metri più avanti. Dalle finestre la gente affacciata comincia a gridare, non capisce se
sia un'esercitazione militare, un film o un incidente stradale, qualcuno scende in
strada ma si ferma appena vede le pistole che escono dal furgone e quegli strani
pugnali d'argento che nessuno ha mai visto prima. I neri esseri per la prima volta si
trovano a dover fronteggiare un attacco, e per la prima volta rispondono: il più alto
lancia il suo pugnale colpendo il faro dell'elicottero, il pilota immediatamente si alza
in volo allontanandosi. Tre ombre intanto prestano soccorso al loro compagno
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investito, trascinandolo a spalla. Dal furgone scendono tre uomini uno vestito molto
elegantemente intima ai demoni di fermarsi senza puntare nessuna arma, con la sola
imposizione della voce chiede rispetto, poiché sa di essere l'autorità. Gli altri due
invece spianano le pistole e mirano alle teste dei neri esseri, pronti a far fuoco, il più
anziano va subito a terra colpito alle spalle da due ombre che ora saltellano sul più
giovane. Il ragazzo prova a schivare i colpi, buttandosi all'indietro, e prova a sparare
sulle gambe dei neri nemici ma la sua pietà la pagherà cara, perché i cupi demoni non
cadono nella piaga dell'esitazione e con un gancio al fegato e un montante al mento si
liberano la strada, coprendo le spalle agli altri scuri compagni che li seguono lungo la
via della fuga. La settima ombra con il suo pugnale scoperchia un tombino e lo alza
per consentire il passaggio dei suoi sei fratelli di nero vestiti, intanto l'uomo in giacca
e cravatta afferra a mani nude un’ombra per il collo, ma vede solo l'apertura del
cunicolo sotterraneo prima di finire a terra e sentire il suo sangue colare dal naso. Il
tombino si richiude mentre da Via Giulio Cesare risuonano le sirene delle auto della
Polizia.
18 GIUGNO 19:52
Scimmia. Eugenio Finardi.
Tutto il pomeriggio lo passo nella stanzetta dei calici di cristallo, ad esaminare i
fascicoli sugli omicidi di S.Pietro, Vittorio corre di stanza in stanza seguendo gli
ordini che Giansante gli impartisce dal cellulare, visto che nella stanza c'è uno stereo
mi sintonizzo sui 66.6 e Klaus Belli mi rapisce con un live dei Led Zeppelin in cui
Jimmy Page improvvisa Bach a ritmo di heartbreaker. Lentamente mi inizio a fare
una mia idea sugli omicidi. Condivido in pieno le tesi del professore ma aggiungo che
si tratta di un gruppo di assassini gerarchicamente ordinato, ossia c'è chi ha il solo
compito di aprire le porte, chi ha l'incarico di uccidere e chi invece cancella le tracce,
solo così si spiega come abbiano fatto finora a non commettere il minimo errore.
Verso le 20:00 telefono al prof seguendo gli ordini di Giansante
Salve sono Martino Colussi ci siamo conosciuti oggi
Ricordo benissimo
Come sta?
Come stavo prima, immagino stia chiamando per i rapporti con la banca
europea...
Esattamente, ma vorrei sapere anche se alle volte avesse avuto una deduzione,
le fosse venuta in mente una nuova pista
No Martino, mi creda, il nulla totale, con gli elementi che abbiamo, ho
formulato tutte le ipotesi oggi alla riunione
Secondo lei è possibile che ci sia una gerarchia nel gruppo degli assassini?
Si in tutti i gruppi di assassini seriali è presente una rigida gerarchia, ma ancora
non sappiamo se sono omicidi seriali o li abbiano camuffati per sembrare tali, di
sicuro ci troviamo di fronte ad un progetto criminale, efferato quanto diabolico,
purtroppo neppure la banca dati europea contiene elementi che ci possano aiutare
nella nostra indagine.
Cambiando discorso complimenti per la sua orchidea
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Grazie, le coltivo per passione nella mia serra, risolta questa indagine sarò ben
lieto di invitare lei e Giansante a bere un the nel mio modesto giardino
Con piacere speriamo di metterci d’accordo sulla data il prima possibile
Alle 20:30 scendiamo in strada io e Vittorio, pronti ad entrare in azione saliamo su un
furgone mercedes, io guido, lui sta dietro con le apparecchiature per il contatto radio
e il collegamento satellitare. Rimaniamo subito imbottigliati in via Nomentana e
impieghiamo un’ ora per arrivare a porta Cavalleggeri. Una volta arrivati ci
fiondiamo in un ristorantino e aspettiamo che Giansante si faccia vivo, intanto tutti
gli agenti prendono posto, ognuno in una via diversa, secondo i piani del nostro
Cesare. Alle 22:30 risaliamo sul furgone e apriamo il contatto radio, Vittorio si mette
le cuffie e su una pianta del quartiere segna ogni collega e la sua posizione. Alle
23:05 arriva Giansante che schizza nel ristorante e dopo cinque minuti esce con un
piatto di linguine all'astice e due bottiglie di vino bianco:
Beh che c'è? Io non ho cenato, Martino alla guida, Vittorio di dietro tieni il
contatto radio e aggiornami sulle tre auto che ho chiesto
attualmente sono a Via Gregorio VII, a Piazza Pio XI e a Viale Vaticano
Ok, una falla mettere sull'Aurelia, ottimo lavoro ragazzi, io sono riuscito a
farmi dare un giocattolino che potrebbe servirci
Ossia?
un elicottero pronto a partire dall'eliporto di un ospedale qua dietro, c'è sopra
una telecamera, abbiamo già venduto i diritti alle tv, come minimo Lucrezia mi
prende il Pulitzer...
Per ore non succede nulla, io accendo e spengo molte sigarette fino alle 03:45 quando
il centralino del 113 ci allerta che una signora ha telefonato dicendo di aver visto sette
figure con dei coltellacci da macellaio passare a via Borsieri, Giansante salta in piedi
e si mette vicino a me al posto passeggeri:
Corri Martino, ci hanno fregato stanno dall'altra parte di S.Pietro, Martino
schizza verso Via Borsieri, Vittorio voglio l'elicottero immediatamente e dì alle auto
e agli uomini di confluire tutti sul posto, se stanno in movimento li dobbiamo
accerchiare dai dai dai...
Parto a razzo
via Aurelia 140Km/h
Viale Vaticano 125Km/h è salita
Via LeoneIV 165Km/h inizia la discesa
Via Giulio Cesare 215Km/h
Lascio il freno a mano per chiudere la curva e controsterzando travolgo un uomo alto
almeno un metro e settanta, tutto vestito di nero. Quando l'elicottero lo illumina mi
rendo conto che ho fatto centro. Scendo con la pistola in mano, il primo a cadere è
Vittorio, gli uomini in nero raccolgono quello che ho investito, mentre altri due
stendono me, cado all'indietro e prima di svenire vedo Giansante che salta al collo di
uno di loro, le sirene si avvicinano, ma dov'è finito l'elicottero?
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SECONDA PARTE
“…Se lei sapesse com’è sporca la verità di questa storia, forse sarebbe meglio
lasciar fare a Dio…”
Noretta Moro
SETA BLU 19 05:23
Male di miele. Afterhour.
Di colpo c’è solo il buio, l’ultima ombra richiude il tombino dietro di sé mentre le
sirene continuano ad avvicinarsi, ma ormai i neri demoni si nascondono nelle viscere
della terra. Per la prima volta uno di loro non riesce a far ritorno sulle sue gambe e
viene portato a spalla dai suoi scuri compagni. La nera masnada percorre veloce
cunicoli sotterranei, il capo del gruppo fa scattare un congegno che aziona un
passaggio nel muro di fronte, e davanti a loro si apre un sentiero conosciuto a
memoria da anni. Fa freddo sottoterra, da secoli neanche un raggio di sole arriva fin
quaggiù, e man mano che si scende cresce l’assenza di rumore e tutto si rallenta: sul
fondo umido della galleria ogni passo assume una sua precisa profondità, e riporta le
nere ombre al buio che le nutre. Cambiano tre volte strada, mentre l’ultimo della fila
cancella le tracce del loro passaggio e controlla che nessuno li stia seguendo.
Risalgono veloci nel buio della notte, arrivano ad un vecchio montacarichi e prima di
salirvi si guardano fra loro come a contarsi. Poi comincia la vera risalita, l’argano
inizia a far girare i suoi antichi ingranaggi, e in un gioco di obsoleti equilibri si
completa il viaggio verso i piani superiori. Di colpo si apre in avanti un pannello, e ad
uno ad uno i demoni fuoriescono dal muro dietro la lavagna dell’anfiteatro medico.
Poggiano il compagno ferito sulla cattedra, le condizioni non sembrano gravi,
l’imbottitura della tuta ha attutito l’impatto della caduta, oltre ad una lieve distorsione
alla caviglia sinistra bisogna suturare un brutto taglio sopra la fronte, appena al di
sotto dell’attaccatura dei capelli, l’attrito con l’asfalto deve aver fatto incastrare
frammenti di vetro nella ferita. L’infortunato viene trasportato sul suo letto e tre delle
nere ombre portano il necessario per le medicazioni. Nere mani si avvicinano al
corpo ferito: lo prendono, lo sollevano, lo spogliano. Di colpo nudo, di colpo bianco,
di colpo inerme. Sei mani tengono fermo il ferito mentre le altre
contemporaneamente puliscono, disinfettano e tamponano. Una mano sinistra e una
mano destra danzano sul corpo steso senza più difese: un tampone viene subito
applicato sulla ferita per impedire che i capelli si possano inframmezzare sulla
lacerazione, il lembo di carne aperta viene tenuto in tensione grazie a pinze
chirurgiche, mentre una terza mano con una siringa lava abbondantemente la ferita
spruzzando della soluzione fisiologica, alla fine rimane una sola scheggia di vetro più
grossa delle altre, sembra si sia conficcata nelle carni. Da una vaschetta sterile
schizzano allora due bisturi, le mani li impugnano con assoluta sicurezza fra pollice,
medio e indice, si deve incidere la cute per allargare lievemente la ferita e consentire
la fuoriuscita del corpo estraneo intrappolato nella viva carne. Incominciano le
incisioni dall’alto verso il basso, poi con delicatezza le pinze arpionano la scheggia
estraendola senza esercitare una trazione eccessiva. Dopo aver tamponato, lavato e
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disinfettato, le mani applicano il primo punto di sutura, dall’esterno verso l’interno,
delle pinze tengono l’ago ricurvo, le altre pinze stringono il lembo di cute. L’ago si
conficca nella carne e il filo di seta blu scorre veloce bruciando al suo passaggio la
pelle viva, l’operazione si ripete per quattro volte fino a che non si chiude il rosso
occhio della ferita. Dopo il nono punto un paio di forbici tagliano l’eccesso di filo, la
tensione si attenua e le mani lasciano la presa sul corpo medicato. Il sudore imperla la
fronte dell’infortunato mentre le sei ombre lasciano la stanza, la sua lingua affoga
nella saliva stagnante, i muscoli si ricominciano lentamente a rilassare e il ferito
scopre di potere nuovamente deglutire, piuttosto agilmente.
19 GIUGNO 04:50
The lost art of keep a secret. Queen of stone age.
All’inizio è solo dolore, prima rimango senza fiato per la botta al torace, poi il mento
comincia a bruciare, improvvisi formicolii mi levano sensibilità alla mascella, e poi
svengo, finalmente perdo i sensi e sogno. Mi sembra di essere su di un treno, vedo
prati, campi coltivati a grano con grossi alberi da frutto e sogno di godere della loro
potente ombra. Scendo dal treno e mi metto a dormire sotto l’ombra di quegli alberi,
sogno di dormire, sogno di sognare. E mi appare lo squartagatti, vestito da prete, mi
passa un bicchiere e lo riempie di vino rosso, mentre bevo mi dice
- Martino la foto
- L’attaccapanni, se lo lasciavi, eri ancora vivo
- La foto
Sull’etichetta della bottiglia c’è scritto Supertuscan, io non me ne curo e continuo
a bere, è buono, rosso acceso, rosso cardinale, si la foto, si il cardinale, si il
cardinale è uno dei preti della foto, fra lo squartagatti e il terzo prete della foto, in
mezzo a quelle donne in divisa prima dell’uomo brizzolato.
Poi mi sveglia la voce di Giansante seduto sulla paolina di pelle bianca, a schiena
dritta urla al telefono:
- Come sarebbe a dire che l’inseguimento non ha portato a nessun arresto,
cavolo io mi vado a far medicare e nessuno fa il suo lavoro come si deve?
Erano nel tombino e ve li siete fatti scappare, voglio sapere tutti i nomi degli
uomini, cadranno molte teste…
Vittorio è in piedi in fondo alla stanza, sta bene, siamo nella casa di Via Nomentana,
la porta è aperta, si intravedono colleghi in divisa. Due camici bianchi girano attorno
a Giansante incerottando le sue escoriazioni e controllando la sua pressione arteriosa.
Il medico più anziano avrà cinquanta anni, portati veramente molto male, non
particolarmente alto, di corporatura tozza, con la sua folta barba nera, non ha l’aria di
essere sposato, ha l’aria di essere arrivato solo con la sua barba folta al secondo giro
di boa. E mentre visita Giansante, interroga il suo assistente più giovane che avrà una
venticinquina d’anni e non ancora laureato si fa le ossa sulle nostre ossa.
- Perugini mi dica la procedura da seguire in caso di politrauma
Perugini risponde sicuro senza ombra di dubbio, lanciato come un treno in discesa
- Per prima cosa liberare vie respiratorie e immobilizzare la colonna vertebrale
cervicale
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- Bene Perugini ma lo sa cosa si deve assolutamente evitare nel ristabilire la
pervietà delle vie respiratorie?
- L’iperestensione del capo, infatti si deve sempre supporre una lesione al
rachide cervicale…
Intanto Giansante totalmente disinteressato ai quiz medici dalla sua paolina di pelle
continua a governare il suo impero:
- Ancora non mi sapete dire dove porta quel tombino in tutta sicurezza? Si sono
le cinque del mattino, ma lascia che ti spieghi la situazione: Fra due ore tutta
Italia saprà che non li abbiamo presi neanche stanotte, speriamo solo di averli
beccati mentre andavano ad uccidere e non dopo. Vedi oltre ad averli persi di
fronte alle telecamere ci mancherebbe pure un altro cadavere. Adesso lo sai che
fai? Ti bevi un altro caffè, anzi inizi a bere caffè e non ti fermi finché non ti
tremano le palpebre, allora saprai che hai assunto la giusta dose di caffeina, e
fatto questo, mi fai arrivare a Via Nomentana le mappe dei condotti di gas,
delle fognature, della corrente, e dei cantieri sotterranei con la massima
celerità, e non ti dimenticare di tutto quello che sta al di sotto di via Barletta,
poi allerta due motociclisti e mandali a prelevare un esperto di tombini,
fognature, condutture, lo voglio subito qui. Vuoi sapere come fai a trovare le
mappe e l’esperto alle cinque del mattino? Bene allora fatti dire una cosa: ogni
minuto che passa io penserò al tuo stato di servizio e penserò così intensamente
che potresti ritrovarti a spegnere gli incendi in Sardegna entro la fine di giugno,
ci siamo capiti?
Poi Giansante va verso un tavolo dove ci sono tre cabaret con paste assortite e due
thermos: uno per il caffè e l’altro per il latte. Afferra un’aragosta alla crema e me la
lancia, il medico allora prende la parola e ci fa il punto della situazione. Stiamo bene
ma abbiamo comunque subito dei leggeri traumi, non abbiamo perso conoscenza
direttamente per i colpi, ma siamo svenuti per la stanchezza, quindi ci consiglia di
recuperare, anche perché il caldo eccessivo non facilita il nostro lavoro e ci consiglia
di sottoporci ad un test che fanno gli atleti quando ricevono una botta in testa, il test
si chiama impact (immediate post concussion assessment an cognitive test) e rileva
l’eventuale rallentamento del cervello nei suoi processi. L’apprendista tira fuori un
portatile per eseguire il test, Giansante pucciando un cornetto nel cappuccino
schiocca le dita e dal corridoio arrivano due colleghi in divisa che portano fuori dal
nostro campo visivo il dottore, il suo portatile e l’apprendista.
Quando siamo soli chiedo a Giansante:
- Cesare perché le ombre non ci hanno ammazzato?
- Non lo so forse non ci aspettavano o forse sono troppo fanatici per uccidere le
persone comuni…
- Quanti sono?
- Sette, mentre dormivi è arrivato il filmato dell’elicottero, li ho rivisti, questi
sette assassini, sono organizzati bene, ognuno ha il suo compito, chi combatte,
chi prepara la fuga, e quello che hai investito, si è fatto investire, ha saltato solo
alla fine, l’hanno addestrato per questo, ha accompagnato bene la caduta, solo
con il viso è finito all’angolo del marciapiede vicino agli alberi. Gli altri hanno
30
-
trovato una via di fuga e sono stati in grado di allontanare un elicottero senza
armi da fuoco.
Con i pugnali
Si, ce ne hanno lasciati tre indovina in che materiale sono?
Dimmelo tu
Argento, acciaio e inserti di ossidiana
Valore simbolico?
Probabile, anche le forme, ora sono in laboratorio
Senti Cesare ti ricordi la foto che mi ha lasciato in macchina lo squartagatti
No, che centra in questo momento?
Il prete della foto, accanto allo squartagatti è il cardinale ammazzato, me lo
sono ricordato ora…
Dammi la foto che facciamo analizzare tutto, potrebbe anche essere un
fotomontaggio di un satanista mitomane, per quanto ne sappiamo dello
squartagatti…
Va bene te la vado a prendere è in macchina qui sotto
No, dai le chiavi della tua macchina a Vittorio così la facciamo portare
direttamente in laboratorio, io vedrò poi gli ingrandimenti
Alle 5 e 32 arrivano le cartine e le mappe del sottosuolo, ce le porta un motociclista
della municipale che subito si avventa sul tavolo dei cornetti
Alle 6 e 23 mentre sto facendo colazione arriva l’esperto dei sotterranei capitolini, un
ingegnere idraulico che progetta da anni la manutenzione della rete fognaria nella
zona del tombino dove sono scomparse le ombre. Corporatura minuta, baffi sale e
pepe faccia rotonda e occhi sereni, sembra l’uomo del monopoli. Lo devono aver
tirato giù dal letto perché sotto giacca pantaloni e cravatta porta ancora delle
magnifiche ciabatte.
Un motociclista della municipale passa un foglietto a Giansante che lo legge e poi lo
piega guardando negli occhi il nuovo ospite:
- Buongiorno ingegner Rotellini
Intanto con un ampio gesto gli indica il tavolino dei cornetti, ma l’esperto
cordialmente risponde:
- Spero che la polizia abbia migliori argomenti di un cabaret di pastarelle per
spiegare la mia convocazione qui e a quest’ora
Dicendo questo tira fuori un pacchetto di gitanes senza filtro, io sto per porgergli il
mio accendino, ma l’uomo del monopoli ha già acceso la sua sigaretta con degli
infallibili Minerva. Giansante fa arrivare un posacenere e fa cenno all’esperto di
sedersi sul divano vicino a me, l’esperto si abbandona e accavallando le gambe
mostra fiero le ciabatte, dopo di che chiede se può avere un chivas regal. Io e
Giansante ci guardiamo, poi un collega porta su un vassoio il chivas. Alle 6 e 30
in punto Cesare trasforma con il telecomando gli specchi in schermi e inizia il
primo telegiornale della giornata:
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Lucrezia appare truccata e splendente dalla sua scrivania che ce la presenta a mezzo
busto. Capelli e sorriso annunciano la prima notizia
- Clamorosa svolta nelle indagini sui delitti di S.Pietro, ecco le esclusive
immagini dei feroci assassini braccati dalle forze dell’ordine coordinate
dall’abile comandante Cesare Giansante, che da sole 24 ore ha accettato
l’incarico di condurre l’inchiesta.
Partono le immagini:
sette figure nere camminano per Via Barletta, non sembrano affatto esseri umani,
stessa cadenza, stesso ritmo, per tutti la stessa tuta nera e stesse armi misteriose. La
luce dell’elicottero non li spaventa, mantengono l’assetto del loro schieramento
finché prepotente fa il suo ingresso sulla scena un furgone bianco della mercedes, in
sei lo evitano, la settima ombra invece resta immobile aspettando l’impatto, salta solo
all’ultimo per non finire sotto le ruote e poi schizzare ai margini della strada
assecondando la caduta, la faccia finisce a terra con violenza. Scende Vittorio, scendo
io, scende Cesare, sullo sfondo si intravedono le persone che fanno capolino
affollando i marciapiedi. Primo piano su di me che stendo il braccio e punto la
pistola, primo piano su Giansante, poi termina il filmato con il riflesso di un coltello
che parte dalle mani di un’ombra e sale dritto verso l’elicottero.
Si ritorna in studio e Lucrezia sottolinea l’esclusività delle immagini appena viste,
mettendo in risalto il prezioso lavoro di tutti gli agenti che lavorano a questa delicata
operazione di polizia. Sebbene l’indagine non possa dirsi ancora conclusa, questa
storia si avvia al suo epilogo, grazie alla competenza e alla professionalità dei
dirigenti delle forze dell’ordine.
Cesare con il telecomando chiude la diretta e fissando l’esperto dei sotterranei
lentamente scandisce:
- Lei è l’unico che può far proseguire le indagini, il filmato che hanno appena
trasmesso al telegiornale non è completo, gli assassini sono scappati infilandosi
in un tombino di via Barletta, lei potrebbe dirci dove porta?
L’ingegner Rotellini con un sorso finisce il suo chivas e risponde:
- Con l’ausilio di una cartina potrei sicuramente fornire delle indicazioni, ma
vede l’area romana è attraversata da gallerie legate ad una storia bimillenaria,
nell’intensa espansione edilizia degli anni 50 e 70 si è costruito un tessuto di
strutture sotterranee su queste gallerie. Insomma con il tempo c’è stata una
continua sovrapposizione delle reti fognarie, idriche, elettriche, telefoniche; la
zona in questione presenta notevoli dislivelli fra il piano stradale moderno su
cui è stato girato il filmato e il piano stradale antico, solo chi è sceso nel
tombino sa con precisione quali strade sono state percorse e quali no.
- Chi è sceso dice di non aver trovato nulla, un vicolo cieco, un raccordo per le
fognature, ma ci sono spariti sei uomini trascinandosi un settimo ferito, come è
possibile?
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- Sotto l’asfalto e le tubature superficiali c’è un’altra città, la sedimentazione dei
detriti ha conservato strade, templi, ipogei, ninfei, colombari, se si vuole fare
un’idea deve incrociare più cartine, ma se cerca delle certezze le conviene
prendere una torcia e scendere…
- Le cartine ce le abbiamo, le andrebbe di esaminarle per noi?
- Si, ma le certezze sono solo sul posto, le cartine possono solo darci un’idea
delle infrastrutture edili realizzate negli ultimi 50 anni, però le leggende
parlano di gallerie che attraversano Roma per chilometri e chilometri; la
conosce la storia della galleria che dal Vaticano porta fino in Umbria?
- No, ma se parte da quel tombino stia sicuro che qualcuno la percorrerà tutta,
facendo dettagliati rapporti su ogni centimetro di percorso, cosa serve per
scendere?
- Il normale equipaggiamento per escursioni speleologiche
- Se la sentirebbe di scendere?
- Con piacere, a sessanta anni compiuti, ormai mi chiedono solo di riprendere i
nipoti dalla scuola di fronte casa
- Sono sicuro che sarà un ottimo agente operativo, mi faccia una lista del
materiale che le occorre e il numero di uomini…
- Mi faccia prima le cartine, il materiale glielo posso annotare anche subito su di
un foglio, per quanto riguarda gli uomini preferirei andare da solo
- Avrà tutto il materiale necessario, ma la devo far accompagnare, trattandosi di
un’operazione di polizia molto delicata e pericolosa le precauzioni non sono
mai abbastanza, l’accompagnerà il nostro Colussi, il mio uomo migliore.
L’ing. Rotellini si prende le cartine e si ritira in una stanza per studiarle con cura,
Cesare sorride e mi chiede:
- Sei contento Martino?
- Come l’agnello il giorno di pasqua
Alle sette in punto ci arriva la notizia della morte del giornalista, dopo un quarto
d’ora arriva il prof. Pieromalli con una nuova orchidea appuntata al vestito, e nuovi
profili psicologici per tracciare il punto sulle indagini, Cesare chiede a Vittorio di
prendere appunti:
- Signori buongiorno, mi complimento per i passi in avanti compiuti
nell’inchiesta…
- Buongiorno prof. Ha ricevuto il rapporto di stanotte
- Mi è stato consegnato alle prime ore dell’alba, ho visionato il filmato, ma forse
era rovinato ad un certo punto appare un riflesso di una lama e la sequenza si
interrompe bruscamente…
- No quel riflesso è uno dei loro pugnali scagliato contro l’elicottero con una
mira e una precisione impressionante
- Questo conferma che ci troviamo di fronte ad un vero e proprio esercito del
male, sono addestrati, sono organizzati, una vera truppa più che serial killer
sono una specie di team, potrebbe trattarsi di strategia del terrore visto il loro
forte richiamo al simbolismo, forse addestrati da ex appartenenti a reparti
speciali, sono preparati alla guerriglia urbana e si aspettavano di essere
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braccati, senza troppi problemi hanno subito individuato e conquistato una via
di fuga. Ma è importante lavorare sulle vittime, ci deve essere un legame, ci
deve essere un nesso, ci deve essere un movente, una storia che le unisce, una
razionalità spietata che procede ed elabora delineando concretamente questo
disegno di morte. L’ultima vittima era un giornalista che ha scritto un articolo
supponendo che la lunga serie di omicidi sia da attribuire ad una setta religiosa
che si ritrova anche nelle profezie e nelle leggende urbane, li ha descritti come
una specie di nuovo culto. Apparentemente non c’è nessun legame esplicito tra
le vittime, tuttavia erano tutte nella stessa zona al momento dell’omicidio e
forse erano tutti cristiani, persone vicino alla chiesa: il giornalista parla di culti
quindi di religione, il cardinale tornava dalla congregazione, il politico era un
fervente cattolico, l’assemblea azionaria rappresentava una multinazionale che
stava per investire miliardi di euro nella realizzazione di una ferrovia che
collegava tra loro luoghi di culto, il vecchio strozzino usava per copertura un
negozio di abiti sacri no?
- Si, è un buon nesso, una pallida connessione che per ora collega tutte le
vittime, ma dobbiamo controllare meglio
Poi Cesare verso Vittorio :
- Vittorio controlla se tutte le supposizioni del professore hanno un reale
fondamento, se si, manda subito una nota a Lucrezia con materiale anche
riservato, niente foto cruente ma tutti i documenti scritti che vuole, e mi
raccomando nessun originale, solo fotocopie, se escono sul giornale di domani
dobbiamo essere pronti alla smentita…
- Ma Cesare non è prematuro un contatto con la stampa?
Chiede il professore
- No, vede se non diamo qualcosa in pasto alla stampa, i cronisti sbraneranno
noi, continuiamo a trovare troppi cadaveri sulla nostra strada, finché gli diamo
materia prima per riempire le prime pagine in qualche modo ci dovranno
ringraziare, e se poi dovessero usare il materiale contro di noi li accuseremo di
usare fotocopie contraffatte e nel peggiore delle ipotesi diremo che una talpa
sta minando le indagini dall’interno; comunque professore secondo lei quando
colpiranno di nuovo?
- Molto probabilmente stanotte
- Ma perché lo fanno e come pensa li si possa fermare?
- Non lo so, mi danno l’idea di un commando di giustizieri lucidi e crudeli, già
non ero sicuro della pista seriale e ora non lo sono del tutto sull’ipotesi si tratti
di terroristi, tuttavia il terrorismo è una risposta all’ingiustizia, e loro si stanno
facendo giustizia, stanno riparando tensioni, sfogando malcontento e
frustrazione, o forse la loro è solo una forma di pazzia molto lucida
- È tutto professore?
- No, l’unica cosa di cui sono assolutamente sicuro è che non sono dei predatori,
non uccidono per fame, signori ci troviamo di fronte a cacciatori che amano
attendere e studiare le loro prede, si addestrano da anni e hanno deciso di
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venire allo scoperto solo ora, non si faranno mettere i bastoni fra le ruote tanto
facilmente.
- Da che lo deduce?
- Da come hanno allontanato l’elicottero e da come hanno aperto il tombino.
Signori buona caccia.
Dopo una seconda colazione mi chiudo nella mia stanza e cado sul materasso
addormentandomi prima di raggiungerlo, Cesare è in riunione a dare istruzioni ai suoi
ufficiali, si sta preparando qualcosa di grosso mentre io comincio a sognare.
OSCURI PRESAGI 20 giugno 00:00
Since i’ve been lovin you. Led Zeppelin.
Le ventole dei climatizzatori si piegano sotto questo caldo, tutta la città è in ginocchio
sotto la fornace umida che aumenta la percezione dei trentasette spietati gradi
tristemente stagionali. Ma la vita continua anche sotto il caldo, i cuori continuano a
sognare, sperare, innamorarsi e con i sentimenti a volte continuano gli inganni. Come
ogni sera continua l’ inganno all’8996666666668, il numero da comporre per parlare
in diretta con Foreman lo psicologo sensitivo che dagli studi televisivi di Roma
capitolina/Canale 12 legge in diretta carte e impone le mani per consigliare ed aiutare
i suoi fedeli ascoltatori. Foreman si occupa di problemi amorosi, psicosociali, scioglie
fatture, e da una settimana circa oltre alla soluzione dei problemi omaggia chi
telefona con i suoi santini, ricordando che la preghiera è la magia più forte da opporre
all’avanzata del male. Il programma in diretta comincia allo scoccare della
mezzanotte, Foreman indossa il suo cappello di lana bianca, più che un vero e proprio
copricapo è una leggera cuffia traforata con delle pietre cucite sulle varie trame della
maglia, i suoi occhi verdi risaltano sotto un leggero tocco di matita, la telecamera lo
inquadra a mezzobusto. Da casa si vede solo il tavolino del mago con il mago dalla
cintola in su. Sul tavolo un panno bianco, un amuleto che è stato consegnato a
Foreman dal suo spirito guida, un mazzo di tarocchi comprati dalla tabaccheria
all’angolo e un blocco di carta con una penna.
Inizia la diretta, iniziano a girare i tarocchi, i ringraziamenti al pubblico che lo segue,
ai nuovi e ai vecchi seguaci della magia bianca, Foreman precisa bianca, Foreman
attribuisce un colore ad una cosa che non ha forma, forse in questo è davvero un
mago.
La prima telefonata arriva alle 24:01 di solito è sempre registrata, ma stasera una
voce metallica gracchia negli altoparlanti dello studio televisivo
- Ciao come ti chiami il mago Foreman è qui per aiutarti
- Non chiamo per me
- Vuoi scoprire delle cose su di una persona a te cara?
- No, voglio sapere delle cose su una persona defunta
- Io posso anche sentire e riferirti, ma di solito è meglio passare al mio studio per
queste cose, perché ci vuole più raccoglimento, sono più delicate, ma vediamo
se riusciamo a stabilire un contatto, quando è morto il tuo caro?
- Oggi
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-
Mi dispiace come vuoi che tagli il mazzo alto, basso o medio?
Fai tu
Allora vedo delle pessime carte, devi venire a studio, la situazione è delicata…
Dimmi che vedi
I tarocchi sono chiarissimi per privacy non ti posso dire tutto, ma non riguarda
solo il defunto, è un alone di morte che si diffonde a macchia d’olio, i cani e la
luna, l’impiccato, e vedo…
La voce metallica emette un sibilo, un lento feed back che gela il sangue nelle vene,
un sospiro che crea il silenzio, un silenzio che crea l’attesa, poi la voce ricomincia a
parlare
- Foreman vedi le ombre che veloci si muovono alle tue spalle, inizi ad
intravederle con la coda degli occhi? Non cercare di difenderti, non pensare di
fermarle…
- … cosa hanno in mano perché scintilla?…
Lo studio smette di vivere, lentamente rimane acceso solo un faro sul sensitivo e il
led rosso della telecamera che indica il continuare della diretta, Foreman crolla e
inizia a strillare istericamente, la maschera della sicurezza lascia la scena alle
contrazioni disordinate del panico
- Regia! Regia! Regia! Perché non mi risponde nessuno?
- Foreman solleva il panno del tavolo
Il sensitivo alza appena uno dei lembi di tessuto e la testa mozzata del tecnico rotola
fra le sue gambe, la voce continua
- Avanti Foreman mischia le carte ti dico io quando basta
Il mago automaticamente inizia a mischiare il mazzo, i suoi occhi guardano la camera
implorando aiuto
- Stop, che carta è?
- La morte
- Non proprio, piuttosto direi che è la tua morte.
Il sensitivo smette di guardare la telecamera e prega che tutto finisca presto.
E viene esaudito: due lame contemporaneamente recidono il collo del sensitivo, una
da destra e l’altra da sinistra. Il sangue schizza arrivando fino all’obiettivo della
telecamera: nulla si muove, il corpo decapitato si adagia sulla sedia rimanendo in
primo piano, i tarocchi si raffreddano nelle mani ormai senza vita del cadavere, e
lentamente comincia a colare sangue su un macabro fermo immagine.
20 GIUGNO 21:00
All’1 e 35 circa. Vinicio Capossela.
Mi svegliano alle 21:00, Giansante sta ancora dormendo, Vittorio mi dice che ha
perso la fotografia dello squartagatti. Io allargo le braccia e mentre mi vesto gli dico:
- Vittorio io mi preparo per andare nel tombino con Rotellini, quando si sveglia
Cesare digli che hai perso la foto, magari aspetta il momento giusto.
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- Prima di addormentarsi Cesare ha detto che nelle fognature sarete tu e
Rotellini, ma sopra vicino al tombino ha fatto appostare una squadra di teste di
cuoio pronte a fare irruzione, sai anche nel caso riprovino a fregarci da quel
tombino, magari si aspettano che non ci pensiamo…
- Ok, grazie Vittorio, mangio qualcosa poi vado con Rotellini.
Nella cucina trovo l’ingegnere che ha avuto la mia stessa idea, lo saluto mentre sta
addentando uno spicchio di pizza gamberi e crema di mele, lui si pulisce con un
tovagliolo e continuando a masticare con compostezza ricambia il mio cenno:
- Scenderemo insieme?
- Si ingegnere, piacere Martino Colussi
- Due ore fa hanno portato l’attrezzatura
- È tutto secondo le sue richieste?
- Si hanno perfino portato trapani e alimentatori che non avevo richiesto
- Non si preoccupi, è Giansante che ha il vizio di fare le cose in grande
- Là sotto troveremo un mondo, vedrà potrebbe innamorarsi della speleologia,
ma cambiando discorso mi parli delle indagini, è duro acciuffare queste
ombre?
- Guardi io non ho molta esperienza nella caccia all’uomo, ma i nostri colleghi
più anziani si sono tutti rifiutati di darci una mano per paura di rimetterci la
reputazione, sa basta venir umiliati una volta da un criminale per perdere la
faccia di fronte ai propri uomini e la fiducia dei superiori, poi in fin dei conti è
l’opinione pubblica che funge da termometro della situazione: oggi siamo gli
eroi solo perché siamo apparsi al telegiornale con le pistole in mano, ma non
abbiamo ancora niente di concreto in mano.
- Di che si occupa di solito?
- Io sarei il centravanti della rappresentativa di calcio a 11…
- E come ci è finito qui?
- Se mi passa il sale le racconto la mia storia, intanto mandiamo qualcuno a
caricare l’attrezzatura nel furgone eh?
Dopo una gustosa cena a base di pizza con mozzarella di bufala e basilico, saliamo
sul furgone, io mi accendo la mia prima marlborella della serata, il professore tuffa la
sua mano sinistra nel taschino della giacca per pescare una gitanes senza filtro e un
minerva. È molto simpatico, mi racconta della sua laurea in ingegneria idraulica,
delle dighe che ha costruito in Africa, del suo amore per una terra tanto diversa e per
della gente più autentica, meno condizionabile dai media, perché nessuno ha radio o
televisioni, ci sono solo pochi politici che regolarmente fanno piazza pulita di soldi e
aiuti umanitari.
- Come da noi
replico guidando.
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- Come da noi
annuisce con il suo sorriso da uomo del monopoli. Arriviamo sul posto e siamo
accolti dalle teste di cuoio, di guardia monta Azzariti il portiere della rappresentativa.
Riccardo Azzariti: altezza due metri e dieci circa, capelli rasati, occhi castani e due
lunghe basette delineate e modellate per accarezzare la mandibola senza mai superare
la lunghezza standard di quattro millimetri. Ex corazziere, ex pivot della nazionale
militare, veste la maglia numero uno dell’undici dell’arma e non mi ha mai potuto
vedere perché gli segno sempre su punizione, io non ho mai potuto vedere lui perché
anche in allenamento entra a gambe unite sul portatore di palla.
- Ciao Colussi chi è il vecchio?
- È l’ingegnere idraulico che ti ha tirato fuori dalle cosce di tua madre
- Finalmente ti vedrò scendere nel tuo habitat naturale: le fogne
- Si chiamano fognature, ricorda che prendi ordini da me, vacci a prendere due
bottiglie d’acqua al bar all’angolo
- Io non sono mica un camer…
- Devo telefonare a Giansante?
- Vado…stronzetto…
- Frizzante Azzariti. Frizzante è con le bollicine liscia è senza. Sbrigati che ci
dobbiamo cambiare
Il professore apre il tombino, getta le due sacche di attrezzatura, accende una torcia
elettrica e mi fa cenno di seguirlo:
- Vedo che anche fra poliziotti litigate. Si metta questa, è una tuta realizzata in
cordura e pvc, mi raccomando calzi bene i rinforzi per i gomiti e le ginocchia,
poi si infili il casco e regoli la cintura, io prenderò mappe e bussola ok?
Mentre io mi slogo una spalla per entrare nel vestito, l’ingegnere scivola dentro la sua
tuta come se entrasse in una seconda pelle, il tutto con movimenti assolutamente
naturali. Azzariti mi passa le bottiglie d’acqua, io metto tutto nello zaino e stringo la
mia parabellum, chiedo ad Azzariti i suoi caricatori, e mi infilo anche un paio di
guanti bianchi.
Introdursi sottoterra porta a dover affrontare situazioni ostili, come l'umidità che
gradualmente aumenta, la temperatura è bassa, dovuta alla temperatura media
dell'acqua che ci scorre all'interno, è buio e c'è un gran silenzio, dalla strada arrivano
solo le vibrazioni, bisogna faticare ad orientare la cartina. Sottoterra emergono tutte
le paure ataviche dell'uomo. Il buio, gli spazi stretti che opprimono e schiacciano, i
suoni distorti che avvolgono e rallentano. Un orizzonte rigorosamente buio. Rotellini
è completamente a suo agio, poco ci manca che inizi a fischiettare, e facendo strada
di fronte a me incomincia a parlare:
- Negli anni 70 e 80 Acea ha realizzato per il comune una serie di reti fognarie
locali per servire i quartieri residenziali e i complessi abitativi della città, come
si può vedere, questo ha creato un’immane concentrazione di gallerie nel
sottosuolo.
- Dove si va?
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- Beh per prima cosa stabiliamo sulla cartina del territorio il nostro punto di
ingresso con una bussola poi tracciamo la direzione, lei tenga la fettuccia
metrica per misurare la distanza percorsa e riportiamo il nostro itinerario sulla
mappa orientata con la stessa scala
- E come si fa se giriamo?
- Ad ogni svolta si stima l'angolo con un goniometro e si riporta sempre sulla
mappa, ci sono anche strumenti topografici più sofisticati ma io non mi sono
mai fidato, preferisco tracciare il percorso e poi confrontarlo con la mappa del
territorio soprastante
- Va bene, come esploriamo queste gallerie?
- Dunque ci sono due diramazioni, ho studiato la mappa nel pomeriggio,
escludendo a priori la terza che conduce all’impianto di depurazione di Roma
Sud per le acque reflue…
- Cosa sono le acque reflue?
- Deiezioni umane e animali: escrementi
- Allora che strada prendiamo?
- Seguiamo questo condotto idraulico, secondo le carte si dovrebbe aprire un
dedalo di cave e cunicoli che dovrebbero portare lontano, forse fino al
Vittoriano, lo sa che sotto piazza del Popolo si trova un rifugio antiaereo che
risale all’ultimo conflitto mondiale?
Cominciamo a percorrere il sottosuolo in assenza di rumore, ci credo che gli uomini
che sono scesi ieri sono subito risaliti, questo è un mondo completamente a parte,
anche le parole che si pronunciano parlando hanno un suono diverso. Rotellini si
orienta tra sentieri stretti e cunicoli sotterranei, merita la sua fama, riesce a seguire
perfettamente la cartina anche sotto la pallida luce della sua torcia elettrica. Mentre
lui esclude tutte le false vie e i binari morti io stringo la mia parabellum e mi preparo
al peggio. In quaranta minuti perlustriamo la prima diramazione, analizziamo le
muffe, gli odori e mi fa vedere sulle cartine tutti i corridoi sotterranei che stiamo
percorrendo, fra vecchio tufo, insetti e umidità ripercorriamo la strada a ritroso.
Usciamo dal tombino. Sono circa le 22:00, ci riposiamo un attimo, prima di
percorrere anche la seconda diramazione del tombino telefono a Giansante:
- Pronto Cesare
- Ciao Martino hai trovato qualcosa?
- No, però Rotellini sta facendo davvero un bel lavoro, si orienta, mi guida, ha
una marcia in più
- Aggiornami su quello che hai trovato sotto il tombino
- Ci sono tre diramazioni, la prima è una fognatura e per ora l’abbiamo esclusa,
la seconda porta verso il Vittoriano: l’abbiamo percorsa ma non abbiamo
trovato nulla di strano, la terza la percorreremo fra poco…
- Ho saputo della foto
- Purtroppo può succedere. Allora che hai organizzato per le sette ombre?
- Ho allestito una centrale operativa veramente da leccarsi i baffi, se stasera li
avvistiamo li facciamo a pezzi, ho cambiato tutti gli uomini in prima linea ora
39
-
sullo scacchiere ho 174 incursori, 32 motociclisti, 10 volanti e 50 tiratori scelti
appostati in posizioni strategiche
E l’elicottero?
Confermatissimo, Lucrezia e il suo telecameraman aspettano un segnale,
abbiamo anche un collegamento con due televisioni estere
Va bene, ci vediamo dopo
Si quando hai fatto fammi sapere, se non trovi nulla raggiungimi direttamente.
Riscendiamo ancora con le torce accese, questa diramazione è più breve, dopo venti
minuti ci troviamo di fronte ad un raccordo che unisce fra loro due fognature,
l’ingegnere controlla le tubature, qui sembrano più solide, meglio curate, di scatto si
gira e con passo veloce ritorna al punto di partenza, e ripercorre tutta la diramazione
cercando qualcosa che non sembra trovare, si ferma e proprio sotto l’entrata del
tombino si siede per terra incrociando gambe e braccia, poi fissandomi dice:
- è tutto a posto in questo secondo tratto, tutto in ordine, non ci sono insetti,
nessuna macchia di umidità, nessuna crepa di cedimento, ci deve essere un
altro passaggio, coperto da tanta precisione e pulizia, e secondo me è proprio
qui appena si entra, ecco perché i suoi colleghi scendendo non hanno trovato
nulla, perché era già troppo tardi, è qui, questo muro, questa pietra, ci deve
essere un passaggio…
- Ma abbiamo percorso tutte e due le vie, le uniche diramazioni accessibili…
- Ma non la terza, il passaggio è qui ma forse lo si innesca nella terza
diramazione
E senza che io abbia il tempo di dire qualcosa, Rotellini si tuffa nel canale delle
deiezioni, ritorna indietro dopo un attimo
- Venga qui, avevo ragione
- Eccomi
Fra l’odore pestilenziale e il colore scuro della conduttura di scolo, Rotellini tutto
soddisfatto mi indica un interruttore, l’ingegnere idraulico tutto eccitato fa scattare la
leva rossa, prima che io possa valutare la situazione, la prospettiva e l’atteggiamento
più idoneo da adottare. Lo spostamento d’aria causato da un’esplosione spalma me e
Rotellini contro la scaletta del tombino, altre cariche di plastico brillano in sequenza,
le detonazioni ci circondano, si avvicinano, le schegge di pietra ci colpiscono mentre
il condotto ci crolla sui caschi, finché le braccia di Azzariti si fanno strada fra la
polvere. Le sue mani ci afferrano per le tute in cordura riportandoci in superficie
prima che inizino a crollare due lastroni più grandi degli altri.
Dopo cinque minuti passati a tossire sia io che l’ingegnere ci fumiamo una sigaretta
ringraziando gli dei per essere usciti illesi dal tombino. Poi riscendiamo, è tutto
perfettamente accessibile, le cariche erano leggere, poste in punti strategici per
schiacciare con i lastroni finali e far sembrare tutto un incidente, comunque io esco
con l’intenzione di non metterci più piede, dopo averlo ringraziato faccio
accompagnare Rotellini a casa e, gli propongo di continuare l’esplorazione domani, il
reparto d’assalto rimarrà a presidiare il tombino tutta la notte.
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Finita la marlborella trascino Azzariti a bere un Jack Daniel, e lo ringrazio per quello
che ha fatto, poi saluto tutti i suoi ragazzi e vado da Cesare. Non ridendo e non
scherzando si sono fatte le 23:10.
Dopo quarantuno minuti di fila sul lungotevere arrivo alla centrale mobile: un
furgone mercedes con un mega tabellone che riproduce in scala tutti gli edifici
presidiati, cartine della città pronte per la consultazione, consolle per contatto radio e
oltre al pc collegato con la questura spicca un televisore spento di fianco ad un frigo
bar pieno di bevande. Cesare sorride e mi saluta sorseggiando un bicchiere di vino
ghiacciato:
- Se nel tombino non hai trovato niente, ti consiglio vivamente di prendere in
esame l’opportunità di lasciare un curriculum vitae da MacDonnax ed entrare
nel magico mondo dell’avvelenamento organizzato
- Cesare ci stavamo per rimettere le penne, Rotellini ha azionato un detonatore
che ha fatto crollare le lastre superiori del soffitto, lui è convinto che ci sia un
passaggio segreto, ci ha salvato Azzariti…
- E allora domani ce lo riaccompagni con tutto quello che ti chiede, ora prendi i
moduli e stendi un bel rapporto, mi raccomando scrivi chiaro
- Si, però forse è meglio che stavolta lo accompagnino dei suoi colleghi
speleologi…
- Va bene ora faccio telefonare a Rotellini per organizzare questa squadra,
speriamo di prenderli stasera così domani dormiamo fino a tardi. Come ha fatto
Azzariti a salvarvi?
- Rotellini ha iniziato ad armeggiare con un interruttore a muro, forse pensava
fosse un congegno innocuo e semplice, si aspettava un passaggio segreto,
invece era dinamite, per fortuna Azzariti si è tuffato in mezzo alla polvere della
prima detonazione e ci ha tirato fuori prima che le successive esplosioni ci
seppellissero.
- Allora domani Azzariti scende con Rotellini, così se gli viene in mente di
toccare qualcosa stavolta gli facciamo spaccare tutti e due i polsi, prendi un
bicchiere che ti verso il vino…
- Senti Cesare, non ti ho detto che ho sognato lo squartagatti, mentre dormivo mi
versava del vino rosso…
- Che vino era?
- Il Supertuscan
- Ti tratti bene nei sogni
- Che vino è?
- È un vino ottenuto da enologi che combinano alla perfezione tra loro vitigni
autoctoni e blend di uve internazionali.
- Perfetto allora invece del supertuscan che mi sa un po’ di creato in laboratorio
mi consigli qualche vino vero?
- Ce ne sono molti…
In quel momento mentre Cesare aveva cominciato a parlare di vini e vitigni, arriva
la chiamata di Lucrezia che dall’elicottero ci dice di accendere un televisore su
tele Roma capitolina/Canale 12, appena accendiamo un cartomante dagli occhi
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verdi viene decapitato, il fermo immagine indugia sui tarocchi nelle mani
dell’uomo morto, lentamente le carte si colorano di rosso sotto il riflesso del
sangue che, schizzato sulla telecamera, scende ricoprendo tutta la superficie
dell’obiettivo. Cesare e io ci guardiamo, poi si alza e chiama Vittorio:
- Allora, Vittorio con quattro volanti vai agli studi televisivi dove hanno
ammazzato il cartomante, sono dall’altra parte del Tevere sbrigati. Parti subito.
Se sei fortunato trovi qualche indizio. Ma loro saranno già lontani. Gli altri
tutti a casa per stanotte, tutti a riposare perché domani i giornali ci faranno a
pezzi, voglio Rotellini nel tombino a cercar di trovare tutto quello che ci può
aiutare, io e Martino andiamo a far due passi, domani ore 13:00 briefing con
Pieromalli e tutti gli interforce in riunione.
Poi inizia il valzer delle telefonate: il capo della polizia, il ministro degli interni, e
altre due che neanche io posso sapere. Quando riattacca Cesare spegne il cellulare
e mi prende sottobraccio:
Martino andiamo ad assaggiare un vino vero, anzi andiamo a fare una verticale.
Il locale è dietro piazza san Silvestro, la saracinesca è mezza chiusa, ma si capisce
che non è un’enoteca, si tratta di un vero e proprio bar, entriamo e Giansante
subito si siede a leggere la carta dei vini, il proprietario dietro la cassa lo riconosce
e ci raggiunge:
- Questo che ora ci porterà da bere e berrà con noi è Antonio, Antonio non stai
chiudendo vero?
- Si, ma come faccio a negare un bicchiere allo sbirro che mi fa avere tutte le
licenze?
Io e Antonio ci stringiamo la zampa, sillabando i nostri nomi,
Cesare continua:
- Antonio, mi versa da bere da circa venti anni, praticamente mio padre mi ha
levato dalle braccia della balia e mi ha fatto sedere su quel bancone.
- Che vi porto?
- Antonio io e il mio collega stiamo per essere licenziati, quindi crediamo sia
giunto il momento di fare una verticale, la mia carta di credito te la metto qui
sul tavolo prima di cominciare a bere, tu alza il climatizzatore, spolvera i
decanter e facci dimenticare per un paio d’ore quanto sia duro tirar su aria dal
naso.
Antonio scatta subito, prende la carta di credito e la rimette nella tasca della giacca di
Cesare, abbassa del tutto la saracinesca del bar e alza il condizionatore d’aria, quando
mi ripassa davanti mi rendo conto che potrebbe benissimo essere il quarto dei fratelli
Marx, dopo Chico, Harpo e Groucho. Si distingue per un volto chiuso e beffardo, con
i suoi cinquanta anni ride con il mondo e gli versa da bere. Naso a punta e primi
capelli bianchi, occhiale rotondo e spalle lievemente ricurve da animale notturno,
entra nel suo retrobottega urlando:
- Cesare stavolta esci a quattro zampe!
42
Dopo dieci minuti torna con tre bottiglie. Dietro il bancone apre un carrello su cui
poggia tre decanter, una decina di bicchieri e due piatti di stuzzichini, tra cui olive,
tartine, tramezzini avanzati della giornata e quattro medaglioni assortiti.
Ora siamo tre uomini davanti a tre bottiglie e il cavatappi inizia a girare
vorticosamente, il vino chiede di respirare, così riempiamo i decanter.
Si comincia con un Brunello di Montalcino del 1978
Alziamo i nostri tre bicchieri, solo io bevo e dico:
- Che buono!
Loro mi guardano come se avessi detto che Gesù Cristo è morto di freddo
- Allora Martino guarda il bicchiere, com’è il vino?
- Rosso
- Puoi fare di più
- Brilla è brillante
- Bravo, ora odoralo
- È intenso
- Non basta devi distinguere gli odori
- Tabacco!
- Si e poi?
- The
- Bravissimo
- Anche ciliegia
Aggiunge Antonio
- Anche ciliegia
Ripetiamo noi
- Va bene ora Martino assaggialo e metti in ordine le sensazioni che provi
- Allora all’inizio è leggermente aspro, poi esce l’aroma e resta una consistenza
cremosa
Loro due si alzano e mi applaudono, gli stuzzichini cominciano a viaggiare mentre si
passa al 1985, stavolta tocca a Cesare illustrare la degustazione
- Colore Rosso brillante…Nota olfattiva the, tabacco e frutta rossa…Gusto
morbido ma deciso, avvolgente e compatto. Si sente la frutta rossa
Antonio fa gli onori di casa con un Brunello di Montalcino 1990
- All’olfatto non è apertissimo, minor pulizia, sullo sfondo scavando appare un
fruttato maturo
- Impara Martino che terminologia appropriata
- Al gusto si avvertono note mentolate assieme ad un’espansione finale
suggellata da tannini dolci che lasciano spazio ad un piacevole gusto fruttato
- Che cosa sono i tannini?
- I tannini sono una sostanza ceduta al vino dalla buccia dell’uva prima, e dalle
botti di legno poi, influisce sul colore, dà un gusto ruvido che con gli anni si
attenua.
43
Dopo altre due ore ad assaggiare e parlare torniamo a via Nomentana a piedi,
cantando e scherzando, perfettamente consci che l’indomani non rideremo e non
canteremo più
21 GIUGNO 00:59
MELODIA DI MORTE
Drain you. Nirvana.
Nonostante il caldo è da mezzogiorno che una massa sudata di giovani si accalca a
piazza del Popolo per conquistare i migliori posti per il concerto di stasera, la grande
piazza sembra indifesa di fronte alle orde di gioventù accaldata che cuoce lentamente
sotto l’egida di un sole imperante. Dopo ore di interminabile strazio il pomeriggio
lascia il testimone alla sera e mentre il tasso di umidità tocca il suo massimo storico
una marea di adolescenti riempie la piazza per assistere al concerto del loro idolo,
uno pseudo satanista che veste nero per vendere dischi e si autocandida come
anticristo per attirare le folle. Nel privato prende lezioni di lirica, il suo nome è
Alexander ma tutti lo chiamano reverendo nero. Capelli rasati a zero e lenti a contatto
gialle, stivali e lungo trench lungo, direttamente da Londra arriva solo per lo
spettacolo. Già in nottata lo aspettano a New York per cominciare le registrazioni del
suo nuovo spot che lo vedrà testimone di una catena di fast food. Il reverendo esce
dall’albergo dopo cena, lo seguono sempre due gorilla che a due metri di distanza
intervengono solo in caso di fan troppo calorosi, di fronte alla porta girevole
dell’hotel lo attende la sua limousine. Come sempre prima dei suoi concerti il
reverendo si sente carico e sale in macchina di corsa, richiudendo con uno scatto la
porta dietro di sé. Ma stavolta si serrano le chiusure e la macchina schizza in avanti
senza aspettare i suoi gorilla, via Cola di Rienzo è stranamente deserta, il giovane
cantante rock chiede chiarimenti, pretende di sapere, vorrebbe sapere, ma un’ombra
nera gli si para dinnanzi con una pistola in mano. Superato l’attimo della sorpresa si
rende conto che anche accanto a lui sono comparse dal nulla due ombre nere che si
confondono con la pelle nera dei sedili e i vetri scuri dei finestrini. Non sembra uno
scherzo, ha sentito di strani omicidi in quella città, così cerca di capire, ma le ombre
non parlano. Quella creatura che ha davanti, lo fissa e di colpo gli lancia la pistola, il
reverendo l’afferra al volo pronto a fare fuoco, si gira ma non c’è più nessuno, né di
fronte a lui né accanto, anche l’autista è scappato. Sorridendo pensa sia stato tutto
uno scherzo, ma non riesce più a muovere i muscoli della faccia per sorridere. Un
taglio ha reciso i suoi tendini, bruciano i muscoli della faccia e con la pistola in mano
si accorge di avere due incisioni profonde anche sulle gambe, il sangue già bagna la
pelle dei sedili. La pressione arteriosa comincia a scendere, la vista lentamente si
annebbia e il freddo metallo della pistola diventa sempre più freddo, la testa comincia
a girare, di colpo capisce che sta morendo, non ha mai visto così tanto sangue, non ha
mai pensato di avere in corpo così tanto sangue, e in un attimo pensa, in un attimo
decide, in un attimo punta su di sé, la pistola che ha in mano e fa fuoco, l’arma però è
caricata a salve e così la morte non udendo subito il suo autentico richiamo attende
fuori dall’abitacolo, ancora qualche momento, pazientemente.
44
21 GIUGNO 12:50
No excuses. Alice in chains.
- Martino abbiamo solo 24 ore per chiudere il caso e senza nessun indizio
concreto in mano per giunta. Rotellini a quest’ora sarà già sceso con Azzariti,
ma in quel tombino secondo me non troveranno niente, e poi non possiamo
aspettare qui con le mani in mano.
- Cesare allora se non riusciamo a costruire la storia dall’inizio, proviamo dalla
fine: chi sono stati gli ultimi a morire?
- Un giornalista in casa sua, il mago decapitato in diretta tv e poi quel cantante
trovato dissanguato nella macchina con in mano una pistola a salve…
- un giornalista
- si un giornalista, il mago e quel cantante…
- ma lo sai che il giorno che mi hai chiamato in Campidoglio venendo ho letto
una strana frase,
- per strada?
- No su un giornale, ero ad un bar a bere un caffè e sfogliando un giornale mi è
saltata agli occhi una frase strana
- Che centra ora? Hai voglia di un caffè?
- No, ora che ci penso è una frase strana, che ho sentito dire anche allo
strizzagatti, “vidi nel cielo sette angeli che avevano sette flagelli” una cosa del
genere, l’ho letta sul giornale…
- Il tombino non ha portato da nessuna parte, ormai non si faranno più vedere
prima di stanotte quando ammazzeranno qualcuno.
- Dai Cesare, segui il mio ragionamento: un giornalista morto e una frase sul
giornale, due sospetti sono un indizio, dai proviamo il giornale, la redazione è
qua dietro, è sempre meglio che aspettare un rapporto da quella bestia di
Azzariti
- Va bene Martino, ma guida te.
La redazione dell’ ”Eco dei Romani” è in pieno fermento, un esercito di scribacchini
scamiciati e sudanti digita sui computer qualsiasi cosa. La maggior parte delle teste
sono chine sugli schermi, sembra un acquario senz’acqua: tutto è terribilmente
ordinato, ognuno ha il suo spazio e i telefoni trillano di continuo formando delle
correnti sonore che agitano l’ambiente circostante in maniera irregolare. All’entrata ci
vorrebbero far passare al vaglio di un metal detector, poi appena mostriamo i
distintivi ci dicono che il direttore è in riunione e dobbiamo aspettare. Cesare mi
chiede se gli presto un attimo le manette. Appena gli e le porgo, con un movimento
rapido afferra il polso sinistro del vigilantes di servizio all’entrata e lo ammanetta al
maniglione della porta. Mentre entriamo in redazione l’energumeno ammanettato
chiede aiuto e ci minaccia di intraprendere azioni legali contro di noi, Giansante
risponde con uno dei suoi migliori sorrisi e io mi godo questa parte di Cesare che non
immaginavo affatto. Per trovare la stanza del direttore basta chiedere con insistenza
ad un giornalista che sorseggia un bicchiere d’acqua. Il direttore ci riceve subito:
- Buongiorno signori con chi ho il piacere di parlare
45
-
Colussi e Giansante…
Cesare Giansante che conduce l’indagine sui delitti di S.Pietro?
In persona
Allora mi aspetto da voi rivelazioni confidenziali e importanti aggiornamenti
sulle indagini.
- No guardi veramente siamo qui per chiederle una cortesia
- Ma certo a vostra completa disposizione, gradite un caffè?
- Si grazie
Poi schiacciando l’interfono:
- Teresa tre caffè, non alla macchinetta, al bar di fronte
Appena il direttore congeda Teresa, Giansante comincia:
- Direttore mi volevo scusare per un fatto increscioso avvenuto pochi minuti fa
quando siamo entrati in questi uffici…
- Mi dica, mi dica, cos’è successo, cos’è successo?
- Il ragazzo all’entrata non ci voleva far entrare e l’abbiamo ammanettato alla
porta
- Quello alto e pelato?
- Si, proprio lui
- Avete fatto benissimo, quello è un deficiente, l’ho messo alla porta proprio per
non vederlo durante la giornata, è il marito di mia figlia, non lo posso
licenziare…
- Purtroppo i parenti acquisiti…
- Bravo, il problema sono i parenti acquisiti, quelli acquisiti male, vabbè ma
torniamo a noi, in cosa posso esservi utile?
- Potrebbe essere così gentile da farci vedere una copia del suo giornale del 15
giugno?
- Niente di più facile signori
Il direttore alzandosi dalla scrivania apre l’anta di un mobile vicino alla finestra e tira
fuori la copia che stavamo cercando, ce la passa mentre arrivano i caffè.
Mentre Cesare si immerge nella lettura io osservo il direttore: alto, pochi capelli ricci
su una testa tonda, occhiali con lenti tonde, una cravatta rosso fuoco e un fisico da ex
giocatore di rugby, butta giù il caffè bollente senza esitazione e poi si accende un
cicarillos, offrendoci il pacchetto, io mostro le mie sigarette mentre Cesare continua
la sua lettura. Teresa esce dall’ufficio mentre io sto ancora sorseggiando il mio
espresso. Poi Giansante alza la testa e afferrando la sua tazzina chiede al direttore:
- Quanto costa una pubblicità sul vostro giornale?
- Dipende dalle dimensioni della pubblicità e dalla pagina dove vuole
pubblicarla
Bevendo il caffè Cesare mostra una pagina del giornale al direttore, poi chiede:
- Chi ha pagato per questo spazio?
- Non lo so abbiamo un’agenzia pubblicitaria che si occupa delle inserzioni dei
privati, ma le posso dire che quello spazio è venduto per tutto il mese di giugno
- Mi sta dicendo che c’è sempre questa inserzione
- Si
46
-
Per tutto il mese?
Glielo confermo
E non l’ha mai incuriosita sapere chi sia dietro questo annuncio?
Si, ma vede, paradossalmente per garantire libertà di informazione al giornale
dobbiamo poter contare sui nostri sponsor, per questo preferisco ignorare i
nostri finanziatori, conosco solo i nomi di quelli che finanziandoci hanno
provato a modificare la nostra linea editoriale, chiaramente questi soggetti sono
stati allontanati.
- Mi potrebbe dare il numero della vostra agenzia pubblicitaria e far vedere tutti i
giornali del mese?
- Le copie in esubero le trovate su quel mobile ordinate giorno per giorno
Su ogni copia del quotidiano mandato in stampa durante il mese di giugno c’è la
stessa pubblicità: una pagina nera su cui campeggia bianca su sfondo nero la seguente
frase: “vidi nel cielo sette angeli che avevano sette flagelli, gli ultimi, poiché con
essi si deve compiere l’ira di Dio.”
Giansante comincia a sfogliare pagine come se non avesse mai visto un giornale,
totalmente impazzito perde la sua coordinazione armoniosa dei movimenti e
comincia a sfogliare i fogli di carta inumidendosi il pollice e l’indice con la punta
della lingua, il suo volto prende colore, come un bambino dopo la scuola, come un
pittore appena vede la sua modella, lui è il cacciatore che sente il sangue della preda.
Alza la testa, sorride a me, sorride al direttore poi mi tocca una spalla e mi grida
all’orecchio:
- Martino guarda qua c’è tutto, noi come idioti a cercare piste inesistenti, ma
vedi loro scelgono tutti gli eventi pubblicati dal giornale di fronte all’annuncio
pubblicitario che ti ha colpito quando sei venuto da me in Campidoglio
Il 12 c’era un articolo sul comizio del consigliere
Il 13 una lettera firmata che denunciava il veggente e il suo motociclista
Il 14 la cena del cardinale
Il 15 l’assemblea societaria
Il 16 la pubblicità del negozio di abiti sacri
Il 17 il corsivo del giornalista ucciso
Il 18 l’inchiesta sui veggenti televisivi
Il 19 il sondaggio sulla popolarità di Alexander
C’era tutto, ed era qui, altro che terrorismo con talpe, sospetti di intrighi interni e
complotti internazionali, sono fanatici che sistematicamente colpiscono gli eventi e
amano l’edicola.
Poi Cesare febbricitante di gioia chiede al direttore:
- Mi darebbe anche quella di oggi?
- Si quella di oggi è qui direttamente sulla mia scrivania signori
- Grazie direttore lei è stato gentilissimo
- Mi raccomando signori, appena sapete qualcosa sulle indagini non
dimenticatevi del mio giornale
- Stia tranquillo direttore, le manderemo un fondo firmato Lucrezia Trabini
47
- Va bene
- Scusi ancora per suo cognato, adesso usciamo e gli leviamo le manette
- Signori non vi preoccupate assolutamente, anzi perché non lasciate le chiavi a
me, tra qualche ora lo libererò, forse. Voi uscite dal retro, dopo quelle scale c’è
l’altra uscita per i cronisti.
Usciamo correndo e ritorniamo a Via Nomentana, prima di aprire il giornale di oggi
aspettiamo che ci siano tutti: il prof Pieromalli, Lucrezia, Vittorio, il portavoce del
governo, e i tre ufficiali dell’interforce, Cesare sventola i giornali.
- Signori in queste pagine c’è tutto, professore: lei si sbagliava non sono
terroristi ma fanatici. Noi colleghi ci sbagliavamo perché non erano nello
stesso perimetro come i serial killer. Lucrezia: la stampa ha indirizzato questi
assassini dando nuovi bersagli alla loro follia. Gli assassini a cui stiamo dando
la caccia hanno individuato le loro vittime in base agli articoli che
comparivano di fronte a questa inserzione.
- Gli articoli sono dello stesso giornalista?
- No tutti diversi
- E chi lo impagina?
- Tre persone diverse, l’agenzia pubblicitaria ci ha riferito che parte della
redazione ha solo un contratto di collaborazione e poi l’impaginazione dipende
da come arrivano gli articoli in redazione, le ultime pagine degli eventi
vengono chiuse a ruota da chi finisce prima, Martino leggi la pagina di fronte a
quella dell’annuncio.
- Leggo proprio come riporta il quotidiano allora: ci sono in programma due
congressi, “il primo all’Idioteca nazionale riguarda una grande maratona di
lungometraggi e audiovisivi sul tema del buddismo, sono previsti molti
interventi di studiosi e intellettuali e verso la tarda nottata addirittura la
partecipazione straordinaria del Dalai Lama, il capo spirituale fa scalo a Roma
per poi ripartire verso Londra. Il secondo è un convegno sull’esorcismo a Colle
Oppio, organizzato nello spazio storico dell’estate romana: testimonianze,
documenti e simulazione dei riti di purificazione. Per la chiesa interverrà un
esorcista spagnolo, presenta la serata Nathalie Alep unica soubrette nota per il
suo passato di indemoniata. È prevista una massiccia affluenza di tutto il
popolo della notte che non perderà l’occasione di gustarsi un caldo halloween
anticipato”.
Ci scambiamo sguardi mentre pensiamo se è proprio il caso di puntare il nostro futuro
su una soubrette indemoniata o un lungometraggio sul Budda. Poi Cesare chiarisce la
sua posizione e ci istruisce sulla sua decisione:
- Allora voglio gli incursori nuovamente ai loro posti, tutti ancora in strada, non
mi fido, gli interforce con tre volanti a S.Pietro, io, Vittorio e Lucrezia
andremo con una task force a Colle Oppio, Martino e tutti gli uomini di
Azzariti all’Idioteca, siamo intesi? A proposito novità da Rotellini?
- No, non hanno trovato niente
- Allora richiamate Azzariti e ringraziate Rotellini della preziosa collaborazione,
continuerà a perlustrare domani.
48
Il professore Pieromalli stupito si alza in piedi e chiede:
- Ma davvero pensa seguano i quotidiani?
- Professore tra meno di dodici ore ci solleveranno dall’incarico, chiederanno le
mie dimissioni e perfino Azzariti mi farà le scarpe, se ha qualche idea migliore
me la dica, ho fatto comprare tutti i quotidiani ciascuno di voi ne esamini uno e
poi mi faccia sapere.
TERZA PARTE
L’irrealtà di ciò che è visto dona realtà allo sguardo.
Octavio Paz
21 giugno 20:30
Caparezza, io della vita non ho capito un cazzo.
Mi accorgo dell’intensità della situazione solo entrando nell’Idioteca, emozionato e
felice ora ho il comando. Durante il tragitto ho scherzato con i colleghi, ma ora
mentre mi faccio strada tra la folla sento tutto il peso delle responsabilità del
comando e il caldo per me è ancora più soffocante. Non è bello dirigere, controllare,
fare rapporto, ma è sempre meglio di ubbidire in silenzio, quindi con un sorriso a 42
denti passo in rassegna i miei trenta uomini. Cesare ha mandato con me tutta la
squadra di Azzariti, per un totale di 30 incursori armati fino ai denti, ci ha dato dieci
mappe dell’edificio e due pacchetti di sigarette tutti per me. L’Idioteca ha una
struttura elementare, due piani: una platea sotto e una galleria sopra. Quando
arriviamo ogni posto è occupato, da una decina d’ore si susseguono senza sosta
lungometraggi e dibattiti sul buddismo: 3000 fedeli sudati, filosofi accaldati, e
semplici curiosi rosolati attendono l’arrivo del Dalai Lama, il leader spirituale fa
scalo a Roma nel suo lungo viaggio che lo porterà in giro per il mondo. Un summit,
un incontro, un lungo iter tematico e una sfida culturale all’incandescente estate
romana, una lunga e intensa maratona che culminerà con l’intervento dell’illustre
ospite. Entriamo in sala passando per i corridoi stretti, foderati di moquette rossa, le
tende lanose e pesanti sfiorano i fucili di precisione dei miei uomini, io cerco
l’accendino mentre il telefono già squilla: è Giansante.
-Martino tutto bene?
-Siamo appena arrivati Cesare
-Hai pensato a come disporre le forze
-Si, sotto gli incursori pronti ad intervenire e sopra i tiratori scelti, voi tutto ok?
-Si sono qui con Vittorio che ci prepariamo all’azione, ti chiamo più tardi.
Il pubblico barcollando ci guarda con indifferenza, alcuni fischiano altri ci ignorano.
Sistemo otto uomini vicino alle entrate, quattro da una parte e quattro dall’altra, dieci
tiratori con a capo Azzariti in galleria, altri dieci uomini sotto con me: nove ai lati del
palco e uno per scrupolo in fondo alla sala, io faccio da spola, nervosamente fumo
percorrendo tutti gli 8500 centimetri della platea, un pompiere mi guarda male, una
signora mi invita a non fumare, io allungo il passo e chiedendo scusa continuo ad
49
inalare lontano dalle loro legittime proteste. Salto sulle scale e mi butto in galleria,
Azzariti sta spiegando ad una signora dov’è il bagno. Osservo con attenzione la sala
sottostante che trasuda armonia, calma ostentata, serenità, io cerco di sintonizzarmi
sulle frequenze del relax ma Giansante continua a telefonare ogni cinque minuti. Mi
aggrappo al loggione e faccio mettere due riflettori attaccati ad una centralina
autonoma, casomai andasse via la luce, poi tuffo il mio sguardo fra le teste sedute, i
tiratori scelti prendono posto ai lati della balconata, pronti eventualmente a girarsi e
fare fuoco anche alle spalle. Ognuno ha la sua postazione, ad una distanza di un
metro e mezzo l’uno dall’altro. Per tutti colpo in canna e caricatore di riserva a
portata di mano. I miei polpastrelli sudano, la voce a volte trema mentre rispondo a
Cesare, le orecchie sembrano fregarsene e ascoltano avidamente i concetti
dell’assemblea orientale:
Un istinto della mente umana è la ricerca della felicità. Ma continuiamo a
circondarci di oggetti superflui, che non ci aiutano veramente nella ricerca della
felicità. Un semplice esempio di questo è che le automobili e gli aeroplani sono stati
ideati per permettere all’uomo di fare le cose più rapidamente e lasciargli a
disposizione più tempo libero, ma il risultato è che la sua mente è più agitata che
mai. Per raggiungere la felicità, dobbiamo conoscere noi stessi, ma come fare se la
percezione è assorta unicamente nel mondo dei sensi, ancorata al materiale che è
solamente superfluo. Ci troviamo così insoddisfatti perché gli oggetti materiali non
possono far fronte alla sete della nostra anima. E siamo insoddisfatti.
L’insoddisfazione è la vera sofferenza! Per quanto si possieda, il desiderio non
diminuisce, si vuole sempre di più: questa è la sofferenza, questa è la frustrazione.
Sono sei le illusioni fondamentali che producono frustrazione e disturbano la pace
della mente umana rendendola agitata:
l’attaccamento, che ottenebra la mente,
l’ira, che fa dimenticar se stessi,
l’ignoranza, che inficia ogni conoscenza,
l’orgoglio, che acceca il giudizio,
il dubbio, che alimenta la tensione e
l’influenza delle opinioni distorte, che nuoce a se stessi e agli altri.
Queste illusioni fondamentali derivano dall’ego.
Per essere liberi dobbiamo mettere in discussione i nostri legami, chiarire i nostri
rapporti con gli oggetti materiali cui non sappiamo rinunciare combattendo la nostra
inutile dipendenza dal mondo del superfluo. Attraverso la meditazione possiamo
riuscire a capire quello di cui realmente abbiamo bisogno. Meditare significa
chiedersi: "Cosa sto facendo? Come? Perché lo sto facendo?" con il materializzarsi
della consapevolezza scompaiono i problemi.
Alle 23 e 30 comincia l’ultimo lungometraggio prima dell’arrivo del Dalai Lama.
Sento all’improvviso un fischio che mi attraversa il cranio, una scossa scuote la mia
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colonna vertebrale, ordino a tutti di controllare armi e munizioni, insomma passo in
rassegna le mie truppe. Riscendo in platea correndo ma non succede niente, controllo
le uscite: tutto a posto. Calma piatta. Dal fondo della sala vedo l’agente che controlla
la platea: anche qui niente da segnalare. Un collega all’entrata mi avvisa che è
arrivato il Dalai e presto interverrà. Siccome non ce la faccio più abbasso la suoneria
del telefono, raggiungo il fondo della sala e mi siedo per terra dopo l’ultima fila di
poltrone aspettando la fine del film. Mentre sto per accendere l’ennesima sigaretta
arriva la mia collega in sala: Enrica Lidia. Rimane in piedi e mi fa rapporto, è un
incursore le devo ordinare di sedersi, mentre la fisso negli occhi scuri capisco che
saprebbe uccidermi in quindici modi diversi, e da come mi guarda ha già trovato i
miei punti mortali. Enrica è alta esattamente quanto me, ma è molto più pericolosa:
un pantera agile e risoluta, occhi neri, capelli neri, un viso da felino per degli occhi
che sanno vedere lontano. Mi aggiorna sui ragazzi che presidiano l’uscita,
dall’esterno due pattuglie segnalano eventuali anomalie, ma non mi sono ancora
arrivate segnalazioni. Fissandola negli occhi inizio la mia meditazione, e sarà il caldo,
la tensione o il suo profumo, ma mi sembra di sentire le note di un sythar, una
melodia che proviene da lontano. Enrica Lidia scotendomi la spalla mi riporta alla
realtà, continua a dire cose intelligenti tipo sgombrare parte della prima fila e far
sedere gli agenti assiepati intorno al palco, io roteando la sigaretta le dico che va
bene, le chiedo se le va di pensarci lei, il fucile lo può lasciare qui anche a me.
Osservo i suoi riccioli neri raccolti all’indietro ondeggiare verso la prima fila sotto il
riflesso delle luci.
"...Vorrei adorarti
come Dio nei fiumi
ed avere l'oro
dei tuoi capelli
impigliato in ogni
sguardo… "
Pablo Neruda
il Dalai Lama entra in quel momento, il pubblico educatamente si alza in piedi e
comincia un’ovazione da stadio del tutto fuori posto. Di colpo si spengono le luci ai
lati del palco, l’ultima cosa che vedo è il viso di Enrica che mi guarda mentre con la
mano destra indica la galleria. Suona il vibracall è Giansante. Con la sigaretta in
bocca afferro il fucile e correndo mi lancio verso il palco, a metà strada mi giro spalle
allo schermo e sollevo lo sguardo verso la galleria, ci sono ancora le luci sopra. La
folla comincia a strillare chiedendo a gran voce il ritorno della luce in platea, nessuno
si accorge delle ombre. Lame affilate con riflessi argentei si avvicinano alla gola dei
miei uomini appostati sul loggione, sono perfettamente illuminati, non si accorgono
di avere il nemico alle spalle, noi siamo al buio e loro stanno per morire. Enrica è al
buio vicino a me che grida ai colleghi sul loggione di stare attenti. C’è la morte alle
spalle, c’è la morte in galleria, maledizione mi aspettavo attaccassero giù e ho messo
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i cecchini su. Ora i bersagli sono sopra ad ammazzare tutti i miei tiratori scelti,
intanto Cesare parla nel mio orecchio dall’auricolare del cellulare, ma non lo sento
più, vedo solo i miei uomini che si stanno facendo ammazzare senza accorgersi di
niente. Fa troppo caldo. Inizio a vedere tutto in bianco e nero. Dopo l’ultima dose di
nicotina e catrame imbraccio il fucile e faccio fuoco sei volte senza pensare, come i
pazzi più lucidi: un puro riflesso di assoluto delirio mi attraversa e mi scuote,
fissando il luccichio delle lame colpisco le teste e i cuori di chi sostiene quelle armi
bianche. Il cellulare ricomincia a suonare, la folla esplode e tutti cominciano a fuggire
nella stessa direzione: una marmellata umana impazzita e strabordante travolge e
trascina tutto quello che trova. Rimango al centro della sala saldo sulle mie gambe,
intorno tutti si agitano e urlando scalciano verso le uscite, dal loggione all’improvviso
Azzariti si gira, vede le ombre e mi fa segno che è tutto ok, poi dall’alto accende i
riflettori e illumina la parte della platea rimasta ancora al buio: Enrica Lidia è in piedi
accanto a me, la vedo nel cerchio di luce che ci avvolge, l’altro raggio di luce investe
il palco alle nostre spalle, la gente continua a fuggire. Poi fanno fuoco anche dalla
galleria, tra il caos e il rumore assordante mi giro e mi sembra di vedere un’ombra
che fugge tenendosi una spalla, la settima era alle nostre spalle sul palco pronta a
colpire. Segue un silenzio surreale, il rumore è fuori dall’edificio, mentre i nostri
riflettori disegnano strani sentieri di luce che ci accarezzano. Torna la luce, e ci
accorgiamo di alcuni corpi riversi a terra lungo le pareti, lentamente si rialzano e
ammaccati zoppicano trascinandosi fino alle uscite. Il Dalai Lama sta bene e ci
sorride, Cesare mi richiama, gli dico che è tutto ok, Azzariti mi conferma che ho
stecchito sei ombre e la settima è scappata, Cesare riattacca, poi richiama e dice che
sta arrivando.
ULTIMA LUNA
22 giugno 1:15
The Cure, Caterpillar.
La ferita rallenta di molto il suo incedere, nel buio un ritmo infernale pervade i suoi
muscoli che spingono i tendini a superare i propri limiti. Non c’è sosta malgrado le
gengive non trovino tregua e il sangue sgorghi impastando la lingua tra saliva e ferro.
Sudore e sangue, la pelle sotto la tuta brucia, i piedi sembrano voler aprirsi
sull’asfalto per piantare radici e la testa inizia a girare. Il sangue dalla spalla continua
ad uscire, non è tanto, ma l’indolenzimento aumenta ad ogni passo, l’osso ha
finalmente smesso di vibrare, una lieve vertigine per un attimo fa rimandare
l’attraversamento di un incrocio. Poi i suoi passi pronti accelerano nuovamente per
recuperare il terreno perduto. La calma è l’unica cosa che è rimasta, l’unico
parametro che continua a rispondere alle sollecitazioni di questa notte piena di
imprevisti. L’obiettivo è stato mancato. Prima che il proiettile lo colpisse ha sentito
sparare altre sei volte. Anche se tutto è andato storto la probabilità che anche gli altri
demoni siano crollati è esigua, altri cento metri e si ricongiungerà agli altri come
previsto dai piani. È la prima volta che deve attuare la procedura d’emergenza, ma
prima o poi doveva succedere, con il crescere del peso dei bersagli, inevitabilmente
doveva crescere anche il rischio della caccia. A sorpresa nel punto stabilito non c’è
52
nessuno. Così continua la corsa verso la tana, ancora in solitario prosegue il suo
ritorno. Forse qualcun altro dei suoi è stato colpito, sicuramente al secondo punto di
raccordo troverà gli altri. Sarà solo una questione di tempo, alza gli occhi e il cielo
nero rilassa i suoi pensieri che oscuri fanno presagire che il sole potrebbe anche non
tornare mai più.
22 giugno 1:55
Soundgarden, Black days.
È troppo tardi per capire, tutto gira veloce e sono stato risucchiato al centro di questo
improvviso silenzio. Il Dalai non è mai arrivato al microfono, Azzariti mi guarda
incredulo e io ho ucciso sei uomini. Il settimo è scappato ferito, l’han preso di striscio
mentre sparavano dalla galleria, un bersaglio mancato, un assassino in movimento e
illuminato male. Ha trovato rifugio nella folla che fuggiva. Mentre gli ultimi buddisti
travolti dalla folla si rialzano e indolenziti puntano di nuovo l’uscita, anche io
riconquisto un nuovo equilibrio, tranquillizzo Giansante, mi sincero delle condizioni
dei miei uomini. Azzariti insiste e si fa passare Cesare:
- Doveva vederlo signore, Colussi è un cecchino: sei colpi sei centri…No il
settimo l’abbiamo mancato noi dal loggione, era al buio signore, no sono tutte
donne, chi l’avrebbe mai detto…”
A quelle parole lancio il fucile ad Enrica e salgo di corsa sette gradini alla volta,
nessuno ha toccati i sei corpi vestiti di nero stesi a terra, solo i passamontagna sono
stati scostati, probabilmente per capire se i proiettili sparati fossero andati
definitivamente a segno. Il sangue vicino ai corpi lascia pochi dubbi, piccoli laghi
rossi, diventano sempre più scuri via via che la coagulazione avanza nel suo
biologico compimento. In quel momento arriva un collega con dei teli per coprire i
cadaveri. Sei donne e il sospetto diventa certezza, quello strillo acuto che mi era
sembrato di sentire mentre sparavo, quell’armonia che contraddistingueva le loro
azioni, la sincronia dei loro movimenti. Le ombre sono donne. I vestiti neri sono delle
armature rinforzate, non sono muscoli, sono rinforzi, protezioni in PVC leggere e
resistenti, il tessuto nero è leggerissimo, forse seta. Poi il mio sguardo cade sul viso di
una dei sei corpi e capisco che le sorprese sono appena cominciate.
SIMPATIE MORTALI
22 giugno 2:35
Alice in Chains, we die young
Veloce cola il sudore, scivola via sulla pelle assieme al sangue, la pallottola ha
colpito di striscio la spalla destra, mentre le sue compagne cadevano sotto i colpi del
fucile lei doveva centrare l’obiettivo. La ferita la rallenta, ma l’idea non muore, una
missione si completa, sia la fine, sia il ritorno, comunque la ragione chiede di andare
avanti. Il sorriso entra nella sala, la spalla fa ancora male ma non c’è tempo per
pensare. Dopo aver richiuso dietro di lei il portone va molto meglio. Le gambe per un
attimo cedono e si ritrova accasciata a riprendere fiato, neanche al secondo punto di
raccordo ha visto le sue compagne, il caldo è opprimente per la prima volta lo sente
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in tutta la solitudine del momento. Lentamente si toglie il passamontagna, gocce di
sudore scendono dalle tempie solcando le pallide gote. Poi ricomincia la corsa, le
gambe si distendono e si alza in piedi, apre l’armadietto in fondo al corridoio e
afferra un tampone sterile, il filo di seta nero, uno specchio, veloce sutura la ferita,
acqua ossigenata e mercurio cromo cadono sopra i punti appena chiusi, il proiettile
l’ha colpita solo di striscio. Passano lentamente dieci minuti e avanza la certezza che
le sue compagne non faranno più ritorno. Ora che le hanno uccise non ha più senso il
passamontagna. Ha perso molto sangue, non così tanto da svenire ma abbastanza per
sapere di aver lasciato una traccia chiara e visibile. Sorridendo slaccia la tuta
rinforzata, sfila gli stivali e scioglie i capelli. Nuda percorre il lungo corridoio, i rossi
riccioli scendono oltre il mento carezzando la ferita appena suturata, un rivolo di
sangue secco forma una strana ruga sulla sua spalla, un nero rilievo che scende oltre
ai fianchi avvolgendo la sua vita fino al bacino. I piedi leggeri si alternano non
appoggiandosi mai del tutto al vecchio pavimento, il suo peso sembra perfettamente
bilanciato, il suo incedere da felino lascia presagire che potrebbe balzare in qualsiasi
momento, verso qualsiasi direzione, così armoniosa e così letale, sembra conoscere
qualcosa di cui molti non saranno mai a parte. Entrata nell’altra stanza indossa una
nuova tuta rinforzata, questa rispetto all’altra sembra imbottita, non è fatta per correre
e saltare, è fatta per contenere: più comoda e più voluminosa, la ricopre
completamente. Le doppie cuciture celano un segreto contenuto. Poi afferra un nuovo
pugnale, una lama grigia meno lucente della precedente, l’incisione parla chiara “il
tuo orgoglio è la tua fede”. Decisa ritorna all’entrata e afferra gli anfibi lasciati in
precedenza sull’uscio calzandoli alla svelta. Di colpo sente tutto il peso
dell’insuccesso, la certezza che le sue compagne ora non parlano più, non corrono più
al suo fianco. Ora è l’unica ombra che abita il buio. Questa non è una sconfitta, è una
semplice tregua, morire faceva parte dell’addestramento, ora deve solo combattere e
resistere. Sa cosa fare, deve seguire l’istinto e rispettare il piano. Le sirene si
avvicinano per illuminare il buio, sa di essere l’ultima, e sa che gli ultimi sono
sempre catturati vivi e trascinati in catene alla luce della torcia dei vincitori. Così
continua l’asfissiante notte romana per i segugi che non mollano, anche ora che il
carnefice ha cambiato passo ed è diventato preda ferita, prosegue la caccia in questa
improvvisa calma di sangue. Passando nuovamente per il lungo corridoio l’ultima
ombra sfodera il pugnale, ed entrando in una stanza comincia a pungolare i corpi di
due uomini che pendono legati al soffitto.
22 giugno 3:05
Seven nation Army. White Stripes.
Cesare entra nell’Idioteca con Lucrezia e Vittorio al seguito. Io rimango accanto al
corpo della nipote di Antinori. Senza il passamontagna, fisso il suo corpo senza vita, i
capelli raccolti all’indietro, le labbra spalancate, chiudo quella bocca spingendo
delicatamente il piccolo mento. Cesare mi saluta, vede il cadavere e manda Lucrezia
giù in platea, Lucrezia ci rimane un po’ male ma poi scende baccagliando per le
scale. Vittorio non guarda nemmeno i cadaveri, rimane con Azzariti all’entrata pronto
ad iniziare l’inseguimento.
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-
Martino, non è quella che penso io vero?
Cesare è la nipote di Antinori
Porca miseria
Sono tutte donne
Lo vedo
Portano queste tute rinforzate
Martino, ma hai vista chi è quella là?
Chi?
Quella con la bendatura sulla fronte…
Cesare, sarà quella che ho investito con il furgone mercedes
Si ma sai chi è?
No…
È la figlia dell’assessore Rossi, ti ricordi quando ti ho chiamato in
Campidoglio, hai registrato la sua denuncia.
Alcune volte mi sembra di vivere in apnea. Mi sento come un gigantesco mammifero
nelle profondità dell’oceano, lontano mille anni luce dai raggi del sole e dall’aria. Poi
ogni tanto all’improvviso riemergo per respirare a pieni polmoni, e quando rivedo il
cielo incamero più aria possibile, perché so che prima o poi sprofonderò nuovamente,
e potrebbe passare molto tempo prima di rivedere la luce. Penso questo mentre ci
lanciamo all’inseguimento della settima ombra. Cesare ha mandato una volante da
Antinori, e visto che su sei morte ne conoscevamo due, chissà se conosciamo anche
la settima? Lucrezia intervista Azzariti, Azzariti impazzito tesse le mie lodi
dipingendomi come un killer glaciale, io fumo, il fumo da fastidio a Cesare, Cesare
telefona a sovrintendenti, generali e segretari particolari di ministri. I ministri
richiamano, si complimentano e accendono la televisione in attesa del primo
telegiornale utile per apprendere la notizia…Ma è ancora troppo presto perché la
notte del delitto veda sorgere il mattino della notizia. Però nulla sembra vero finché a
dirtelo non è la tv, così neanche noi crediamo che i guai potrebbero stare per finire. E
forse i guai, quelli veri sono appena cominciati, se dopo una corsa di venti minuti ci
ritroviamo di fronte la settima ombra con due ostaggi. Non indossa più il
passamontagna e ci sorride indicando i suoi due prigionieri.
22 giugno 03:12
Electioneering. Radiohead.
I tagli sono netti, due incisioni che mozzano la corda e fanno cadere i corpi legati dal
soffitto. Incastrando il pugnale nella cinta, ha entrambe le mani libere per tirare i
capelli dei suoi due ostaggi e trascinarli lungo il corridoio. I lamenti sommessi che
emergono dalla profondità dei due corpi dilatano il suo sorriso, compiaciuta assapora
il risarcimento per la morte delle sue sei compagne, le sirene sono a poche centinaia
di metri. È meglio non perder tempo, quello che va fatto è meglio farlo in fretta, così
risoluta afferra un interruttore e infila una resistenza collegata ad un filo di rame in
una sacca della tuta. Predispone un timer vicino alla porta e lo collega alle cariche
disseminate per tutto l’edificio. Poi spalanca la porta del vecchio ospedale e scende
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la prima serie di scalini della lunga rampa che costituisce l’ingresso, cinque serie di
gradini inframmezzati da marmi raffiguranti la magnificenza del Cristo. È una scala
antica, decorata con mosaici e incisioni, dal bianco marmo emergono le lettere che
celebrano Cristo nella sua gloria secondo cinque immagini, care all’artista che ha
realizzato queste composizioni. Le scritte dei cinque mosaici recitano:
Cristo Figlio della Luce e non delle tenebre, e sul marmo laterale è inciso il
versetto: “Voi tutti siete figli della luce e figli del giorno; noi non siamo della notte né
delle tenebre.” 1 Tessalonicesi 5.5
Cristo Nemico del diavolo, e in basso il marmo recita: “Siate sobri, vegliate, perché
il vostro avversario, il diavolo, va attorno come un leone ruggente cercando chi possa
divorare”. 1 Pietro 5:8
Cristo Pietra vivente, e al centro del marmo spicca il versetto: “Anche voi, come
pietre viventi, siete edificati per essere una casa spirituale, un sacerdozio santo, per
offrire sacrifici spirituali, graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo”. 1 Pietro 2:5
Cristo Servitore della Giustizia, in rilievo si trova questa incisione: “essendo stati
liberati dal peccato, siete stati fatti servi della giustizia”. Romani 6:18
Cristo Luce del mondo, a cui chiare seguono queste parole: "Voi siete la luce del
mondo. Una città posta sopra un monte non può essere nascosta." Matteo 5:14.
L’ombra spinge i due ostaggi sui gradoni del secondo mosaico, i corpi sono legati e
non vogliono sedersi, un calcio dietro alle ginocchia piega le gambe legate e un
fendente dietro la nuca fa il resto, i segugi l’hanno raggiunta, la sua storia sta per
compiersi.
22 giugno 03:15
Muse. Saber.
Dall’Idioteca al vecchio ospedale sono circa 5 chilometri sulla via Flaminia,
percorriamo la strada fermandoci ad ogni marciapiede per seguire le tracce di sangue.
Arrivati al vecchio istituto di cura chiuso da anni ci accoglie lei, sorride con i capelli
sciolti. Per poco non la riconoscevo: è la moglie di Palmizi, l’infermiera con cui era
andato Valerio. E i due corpi legati e inginocchiati ai suoi piedi sembrano essere
Valerio e Palmizi. Imbavagliati provano una reazione, ma sembrano rallentati e privi
di coordinazione, forse sono stati drogati o hanno qualche osso rotto. La settima
ombra dunque è lei, la moglie di Palmizi, leggera, graziosa, soave, pallida e spietata
assomiglia più ad una maestrina che un killer seriale pluriomicida integralista. Tutti
tiriamo fuori le armi e lei neanche impugna il coltello, anzi ci fissa e ci sorride
birichina e ammiccante. Giansante parla con il megafono, anche lui è stupito di dover
intimare l’arresto ad una persona che almeno di vista conosce perfettamente. La
distanza è così ravvicinata che potrebbe fare a meno del megafono, ma l’amore per il
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potere e i suoi stereotipi glielo impedisce. Alle sue spalle compare arcigno e
maestoso il vecchio ospedale. Sembra una chiesa sconsacrata, il tetto a cupola, la
grossa scalinata, i cipressi ai lati dell’ingresso, la grande navata. Le mura trasudano il
gran numero di anni che sopportano le fondamenta, la luna in cielo rende netti i
contorni del tetto: una cupola e le colonne appena sotto il portico d’ingresso. La porta
monumentale, interamente costituita da grosse travi di legno, con al centro un pesante
pomello giallo che ondeggia, lentamente.
22 giugno 03:17
Back in U.S.S.R. Beatles.
Riccioli rossi su denti bianchi continua a sorridere, l’ombra superstite abbraccia il
marito e poi lo avvicina all’altro suo ostaggio, una voce si alza metallica, l’uomo col
megafono le ordina una resa incondizionata, ad iniziare da quel coltello, se vuole far
valere i suoi diritti deve iniziare gettando via il coltello, alzando le mani e
allontanandosi dai due ostaggi. Lei non sembra sentire, continua a sorridere, mentre i
due uomini sotto di lei cominciano a capire il perché di quel sorriso intravedendo le
unità di plastico celate sotto le cuciture della tuta. Lei sorride e prende da una tasca
l’interruttore collegato al plastico dal filo di rame. Senza trucco i riccioli cadono sul
suo viso unendo il rosso delle efelidi, finendo per esaltare inevitabilmente il blu scuro
dei suoi occhi screziati. Non sembra più umana con quel sorriso incorniciato dalle
sottili labbra rosa opaco. La sua lingua schiocca all’improvviso provocando un
brivido nei due uomini inginocchiati ai suoi piedi. Comincia a parlare e la sua voce
leggera declama una litania mandata a memoria negli ultimi nove anni :
- "La potenza appartiene a Dio, Ecco, la mano del Signore non è troppo corta
per salvare, né il suo orecchio troppo duro per udire, ma le nostre iniquità
hanno posto una separazione fra voi e il vostro Dio, i vostri peccati hanno
fatto nascondere la sua faccia così che non vi ascolta (Isaia 59:1-2). Il
peccato deve essere tolto fra Dio e gli uomini, da noi che siamo la potenza di
Dio. È il sacrificio di se stesso che toglie il peccato (Ebrei 9:26). Pertanto,
prima ancora di conoscere la potenza di Dio dobbiamo sperimentare l'efficacia
purificatrice del sangue. Il sangue di Cristo mostra la giustizia di Dio ed è
una propiziazione per i peccati. (Romani 3:25) Dio ha esposto il sangue di
Cristo come propiziatorio, per mezzo della fede nel suo sangue, per mostrare la
giustizia nella remissione dei peccati, avendo Egli usato tolleranza verso i
peccati commessi in passato, ora si deve pagare la Sua divina pazienza".
Gli ostaggi dal basso sentono la sua voce e fissano l’esplosivo capendo che è finita.
22 giugno 03:20
Nirvana. SpankThrou.
Lei è la, da quando è sbucata così bella e letale mi risuona in testa la canzone degli
afterhour: “lei è là falsità come radioattività”, i tiratori scelti sono pronti, ma poi è
spuntato fuori quel detonatore collegato al filo di rame, forse è un bluff ma dobbiamo
pensare a salvare la situazione mentre il tempo stringe. Azzariti sottovoce propone di
mirare alle spalle in modo tale da tranciarle le braccia. Forse ha in mente la nike di
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Samotracia. Cesare dice che l’idea non è da escludere ma il bersaglio rispetto a noi
gode di una posizione privilegiata, a circa trenta metri di distanza è circa tre metri
sopra di noi, forse due e mezzo. Poi inizia a recitare in modo chiaro e scandendo le
parole il suo messaggio, c’è in mezzo Cristo, il peccato e il sangue, io non ci capisco
niente, Cesare si guarda attorno cercando una buona idea. Mentre la moglie di
Palmizi parla lascia la presa sugli ostaggi e si concentra sul detonatore. Azzariti dice
che è il momento, Cesare risponde che Palmizi e Zatti sono troppo vicini, manda due
incursori sul retro dell’edificio per prenderla alle spalle, ma l’idea migliore non fa in
tempo ad essere attuata perché Palmizi riesce a liberarsi dalle corde che gli bloccano
le mani, ci fa un segno strano con le dita. Solo Cesare sembra capirlo al volo, difatti
ordina a tutti di stare giù. Rimango in piedi imbambolato a fissare le dita di Palmizi,
prima cinque, poi quattro, poi tre, due, uno e infine sferra con il dorso della mano
destra un fendente sulla caviglia della moglie, questa presa alla sprovvista conserva
l’equilibrio ma lascia scivolare il detonatore che non tocca terra, ma pende verso la
tuta appeso al filo che lo collega al plastico. Palmizi senza riflettere si alza in piedi
puntando in terra le caviglia legate, e facendo leva sul torace spinge Valerio per le
scale facendolo cadere per diversi metri. Il povero Valerio rotola oltre il terzo
mosaico: “Cristo pietra vivente”, per fermarsi solamente all’altezza di “Cristo luce
del mondo”. Allora alzando le spalle Palmizi si rigira e incassando una ginocchiata al
basso ventre placca la moglie e la trascina a terra prima tirandole i capelli e poi
graffiando con le unghie la ferita sulla spalla. Il detonatore ancora pende oscillando
fra le piastre del mosaico e le cariche di plastico. Di colpo sono tutte e due a terra, lei
con la testa lo colpisce al naso, lui indietreggia la testa e riceve un altro colpo mentre
lei gli chiede:
- “perché l’hai fatto?”
- “perché ora so chi sei”
Sentiamo chiaramente anche noi queste parole che Palmizi scandisce mentre stringe
la moglie e aziona con la testa il detonatore a pochi centimetri. Nel frattempo io e
Azzariti ci avviciniamo per soccorrere Valerio Zatti, vediamo quindici incursori che
salendo le scale vengono gettati per terra dallo spostamento d’aria dell’esplosione, di
colpo le orecchie fischiano violentemente, vedo in maniera distinta la spina dorsale
della donna uscire fuori, impennarsi e fare un giro scavalcando la testa del marito per
finire la sua parabola sul mosaico di “Cristo figlio della luce”. Poi le teste dei due
morti prendono fuoco: i capelli ora sembrano i petali di un fiore disegnato per terra
con i colori del sangue, un rosso scuro, quasi nero. D’un tratto spunta qualche dente
che come una pallottola d’avorio rimbalza sui gradini. Valerio parla da solo,
l’esplosione è stata forte, si è formato un piccolo cratere dai contorni rossi, dal cui
centro sale in cielo il fumo e l’odore di carne bruciata che forte e deciso si solleva da
quel che rimane delle salme dell’ultima ombra e di suo marito. Dopo circa dieci
minuti una seconda esplosione incendia tutto l’ospedale, spazzando via le porte di
legno e i fregi che ornavano l’ingresso.
23 giugno 11:00
The Vines. I’m only sleeping.
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Dopo il trionfalismo dei primi telegiornali subito l’interesse dell’opinione pubblica
per la vicenda è diminuita. Anzi tutto l’affaire delitti di S.Pietro è passato totalmente
in secondo ordine. Un magnifico fondo di Lucrezia Trabini è stato pubblicato in
esclusiva sull’edizione speciale dell’ ”Eco dei Romani” e dopo le comparsate di
Giansante in molti talk show, i nostri superiori ci hanno gentilmente invitati a
prendere una bella vacanza e lasciar perder un’indagine, da ritenere ormai chiusa a
tutti gli effetti. Quando ero piccolo mio nonno mi incitava alla lettura, e mi invitava a
leggere anche i libri al di sopra delle mie possibilità: trattati filosofici, saggi tecnici e
biografie maniacali; mi diceva di apporre con la matita un punto interrogativo sui
punti che non riuscivo a comprendere, così per poi vedere a distanza di anni che quei
punti interrogativi non avevano ragion d’essere. Così ora l’indagine è per me un
immenso punto interrogativo, so come sono andate le cose, ma manca ancora un
perché che spieghi la morte di così tante persone in un quartiere di Roma tanto
piccolo. E son sicuro che anche questo punto interrogativo prima o poi non avrà
ragion d’essere. Rotellini alla fine ha trovato anche il passaggio che porta dal
tombino di via Barletta all’ospedale delle ombre. Nei sotterranei un vecchio argano
sollevava una pedana sino al livello della superficie. Ma non c’era nessuna impronta
e nessuna traccia era stata rinvenuta nel tragitto. Persino l’argano era stato
parzialmente distrutto dalla violenza dell’esplosione.
Valerio dopo due giorni al policlinico Umberto I ha riaperto gli occhi, ha ignorato
tutti noi che sedevamo intorno al suo letto e ha detto all’infermiera che gli stava
cambiando la flebo:
Lo sai hai delle scarpe bellissime?
27 giugno 09:15
Marysun Nicotina. Sabato è più facile non pensare.
Son passati cinque giorni: Vittorio non ha trovato Antinori e per il vecchio Franco è
stato spiccato un mandato di comparizione, Giansante sta per diventare prefetto alla
camera, ma è ancora un segreto, uno di quei segreti che sanno tutti. Personalmente ho
rimediato un encomio dal presidentissimo e Valerio continua tutti i giorni a chiedere
a Cesare:
- E io una medaglia me la merito, no?
Cesare i primi due giorni l’ha presa scherzando, poi da quando ha capito che il mio
collega non scherzava affatto mi ha ordinato di non farglielo più vedere, se gli chiede
ancora una medaglia ci toglie le ferie. A proposito partiamo fra tre giorni, io e Valerio
andiamo due settimane di licenza premio a Cuba, sperando di evitare il grosso del
caldo, doveva venire anche Cesare, ma ha preferito concentrarsi subito sul nuovo
incarico. Palmizi è morto stecchito, di fronte a noi e la sua ex scrivania occuperebbe
tutti i miei pensieri se Valerio non saltellasse per l’ufficio leggendo ad alta voce
l’elenco degli alcolici da portare a Cuba. Quando dalla A di Averna arriva alla K di
Kingston, suona il telefono, rispondo guardando fuori dalla finestra, il sole che non
smette di bruciare. È Antinori, è tornato a Roma e vuole vederci, gli dico che lo
stavamo cercando, lui risponde che per questo ha telefonato, ora è al suo bar, gli dico
che lo raggiungiamo subito per chiarire alcuni punti interrogativi. Riaggancio e dico a
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Valerio chi ha telefonato, appena sente il nome Antinori carica la pistola e corre sotto
al parcheggio per prendere la macchina. Intanto chiamo Giansante che risponde
svogliato e diffidente finché non sente il nome di chi ha chiamato, poi mi dice che ci
vediamo direttamente al bar del vecchio. Scendo e salgo in macchina, non so perché
lascio guidare Valerio che guida lento e chiude sempre all’ultimo le curve, sembra
che gli abbiano saldato il volante. Per tagliare il muro torto scendiamo per viale
Washington, passato il Tevere percorriamo Via Cola di Rienzo, sul san Pietrino
squagliamo tutte e quattro le ruote prima di salire per le mura vaticane. Alla fine
imbocchiamo viale Gregorio VII. Quando arriviamo Giansante ci ha preceduto, vedo
la sua BMW incastrata fra due scooteroni. Non è rimasto un parcheggio in tutta via di
Monte del gallo, così io scendo e dico a Valerio di fare un giro, magari se torna a
Gregorio VII un buco per parcheggiare lo trova. Appena entro nel bar privato di
Franco Antinori, il contatto con l’aria condizionata mi accarezza il volto rilassandomi
il cuore. Antinori e Giansante sono seduti ad un tavolo con davanti due caffè, appena
entro il vecchio si alza e prepara un espresso anche per me, Giansante mi fa cenno di
sedere accanto a lui, Antinori mi porge una tazzina e comincia a parlare.
- il caffè si gusta dopo aver bevuto un bicchiere d’acqua, prendete, dopo ci sono
anche dei cioccolatini ma sono in frigorifero, con questo caldo fuori si
rovinano, comunque passiamo alle cose serie. Vi ho chiamato perché ho saputo
del mandato di comparizione.
- Perché è sparito all’improvviso?
- Appena ho saputo della morte di mia nipote sono corso ad aprire la tomba di
famiglia, erano dieci anni che non l’aprivo, dalla morte di mia moglie e poi
sono riuscito a reperire informazioni molto preziose…
- Sapeva in che setta era sua nipote
- Pensavo si trattasse di tutt’altra cosa, mia nipote era l’ultimo famigliare che mi
era rimasto. Mia moglie e i miei figli sono tutti morti, con lei non ho voluto
impicciarmi della sua vita, come ho fatto per i miei figli. Mi bastava vedere che
stava bene, ma evidentemente ancora una volta non ho saputo proteggere i miei
cari.
- Sono morte molte persone, un poliziotto, un politico, un cardinale, un’intera
assemblea societaria, e altre persone, ma l’indagine è stata quasi insabbiata…
- Quindi non sapete ancora nulla, non avete trovato niente?
- No, l’ospedale subito dopo la morte dell’ultima ombra è saltato in aria quindi
in mano ci è rimasto solo un pugno di mosche.
- Allora, questa storia inizia nella calda estate del 44, veramente nessuno faceva
caso all’estate, tutti pensavano al conflitto mondiale anche perché la guerra ci
aveva lasciato in uno stato di povertà tale per cui l’estate era quasi un periodo
felice. C’era guerra e nient’altro, tutto quello che avevamo lo rimediavamo con
sotterfugi lambiccandoci la mente e arrovellandoci il cardine. Avevo
diciassette anni, negli anni in cui a diciassette anni si doveva essere uomini,
morto mio padre ci morivamo di fame, io succedetti a mio padre nella sua
attività familiare, ero il figlio più grande e da un giorno all’altro passai dal
giuoco della campana a dover mantenere mia madre e cinque fratelli. Mio
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-
-
padre costruiva carretti ma con la guerra gli affari erano diminuiti e con la sua
morte l’attività era praticamente bloccata, ci si doveva fidare per acquistare un
carretto. Così per la prima volta mi dovetti industriare, mia madre non aveva
da darci da mangiare, io raccolsi dalla strada due miei cugini rimasti orfani e
con mio fratello di anni quindici iniziammo a fornire una serie di servizi,
diciamo che rimediavamo tutto a tutti, era solo una questione di tempo e
denaro.
Cosa facevate?
Eravamo svegli, noi sapevamo cosa succedeva e provavamo ad approfittarne.
Se crollava un edifico metti caso una chiesa sotto i bombardamenti noi la notte
rovistavamo fra le macerie, eravamo sciacalli che razziavano quello che
trovavano, ma l’alternativa era la fame, non c’era niente e il business lo
creavamo giorno per giorno. Col tempo abbiamo iniziato a trasformare i
carretti in piccole barche, abbiamo iniziato a far fuggire gli ebrei dal 42 al 45 li
abbiamo fatti scappare, un’attività pericolosa ma cristianamente molto
appagante, eravamo giovani, non avevamo paura dei rischi e forse nemmeno li
capivamo.
Quanto vi rendeva?
Non c’era nulla, ci pagavano in oro e denaro, ma poi non avevamo neanche le
scarpe se nevicava, per un capotto facevamo follie.
E come tiravate avanti?
Contenti di non esser morti, costruivamo queste zattere e un giorno cercando
legna per costruirle trovammo dietro il bosco del mio paese uno spiazzo
enorme, coperto dal monte e dalle cime degli alberi, ci si arrivava da un
sentiero ripido che portava ad una radura circondata da alberi da frutto: mele,
ciliegie, fichi, limoni. Una benedizione di Dio circondata da un campo
immenso di camomilla. Con lo stomaco pieno di frutta ci venne voglia di
giocare e a forza di correre per il campo di camomilla crollammo per dieci ore
vinti dal sonno, ancora ricordo i rimproveri di mia madre. Erano arrivati i
tedeschi e lei era in pensiero. Povera donna. I tedeschi erano in ritirata e fuori
dal mio paese formarono un presidio pronto a difendere la spiaggia in caso di
sbarco degli alleati. Noi in quel periodo grazie alla frutta cominciammo la
borsa nera, davamo a raso e ci restituivano a colmo. Poi i miei cugini trovarono
una rete e con le barche cominciammo a pescare così tanto pesce da far
mangiare tutto il paese. Scambiavamo pesce per farina e grano.
Rendeva bene?
Si ma dal 45 in poi il business cambiò radicalmente, se prima facevamo
scappare gli ebrei, dalla fine della guerra cominciammo a far scappare i nazisti
più ricchi.
E questa idea come nasce?
Nasce il 21 agosto 44, giorno in cui mio fratello si accascia a terra, pallido
respira a fatica, probabilmente una crisi respiratoria, di corsa lo porto in
braccio dal medico del paese, il medico fa parte degli intoccabili, un
componente delle famiglie ricche e nobili, noi abbiamo la zappa, lui la corona.
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Gli busso alla porta malgrado l’ora notturna, lui non risponde, dopo un’infinità
mi dice che è meglio se torno domani, io dico che mio fratello sta morendo, lui
dice di farglielo vedere domani, io gli dico che domani è morto, lui dice allora
di cercare un prete. A questo punto io prendo a calci la porta, da dentro apre il
medico, ma esce il carabiniere del paese, dentro vedo il sindaco con una
puttana e il medico che fuma e ride, il carabiniere ci caccia a calci nel culo e ci
minaccia di sciogliere i cani se torniamo. Mio fratello muore mentre torniamo
a casa. Ma la cosa che mi fa più male ricordare è la faccia di mia madre, perché
per lei è come se mio padre fosse morto una seconda volta, piange per tutta
notte, a mattinata avanzata crolla finalmente a letto e io esco di casa con il
coltello di mio padre. Ho diciassette anni non conto niente a chi posso chiedere
giustizia, al giudice corrotto? Al carabiniere che già mi ha fatto capire chi lo
paga? Così per la seconda volta mi spremo le meningi e decido di rischiare il
tutto per tutto, vado al presidio tedesco. Dico di aver notizie per il comandante.
Dopo venti minuti di attesa questi mi riceve, parla tre lingue oltre al tedesco, e
l’italiano lo sa molto meglio di me. Io gli racconto la mia storia, lui mi ascolta,
poi porgendomi una sigaretta mi chiede cosa può fare per me, io chiedo
giustizia, lui mi offre vendetta, ma mi chiede anche come io lo possa
ricambiare. È li che mi viene l’idea, l’abbiamo fatto decine di volte per gli
ebrei in fuga, perché non può funzionare anche con i tedeschi? Chiaramente
non gli dico che abbiamo salvato tanti ebrei, gli offro semplicemente una via di
fuga anonima e discreta qualora gli eventi richiedessero una rapida uscita di
scena. Notte tempo predispone una camionetta con dieci soldati, personalmente
tira giù dal letto il medico, il carabiniere e il sindaco, a calci sulle gengive li
trascina sul camion e mi chiede se conosco un posto sicuro dove seppellirli, io
gli indico la radura dietro il bosco. Lì sul campo di camomilla il colonnello
parla con il medico e gli chiede cosa avesse fatto la sera prima, il medico
risponde che non mi ha mai visto prima, allora il colonnello mi passa la sua
pistola. La luna illumina la camomilla e il freddo acciaio sulla mano mi fa
sentire bene. Ma alla fine restituisco al colonnello la sua pistola per finire il
lavoro con il coltello di mio padre. Il resto lo sapete dai miei fascicoli
immagino.
Immagina bene.
Ma perché ci ha fatto questa confessione?
Perché quel colonnello delle SS che quel giorno mi ha reso giustizia, poi ha
riscosso il suo debito. Al momento di farlo fuggire non ha voluto imbarcarsi e
così l’ho messo in salvo in Vaticano con dei vestiti e documenti trafugati dalle
macerie di una chiesa, la curia di Roma si è trovata un vescovo fittizio che
parlava perfettamente quattro lingue. Poi facendo finta di tornare dall’America
del Sud ha testimoniato al processo contro di me, scagionandomi dalle accuse
sull’omicidio dei miei compaesani…
E dopo l’ha fatto scappare prima che condannassero lui al suo posto…
Si è ritornato in Vaticano, la curia ci hanno messo trenta anni a capire che era
un pazzo da allontanare. All’inizio si è guadagnato la stima per il suo zelo, non
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accettava compromessi e questo piaceva, poi gradualmente ha iniziato a
rivelare la sua vera indole. Negli anni ha plasmato un suo piccolo nucleo SS, a
metà fra la santità e la violenza nazista. Nell’ospedale che è bruciato, lui
sceglieva tra personale delle infermiere e fra le semplici volontarie come mia
nipote, aveva creato un suo culto a metà fra il suo passato di SS e il suo
presente di porporato. Ha dato delle regole e un addestramento eccellente. Il
primo prete che avete beccato quello che avete ammazzato l’ha fatto impazzire
lui, un lavaggio del cervello riuscito solo a metà. Il suo obiettivo era crearsi dei
fedeli da manovrare per i suoi scopi, questa era solo una prova generale, vuole
una predica armata e sanguinaria istruendo i suoi adepti ad adorare prima il
Fuhrer e poi il Cristo. Ha unito fanatismo politico e fanatismo religioso, ha
creato le sette ombre, la donna divenuta arma perfetta per la causa sanguinaria
di un pazzo scampato alla sua stessa persecuzione.
- E lei lo sapeva?
- No, i miei confidenti mi hanno informato solo dopo aver appreso della morte di
mia nipote, collegando tutto ho formulato queste mie conclusioni. Vi ho
chiamato perché non sono abbastanza giovane per fermarlo, ma sono troppo
vecchio per sapere che è andata esattamente così, sono caduto anche io nella
sua trappola, pensavo non fosse pazzo. È chiaro che chi ha vissuto la guerra è
strano, ma non credevo potesse essere così pericoloso per se e per gli altri.
- E sua nipote?
- Non lo so, lei era solo un’attivista cristiana, una volontaria di quell’ospedale,
poi la deve aver scelta al momento di creare le gerarchie del suo esercito.
In quel momento entra nel caffè un anziano uomo, magro, capelli canuti, occhi
bianchi, che si siede fra noi, dapprincipio pensiamo sia un amico di Antinori.
- Sig. Antinori come si chiama il colonnello tedesco?
- Ce l’avete di fronte chiedetelo a lui, dobbiamo chiarire ancora tante cose vero
colonnello?
Il nuovo venuto sorridendo risponde così:
- Si Franco sono passati tanti anni ma hai sempre problemi con i poliziotti
E dicendo queste parole tira fuori una PK, Franco Antinori è una maschera di sale
- Perché proprio mia nipote, io mi fidavo di te!
- Perché sapevo che non avresti mai indagato negli affari privati di tua nipote,
era l’unico modo per non averti in mezzo. Senti Franco sai dirmi dove
seppellire due cadaveri?
- No.
- Peccato Franco, allora aggiungendo il tuo i cadaveri saranno tre.
Giansante prova a prendere tempo:
- Perché colonnello sette assassini? Perché sette donne? Perché a S.Pietro?
Perché nessuna arma da fuoco?
- S.Pietro è un caso, ma visto che non credo al caso le dirò, era destino che
prima o poi si dovessero unire fede e guerra. Non ho dato armi da fuoco ai miei
soldati perché ingenerassero il panico tra la gente, perché sembrassero oltre
ogni ragionevole dubbio dei demoni e colpissero solo al buio e nel silenzio di
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una notte senza fine. Non erano assassini, erano un prototipo di esercito
perfetto. Io ho comprato quello spazio pubblicitario sul quotidiano. Loro
compito era pianificare e colpire, con me lontano, tutto quello che sarebbe poi
stato pubblicato nella pagina di fronte. Una grande esercitazione che io potevo
controllare a distanza comprando semplicemente il giornale. Pensateci ho
creato il soldato superiore che per anni ho inseguito, è un soldato che non è
solo addestrato ma non ha dubbi, nutre una fede cieca che lo sospinge verso il
suo obiettivo senza dubbio alcuno. In ogni istante vede il suo bersaglio, ed è
infervorato dal sangue della battaglia perché vi vede la purezza e la redenzione.
È entusiasta di morire perché non si sa vedere perdente. Le ho scelte donne
perché sono l’arma per eccellenza, sono pazienti, resistono al dolore e
imparano in fretta. Le ho scelte fra le infermiere di professione e le volontarie
dell’ospedale che ho gestito, poi siamo passati clandestinamente in quel
vecchio ospedale fatiscente dove abbiamo completato il lungo addestramento.
All’inizio eravamo dieci persone: il prete che spargeva i cadaveri dei gatti
l’avete ammazzato e ci avete fatto un grande favore, era così ben addestrato
che poteva costituire un problema fastidioso, però il suo cervello era già andato
da tempo. I miei sette soldati li avete conosciuti e il decimo era tra voi.
All’Idioteca vi siete salvati solo perché si è interrotto il contatto con Giansante,
e Vittorio non è riuscito a rigirare le notizie ai miei soldati, può star sicuro che
vi avremmo trucidati se non aveste iniziato a sparare all’impazzata. Vittorio il
mio decimo e più prezioso soldato era un semplice barelliere, è incredibile
l’influenza che possono esercitare gli alti prelati nei concorsi pubblici.
In quel momento entra Vittorio che tira fuori la pistola e la punta su Cesare. Ora
capisco perché ha perso la foto dello strizzagatti: era lui l’uomo brizzolato sullo
sfondo. In me avanza prepotente la convinzione che sia l’ultima volta che vedo
Vittorio in vita mia. E mentre il colonnello alza la sua PK sulla mia testa puntando
dritto al centro della mia fronte, inizio a sudare e chiedo:
- Colonnello visto che è l’ultima volta che ci vediamo, potrebbe chiarirmi
l’unico dubbio che ancora non riesco a risolvere?
Il colonnello non mi considera, punta dritta la sua PK al centro della mia fronte e
chiede a Vittorio:
Chi è questo, quello che ha freddato i miei soldati?
- Si, signore proprio lui.
Il colonnello mi riguarda e poi mi domanda:
- Così lei è quello che spara?
- Si, sono proprio io.
Ormai rispondo in automatico, senza più pensare alle risposte, convinto solo che è
l’ultima volta che vedo Vittorio e il Colonnello.
- Allora mi dica qual è il suo dubbio.
- Come ha fatto Franco Antinori a farla nascondere in Vaticano?
- Non lo sapeva neanche lui come fare, mi ha dato un abito di un monsignore
morto tempo prima dentro una chiesa bombardata. Insieme siamo andati a
Roma, abbiamo viaggiato tutta la notte. Una volta arrivati ci ha ricevuto un alto
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prelato, il giovane Franco disse che mi aveva salvato da sotto le macerie e io
avevo perso la memoria. Non so se l’alto prelato mangiò la foglia, ma di sicuro
dopo la guerra serviva una nuova classe dirigente anche nella chiesa, servivano
elementi per rimpiazzare i caduti o nuove forze da spedire in prima linea dove
ancora c’erano pericoli. Un uomo in grado di parlare quattro lingue era
sicuramente utile alla causa di santa madre chiesa. In più con il pericolo del
comunismo, si chiudeva un occhio su certe simpatie estremiste di destra. Ma
ora se vuole può chiudere gli occhi, lei sarà il primo….
In quel momento entra dalla porta Valerio che in un attimo afferra la sua Parabellum
e centra il colonnello alla testa, poi mentre Vittorio spinge la pistola contro la tempia
di Cesare, Valerio gli spacca il cuore con un proiettile che entra senza far rumore nel
torace del quarantenne brizzolato e lo fa caracollare sulle ginocchia di Giansante.
Antinori guarda il cadavere del colonnello cadere sul tavolo ribaltando le tazzine e il
posacenere. Sul suo viso non ci sono emozioni, solamente una lacrima tradisce la sua
umanità. Per la prima volta la morte non mi fa alcun effetto. Giansante si alza
scostandosi dalle gambe il corpo di Vittorio, una macchia di sangue ha colorato le sue
scarpe. Cesare saluta Franco toccandogli una spalla:
- Noi qui oggi non ci siamo mai stati, le faccio le mie più vive condoglianze per
sua nipote…
- Grazie Giansante, ci penso io al colonnello e al vostro collega.
- Vieni Martino, esci Valerio, il sig. Antinori sa cosa fare.
Quando chiudo la porta il vecchio comincia a piangere e mentre Cesare risale veloce
sulla sua BMW per scendere via Monte del gallo, sento Valerio che a gran voce gli
chiede:
- E ora me la merito una medaglia?
- Come hai fatto a capire che dovevi sparare anche a Vittorio?
- Non mi è mai stato simpatico.