Il caso Oreo - ClueBox Team

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Il caso Oreo - ClueBox Team
Oreo: il lancio italiano
Prodotto a livello europeo in Spagna e commercializzato in Italia da Saiwa (Kraft Foods) a
partire della fine del 2007 (circostanza che ha portato la maggior parte dei nostri connazionali
a credere che si tratti di un prodotto relativamente nuovo), il biscotto Oreo ha alle spalle un
passato ed un presente ben più gloriosi di quelli che gli si possano comunemente attribuire.
Lo snack, composto da due biscotti al cacao uniti da un ripieno di crema al latte, nasce infatti
negli Stati Uniti all'inizio del secolo scorso come biscotto da latte (non a caso lo slogan del
prodotto è Milk's favorite cookie, “Il biscotto preferito dal latte”), riscuotendo subito il
consenso dei palati dei bambini d'Oltreoceano. Tale successo è peraltro confermato da dati
ufficiali, che gli permettono di fregiarsi del titolo di biscotto più venduto nel XX secolo e che
lo vedono ancora oggi come il più amato al mondo1. Eppure, nonostante l'americanizzazione
dei consumi alla quale quotidianamente assistiamo, l'introduzione del famoso biscotto in Italia
non ha dato il risultato che ci si aspettava, passando in parte inosservata.
Sebbene sul mercato internazionale siano presenti oltre 45 varianti, da noi si è scelto di
lanciare due formati: l'Oreo “classico”, in monoporzioni da quattro pezzi, ed i Mini Oreo,
biscotti in miniatura venduti in un pratico barattolo richiudibile. La campagna pubblicitaria
andata in onda in Italia ha riguardato soltanto il primo dei due.
Lo spot televisivo2, studiato per catturare in primis l'attenzione dei più piccoli (il target di
Oreo sono infatti i bambini fra i 6 ed i 12 anni e le loro famiglie), ha una doppia valenza: da
un lato mostra al telespettatore scorci di vita familiare, atti a ricollegare il consumo del
prodotto a momenti di serenità e spensieratezza fra le pareti domestiche, mentre dall'altra
spiega come vada concretamente consumato il biscotto. Oreo ha infatti cercato di fare del
proprio consumo un vero e proprio rito: così come riportato anche sulla confezione, il biscotto
si stacca, si lecca ed infine si inzuppa nel latte (Twist, lick, dunk!).
Tuttavia, jingle a parte, sembra proprio che tale spot (fra l’altro composto quasi interamente
da spezzoni di pubblicità Oreo trasmesse all’estero) non sia riuscito a fare più di tanto breccia
nei cuori degli italiani. E non c'è nemmeno da interrogarsi troppo sul perché: forse fino ai
primi anni ’90 uno spot televisivo del genere avrebbe potuto riscuotere successo, ma ora come
ora risulta palesemente obsoleto. Magari nella fase di maturità del prodotto sarebbe stato
sufficiente a ricordare ai consumatori di scegliere ancora Oreo, ma in un momento clou come
quello del lancio si è trattato di un passo falso: agli occhi di un pubblico ormai abituato a spot
divertenti, carichi di ironia e sempre volti a mostrare al telespettatore qualcosa che non ha
ancora visto, una pubblicità simile tende a passare in secondo piano.
Tale scelta si spiega ancor più difficilmente se si confronta lo spot italiano con quelli mandati
in onda in altri Paesi3: anche in essi vengono mantenute le direttive principali (bambini felici
in famiglia, metodo di consumo del biscotto), ma ne risultano degli spot simpatici, che
colpiscono il consumatore avvicinandolo maggiormente al prodotto.
Come mai in un mercato nuovo come quello italiano si è deliberatamente scelto di non
puntare su uno spot televisivo di qualità?
Nel far partire una campagna televisiva di così scarso impatto, la Saiwa non ha fra l'altro
tenuto conto in maniera adeguata del più grosso concorrente già presente da decenni sul
mercato italiano: Ringo (Pavesi), detenente nel 2007 un volume di share del 53% nell’ambito
dei biscotti “fuori pasto”. Sebbene i due snack non possano definirsi del tutto equivalenti
(nascono entrambi come sandwich cookie da merenda, ma Ringo non è un biscotto da latte e
punta ad un target leggermente diverso), la scarsa cultura degli Oreo in Italia ha portato il
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Fonte: www.foodprocessing.com , “Top 10 Power brands”
http://it.youtube.com/watch?v=vNoXPxsoFqw
UK http://it.youtube.com/watch?v=CLB9QUgLl98 ; Speciale Olimpiadi Pechino 2008 http://it.youtube.com/watch?v=o1pqbPi_Y20
Indonesia http://dailymotion.alice.it/video/x1fsp0_oreo-ballerina-commercial_ads ; Spagna http://it.youtube.com/watch?v=3Lp4-16GLa4
cliente standard a guardare con ostilità il nuovo arrivato sul mercato nostrano, percependolo
come un tentativo di emulazione del più noto biscotto Pavesi. Ciò che non tutti realizzano è
che probabilmente è stata proprio Pavesi, giocando d’anticipo, ad aver coniato per l’Italia
un’imitazione dei più anziani biscotti americani: Oreo nasce infatti nel 1912, mentre Ringo
non ha ancora compiuto 40 anni.
Fra l’altro Ringo con i suoi spot energici, un testimonial alla portata di tutti come Kakà ed i
concorsi che periodicamente propone ha fatto definitivamente passare in sordina la campagna
di lancio del prodotto in esame. L’ennesima stoccata è arrivata proprio nelle ultime settimane,
quando il biscotto ripieno tutto italiano ha lanciato un fac-simile dell'Oreo: Ringo Black.
Sul livello distributivo, invece, Oreo ha giocato una carta vincente: il prezzo4 di una sua
confezione (1,49-1,54€ per 176g) è infatti inferiore a quello di una confezione di Ringo (2,352,46€ per 330g). In questo modo il cliente sarà incoraggiato ad assaggiare Oreo, con
conseguenti maggiori probabilità di fidelizzazione. Strategico è anche il posizionamento sullo
scaffale: gli Oreo sono quasi sempre sistemati nelle immediate vicinanze dei Ringo Famiglia,
in modo che il contrasto salti facilmente all’occhio. Dall’altra parte però, come forse si sarà
già intuito, il prezzo in €/Kg di Oreo (8,47-8,75€/Kg) è più alto di quello di Ringo (7,127,46€/Kg): dal 17% al 19% in più. Tuttavia, soprattutto nel momento in cui il prodotto
alternativo non è completamente identico a quello che vorremmo acquistare, non sempre si
opterà per il più conveniente. A maggior ragione quando è un bambino a chiederlo.
A rafforzare la campagna di lancio, avviata in concomitanza con la riapertura delle scuole, ci
sono state diverse iniziative atte a dare maggior visibilità al prodotto all’interno dei punti
vendita: sono stati infatti inseriti espositori appositi ed in-store graphics che giocano
fortemente sul legame indissolubile fra questo biscotto ed il latte, i quali incuriosiscono anche
il semplice cliente di passaggio. Anche la scelta del blu elettrico come colore dominante della
campagna (nonché colore delle confezioni) ha certamente il potere non far passare inosservati
gli spazi dedicati al prodotto.
Ponendo l’accento sul ruolo del latte nel consumo del biscotto, Oreo cerca anche di
guadagnare consensi fra le mamme italiane, colpendole con un prodotto che potrebbe
incentivare i loro figli a consumare con più gusto un alimento così importante.
Accanto all’introduzione di espositori ad hoc, si sono avviate anche particolari manifestazioni
con l’impiego di hostess che, grazie all’allestimento di isole di prova, danno la possibilità ai
giovani clienti (e non solo) di partecipare in prima persona al “rito Oreo” e di portare a casa
piccoli gadget promozionali con l’acquisto di un certo numero di prodotti del marchio.
In conclusione siamo di fronte ad un prodotto che ha un potenziale enorme, ma che non è
ancora riuscito a farsi conoscere ed amare dal pubblico italiano. Ciò dimostra che anche un
biscotto osannato a livello mondiale come Oreo non può penetrare con successo un mercato
nuovo se non è supportato da una strategia di marketing completa ed adeguata al contesto.
Daniela Damiani - 520447
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Prezzi rilevati presso Iperstanda, Ipercoop, Auchan (novembre 2008)