la via appia antica
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la via appia antica
ENTE REGIONALE PARCO DEI MONTI AURUNCI Viale Glorioso, snc 04020 Campodimele (LT) Tel. 0771 598114/30 - Tel./Fax 0771 598166 sito web: www.parchilazio.it e-mail: [email protected] [email protected] REGIONE LAZIO LA VIA APPIA ANTICA NEL PARCO NATURALE DEI MONTI AURUNCI a cura del Prof. Lorenzo Quilici L’intervento è finanziato dalla Regione Lazio in accordo con il Ministero dell’Ambiente e per la Tutela del Territorio, di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze (APQ7 II°) Responsabile Unico del Procedimento: Ermenio Corina A cura del Parco Naturale dei Monti Aurunci Commissario Straordinario: Mauro Antonelli Direttore: Giorgio Biddittu Settore Amministrativo Promozione Sviluppo Dirigente: Corrado Boccia Settore Tecnico-Tutela Dirigente: Giuseppe Marzano Testi: Lorenzo Quilici Foto: Lorenzo Quilici Giorgio Biddittu Michele Venditti Progetto grafico: Stampa: Tipografia Anxur Un nuovo risultato da aggiungere a quelli conseguiti in pochi anni dal Parco Naturale dei Monti Aurunci: la realizzazione di una guida per l’interpretazione del tracciato dell’Appia Antica e di una serie di pannelli divulgativi allestiti lungo il percorso che si snoda per più di tre chilometri all’interno dell’area protetta. Grazie all’accresciuto impegno dell’Assessorato all’Ambiente e Cooperazione tra i Popoli per la tutela e la valorizzazione delle aree protette del Lazio, il recupero di un tratto del tracciato dell’Appia Antica che si snoda nel Parco Naturale dei Monti Aurunci si traduce oggi in azioni concrete che arricchiscono l’area protetta di nuovi elementi d’interesse per i visitatori del Parco, per il mondo della scuola, per gli studiosi, rafforzando in tutti coloro che in questi anni si sono battuti per l’istituzione delle aree protette la consapevolezza di percorrere una strada giusta, per consentire a tutti di conoscere e vivere in aree dove i valori ambientali sono ancora al centro dell’attenzione, per un futuro dove le relazioni tra uomo e ambiente possano svilupparsi in armonia, secondo i principi della sostenibilità. Filiberto Zaratti Assessore all’Ambiente e Cooperazione tra i Popoli Se le pietre dell’Appia Antica potessero parlare… racconterebbero a partire dal 312 a.C. della scelta accurata del tracciato, delle fatiche per il taglio delle rocce, per i terrazzamenti e i ponti realizzati nelle valli più impervie, per la sistemazione del lastricato, per la realizzazione di templi ed enormi cisterne. Racconterebbero di legioni romane in marcia, di mercanti diretti in Oriente, di battaglie e di agguati di briganti, di viaggi straordinari e di eventi quotidiani, di personaggi comuni e di miti della storia, fino alle soglie dei nostri giorni. Una strada che nei secoli ha attraversato e determinato il destino di popolazioni vicine o lontanissime da Roma. Più di duemila anni di storia che ancora oggi riservano agli studiosi sorprese continue, come quella lungo il tratto dell’antica strada tra Itri e Fondi, dove sono stati individuati dal Prof. Lorenzo Quilici i resti di un grandioso tempio dedicato ad Apollo. Un tratto di strada lungo più di tre chilometri, all’interno del Parco Naturale dei Monti Aurunci, che la Regione Lazio, Assessorato all’Ambiente e Cooperazione tra i Popoli, in collaborazione con l’Ente di gestione dell’area protetta, sta recuperando e restituendo alla fruizione dei visitatori; un tratto di Appia Antica di particolare suggestione dove oggi le pietre finalmente “parlano” a tutti, con l’ausilio di questa guida e dei pannelli allestiti lungo il percorso, e raccontano gli elementi più significativi che caratterizzano il tracciato della “regina viarum” che attraversa questa area. Una strada straordinaria, che nel mondo non ha uguali e che qui, nel Parco, lungo una stretta valle circondata da rocce di calcare e piante della macchia mediterranea, riesce a stupire e ad aggiungere nuovi elementi di conoscenza alla storia dell’evoluzione dell’uomo. Mauro Antonelli Giorgio Biddittu Direttore Commissario Straordinario INDICE 4 6 7 10 13 16 Visione d’insieme della Via Appia Antica nel Parco Naturale dei Monti Aurunci 19 Il Fortino S.Andrea 22 Il Tempio di Apollo 25 Piazzola di sosta 27 La Via al Miliario Borbonico 30 Il Ponte Rinascimentale e l’Epitaffio La Via Appia La Via di Appio Claudio La Via Appia nella gola S.Andrea La strada Borbonica La strada Romana LA VIA APPIA ANTICA REGINA VIARUM [... poi ho visto i sepolcri diruti lungo la via Appia: quella gente lavorava per l’Eternità; e teneva conto di tutto, ma non poteva prevedere la stupidità dei devastatori, alla quale tutto ha dovuto cedere.] Dal diario di viaggio, Italienische Reise, di W. Goethe lungo la via Appia nel 1786 La piana di Fondi [non può non sorridere a chiunque la percorra], coronata dalla sua [vasta e superba regione di monti e di valli...] Dal diario di viaggio, Italienische Reise, di W. Goethe lungo la via Appia nel 1786 Da Fondi [... seguendo l’Appia, da entrambe le parti fiancheggiata di mirto verdeggiante e di lauro, si sale dolcemente ai colli feraci di vino e d’olio ove sta il Castello d’Itri.] Dall’ Itinerarium Italiae totius, Colonia 1602 a cura del Prof. Lorenzo Quilici Università degli Studi di Bologna Facoltà di Lettere e Filosofia Dip. di Archeologia 4 VISIONE D’INSIEME DELLA VIA APPIA ANTICA NEL PARCO NATURALE DEI MONTI AURUNCI VISIONE D’INSIEME DELLA VIA APPIA ANTICA NEL PARCO NATURALE DEI MONTI AURUNCI SITI STORICO ARCHEOLOGICI 1 35° miliario borbonico. 2 Grande terrazzamento della Forcella, stazione di sosta antica alla sommità del valico. 3 Casino di guardia borbonico. 4 Ponte borbonico, eretto da Ferdinando IV nel 1768 in relazione all’ammodernamento della strada. 5 Calcara novecentesca. 6 La strada nell’imbrecciata borbonica del 1768, sostenuta sul lato a valle da una colossale muraglia in opera quadrata di II-I secolo a.C. 7 Tratto lastricato dell’età di Caracalla (216 a.C.), con muro di sostegno della via in opera quadrata del II secolo a.C. 8 Piazzola lastricata di età borbonica, per lo spo- gliamento delle acque piovane e il loro decorso nel chiavicotto sul lato vallivo. 9 Tratto lastricato dell’età di Caracalla, con muro di sostegno della via in opera quadrata del II-I secolo a.C. 10 Fortino di S.Andrea, eretto in età napoleonica sui colossali avanzi di un tempio di Apollo. Il tempio, già esistente nel IV secolo a.C., fu potentemente ristrutturato tra il II e il I secolo a.C. 11 Stazione di sosta antica, con piazza ricavata nel I secolo a.C. in cui è presente una cisterna in opera incerta potenziata da strutture di accoglienza in opera reticolata. 12 Strada lastricata dell’età di Caracalla (216 a.C.) e miliario borbonico. 13 Strada lastricata dovuta a un restauro di Filippo II re di Spagna nel 1568. 14 Ponticello di età napoleonica. 15 Grandioso ponte di Filippo II re di Spagna, eret- to nel 1568. L’arco, distrutto durante l’ultima guerra, è stato ricostruito nel 2004. 16 Epitaffio di Filippo II re di Spagna, eretto nel 1568 da Parafàn de Ribera, duca di Alcalà e viceré di Napoli. 17 Cisterna romana pertinente a una stazione di sosta della strada, ai piedi del valico. 18 Strada selciata borbonica, con resti del terrazzamento in opera poligonale di età romana. VISIONE D’INSIEME DELLA VIA APPIA ANTICA NEL PARCO NATURALE DEI MONTI AURUNCI LEGENDA Strada lastricata romana (216 d.C.) Strada lastricata rinascimentale (1568) Strada selciata borbonica (1768) Monumenti sul percorso 5 6 LA VIA APPIA Lazio, la Campania, il Sannio, la Puglia: le regioni, cioè, che allora costituivano la parte più ricca e civile della Penisola. La strada, in tal modo, non solo divenne la più importante arteria per il Mezzogiorno ma, attraverso Brindisi, divenuta la testa di ponte per i traffici d’oltremare, fu anche il tramite principale di ogni legame che venne a unire l’Italia alla Grecia, al vicino Oriente e all’Africa. LA VIA APPIA La costruzione della via ha rappresentato nell’antichità un evento di straordinaria portata, non solo dal punto di vista dell’ingegneria, ma per le implicazioni storiche intese alla sua realizzazione, che coinvolsero per più di un millennio le civiltà bagnate da oltre la metà del Mediterraneo. La via fu creata nel primo tratto, fino a Capua, dal censore Appio Claudio nel 312 a.C., nel pieno della Seconda Guerra Sannitica e dell’espansione romana in Campania; venne prolungata in seguito, per Benevento, Venosa, Taranto e Brindisi, man mano che le armi romane avanzavano nelle regioni meridionali, e fu conclusa prima del 191 a.C. La via venne pertanto a percorrere tutta l’Italia, allacciando il Tirreno all’Adriatico e attraversava il 7 LA VIA DI APPIO CLAUDIO LA VIA DI APPIO CLAUDIO Quando Appio Claudio realizzò il primo tratto della via, fino a Capua, si era nel pieno della Seconda Guerra Sannitica e Roma mirava ad espandersi in Campania, per esercitare la sua tutela su quella città e su Napoli, sulle quali premevano gli interessi delle popolazioni italiche dell’Appennino. Capua (oggi S.Maria Capua Vetere) era allora, per importanza e grandezza, la terza città d’Italia, dopo Roma e Taranto, e costituiva il più importante nodo per le comunicazioni per il Meridione, allacciando, oltre alla Campania, all’Irpinia e alla Puglia da una parte e la Lucania e il Bruzio (come veniva chiamata la Calabria) dall’altra. Appio Claudio intendeva far raggiungere quanto più rapidamente possibile Capua, mèta delle ope- razioni militari, fornendo un’alternativa al percorso che la via Latina (cioè, all’incirca l’attuale via Casilina) apriva lungo le valli del Sacco e del Liri e che rappresentava da secoli l’unica via naturale per i collegamenti centro-italici del versante tirreno. La via Latina, come tutte le strade a quel tempo, era ancora formata non da un tracciato unitario, ma dall’allacciamento spontaneo che si era sviluppato tra centro e centro contiguo, così da risultare alla fine, sull’intera distanza, un percorso lungo e tortuoso. Il versante marittimo era stato invece, fino ad allora, quasi impraticabile, essendo sbarrato dalle paludi Pontine, dai Monti Lepini, Musoni ed Aurunci, dalle paludi e dalle foci di grandi fiumi, quali il Garigliano e il Volturno. La via Appia, come venne realizzata attraverso questi territori, costi- 8 LA VIA DI APPIO CLAUDIO tuì subito un modello del tutto nuovo nel quadro delle comunicazioni, proprio perché fu progettata con il carattere di una strada di grande comunicazione, attraverso un ambito geografico non solo tanto arduo dal punto di vista ambientale, ma che a quel tempo si mostrava soprannazionale. La strada ha rappresentato una straordinaria conquista di tecnica e di ingegneria, con l’affermazione di un disegno razionale anche a costo di estremi sacrifici, al di sopra delle avversità prevaricanti, che tuttavia non hanno disarmato dal volerne realizzare la costruzione. Possiamo paragonarla, concettualmente, alle moderne autostrade: non si curava, infatti, di allacciare le pur importanti città che incontrava sul percorso, alle quali si collegava mediante bretelle di raccordo, ma puntava diretta quanto più possibile al traguardo finale: Capua appunto, vista come ultima mèta su di una lunga distanza. Il tracciato fu condotto per questo su linee a perfetto rettifilo, traguardando i passi e i valichi obbligati dalla conformazione geografica dei territori attraversati: non preoccupandosi delle difficoltà tecniche frapposte alla sua realizzazione pur di rendere rapido il percorso. È esemplare di ciò il primo tratto, tra Roma e Terracina, tra le cui città il collegamento fu condotto con un unico straordinario rettifilo di ben 90 km, con i quali la via superava la Campagna Romana, tutti i Colli Albani, l’immensa distesa pontina (non curandosi ad esempio di allacciare Velletri, alla quale porta invece la via moderna). Così possiamo apprezzare i bei rettifili che la via moderna, ricalcando l’antica, conduce ancora nella piana di Fondi, alla base delle montagne per aggirarne i laghi costieri. Altrettanto esemplare è il superamento del passo di Itri, che 9 LA VIA DI APPIO CLAUDIO costituiva un valico estremamente arduo, soprattutto per gli strapiombi rappresentati dal percorso lungo la Valle di S.Andrea. La Via Appia conduce infatti, tra Fondi e Formia, un percorso spettacolare, dovendo oltretutto attraversare, al valico di Itri, le avversità dei Monti Aurunci. La via, solo in parte perpetuata dalla strada moderna, conserva stupefacenti testimonianze della sua storia antica, con templi, ville, mausolei, ponti, tagli rupestri, grandiosi viadotti in opera poligonale, magnifici tratti di selciato poligonale, miliari, fontane, stazioni di servizio, ville sontuose. Il percorso da Fondi si inerpica lungo la valle di S.Andrea entrando nel territorio di Itri e lungo di essa il tracciato attuale è stato creato alla fine dell’Ottocento, deviando da quello antico: la via oggi sale sul lato sinistro della valle, la via romana sul lato destro. Quest’ultimo percorso è stato recuperato ai nostri giorni a costituire il Parco Archeologico della Via Appia Antica: vi si accede prendendo a destra la carrareccia che si stacca dall’Appia attuale al km 125,8 (e che percorre già l’antica) e seguendola per circa 700 m per raggiungere l’inizio della zona archeologica e l’area di parcheggio; oppure staccandosi dall’Appia attuale a destra del km 129,6, dove è presente un altro parcheggio. Tra i due parcheggi, seguendo la strada antica, vi sono 2 km. 10 LA VIA APPIA NELLA GOLA S.ANDREA LA VIA APPIA NELLA GOLA S.ANDREA Lungo la valle la Via Appia presenta un tracciato particolarmente monumentale, dovendo superare condizioni di terreno assai ardue: il fatto poi che essa non sia stata ripercorsa dalla via attuale, ne ha permesso il recupero e la valorizzazione in tutta la sua evidenza spettacolare. Sul percorso si segue la strada romana, incisa sul fianco montano tagliando la rupe sul lato a monte fino ad altezza di 4-6 m e terrazzando il lato a valle con potenti muraglie in opera quadrata o poligonale, che si seguono per centinaia di metri, alte fino a 12-14 m. La via è pavimentata in poligoni di basalto vulcanico, larga in origine 4,2 m e fornita di marciapiedi in battuto sui lati. A metà del percorso il paesaggio è dominato da un santuario dedicato ad Apollo, che si sviluppa su colossali terrazzamenti di ultima età repubblicana e sul quale si è impostato un fortino, il Fortino di S.Andrea, di età napoleonica. Lungo il percorso della strada si documentano tratti con i quali la via è stata mantenuta in efficienza nei secoli medievali e moderni, con restauri e veri rifacimenti, così che l’itinerario si presenta come una straordinaria storia della tecnica stradale nel LA VIA APPIA NELLA GOLA S.ANDREA tempo, dall’epoca del suo costruttore, Appio Claudio alla fine del IV secolo a.C., fino alla fine del XIX secolo. Gli interventi di rifacimento più importanti sono stati quelli alla fine del Cinquecento, dovuti al duca di Alcalà, viceré di Napoli per conto di Filippo II di Spagna, e quelli di poco oltre la metà del Settecento, dovuti a Ferdinando IV di Borbone. 11 12 LA VIA APPIA NELLA GOLA S.ANDREA L’intervento cinquecentesco si conserva soprattutto nel tratto più a valle del percorso di visita, con il ponte rinascimentale e l’epitaffio che celebrava l’opera, e la sede stradale si presenta in acciottolato guarnito di spina spartitraffico centrale, di basoli antichi ricollocati; il rifacimento settecentesco si segue soprattutto nel tratto più a monte del percorso, ma anche dopo, con la sede stradale ben imbrecciata, piazzole di spogliamento dell’acqua piovana sul percorso, larghe cunette laterali e il parapetto che accompagna ancor oggi tutto il tracciato. LA STRADA BORBONICA LA STRADA BORBONICA La via si presenta all’incirca come è stata ristrutturata nel 1767-68 da Ferdinando IV di Borbone: il re di Napoli aveva rinnovato tutta la via Appia nell’ambito del suo regno, fino a Capua, e poi la strada per Napoli, per accogliere la sposa, Maria Carolina d’Asburgo, alla quale si era già unito in matrimonio per procura e alla quale venne incontro a Fondi, all’ingresso del Regno, nel 1768. La via fu allora completamente ristrutturata, seppellendo i resti della via romana, allargandola da 13 14 LA STRADA BORBONICA 4,2 a 4.6-4,8 m, con un piancito di breccia contenuto da un doppio allineamento di basoli romani capovolti: la breccia era fondata su una potente base di grosso pietrame imbrigliato, curando le cunette di drenaggio laterali, chiaviche e chiavicotti, nonché fognoli nel sottosuolo, rinnovando i parapetti (sono quelli che si conservano su quasi tutto il percorso) e i ponti (come quello a monte, all’imbocco del parco). Dove nel sottosuolo la via romana si conservava, fu incisa da traverse ribaltandone i basoli, in modo da formare briglie che impedissero lo slittamento del for- 15 LA STRADA BORBONICA te, anche del 10-12 %, per impedire il dilavamento della breccia superficiale durante gli acquazzoni, su posizioni di convenienza vennero costruite anche delle piazzole in opera quadrata, riutilizzando i selci romani, che con un gioco di controtendenza convogliavano l’acqua piovana su chiavicotti laterali. 16 LA STRADA ROMANA LA STRADA ROMANA La via antica si presenta lastricata in massi di basalto vulcanico, larga in origine 4,2 m, oggi ridotta per le distruzioni che le sono state praticate sul percorso. Da un miliario conservato nel paese di Monte S.Biagio, sappiamo che questo lastricato fu posto dall’imperatore Caracalla nel 216 d.C., che rinnovò in tal maniera, da Terracina a Formia, un lastricato più antico in calcare, ormai usurato: viam ante hac lapidem albo inutiliter stratam et corruptam, silice novo, quo firmior commeantibus esset, per milia passum XXI sua pecunia fecit (la strada, già lastricata di pietra bianca, LA STRADA ROMANA ma ormai rovinata e impraticabile, l’imperatore a sue spese rinnovò di selce nuova per 21 miglia, perché il selciato fosse ben più stabile per coloro che vi transitano). La sede lastricata serviva al transito carraio e la sua larghezza era sufficiente all’incrocio dei carri; presenta anche marciapiedi laterali in battuto, larghi in genere 1,1 e 2,2 m per parte, così che la larghezza complessiva della via appare di 8-9 m. È parso di poter riconoscere la fase originaria della via, quella tracciata da Appio Claudio nel 312 a.C., particolarmente nel tratto più a valle, contenuta in rozza opera poligonale e imbrecciata per un’ampiezza di 9-9,7 m. Per costruire la via sul fianco della gola, questa fu incisa sul lato a monte con tagli rupestri alti fino a 6 m e terrazzata comunemente sul lato a valle dagli stessi blocchi che derivavano dal taglio. I terrazzamenti nei punti più impervi si presentano ancora per centinaia di metri, 17 18 LA STRADA ROMANA alti fino a 9-12 m: sono in opera poligonale a secco, di fattura assai rozza (quelli risalenti forse proprio all’intervento di Appio Claudio), o in opera poligonale guarnita di potenti speroni esterni (risalenti forse al II secolo a.C.), o in opera quadrata o poligonale più o meno raffinata, a volte rafforzata da gettate di calcestruzzo alle spalle (inizio I secolo a.C. - metà del II secolo d.C.), che documentano gli interventi che già nei lunghi secoli dell’evo antico hanno mantenuto in efficienza la via. Sul percorso si sono riconosciute piazzole di sosta, attrezzate per la sosta e il ricovero dei viandanti e dei mezzi. 19 IL FORTINO DI S.ANDREA IL FORTINO S.ANDREA Il valico, oggi facente parte del Lazio meridionale, nei secoli passati apparteneva al Regno di Napoli, in quanto il confine con lo Stato della Chiesa si poneva poco a sud di Terracina: il passo veniva a rappresentare strategicamente, di fatto, il vero ingresso a quel Reame. I Monti Aurunci, infatti, e le sue gole costituivano uno sbarramento impervio, che poteva facilmente essere chiuso da interventi di fortificazione, esistenti per altro fin dal Medioevo e che riconosciamo ancora in opere architettoniche di grande scenografica, come il Forte di S.Andrea che domina la gola, costruito al di sopra dei terrazzamenti di un tempio dedicato ad Apollo. Il forte e la sua posizione sono famosi anche per i ricordi letterari, i fatti storici e le leggende che li riguardano: le rovine del tempio di Apollo sul quale sorge, così imponenti, sarebbero state una fortezza costruita dai Romani per sbarrare il passo ad Annibale; Gregorio Magno vi racconta fatti paurosi di diavoli, per cacciare i quali sul tempio venne costruita una cappella dedicata a S.Andrea Apostolo, cha ha lasciato il nome alla valle e al forte. Si ricordano sul luogo grandi battaglie per il controllo del regno di Napoli a partire dal Cinquecento, con eserciti napoletani e pontifici, spagnoli, francesi, tedeschi, au- striaci. Il passo fu controllato non di rado anche da celebri briganti, dotati di imponenti corpi di truppe proprie, come quelle del terribile bandito Sciarpa, che aveva sbarrato la via Appia ma che, saputo della presenza di Torquato Tasso timoroso a Formia, lo avrebbe ricevuto nel 1592 con ogni cortesia; al tempo della rivolta napoletana di Masaniello, nel 1647 brigandesche figure come i D’Arezzo di Itri e 20 IL FORTINO DI S.ANDREA Papone, un altro celebre bandito, assoldati da Enrico di Lorena, il duca di Guisa, bloccarono il passo per impedire la restaurazione spagnola; nel 1734 gli Austriaci, padroni del Napoletano, fortificarono ancora la posizione per impedire il rientro delle truppe spagnole guidate da Carlo di Borbone. Poi Frà Diavolo di Itri, un ennesimo celebre bandito divenuto successivamente ufficiale dell’esercito borbonico, nel 1798 vi difese eroicamente l’acces- so al Regno contro i Francesi; e Gioacchino Murat, divenuto re di Napoli, costruì il forte di S.Andrea come oggi lo vediamo, per sbarrare nel 1814 il valico agli Austriaci. L’ultima battaglia condotta dal Forte di S.Andrea fu quella contro l’esercito piemontese nel 1860, in appoggio a Gaeta, ove Francesco II di Borbone si era trincerato. La costruzione del forte comportò lo spianamento dei resti antichi che sorgevano sui terrazzamenti romani, che furono mantenuti per impostare i cannoni a dominio della valle. Un fossato artificiale difendeva su questo lato i bastioni, entro i quali la via era portata con un ponticello entro una tenaglia controllato da muri avanzati, guarniti di feritoie per il tiro di fucileria ravvicinato. Si conservano bene, sopra i terrazzamenti romani, le piazzole per il posizionamento dei pezzi di artiglieri, protetti da muri attraverso i quali si aprono le bocche di tiro a ventaglio. Il bastione sulla sinistra entrando presenta anche un muro che chiude il campo 21 IL FORTINO DI S.ANDREA alle spalle, con feritoie per il tiro di fucileria. A un livello più alto di tutte queste strutture è un recinto trapezoidale, che accoglieva gli apprestamenti in legno delle caserme e, più in alto di tutti, una casetta era quella che accoglieva il comando. La fortificazione ha origini medievali e si lega al mito del bandito Frà Diavolo. La costruzione, così come oggi lo vediamo, è di età napoleonica e la si deve al breve regno napoletano di Gioacchino Murat, tra il 1806 e il 1814, davanti alla minaccia austriaca. 22 IL TEMPIO DI APOLLO IL TEMPIO DI APOLLO Circa a metà della salita la Via Appia antica era dominata da un grandioso santuario dedicato ad Apollo. Consta di tredici spettacolari terrazzamenti in opera poligonale e in calcestruzzo con paramento in opera incerta, tra di loro concatenati e che fanno fronte sui due lati della strada per circa 70 m e si allungano a lato della valle per oltre 200. All’interno dei dieci terrazzi più imponenti si articolano ventisette concamerazioni voltate, delle quali 20, o 26, a uso di cisterna, per una capacità d’acqua di almeno 2.251, forse 2.757 mc d’acqua. 23 IL TEMPIO DI APOLLO Tali strutture si datano dal IV secolo a.C., ma appartengono soprattutto alla fine del II e all’inizio del I secolo a.C. Al di sopra dovevano trovar posto, con il tempio vero e proprio, altri annessi sacri, altari statue, cappelle, il boschetto di alloro sacro al dio, portici, fontane, alberghi, giardini e ricoveri per i malati, essendo Apollo il dio della medicina. 24 IL TEMPIO DI APOLLO con quattro colonne sulla fronte, dovuto probabilmente a una ricostruzione di Caracalla. Alla fine del VI secolo d.C. l’edificio, ritenuto dimora di demoni, accolse al suo interno una cappella dedicata a S.Andrea Apostolo, poi per tempo scomparsa ma che ha lasciato il nome alla località e alla valle. Tutte queste strutture superiori sono state spianate per la costruzione del forte, il tempio compreso, che si conservava quasi intatto e che conosciamo da riproduzioni fatte da un vedutista romano, C.Labruzzi, nel 1789. Il tempio era in laterizio 25 PIAZZOLA DI SOSTA PIAZZOLA DI SOSTA Sul percorso della Via Appia si sono riconosciute piazzole, attrezzate per la sosta e il ricovero dei viandanti e dei mezzi. La meglio conservata si trova poco a valle del fortino di S.Andrea, ricavata da un intaglio di cava rettangolare sul lato a monte della strada, mentre il lato a valle si allargava sostenuto da una potente muraglia in blocchi parallelepipedi ricavati dalla cava stessa e rafforzati all’interno da gettata in calcestruzzo. La piazzola è lunga circa 50 m e larga 50-52. La 26 PIAZZOLA DI SOSTA parte centrale del terrazzamento, caduta per le alluvioni del fosso, fu ricostruita con un muro cementizio più arretrato all’inizio dell’Ottocento. A lato della piazza, a ridosso della roccia, è presente una cisterna con muri cementizi, restaurata poi in opera reticolata quando le fu anche addossato un ambiente coperto di accoglienza, oggi quasi scomparso. La piazzola doveva servire anche a creare una pausa nel traffico in caso di sovraffollamento del santuario di Apollo posto poco al di sopra, con la via bloccata da cerimonie di culto. Altre piazzole di sosta si trovavano a circa 200 m a valle del Ponte dell’Epitaffio, in località Mole Perito, dove resta una cisterna in calcestruzzo ed esisteva una gran piazza a uso di caravanserraglio; un’altra a 600 m a monte del Parco, in località La Forcella, dove la piazza è data in parte dal piano superiore di una vasta cisterna in calcestruzzo, che terrazza con fronte a speroni il pendio. 27 LA VIA AL MILIARIO BORBONICO LA VIA AL MILIARIO BORBONICO La via si distingue sul percorso per la presenza di un miliario borbonico, il 36 computato da Capua. La via in questo tratto è contenuta da una doppia rozza muraglia di opera poligonale a secco, nella quale è parso di poter riconoscere la fase originaria della via, quella tracciata da Appio Claudio nel 312 a.C., in origine solo imbrecciata per un’ampiezza di 9-9,7 m; la via fu poi lastricata, forse in età augustea, in massi poligonali calcarei non molto grandi, sostituiti nel 216 d.C. da un potente piancito, quello che oggi si vede normalmente, realizzato con massi di basalto vulcanico, che un milia- 28 LA VIA AL MILIARIO BORBONICO rio conservato a Monte S.Biagio informa rinnovato dall’imperatore Caracalla. A monte del miliario si possono riconoscere tracce dei bordi di contenimento del lastricato (le crepidini), con selci messi a coltello e che davano alla via selciata la larghezza di 4,2 m (14 piedi romani). I bordi di selci posti a coltello, che normalmente si vedono, non sono dovuti alla via antica, ma alla via rifatta da Ferdinando IV di Borbone nel 176768, che aveva allargato la via romana a 4,6-4,8 m, seppellendo il lastricato originale e sostituendolo con un nuovo piano imbrecciato. Subito a valle del miliario vi è un breve tratto di strada di massi antichi ricollocati (come si vede 29 LA VIA AL MILIARIO BORBONICO dalla non perfetta giunzione dei poligoni sui lati), dovuti probabilmente a un restauro condotto da Carlo di Borbone nel 1738. Subito a valle, prima del ponticello che supera il piccolo fosso sullo sfondo, è ben conservato un tratto dell’impegnativo intervento di ripavimentazione, condotto nel 1568 da Parafàn de Ribera, duca di Alcalà, viceré di Napo- li per conto di Filippo II di Spagna, al quale si deve anche il ponte e l’epitaffio siti più a valle: la struttura è un acciottolato, guarnita da una spina centrale di basoli. Il ponticello accennato sullo sfondo di questo tratto si data invece con la costruzione del forte, all’inizio dell’Ottocento. 30 IL PONTE RINASCIMENTALE E L’EPITAFFIO IL PONTE RINASCIMENTALE E L’EPITAFFIO La Via Appia superava il fosso della valle di S.Andrea con un ponte, che fu rifatto nel 1568 da Parafàn de Ribera, duca di Alcalà, viceré di Napoli per conto di Filippo II di Spagna. Assai importante fu l’impegno di questo governatore nelle ristrutturazioni delle strade del Regno napoletano e proprio lungo la via Appia si conservano diversi monumenti commemorativi di tali lavori, detti Epitaffi: agli ingressi di Formia, presso questo nostro ponte, davanti alla stazione ferroviaria e alla Torre dell’Epitaffio presso Monte S.Biagio: quest’ultimo particolarmente monumentale, in quanto segnava l’accesso al regno dal versante dello Stato pontificio. Il ponte rinascimentale fu minato e distrutto nella grande campata centrale nel corso dell’ultima guerra ed è stato ricostruito, per quanto possibile identico alla forma originale, nel 2005. La costruzione, in opera cementizia, presenta blocchi parallelepipedi nelle testate sui due lati del fosso e in conci sono anche le ghiere dell’arco. La sua monumentalità dà l’idea del potenziamento avuto dalla strada a quel tempo, della cui epoca si conserva bene anche un bel tratto acciottolato circa 300 m più a monte di dove siamo. Il ponte presenta una campata di poco 31 IL PONTE RINASCIMENTALE E L’EPITAFFIO più di 9 m di luce ed è largo 12,5 m. Sui muri di parapetto del ponte sono stati collocate le guide lapidee del ponte romano, trovate durante i restauri del ponte rinascimentale. Poco prima del ponte sono i resti dell’Epitaffio, po- sto dal duca di Alcalà per ricordare la costruzione del ponte. Il piccolo monumento era ornato di eleganti cornici calcaree e presentava una grande iscrizione nel campo. La costruzione, per quanto fosse già in rovina alla fine del Settecento, si conservava 32 IL PONTE RINASCIMENTALE E L’EPITAFFIO ancora abbastanza bene fino a vent’anni fa, ma successivamente è stata saccheggiata e spogliata sistematicamente nelle parti lapidee da ladri, per cui la ricomposizione che ne è stata fatta nel 2004 permette di darne solo un’idea. La targa riportava: PHIL(ippe) II CATH[OL(ico) REGNANTE]/ PER AF[AN ALC]ALA[E DUCE PRO REGE/ PONTEM VETUSTAT[E COLLAPSUM IN AMPLIOREM FORMAM RESTAURAVIT]/ UNDE NOMEN TAN[…/ / MARMOREIS LAPIDIS OPER[IBUS…/ ALCALAE NOMEN PER[…/AD MDL XVIII (1568). Del ponte e dell’Epitaffio resta un bell’acquerello del vedutista romano C.Labruzzi, del 1789, che mostra anche una suggestiva immagine della valle a quel tempo, con le rovine del tempio di Apollo sullo sfondo (il fortino di S.Andrea non era stato ancora costruito).