Alla (ri)scoperta della posizione verticale nel parto

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Alla (ri)scoperta della posizione verticale nel parto
DOSSIER DONNA
Alla (ri)scoperta della posizione verticale nel parto
La medicina moderna subisce l’influsso anche delle esperienze di
culture più antiche o non industrializzate. Riconoscere come
validi elementi della medicina tradizionale e quelli di culture differenti, e integrarle nella pratica serve a conservare un inestimabile patrimonio.Anche l’ostetricia del 20° secolo si sta facendo influenzare in questo senso. In alcune strutture la donna può
infatti scegliere di nuovo di partorire in posizione verticale, per
esempio grazie alla reintroduzione della sedia per il parto.
di Daria Lepori
Il passaggio dalla posizione eretta a quella supina
per la partoriente è da far risalire allo sviluppo
della tecnica ostetricia avvenuta nel 17° e 18° secolo. Con Mauriceau (1637–1709), medico e chirurgo francese, si cominciò a considerare il parto
come un’operazione. Il medico che sovrintendeva
non poteva inginocchiarsi ai piedi della donna e
sorvegliare il procedimento: una posizione per lui
scomoda e umiliante. Per comodità del medico
quindi, la donna fu fatta adagiare su un letto, nella
stessa posizione usata per l’estrazione dei calcoli
alla vescica, le gambe sollevate e legate a dei poggioli. Così il medico aveva tutto sotto controllo e
non rischiava di farsi inzuppare di sangue o liquido amniotico. Si erano trascurati alcuni ‘‘dettagli’’:
in quella posizione la forza di gravità non agisce
più favorevolmente sul feto affinché scenda nel
canale vaginale, il bacino è bloccato dal duro lettino operativo e non può ruotare per facilitare l’uscita della testa, la donna non può più spingere
efficacemente durante le doglie. Non stupisce scoprire che forcipe e ventosa sono stati inventati
dopo questa deleteria innovazione.
Il passaggio dalla posizione verticale a quella orizzontale avvenne gradualmente. Essendo come
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il dialogo IV e V/05
abbiamo visto strettamente legata alla nuova disciplina medica dell’ostetricia, si verificò solo là dove
esistevano personale e strutture e interessò solo
una minima parte della popolazione mondiale. Le
sedie da parto erano ancora diffusissime in Europa
fino alla fine del 19° secolo ed erano tramandate di
madre in figlia. Nel Lötschental (VS) attorno al
1920 le donne partorivano ancora prevalentemente in piedi aggrappandosi ad una corda o in ginocchio, assistiti da una donna molto esperta, la levatrice tradizionale (non aveva frequentato nessuna
scuola) Marjosa Tannast von Wiler.
È possibile affermare che, prima della medicalizzazione del parto, nessuna cultura e nessun popolo ha mai messo al mondo i propri figli in posizione orizzontale. Ancora oggi le donne appartenenti a popolazioni che non sono entrate in contatto
con la nostra cultura continuano a partorire
restando erette. Di solito il parto avviene nella
posizione tipica del lavoro domestico e agricolo: a
seconda dei continenti, quella accovacciata con i
piedi ben piantati per terra e le ginocchia divaricate in Asia, oppure in ginocchio in Africa e in Sud
America. Nell’emisfero nord si diffuse la pratica
del parto seduto, dal momento che si faceva già
largo uso delle sedie.
La posizione verticale permette un atteggiamento
attivo della donna durante tutto il travaglio; ella è
libera di muoversi e di scegliere di volta in volta la
posizione migliore per sopportare il dolore delle
contrazioni uterine. Il dolore del parto è funzionale all’evento, la nascita di un bambino è un fatto
naturale, non una malattia da curare. Il nostro (in