medicina felina

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medicina felina
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•M•E•
F
•I
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SIMEF
•S
SOCIETÀ CULTURALE ITALIANA VETERINARI
PER ANIMALI DA COMPAGNIA
SOCIETÀ FEDERATA ANMVI
SOCIETÀ ITALIANA
DI MEDICINA FELINA
55° CONGRESSO NAZIONALE
MILANO, 2-4 MARZO 2007
MEDICINA FELINA
Le nuove acquisizioni nella clinica pratica
ATTI DEL CONGRESSO
Documento6 14-03-2007 12:16 Pagina 1
Con una giornata
così occupata ...
... chi si occupa
di somministrargli
la medicina?
CONVENIA – La cefalosporina iniettabile a dose unica per cani e gatti
• Controllo personale, diretto e completo del trattamento antibiotico
da parte del Medico Veterinario.
• Elevata efficacia contro i principali agenti patogeni responsabili
di infezioni cutanee, urinarie e dei tessuti molli.
• Proprietari esonerati dall’impegno e dai rischi della
somministrazione giornaliera degli antibiotici per via orale.
Novità
TM
cefovecina sodio
Una sola iniezione
per trattare l’infezione
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55° Congresso Nazionale SCIVAC
MILANO, 2-4 MARZO 2007
CONSIGLIO DIRETTIVO SCIVAC
SCIVAC BOARD
MASSIMO BARONI Presidente
GILDO BARONI Presidente Senior
DEA BONELLO Vice Presidente
FABIA SCARAMPELLA Segretario
UGO BONFANTI Tesoriere
DAVIDE DE LORENZI Consigliere
GUIDO PISANI Consigliere
COMITATO SCIENTIFICO
SCIENTIFIC COMMITTEE
STEFANO BO, Med Vet, Torino
ANDREA BOARI, Med Vet, Teramo
TOMMASO FURLANELLO, Med Vet, Padova
COORDINATORE SCIENTIFICO CONGRESSUALE
CONGRESS SCIENTIFIC COORDINATOR
FULVIO STANGA
SEGRETERIA CONGRESSUALE
CONGRESS CO-ORDINATOR
MONICA VILLA
Tel: +39 0372 403504 - e mail: [email protected]
SEGRETERIA MARKETING
MARKETING SECRETARY
FRANCESCA MANFREDI
Tel: +39 0372 403538 - e mail: [email protected]
SEGRETERIA ISCRIZIONI
REGISTRATION SECRETARY
PAOLA GAMBAROTTI
Tel: +39 0372 403508 - Fax: +39 0372 403512 - e mail: [email protected]
ORGANIZZAZIONE CONGRESSUALE
CONGRESS ORGANIZATION
EV - Eventi Veterinari
Via Trecchi 20 - 26100 CREMONA (I)
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•M•E•
F
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SIMEF
•S
SOCIETÀ CULTURALE ITALIANA VETERINARI
PER ANIMALI DA COMPAGNIA
SOCIETÀ FEDERATA ANMVI
SOCIETÀ ITALIANA
DI MEDICINA FELINA
55° CONGRESSO NAZIONALE
MILANO, 2-4 MARZO 2007
MEDICINA FELINA
Le nuove acquisizioni nella clinica pratica
organizzato da
certificata ISO 9001:2000
Traduzione dei testi inglesi: Dr. Maurizio Garetto e Dott.ssa Tiziana Binelli
La SCIVAC ringrazia gli sponsor e gli espositori
per il contributo dato alla realizzazione del Congresso.
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RELATORI
ANDREA BOARI
Med Vet, Teramo
Laurea con lode in Medicina Veterinaria
all’Università degli Studi di Bologna nel
1983. Premio di Studio “Prof. Albino
Messieri” (A.A. 1982-83). Funzionario Tecnico presso il Dipartimento Clinico Veterinario della stessa
Università (dal 1986 al 1998). Professore a contratto
dal 1995 al 1998 in Semiologia Medica Veterinaria
presso l’Università degli Studi di Teramo. Borsa di
Studio “Prof. Umberto Gasparini”: visiting researcher per l’intero 1993 presso il Department of Veterinary Clinical Sciences della Purdue University
(USA) dove ha svolto sia attività di ricerca che clinica internistica. Professore Associato (1998-2000).
Coordinatore Sezione di Medicina Interna (19982002). Professore Ordinario (2000-presente) in Clinica Medica Veterinaria, Semiologia Medica Veterinaria e Semeiotica e Diagnostica di Laboratorio presso l’Università degli Studi di Teramo. Dal maggio
2002 -al luglio 2002 è stato “Visiting Researcher”
presso il Department of Small Animal Medicine and
Surgery della Texas A&M University (USA).
Dal 1° novembre 2002 è Direttore del Dipartimento di
Scienze Cliniche Veterinarie presso la stessa Università. Ha pubblicato più di 100 lavori su riviste nazionali
e internazionali ed è stato relatore a numerosi Congressi nazionali ed internazionali. Nell’ambito della
medicina interna, le aree di maggior interesse didattico e di ricerca sono rivolte alla gastroenterologia e all’endocrinologia del cane e del gatto. È socio della Società Italiana delle Scienze Veterinarie, della Società
Culturale Italiana Veterinari Animali da Compagnia,
della European Society of Comparative Gastroenterology, della European Society of Veterinary Endocrinology e della Comparative Gastroenterology Society.
Dal luglio 2000 è socio fondatore e consigliere della
Società Italiana di Medicina Felina. Dal 2003 ne ricopre la carica di vicepresidente. Dal luglio 2003 è socio
fondatore e consigliere della Società Italiana di Gastroenterologia ed endoscopia digestiva veterinaria.
DEA BONELLO
Med Vet, SRV, Dipl EVDC, Torino
Si laurea nel 1989 alla Facoltà di Medicina Veterinaria di Torino. Si specializza
nel 1997 in Radiologia Veterinaria, nel
2001 consegue il titolo di Dottore di Ricerca in Me-
dicina Interna e nel 2001 ottiene un contratto di ricerca presso il Dipartimento di Patologia Animale
della Facoltà di Medicina Veterinaria di Torino. Dal
1989 si dedica all’odontostomatologia veterinaria
ed in questo settore svolge attività di consulenza per
i piccoli ed i grossi animali. Nel 1996 e nel 1998 è
stata, a scopo di aggiornamento, all’Università di
Davis in California. Dal 1998 è Diplomata dell’European College of Veterinary Dentistry. Relatore a
numerosi congressi in Italia ed all’estero e autore di
pubblicazioni inerenti l’odontostomatologia veterinaria e comparata. Per molti anni Coordinatore del
Gruppo di Studio di Odontostomatologia della SCIVAC, dal 1998 al 2002 è stata Segretario dell’EVDC. Attualmente è Presidente dell’EVDC, Vice Presidente della SIODOV ed Editor della rivista
Quaderni di odontostomatologia.
SARAH M. CANEY
BVSc, PhD, Dipl SAM (Feline),
MRCVS, RCVS Spec in Feline,
Emsworth, UK
Sarah si laurea nel 1993 all’Università
di Bristol dove completa il Residency in medicina e
il PhD. Si specializza in Medicina felina e attualmente lavora in una clinica privata dove oltre ai suoi
pazienti esamina anche casi di referenze. Sarah si
interessa della cura del gatto anziano e delle malattie infettive del gatto. Ha scritto un libro con Andy
Sparkes (Self assessment colour review in feline
medicine pubblicato dalla Manson), collabora con
l’Associazione inglese per la tutela e il benessere
del gatto, the Feline Advisory Bureau (www.fabcats.org <http://www.fabcats.org>) ed è segretario
della Società Europea di medicina Felina.
GUALTIERO GANDINI
Med Vet, Dipl ECVN, Bologna
Il Prof. Gualtiero Gandini si è laureato
con lode presso la Facoltà di Medicina
Veterinaria dell’Università degli Studi
di Bologna nel dicembre 1990.
Dal Luglio 1995 al Marzo 2005 ha ricoperto il
ruolo di ricercatore presso il Dipartimento Clinico Veterinario dell’Università degli Studi di Bologna. Dal Marzo 2005 è professore associato
presso la suddetta struttura. Nel 1996 ha conseguito il titolo di Dottore di ricerca in Medicina
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Interna Veterinaria. Dal 1998 al 2002 è stato impegnato in un “non-conforming residency programme” in neurologia veterinaria sotto la guida
del Prof. André Jaggy.
Dal 2000 al 2004 è stato membro dell’Executive
Committee della European Society of Veterinary
Neurology (ESVN). Nel marzo 2003 ha acquisito
il titolo di “Diplomate of the European College of
Veterinary Neurology (DECVN)”.
Dal Settembre 2004 è segretario dell’Executive
Committee della European Society of Veterinary
Neurology (ESVN). È iscritto alla Società Italiana
di Neurologia Veterinaria (SINVet) dal 1998 e dal
Novembre 2004 è membro del Consiglio Direttivo
con le funzioni di segretario.
È direttore e coordinatore del Percorso di Neurologia e Neurochirurgia del cane e del gatto (20042007) frutto della convenzione tra la Facoltà di
Medicina Veterinaria dell’Università di Bologna e
la società Performat. È autore e coautore di circa
60 pubblicazioni scientifiche, di cui 19 su riviste
internazionali peer-reviewed.
DANIELLE GUNN-MOORE
BSc, BVM&S, PhD, ILTM, MACVSc,
MRCVS, Edinburgh, UK
Danielle Gunn-Moore si laurea nel
1991 ad Edinburgh. Dopo un anno di
pratica nei piccoli animali si trasferisce al Feline
Centre dell’Università di Bristol in qualità di Feline Advisory Bureau Scholar. Completa un PhD
sullo studio della Peritonite infettiva nel gatto.
Trascorre un breve periodo a Bristol come Lecturer in patologia veterinaria per poi rientrare ad
Edinburgo dove la sua posizione fu inizialmente
supportata dalla Nestlè Purina. Attualmente è Senior Lecture in Medicina Felina e Direttore della
Clinica Felina.
Si interessa di tutti gli aspetti della Medicina felina. Possiede due splendidi gatti, una di 8 anni,
una Benegal di nome Teaninich e l’altro di 3 anni un Maine Coon di nome Mortlach (entrambi
questi nomi derivano da Scottish single malt
whiskies).
FEDERICO LEONE
Med Vet, Senigallia (AN)
Nato a Roma, si è laureato in Medicina Veterinaria all’Università degli
Studi di Perugia. Attualmente lavora
come libero professionista a Senigallia (AN)
presso la Clinica Veterinaria Adriatica, di cui è
socio fondatore, occupandosi esclusivamente di
Medicina Interna e Dermatologia. Nel 1995 ha
effettuato uno stage di dermatologia presso la
Clinique Vétérinaire Saint Bernard del Dr Eric
Guaguère (Lomme, Francia). Nel biennio 19981999 ha frequentato la 5a sessione del Certificat
d’Etude Superieures (CES) en Dermatologie Vétérinaire presso l’Ecole Nationale Vétérinaire di
Nantes e di Lyon. È full member dell’ESVD (European Society of Veterinary Dermatology). È socio della SIDEV (Società Italiana di Dermatologia Veterinaria) di cui ricopre dal 2004 la carica
di consigliere. Svolge attività di insegnamento in
qualità di relatore per corsi, seminari e congressi
nazionali e ha tenuto seminari presso diverse
Università italiane.
È autore di pubblicazioni su riviste nazionali ed internazionali e coautore dei libri “L’otite del cane e
del gatto” (ed. Poletto 2001) e “Manuale pratico
di parassitologia cutanea del cane e del gatto”
(ed. Pfizer 2003).
SABRINA GIUSSANI
Med Vet, Dipl Comp ENFV,
Busto Arsizio (VA)
Si laurea cum laude presso la facoltà di
Medicina Veterinaria di Milano. Dal
1998 si occupa di Medicina Comportamentale. È
consigliere SISCA (Società Italiana di Scienze
Comportamentali Applicate) dal febbraio 2002.
Ha partecipato a seminari, corsi di base, corsi
avanzati di Medicina Comportamentale sia in Italia sia in Francia. Si è diplomato Medico Veterinario Comportamentalista presso l’Ecole Nationale Française nel novembre 2002. È stato relatore a giornate regionali, seminari, corsi di base e
avanzati in Italia. Ha pubblicato articoli inerenti
la Medicina Comportamentale su riviste del settore scientifico ed è autore, insieme al Dott. Colangeli, del libro “Medicina comportamentale del
cane e del gatto” edito da Poletto nel 2004. Consegue nel dicembre 2004 il Master di specializzazione di 2° livello organizzato dall’Università di
Medicina Veterinaria di Padova in “Etologia applicata al benessere animale”. È professore a contratto nel 2005 nel Master inerente alla Medicina
Comportamentale organizzato dall’Università di
Medicina Veterinaria di Torino.
È socio di Zoopsy e di ESVCE.
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55° Congresso Nazionale SCIVAC
MILANO, 2-4 MARZO 2007
PROGRAMMA SCIENTIFICO
SCIENTIFIC PROGRAMME
VENERDÌ, 2 MARZO 2007 / FRIDAY MARCH 2ND 2007
14.15
R E G I S T R A Z I O N E / R E G I S T R AT I O N
15.25
Saluto ai partecipanti del Presidente SCIVAC e del Presidente SIMEF
presentazione dei relatori ed inizio dei lavori
Welcome and Introduction
Chairman: Stefano Bo
15.30
Cos'è e come impostare una “cat friendly practice” - The cat
friendly practice - integration of knowledge and care - Sarah Caney (UK)
16.15
L'ansia da luogo chiuso nel gatto: una patologia comportamentale
molto diffusa (e pericolosa)
Feline anxiety in closed surroundings: a very common
(and dangerous) behavioural disorder - Sabrina Giussani (I)
17.00
PA U S A / B R E A K
17.30
Diagnosi e trattamento dell’insufficienza renale nel gatto - The diagnosis
and treatment of renal insufficiency in cats - Danielle Gunn-Moore (UK)
18.15
Affezioni delle basse vie urinarie del gatto (FLUTD) - Feline
Lower Urinary Tract Disease (FLUTD) - Danielle Gunn-Moore (UK)
19.00
I N T E R RU Z I O N E / A D J U R N
POSTER E AUTORI
Neoplasia salivare in un gatto - Barbara Dedola
Trattamento del granuloma eosinofilico nel cavo orale di un gatto fiv
positivo: case report - Patrizia Lungonelli
Anemia emolitica causata da Candidatus Mycoplasma haemominutum
nel gatto itterico - Luca Lideo
Come ottimizzare l’infusione di fentanil nel gatto per garantire
l’analgesia - Lorenzo Novello
Tumore osseo multilobulare toracico in un gatto - Enrica Rossetti
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55° Congresso Nazionale SCIVAC
MILANO, 2-4 MARZO 2007
SABATO, 3 MARZO 2007
SATURDAY MARCH 3RD 2007
Chairman: Andrea Boari
9.00
10.00
Considerare il gatto geriatrico
Considering geriatric cats
Danielle Gunn-Moore (UK)
L’ipertensione felina
Feline hypertension
Sarah Caney (UK)
10.20
11.00
PA U S A / B R E A K
11.30
La stomatite cronica nel gatto. Indicazioni per trattamenti diversi
Chronic stomatitis in the cat. Suggestion for different treatments
Dea Bonello (I)
12.15
Rigurgito e malattie esofagee
Regurgitation and oesophageal disease
Sarah Caney (UK)
13.00
PA U S A P R A N Z O / L U N C H B R E A K
14.00
DISCUSSIONE POSTER IN SALA
Chairman: Tommaso Furlanello
14.30
Diarrea cronica, malattie infiammatorie dell’intestino (IBD), triaditi
e disturbi associati - Triaditis, Feline Inflammatory Bowel Disease
(IBD) and Associated Diseases - Danielle Gunn-Moore (UK)
15.15
Quadro citologico in corso di 11 casi di poliposi nasale del gatto - Enrico Bottero
Neoformazioni rinofaringee del gatto: valutazione retrospettiva su 30 casi - Davide De Lorenzi
Paralisi laringea in 4 gatti - Barbara Carobbi
Indagine epidemiologica sull’incidenza di chlamydophila felis in italia e considerazioni clinico-diagnostiche - Stefano Bo
Fasciite necrotizzante con sindrome da shock tossico causata da acinetobacter baumannii:
descrizione di un caso in un gatto - Chiara Brachelente
16.30
PA U S A / B R E A K
17.00
Diabete mellito nel gatto
Diabetes mellitus in the cat
Andrea Boari (I)
17.45
Il gatto itterico
Jaundiced in the cat
Danielle Gunn-Moore (UK)
18.30
I N T E R RU Z I O N E / A D J U R N
11
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55° Congresso Nazionale SCIVAC
MILANO, 2-4 MARZO 2007
DOMENICA, 4 MARZO 2007
SUNDAY MARCH 4TH 2007
Chairman: Maria Cristina Crosta
9.00
10.00
Malattie infiammatorie e infettive del sistema nervoso del gatto
Inflammatory and infective diseases of the feline neurological system
Gualtiero Gandini (I)
L’ascite nel gatto
Ascites in the cat
Sarah Caney (UK)
10.20
11.00
PA U S A / B R E A K
11.30
Il gatto anoressico
Anorexia in the cat
Sarah Caney (UK)
12.15
Quadri clinici, problemi diagnostici e terapie vecchie e nuove in
parassitologia cutanea felina - Clinical features, diagnostic challenges, old and new therapies in feline skin diseases - Federico Leone (I)
13.00
PA U S A P R A N Z O / L U N C H B R E A K
14.00
DISCUSSIONE POSTER IN SALA
Chairman: Stefano Bo
14.30
Malattie broncopolmonari croniche nel gatto
Chronic bronchopulmonary diseases in the cat
Danielle Gunn-Moore (UK)
15.15
Distribuzione dei gruppi sanguigni nei gatti del Piemonte
Paola Cavana
Anestesia spinale selettiva con bupivacaina e fentanil in un gatto
sottoposto ad uretrostomia perineale
Lorenzo Novello
Cistadenoma apocrino multiplo in un gatto persiano
Monica Sforna
16.00
16.30
17.30
PA U S A / B R E A K
Malattie delle prime vie respiratorie nel gatto
Upper respiratory tract diseases in the cat
Sarah Caney (UK)
TERMINE DEL CONGRESSO / END OF THE CONGRESS
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ESTRATTI
DELLE RELAZIONI
Gli estratti sono elencati in ordine alfabetico secondo il cognome del relatore
e quindi in ordine cronologico di presentazione.
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55° Congresso Nazionale SCIVAC
MILANO, 2-4 MARZO 2007
Andrea Boari
Med Vet, Teramo
Francesca Rocconi
Med Vet, PhD, Teramo
Diabete mellito nel gatto
Sabato, 3 marzo 2007, ore 17.00
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Il diabete mellito (DM) rappresenta una delle più comuni endocrinopatie
riscontrate nel gatto la cui incidenza è aumentata negli ultimi anni passando
da meno dello 0,2%, negli anni ’70, all’attuale 0,5-1%. L’età rappresenta un
fattore di rischio per lo sviluppo di questa patologia che colpisce soprattutto
gatti di età superiore agli 8 anni con un picco di incidenza compreso tra 10 e
13 anni. Il DM si caratterizza per alterazioni a carico del metabolismo glucidico, proteico e lipidico.
L’attuale classificazione suddivide il DM in tipo 1, tipo 2 e altri tipi di DM.
L’esatta prevalenza del DM tipo 1 rispetto al tipo 2 non è nota nel gatto, tuttavia evidenze basate sui caratteri istologici delle isole pancreatiche, sulla
mancanza di anticorpi β-cellulari, sul comportamento clinico della patologia
e sui fattori di rischio, fanno ritenere che la maggior parte dei gatti sviluppi la
forma di tipo 2. Soltanto una ristretta minoranza di gatti diabetici presenta altre forme di DM (precedentemente denominate come DM tipo 3 o secondario) caratterizzate da patologie che inducono la distruzione del tessuto pancreatico (es. adenocarcinoma pancreatico, pancreatiti) o in grado di determinare insulino-resistenza (es. acromegalia, iperadrenocorticismo).
Il DM tipo 2 si contraddistingue per la presenza di alterata secrezione insulinica e insulino-resistenza. In generale le alterazioni primarie associate al
DM tipo 2, come l’obesità e l’insulino-resistenza sono reversibili, mentre le
anomalie della capacità di secrezione insulinica possono essere reversibili
(glucotossicità) o irreversibili (deposito di sostanza amiloide). L’insorgenza
del DM tipo 2 è il risultato delle alterazioni a carico delle cellule β cui consegue un ridotto rilascio di insulina insufficiente a mantenere una condizione di normoglicemia. Uno stimolo cronico alla produzione di insulina, evenienza che si verifica in corso di insulino-resistenza, induce un sovraccarico delle cellule β-pancreatiche comportandone l’esaurimento. Tra i meccanismi in grado di determinare insulino-resistenza sono annoverati fattori
quali genotipo, obesità, ridotta attività fisica, dieta e farmaci. Alcuni gatti
possiedono in modo intrinseco una ridotta sensibilità all’insulina e sono a
rischio di sviluppare un’alterata tolleranza al glucosio a seguito dell’incremento ponderale. Inoltre è dimostrato come i gatti diabetici siano circa 6
volte meno sensibili all’insulina rispetto ai gatti normali. L’obesità è un fattore di rischio significativo per lo sviluppo di DM nell’uomo e nel gatto. Si
tende infatti ora a parlare di “Diabesity®”, essendo comprovato nel gatto che
un aumento del peso corporeo del 44% dimezza gli indici di sensibilità all’insulina. Il meccanismo con cui l’obesità determina insulino-resistenza reversibile, è legato alla riduzione del numero dei recettori per l’insulina e ad
alterazioni che coinvolgono il sito post-recettoriale. Ne consegue un aumento della richiesta insulinica che, a lungo termine, porta all’“esaurimento β-cellulare”. È dimostrato come l’attività fisica giochi un ruolo impor17
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tante nel DM del cane e dell’uomo incrementando la sensibilità recettoriale
all’insulina. Questo discorso è valido anche per la specie felina, in effetti i
gatti che vivono tra le mura domestiche vanno incontro più facilmente a fenomeni di ridotta sensibilità all’insulina rispetto ai soggetti che vivono all’esterno. L’impiego di farmaci quali progestinici e corticosteroidi (soprattutto preparazioni long-acting) riduce la sensibilità all’insulina aumentando
il rischio di DM nel gatto.
Accanto al fenomeno dell’esaurimento β-cellulare secondario a insulinoresistenza, si assiste ad un’ulteriore perdita di tali cellule per la deposizione
di sostanza amiloide (IA). Essa è costituita da amilina, proteina cosecreta con
l’insulina, che in condizioni di iperglicemia è prodotta in quantità tali da depositarsi a livello insulare provocando alterazioni irreversibili a carico delle
cellule pancreatiche. In alcuni gatti la deposizione di IA, pur determinando la
perdita delle cellule β, può non essere in grado da sola di scatenare una condizione di DM. Tuttavia questa situazione ne incrementa il rischio, soprattutto se coesiste un’aumentata richiesta di insulina come risultato di fattori intrinseci o di obesità. La pancreatite, rilevata con alterazioni istologiche evidenti in circa il 50% dei gatti diabetici, può contribuire in alcuni soggetti alla
perdita delle cellule β.
Uno stato di iperglicemia persistente induce desensibilizzazione dei glucosensori β-cellulari, nei confronti del glucosio, e conseguente ridotta secrezione insulinica in risposta allo stimolo “iperglicemia”. Questo fenomeno, denominato “glucotossicità”, si instaura entro 3-7 giorni dall’insorgenza di iperglicemia e l’entità della soppressione è strettamente correlata alla durata della condizione iperglicemica e alla sua gravità. La glucotossicità, inizialmente,
è reversibile e non associata a lesioni visibili a carico delle cellule β; con il
protrarsi dell’iperglicemia (> 2 settimane) si evidenziano anomalie istologiche che determinano il passaggio ad una condizione irreversibile (DM di tipo
1). Alcuni studi suggeriscono come l’incremento degli acidi grassi produca un
fenomeno simile, denominato “lipotossicità”, che induce, a sua volta, soppressione della secrezione insulinica. Le implicazioni cliniche di questi due
fenomeni sono molto importanti per cui è fondamentale che la terapia venga
intrapresa prima possibile, in modo tale da ridurre l’iperglicemia e preservare la funzionalità residua delle cellule β. È dimostrato infatti come in pazienti con funzione β-cellulare residua il controllo glicemico, ottenuto con insulina esogena, risulti migliore. In un sostanziale numero di gatti (20-80%), si
può assistere alla remissione del DM una volta minimizzati gli effetti della
glucotossicità tramite un corretto trattamento.
Al momento non esiste un consenso internazionale sui criteri diagnostici
da adottare nel gatto, tuttavia il riscontro di iperglicemia e glicosuria persistente supporta la diagnosi di DM. Occorre inoltre considerare che nella spe18
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cie felina il rilievo di poliuria/polidipsia, perdita di peso e polifagia non è specifico e che il più delle volte l’esame clinico non fornisce elementi diagnostici utili. Va aggiunto che spesso la diagnosi è complicata dalla presenza di iperglicemia da stress che si manifesta, in soggetti non diabetici, con iperglicemia
(anche > 360 mg/dL) e glicosuria. Quest’ultima, così come gli altri segni clinici di DM, si rende evidente quando la concentrazione di glucosio nel sangue supera la soglia renale che nel gatto sano è 288 mg/dL.
Il dosaggio delle fruttosamine può risultare utile in fase diagnostica, occorre tuttavia considerare l’eventualità di risultati falsamente positivi e, seppur occasionalmente, falsamente negativi (soggetti in cui il DM si sia instaurato recentemente). Un valore di fruttosamine > 400 µmol/L conforta la diagnosi di DM. Si è visto che, inducendo sperimentalmente iperglicemia, si assiste ad un incremento del valore delle fruttosamine nei 3 giorni successivi
mantenendo la glicemia tra 306 e 540 mg/dL, al contrario la media della concentrazione delle fruttosamine non supera 350 µmol/L con una glicemia stabilizzata su valori di 306 mg/dL per 6 settimane.
Nei casi dubbi, ossia quelli nei quali l’iperglicemia sia transitoria e per i
quali non si riesca a stabilire se questa sia secondaria a stress o a DM, è consigliabile iniziare la terapia insulinica e monitorare la glicemia nei giorni
successivi. La diminuzione della glicemia, in questi casi, riduce gli effetti
soppressivi della glucotossicità. Dal momento che il fenomeno della glucotossicità può sfociare in una situazione di DM tipo 1 in pochi giorni, è opportuno iniziare la terapia nei casi in cui la glicemia sia ≥ 270 mg/dL. Occorre valutare inoltre l’eventuale presenza di fattori e/o patologie intercorrenti coinvolte nel determinismo della patologia (pancreatiti, insufficienza
renale, endocrinopatie, ecc.), o che sono esse stesse indotte dal DM (cistiti,
infezioni, ecc.). A questo proposito è interessante sottolineare che da un recente studio è emerso che il 12% di gatti affetti da DM presenta un’infezione concomitante delle vie urinarie. Ne consegue la necessità di effettuare,
accanto ad un esame delle urine di base, un esame colturale con eventuale
antibiogramma su tutti i gatti con DM.
Gli obiettivi della terapia sono diretti alla risoluzione dei segni clinici, al
mantenimento di un peso corporeo adeguato e a prevenire l’insorgenza di
complicazioni oltre che a minimizzare i rischi di ipoglicemia fornendo dosaggi appropriati di insulina o, eventualmente, di ipoglicemizzanti orali. I
punti cardine della gestione prevedono la terapia insulinica e la dieta. È stata
dimostrata un’elevata percentuale di remissione della patologia nelle 4 settimane successive all’inizio del trattamento in gatti, con DM di recente insorgenza, a seguito di un tempestivo e ottimale controllo glicemico. Infatti un
buon controllo glicemico blocca il fenomeno della glucotossicità, preserva la
funzione β-cellulare residua e agevola la remissione della patologia.
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Accanto all’insulina sono disponibili anche farmaci ipoglicemizzanti orali quali la glipizide e l’acarbosio. La scelta dell’insulina piuttosto che di questi farmaci deve tener conto dell’elevata incidenza del DM tipo 2 nel gatto,
delle condizioni generali del paziente, della gravità dei segni clinici, dell’assenza di chetoacidosi e della disponibilità del proprietario. In linea generale
gli Autori consigliano di utilizzare sempre prontamente la terapia insulinica e
limitare l’uso degli ipoglicemizzanti orali ai soli casi in cui il proprietario rifiuti di effettuare iniezioni di insulina o il paziente mostri segni di ipoglicemia a seguito di somministrazioni di insulina con dosi pari a 1U BID. La glipizide risulta l’unico farmaco dimostratosi efficace nel gatto. Tuttavia se ne
sconsiglia l’utilizzo alla luce della ridotta percentuale (30%) di gatti che risponde favorevolmente al suo impiego e dell’impossibilità di distinguere soggetti affetti da DM tipo 1 da quelli con DM tipo 2 o, comunque, gatti con tossicità al glucosio. Inoltre poiché questo farmaco agisce stimolando il pancreas
a produrre insulina, è intuibile che per funzionare necessita di un’attività pancreatica residua e che tale secrezione potrebbe accelerare la progressione della malattia promuovendo ulteriormente la deposizione di IA.
L’acarbosio, inibitore dell’α-glucosidasi che agisce riducendo l’assorbimento di glucosio a livello intestinale, da solo non risulta efficace per ottenere un buon controllo glicemico. Da uno studio recente non è emersa una sostanziale differenza tra gatti trattati con acarbosio e alimentati con una dieta
con bassa concentrazione di carboidrati rispetto a quelli che ricevevano solo
la dieta. Infatti entrambi i gruppi hanno mostrato una ridotta richiesta insulinica e un miglior controllo glicemico. Instaurare precocemente la terapia insulinica (meglio se associata ad una dieta idonea) ha l’indubbio vantaggio di
preservare il maggior numero di cellule β, invertendo, qualora possibile, il fenomeno della glucotossicità, o comunque limitando la deposizione di IA. In
questo modo nel paziente, si minimizzeranno le fluttuazioni glicemiche in
quanto, terminata l’azione dell’insulina esogena, le cellule β funzionanti residue, assicureranno una produzione basale di insulina che consentirà un miglior controllo glicemico.
Per quanto riguarda il tipo di insulina la prima scelta è rappresentata da
quella lenta (di origine suina, Caninsulin®; Intervet, o ricombinante umana) o
in alternativa si può utilizzare il tipo ultralento ricombinante umano. Per
quanto riguarda la farmacocinetica dell’insulina lenta di origine suina, si assiste a seguito dell’inoculazione per via SC, ad un picco di azione dopo circa
4 ore con effetti che persistono per circa 10 ore, necessitando pertanto di due
somministrazioni giornaliere per ottenere un controllo glicemico ottimale.
Studi preliminari hanno valutato l’efficacia nel gatto della glargina (Lantus®), insulina sintetica umana prodotta con la tecnologia del DNA ricombinante. È stato dimostrato che in gatti sani si assiste ad un picco di azione in20
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torno a 16 ore con una significativa diminuzione della glicemia fino a 24 ore.
Risultati preliminari su gatti diabetici suggeriscono che la glargina rappresenta un’ottima scelta in quanto offre il vantaggio di un miglior controllo glicemico e di una maggior percentuale di remissione della patologia rispetto all’insulina lenta. La sua azione è legata al pH acido della preparazione che, una
volta a contatto con il pH del sottocute, porta alla formazione di microprecipitati che ne prolungano l’assorbimento. La durata di azione è di circa 23 ore,
necessitando pertanto di un’unica somministrazione giornaliera. Tuttavia studi sulla farmacocinetica condotti su gatti sani hanno dimostrato che la glargina possiede una durata di azione maggiore rispetto all’insulina lenta e che utilizzata alla dose di 0,25 UI/kg BID risulta più efficace, nell’indurre una diminuzione della glicemia, rispetto al suo impiego al dosaggio di 0,5 UI/kg SID.
Dai dati raccolti è emersa inoltre una bassa incidenza di episodi di ipoglicemia clinica. In sei gatti diabetici associando alla glargina una dieta a basso
contenuto di carboidrati ed elevato tenore proteico, si è assistito alla remissione completa della patologia, in tutti i soggetti, dopo 4 mesi dall’inizio della terapia. Tuttavia resta da verificare se tali risultati siano imputabili alla dieta o al tipo di insulina. È preferibile iniziare la terapia a dosaggi bassi per poi
adattarli alle necessità del paziente. Si consigliano 0,5 UI/kg BID se la glicemia ≥ 360 mg/dl o 0,25UI/kg BID se è < 360 mg/dl. Questi dosaggi, da effettuarsi ogni 12 ore, valgono sia che si impieghi un’insulina lenta che la glargina. Alcuni Autori consigliano 1UI/gatto BID per gatti di peso ≤4 kg e 1,52UI/gatto BID per soggetti di peso > 4kg. Nell’ambito del management terapeutico del paziente diabetico, il proprietario deve essere correttamente istruito sulle modalità di preparazione, conservazione e somministrazione dell’insulina al fine di non incorrere in errori gestionali. Il monitoraggio dell’efficacia terapeutica si attua prendendo in considerazione diversi parametri quali la
persistenza o la ricomparsa di segni clinici, variazioni del peso corporeo e dell’assunzione d’acqua. Risulta quindi indispensabile educare il proprietario a
rilevare eventuali anomalie e a valutare settimanalmente il peso corporeo e la
glicosuria annotando poi i dati.
Le variazioni del dosaggio insulinico vanno effettuate sulla base di diversi parametri. Un fattore condizionante il monitoraggio ambulatoriale del gatto è l’iperglicemia stress indotta che può fuorviare il clinico nelle scelte terapeutiche. In base a questa peculiarità si consiglia di limitare l’esecuzione delle curve glicemiche ai soggetti che presentano scarso controllo e di affidarsi
all’opinione del proprietario per ottenere informazioni dettagliate sullo stato
generale del paziente. Una valida alternativa, di recente introduzione, è l’esecuzione domiciliare di curve glicemiche effettuate direttamente dal proprietario avvalendosi dell’impiego dei glucometri. Sulla base dei risultati ottenuti
dalla curva glicemica si analizza la risposta del soggetto alla terapia insulini21
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ca. Qualora ci si affidi al dosaggio delle fruttosamine per il monitoraggio del
paziente, bisogna evitare di operare correzioni della terapia sulla base di questo valore in quanto la risposta terapeutica è la risultante della combinazione
di fattori diversi tra i quali l’insulina ne rappresenta solo uno.
Un altro aspetto fondamentale della gestione del paziente diabetico è il management nutrizionale. Questo ha come obiettivi la riduzione del picco glicemico post-prandiale e delle fluttuazioni glicemiche giornaliere, il controllo del
peso corporeo, il miglioramento della sensibilità periferica all’azione dell’insulina e, se necessario, l’apporto di nutrienti mancanti. Nei soggetti alimentati con
cibi commerciali specifici per gatti si assiste ad un’iperglicemia post-prandiale
piuttosto lunga (18-24h). Al fine di minimizzare le fluttuazioni glicemiche postprandiali è indicato fornire una dieta composta da un basso tenore di carboidrati ed un elevato tenore proteico. In uno studio condotto su 9 gatti diabetici si è
evidenziato come una dieta ricca di proteine e a basso contenuto glucidico e di
fibra abbia ridotto di più del 50% le richieste di insulina, consentendo l’interruzione della terapia in 8 soggetti. Un altro punto fondamentale è il controllo del
peso corporeo. In genere nei soggetti con un buon controllo glicemico si assiste
ad un incremento ponderale. Qualora il paziente risulti in sovrappeso al momento dell’insorgenza della patologia, è opportuno limitare l’introduzione di
calorie, ma fornire comunque una dieta ricca di proteine e a basso contenuto
glucidico. La gamma delle diete commerciali indicate nei gatti con DM comprende diete caratterizzate da elevato tenore proteico e basso quantitativo di fibra e carboidrati (DM, Purina; m/d Hill’s), alimenti con alto tenore in grassi e
basso in carboidrati e fibra (Feline kitten, Hill’s) e infine diete ad alto tenore di
fibra e moderato contenuto in carboidrati e grassi (w/d Hill’s). Non essendo prevedibile la risposta del paziente ad un tipo di dieta piuttosto che ad un altro, la
scelta iniziale si basa essenzialmente sulla risposta alla terapia. Tuttavia in base
ad uno studio recente effettuato confrontando una dieta ad elevato tenore di fibra e moderato contenuto in carboidrati (w/d Hill’s) con una ad elevato tenore
proteico e basso quantitativo di fibra e carboidrati (Feline kitten, Hill’s) è emerso che i gatti alimentati con quest’ultima passavano più facilmente da uno stato di IDDM ad uno NIDDM (68% vs 41%), e che manifestavano un controllo
glicemico migliore rispetto al gruppo alimentato con w/d (81% vs 56%).
È importante ricordare che in una certa percentuale di gatti (20-40%) con
un buon controllo glicemico, si assiste alla remissione della patologia, dopo
1-4 mesi di terapia, a seguito della riduzione dell’obesità o della scomparsa
degli effetti di un precedente trattamento farmacologico. Bisogna prestare attenzione a questi soggetti in quanto una volta ripresa la funzionalità β cellulare, si possono scatenare gravi episodi di ipoglicemia che a volte, soprattutto nel gatto, possono portare ad un falso scadente controllo glicemico (Fenomeno di Somogyi).
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Letture consigliate
Feldman EC, Nelson RW (2004) Feline diabetes mellitus. In Canine and feline endocrinology and reproduction, eds Feldman EC, Nelson RW, 3° ed.WB Saunders. pp 539-579.
Hoenig M. (2002) Comparative aspects of diabetes mellitus in dogs and cats. Molecular and Cellular Endocrinology, 197; 221-229.
Hoenig M. Diabesity® in cats. In An Overview of feline diabetes. NAVC 2007 Conference, Orlando, Florida. 4-7.
Kirk CA. (2006) Feline diabetes mellitus: low carbohydrates versus high fiber? Veterinary Clinics of North
America: Small Anim. Pract. 36: 1297-1306.
Martin GJ, Rand JS. (2000) Current understanding of feline diabetes: Part 2, treatment. Journal of feline
Medicine and Surgery, 2: 3-17.
Rand J, Marshall R. (2005) Diabetes mellitus in cats. Veterinary Clinics of North America: Small Anim.
Pract. 35: 211-224.
Rand J, Marshall R. (2006) Feline diabetes mellitus: what diet should I choose & how do I manage problem cats. Proceeding 24th ACVIM Louisville, KY. 33-34.
Rand J, Marshall R. (2006) Feline diabetes mellitus: which insulin do I choose & how do I adjust the dose? Proceeding 24th ACVIM Louisville, KY. 35-37.
Rand J. (1999). Current understanding of feline diabetes: Part 1, Pathogenesis. Journal of Feline Medicine
and Surgery, 1; 143-153.
Rand J. (2006) Feline diabetes mellitus: pathogenesis & principals of therapy. Proceeding 24th ACVIM
Louisville, KY. 30-32.
Weaver KE, Rozanski EA, Mahony OM, Chan DL, Freeman LM. (2006) Use of glargina and lente insulins in cats with diabetes mellitus. Journal of Veterinary Internal Medicine, 20: 234-238.
Zoran DL. (2002) The carnivore connection to nutrition in cats. JAVMA, 221(11); 1559-1566.
Indirizzo per la corrispondenza:
Dipartimento di Scienze Cliniche Veterinarie - Università degli Studi di Teramo
Vle F. Crispi 212, 64100 Teramo - E-mail: [email protected]
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55° Congresso Nazionale SCIVAC
MILANO, 2-4 MARZO 2007
Dea Bonello
Med Vet, SRV, PhD, Dipl EVDC, Torino
La stomatite cronica nel gatto.
Indicazioni per trattamenti
diversi
Sabato, 3 marzo 2007, ore 11.30
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Le malattie infiammatorie dei tessuti molli e duri del cavo orale (gengiviti,
stomatiti, parodontiti) sono tra i problemi di più frequente riscontro nella pratica ambulatoriale quotidiana, potendo colpire più dell’85% di cani e gatti oltre i
tre-quattro anni di età. Scatenate da fattori locali - placca e tartaro in particolare - e sistemici (es. nefropatie, FIV/FELV), queste patologie si accompagnano
a svariati sintomi quali alitosi, scialorrea, disfagia, dolore, incapacità ad alimentarsi, caduta dei denti. I segni clinici classici dell’infiammazione dei tessuti del cavo orale sono l’arrossamento gengivale, l’edema e le erosioni/ulcerazioni per disepitelizzazione focale e/o diffusa. Nel gatto, in particolare, le parodontopatie assumono specifiche caratteristiche cliniche, potendo configurarsi
anche come: a) gengivite-stomatite linfocitica-plasmacitica o stomatite cronica
felina, molto probabilmente scatenata da un’ipersensibilità alla placca; e b) lesioni da riassorbimento odontoclastico esterno (FORL, feline odontoclastic resorptive lesions), solitamente a carico della giunzione cemento-smalto (neck lesions) con distruzione del legamento parodontale. Ad oggi, la terapia della stomatite cronica del gatto rappresenta un problema molto serio, per l’inefficacia
delle misure mediche nel controllare il decorso della malattia e la gravità dei
sintomi. L’estrazione completa di tutti i denti è infatti quasi sempre l’unica opzione realmente risolutiva, ma spesso incontra resistenza da parte dei proprietari che ritengono l’intervento mutilante per il loro animale.
Scopo della presente comunicazione è quello di prendere in considerazione i vari trattamenti riportati in letteratura, che includono:
• antibiotici
• antinfiammatori steroidei (corticosteroidi, megestrolo acetato)
• antinfiammatori non steroidei (salicilato di sodio)
• immunomodulatori (sali d’oro, ciclosporine, interferone)
• gel odontostomatologici (clorexidina, Aldemidrol)
• altri (lattoferrina bovina, melatonina)
• trattamenti chirurgici e medici strumentali (laser)
e di valutarne brevemente il razionale di utilizzo ed i pro ed i contro.
Ad esempio, l’utilizzo degli antinfiammatori steroidei per trattare la FCGS
è estremamente comune, ma sconsigliabile, perché in molti casi la terapia deve essere protratta per tutta la vita dell’animale. Questi farmaci purtroppo
hanno numerosi effetti collaterali ed inoltre la loro efficacia decresce nel tempo, cosicché sempre più alti dosaggi o sempre più brevi periodi di intervallo
tra le somministrazioni sono necessari per garantire la remissione della sintomatologia acuta. Inoltre la somministrazione di cortisonici favorisce la proliferazione della placca batterica e danneggia le strutture parodontali favorendo l’insorgenza della malattia parodontale e/o aggravando i quadri di parodontite eventualmente già presenti.
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Analogo discorso è possibile fare per la somministrazione prolungata nel
tempo di alte dosi di antibiotici, il cui scopo è quello di tenere sotto controllo la carica batterica patogena distribuita sulle mucose del cavo orale e sulla
superficie dei denti.
Di quasi tutti gli altri trattamenti sono riportati in letteratura effetti scarsi
se non deludenti, e spesso comunque non supportati da un razionale di utilizzo basato su dati oggettivi e condivisibili.
Proprio per evitare gli effetti collaterali delle terapie farmacologiche, e nell’impossibilità di mantenere una corretta igiene orale nei soggetti affetti da
FCGS, è stato proposto di estrarre tutti i premolari ed i molari, allo scopo di
impedire l’accumulo dei germi patogeni, che notoriamente proliferano all’interno dello spessore della placca dentale e che alimentano l’infiammazione e
sostengono la sintomatologia acuta. Tale intervento, di per sé apparentemente molto aggressivo, è ad oggi il trattamento che offre le maggiori garanzie di
successo terapeutico, in quanto porta sempre alla remissione della sintomatologia, in vario grado a seconda della risposta dell’individuo, e spesso anche
alla guarigione completa della malattia. Il limite intrinseco dell’intervento di
estrazioni totali consiste nell’essere strettamente legato alla capacità ed all’esperienza dell’operatore, alla metodica ed ai materiali utilizzati, pur essendo
riportati casi di insuccesso e/o di recidiva anche in condizioni operatorie standardizzate ottimali.
Bibliografia essenziale
Bonello D, 2001, Gingivostomatitis in the cat: A medical or surgical problem?, Proceedings of the VDJ
Congress, Amsterdam, The Nederlands.
Bonello D, 2007, Feline inflammatory and Infectious oral conditions, in BSAVA Manual of Feline and Canine Dentistry, 3rd Ed.
Harley R, Helps CR, Harbour DA, Gruffydd-Jones TJ, Day MJ, 1999, Cytokine mRNA expression in lesions in cats with chornic gingivostomatitis, Clinical and Diagnostic Laboratory Immunology, 6(4):
471-478
Hawkins J, 2000, Feline gingivostomatitis: when the treatment fails, Proceedings NAVC, Orlando, January
15-19, pp.183-185
Lyons KF. The effect of gallium-arsenide laser application on feline lympho-plasmocytic gengivitis/stomatitis in eight cats. World Dent 1990:29.
Legendre LFJ, 1993, Management and long term effects of electrocution in a cat’s mouth. J Vet
Dent;10(3):6.
Pedersen NC, 1992, Inflammatory oral cavity diseases in the cat, Veterinary Clinics of North America:
Small Animal Practice, 22(6): 1323-1345
Sims TJ, Moncla Bj, Page RC, 1990, Serum antibody response to antigens of oral gram-negative bacteria
in cats with plasma cell gingivitis-stomatitis, J Dental Res 69:877-882.
Walsh LJ, Davis MF, Xu LJ, Savane NW, 1995, Relationship between mast cell degranulation and inflammation in the oral cavity, Journal of Oral Pathology & Medicine, 24: 266-272
Zetner K, Steurer I, Kampfer PH, Maier H, 1998, Melatonin and chronic inflammatory disease in the feline oral cavity. Praktischer Tierartzt, 79:410-416.
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55° Congresso Nazionale SCIVAC
MILANO, 2-4 MARZO 2007
Sarah M. A. Caney
BVSc, PhD, Dipl SAM (Feline), MRCVS, RCVS
Spec in Feline, Emsworth, UK
The Cat Friendly Practice integration of knowledge and care
Cos’è e come impostare
una “cat friendly practice”
Friday, March 2nd 2007, 3.30 p.m.
Venerdì, 2 marzo 2007, ore 15.30
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In 2005, the UK cat charity the Feline Advisory Bureau (FAB: www.fabcats.org) set up the ‘feline expert panel’ – a group of feline experts currently, or
recently, funded by the charity – with multiple aims including lobbying for things
that improve veterinary care of cats. The expert panel has worked with feline behaviourists, other feline experts and practices throughout the world to produce
a document with recommendations on how to make veterinary practices as cat
friendly as possible. Many of the suggestions are simple and inexpensive to implement and can make a huge difference, not only to the actual care of the cat,
but to bonding cat-owning clients to the practice. What follows has been extracted from FAB’s ‘Creating a Cat Friendly Practice’- a document aimed at veterinary professionals working with cats. The full document can be downloaded
from the FAB website at: http://www.fabcats.org/documents/catfriendly44pp.pdf
PRACTICE DESIGN
Practical and design measures can be put in place throughout the practice, from the waiting room, through to the consultation rooms, the equipment
and hospitalisation. Additionally, providing information for owners bringing
a cat in and for use after they leave, as well as training staff to handle cats
and understand what causes distress, can have huge effects on the welfare of
your feline patients and will be noticed and appreciated by clients.
Clients and pets alike respond well to sympathetically conducted consultations. At the same time the professionals’ job should be easier and cats
should benefit all round.
STAFF ATTITUDE
No amount of stylish décor or image projection can counteract the impression that staff are not really interested in cats. A cat-friendly/feline-interested attitude across the practice will set the background against which many
(often small) changes to structure, handling and procedures will convey a
strong feline-friendly message. Essential components are:
• Education and training with regard to feline husbandry, handling, behaviour, medicine, surgery and in developing and nurturing a cat friendly
ethos among veterinary staff at all levels.
• Familiarity and recognition of various cat breeds and some of their basic
characteristics.
• Flexibility with appointments if possible for cats which have been defensively aggressive or anxious on previous visits – the maxim ‘more haste,
less speed’ holds most true for cats. Plan longer consultations to allow
time to explain complex conditions.
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• Awareness of cat security. Ensure that staff know to keep doors and windows shut and that cats are always put in carriers for movement from one
area to another. Cages must be secure and have latches and other fittings
that cannot be opened by bright but bored cats.
• If the cat has a difficult medical, surgical or behavioural problem know
where to go to for advice or referral.
• Providing further information. People do not readily recall facts communicated to them when they are anxious. Providing clients with written information, such as FAB information sheets (downloadable from the FAB
website www.fabcats.org), which they can take away and read, is greatly
appreciated.
• Cats are very sensitive to smell - wearing strong perfumes or the liberal
use of room fresheners or deodorisers can be challenging to the cat on top
of the normal smells of the surgery. Ventilate rooms and rinse off disinfectants thoroughly if directed by the manufacturer. Install Feliway (Ceva)
diffusers throughout the practice.
ADVISING ON TRAVEL TO THE SURGERY
A stress-free veterinary experience for owners and cats starts way before
they enter the front door of the practice. Patient treatment can become compromised by stress - blood test results can be more difficult to interpret and
sedation or anaesthesia may be necessary to handle the cat. Advising owners
on the most appropriate ways to bring the cat in and helping them remain
calm and relaxed has a positive effect on the cat and their owner.
TIPS ON BASKETS AND TRAVEL
• Our experts prefer the top-opening plastic-coated wire baskets – these are
sturdy, easy to open and remove the cat and are straightforward to clean.
• Bring cats in separate carriers – even well-bonded cats may become aggressive to each other if stressed
• Cover cat carriers when travelling, as cats are known to de-stress more
quickly in the dark.
• Spray with Feliway onto the towel or blanket used to create a reassuring
environment, 30 minutes before using the carrier.
• Clients can try to get kittens used to travelling in a stress-free way, and desensitise adult cats to baskets and cars. Advice on how to do this is available on the FAB website.
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RECEPTION AREA AND WAITING ROOM
While the ideal (short of having a cat-only clinic!) is obviously to be able
to completely separate the dogs and cats attending the clinic, many practices
are working out of premises adapted from less than ideal buildings and simply have to do what they can. Simple things can help:
- Create a dedicated cat-only part of the waiting area, preferably located
where there is least human and animal traffic.
- Set up times when only cat clients can attend.
- Consider having nursing clinics for life-stage checks, for more specific conditions (eg, obesity clinics, diabetic checks), and for demonstrating/explaining specific procedures eg, administering medications, injecting insulin etc
- Provide raised shelves or stools for clients to place cat carriers on.
- Display notices asking clients with dogs to keep them away from cat carriers.
- Display evidence of feline-related continuing education which staff members have undertaken or membership of cat organisations.
- Ensure receptionists and nurses can give good basic advice on feline topics and direct owners to a relevant source of reliable information.
- Set up a notice board with details of specialist in-house clinics, promotions, lectures or cat information evenings.
- Be able to provide reliable local cat-related contacts.
CAT HANDLING
Cats are generally more sensitive to unfamiliar people and situations than
most dogs and, because of the subtlety of their communication systems, more
readily misunderstood. And remember – no amount of feline pheromone will
replace good handling techniques. Handling cats well for even simple techniques is important and is something not given enough thought or training in
practice. Develop techniques with the practice nurses. If you have a nurse
who enjoys cat work, handles them well and is good with them, give him or
her responsibility for getting the other practice’s members up to par. It can
make a huge difference.
GENERAL HANDLING TIPS
Adopting a ‘less is more’ approach to restraint will help to prevent the cat
resorting to aggression. Cats generally respond well to minimal restraint. Tips
include:
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- Always approach a cat in a calm and soothing manner. Stroking and talking
to the cat before lifting it from a cage or basket is ideal if the cat allows this.
- Scruffing the cat should not be used routinely and certainly not for lifting.
- After removing the cat from the basket, let it settle, stroke it while having
a chat or let it wander around for a few minutes.
- Talk to the cat using a calm level tone, moving slowly and quietly and without making sudden movements.
- Have items such as thick towels to hand for calm use if required.
- If aggression does occur it is important to realise that it is because the cat
is fearful, not ‘dominant’.
- Be willing to use chemical restraint to avoid/decrease stress which may be
caused by using physical restraint on the patient.
Information on handling for specific procedures – such as blood sampling,
urine collection and blood pressure measurement - is contained in the full
‘Cat Friendly Practice’ document.
EQUIPMENT
A task is always easier and more successful if you have the right tools. The
full FAB document contains a comprehensive list of equipment helpful in all
aspects of feline practice.
WEIGHING CATS
Have paediatric scales ideally in all consultation rooms, but at least in an
easily accessible quiet place – not in the waiting room among the dogs! Cats
should be weighed on every visit to the practice and:
- Healthy young to middle-aged cats should be weighed approximately once
yearly, at their vaccination check.
- Older cats (over 12 years) should be weighed every three to six months.
- Cats with any illness that may be associated with weight loss or a poor appetite, or those that are overweight and are on a weight restriction diet
should be weighed every one to eight weeks depending on the condition.
- Hospitalised cats should be weighed every one to two days.
HOUSING CATS
It is helpful to have as much information as possible committed to paper
before a cat is admitted. Note what is normally fed, whether the cat likes be31
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ing groomed or about any behavioural peculiarities - predictability in environmental and social terms is important to feline psychological equilibrium.
If an owner wants to leave something that smells of home (eg a towel or item
of clothing), be willing to accept.
Don’t leave newly admitted cats in their baskets at floor level in exposed
or busy locations, near dogs or facing other cats. If the cat cannot immediately be transferred to a kennel, cover the basket and put it in a quiet raised
position.
Generally completely separate locations for canine and feline patients are
thought to be ideal. Where dogs and cats do have to be housed together using
DAP (Dog Appeasing Pheromone; Ceva) to reduce canine reactivity can have
a secondary beneficial effect on feline residents. If feasible, organise a
timetable that allows for different species to be admitted for routine operations and investigations at different times.
Think about the cat cage design, positioning and materials. How that
small space can be used and what it contains can make all the difference to
how warm cats are kept, how well they relax and therefore when they want to
eat, and how quickly they recover. Good nursing is known to be very important for feline morale!
NUTRITION FOR FELINE PATIENTS
For hospitalised animals food obviously needs to be nutritious and
tempting. It is always good practice to get a list of food preferences from the
owner before the cat is admitted.
Failure to meet nutritional requirements will result in reduced immune
system function and increased risk of sepsis, reduced tissue repair and delayed healing, muscle weakness and altered drug metabolism. Cats are also susceptible to development of hepatic lipidosis following even short periods of anorexia.
Hospitalised patients are often in a hypermetabolic state which, when
combined with starvation, quickly leads to protein depletion and protein energy malnutrition, which can be a major contributing factor in multiple organ failure.
Always calculate energy requirements and ensure what the cat is eating
is meeting these requirements.
It can be difficult to coax some cats to eat, but it is obviously a very important part of recovery. The full ‘Cat Friendly Practice’ document contains
tips and advice on management of anorexic cats.
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MEDICATING CATS
Ensure that cats are weighed prior to calculating doses of medication
rather than assuming all cats weigh about 4 kg.
Be familiar with the drugs that are licensed for use in cats, but be aware
that many of the drugs you will need to use are not licensed and the owners
should be made aware of this.
Medication, and its administration, is a fairly well recognised source of stress
to many pet cats, owners and veterinary staff alike. More effort now seems to being made by manufacturers to produce a wider range of products aimed specifically at the feline market and designed to make the procedure as straightforward
and pleasant for the animals as possible. It can also be helpful to establish and
maintain a good working relationship with a compounding pharmacist.
In addition it is not sufficient to assume that clients are familiar with effective methods for collecting urine samples, or dosing and application techniques whether tablets, liquids or topical medications are being dispensed.
These need to be explained and their use generally demonstrated, at least in
the first instance, for compliance and the animal’s welfare to be assured. But
as always judgment must be applied and it is not advisable to try and pop a
pill down the throat of a cat that has already become distressed.
• Have knowledge of and communicate with clients on:
- the need to administer water by syringe or feed a cat immediately post
tablet to prevent retention of tablets in the oesophagus since this can
cause inflammation and potentially stricture formation
- any potential side effects of drugs that you use
- how the client intends to administer the medication (eg, crushed in food
or directly into the mouth). Ensure that what you are dispensing is likely to be accepted by the cat in this way (eg, metronidazole is very bitter tasting and so unlikely to be eaten if crushed in food).
- previous experiences with particular medications to your clients, eg, if
you know a medication is particularly bitter tasting and may cause the
cat to salivate excessively then warn the client.
- the form of medications – some have both a syrup and tablet form (eg,
amoxycillin-clavulanate, ranitidine). Find out which the client thinks
will be easier for them to administer.
- there may be more than one way of administering a medicine, eg, clindamycin capsules may be administered whole, or opened up and the
powder sprinkled in food.
- other tips that may make medicating the cats easier and be aware of
new products that may be helpful, eg, Easy-tabs (Bayer), Tab pockets
(Royal Canin).
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- the availability of pill givers (eg pill poppers) which can be useful for
some cats. Owners need to be shown how to use them correctly and
warned that incorrect use can cause serious damage to the cat’s
mouth/throat.
Be familiar with and keep up to date with reported side effects of specific
drugs in cats, eg, association of doxycycline with oesophageal strictures
Ensure that you dispense medications in a form that is straightforward to
administer
Consider the drugs which should be available in your practice for cats, eg
ketamine and midazolam for sedation
Consider which analgesics are most appropriate and easiest to dose and
administer. eg, for opioid analgesia consider the use of orally administered
buprenorphine
Consider the drugs that you may need immediately at hand for use in an
emergency, eg, injectable terbutaline, inhalational salbutamol
Consider newer drugs that may be required quite promptly for common
conditions, eg, amlodopine for hypertension
ADVICE TO TAKE HOME
Each client should get a discharge form detailing post-operative instructions, drug regimes, and when the pet is expected back for re-examination.
They should understand relevant administration techniques for medication or
monitoring. The cat returning home will inevitably smell of the surgery environment. This ‘scent challenge’ can be the stimulus for aggression in even
previously very well-bonded cats when the treated cat returns home. If the affected individual experiences pain, particularly if being greeted by another
cat or dog that is fit and exuberant, negative associations can be established
that can lead to a deterioration in their relationship.
Well-informed behavioural advice at this time can also be instrumental in
making the cat’s transition from clinic to home as trouble-free as possible and
will be most appreciated. Here are some tips:
- Scents acquired by worn clothing can be preserved to some extent by storing
them in sealed plastic bags or containers and could be put into the cat carrier on the way home to start the process of making it ‘smell like home’ again.
- It may be wise, on returning home, to keep cats separate initially. Owners
can groom and stroke them both so that scents are exchanged and the smell
of the clinic is less overwhelming, before they meet again.
- Clients should supervise reunions, making sure they are kept low-key and
appropriate to the needs of the cat that is coming home.
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- Feliway used in the home environment before a cat is brought back is a
useful means of reducing tension in a multi-pet household and the stress of
another change in location for the affected individual.
- It may also be helpful, especially if a hospital stay has been prolonged, to
confine the returning pet and gradually let it have access to the whole
house - in the same way owners are advised when moving house.
- Clients should additionally be warned about the inadvisability of imposing too much attention on the returning cat. If problems do surface the best
advice is to seek help immediately from a qualified behaviourist, known to
the practice.
BEREAVEMENT
Many cat owners are highly bonded to their cats and may need bereavement support. If owners are not coping well with a cat’s death refer them a
dedicated counselling organisations, for example in the UK the Pet Bereavement Support Service is available on: 0800 096 6606.
Condolence cards are commonly sent after the death of a pet. When they
are hand written and contain a personalised message they can be a source of
real comfort to a bereaved client, and underline the fact that the practice has
a compassionate and caring attitude to patients and owners alike.
CONCLUSIONS
Cat owners rightly tend to be demanding in relation to their pets and expect a high level of professionalism, interest, and understanding from any veterinary personnel they encounter. When they entrust their feline companions
to a veterinary practice they expect the animals to be in the hands of an organisation that is aware of, and genuinely dedicated to, all aspects of their
pet’s care and welfare. And undoubtedly with the appropriate knowledge, effort and enthusiasm from everyone involved, combined with a willingness to
continually learn, re-evaluate and improve facilities and attitudes, a genuinely cat-friendly veterinary practice, that will be highly valued by its clients, can
be created quite readily, and is certain to flourish.
Further reading:
www.fabcats.org
http://www.fabcats.org/documents/catfriendly44pp.pdf
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Nel 2005, un’associazione benefica per la tutela dei gatti nel Regno Unito, il Feline Advisory Bureau (FAB: www.fabcats.org) ha istituito il “feline
expert panel” – un gruppo di esperti di argomenti relativi ai felini attualmente, o recentemente, finanziati dal Bureau stesso – con molteplici scopi, compreso l’attività di lobbismo finalizzato al miglioramento delle cure veterinarie
per i gatti. L’expert panel ha lavorato insieme a studiosi del comportamento
felino, altri esperti su questi animali e strutture di tutto il mondo per arrivare
a produrre un documento con le raccomandazioni su come rendere le strutture veterinarie il più possibile gradite ai gatti. Molti di questi suggerimenti sono semplici e poco costosi da attuare e possono fare una differenza enorme,
non solo per le effettive cure prestate a questi animali, ma anche per il legame fra i loro proprietari e la struttura. Quanto segue è stato estratto dal “Creating a Cat Friendly Practice” del FAB – un documento destinato ai veterinari che lavorano con i gatti. Il testo completo può essere scaricato dal sito web
FAB all’url: http://www.fabcats.org/documents/catfriendly44pp.pdf
PROGETTAZIONE DELLA STRUTTURA VETERINARIA
È possibile mettere in atto misure pratiche e progettuali in tutta la struttura, dalla sala d’attesa a quella da visita, dalle apparecchiature all’ospedalizzazione. Inoltre, fornire ai proprietari che portano un gatto alla visita delle informazioni che potranno utilizzare dopo aver lasciato la struttura e insegnare
al personale a manipolare correttamente questi animali ed a comprendere quali siano per loro le cause di stress sono interventi capaci di influire enormemente sul benessere dei vostri pazienti felini e che verranno notati ed apprezzati dai clienti.
Allo stesso modo, clienti ed animali rispondono bene alle visite condotte
in modo simpatico. Contemporaneamente, il lavoro del professionista dovrebbe risultare facilitato ed i gatti dovrebbero trarne beneficio da ogni punto
di vista.
ATTEGGIAMENTO DELLO STAFF
Nessuna decorazione stilistica o esposizione di immagini potrà mai contrastare l’impressione che lo staff non sia davvero interessato ai gatti. Un atteggiamento amichevole nei confronti dei felini e che dimostri l’attenzione
per questi animali, se diffuso in tutta la struttura, costituisce la base su cui impostare molte modificazioni (spesso piccole) della struttura, delle manualità e
delle procedure per trasmettere un forte messaggio di feline-friendly.
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Le componenti essenziali sono:
Educazione e formazione sul modo corretto di allevare i felini, sulle varie
manualità, sul comportamento, sulla medicina, sulla chirurgia e sullo sviluppo e la crescita di un’etica cat-friendly all’interno del personale veterinario, a tutti i livelli.
Familiarità e riconoscimento delle varie razze feline e di alcune delle loro
caratteristiche di base.
Flessibilità, se possibile, per quanto riguarda gli appuntamenti per i gatti
che hanno manifestato in occasione delle visite precedenti un atteggiamento di aggressività difensiva o di ansia – la massima “chi ha fretta vada
adagio” vale soprattutto per i gatti. Prevedere visite più lunghe per lasciare il tempo di spiegare condizioni complesse.
Attenzione alla sicurezza del gatto. Assicurarsi che lo staff sappia di dover
tenere chiuse le porte e le finestre e che i gatti devono sempre essere posti
nei trasportini per trasferirli da un’area all’altra. Le gabbie devono essere
a prova di fuga e dotate di serrature ed altre misure di sicurezza che non
possano essere aperti da gatti intelligenti ed annoiati.
Se il gatto presenta un problema medico, chirurgico o comportamentale
difficile, occorre sapere dove rivolgersi per ottenere consigli o inviare il caso ad uno specialista.
Offrire ulteriori informazioni. Le persone non si ricordano facilmente di
ciò che viene loro comunicato quando sono in ansia. Viene molto apprezzato il fatto di fornire ai clienti informazioni scritte, come il materiale messo a disposizione dal FAB (scaricabile dal sito web del bureau: www.fabcats.org), che possano portare con sé e leggere in seguito.
I gatti sono molto sensibili agli odori – l’uso di profumi intensi o l’impiego abbondante di deodoranti per ambienti può infastidire il gatto più dei
normali odori della chirurgia. Le stanze vanno ventilate e i disinfettanti
vanno risciacquati a fondo secondo le indicazioni dei produttori. Si devono installare dei diffusori Feliway (Ceva) in tutta la struttura.
CONSIGLI SUL TRASPORTO ALLA STRUTTURA
VETERINARIA
Una visita veterinaria che si svolga senza stress per proprietari e i loro gatti inizia molto prima che entrino dalla porta della struttura. Il trattamento del
paziente può venire compromesso dallo stress: i risultati dei test effettuati su
campioni di sangue possono essere più difficili da interpretare e può essere
necessario ricorrere alla sedazione o all’anestesia per poter manipolare il gatto. Suggerire ai proprietari il modo più appropriato per portare il gatto alla vi37
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sita ed aiutarli a rimanere calmi e rilassati ha un effetto positivo sia sull’animale che sul proprietario.
SUGGERIMENTI SU CESTINI E TRASPORTINI
• I nostri esperti preferiscono i cestini di filo metallico plastificato con apertura dall’alto – sono robusti, facili da aprire per tirare fuori il gatto ed agevoli da pulire.
• Tenere i gatti in trasportini separati – anche quelli profondamente uniti
possono manifestare un’aggressività reciproca se vengono stressati.
• Coprire i trasportini durante il viaggio, dato che è noto che i gatti subiscono di meno lo stress al buio.
• Spruzzare Feliway sul pelo o sulla coperta utilizzati per determinare un
ambiente rassicurante, 30 minuti prima di utilizzare il trasportino.
• I clienti possono cercare di abituare i gattini al trasporto in un modo che
non susciti stress e desensibilizzare i gatti adulti alle ceste ed ai pericoli.
Consigli sull’argomento si possono trovare sul sito web del FAB.
AREA DELLA RECEPTION E SALA D’ATTESA
Anche se l’ideale (a parte il caso di una clinica destinata esclusivamente ai
gatti!) è ovviamente quello di riuscire a separare completamente i cani dai
gatti che frequentano la struttura, spesso si deve lavorare in ambienti ottenuti
a partire da edifici non ideali e, semplicemente, bisogna limitarsi a fare quello che si può. Possono risultare utili alcuni semplici suggerimenti:
- Realizzare una parte dedicata esclusivamente ai gatti nella sala d’attesa,
preferibilmente situata dove il traffico di persone ed animali sia minimo.
- Stabilire dei momenti in cui ci si può dedicare unicamente ai clienti con
felini.
- Prendere in considerazione la possibilità di realizzare reparti clinici dedicati alle visite di controllo periodiche, per condizioni più specifiche (ad
es., per trattare l’obesità o effettuare dei controlli nei soggetti diabetici) e
per illustrare/spiegare particolari procedure come ad es. la somministrazione di farmaci, le iniezioni di insulina, ecc…
- Lasciare a disposizione degli scaffali o degli sgabelli sollevati dove i clienti possano appoggiare i trasportini.
- Esporre dei cartelli che chiedano ai clienti con cani di tenerli lontani dai
trasportini dei gatti.
- Esporre attestati che dimostrino che i membri dello staff hanno effettuato
corsi di educazione permanente su argomenti relativi ai felini o sono membri di organizzazioni che si occupano di questi animali.
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- Assicurarsi che gli addetti alla reception e gli infermieri possano fornire
validi consigli di base su argomenti relativi ai felini ed indirizzare i proprietari ad una fonte importante di informazioni attendibili.
- Realizzare un tabellone che indichi dettagliatamente i reparti specialistici
presenti nella struttura e le promozioni, le lezioni o le serate informative
dedicate al gatto.
- Essere in grado di fornire contatti attendibili per affrontare i problemi dei
gatti a livello locale.
MANIPOLAZIONE DEL GATTO
I gatti sono generalmente più sensibili alle persone ed alle situazioni con
cui hanno scarsa familiarità rispetto alla maggior parte dei cani e, a causa della complessità dei loro sistemi di comunicazione, vengono più facilmente
fraintesi. Non bisogna dimenticare che nessuna quantità di feromone felino
potrà mai sostituire le buone manualità. Manipolare bene i gatti anche per effettuare tecniche semplici è importante, ed è qualcosa a cui non si pensa abbastanza o che non riceve abbastanza formazione nella pratica. Le tecniche
vanno sviluppate insieme agli infermieri della struttura. Se avete un infermiere che ama lavorare con i gatti, sa manipolarli bene e si comporta bene con loro, assegnategli la responsabilità di portare allo steso livello gli altri membri
della struttura. Ciò può fare una differenza enorme.
SUGGERIMENTI GENERALI SULLA MANIPOLAZIONE
DEGLI ANIMALI
Adottare un approccio “di meno è meglio” circa il contenimento contribuisce ad evitare che il gatto ricorra ad un comportamento aggressivo. Questi
animali rispondono bene, in genere, ad un contenimento minimo. I possibili
suggerimenti sono rappresentati da:
- Adottare sempre con il gatto un approccio calmo e rassicurante. Se l’animale lo permette, l’ideale è accarezzarlo e parlargli prima di sollevarlo dalla gabbia o dalla cesta.
- Si deve evitare l’abitudine di prendere il gatto per la collottola, e certamente non per sollevarlo.
- Dopo aver tolto il gatto dalla cesta, lasciarlo ambientare, accarezzarlo
mentre si chiacchiera o lasciarlo vagare in giro per qualche minuto.
- Parlare con il gatto utilizzando un tono calmo, muovendosi lentamente e
tranquillamente e senza compiere movimenti improvvisi.
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- Avere a portata di mano degli oggetti come dei teli spessi da utilizzare con
calma in caso di necessità.
- Se si verifica un’aggressione, è importante essere consapevoli del fatto che
è perché il gatto ha paura e non perché è “dominante”.
- Essere pronti ad utilizzare il contenimento farmacologico per evitare/ridurre lo stress che può essere causato dall’impiego del contenimento fisico nel paziente.
Informazioni sulle modalità di manipolazione per le specifiche procedure
– come il prelievo di sangue, la raccolta di urina e la misurazione della pressione sanguigna – si trovano nella versione completa del documento “Cat
Friendly Practice”.
APPARECCHIATURE
Qualsiasi operazione risulta sempre più facile e di maggiore efficacia se
avete gli strumenti giusti. Il documento completo del FAB contiene un elenco particolareggiato delle apparecchiature utili per tutti gli aspetti della medicina felina.
PESARE IL GATTO
L’ideale è avere delle bilance da pediatria in tutte le sale da visita, ma come minimo bisogna averne una a disposizione in un luogo tranquillo e facilmente accessibile – non nella sala d’attesa in mezzo ai cani! I gatti vanno pesati in occasione di ogni visita alla struttura; inoltre:
- I gatti giovani o di media età sani vanno pesati circa una volta all’anno, in
occasione del controllo per le vaccinazioni.
- I gatti anziani (oltre 12 anni) vanno pesati ogni 3-6 mesi.
- I gatti colpiti da una qualsiasi malattia che possa essere associata a perdita di peso o a scarso appetito, o quelli sovrappeso o sottoposti ad una dieta dimagrante, devono essere pesati ogni 1-8 settimane a seconda della
condizione in atto.
- I gatti ospedalizzati devono essere pesati ogni 1-2 giorni.
RICOVERO DEI GATTI
Prima di ricoverare un gatto, è utile raccogliere e registrare su carta il maggior numero di informazioni possibili. È necessario annotare cosa mangia
normalmente il gatto, se ama essere toelettato o se ha delle particolarità com40
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portamentali di qualsiasi tipo – la prevedibilità in termini ambientali e sociali è importante per l’equilibrio psicologico dei felini. Se un proprietario desidera lasciare qualcosa che abbia l’odore di casa (ad esempio, un telo o un capo di abbigliamento), è bene accettare.
Non lasciate i gatti appena ricoverati nei loro cestini a livello del pavimento in aree esposte o molto movimentate, vicino ai cani o davanti ad altri
gatti. Se l’animale non può essere immediatamente trasferito nel gattile, coprite il cesto e lasciatelo in una posizione tranquilla e sollevata.
Generalmente si ritiene che l’ideale sia disporre di zone completamente
separate per i pazienti della specie canina e felina. Nei casi in cui cani e gatti
devono essere ricoverati insieme, l’uso del DAP (Dog Appeasing Pheromone;
Ceva) per ridurre la reattività canina può avere un utile effetto secondario sui
felini presenti. Se possibile, organizzare un programma di lavoro che consenta di ricoverare in momenti diversi le differenti specie da sottoporre alle operazioni di routine ed alle indagini cliniche.
Preoccupatevi della realizzazione, del posizionamento e dei materiali della gabbia del gatto. Il modo in cui questo spazio limitato può essere utilizzato e ciò che contiene sono fattori che possono fare una notevole differenza su
come i gatti sono tenuti, su quanto si rilassano e, quindi, sul momento in cui
desiderano mangiare spontaneamente e sulla rapidità con cui guariscono. È
noto che le buone cure infermieristiche sono molto importanti per il morale
dei felini!
LA NUTRIZIONE DEI FELINI RICOVERATI
Per gli animali ospedalizzati, il cibo deve ovviamente essere nutriente ed
appetitoso. È sempre una buona pratica stilare un elenco delle preferenze alimentari informandosi presso il proprietario prima di ricoverare il gatto.
La mancata copertura dei fabbisogni nutrizionali esita in una riduzione
della funzione del sistema immunitario ed in un aumento del rischio di sepsi,
nella diminuzione della riparazione tissutale e nel ritardo della guarigione,
con debolezza muscolare ed alterazione del metabolismo dei farmaci. I gatti
possono poi essere suscettibili allo sviluppo di una lipidosi epatica dopo periodi anche brevi di anoressia.
I pazienti ospedalizzati si trovano spesso in uno stato ipermetabolico che,
quando viene associato al digiuno prolungato, porta rapidamente a deplezione proteica e malnutrizione proteico-energetica, che può essere uno dei principali fattori che contribuiscono all’insufficienza di più organi.
Bisogna sempre calcolare i fabbisogni energetici ed assicurarsi che ciò che
il gatto mangia sia in grado di garantirne la copertura.
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Può essere difficile convincere alcuni gatti a mangiare, ma ovviamente
questa è una parte molto importante della convalescenza. La versione completa del documento “Cat Friendly Practice” contiene suggerimenti e consigli sul trattamento dei gatti anoressici.
SOMMINISTRAZIONE DI FARMACI AI GATTI
Assicurarsi che i gatti siano pesati prima di calcolare le dosi dei farmaci piuttosto che presumere che tutti gli animali di questa specie pesino circa 4 kg.
È necessario avere familiarità con i farmaci registrati per l’impiego nel gatto, ma bisogna anche sapere che molti dei principi attivi di cui avete bisogno
non sono registrati e bisogna informarne i proprietari.
I farmaci, e la loro somministrazione, sono una fonte abbastanza ben riconosciuta di stress per molti gatti da compagnia, proprietari ed anche componenti dello staff veterinario. Oggi sembra che i produttori stiano compiendo
maggiori sforzi per mettere in commercio una gamma più ampia di prodotti
destinati specificamente al mercato felino e studiati per rendere la procedura
il più possibile agevole e piacevole per gli animali. Può anche essere utile stabilire e mantenere una buona collaborazione di lavoro con un farmacista in
grado di preparare ciò di cui avete bisogno.
Inoltre, non è sufficiente presumere che i clienti abbiano familiarità con i
metodi efficaci di raccolta di campioni di urina oppure con il dosaggio e le
tecniche di applicazione nei casi in cui vengono prescritte compresse, liquidi
o farmaci topici. L’uso di questi prodotti deve essere spiegato e generalmente
dimostrato, almeno nel primo caso, per garantirsi l’osservanza del proprietario e tutelare il benessere dell’animale. Ma, come sempre, bisogna agire con
giudizio e non è consigliabile provare a cacciare una pillola nella gola di un
gatto che è già stressato.
• Ci sono argomenti che bisogna conoscere, per poterli comunicare correttamente ai clienti. Rientrano fra questi:
- la necessità di iniettare acqua con una siringa o far mangiare un gatto
immediatamente dopo la somministrazione di una compressa, per evitare che questa venga ritenuta nell’esofago, dato che ciò può essere
causa di infiammazione e potenziale formazione di stenosi..
- qualsiasi potenziale effetto collaterale dei farmaci che utilizzate.
- il modo in cui i clienti intendono somministrare il farmaco (ad es.,
schiacciato nel cibo o direttamente in bocca). Assicuratevi che ciò che
state prescrivendo abbia buone probabilità di essere accettato dal gatto
con queste modalità (ad es., il metronidazolo ha un sapore molto ama42
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ro e quindi è improbabile che venga assunto se schiacciato nel cibo).
- precedenti esperienze con particolari farmaci forniti ai vostri clienti; ad
es. se sapete che un determinato prodotto ha un sapore particolarmente
amaro e può spingere il gatto a salivare eccessivamente è bene informarne preventivamente il cliente.
- la forma dei farmaci – alcuni si trovano sia come sciroppo che in compresse (ad es., amossicillina/clavulanato, ranitidina). Scegliete quello
che il cliente ritiene di poter somministrare più facilmente
- ci può essere più di un modo per far assumere un farmaco; ad es., la
clindamicina in capsule può venire somministrata intera oppure aperta
per spargere la polvere sul cibo.
- altri suggerimenti che possono rendere più facile la somministrazione di
farmaci al gatto; inoltre, bisogna conoscere i nuovi prodotti che possono
essere utili, come ad es., Easy-tabs (Bayer), Tab pockets (Royal Canin).
- la disponibilità di erogatori di pillole (ad es., pill poppers) che possono
essere utili per alcuni gatti. È necessario mostrare ai proprietari come
utilizzarli correttamente ed informarli che l’uso errato può essere causa di gravi danni per la bocca/gola del gatto
Avere familiarità con gli effetti collaterali segnalati per gli specifici farmaci nel gatto e tenersi aggiornati sull’argomento; ad es., esiste un’associazione fra doxiciclina e stenosi esofagee
Assicurarsi di dispensare i farmaci in una forma facile da somministrare
Considerare i farmaci che devono essere disponibili nella vostra struttura
per i gatti, ad es., ketamina e midazolam per la sedazione.
Considerare quali analgesici sono più appropriati e più facili da dosare e
somministrare, ad es., nel caso dell’analgesia con oppiacei prendere in
considerazione l’impiego della buprenorfina per os.
Considerare i farmaci di cui potete aver bisogno immediatamente, e da tenere a portata di mano per un impiego di emergenza, ad es., terbutalina
iniettabile, salbutamolo da inalazione
Considerare i farmaci più recenti che può capitare di dover utilizzare d’urgenza per le condizioni più comuni, come ad es., l’amlodipina per l’ipertensione
CONSIGLI DA PORTARE A CASA
Ad ogni cliente deve essere consegnata una scheda di dimissione con dettagliate istruzioni postoperatorie, protocolli farmacologici e data prevista per
il ritorno del gatto per una visita di controllo. I proprietari devono aver appreso le importanti tecniche di somministrazione dei farmaci e le modalità di
monitoraggio.
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I gatti che tornano a casa, inevitabilmente, portano addosso l’odore dell’ambiente chirurgico. Quando il soggetto dimesso torna a casa, questa “sfida
olfattiva” può essere uno stimolo capace di suscitare un’aggressione anche da
parte di gatti ai quali in precedenza era molto unito. Se gli animali colpiti subiscono esperienze dolorose, in particolare se vengono accolti in modo grossolano da un altro gatto o un cane che è in buona salute ed esuberante, si possono instaurare delle associazioni negative che possono portare ad un deterioramento delle loro relazioni.
Per rendere il più possibile privo di problemi il passaggio del gatto dalla clinica a casa rivestono un ruolo fondamentale i buoni consigli comportamentali su
questo argomento, che saranno molto apprezzati. Ecco alcuni suggerimenti:
- È possibile preservare in una certa misura gli odori acquisiti dai vestiti indossati dal proprietario conservandoli in contenitori o sacchetti di plastica
sigillati; questi abiti possono essere messi nel trasportino del gatto lungo
la strada di casa per iniziare il processo volto a far si che l’animale di ritorno abbia di nuovo “odore di casa”.
- Può essere bene, al ritorno a casa, tenere inizialmente separati i gatti. I proprietari possono toelettarli ed accarezzarli entrambi, in modo da determinare lo scambio di odori e far si che quello della clinica sia meno accentuato prima di rimettere insieme gli animali.
- I clienti devono assistere alle riunificazioni, assicurandosi che si svolgano
costantemente in tono basso ed appropriato alle necessità del gatto tornato a casa.
- L’impiego del Feliway nell’ambiente domestico prima di riportare a casa
un gatto è un metodo utile per ridurre la tensione nei nuclei familiari con
più animali da compagnia e lo stress di un altro cambio di sede per un soggetto colpito.
- Può anche essere utile, specialmente se la degenza in ospedale è stata prolungata, confinare l’animale di ritorno e concedergli gradualmente l’accesso all’intera casa – lo stesso consiglio si può dare ai proprietari in occasione di un trasloco.
- I clienti devono inoltre essere informati del fatto che è sconsigliabile imporre eccessive attenzioni al gatto di ritorno. Se compaiono dei problemi,
il suggerimento migliore è quello di rivolgersi immediatamente ad un
esperto qualificato di comportamento animale, suggerito dalla struttura veterinaria.
SCONFORTO
Molti proprietari di gatti sono fortemente legati ai loro animali e possono
aver bisogno di sostegno per superare lo sconforto. Se i proprietari non sono
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in grado di fronteggiare bene la morte di un animale, è possibile consigliare
loro di rivolgersi ad organizzazioni di assistenza psicologica appositamente
dedicate, come ad esempio, nel Regno Unito, il Pet Bereavement Support Service, reperibile al: 0800 096 6606.
Dopo la morte di un animale da compagnia si inviano comunemente delle
cartoline di condoglianze. Quando sono scritte a mano e contengono un messaggio personalizzato, queste possono essere un’autentica fonte di conforto
per un cliente afflitto e sottolineano il fatto che la struttura veterinaria ha un
atteggiamento di compassione e cura sia nei confronti dei pazienti che dei loro proprietari.
CONCLUSIONI
I proprietari di gatti tendono giustamente ad essere esigenti per quanto riguarda i loro animali e si aspettano un elevato livello di professionalità, interesse e conoscenze da tutto il personale veterinario che incontrano. Quando
affidano i loro compagni felini ad una struttura veterinaria, si attendono che
questi siano nelle mani di un’organizzazione che conosce e si occupa davvero di tutti gli aspetti della cura e del benessere dei loro animali. Senza dubbio,
con le conoscenze appropriate, con lo sforzo e l’entusiasmo di tutte le persone coinvolte, insieme alla volontà di continuare ad apprendere, rivalutare e
migliorare strutture ed atteggiamenti, è possibile ottenere molto facilmente
un’autentica struttura veterinaria cat-friendly, che sarà molto apprezzata dai
suoi clienti e sarà destinata certamente a crescere.
Letture consigliate
www.fabcats.org
http://www.fabcats.org/documents/catfriendly44pp.pdf
45
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55° Congresso Nazionale SCIVAC
MILANO, 2-4 MARZO 2007
Sarah M. A. Caney
BVSc, PhD, Dipl SAM (Feline), MRCVS, RCVS
Spec in Feline, Emsworth, UK
Feline Hypertension
L’ipertensione felina
Saturday, March 3rd 2007, 10.00 a.m.
Sabato, 3 marzo 2007, ore 10.00
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BACKGROUND
Hypertension is now commonly recognised in feline practice. There are
likely to be several reasons for this including an increased awareness of hypertension as a feline problem, increased access to diagnostic facilities and
possibly an increased prevalence of this condition related to the increasing
age of the cat population.
Primary (or essential) hypertension is still thought to be uncommon in cats
with most reported cases of hypertension occurring secondary to other medical problems. The prime causes of hypertension identified in cats are chronic renal failure and hyperthyroidism although the exact prevalence of hypertension in cats suffering from either of these conditions is still largely unknown. Reported prevalence figures have varied hugely (with maximum figures of over 90%!). One study that is likely to reflect the true prevalence of
hypertension reported that 20% of cats diagnosed with renal failure in a first
opinion setting were hypertensive. Our clinic identifies hypertension in
around 10-15% of hyperthyroid cases. Although there is no clear association
between age of cat and hypertension as a diagnosis per se, because renal and
thyroid disease is more common in older cats hypertension has been most
commonly diagnosed in cats over 12 years of age.
Other diseases that have been associated with hypertension in cats include
hyperaldosteronism (Conn’s syndrome), diabetes mellitus, chronic anaemia
and erythopoietin therapy. Additional causes of hypertension in other species
include the rare conditions hyperadrenocorticism, phaeochromocytoma and
acromegaly. In people and dogs there is a link between use of glucocorticoids
and the development of hypertension. Obesity is also linked with hypertension
in man.
CLINICAL FINDINGS IN HYPERTENSIVE CATS
In view of the potential causes of hypertension, affected cats may be presented with signs referable to their underlying systemic disease such as
polyuria, polydipsia, inappetence and weight loss in the renal failure patient.
Hypertension is in itself potentially extremely damaging to the body and four
major target organs (the eyes, brain, kidneys and central nervous system) are
cited. A systolic blood pressure of greater than 200 mmHg is generally
thought to put these target organs at significant risk of damage.
Clinical signs associated with hypertension include:
1. Visual deficits and blindness associated with retinal haemorrhage, exudation and detachment
47
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2. Neurological signs such as altered behaviour, ataxia, seizures, dementia
and coma as a result of vascular accidents
3. Left ventricular hypertrophy, a common sequela of hypertension, may result in a murmur
4. Clinical signs of renal insufficiency following hypertensive renal damage
(glomerular sclerosis, interstitial fibrosis)
In many patients, no specific clinical signs of hypertension will be seen until the cat is presented with a history of acute onset blindness. Early recognition of hypertension is important in order to minimise these effects.
DIAGNOSIS
Hypertension should be suspected as a possibility in the following situations:
• Cats presented with visual deficits, particularly sudden onset blindness
• Cats presented for investigation of ocular disease – particularly where
clinical signs are consistent with hypertensive ocular disease (eg haemorrhage, retinal detachment)
• Cats diagnosed with any disease reported to have an association with hypertension – particularly chronic renal failure and hyperthyroidism
- Six monthly monitoring is justified in non-hypertensive cats with any of
these conditions and is encouraged in order to detect any abnormalities before clinical manifestations of hypertension have developed
• In those cats where left ventricular hypertrophy (LVH) has been identified
on echocardiography. LVH is a common consequence of hypertension.
• Cats presented with behavioural or neurological signs (especially older
cats)
• As a component of ‘well cat’ clinics, particularly in cats aged 8 years and
over, since hypertension is most frequently diagnosed in elderly cats.
Ideally, diagnostic evaluation should include systolic (SBP) and diastolic
(DBP) blood pressure measurement. A detailed ophthalmic examination is also essential both in diagnosis and assessment of the extent of ocular disease.
Prompt action may be needed to minimise long-term damage.
Measuring blood pressure in conscious cats
Blood pressure measurements can be obtained using one of two methods,
direct measurements which involve catheterisation of an artery or indirect
measurements using non-invasive procedures such as the oscillometric or
Doppler techniques. Direct techniques have the advantage of giving accurate
SBP and DBP readings but are not practical for conscious cats. Indirect tech48
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:43 Pagina 49
niques are most appropriate for use in clinical cases since they do not require
sedation or anaesthesia and involve minimal stress to the patient. The oscillometric technique (e.g. Dynamap, Memoprint) has been shown to be unreliable in conscious cats. It is acceptable for use in anaesthetised cats although
it fails to give a reading in a significant proportion of cases.
The Doppler technique has been shown to be the most accurate and reliable technique for measurement of SBP in conscious cats. Using the Doppler
technology, it is not always possible to obtain DBP readings – the typical
change in audible tone (termed in people as the ‘korotkoff sounds’) is not always clear. Some studies have estimated that it is only possible to obtain DBP
readings in approximately 50% of cases. For these reasons, current knowledge concerning diagnosis and treatment of feline hypertension is predominantly based on SBP readings. It may be in the future that our knowledge and
ability to measure DBP improves and that further significance is placed on
this reading.
Blood pressure measurement should be performed in a quiet room, away
from barking dogs and telephones, ideally allowing the cat ten minutes to acclimatise to these surroundings before the measurements are taken. This ‘acclimatisation’ period helps to reduce the incidence of ‘white coat hypertension’ – the effect of stress or anxiety causing stimulation of the sympathetic
nervous system leading to falsely high blood pressure readings. For some
cats, having the owner present also limits the effect of stress on blood pressure readings. After the acclimatisation period, the cat is restrained as gently
as possible for the procedure to be done – usually all that is required is gentle steadying of the cat whilst the cuff is placed and readings are taken.
Many Doppler units are suitable and available for veterinary use (see end
of notes for more information). An inflatable cuff (we typically use a 2.5cm
wide cuff for most cats, but the width should be approximately 40% of the limb
circumference) is placed just below the elbow. Surgical spirit can be used to
wet the area over the common digital artery which is located on the palmar
surface of the forelimb between the carpal and metacarpal pads. A liberal
quantity of ultrasound coupling gel is then applied over this area to ensure
that a good signal can be obtained. Ultrasound coupling gel is then also applied to the Doppler probe. The Doppler probe is placed over the common
digital artery, maintaining the Doppler crystals perpendicular to the limb axis and therefore the blood vessel. To avoid excessive noise it is preferable not
to switch the Doppler unit on until after the probe has been placed on the skin.
Alternatively, headphones can be worn so that the cat does not hear any of
the noise associated with measurement of SBP. If pulsatile blood flow cannot
immediately be heard it may be necessary to gently move the probe over the
skin between the carpal and metacarpal pads until a signal is detected. Addi49
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:43 Pagina 50
tional ultrasound coupling gel is often useful if blood flow still cannot be detected. It is important to hold the probe gently over the skin, and to not apply
excessive pressure such that blood flow could be impeded.
Once regular pulsatile blood flow is heard, the cuff should be inflated, using the hand-pump sphygmomanometer, to a pressure of around 20-30 mmHg
above that which is required to occlude the flow of blood – i.e. 20-30 mmHg
above the point at which the sound of blood flow is obliterated. Air is then allowed to slowly bleed through the valve at the back of the sphygmomanometer, and the point at which blood flow can first be detected clearly and consistently again in the artery is taken as the SBP. The procedure should be repeated 5 times over 2-3 minutes and the SBP taken as an average of these
readings. Some cats show a sharp drop (20-30 mmHg) in SBP over the first
2-3 readings (due to stress) and where this occurs the initial readings are discarded.
SBP greater than 200 mmHg
In a typical ward or consulting room situation, an absolute upper limit of
200 mmHg should be taken using the Doppler technique. Therefore, in general, cats with SBP in excess of 200 mmHg can be regarded as being hypertensive and therapy is justified. However, some healthy cats may transiently have
SBP marginally above 200 mmHg. It is therefore prudent to re-check SBP in
a cat with a pressure slightly above 200 mmHg where no signs of hypertensive disease are present. Ideally, measurements should be performed several
times on separate days to ensure that the elevated SBP is a persistent finding
before commencing antihypertensive therapy in these cats.
SBP between 175 and 200 mmHg
Not all hypertensive cats will have a SBP persistently above 200 mmHg,
and therefore there is an overlap between the ‘normal range’ of blood pressures in healthy cats and those found in hypertensive cats. In general, cats
with SBP readings between 175 and 200 mmHg should be regarded as potentially hypertensive patients. If there is evidence of hypertensive disease in
these cats (especially ocular signs) or if the cat is known to have chronic renal failure or any other condition known to be associated with hypertension,
then anti-hypertensive therapy is justified. In the absence of these findings it
can be difficult to establish whether the cat is normal and presumably
stressed, thus having a higher SBP, or truly hypertensive. In some cats the acclimatisation period referred to earlier is helpful in order to rule out anxietyrelated sympathetic stimulation as a potential cause of raised blood pressure.
If the result is unchanged having done this, the cat should be monitored close50
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:43 Pagina 51
ly, both for changes in SBP and also for development of early clinical signs
of hypertensive disease that would subsequently warrant therapy.
SBP less than 175 mmHg
Most normal cats have SBP readings of between 130 and 175 mmHg. In
those cats known to have a condition predisposing them to development of hypertension, monitoring trends in SBP readings is useful and if it is clear that
the SBP is rising then therapy is warranted once this exceeds 170 mmHg.
Therefore, for example, in cats with renal disease and hyperthyroidism it is
prudent to maintain SBP below 170 mmHg.
Ophthalmic examination
Ophthalmic examination can be a useful diagnostic aid. In early cases,
subtle changes such as development of focal areas of perivascular retinal
oedema may be seen. More dramatic changes would include serous or haemorrhagic retinal detachment and intraocular haemorrhage. Abnormalities are
usually detected in both eyes although they may be more severe in one. In
many cases, the cat is only presented once severe disease is present and may
be blind already. Over a long period of time, retinal degeneration may develop and can be recognised as areas of hyperreflectivity.
MANAGEMENT OF HYPERTENSIVE CATS
In any diagnosed hypertensive, potential underlying diseases should be
ruled out as far as possible. As a minimum this should include serum thyroxine evaluation, blood urea and creatinine levels and urinalysis including specific gravity. Where possible, a cardiac investigation (radiography, ECG,
echocardiography) is indicated. A degree of left ventricular hypertrophy is a
common echocardiographic finding in the hypertensive patient as a sequela
of this condition and generally does not require treatment other than the anti-hypertensive agents recommended later. Additional diagnostic tests which
may be considered according to the individual cat include:
1. More thorough laboratory evaluation (for example looking for hypokalaemia associated with hyperaldosteronism, hyperglycaemia and elevated fructosamine associated with diabetes mellitus)
2. Abdominal ultrasound (particularly useful in evaluating cats with suspected hyperaldosteronism where an adrenal mass may be detected)
3. Endocrine assays (for example serum aldosterone and plasma renin levels if
hyperaldosteronism is suspected, ACTH and dexamethasone screening tests if
hyperadrenocorticism is suspected, IGF-1 if acromegaly is suspected).
51
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:43 Pagina 52
Any underlying disease should be treated where possible. In the short term,
treatment of the hypertension is also required, although successful treatment of
some underlying diseases (eg hyperthyroidism, hyperaldosteronism) may eventually remove the necessity for drug therapy. In spite of successful treatment of the
thyroid disease, a proportion of cats treated seem to require continued, sometimes life-long anti-hypertensive therapy – in fact in a significant number of cases the hypertension has been noted to worsen after treatment of hyperthyroidism.
Weight loss is recommended in overweight cats suffering from hypertension.
Therapy of hypertension should be initiated immediately following diagnosis.
There are currently several drugs which are indicated for this use (Table 1).
There is a great degree of individual variation in response to therapy although it is generally found that the most useful of the above agents are amlodipine and the ACE inhibitors. For monotherapy, in cats, amlodipine appears to be the most successful agent and has been associated with very few
side effects. Response to therapy should ideally be monitored closely in the
first two weeks of treatment by measuring SBP and monitoring ocular abnormalities. In successfully treated cases, the blood pressure should drop into the
normal range within 7 – 10 days of initiating therapy (ideally blood pressure
between 130 and 170 mmHg). In some cases, it may be necessary to try sev-
Table 1 - Anti-hypertensive agents commonly used in cats
Class of agent
Agent
Oral regime
Effective?
Ca channel
blocker
Amlodipine 0.625 – 1.25 mg Very
pe cat sid - bid
Often effective as sole
therapy, can be used in combination with other agents.
ACE inhibitor
Enalapril
0.25 - 0.5 mg/kg Mild
sid - bid
Often ineffective as sole
therapy and need to use
in combination with other
agents such as amlodipine.
ACE inhibitor
Benazepril
0.25-1.0 mg/kg
sid
Mild
Often ineffective as sole
therapy and need to use
in combination with other
agents such as amlodipine.
Potential additional beneficial effects in CRF patients.
Beta-blocker
Propranolol 2.5 - 5.0 mg
per cat tid
? Mild
Unlikely to be effective as
sole therapy.
Beta-blocker
Atenolol
? Mild
Unlikely to be effective as
sole therapy.
6.25 - 12.5 mg
per cat per day
52
Comments
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:43 Pagina 53
eral of the above agents individually or to use a combination of two or three
agents in order to achieve an adequate response. Once blood pressure is stable, patients should be assessed every one to two months, reducing the frequency to a minimum of once every 6 months in very stable patients.
It is important to monitor blood urea and creatinine in all patients, before
starting anti-hypertensive therapy and during the initial treatment period. This
is particularly important in patients with pre-existing renal disease. All of the
above agents are capable of causing systemic hypotension which can reduce renal blood flow and hence glomerular filtration rate which has the potential to
worsen renal function in these already compromised patients. However, anti-hypertensive agents are thought to be of definite benefit in cats with systemic hypertension and renal failure. Studies in man have shown that hypertension exacerbates the progression of renal disease and that this can be halted by normalising blood pressure. A deterioration in renal function is uncommon in hypertensive cats treated with either amlodipine or ACE inhibitors.
PROGNOSIS
The long-term prognosis is very dependant on the presence, nature and extent of any underlying disease. In primary hypertensive cases it is usually possible to manage the hypertension and prevent future complications such as ocular
haemorrhage. It is important in all cases that the hypertension is monitored as
accurately as possible on a regular basis in order to pre-empt any problems.
Further information on blood pressure monitors:
Doppler models are recommended for use in conscious cats and there are
now several models available (see below). The cuff used should have a width
that is approximately 40% of the limb circumference (between 30 and 40% is
fine). For cats, this means that if you place your cuff on the forelimb between
the elbow and the carpus using the common digital artery to listen for the
pulse, then you should use a 2.5 cm wide cuff.
The Parks (www.parksmed.com) Doppler machine used by the author (SC) is
the 811-BTS model with an infant flat probe. It is available via Burtons Medical
Equipment Ltd. (www.burtons.uk.com) Telephone: +44 1622 832919. The machine was designed for use in people so second hand models may be available.
Huntleigh Diagnostics have designed a veterinary monitor available in the UK
via Arnolds (Vettex® Uni BP monitor, www.arnolds.co.uk) Telephone: +44 1743
441632. Thames Medical also make an excellent veterinary model and offer
training sessions for practices (CAT Doppler, www.thamesmedical.com). Telephone: +44 1903 522911.
53
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:43 Pagina 54
CONSIDERAZIONI DI BASE
L’ipertensione oggi viene comunemente riscontrata in medicina felina. Ci
sono probabilmente parecchie ragioni di questo fatto, compreso un aumento
della consapevolezza dell’ipertensione come problema in questi animali, un
incremento delle possibilità di accesso alle strutture diagnostiche e, forse, una
maggiore prevalenza di queste condizioni riferibile all’invecchiamento della
popolazione dei gatti.
L’ipertensione primaria (o essenziale) è ancora considerata poco comune
nei felini e la maggior parte dei casi segnalati in letteratura si verifica secondariamente ad altri problemi di natura medica. Le cause primarie dell’ipertensione identificate nel gatto sono l’insufficienza renale cronica e l’ipertiroidismo, anche se l’esatta prevalenza del problema negli animali colpiti dall’una o dall’altra di queste condizioni è ancora in gran parte sconosciuta. I valori di prevalenza segnalati in letteratura hanno fatto riscontrare variazioni enormi (con livelli massimi superiori al 90%!). Secondo uno studio che probabilmente riflette l’autentica prevalenza del fenomeno, è iperteso il 20% dei gatti nei quali viene diagnosticata un’insufficienza renale presso le strutture veterinarie non specialistiche. La nostra clinica identifica l’ipertensione nel 1015% circa dei gatti ipertiroidei. Anche se non esiste una chiara associazione
fra l’età dell’animale e l’ipertensione come diagnosi di per sé, perché le malattie renali e tiroidee sono più comuni nel gatto anziano, l’ipertensione è stata diagnosticata con maggiore frequenza nei felini con più di 12 anni di vita.
Altre malattie che sono state associate all’ipertensione nel gatto sono l’iperaldosteronismo (sindrome di Conn), il diabete mellito, l’anemia cronica e
la terapia con eritropoietina. Altre cause in specie animali differenti sono rappresentate da condizioni rare di iperadrenocorticismo, feocromocitoma ed
acromegalia. Nella popolazione umana e nel cane esiste un legame fra l’impiego di glucocorticoidi e lo sviluppo degli aumenti pressori. Nell’uomo, anche l’obesità è legata all’ipertensione.
RISCONTRI CLINICI NEI GATTI IPERTESI
Alla luce delle potenziali cause di ipertensione, i gatti colpiti possono venire portati alla visita con segni clinici riferibili alla malattia sistemica sottostante che li ha colpiti quali poliuria, polidipsia, inappetenza e perdita di peso nei pazienti con insufficienza renale. L’ipertensione è di per se stessa potenzialmente estremamente dannosa per l’organismo e sono stati individuati
quattro principali organi bersaglio (occhi, encefalo, reni e sistema nervoso
centrale.). Una pressione sistolica superiore a 200 mm Hg viene generalmen54
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:43 Pagina 55
te considerata tale da esporre questi organi bersaglio ad un significativo rischio di danneggiamento.
I segni clinici associati all’ipertensione sono rappresentati da:
1. Deficit visivi e cecità che accompagnano emorragie, essudazioni e distacchi retinici.
2. Segni neurologici come alterazioni comportamentali, atassia, crisi convulsive, demenza e coma come conseguenza di accidenti vascolari.
3. Ipertrofia del ventricolo sinistro, una sequela comune dell’ipertensione che
può esitare in un soffio.
4. Segni clinici di insufficienza renale conseguente a danno renale da ipertensione (sclerosi glomerulare, fibrosi interstiziale).
In molti pazienti, non si osserva alcun segno clinico specifico di ipertensione fino a che il gatto non viene portato alla visita con un’anamnesi di insorgenza acuta di cecità. È importante riconoscere precocemente l’ipertensione per minimizzarne gli effetti.
DIAGNOSI
L’ipertensione va sospettata come possibilità nelle seguenti situazioni:
• Gatti che presentano deficit visivi, in particolare cecità ad insorgenza improvvisa
• Gatti che vengono portati alla visita a causa di affezioni oculari - in particolare quando i segni clinici sono compatibili con un’alterazione oftalmica da ipertensione (ad es., emorragia, distacco retinico)
• Gatti nei quali è stata diagnosticata una qualsiasi malattia per la quale sia
stata segnalata un’associazione con l’ipertensione – in particolare, insufficienza renale cronica ed ipertiroidismo
- Nei gatti non ipertesi che presentano una qualsiasi di queste condizioni risulta giustificato un monitoraggio con cadenza semestrale, che deve essere incoraggiato al fine di rilevare ogni eventuale anomalia prima
che si sviluppino le manifestazioni cliniche dell’ipertensione
• Nei gatti in cui sia stata identificata ecocardiograficamente un’ipertrofia
del ventricolo sinistro (LVH, left ventricular hypertrophy). Quest’ultima è
una conseguenza comune dell’ipertensione.
• I gatti che presentano segni comportamentali o neurologici (specialmente
anziani).
• Nell’ambito della valutazione clinica generale del gatto, in particolare nei
soggetti di età pari o superiore ad 8 anni, dato che nella maggior parte dei
casi l’ipertensione viene diagnosticata nei felini anziani.
55
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:43 Pagina 56
La valutazione diagnostica ideale deve comprendere la misurazione della
pressione sistolica (SBP) e diastolica (DBP). È anche essenziale un esame oftalmico dettagliato sia per quanto riguarda la diagnosi che per la valutazione
dell’entità del danno oculare. Per ridurre al minimo le alterazioni a lungo termine può essere necessario un intervento immediato.
Misurazione della pressione sanguigna nel gatto non anestetizzato
Le misurazioni della pressione sanguigna si possono ottenere utilizzando
uno dei seguenti due metodi: la misurazione diretta, che comporta la cateterizzazione di un’arteria, o quella indiretta, mediante procedure non invasive
come le tecniche oscillometriche o Doppler. Le tecniche dirette hanno il vantaggio di offrire letture accurate dei valori di SBP e DBP, ma non sono pratiche per l’impiego nel gatto conscio. Le tecniche indirette sono più appropriate da utilizzare in ambito clinico, perché non richiedono sedazione o anestesia e comportano uno stress minimo per il paziente. La metodica oscillometrica (ad es., Dynamap, Memoprint) si è dimostrata inaffidabile nei gatti non
anestetizzati. È accettabile per l’impiego in quelli anestetizzati, anche se non
riesce a fornire una lettura in una percentuale significativa di casi.
La tecnica Doppler si è dimostrata quella più accurata ed affidabile per la misurazione della SBP nel gatto conscio. Con questa tecnologia, non è sempre possibile ottenere delle letture della DBP – la tipica alterazione nel tono udibile (indicata nell’uomo come “suoni di korotkoff”) non è sempre chiara. Alcuni studi
hanno stimato che è possibile ottenere delle letture della DBP solo nel 50% circa dei casi. Per queste ragioni, le attuali conoscenze sulla diagnosi ed il trattamento dell’ipertensione felina sono basate principalmente sulle letture della SBP.
È possibile che in futuro le nostre nozioni e la nostra capacità di misurare la DBP
migliorino e che a questo parametro venga attribuita maggiore importanza.
La misurazione della pressione sanguigna va effettuata in una stanza tranquilla, lontano da cani che abbaino e telefoni; l’ideale è concedere al gatto 10
minuti per adattarsi all’ambiente prima di effettuare le misurazioni. Questo
periodo di “ambientamento” contribuisce a ridurre l’incidenza della “ipertensione da camice bianco” – l’effetto dello stress o dell’ansia che causa una stimolazione del sistema nervoso simpatico portando a valori di pressione sanguigna falsamente elevati. Per alcuni gatti, anche la presenza del proprietario
limita l’effetto dello stress sulle letture della pressione sanguigna. Dopo il periodo di ambientamento, il gatto va contenuto il più delicatamente possibile
per poter eseguire la procedura – di solito, tutto ciò che occorre è tenere gentilmente fermo l’animale mentre si applica il manicotto e si rilevano i dati.
Esistono molte unità Doppler adatte e disponibili per l’impiego in medicina veterinaria (per ulteriori informazioni si rimanda alla fine della relazione).
Si applica un manicotto insufflabile (ne utilizziamo tipicamente uno da 2,5 cm
56
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:43 Pagina 57
nella maggior parte dei gatti, ma l’ampiezza dovrebbe essere approssimativamente pari al 40% della circonferenza dell’arto) appena al di sotto del gomito.
Si può utilizzare dell’alcool denaturato (spirito chirurgico) per inumidire l’area al di sopra dell’arteria digitale comune, che è localizzata sulla superficie
palmare dell’arto anteriore, fra i cuscinetti carpali e metacarpali. Su quest’area
si applica poi un’abbondante quantità di gel da accoppiamento per ecografia,
al fine di assicurare l’ottenimento di un buon segnale. Il gel viene poi applicato anche sulla sonda Doppler. Quest’ultima viene posta sopra l’arteria digitale
comune, mantenendo i cristalli Doppler perpendicolari all’asse dell’arto e,
quindi, al vaso sanguigno. Per evitare un rumore eccessivo è preferibile non accendere l’unità Doppler fino a che la sonda non sia stata applicata sulla cute.
In alternativa, è possibile indossare delle cuffie, in modo che il gatto non senta nessuno dei rumori associati alla misurazione della SBP. Se non si riesce immediatamente a udire il flusso ematico pulsante, può essere necessario muovere delicatamente la sonda sopra la cute fra i cuscinetti carpali e metacarpali
fino a che non si individua un segnale. Spesso, se non si riesce ancora ad individuare il flusso ematico è utile aggiungere del gel di accoppiamento da ecografia. È importante tenere la sonda delicatamente sopra la cute e non esercitare una pressione eccessiva, che potrebbe impedire il flusso ematico.
Quando si sente un flusso ematico pulsante e regolare, si deve insufflare il
manicotto, utilizzando lo sfigmomanometro a pompa manuale, fino ad una
pressione di 20-30 mm Hg al di sopra di quella occorrente per determinare
l’occlusione del flusso stesso – cioè 20-30 mm Hg oltre il punto in cui il suono del flusso risulta scomparso. L’aria viene poi lasciata fuoriuscire lentamente attraverso la valvola all’estremità dello sfigmomanometro e si considera come valore di SBP il punto in cui si riesce per la prima volta ad identificare chiaramente e costantemente la ricomparsa nell’arteria del flusso ematico. La procedura va ripetuta per 5 volte nell’arco di 2-3 minuti e poi si considera come SBP la media di queste letture. Alcuni gatti mostrano una netta caduta (20-30 mm Hg) della SBP nelle prime 2-3 letture (a causa dello stress) e
quando ciò si verifica i valori iniziali vanno scartati.
SBP superiore a 200 mm Hg
In una tipica situazione di reparto o sala da visita, utilizzando la tecnica
Doppler si deve rilevare un limite superiore assoluto di 200 mm Hg. Quindi,
in generale, i gatti con SBP superiore a 200 mm Hg possono essere considerati come ipertesi e la terapia è giustificata. Tuttavia, alcuni gatti sani possono presentare transitoriamente livelli di SBP marginalmente superiori a 200
mm Hg. È quindi prudente ripetere la determinazione dell’SBP in un gatto
con una pressione leggermente superiore a 200 mm Hg quando non sono pre57
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:43 Pagina 58
senti segni di malattia da ipertensione. In questi gatti l’ideale è effettuare le
misurazioni più volte in giorni diversi per garantire che l’innalzamento della
SBP sia un riscontro persistente prima di iniziare una terapia anti-ipertensiva.
SBP fra 175 e 200 mm Hg
Non tutti i gatti presentano una SBP persistentemente superiore a 200 mm
Hg e quindi esiste una sovrapposizione fra “l’intervallo normale” delle pressioni sanguigne nei soggetti sani e i valori riscontrati in quelli ipertesi. In generale, i gatti con valori di SBP fra 175 e 200 mm Hg devono essere considerati come pazienti potenzialmente ipertesi. Se in questi animali vi sono segni
di malattia da ipertensione (in particolare, manifestazioni oculari) o se è noto
che il gatto è colpito da un’insufficienza renale cronica o da una qualsiasi altra condizione che possa essere associata ad ipertensione, il trattamento antiipertensivo è giustificato. In assenza di questi riscontri può essere difficile stabilire se il gatto è normale e presumibilmente stressato, e quindi con una SBP
aumentata, oppure davvero iperteso. In alcuni casi, per escludere una stimolazione simpatica da ansietà come potenziale causa di aumento della pressione sanguigna è utile il periodo di ambientamento precedentemente citato. Se
anche adottando questa misura il risultato è immutato, il gatto deve essere sottoposto ad uno stretto monitoraggio, sia per rilevare le modificazioni della
SBP che per lo sviluppo dei segni clinici iniziali di una malattia da ipertensione che in seguito potrebbero giustificare la terapia.
SBP inferiore a 175 mm Hg
La maggior parte dei gatti normali presenta valori di SBP compresi fra 130
e 175 mm Hg. Nei soggetti noti per essere colpiti da una condizione che li
predispone allo sviluppo dell’ipertensione, risulta utile monitorare le tendenze dei valori di SBP e, se risulta chiaro che questi stanno aumentando, la terapia risulta giustificata quando viene superato il limite di 170 mm Hg. Quindi, ad esempio, nei gatti con nefropatia ed ipertiroidismo è prudente mantenere la SBP al di sotto di 170 mm Hg.
Esame oftalmico
L’esame oftalmico può essere un utile strumento diagnostico. Nei casi iniziali, si possono osservare sottili alterazioni come lo sviluppo di aree focali di
edema retinico perivascolare. Modificazioni più drastiche sono rappresentate
da distacco retinico sieroso o emorragico o emorragie intraoculari. Le anomalie di solito vengono rilevate in entrambi gli occhi, sebbene possano esse58
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:43 Pagina 59
re più gravi in uno. In molti casi, il gatto viene portato alla visita soltanto
quando è presente una grave malattia e può essere già cieco. Nell’arco di un
lungo periodo di tempo, si può sviluppare una degenerazione retinica, che si
può rilevare sotto forma di aree di iperreflettività.
TRATTAMENTO DEI GATTI IPERTESI
In qualsiasi gatto in cui venga diagnosticata l’ipertensione, è necessario
escludere o confermare il più rapidamente possibile la presenza di potenziali
malattie sottostanti. Come minimo, a questo scopo è necessario effettuare la
valutazione dei livelli sierici di tiroxina, azotemia e creatinina e l’analisi dell’urina, compresa la determinazione del peso specifico. Quando è possibile, è
indicata una valutazione cardiaca (radiografia, ECG, ecocardiografia). Un
certo grado di ipertrofia ventricolare sinistra è un riscontro ecocardiografico
comune come sequela di questa condizione e generalmente non richiede alcun trattamento diverso dagli agenti antipertensivi raccomandati più oltre. Ulteriori test diagnostici che possono essere presi in considerazione a seconda
delle caratteristiche individuali del gatto sono rappresentati da:
1. Valutazione di laboratorio più approfondita (ad es., ricerca dell’ipokalemia
associata ad iperaldosteronismo, iperglicemia ed elevate concentrazioni di
fruttosamina che accompagnano il diabete mellito).
2. Ecografia addominale (particolarmente utile nella valutazione di gatti
con sospetto iperaldosteronismo in cui si può identificare una massa surrenalica).
3. Test endocrini (ad es., livelli sierici di aldosterone e plasmatici di renina se
si sospetta un’iperaldosteronismo, test di screening con ACTH e desametazone se si sospetta un iperadrenocorticismo, IGF-1 se si sospetta un’acromegalia).
Quando è possibile bisogna trattare qualsiasi causa sottostante. A breve
termine, è anche necessario attuare la terapia dell’ipertensione, benché la risoluzione di alcune malattie sottostanti (ad es., ipertiroidismo, iperaldosteronismo) possa alla fine eliminare la necessità di un intervento farmacologico.
Nonostante il successo della terapia della malattia tiroidea, una certa percentuale di gatti trattati sembra aver bisogno di una somministrazione continua di
agenti anti-ipertensivi, che talvolta deve durare per tutta la vita – in effetti, è
stato notato che un numero significativo di casi di ipertensione peggiora dopo il trattamento dell’ipertiroidismo. Nei gatti sovrappeso colpiti da ipertensione si raccomanda il dimagramento.
La terapia dell’ipertensione va iniziata immediatamente dopo la diagnosi.
Attualmente, esistono parecchi farmaci indicati per questo impiego (Tab. 1).
59
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:43 Pagina 60
Tabella 1 - Agenti anti-ipertensivi comunemente utilizzati nel gatto
Classe di agenti
Agenti
Protocollo per os
Efficacia? Commenti
Calcio bloccanti
Amlodipina
0,625 – 1,25 mg
per gatto sid bid
Elevata
Spesso efficace come unica
terapia, può essere impiegata
in associazione con altri agenti
ACE-inibitore
Enalapril
0,25 – 0,5 mg/kg
sid - bid
Lieve
Spesso inefficace come unica
terapia e da utilizzare in
associazione con altri agenti
come l’amlodipina
ACE-inibitore
Benazepril
0,25-1,0 mg/kg
sid
Lieve
Spesso inefficace come unica
terapia e da utilizzare in
associazione con altri agenti
come l’amlodipina. Potenziali
effetti benefici aggiuntivi nei
pazienti con insufficienza
renale cronica
Beta-bloccante
Propranololo 2.5 – 5,0 mg
per gatto tid
? Lieve
Improbabile che sia efficace
come unica terapia
Beta-bloccante
Atenololo
6, - 12,5 mg
? Lieve
per gatto al giorno
Improbabile che sia efficace
come unica terapia
Esiste un notevole grado di variabilità individuale nella risposta alla terapia, anche se generalmente si riscontra che i più utili fra gli agenti sopra riportati sono l’amlodipina e gli ACE-inibitori. Per la monoterapia, nel gatto
l’amlodipina sembra essere l’agente più efficace ed è stata associata a pochissimi effetti collaterali. La risposta alla terapia va idealmente monitorata
strettamente nelle prime due settimane di trattamento attraverso la misurazione della SBP ed il monitoraggio delle anomalie oculari. Nei casi trattati con
successo, la pressione sanguigna deve cadere entro l’intervallo normale entro
7-10 giorni dall’inizio delle somministrazioni (l’ideale è ottenere una pressione sanguigna fra 130 e 170 mm Hg). In alcuni casi, può essere necessario
provare singolarmente parecchi degli agenti sopraindicati oppure utilizzarne
due o tre in associazione al fine di ottenere una risposta adeguata. Una volta
che la pressione sanguigna sia stabile, i pazienti vanno sottoposti a valutazione ogni 1 o 2 mesi, riducendo la frequenza fino ad un minimo di una volta
ogni 6 mesi in quelli molto stabili.
È importante effettuare il monitoraggio dei livelli di azotemia e creatinina
in tutti i pazienti, prima di intraprendere la terapia anti-ipertensiva e durante
il periodo di trattamento iniziale. Ciò risulta particolarmente importante nei
soggetti con nefropatia preesistente. Tutti gli agenti sopracitati sono in grado
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di causare ipertensione sistemica, che può ridurre la perfusione renale e, quindi, la velocità di filtrazione glomerulare che è potenzialmente in grado di aggravare la funzione renale in questi pazienti già compromessi. Tuttavia, si ritiene che gli agenti anti-ipertensivi abbiano un’utilità ben definita nei gatti
con ipertensione sistemica ed insufficienza renale. Gli studi condotti nell’uomo hanno dimostrato che l’ipertensione determina un’esacerbazione della
progressione della nefropatia e che questo processo può essere arrestato normalizzando la pressione sanguigna. Un deterioramento della funzione renale
è poco comune nei gatti ipertesi trattati con amlodipina o ACE-inibitori.
PROGNOSI
La prognosi a lungo termine dipende in larga misura dalla presenza, dalla
natura e dall’entità di ogni eventuale malattia sottostante. Nei casi di ipertensione primaria di solito è possibile trattare la condizione e prevenire le future
complicazioni come le emorragie oculari. È importante in tutti i casi che l’ipertensione venga monitorata il più accuratamente possibile su base regolare
al fine di prevenire ogni eventuale problema.
Ulteriori informazioni sui sistemi di monitoraggio della pressione
sanguigna
Per l’impiego nei gatti non anestetizzati vengono raccomandati gli apparecchi Doppler ed oggi esistono parecchi modelli disponibili (vedi oltre). Il
manicotto impiegato deve avere un’ampiezza pari al 40% circa della circonferenza dell’arto (va molto bene tra il 30 ed il 40%). Nel gatto, ciò significa
che se si applica il manicotto sull’arto anteriore fra il gomito ed il carpo utilizzando l’arteria digitale comune per rilevare il polso, si deve impiegare un
manicotto largo 2,5 cm.
L’apparecchio Doppler Parks (www.parksmed.com) utilizzato dall’autore
(SC) è il modello 811-BTS con una sonda piatta per neonati. È disponibile attraverso Burtons Medical Equipment Ltd. (www.burtons.uk.com) Telefono:
+44 1622 832919. L’apparecchio è stato progettato per l’impiego nell’uomo,
per cui si possono trovare modelli di seconda mano. La Huntleigh Diagnostics
ha progettato un monitor per uso veterinario disponibile attraverso Arnolds
(Vettex® Uni BP monitor, www.arnolds.co.uk) Telefono: +44 1743 441632.
Anche la Thames Medical realizza un eccellente modello per uso veterinario
ed offre delle sessioni di addestramento per le strutture ambulatoriali (CAT
Doppler, www.thamesmedical.com). Telefono: +44 1903 522911.
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55° Congresso Nazionale SCIVAC
MILANO, 2-4 MARZO 2007
Sarah M. A. Caney
BVSc, PhD, Dipl SAM (Feline), MRCVS, RCVS
Spec in Feline, Emsworth, UK
Regurgitation and
Oesophageal disease
Rigurgito e malattie esofagee
Saturday, March 3rd 2007, 12.15 a.m.
Sabato, 3 marzo 2007, ore 12.15
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HISTORY TAKING
The first consideration is usually to confirm that the cat is indeed regurgitating and not vomiting as the approach to diagnosis is very different for each
of these problems. Regurgitation is defined as the passive expulsion of food or
fluid from the oesophagus or pharynx. Table 1 shows the main characteristics
of vomiting and dysphagia compared to regurgitation and can be used to
judge which of these events is occurring.
Regurgitation is a hallmark clinical sign of oesophageal disease.
Causes of oesophageal disease can be broadly classified into the following categories.
Table 1. Differentiation between vomiting, regurgitation and dysphagia
Vomiting
Regurgitation
Dysphagia
Appetite
Varies according to cause
Varies according to
cause but often good
Often poor
Repeated swallowing
or gulping
May be seen immediately
prior to vomiting
-
A major feature
Pain on swallowing
-
+/-
+/-
Nausea
+/-
-
-
Persistent hypersalivation
No - where present, only
seen immediately prior
to vomiting
+/-
+/-
Retching/abdominal effort
+
-
-
Gagging
+
+
+/-
Timing
Variable
May be immediately
after feeding (proximal
oesophageal disorders)
but may be prolonged
in some (distal or
generalised oesophageal
disorders)
Associated with
eating
Character of food returned
May be partially digested
May appear as an
oesophageal bolus or be
tubular in shape, may
appear partially digested
Undigested food
+/- fresh blood
Bile
+/-
-
-
Fresh blood present
+/-
+/-
+/-
Digested blood present
+/-
-
-
Re-eaten
-
+/-
+/-
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1. Obstruction of the oesophageal lumen: this includes intra-oesophageal
disorders, diseases affecting the wall of the oesophagus and extra-oesophageal diseases such as:
• Foreign body
• Stricture
• Vascular ring anomaly
• Hiatal hernia
• Oesophageal diverticula
• Oesophageal neoplasia
• Anterior thoracic mass pressing on oesophagus
2. Inflammation of the oesophagus – for example due to oesophagitis
3. Motility disorders of the oesophagus – for example megaoesophagus
Useful questions to ask when taking a history include:
1. How old was the cat when the problem started?
2. Did the problem start suddenly or insidiously? (e.g. foreign bodies are
associated with sudden onset of signs compared for example to neoplastic causes)
3. Has the problem been progressive in nature? (i.e. is it getting worse
with time – consistent with a progressively worsening disease such as
a stricture or tumour)
4. Does the cat show signs of pain? (eg oesophagitis, luminal foreign
bodies)
5. Are eating and drinking affected by this problem? (this has implications for management of the problem)
6. How would they describe how the cat brings up its food?
7. Does the cat show any signs before this happens? (vocalisation, salivation etc. may be seen before vomiting but there are usually few or no
prodromal signs in cats regurgitating)
8. Are abdominal contractions a feature? (does it appear to be an active
or passive event)
9. How would they describe the appearance of what is brought up? For
example regurgitated food may be tubular in shape with a coating of
saliva.
10. Is there any bile in what is brought up?
11. Does the cat ever attempt to re-ingest what it brings up?
12. Is there any temporal association between eating and this problem?
(N.B. if there is a very short time interval this may suggest a problem
in the proximal oesophagus whereas a longer interval may be seen
with vomiting or regurgitation caused by distal oesophageal disease or
more generalised dilatation of the oesophagus)
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13. Questions relating to acquired causes of oesophageal disease may also be of value:
a. Has the cat had an anaesthetic recently?
b. Has the cat been treated with doxycycline or other drugs recently?
c. Is there any history of possible ingestion of caustic agents?
d. Any risk of ingestion of foreign bodies known about? (uncommon
but more likely in younger cats)
14. Are there any signs consistent with aspiration pneumonia? For example are dyspnoea, tachypnoea, cough, fever or mucopurulent nasal discharge present?
15. Has the cat lost any weight (evidence of chronicity and inadequate nutrition, neoplastic causes)
CLINICAL SIGNS
The major clinical signs seen in cats with oesophageal disorders are regurgitation, dysphagia, excessive salivation (ptyalism) and weight loss. Less
frequently reported clinical signs include reduced appetite, pain on swallowing (odynophagia) and evidence of inhalation pneumonia.
PHYSICAL EXAMINATION
Physical examination is often unremarkable in these cases but it is important to consider the following:
• Oral examination
- Look for evidence of ingestion of caustic agents
- Look for evidence of linear foreign bodies (putting a finger between the
cat’s mandibles to push up the tongue from underneath is a helpful tip).
• Palpation of the neck
- Look for evidence of pain associated with oesophagitis, luminal foreign
bodies
• Palpation of the anterior chest and evaluation of compressibility
- Look for evidence of anterior mediastinal masses resulting in regurgitation
• Auscultate the chest
- Listen for evidence of inhalation pneumonia
DIAGNOSIS
In some instances it can be helpful to watch the cat eat so that the clinical
signs reported by the owner can be observed. If the cat is unwilling to eat in
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the hospital, then intravenous diazepam (0.05 – 0.4 mg/kg) can be given to induce a short-lasting polyphagia.
If the clinical features are entirely consistent with oesophageal disease
then further procedures are required to establish the cause of the problem.
Radiography
Plain radiographs can be extremely useful and should be taken first. Radiographs should be taken in conscious sedated cats (e.g. 5-10 mg/kg ketamine mixed with 0.25 mg/kg midazolam given intramuscularly 10 minutes before positioning for radiography) rather than under anaesthesia as induction
for anaesthesia often results in aerophagia which can radiographically mimic a megaoesophagus.
Plain radiography can be diagnostic of disorders including:
• Anterior thoracic or other chest masses (although further investigations
are required to establish the tumour type – especially important in distinguishing between anterior mediastinal lymphoma and thymoma since the
treatment of choice is chemotherapy for the first of these but surgical removal for the second)
• Radio-opaque foreign bodies
• Megaoesophagus – N.B air in the oesophagus can also be seen due to
aerophagia in normal animals stressed by the restraint and in anaesthetised cats (particularly if intubation was not straightforward)
In some cases, administration of barium contrast is required to identify the
lesion. Ideally barium is mixed with food which the cat voluntarily eats before
taking further images. Fluoroscopy is preferable but may not be available.
N.B. if endoscopy is desired, this should be done before barium contrast films
or a couple of days later as otherwise barium retained in the oesophagus may
obscure the view of the oesophageal wall.
If oesophageal perforation is considered a possibility then use of a water
soluble iodine based contrast material is indicated.
Ultrasonography
This is not usually of great use in diagnosis of cats with oesophageal disorders. Exceptions include:
1. Cats with anterior mediastinal masses which can be imaged and biopsied
via ultrasound (fine needle aspirate or core needle biopsy)
2. Cats with mural oesophageal diseases (e.g. neoplasia) which can sometimes be visualised by ultrasound and biopsied as above
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Endoscopy
Endoscopy is of great value in cats with oesophageal disorders where mucosal lesions are present. The mucosa of the oesophagus, and if desired the
remainder of the gastrointestinal tract, can be evaluated. Biopsies of affected
tissues can also be obtained for microscopic evaluation allowing differentiation between neoplastic and inflammatory diseases. Treatment of some oesophageal disorders is also possible via endoscopy.
Diseases where endoscopy is of particular value include:
1. Oesophagitis
2. Oesophageal neoplasms where mucosal lesions are present (usually present as a mass lesion but may be confused with oesophagitis where this is
not the case)
3. Radiolucent foreign bodies (may be possible to remove these using endoscopic instruments)
4. Strictures (may be possible to use balloon dilatation catheters via endoscopy to treat these)
5. Perforation
Useful equipment for these procedures includes:
1. The endoscope:
• 7.8 to 9.8 mm flexible endoscopes are acceptable for this purpose
• Ideally need 4 way movement of the tip of the scope
• Channel for passing biopsy instruments etc. (2.8 mm diameter ideally)
2. Accessory instruments:
• Biopsy forceps
• Grasping equipment for removal of foreign bodies
• Balloon catheter for dilatation of strictures
Other tests
Although not diagnostic of the cause of oesophageal disease, it is worth
considering routine laboratory tests as with any feline patient. Particular value of these are:
1. Diagnosis of FeLV or FIV in patients with neoplastic lesions (useful from
a prognostic point of view)
2. Identification of anaemia of chronic disease in debilitated patients
3. Identification of leucocytosis in patients with aspiration pneumonia
4. Identification of concurrent diseases which may influence the treatment
and prognosis.
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Approach to management of selected causes of regurgitation
Oesophagitis
• What?
- Inflammation of the oesophageal mucosa
• Causes
- Post anaesthesia: associated with gastro-oesophageal reflux (most
common)
− Distal lesions in the oesophagus – may extend quite far cranially
- More recently an association between various oral medications and development of oesophagitis and stricture formation has been recognised.
Implicated drugs include doxycycline and clindamycin, other drugs
(propranolol, ascorbic acid, iron, potassium supplements) may also potentially cause oesophageal inflammation. Oesophagitis (which can
lead on to stricture formation) arises due to swallowed tablets sitting
in the oesophagus for prolonged periods of time. Administration of 5 ml
water or a knob of butter put on the cat’s nose helps transit of pills and
capsules to the stomach and should be recommended in all cats prescribed doxycycline and clindamycin.
- FCV infection (usually mild)
- Foreign body
- Incorrectly placed feeding tubes (naso-oesophageal or pharyngostomy
tubes placed through the gastro-oesophageal sphincter) cause reflux of
gastric contents into the oesophagus
- Ingestion of caustic agent
- Persistent vomiting
- Hiatal hernia
- Thermal injury (more common in greedy dogs stealing food!)
• Complications
- Mild oesophagitis just involves the mucosal surface and usually heals
without long-term complications
- Severe oesophagitis extends to involve the muscle layers and may result
in stricture formation
• Clinical signs
- Mild cases may have no signs or only very vague signs of illness
- In severe cases regurgitation (may be blood tinged), hypersalivation,
pain on eating (or apparent fear of eating), anorexia and dysphagia
may be seen
• Diagnosis
- Plain radiographs are usually unremarkable unless aspiration pneumonia is present or stricturing has resulted in proximal dilatation of the
oesophagus
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•
•
•
•
•
•
- Barium contrast radiography or fluoroscopy may show irregularities in
the mucosal surface and abnormal motility
- Endoscopic evaluation usually required
Treatment
- Mild cases may benefit from withdrawal of food for 24-48 hours followed by feeding a soft, low fat and high protein diet
− This diet may help gastro-oesophageal sphincter tone and prevent
delayed gastric emptying
- Severe cases need treatment for between 1 and 4 weeks according to severity
− Consider placement of a gastrostomy tube to allow feeding while
the oesophagus is rested and allowed to heal (5 – 10 days)
− Mucosal therapy (i.e. give orally even where a gastrostomy tube has
been placed)
Mucosal protectants e.g. 100 mg/kg sucralfate suspension bid - tid
− Gastric antacids prevent further injury from gastric reflux (can be
given orally, via a gastrostomy tube or parenterally) – one of the following:
5 – 10 mg/kg cimetidine tid
0.7 mg/kg omeprazole sid
3.5 mg/kg ranitidine bid (may also help speed up gastric emptying)
− Anti-inflammatory therapy: controversial but may be helpful in some cases:
Prednisolone at 1 – 2 mg/kg for 2 – 4 weeks
- Limits fibrosis and stricture formation associated with this
- Avoid use of glucocorticoids if perforation is present
- Most of benefit in acute cases – less beneficial and may delay healing
in more chronic cases
- Cover with antibiotic therapy where using these agents e.g. ampicillin,
amoxycillin
− Analgesia eg buprenorphine when pain is severe
− Motility modifying agents enhance gastric emptying and reduce gastric reflux
0.2 – 0.4 mg/kg metaclopramide tid
3.5 mg/kg ranitidine bid
- Monitor response to treatment by follow-up endoscopy
Prognosis
- Good in many cases where treatment has been aggressive
- Complications include stricture formation and continued motility problems which may need support (see megaoesophagus management)
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Oesophageal stricture
• What?
- Circumferential narrowing in the lumen of the oesophagus caused by
scar formation and thickening/inflammation of the oesophageal muscle
• Where?
- Most commonly at the level of the heart, but can be anywhere
• Causes
- Post-oesophagitis: strictures usually develop within 1- 3 weeks of the
injury
- Foreign bodies
- Neoplasia
- Following oesophageal surgery
• Major clinical features
- Regurgitation and dysphagia – usually very soon after eating
- Signs are often gradually progressive so worsening tolerance to solids
progressing to intolerance of liquids
- Weight loss although appetite usually remains ravenous
• Diagnosis
- Clinical findings, history
- Usually require contrast radiography to show on x-ray (plain radiographs
may show evidence of aspiration but usually do not reveal stricture)
- Endoscopy
− Allows biopsy (important to differentiate neoplastic from inflammatory causes)
− Allows balloon dilatation
• Treatment
- Balloon catheter dilatation is the treatment of choice
− Radial stretching of the stricture is more successful than use of bougies or surgery
− Use a balloon catheter with a maximum diameter of around 18 mm
− Can be performed at endoscopy or via fluoroscopy
− Repeated dilatations at frequent intervals (usually every 2 – 3 days) are
often needed, especially if active oesophagitis is present (most cats require a minimum of 2 and may require up to 20 dilations in severe cases)
− Post balloon dilatation treatment of oesophagitis is required in all
cases (see above section)
− ? consider use of 0.025 mg/kg/day colchicine in order to reduce fibrosis and re-stricturing?
• Prognosis
- Depends on the cause – often surprisingly good in cases where the inciting cause (e.g. oesophagitis, foreign body) has been removed
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Vascular ring anomaly
• What?
- Congenital anomaly of the formation of vessels exiting or entering the
heart
- Most commonly persistent right aortic arch
− The constriction is formed between the aorta on the right, the pulmonary trunk on the left, the heart base ventrally and the ligamentum arteriosum dorsolaterally on the left
− ? more common in Siamese
• Major clinical features
- Acute onset regurgitation when weaned, usually soon after eating
• Diagnosis
- Plain radiographs may reveal proximal dilatation of the oesophagus (with
air or food) although contrast studies may be required in some cases
• Treatment
- Surgical transection of the ligamentum arteriosum
• Prognosis
- Post-surgical persistence of the oesophageal dilatation is common so
cats may need to be managed as cats with megaoesophagus
•
•
•
•
Oesophageal neoplasia
Uncommon - ? more in older cats
What?
- Primary oesophageal tumours
− Squamous cell carcinoma most common
- Peri-oesophageal
− Lymphoma especially – may invade the oesophageal mucosa
- Metastatic
Major clinical features
- Attributable to motility problems and mechanical obstruction caused
by the neoplasm
- Dysphagia, regurgitation, hypersalivation, anorexia, weight loss
- Aspiration pneumonia
- General debilitation
Diagnosis
- Plain radiographs may be helpful, barium contrast often required
- Ultrasonography useful in some cases
- Endoscopy and biopsy usually required for a definitive diagnosis
− SCC – often proliferative appearance along a long length of oesophagus
− LSA – often smooth appearance +/- erosions
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• Prognosis
- Often poor
- Chemotherapy may be beneficial in cases of lymphoma
Megaoesophagus
• What?
- Generalised dilatation and lack of oesophageal motility
- Rare
• Causes
- Congenital idiopathic form in Siamese cats and can be seen in other
breeds
- Acquired causes
− Idiopathic
− Dysautonomia
− Secondary to obstructive disorders of the oesophagus
− Secondary to oesophagitis
− Myasthenia gravis
− Polymyopathy
− Polyneuropathy
− Lead toxicity
− Hypoadrenocorticism
• Major clinical features
- Regurgitation – variable time after eating
- Aspiration pneumonia
- +/- signs associated with underlying disease, e.g. mydriasis, constipation and urinary retention with dysautonomia
• Diagnosis
- Plain radiographs often helpful, may need contrast studies in some cases
- Other tests as indicated
− Autonomic function
− Blood lead levels
− Evaluate gastric emptying function in Siamese cats
− EMG and muscle and nerve biopsies (need specialist interpretation)
if suspect muscular or nerve problem
• Treatment
- Postural feeding little and often, maintain posture for 10 – 15 minutes
after eating if possible
- High quality, calorie dense diet
- Experiment with consistency of diet to find optimal one
- Motility agents
− ? Cisapride
− Other agents may become available
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- Treatment of aspiration pneumonia as required
− Broad spectrum antibiotics
- In Siamese cats with concurrent pyloric dysfunction, reflux of gastric
acid may cause oesophagitis and resulting megaoesophagus in which
case pyloromyotomy may be of benefit
Oesophageal foreign bodies
• What?
- Include linear foreign bodies, toys, bones, fish hooks etc
• Where?
- Usually lodge at the thoracic inlet, just cranial to the heart base or in
the terminal oesophagus
• Complications of foreign bodies can be severe and include
- Oesophageal obstruction
- Perforation or laceration
- Ischaemia
- Oesophagitis
- Stricture formation
- Motility disturbances
- Formation of pouches/diverticulae
- Fistula formation
• Major clinical features
- Acute onset
- Excessive salivation – may be blood tinged
- Pain on swallowing (may be pain on palpation of the cervical oesophagus if FB here)
- Anorexia
- Fever (perforation, aspiration pneumonia)
• Diagnosis
- History, clinical findings
- Plain +/- contrast radiographs (look for evidence of perforation and
mediastinitis for example as well as for FB)
- Endoscopy
• Treatment
- Removal – ideally by endoscopy but some cases may require surgery
− Use rat tooth forceps via endoscope for e.g. needle FB
− Use basket forceps which encompass FB for e.g. bone or toy
− Consider pushing FB into stomach for degradation here (bone) or
removal at surgery
- Medical management for oesophagitis
• Prognosis good if prompt removal and aggressive supportive care
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Hiatal hernia
• What?
- Protrusion of the abdominal contents through the oesophageal hiatus
of the diaphragm
− May involve the abdominal oesophagus, gastro-oesophageal junction or stomach
− ? more common in Siamese
• Major clinical features
- Intermittent regurgitation, vomiting, +/- abdominal pain
• Diagnosis
- Can be difficult
- Radiography
− May see soft tissue density in caudodorsal mediastinum
− Repeated radiographic studies may be needed to visualise this abnormality
− Contrast radiography/fluoroscopy often required to confirm
• Treatment
- Postural feeding little and often, maintain posture for 10 – 15 minutes
after eating if possible
- High quality, calorie dense diet
- Experiment with consistency of diet to find the optimal one tolerated
- Surgery if refractory to this regime
Oesophageal diverticula
• What?
- Sac like dilatations in the oesophageal wall
• Causes
- Congenital
- Acquired secondary to:
− Excessive luminal pressure as a result of obstruction
− Contraction of fibrous tissue secondary to oesophagitis
• Major clinical features – usually only seen with larger diverticulae
- Regurgitation, pain, evidence of aspiration pneumonia
• Diagnosis
- Contrast radiography often needed to confirm this diagnosis
- Endoscopy
• Treatment
- Postural feeding little and often, followed by oral administration of liquid to help prevent food accumulation in the diverticulum
- Surgical resection required in some cases
− Associated with a poor prognosis
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RACCOLTA DELL’ANAMNESI
La prima cosa da fare di solito è confermare che il gatto stia davvero rigurgitando e non vomitando, dato che l’approccio alla diagnosi è molto diverso per ognuno di questi problemi. Il rigurgito viene definito come l’espulsione passiva del cibo o di fluido dall’esofago o dalla faringe. La Tabella 1
mostra le principali caratteristiche del vomito e della disfagia in confronto al
rigurgito e può essere utilizzata per decidere quali di questi eventi sia in atto.
Tabella 1 - Differenziazione fra vomito, rigurgito e disfagia
Vomito
Rigurgito
Disfagia
Appetito
Varia secondo la causa,
ma spesso è buono
Varia secondo la causa,
ma spesso è buono
Spesso scarso
Deglutizioni ripetute
Si possono osservare
immediatamente prima
del vomito
-
Una delle
caratteristiche
principali
Dolore alla deglutizione
-
+/-
+/-
Nausea
+/-
-
-
Ipersalivazione
persistente
No – quando è presente,
si osserva solo
immediatamente prima
del vomito
+/-
+/-
Sforzi espulsivi addominali
+
-
-
Conati
+
+
+/-
Momento
Variabile
Può essere
immediatamente dopo
l’assunzione del cibo
(disordini del tratto
prossimale dell’esofago),
ma può essere prolungato
in alcuni casi (disordini
esofagei distali o
generalizzati)
Associato al pasto
Caratteristiche del
materiale emesso
Può essere parzialmente
digerito
Può apparire come un bolo
esofageo, o avere forma
tubulare, può essere
parzialmente digerito
Cibo indigerito +/sangue fresco
Bile
+/-
-
-
Presenza di sangue fresco
+/-
+/-
+/-
Presenza di sangue digerito
+/-
-
-
Reingestione
-
+/-
+/-
75
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Il rigurgito è uno dei segni clinici distintivi delle malattie esofagee. Le cause di queste ultime possono essere suddivise a grandi linee nelle seguenti categorie:
1. Ostruzione del lume esofageo: rientrano in questo gruppo i disordini intraesofagei, le malattie della parete dell’esofago e quelle extraesofagee
quali:
• Corpo estraneo
• Stenosi
• Anomalia dell’anello vascolare
• Ernia iatale
• Diverticoli esofagei
• Neoplasia esofagea
• Massa toracica anteriore che comprime l’esofago
2. Infiammazione dell’esofago – ad es., dovuta ad esofagite
3. Disordini della motilità dell’esofago – ad esempio, megaesofago
Le domande utili da porre durante la raccolta dell’anamnesi comprendono:
1. Che età aveva il gatto quando il problema è comparso?
2. Il problema è insorto improvvisamente o in modo insidioso? (ad es., i
corpi estranei sono associati ad una comparsa improvvisa dei segni clinici in confronto, ad es., alle cause neoplastiche)
3. Il problema è stato di natura progressiva? (Cioè, sta peggiorando con
il tempo – compatibile con una malattia che si aggrava progressivamente come una stenosi o un tumore)
4. Il gatto mostra segni di dolore? (Ad es., esofagite, corpi estranei luminali)
5. L’assunzione di cibo e bevande è influenzata da questo problema? (Ciò
ha delle implicazioni per il trattamento della condizione)
6. Come descriverebbe il modo in cui il gatto vomita il cibo?
7. Il gatto manifesta segni di qualsiasi tipo prima che ciò accada? (Vocalizzazione, salivazione, ecc. si possono osservare prima del vomito, mentre
di solito i segni prodromici del rigurgito nel gatto sono scarsi o assenti)
8. Ci sono contrazioni addominali? (sembra essere un evento attivo o
passivo)
9. Come descriverebbe l’aspetto del materiale emesso? Ad esempio, il cibo rigurgitato può avere una forma tubulare ed essere coperto di saliva.
10. Nel materiale emesso è presente della bile?
11. Il gatto ha mai tentato di reingerire ciò che ha emesso?
12. Esiste una qualsiasi associazione temporale fra l’assunzione del cibo e
questo problema? (N.B.: se è presente un intervallo temporale molto
breve, ciò può suggerire un problema nel tratto prossimale dell’esofago, mentre un intervallo di durata maggiore si può osservare in caso di
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vomito o rigurgito dovuti a malattie del tratto distale dell’esofago o ad
una dilatazione più generalizzata dell’organo.)
13. Possono anche essere utili delle domande relative alle cause acquisite
di malattia esofagea:
a. Il gatto è stato recentemente anestetizzato?
b. Il gatto è stato trattato con doxiciclina o altri farmaci di recente?
c. Ci sono riferimenti anamnestici alla possibile ingestione di agenti
caustici?
d. Sono noti rischi di ingestione di corpi estranei (poco comune, ma
più probabile nei gatti giovani.)
14. Ci sono segni di qualsiasi tipo compatibili con una polmonite ab ingestis? Ad esempio, sono presenti dispnea, tachipnea, tosse, febbre o scolo nasale mucopurulento?
15. Il gatto ha perso peso? (Segni di cronicità e nutrizione inadeguata, cause neoplastiche.)
SEGNI CLINICI
I principali segni clinici osservati nei gatti con disordini esofagei sono rappresentati da rigurgito, disfagia, eccessiva salivazione (ptialismo) e perdita di
peso. Segni clinici descritti meno frequentemente sono la riduzione dell’appetito, il dolore alla deglutizione (odinofagia) e manifestazioni di polmonite
ab ingestis.
ESAME CLINICO
L’esame clinico in questi casi spesso non evidenzia nulla di particolare, ma
è importante considerare i seguenti aspetti:
• Esame del cavo orale
- Ricercare segni di ingestione di agenti caustici
- Ricercare segni di corpi estranei lineari (un trucco utile è far passare un
dito fra le mandibole del gatto in modo da sollevare la lingua da sotto).
• Palpazione del collo
- Ricerca di segni di dolore associati ad esofagite, corpi estranei intraluminali
• Palpazione della parte anteriore del torace e valutazione della comprimibilità
- Ricercare segni di masse mediastiniche anteriori che esitano in rigurgito
• Auscultazione del torace
- Ricerca di segni di polmonite ab ingestis
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DIAGNOSI
In alcuni casi, può essere utile osservare il gatto mentre mangia, in modo
da rilevare i segni clinici descritti dal proprietario. Se l’animale si rifiuta di assumere il cibo nell’ospedale, si può ricorrere all’infezione endovenosa di diazepam (0,05 – 0,4 mg/kg) per indurre una polifagia di breve durata.
Se le caratteristiche cliniche sono del tutto compatibili con una malattia
esofagea, sono necessarie ulteriori procedure diagnostiche per stabilire la causa del problema.
Radiografia
Le radiografie senza mezzo di contrasto possono essere estremamente
utili e vanno riprese per prime. L’operazione va effettuata in gatti sedati e
consci (ad es., 5-10 mg/kg di ketamina miscelata a 0,25 mg/kg di midazolam iniettati per via intramuscolare 10 minuti prima del posizionamento per
la radiografia) piuttosto che sotto anestesia, dato che l’induzione di quest’ultima determina spesso un’aerofagia che può similare radiograficamente un megaesofago.
Le radiografie senza mezzo di contrasto possono consentire di diagnosticare disordini quali:
• Presenza di masse nella parte anteriore del torace o in altre sedi (anche se
sono necessarie ulteriori indagini per stabilire il tipo di tumore – è soprattutto importante distinguere fra il linfoma mediastinico anteriore e il timoma, dato che il trattamento d’elezione è rappresentato dalla chemioterapia
per il primo, ma dalla rimozione chirurgica per il secondo)
• Corpi estranei radiopachi
• Megaesofago – N.B: la presenza di aria nell’esofago si può osservare anche in seguito ad aerofagia in animali normali sottoposti a stress per il contenimento e nei gatti anestetizzati (in particolare se l’intubazione non è stata agevole.)
In alcuni casi, per identificare la lesione è necessaria la somministrazione di un mezzo di contrasto baritato. L’ideale è mescolare il bario al cibo che il gatto mangia volontariamente prima della ripresa di ulteriori immagini. La fluoroscopia è preferibile, ma non sempre disponibile. N.B.: Se
si desidera attuare un’endoscopia, questa va eseguita prima della ripresa di
radiografie con contrasto baritato, oppure un paio di giorni dopo, dato che
il bario ritenuto nell’esofago potrebbe impedire la visualizzazione della parete dell’organo.
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Se la perforazione esofagea viene considerata una possibilità, è indicato
l’impiego di un mezzo di contrasto iodato idrosolubile.
Ecografia
L’ecografia non è molto utile per la diagnosi dei gatti con disordini esofagei. Fanno eccezione:
1. I gatti con masse mediastiniche anteriori che possono venire visualizzate e
sottoposte a prelievo di campioni bioptici sotto guida ecografica (aspirazione con ago sottile o a core)
2. Gatti con affezioni esofagee parietali (ad es., neoplasie) che talvolta possono venire visualizzate ecograficamente e sottoposte a biopsia con le modalità sopracitate.
Endoscopia
L’endoscopia è molto utile nei gatti con disordini esofagei in cui sono presenti lesioni della mucosa. La tecnica consente di valutare la mucosa dell’esofago e, se lo si desidera, quella della parte restante del tratto gastroenterico.
Si possono anche prelevare campioni bioptici dai tessuti colpiti, da destinare
alla valutazione microscopica per differenziare le malattie infiammatorie da
quelle neoplastiche. Attraverso l’endoscopia, è anche possibile trattare alcuni
disordini esofagei.
Le malattie in cui l’endoscopia risulta particolarmente utile sono rappresentate da:
1. Esofagite
2. Neoplasie esofagee in cui sono presenti lesioni della mucosa (di solito sotto forma di masse patologiche; in caso contrario possono essere confuse
con l’esofagite.)
3. Corpi estranei radiotrasparenti (che possono eventualmente venire rimossi con gli strumenti endoscopici)
4. Stenosi (che possono essere trattate mediante endoscopia servendosi di cateteri dilatatori a palloncino)
5. Perforazione
Le apparecchiature utili per queste procedure sono rappresentate da:
1. Endoscopio:
• Per questo scopo, risultano accettabili gli endoscopi flessibili da 7,8 79
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9,8 mm l’ideale è disporre di un endoscopio con la punta in grado di
muoversi nelle 4 direzioni
• Canale per il passaggio di strumenti bioptici ecc. (l’ideale è un diametro di 2,8 mm)
2. Strumenti accessori:
• Pinze da biopsia
• Strumenti per afferrare, utili per la rimozione di corpi estranei
• Cateteri a palloncino, utili per la dilatazione delle stenosi
Altri test
Benché non consentano di diagnosticare la causa delle malattie esofagee,
vale la pena di prendere in considerazione gli esami di laboratorio di routine
che si effettuano nei felini. Risultano particolarmente indicati:
1. La diagnosi di FeLV o FIV nei pazienti con lesioni neoplastiche (utile dal
punto di vista prognostico)
2. L’identificazione dell’anemia da malattia cronica nei pazienti debilitati
3. L’identificazione della leucocitosi nei soggetti con polmonite ab ingestis
4. L’identificazione di malattie concomitanti che possono influire sul trattamento e la prognosi.
Approccio e trattamento di determinate cause di rigurgito
Esofagite
• Cos’è?
- Inflammazione della mucosa esofagea
• Cause
- Post-anestesia: associata a riflusso gastroesofageo (più comune)
− Lesioni distali dell’esofago – che si possono estendere molto cranialmente
- Più recentemente, è stata riconosciuta un’associazione fra vari farmaci
per uso orale e lo sviluppo di esofagite e la formazione di stenosi. Gli
agenti implicati sono rappresentati da doxiciclina e clindamicina, ma
anche altri farmaci (propranololo, acido ascorbico, ferro, integratori potassici) possono essere potenziali cause di infiammazione esofagea.
L’esofagite (che può portare alla formazione di stenosi) insorge perché
le compresse deglutite permangono in esofago per periodi di tempo
prolungati. La somministrazione di 5 ml di acqua o di 1 noce di burro
messa sul naso del gatto facilita il transito delle pillole e delle capsule
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•
•
•
•
verso lo stomaco e viene consigliato in tutti i felini ai quali siano state
prescritte la doxiciclina e la clindamicina.
- Infezione da FCV (solitamente lieve)
- Corpo estraneo
- Inserimento non corretto di sonde da alimentazione (sonde rinoesofagee o da faringostomia introdotte attraverso lo sfintere gastroesofageo)
causano riflusso di contenuto gastrico nell’esofago
- Ingestione di agenti caustici
- Vomito persistente
- Ernia iatale
- Danno termico (più comune nei cani ingordi che rubano il cibo!)
Complicazioni
- L’esofagite lieve coinvolge soltanto la superficie della mucosa e di solito guarisce senza complicazioni a lungo termine
- L’esofagite grave si estende fino ai piani muscolari e può portare alla
formazione di stenosi
Segni clinici
- I casi lievi possono non presentare segni clinici o mostrare solo manifestazioni molto vaghe di malattia
- Nei casi di rigurgito grave (che può essere striato di sangue), ipersalivazione, dolore all’assunzione del cibo (o apparente paura di mangiare), si possono osservare anoressia e disfagia
Diagnosi
- Le radiografie senza mezzo di contrasto di solito non evidenziano nulla di particolare, a meno che non sia presente una polmonite ab ingestis oppure una stenosi sia esitata in una dilatazione prossimale dell’esofago
- Le contrastografie con bario o la fluoroscopia possono evidenziare irregolarità della superficie della mucosa ed anomalie della motilità
- Di solito è necessaria la valutazione endoscopica
Trattamento
- Nei casi lievi può essere utile la sospensione del cibo per 24-48 ore, seguita dal consumo di una dieta leggera, povera di grassi e ricca di proteine
− Questa dieta può essere utile al tono dello sfintere gastroesofageo e
prevenire il ritardato svuotamento dello stomaco
- I casi gravi necessitano di trattamento per 1-4 settimane a seconda della gravità
− Si deve prendere in considerazione l’inserimento di una sonda da
gastrostomia per consentire l’alimentazione mentre l’esofago viene
messo a riposo e lasciato guarire (5 – 10 giorni)
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•
•
•
•
•
− Terapia della mucosa (somministrazione per via orale anche quando
è stata inserita una sonda da gastrostomia)
Protettori della mucosa, ad es., 100 mg/kg di sucralfato in sospensione bid
tid
− Antiacidi gastrici per prevenire l’ulteriore danno provocato dal riflusso gastrico (si possono somministrare per via orale, mediante
sonda da gastrostomia o per via paraenterale) – uno dei seguenti:
5-10 mg/kg di cimetidina tid
0,7 mg/kg di omeprazolo sid
3,5 mg/kg di ranitidina bid (può anche contribuire ad accelerare lo
svuotamento dello stomaco)
− Terapia antinfiammatoria: è controversa, ma può essere utile in alcuni casi:
Prednisolone alla dose di 1 – 2 mg/kg per 2 – 4 settimane
- Limita la fibrosi e la formazione di stenosi associate alla condizione
- Evitare l’uso di glucocorticoidi se è presente una perforazione
- I vantaggi maggiori si hanno nei casi acuti – in quelli più cronici l’utilità può essere minore ed il farmaco può ritardare la guarigione
- Assicurare una copertura antibiotica quando si utilizzano questi agenti,
ad es. con ampicillina, amossicillina
− Analgesia, ad es. buprenorfina quando il dolore è intenso
− I modificatori della motilità accentuano lo svuotamento dello stomaco e riducono il riflusso gastrico
0,2 – 0,4 mg/kg di metoclopramide tid
3,5 mg/kg di ranitidina bid
- Monitorare la risposta al trattamento mediante endoscopia di follow-up
Prognosi
- Buona in molti casi in cui il trattamento è stato aggressivo
- Le complicazioni sono rappresentate da formazioni di stenosi e perdurare di problemi della motilità che possono richiedere un supporto (vedi trattamento del megaesofago)
Stenosi esofagea
• Cos’è?
- Restringimento circonferenziale del lume dell’esofago causato da una
formazione cicatriziale e dall’ispessimento/infiammazione della muscolatura esofagea
• Dove?
- Nella maggior parte dei casi a livello del cuore, ma può essere localizzata ovunque
• Cause
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•
•
•
•
- Post-esofagite: la stenosi di solito si sviluppa entro 1- 3 settimane dal
danno
- Corpi estranei
- Neoplasia
- Dopo intervento chirurgico esofageo
Principali caratteristiche cliniche
- Rigurgito e disfagia – di solito a distanza di pochissimo tempo dal pasto
- I segni clinici sono spesso gradualmente progressivi, per cui si ha un
peggioramento con passaggio dalla tolleranza ai solidi all’intolleranza
ai liquidi.
- Perdita di peso, anche se l’appetito di solito rimane vorace
Diagnosi
- Riscontri clinici, anamnesi
- Di solito è necessario ricorrere alle contrastografie per la dimostrazione radiografica (le immagini senza mezzo di contrasto possono mostrare segni di aspirazione, ma di solito non rivelano la stenosi)
- Endoscopia
− Consente la biopsia (importante per differenziare le cause neoplastiche da quelle infiammatorie)
− Consente la dilatazione mediante palloncino
Trattamento
- Il trattamento d’elezione è la dilatazione con catetere a palloncino
− Lo stiramento radiale della stenosi ha più successo dell’impiego di
olive dilatatrici o intervento chirurgico
− Utilizzare un catetere a palloncino con un diametro massimo di circa 18 mm
− Può essere effettuato nel corso dell’endoscopia o mediante fluoroscopia
− Spesso sono necessarie ripetute dilatazioni ad intervalli frequenti (di
solito ogni 2-3 giorni), soprattutto se è presente un’esofagite attiva
(la maggior parte dei gatti necessita di un minimo di 2 e può arrivare fino a 20 dilatazioni nei casi gravi)
− In tutti i casi è richiesto un trattamento dell’esofagite post-dilatazione con palloncino (si veda la sezione precedente)
− ? prendere in considerazione l’impiego di 0,025 mg/kg/die di
colchicina al fine di ridurre la fibrosi e la riformazione della stenosi?
Prognosi
- Dipende dalla cause – spesso è sorprendentemente buona nei casi in cui
la causa scatenante (ad es. esofagite, corpo estraneo) è stata rimossa
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Anomalia dell’anello vascolare
• Cos’è?
- Anomalia congenita della formazione dei vasi che fuoriescono o entrano nel cuore
- Nella maggior parte dei casi si tratta di un arco aortico destro persistente
− La costrizione si forma fra l’aorta sulla destra, il tronco polmonare
a sinistra, la base del cuore ventralmente e il legamento arterioso
dorsolateralmente sulla sinistra
− ? più comune nei gatti siamesi
• Principali caratteristiche cliniche
- Rigurgito ad insorgenza acuta al momento dello svezzamento, di solito
dopo il pasto
• Diagnosi
- Le radiografie senza mezzo di contrasto possono rivelare una dilatazione prossimale dell’esofago (con aria o cibo) anche se in alcuni casi può
essere necessario ricorrere ai mezzi di contrasto
• Trattamento
- Resezione chirurgica del legamento arterioso
• Prognosi
- È comune la persistenza postoperatoria della dilatazione esofagea, per
cui può essere necessario trattare i gatti come quelli con megaesofago
Neoplasia esofagea
• Poco comune - ? più frequente nei gatti anziani
- Tumori primitivi dell’esofago
− Nella maggior parte dei casi si tratta di un carcinoma squamocellulare
- Peri-esofageo
− Soprattutto linfoma – può invadere la mucosa esofagea
- Forme metastatiche
• Principali caratteristiche cliniche
- Attribuibile a problemi della motilità ed ostruzione meccanica causata
dalla neoplasia
- Disfagia, rigurgito, ipersalivazione, anoressia, perdita di peso
- Polmonite ab ingestis
- Debilitazione generale
• Diagnosi
- Le radiografie senza mezzo di contrasto possono essere utili, spesso è
necessario ricorrere al bario
- In alcuni casi è utile l’ecografia
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- Per una diagnosi definitiva di solito sono necessarie l’endoscopia e la
biopsia
− SCC – spesso aspetto proliferativo per un lungo tratto di esofago
− LSA – spesso aspetto liscio +/- erosioni
• Prognosi
- Spesso sfavorevole
- Nei casi di linfoma può essere utile la chemioterapia
Megaesofago
• Che cos’è?
- Dilatazione generalizzata e mancanza di motilità dell’esofago
- Rara
• Cause
- Forma idiopatica congenita nei gatti siamesi, si può osservare in altre
razze
- Cause acquisite
− Forme idiopatiche
− Disautonomia
− Secondaria a disordini ostruttivi dell’esofago
− Secondaria ad esofagite
− Myasthenia gravis
− Polimiopatia
− Polineuropatia
− Avvelenamento da piombo
− Ipoadrenocorticismo
• Principali caratteristiche cliniche
- Rigurgito – in un momento variabile dopo il pasto
- Polmonite ab ingestis
- +/- segni associati a malattia sottostante, ad es., midriasi, costipazione
e ritenzione urinaria con disautonomia
• Diagnosi
- Spesso sono utili le radiografie senza mezzo di contrasto, in alcuni casi può essere necessario ricorrere agli studi contrastografici
- Altri test nei casi indicati
− Funzione autonoma
− Piombemia
− Valutare la funzione dello svuotamento gastrico nei gatti siamesi
− EMG e biopsie muscolari e nervose (è necessaria l’interpretazione
da parte di uno specialista) se si sospetta un problema muscolare o
nervoso
• Trattamento
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- Offerta di pasti piccoli e frequenti, con alimentazione posturale, mantenendo la postura per 10-15 minuti dopo l’assunzione del cibo, se possibile
- Dieta di elevata qualità ed alta densità calorica
- È necessario fare delle prove con la consistenza della dieta per trovare
quella ottimale
- Agenti attivi sulla motilità
− ? Cisapride
− Possono diventare disponibili altri agenti
- Trattamento della polmonite ab ingestis in caso di necessità
− Antibiotici ad ampio spettro
- Nei gatti siamesi con concomitante disfunzione pilorica, il riflusso dell’acido gastrico può causare esofagite ed esitare in megaesofago, nel
qual caso può essere utile la piloromiotomia
Corpi estranei esofagei
• Cosa sono?
- Rientrano in questa definizione i corpi estranei lineari, giocattoli, ossa,
ami da pesca, ecc…
• Dove?
- Di solito si localizzano a livello dell’ingresso del torace, appena cranialmente alla base del cuore o nel tratto terminale dell’esofago
• Le complicazioni dei corpi estranei possono essere gravi e sono rappresentate da:
- Ostruzione esofagea
- Perforazione o lacerazione
- Ischemia
- Esofagite
- Formazione di stenosi
- Disturbi della motilità
- Formazione di tasche/diverticoli
- Formazione di fistole
• Principali caratteristiche cliniche
- Insorgenza acuta
- Salivazione eccessiva – può essere striato di sangue
- Dolore alla deglutizione (ci può essere una risposta algica alla palpazione del tratto cervicale dell’esofago se in questa sede è localizzato un
corpo estraneo
- Anoressia
- Febbre (perforazione, polmonite ab ingestis)
• Diagnosi
- Anamnesi, segni clinici
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- Radiografie in bianco +/- con mezzo di contrasto (ricercare segni di
perforazione e mediastinite, ad esempio, nonché di corpi estranei)
- Endoscopia
• Trattamento
- Rimozione – l’ideale è quella endoscopica, ma in alcuni casi può essere necessaria la chirurgia
− Impiegare pinze a denti di topo per via endoscopica, ad es., per corpi estranei aghiformi
− Utilizzare pinze a canestro che avvolgano i corpi estranei, ad es. nel
caso di ossa o giocattoli
− Considerare la possibilità di spingere il corpo estraneo nello stomaco perché venga degradato qui (ossa) oppure rimosso chirurgicamente
- Trattamento medico dell’esofagite
• La prognosi è buona in caso di pronta rimozione e terapia di supporto aggressiva
Ernia iatale
• Cos’è?
- Protrusione del contenuto addominale attraverso lo iato esofageo del
diaframma
− Può coinvolgere l’esofago addominale, la giunzione gastroesofagea
o lo stomaco
− ? più comune nel gatto siamese
• Principali caratteristiche cliniche
- Rigurgito intermittente, vomito +/- dolore addominale
• Diagnosi
- Può essere difficile
- Radiografia
− Si può osservare una radiopacità da tessuti molli nella parte caudodorsale del mediastino
− Per visualizzare questa anomalia può essere necessario ricorrere a
ripetuti studi radiografici
− Per la conferma spesso occorrono contrastografie/fluoroscopia
• Trattamento
- Alimentazione posturale, con pasti piccoli e frequenti, mantenendo la
posizione per 10-15 minuti dopo il pasto, se possibile
- Dieta di elevata qualità ed alta densità calorica
- Effettuare prove con la consistenza della dieta per trovare quella ottimale tollerata
- Chirurgia nei casi refrattari a questo protocollo
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Diverticoli esofagei
• Cosa sono?
- Dilatazioni sacciformi della parete esofagea
• Cause
- Congenite
- Acquisite secondarie a:
− Pressione luminale eccessiva come conseguenza di ostruzione
− Contrazione di tessuto fibroso secondario ad esofagite
• Principali caratteristiche cliniche – di solito si osservano solo nei diverticoli di maggiori dimensioni
- Rigurgito, dolore, segni di polmonite ab ingestis
• Diagnosi
- Per la conferma di questa diagnosi, è spesso necessario ricorrere alla radiografia con mezzo di contrasto
- Endoscopia
• Trattamento
- Alimentazione posturale con pasti piccoli e frequenti, seguiti dalla
somministrazione per os di liquidi per contribuire a prevenire l’accumulo di cibo nel diverticolo
- In alcuni casi è necessaria la resezione chirurgica
− Associata ad una prognosi sfavorevole
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55° Congresso Nazionale SCIVAC
MILANO, 2-4 MARZO 2007
Sarah M. A. Caney
BVSc, PhD, Dipl SAM (Feline), MRCVS, RCVS
Spec in Feline, Emsworth, UK
Ascites in the cat
L’ascite nel gatto
Sunday, March 4th 2007, 10.00 a.m.
Domenica, 4 marzo 2007, ore 10.00
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In any patient where there is a suspicion of ascites, an important early diagnostic step is to confirm that ascites is indeed present. In severely ascitic
animals this is usually straightforward and a fluid thrill is often detected on
abdominal ballottement. Other causes of abdominal enlargement that need to
be considered and eliminated include:
• Organomegaly eg hepatomegaly, splenomegaly, renomegaly
• Abdominal mass/es
• Severe obesity
• Pregnancy
• Severe constipation/obstipation
• Gastric distension
• Urinary obstruction
Ruling in or out these possibilities is not always straightforward. In cases
where history taking and abdominal palpation do not readily confirm the
cause of abdominal enlargement, further investigation (radiography and ultrasonography in particular) may be needed.
Having confirmed that ascites is present (or likely at the consulting room
stage), obtaining further information will be helpful in identifying the specific
cause. For example, feline infectious peritonitis (FIP) is most commonly seen
in young cats (< 2 years) and some purebred cats (eg Persian, Birman) are at
an increased risk of this. A detailed history may also reveal other clinical clues
as to the cause of disease eg cats with FIP often have waxing and waning
malaise, are poorly grown and may have neurological or ophthalmological
signs which are evident to their owners. An acute history of abdominal enlargement may indicate traumatic causes (eg haemoabdomen) or urinary obstruction. It is worth emphasising that given cats’ability to adjust their lifestyle
when suffering from disease, they are often presented as ‘acute’ cases when an
insidious progression exceeds a threshold above which they can no longer
compensate and cope. The remainder of the physical examination is vital in diagnosing the cause of ascites in many cases. A thorough physical examination
may detect abnormalities such as inflammatory ocular disease (eg due to FIP),
a cardiac murmur/arrhythmia (cardiac disease), jaundice (eg due to hepatic
disease) which can help to narrow down the list of diagnostic possibilities
(Table 1). Rare causes of ascites not documented in the table include BuddChiari syndrome, leptospiral infection, disseminated mycobacterial infection
and traumatic tricuspid insufficiency (there is a case report of this occurring
following a fall from a fourth floor flat) (Macintire et al., 1995; Agunloye and
Nash, 1996; Latimer et al., 1997; Closa and Font, 1999).
The single most helpful (and most cost effective) diagnostic test in an ascitic cat is analysis of abdominal fluid. Contra-indications to paracentesis in90
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clude pyometra, splenic neoplasia and pregnancy so if any of these are suspected then abdominocentesis should be delayed until further investigation of
these possibilities has been performed (eg ultrasound, radiography). In cases
where the ascites is dramatic, abdominocentesis is easily performed using a 21
or 22 gauge needle and 10 ml syringe introduced through an aseptically prepared linea alba in the region of the umbilicus. It is sometimes helpful to use a
butterfly needle. Occasionally, omentum may obstruct flow of fluid and the
needle has to be redirected or introduced at another site. In cases where the
ascites is less voluminous it can be helpful to hold the cat up by its front legs
(encouraging fluid to accumulate in the caudal abdomen) or use ultrasound
guidance to aid sample collection. In some patients, a small amount of ascitic
fluid is identified on ultrasonography and the small volume makes sample collection difficult to impossible. Diagnostic peritoneal lavage (DPL) can be useful in these cases and enables collection of samples suitable for cytological
analysis and bacterial culture. Diagnostic samples can be retrieved even when
only tiny effusions are present. To perform a DPL, the cat is gently restrained
in lateral recumbency. 20 ml/kg of warm saline is infused into the abdomen using an over-the-needle catheter placed just caudal to the umbilicus. In some
cases it has been helpful to add one or two extra holes near the end of the
catheter using a scalpel blade. If possible, the catheter is kept in place, while
the patient is gently rolled or allowed to stand up, before withdrawing fluid.
The majority of the fluid is absorbed across the peritoneum but any fluid collected can be submitted for cytology and culture (not biochemistry!).
Gross inspection of fluid collected by abdominocentesis or DPL should include:
• Colour
• Clarity – opaque or turbid fluids tend to have higher cell counts
• Consistency – proteinaceous fluids often feel sticky and may clot when left
in the tube
• Smell – uroabdomen can benefit from this test!
In some cases, the gross appearance is a great help in the diagnosis eg
chylous effusions, ruptured bowel, blood.
Following gross inspection, fluid samples should be submitted for laboratory tests:
Fluid biochemistry: 1-2 ml sample in a plain tube for biochemistry: total
protein, albumin, globulin. For chylous effusions comparison of blood and fluid triglycerides and cholesterol may also be helpful. Total protein can be estimated using a refractometer if finances or practicalities prevent submission of
a sample to a diagnostic laboratory. Specific gravity (SG) measurement also
gives an approximate indication of fluid protein content – exudates typically
have SGs above 1.018 whilst transudates have values below this cut-off.
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Fluid cytology: 0.5 – 1.0 ml sample in an EDTA tube for cytology (cell
count and microscopy). A cell count of greater than 13000 cells/µl (13 × 109/l)
is 100% sensitive and specific for the diagnosis of septic effusions (Bonczynski et al., 2003). Stained smears (Diff-Quick, Wright’s, Wright-Giemsa) can
also be examined. A direct smear is sufficient if the cell content is greater than
5 × 109/l, if less than this the sample should be centrifuged and a sediment of
the fluid examined. The cell types and relative numbers should be assessed so
that it is possible to establish whether the fluid is inflammatory or neoplastic
for example. Where present, neutrophils should be assessed for morphological evidence of degeneration (swollen nuclei, vacuolated cytoplasm) and
presence of intracellular bacteria indicative of a septic process. These findings would be an indication for bacterial culture of fluid collected.
Neutrophils are often present in inflammatory fluids but do not always indicate a suppurative process. For example, non-degenerate neutrophils are often the dominant cell type in non-septic inflammatory conditions such as FIP.
Fluid bacteriology: 0.5 ml sample in a plain tube, where appropriate, for
bacterial culture.
Other fluid tests: Other tests have been evaluated for diagnosis of septic
exudates. Although pH and glucose levels of septic exudates tend to be lower
and lactate levels tend to be higher, there is overlap between septic and nonseptic exudates limiting the usefulness of these tests. Cut-off values of pH <
7.2, glucose < 2.75 mmol/l (50 mg/dl) and lactate > 5.5 mmol/l have been
suggested. The difference in the blood and fluid glucose measurements may
be more helpful. Using a cut-off value of blood fluid glucose difference > 1.1
mmol/l (20 mg/dl) gives a sensitivity of 86% and specificity of 100% for the
diagnosis of septic effusions in cats (Bonczynski et al., 2003).
Fluid analysis helps to categorise the type of fluid present which is of help
in the diagnosis of ascites. Classification according to whether inflammatory
or not and according to the predominant cell type is also helpful in identifying the causal aetiology. Although such a classification scheme is arbitrary,
and some diseases can produce fluids of more than one type, it can be helpful
in narrowing down differential diagnoses. Fluid collected can be classified into one of the following categories:
Pure transudate: These are usually clear fluids with a low total protein
(<10 g/l) and nucleated cell count (<1.0 × 109/l) in which mesothelial cells
are usually dominant. Pure transudates are most commonly caused by conditions resulting in hypoalbuminaemia. Hypoalbuminaemia causes a low blood
oncotic pressure allowing fluid to passively leak out into the subcutaneous
and body cavity spaces. A serum albumin of between 10-15 g/l is generally
needed before transudates form. Presence of an effusion results in some irritation of the peritoneal surfaces and exfoliation of mesothelial cells. With
92
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time, many transudates become ‘modified’ and their cell and protein content
increases. Dead mesothelial cells release chemoattractants resulting in recruitment of inflammatory cells and induction of an immune response.
Modified transudate: These are fluids of variable appearance (clear or
cloudy, and usually yellow or pink) with moderate amounts of protein (1050 g/l) and nucleated cells (1-5 × 109/l). The predominant cell type varies
according to the aetiology. Modified transudates usually form due to impeded blood or lymphatic flow and common examples include cardiac disease, neoplasia and hepatic disease (resulting in portal hypertension).
Raised intra-capillary pressure results in loss of fluid into body cavities.
FIP most frequently results in production of a modified transudate fluid (see
Table 1 for further information).
Exudate: These fluids have a variable appearance (can be clear, cloudy or
opaque and vary in colour from yellow to brown). Exudates contain high levels of protein (>35 g/l; specific gravity > 1.018) and nucleated cells (usually
>5 × 109/l). Exudates are produced when there is inflammation causing increased capillary permeability. Causes of exudates include FIP and bacterial
peritonitis – for example the latter may occur following a perforating injury or
ruptured pyometra. Bacterial culture is indicated in cases where a septic exudate is suspected. It can also be helpful to know whether fluid is present in
more than one body cavity. Examples of conditions which are likely to cause a
pleural effusion and ascites include cardiac failure and hypoproteinaemia.
Conditions which may result in a pleural effusion and ascites include FIP, disseminated neoplasia and lymphangiectasia. In most cases, further investigations are necessary to confirm the cause of the ascites. The nature and extent
of such investigations is dependant on the information already known but is
likely to include one or more of the following diagnostic tests:
1. Routine haematology and biochemistry: In many cases this will be
of help in providing clues as to the cause of the problem and will also be of
value in identifying concomitant problems which may be relevant in the management of the patient. Routine laboratory work is of particular value in the
diagnosis of FIP where assimilation of cumulative evidence is often required
to make a provisional (pre-histological) diagnosis of this condition. Changes
which can be seen in FIP include hyperglobulinaemia, hyperbilirubinaemia,
lymphopenia, mature neutrophilia and a mild normocytic, normochromic
non-regenerative anaemia. Hyponatraemia and hyperkalaemia have been reported as a consequence of pleural and peritoneal effusions in cats (Bissett et
al, 2001; Thompson and Carr, 2002).
2. Urinalysis: In many cases, this will not be of specific diagnostic value.
One notable exception to this is glomerulonephropathies resulting in significant proteinuria and hypoalbuminaemia. In cases where this is suspected, a
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urine protein to creatinine (UPC) ratio should be calculated to assess the
magnitude of proteinuria. Dipstick and spot protein measurements can be
misleading in the diagnosis of proteinuria – correlation with creatinine levels
helps to correct for the urine concentration and gives a more accurate indication of 24 hour protein loss.
3. Routine feline virus screening tests (FeLV and FIV): Although neither of these viral infections are a direct cause of ascites, both may trigger abdominal effusions via inducing neoplasia.
4. Thoracic radiography: Survey thoracic radiographs are helpful in
identifying whether a double body effusion is present, assessing cardiac size
and presence of primary or metastatic neoplasms for example.
5. Abdominal radiography: This may be of less usefulness depending on
the magnitude of the ascites. In those cases where the ascites is severe, radiographs are unlikely to reveal much due to ‘white out’of the abdomen (fluid has
the same radiographic appearance as soft tissue). Where this is not the case, it
may be possible to assess organ size, identify masses or free gas in the abdomen
(eg indicative of bowel or body wall perforation). It is important to be aware
that presence of a visible bladder shadow does not rule out bladder (or urethral) rupture as a cause of uroperitoneum. In many cases contrast radiographic studies are required for identification of bladder or urethral injuries.
Abdominal radiography is a sensitive technique for identification of subtle
ascites that would not be evident on physical examination. Small amounts of
fluid reduce abdominal contrast.
6. Abdominal ultrasound: This test is often of great help in diagnosing
the cause of the ascites although this is an operator and equipment dependant
technique. Ultrasound may, for example, identify abnormalities of hepatic
size, shape and architecture, mass lesions and pancreatic enlargement. Ultrasound can be used to guide fine needle aspirate biopsies and Tru-cut®
biopsies of any lesions seen. Ultrasound can be a sensitive technique for identifying subtle ascites which is not evident on physical examination. When only very small effusions are present, it can be helpful to hold the cat up by its
front legs and image the area around the bladder where any fluid present will
accumulate and be easily visible.
7. Ophthalmic examination: A thorough ophthalmological examination
is of value in the diagnosis of many feline diseases. Ocular inflammatory disease may be seen with conditions including FIP, FeLV, FIV, Toxoplasmosis
and lymphoma.
8. Specialist laboratory tests: These may be indicated in certain situations. For example, feline pancreatic lipase immunoreactivity (fPLI) and feline trypsin-like immunoreactivity (fTLI) can be helpful in the diagnosis of
pancreatitis.
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Non-specific treatment of ascites (ie drainage) is rarely needed. Indications
for this include discomfort, particularly if breathing is affected. Diuretics are
unlikely to be effective (and may risk side-effects such as hypokalaemia with
frusemide) unless congestive heart failure is responsible for the fluid formation.
Prognosis for cats with peritoneal effusions is often poor – unsurprisingly – as
this clinical sign is often associated with serious and untreatable conditions.
One study documenting 65 cats with ascites reported a mean survival of 3 weeks
(range 1 – 350 days, median 2.5 days). The most common causes of ascites in
this series were neoplasia (older cats) and right-sided heart failure (kittens)
(Wright et al., 1999). In the UK, FIP is a common cause of ascites in young cats.
Double effusions (pleural and ascitic effusions) are most commonly seen in association with infectious diseases (eg FIP, pyothorax extending caudally), neoplasia, cardiac disease and pancreatitis. Animals with pleural and peritoneal effusions are considered to have a more guarded prognosis and in one series the
more severe the effusion, the worse the prognosis (Steyn and Wittum, 1993).
References and further reading
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Journal of Small Animal Practice 37: 126-129.
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Bonczynski J. J., Ludwig L. L., Barton L. J., Loar A. and Peterson M. E. (2003). Comparison of peritoneal
fluid and peripheral blood pH, bicarbonate, glucose, and lactate concentration as a diagnostic tool
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Latimer K. S., Jameson P. H., Crowell W. A., Duncan J. R. and Currin J. P. (1997). Disseminated Mycobacterium avium complex infection in a cat: presumptive diagnosis by blood smear examination. Veterinary Clinical Pathology 26: 85-89
Macintire D. K., Henderson R. H., Banfield C. and Kwapien R. P. (1995). Budd-Chiari syndrome in a kitten, caused by membranous obstruction of the caudal vena cava. Journal of the American Animal Hospital Association 31: 484-491.
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Table 1. Classification and causes of ascites in cats
Examples of causes
Clinical clues
Suggested further tests
Pure transudate fluids
Protein losing enteropathy
Gastrointestinal signs
(espec. Diarrhoea)
Faecal parasitology and
culture, intestinal biopsy
(endoscopic, full
thickness)
Protein losing hepatopathy
Very rare as a cause of
hypoalbuminaemia
in cats
Liver imaging (radiography,
ultrasound), biopsy
Protein losing nephropathy
Often only vague signs
of illness in addition
to signs of
hypoproteinaemia
(oedema, body cavity
effusions)
UPC ratio, assess renal
function (not always
abnormal), renal imaging
+/- biopsy
Modified transudate fluids
Right sided cardiac failure
Breathlessness/dyspnoea
common, lethargy, +/- subcutaneous oedema. NB coughing
is a rare consequence of
cardiac disease in cats
Thoracic radiography,
echocardiography, +/- ECG,
systolic blood pressure,
others
Feline infectious peritonitis
Often vague, fluctuating
signs of illness +/- weight
loss/poor growth, pyrexia,
diarrhoea, neurological
signs, ocular inflammatory
disease.
Most common in young
cats (< 2y),
purebreds and cats from
multi-cat homes.
Fluid typically has total
protein > 35 g/l of which at
least 50% is globulin.
Fluid cell counts typically
< 3 × 109/l
(mainly non-degenerate
neutrophils and
macrophages)
Thoracic radiography (check
for pleural effusion), ocular
examination (uveitis,
chorioretinitis), abdominal
ultrasound (serosal
pyogranulomas, rule out
other causes), serum protein
electrophoresis (polyclonal
gammopathy). Fluid analysis
remains the most helpful
diagnostic test prior to
biopsy.
Abdominal neoplasia
Ascites can be seen with
lymphoma, carcinomas,
visceral mast cell neoplasia
and others.
Clinical presentation
and quantity of ascites
varies.
Fluid cytology,
imaging (thoracic
radiography and
abdominal ultrasound),
biopsy
(fine needle aspirates,
needle core biopsies or
surgical)
most helpful.
(segue)
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Lymphocytic cholangitis
Often clinically bright,
polyphagic young cats
(Persians and
long-haired cats over
represented).
Fluid and blood
can have similar
laboratory
findings to FIP.
Fluid forms as
a result of portal
hypertension which
can also occur
with other fibrosing
liver diseases
(cirrhosis) and
hepatic arteriovenous
fistulas for example.
Thoracic radiographs –
absence of pleural effusion.
Usually elevated liver
enzymes and dynamic bile
acids. Hepatic ultrasound
may show a swollen or
shrunken liver with irregular
or rounded lobes and altered
echotexture.
Pancreatitis
Often small effusion which
may not be apparent
without imaging
(radiography/
ultrasonography)
A difficult diagnosis to
confirm!
Pancreatic ultrasound
and assays of feline
pancreatic lipase
immunoreactivity (fPLI)
and fTLI may
be helpful,
+/- pancreatic biopsy.
Sclerosing encapsulating
peritonitis
Infrequently
reported – can occur
secondary to steatitis,
bacterial peritonitis and
other causes
Laparotomy needed to
confirm this diagnosis.
Uroperitoneum
Causes include blunt
trauma (eg RTA),
trauma associated
with catheterisation,
bladder expression,
urethral obstruction
and bladder neoplasia
(rare).
Diagnosis can be
difficult since many
affected cats have
palpable bladders.
Affected cats are usually
azotaemic and may be
hyperkalaemic.
Peritoneal fluid
often has a
serosanguinous
appearance.
Fluid has higher potassium,
urea and creatinine than
blood. Urea and electrolytes
diffuse readily across the
peritoneal membrane so
with time there is
equilibration of blood
and fluid levels making
measurement of these
parameters less helpful
in the diagnosis of
uroperitoneum.
Radiography +/- contrast
indicated once stable.
(segue)
97
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Exudate fluids
Septic peritonitis
Causes include ruptured
bowel (secondary to eg
neoplasia, perforating
foreign body/injury,
dehiscence after surgery),
ruptured abscess,
penetrating wound, ruptured
pyometra.
Fluid cytology and
culture; imaging
(radiography +/contrast,
ultrasonography)
helpful in identifying
cause.
Surgical exploration
may be needed
for diagnosis
and treatment.
Bile peritonitis
Causes include trauma,
neoplasia,
cholangiohepatitis,
iatrogenic trauma
to biliary tree.
Microscopic analysis
of fluid may reveal bile
crystals in a very
inflammatory fluid.
Culture of fluid
recommended.
Abdominal neoplasia
See above for more information
FIP
May have characteristics of an exudate although usually is a
modified transudate.
See above for more discussion
Lymphocytic cholangitis
As with FIP, may have characteristics of an exudate or
modified transudate.
See above for more information.
Haemoperitoneum
Trauma
History usually strongly
indicative of trauma.
Further investigations
important in assessing
presence of other traumainduced problems.
Hepatic amyloidosis
May be a history of episodes
of weakness/collapse
and anaemia.
Often recover
relatively quickly
from non-fatal bleeds
as blood can be
re-absorbed.
Hepatic imaging and biopsy.
Inherited in Oriental cats.
Neoplasia
Usually variable history of
vague/insidious signs of
illness
Imaging (radiography,
ultrasonography),
biopsy if ascitic fluid
cytology
non-diagnostic
(segue)
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Coagulopathy
Spontaneous
haemoperitoneum rare.
Congenital and acquired
coagulopathies rare
although liver disease can
result in significant
prolongation of clotting
times which can cause
haemorrhage following
trauma (eg liver biopsy).
Clotting times (PT, APTT)
and coagulation factor
assay. Vitamin K dependent
clotting factors affected by
liver disease
(II, VII, IX and X)
Chylous ascites
Causes include congestive
heart failure, neoplasia (esp.
lymphoma),
lymphangiectasia, FIP,
traumatic rupture of the
cisterna chyle, steatitis,
biliary cirrhosis and
idiopathic cases
Chylomicron-rich fluid with
a milky-white appearance.
Can be blood-tinged
causing a pink
(‘strawberry milkshake’)
appearance.
Definitive diagnosis of a
chylous effusion is achieved
by demonstrating
chylomicrons on agar
lipoprotein electrophoresis.
More practically,
comparing chyle with serum
reveals triglyceride levels
are typically higher in chyle,
and cholesterol levels
equivalent or lower
in chyle compared
to serum.
Cytology usually
reveals a predominance of
mature lymphocytes, and
there may be lipid laden
macrophages.
99
One case series of nine cases
of chylous abdominal
effusion has been reported.
In this series, 7 cats were
diagnosed with abdominal
neoplasia
(haemangiosarcoma,
paraglioma, lymphoma,
lymphangiosarcoma). In one
cat, the chylous ascites was
associated with biliary
cirrhosis and extrahepatic
portosystemic shunt; the
remaining cat had steatitis
caused by vitamin E
deficiency (Gores et al,
1994). In our clinic we have
diagnosed chylous ascites in
cats with cardiac disease,
neoplasia and
lymphangiectasia.
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In qualsiasi paziente in cui esiste un sospetto di ascite, un importante passo diagnostico iniziale è la conferma dell’autentica presenza dell’ascite stessa. Negli animali gravemente ascitici, ciò in genere risulta agevole e, spesso,
con il ballottamento addominale si apprezza un’onda fluida. Altre cause di ingrossamento dell’addome che devono essere prese in considerazione ed escluse sono rappresentate da:
• Organomegalia, ad es., epatomegalia, splenomegalia, nefromegalia
• Una o più masse addominali
• Obesità grave
• Gravidanza
• Costipazione grave/ostinata
• Distensione gastrica
• Ostruzione urinaria
Escludere o confermare queste possibilità non è sempre facile. Nei casi in
cui la raccolta dell’anamnesi e la palpazione addominale non confermano
agevolmente la causa dell’aumento di dimensioni dell’addome, può essere
necessario effettuare ulteriori indagini (radiografiche ed ecografiche in particolare).
Dopo aver confermato la presenza dell’ascite (o averla ritenuta probabile
nel corso di una visita ambulatoriale) può essere utile ottenere ulteriori informazioni per identificarne la causa specifica. Ad esempio, la peritonite infettiva felina (FIP) si osserva più comunemente nei gatti giovani (< 2 anni) ed in
alcune razze pure (ad es., persiano, birmano) che sono considerate maggiormente a rischio. Un’anamnesi dettagliata può anche rivelare altre indicazioni
cliniche circa la causa della malattia, ad es. i gatti con FIP presentano spesso
malessere con andamento altalenante e scarso accrescimento e possono essere colpiti da segni neurologici o oftalmologici che risultano evidenti ai loro
proprietari. Un’anamnesi acuta di ingrossamento addominale può indicare
cause traumatiche (ad es., emoaddome) oppure un’ostruzione urinaria. Vale la
pena di sottolineare che, data la capacità del gatto di modificare il proprio stile di vita quando è colpito da una malattia, questi animali vengono spesso portati alla visita come casi “acuti” quando un processo insidioso supera la soglia oltre la quale non può più essere compensato o sopportato.
La parte restante dell’esame clinico è di importanza vitale per diagnosticare la causa dell’ascite in molti casi. Una visita approfondita può evidenziare
anomalie come infiammazioni oculari (ad es., da FIP), soffi/aritmie cardiaci
(cardiopatia) o ittero (ad es., da epatopatia), che possono contribuire a restringere l’elenco delle possibili diagnosi (Tab. 1). Le rare cause di ascite non documentate nella tabella comprendono la sindrome di Budd-Chiari, l’infezione
da leptospire, quella da micobatteri disseminata e l’insufficienza traumatica
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della tricuspide (esiste la segnalazione di un caso clinico di questa condizione,
verificatasi in seguito ad una caduta dal quarto piano) (Macintire et al., 1995;
Agunloye and Nash, 1996; Latimer et al., 1997; Closa and Font, 1999).
Il più utile (e con il miglior rapporto costo/beneficio) fra i singoli test diagnostici nel gatto con ascite è l’analisi del fluido addominale. Le controindicazioni alla paracentesi sono rappresentate da piometra, neoplasia splenica e
gravidanza, per cui se si sospetta una qualsiasi di queste condizioni, l’esame
deve essere ritardato fino a che non siano state condotte altre indagini per verificare queste possibilità (ad es., mediante ecografia, radiografia). Nei casi in
cui l’ascite è imponente, la paracentesi addominale si effettua facilmente utilizzando un ago da 21 o 22 G ed un siringa da 10 ml introdotta attraverso un
punto preparato asetticamente lungo la linea alba nella regione dell’ombelico.
Talvolta risulta utile un ago butterfly. Occasionalmente, il flusso del fluido
può essere ostruito dall’omento e l’ago deve essere ridirezionato o introdotto
in un altro punto. Nei casi in cui l’ascite è meno voluminosa, può servire tenere il gatto sollevato per gli arti anteriori (favorendo l’accumulo di fluidi nella parte caudale dell’addome), oppure ricorrere alla guida ecografica per facilitare il prelievo del campione.
In alcuni pazienti, ecograficametne si identifica una piccola quantità di liquido ascitico, ma il ridotto volume rende difficile o impossibile la raccolta
del campione. In questi casi può essere utile il lavaggio peritoneale diagnostico (DPL), che permette il prelievo di campioni adatti all’analisi citologica
ed alle colture batteriche. Campioni diagnostici si possono ottenere anche
quando sono presenti versamenti molto limitati. Per eseguire un DPL, il gatto viene delicatamente contenuto in decubito laterale. Si iniettano in addome
20 ml/kg di soluzione fisiologica riscaldata utilizzando un catetere ad ago interno inserito appena caudalmente all’ombelico. In alcuni casi è risultato utile praticare vicino all’estremità del condotto 1 o 2 fori supplementari, servendosi di una lama da bisturi. Se possibile, il catetere va tenuto in posizione,
mentre il paziente viene fatto delicatamente rotolare o lasciato rimanere in
stazione, prima di recuperare il fluido. La maggior parte del liquido viene assorbita attraverso il peritoneo, ma qualsiasi materiale recuperato può essere
inviato agli esami citologici e colturali (non biochimici!).
L’ispezione macroscopica del fluido raccolto mediante paracentesi addominale o BPL deve comprendere:
• Colore
• Trasparenza – i liquidi opachi o torbidi tendono ad avere un conteggio cellulare più elevato
• Consistenza – i fluidi proteinacei spesso sono appiccicosi e possono coagulare quando vengono lasciati nella provetta
• Odore – questo test può essere utile in caso di uroaddome!
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Talvolta l’aspetto macroscopico risulta molto utile per la diagnosi, ad es.
in caso di versamenti chilosi, rottura intestinale, sangue.
Dopo l’ispezione macroscopica, i campioni di fluido possono essere inviati ai test di laboratorio:
Profilo biochimico del fluido: 1-2 ml di campione in una provetta vuota
per esami biochimici: proteine totali, albumina, globulina. Nel caso dei versamenti chilosi, può anche essere utile il confronto fra i livelli di trigliceridi e
colesterolo nel sangue e nel fluido. Se, per motivi economici o pratici, non è
possibile inviare un campione ad un laboratorio diagnostico, le proteine totali possono venire stimate utilizzando un refrattometro. Anche la misurazione
del peso specifico (PS) fornisce un’indicazione approssimativa del contenuto
di proteine del fluido – gli essudati hanno tipicamente valori superiori a 1.018,
mentre i trasudati restano al di sotto di questa soglia.
Esame citologico dei fluidi: 0,5-1,0 ml di campione in una provetta con
EDTA per citologia (conteggio cellulare ed esame microscopico). Un conteggio cellulare superiore a 13.000 elementi/µl (13 x 109/l) è sensibile al 100% e
specifico per la diagnosi di versamenti settici (Bonczynski et al., 2003). Si
possono anche esaminare strisci colorati (Diff-Quick, Wright, Wright-Giemsa). Se il contenuto cellulare è superiore a 5 x 109/l è sufficiente uno striscio
diretto; se è inferiore a questo valore, il campione deve essere centrifugato e
l’esame va effettuato sul sedimento del fluido. È necessario valutare il tipo di
cellule presenti ed il conteggio differenziale, grazie al quale è possibile stabilire se il fluido è, ad esempio, infiammatorio o neoplastico. Quando sono presenti, i neutrofili vanno esaminati per rilevare le caratteristiche morfologiche
della degenerazione (nuclei rigonfi, citoplasma vacuolizzato) e la presenza di
batteri intracellulari indicativi di un processo settico. Questi riscontri costituiscono un’indicazione per destinare il fluido raccolto alle colture batteriche.
I neutrofili sono spesso presenti nei fluidi infiammatori, ma non indicano
sempre un processo suppurativo. Ad esempio, quelli non degenerati sono frequentemente il tipo cellulare predominante nelle condizioni infiammatorie
non settiche come la FIP.
Batteriologia del fluido: 0,5 ml di campione in una provetta vuota, nei casi appropriati, per le colture batteriche.
Altri test sul fluido: Sono stati valutati altri test per la diagnosi degli essudati settici. Benché i livelli di pH e di glucosio negli essudati settici tendano ad
essere più bassi e quelli di lattati tendano ad essere più elevati, esiste una sovrapposizione fra essudati settici e non settici che limita l’utilità di questi test.
Sono stati suggeriti come valori soglia quelli di pH < 7,2, glucosio < 2,75
mmol/l (50 mg/dl) e lattati > 5,5 mmol/l. La differenza nelle misurazioni dei livelli di glucosio nel sangue e nel fluido può essere più utile. Utilizzando per la
diagnosi dei versamenti settici nel gatto un valore soglia della differenza del
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glucosio nel sangue e nel fluido > 1,1 mmol/l (20 mg/dl) si ha una sensibilità
dell’86% ed una specificità del 100% (Bonczynski et al., 2003).
L’analisi del fluido contribuisce a distinguere il tipo di liquido presente, il
che spesso risulta utile per la diagnosi dell’ascite. Anche la distinzione in forme infiammatorie o non infiammatorie ed in base al tipo cellulare predominante contribuisce ad identificare l’eziologia. Anche se è arbitrario ed alcune
malattie possono determinare la formazione di fluidi di più di un tipo, questo
schema di classificazione può servire a restringere l’elenco delle possibili diagnosi differenziali. I fluidi raccolti possono essere classificati in una delle seguenti categorie:
Trasudato puro: Si tratta di solito di liquidi limpidi, con bassi valori di
proteine totali (< 10 g/l) e conteggio di elementi nucleati (< 1,0 x 109/l), fra i
quali predominano in genere le cellule mesoteliali. Nella maggior parte dei
casi i trasudati puri sono causati da condizioni che esitano in ipoalbuminemia.
Quest’ultima abbassa la pressione oncotica del sangue permettendo la diffusione passiva del fluido negli spazi sottocutanei e nelle cavità corporee. Prima che si formino i trasudati è generalmente necessario che i livelli sierici di
albumina arrivino ad essere compresi fra 10 e 15 g/l. La presenza di un versamento esita in una certa irritazione delle superfici peritoneali e nell’esfoliazione delle cellule mesoteliali. Col tempo, molti trasudati diventano “modificati” ed il loro contenuto cellulare e proteico aumenta. Le cellule mesoteliali
morte rilasciano sostanze chemiotattiche che esitano nel reclutamento di elementi infiammatori e nell’induzione di una risposta immunitaria.
Trasudato modificato: Si tratta di fluidi di aspetto variabile (limpido o torbido e, solitamente, di colore giallo o rosa) con quantità moderate di proteine
(10-50 g/l) ed elementi nucleati (1-5 x 109/l). Il tipo cellulare predominante
varia in funzione dell’eziologia. I trasudati modificati di solito si formano a
causa dell’impedimento del flusso ematico o linfatico e gli esempi più comuni sono rappresentati da cardiopatie, neoplasie ed epatopatie (che esitano in
ipertensione portale). L’innalzamento della pressione intracapillare determina
una perdita di fluidi nelle cavità corporee. In genere la FIP esita nella produzione di un trasudato modificato (vedi Tabella 1 per ulteriori informazioni).
Essudato: Questi fluidi hanno un aspetto variabile (possono essere limpidi, torbidi od opachi e di colore variabile dal giallo al bruno). Gli essudati
contengono elevati livelli di proteine (> 35 g/l; peso specifico > 1.018) ed elementi nucleati (di solito > 5 x 109/l). Vengono prodotti quando è presente
un’infiammazione che causa un incremento della permeabilità capillare. Le
loro eziologie comprendono la FIP e la peritonite batterica – ad esempio, quest’ultima si può avere in seguito ad un danno da perforazione o ad una rottura di una piometra. Nei casi in cui si sospetta un essudato settico è indicata la
coltura batterica.
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Può anche essere utile sapere se il fluido è presente in più di una cavità
corporea. Sono esempi di condizioni con buone probabilità di causare versamento pleurico ed ascite l’insufficienza cardiaca e l’ipoproteinemia. Fra le
condizioni che possono esitare in un versamento pleurico con ascite rientrano
la FIP, la neoplasia disseminata e la linfangectasia.
Nella maggior parte dei casi, per confermare la causa dell’ascite sono necessarie ulteriori indagini. La natura e l’entità di queste ricerche dipendono
dalle informazioni già note, ma è probabile che si debbano attuare uno o più
dei seguenti test diagnostici:
1. Esame emocromocitometrico completo e profilo biochimico di routine: In molti casi, questi esami risultano utili per fornire indicazioni sulla causa del problema e servono anche ad identificare affezioni concomitanti che
possono essere importanti per il trattamento del paziente. Gli esami di laboratorio di routine sono di particolare valore per la diagnosi della FIP, dove per
giungere ad una diagnosi provvisoria (preistologica) è spesso necessario raccogliere una serie di prove cumulative di questa condizione. Le modificazioni che si possono osservare in caso di FIP sono rappresentate da iperglobulinemia, iperbilirubinemia, linfopenia, neutrofilia matura e lieve anemia normocitica, normocromica non rigenerativa. Come conseguenze dei versamenti
pleurici e peritoneali nel gatto sono state segnalate l’iponatremia e l’iperkalemia. (Bissett et al, 2001; Thompson e Carr, 2002).
2. Analisi dell’urina: In molti casi, questa non ha uno specifico valore
diagnostico. Un’importante eccezione a questa regola è data dalle glomerulonefropatie che esitano in forme significative di proteinuria e ipoalbuminemia.
Nei casi in cui si sospetta questa condizione, è necessario calcolare il rapporto proteine:creatinina nell’urina (UPC) per valutare l’entità della proteinuria.
Le misurazioni dei livelli proteici mediante strisce reattive possono essere
fuorvianti per la diagnosi di proteinuria – la correlazione con i livelli di creatinina contribuisce a correggere la concentrazione urinaria e fornisce un’indicazione più accurata delle perdite proteiche in 24 ore.
3. Test di screening di routine per le infezioni virali feline (FeLV e FIV):
Anche se nessuna di queste due infezioni virali è una causa diretta di ascite,
entrambe possono scatenare la comparsa di versamenti addominali attraverso
l’induzione di neoplasie.
4. Radiografia del torace: Le radiografie del torace senza mezzo di contrasto sono utili, ad esempio, per identificare la presenza o meno di un versamento in due cavità corporee o valutare le dimensioni del cuore e la presenza
di neoplasie primitive o metastatiche.
5. Radiografia addominale: Questo esame può essere di minore utilità a
seconda dell’entità dell’ascite. Nei casi in cui quest’ultima è grave, è improbabile che le radiografie rivelino molto, dato lo “sbiancamento” dell’addome
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(il fluido ha lo stesso aspetto radiografico dei tessuti molli). Quando non è così, si può riuscire a valutare le dimensioni degli organi, identificare masse o
gas liberi in addome (indicativi ad es. di perforazione intestinale o della parete corporea). È importante essere consapevoli del fatto che la presenza di
un’ombra vescicale visibile non consente di escludere una rottura della vescica stessa (o dell’uretra) come causa di uroperitoneo. In molti casi, per identificare i danni vescicali o uretrali sono necessari gli esami contrastografici.
La radiografia addominale è una tecnica sensibile per l’identificazione di
forme sottili di ascite che non risultano evidenti all’esame clinico. La presenza di piccole quantità di fluido riduce il contrasto addominale.
6. Ecografia dell’addome: Questo test risulta spesso molto utile per diagnosticare la causa dell’ascite, anche se si tratta di una tecnica che dipende
molto dalle capacità dell’operatore e dalle apparecchiature utilizzate. L’ecografia può, ad esempio, identificare anomalie di dimensioni, forma ed architettura del fegato, la presenza di masse patologiche e l’ingrossamento del pancreas. L’ecografia può venire utilizzata per guidare il prelievo di biopsie mediante aspirazione con ago sottile oppure mediante Tru-cut® da qualsiasi lesione visibile. L’ecografia può essere una tecnica sensibile per identificare forme
sottili di ascite che non risultano evidenti all’esame clinico. Quando sono presenti solo dei versamenti molto piccoli, può essere utile tenere il gatto sollevato per gli arti anteriori e visualizzare l’area intorno alla vescica, dove ogni fluido eventualmente presente si raccoglie e risulta facilmente visibile.
7. Esame oftalmico: Un approfondito esame oftalmologico risulta utile
per la diagnosi di molte malattie del gatto. Le affezioni dell’occhio si possono osservare in condizioni quali FIP, FeLV, FIV, toxoplasmosi e linfoma.
8. Esami di laboratorio specialistici: Possono essere indicati in certe situazioni. Ad esempio, per la diagnosi della pancreatite possono essere utili le
determinazioni dell’immunoreattività della lipasi pancreatica felina (fPLI) e
dell’immunoreattività tripsino-simile del gatto (fTLI).
Il trattamento aspecifico dell’ascite (cioè il drenaggio) è raramente necessario. Le indicazioni per questo tipo di intervento sono rappresentate dal disagio, in particolare se risulta influenzata la respirazione. È improbabile che i
diuretici siano efficaci (e possono comportare il rischio di effetti collaterali
come l’ipokalemia nel caso della furosemide), a meno che la formazione del
fluido non sia dovuta ad un’insufficienza cardiaca congestizia.
La prognosi nei gatti con versamento peritoneale è spesso sfavorevole – il
che non deve sorprendere – dato che questo segno clinico è frequentemente
associato a condizioni gravi ed intrattabili. In uno studio relativo a 65 gatti
con ascite, è stata segnalata una sopravvivenza media di tre settimane (range
1-350 giorni, mediana 2,5 giorni). Le cause più comuni dell’ascite in questa
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casistica erano rappresentate da neoplasia (gatti anziani) ed insufficienza cardiaca destra (gattini) (Wright et al., 1999). Nel Regno Unito, la FIP è una causa comune di ascite nei gatti giovani. I versamenti doppi (pleurici ed ascitici)
si osservano nella maggior parte dei casi in associazione con malattie infettive (ad es., FIP, piotorace che si estende caudalmente), neoplasie, cardiopatie
e pancreatite. Negli animali con versamenti pleurici e peritoneali la prognosi
viene considerata maggiormente riservata e in una casistica è risultata tanto
più sfavorevole quanto più grave era il versamento (Steyn and Wittum, 1993).
Bibliografia e letture consigliate
Agunloye C. A. and Nash A. A. (1996). Investigation of possible leptospiral infection in cats in Scotland.
Journal of Small Animal Practice 37: 126-129.
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Bissett S. A., Lamb M. and Ward C. R. (2001). Hyponatraemia and hyperkalaemia associated with peritoneal effusion in four cats. Journal of the American Veterinary Medical Association 218: 1590-1592.
Bonczynski J. J., Ludwig L. L., Barton L. J., Loar A. and Peterson M. E. (2003). Comparison of peritoneal
fluid and peripheral blood pH, bicarbonate, glucose, and lactate concentration as a diagnostic tool
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Closa J. M. and Font A. (1999). Traumatic tricuspid insufficiency in a kitten. Journal of the American Animal Hospital Association 35: 21-24.
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106
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Tabella 1- Classificazione e cause di ascite nel gatto
Esempi di cause
Indicazioni cliniche
Ulteriori test consigliati
Trasudati puri
Enteropatia
proteinodisperdente
Segni gastroenterici
(soprattutto diarrea)
Esame parassitologico e
colturale delle feci, biopsia
intestinale (endoscopia a
tutto spessore)
Epatopatia
proteinodisperdente
Molto rara come causa di
ipoalbuminemia nel gatto
Diagnostica per immagini
del fegato (radiografia,
ecografia), biopsia
Nefropatia
proteinodisperdente
Spesso si riscontrano solo
vari segni di malattia in
aggiunta a manifestazioni di
ipoproteinemia (edema,
versamenti nelle cavità
corporee)
Rapporto UPC, valutazione
della funzione renale (non
sempre anormale),
diagnostica per immagini del
rene +/– biopsia
Trasudati modificati
Insufficienza cardiaca destra
È comune il riscontro di
mancanza di fiato/dispnea, +/–
edema sottocutaneo. NB: la
tosse è una conseguenza rara
della cardiopatia nel gatto.
Radiografia toracica,
ecocardiografia +/– ECG,
misurazione della pressione
sistolica, altro
Peritonite infettiva felina
Spesso vaghi segni fluttuanti
di malattia +/– perdita di
peso/scarso accrescimento,
piressia, diarrea, segni
neurologici, malattia
infiammatoria dell’occhio. Più
comune nei gatti giovani (< 2
anni), di razza pura ed in
quelli che vivono in case con
più gatti. Il fluido presenta
tipicamente livelli di proteine
totali > 35 g/l, di cui almeno
il 50% è costituito da
globuline. Il conteggio
cellulare del liquido è
tipicamente < 3 × 109/l
(principalmente neutrofili non
degenerati e macrofagi)
Radiografia del torace
(ricercare versamento
pleurico), esame oculare
(uveite, corioretinite),
ecografia addominale
(piogranulomi sierosi,
escludere altre cause),
elettroforesi delle proteine
sieriche (gammopatia
policlonale). L’analisi del
liquido resta il test
diagnostico più utile prima
della biopsia.
Neoplasia addominale
L’ascite si può osservare in
caso di linfoma, carcinomi,
mastocitomi viscerali ed
altre neoplasie. La
presentazione clinica e la
quantità dell’ascite variano.
Sono utili soprattutto
l’esame citologico del fluido,
la diagnostica per immagini
(radiografia del torace ed
ecografia dell’addome), le
biopsie (aspirazione con ago
sottile, biopsie a core
mediante ago o prelievi
chirurgici).
(segue)
107
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Colangite linfocitaria
Spesso si tratta di gatti
clinicamente vivaci, giovani
e polifagici (sono
maggiormente rappresentati
i soggetti delle razze
Persiano e a pelo lungo). Il
fluido ed il sangue possono
presentare riscontri di
laboratorio simili alla FIP. Il
liquido si forma come
conseguenza
dell’ipertensione portale che
si può anche avere in caso
di altre epatopatie fibrosanti
(cirrosi) e, ad esempio,
nelle fistole arterovenose
epatiche
Radiografie del torace –
assenza di versamento
pleurico. Di solito, si ha un
aumento dei livelli degli
enzimi epatici e degli acidi
biliari dinamici. L’ecografia
epatica può evidenziare un
fegato rigonfio o raggrinzito,
con lobi irregolari o
arrotondati e struttura
ecogena alterata.
Pancreatite
Spesso si ha un piccolo
versamento che può anche
non risultare evidente senza
ricorrere alla diagnostica per
immagini
(radiografia/ecografia)
Si tratta di una diagnosi
difficile da confermare!
Ecografia pancreatica e
determinazione
dell’immunoreattività della
lipasi pancreatica felina
(fPLI) e della fTLI, possono
essere utili ± biopsia
pancreatica
Peritonite incapsulante
sclerosante
Descritta con scarsa
frequenza – si può avere
secondariamente a steatite,
peritonite batterica ed altre
cause
La conferma di questa
diagnosi richiede la
laparotomia.
Uroperitoneo
Le cause sono rappresentate
da traumi da corpo
contundente (ad es.,
incidente stradale), traumi
associati a cateterizzazione,
svuotamento manuale della
vescica, ostruzione uretrale
e neoplasia vescicale (rara).
La diagnosi può essere
difficile, dato che molti gatti
colpiti presentano vesciche
palpabili. Gli animali con
uroperitoneo sono di solito
iperazotemici e possono
essere iperkalemici.
Il fluido peritoneale ha
spesso un aspetto
sieroematico.
Il fluido presenta livelli più
elevati di potassio, urea e
creatinina rispetto al sangue.
Urea ed elettroliti diffondono
rapidamente attraverso la
membrana peritoneale, per
cui con il tempo si instaura
un equilibrio fra i livelli nel
sangue e quelli nel fluido, il
che rende la misurazione di
questi parametri meno utili
per la diagnosi di
uroperitoneo. Una volta
che le condizioni si siano
stabilizzate, sono indicate
le radiografie con o senza
mezzo di contrasto
(segue)
108
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:43 Pagina 109
Essudati
Peritonite settica
Le cause sono rappresentate
da rottura dell’intestino
(secondaria ad es., a
neoplasie, corpi estranei
/lesioni perforanti, deiscenza
postoperatoria), rottura di
ascessi, ferite penetranti,
rottura di piometra.
Esame citologico e colturale
del fluido; la diagnostica
per immagini (radiografia
con o senza mezzo di
contrasto, ecografia) è utile
per identificare la causa.
Per la diagnosi e il
trattamento può essere
necessaria l’esplorazione
chirurgica.
Peritonite biliare
Le cause sono rappresentate
da traumi, neoplasie,
colangioepatite, trauma
iatrogeno dell’albero biliare.
L’analisi microscopica del
fluido può rivelare cristalli di
bile in un liquido fortemente
infiammatorio. Si
raccomanda l’esame
colturale del fluido.
Neoplasia addominale
Vedi sopra per maggiori informazioni.
FIP
Può avere le caratteristiche di un essudato, anche se di solito è
un trasudato modificato. Vedi sopra per maggiori
informazioni.
Colangite linfocitaria
Come la FIP, può avere le caratteristiche di un essudato o
un trasudato modificato. Vedi sopra per maggiori
informazioni.
Emoperitoneo
Trauma
L’anamnesi di solito è
fortemente indicativa di
trauma.
Per valutare la presenza di
altri problemi di origine
traumatica, sono importanti
ulteriori indagini.
Amiloidosi epatica
Ci può essere un’anamnesi
di episodi di
debolezza/collasso ed
anemia. Spesso, in caso di
sanguinamenti non fatali, la
ripresa è relativamente
rapida dato che il sangue può
essere riassorbito.
Esame del fegato mediante
diagnostica per immagini e
biopsia. Condizione
ereditaria nei gatti orientali.
Neoplasia
Di solito, anamnesi variabile
di segni di malattia
vaghi/insidiosi.
Diagnostica per immagini
(radiografia, ecografia),
biopsia se l’esame citologico
del liquido ascitico non
risulta diagnostico.
(segue)
109
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Coagulopatia
L’emoperitoneo spontaneo è
raro. Le coagulopatie
congenite ed acquisite sono
rare, anche se l’epatopatia
può esitare in un
significativo prolungamento
dei tempi di coagulazione
che può causare emorragie in
seguito a traumi (ad es.,
biopsia epatica)
Determinazione dei tempi di
coagulazione (PT, APTT) e
del fattore di coagulazione. I
fattori di coagulazione che
dipendono dalla vitamina K
sono influenzati dalle
epatopatie (II, VII, IX e X).
Ascite chilosa
Le cause sono rappresentate
da insufficienza cardiaca
congestizia, neoplasia
(soprattutto linfoma),
linfangectasia, FIP, rottura
traumatica della cisterna del
chilo, steatite, cirrosi biliare
e cause idiopatiche
Fluido ricco di chilomicroni
con un aspetto lattiginoso.
Può essere striato di sangue
assumendo un aspetto rosato
(“frullato di fragola”). La
diagnosi definitiva di un
versamento chiloso si ottiene
con la dimostrazione dei
chilomicroni mediante
elettroforesi delle
lipoproteine su agar. Più
praticamente, il confronto
del chilo con il siero rivela
che i livelli di trigliceridi
sono tipicamente più elevati
nel chilo e quelli di
colesterolo sono equivalenti
o più bassi nel chilo rispetto
al siero. L’esame citologico
di solito rivela il predominio
di linfociti maturi e possono
essere presenti macrofagi
carichi di lipidi.
110
È stata pubblicata una
casistica relativa a nove casi
di versamento addominale
chiloso. In questo lavoro, in
7 gatti è stata diagnosticata
una neoplasia addominale
(emangiosarcoma,
paraglioma, linfoma,
linfangiosarcoma). In un
caso, l’ascite chilosa era
associata a cirrosi biliare e
shunt portosistemico
extraepatico; il gatto
rimanente era affetto da
steatite causata da una
carenza di vitamina E (Gores
et al, 1994). Presso la nostra
clinica, abbiamo
diagnosticato ascite chilosa
in gatti con cardiopatia,
neoplasia e linfangectasia.
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:43 Pagina 111
55° Congresso Nazionale SCIVAC
MILANO, 2-4 MARZO 2007
Sarah M. A. Caney
BVSc, PhD, Dipl SAM (Feline), MRCVS, RCVS
Spec in Feline, Emsworth, UK
Anorexia in the cat
Il gatto anoressico
Sunday, March 4th 2007, 11.30 a.m.
Domenica, 4 marzo 2007, ore 11.30
111
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:43 Pagina 112
IMPORTANCE
Anorexia is a common non-specific clinical sign seen with many different
causes of illness in cats. Anorexia is a concern in any patient and there are
known consequences of poor nutrition including:
• Reduced immune function which may reduce recovery from infections and
increase the risk of sepsis (eg due to bacterial translocation)
• Decreased tissue repair and wound healing
• Increased risk of altered drug metabolism potentially leading to toxicity. Nutrients are required for normal cellular activities and protein-calorie malnutrition is associated with reduced hepatic metabolism of antibiotics, reduced
concentrations of proteins required for drug transport around the body and
decreased renal blood flow which can reduce renal excretion of drugs.
• Increased risk of hepatic lipidosis as a result of fasting and, in particular,
a low protein intake (especially in obese cats)
• Increased morbidity and mortality
Ultimately, poor nutrition worsens the prognosis for any individual cat.
Conversely, nutritional support can greatly increase the chances of a rapid recovery from illness.
In many cases, the cause of the anorexia is not known and nutritional support is required whilst the cat undergoes diagnostic procedures. In other cases, although the cause of the anorexia is known, support is required to prevent
malnutrition. Many drugs can affect taste and smell function in people (eg
metronidazole, griseofulvin, tetracyclines, vincristine and frusemide) and it is
possible that this also occurs in cats.
FELINE NUTRITIONAL IDIOSYNCRASIES
It is worthwhile emphasising some of the requirements of normal cats:
• Cats have very high protein requirements in comparison to dogs. Cats
have evolved to cope best with a low carbohydrate, high protein diet.
• Essential dietary requirements of cats include:
- Taurine: a β amino sulphonic acid which is required for normal functioning of many tissues (eg heart, retina, CNS, immune and reproductive systems). Taurine is an essential requirement in cats:
− Although cats can make small amounts of taurine in their liver, in
contrast to dogs, they only conjugate bile salts to taurine (dogs use
glycine or taurine). The obligatory loss of taurine via the bile (microbial degradation is the main route of loss) contributes to the cats’
essential requirements for this in the diet.
112
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- Arachidonic acid: unlike dogs, cats cannot synthesise this from linoleic acid.
- Arginine: Cats cannot make sufficient ornithine and citrulline for
conversion to arginine which is required for the urea cycle. Without
arginine, ammonia cannot be converted into urea. Following eating
an arginine deficient diet, the urea cycle enzymes produce ammonia
and potentially devastating hyperammonaemia can develop in less
than one hour.
- Cats have higher requirements for two sulphur containing amino
acids methionine and cystine. Both are contained in plentiful amounts
in meat.
- Cats have high dietary niacin requirements since, unlike dogs, they do
not convert tryptophan to niacin.
- Cats require dietary vitamin D as they have insufficient 7-dehydrocholesterol in their skin to meet their metabolic needs. Vitamin D is abundant in animal liver and fats so deficiency has only been reported in
cats fed experimental diets.
- Cats require a dietary source of pre-formed vitamin A as (unlike dogs)
they cannot convert beta carotene to vitamin A. Vitamin A is only found
in foods from animal sources.
• Feline metabolic pathways:
- Feline urea cycle enzymes are non-adaptive (in contrast to omnivores
like dogs where the activity of these enzymes changes in response to dietary protein content). In cats, the enzymes are always switched on and
hyperammonaemia develops in cats fed an arginine deficient diet (see
above).
- The gluconeogenic enzymes are always active in cats. Adult cats have
very poor glycogen stores, a limited ability to metabolise simple carbohydrates and therefore rely on gluconeogenesis to maintain blood
glucose levels. Glucose is produced from glucogenic amino acids, lactic acid and glycerol. (In kittens, ingestion of soluble carbohydrates
like lactose in the milk helps to maintain normoglycaemia).
• Finally, cats have adapted from a desert lifestyle which means that their
water requirements are less than dogs. Cats have very long loops of Henlé in their renal tubules and they are able to produce very concentrated
urine which allows them to cope on a lower water intake regime. The stimulus for thirst is less potent in cats and they will tolerate mild dehydration
(up to 4%) without showing clinical signs. This can cause problems, especially in cats with reduced renal function, when any illness reduces their
fluid intake (or increases fluid losses).
113
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:43 Pagina 114
WHEN SHOULD I CONSIDER NUTRITIONAL SUPPORT?
Nutrition is an integral component of patient care, whatever the diagnosis.
The first step is to calculate a patient’s nutritional requirements (see Table 1)
and determine if the patient has specific nutritional requirements (eg is this a
patient with renal disease that would benefit from a phosphate and protein restricted diet).
Sadly there are no ‘easy’ biochemical markers of malnutrition that can
be used to monitor patients. Creatine kinase levels are often elevated in
anorexic cats (due to break down of muscle to release amino acids as an
energy source) and this needs to be borne in mind when interpreting serum
biochemistry profiles. In general, elevations of up to 2500 iu/l are reported due to anorexia and levels return to normal within a few days of nutritional support (Fascetti et al., 1997). In the longer term, laboratory
changes which can be seen in patients suffering from malnutrition include
an anaemia of chronic disease (a mild anaemia which is normocytic, normochromic and non-regenerative), lymphopenia, reduced creatinine (due
to reduced muscle mass) and urea. Indications of possible hepatic lipidosis include raised bilirubin and liver enzymes alanine aminotransferase
and alkaline phosphatase (ALT, ALP) with very little change in gamma glutamyl transferase activity (GGT).
Initial support also needs to consider the patient’s fluid and electrolyte
status. Cats are very vulnerable to hypokalaemia following periods of anorexia. The cardinal sign of severe hypokalaemia is polymyopathy, with generalised muscle weakness and ventroflexion of the neck. In more mildly affected cases hypokalaemia can contribute to causing lethargy, weakness and loss
of appetite.
Furthermore, it appears that hypokalaemia may adversely affect renal
function worsening our patients’ status. Hypokalaemia is readily corrected
using oral or intravenous routes and treatment should aim to return potassium levels to the normal range (4 – 5 mmol/l). For oral supplementation,
potassium gluconate is preferable to potassium chloride which is unpalatable
and may cause gastrointestinal irritation. Initial doses of 1-4 mmol potassium twice daily may be given according to the severity of the hypokalaemia,
with doses of 1-2 mmol potassium twice daily usually maintaining
normokalaemia.
In cats requiring intravenous fluid therapy, as a minimum, ‘maintenance’
levels of potassium (see below) should be added to the fluids. Ideally, the
amount of potassium added to the fluids is based on the serum potassium levels using the following table as a guideline:
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CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:43 Pagina 115
Serum potassium levels
Amount of potassium
to be added to 500ml fluids
< 2 mmol/l
40 mmol
2.0 – 2.5 mmol/l
30 mmol
2.5 – 3.0 mmol/l
20 mmol
3.0 – 3.5 mmol/l
14 mmol
> 3.5 mmol/l
(‘maintenance’ levels)
10 mmol
Analgesia is another important consideration in these patients. Where the
cause of the anorexia is unknown, an analgesic trial is justified to see if this
helps. In those cases where pain relief is already a consideration (eg trauma
cases) this should also be employed. Options include opioids such as
buprenorphine (10 – 20 µg/kg every 6 – 8 hours (can be given orally, by intramuscular injection or intravenously in the maintenance fluids) and nonsteroidal anti-inflammatory agents such as meloxicam (eg 0.3 mg/kg on day
1, 0.1 mg/kg on days 2 – 5 and thereafter 0.1 mg per cat per day orally).
Nausea can be a cause of significant anorexia. Anti-emetics such as metoclopramide (0.2 – 1 mg/kg orally or by subcutaneous injection tid-qid; or by
continuous intravenous infusion at 1-2 mg/kg/day) or chlorpromazine (0.2 0.5 mg/kg by intramuscular or subcutaneous injection tid-qid) can be used
where indicated.
Nutritional support should be provided if it is known that the patient’s
anorexia will continue for an unacceptable period (eg cats that have had oral
surgery) or if anorexia for more than 3 days is present. Some clinicians talk
about the 3-5-7 rule of anorexia:
• Anorexia present for 3 days: now you need to be concerned about this patient’s anorexia and making a plan as to how you can address this
• Anorexia present for 5 days: institute assisted feeding if the tactics so far
have been unsuccessful
• Anorexia present for 7 days: this patient needs immediate support – the effects of malnutrition will be making themselves evident
Nutritional support should also be considered in patients with any of the following criteria:
• Weight loss of 10% or more of their bodyweight during the preceding 2
weeks
• Cachectic patients
• Patients suffering from conditions associated with protein loss eg septic
peritonitis, pyothorax
115
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METHODS OF NUTRITIONAL SUPPORT
In general, if the gut works it is desirable to use this and parenteral nutrition is reserved for cases where this is not possible for various reasons (eg recumbent animals that could not safely be fed via a tube).
WHAT OPTIONS ARE THERE FOR INCREASING VOLUNTARY
FOOD INTAKE?
Two main tactics exist for increasing a patient’s voluntary food intake –
nursing techniques and use of appetite stimulants. Although both tactics can
be used separately or in combination, it is important to calculate the patient’s
ideal food intake such that further intervention can be considered if these tactics prove inadequate.
Each patient must be considered according to their individual requirements. In order to provide the best level of care, it is useful to obtain a detailed history pertaining to the cat’s normal diet, normal eating habits (eg is
this a cat that eats mostly at night when no one is around?) and it’s relationships with other cats. The stress of hospitalisation in terms of changing the
cat’s environment, forcing it to use a litter tray and being in the same ward as
other cats (and possibly dogs) are all likely to reduce a cat’s feeling of wellbeing which is likely to encourage anorexia even in healthy cats! The ward
can be made ‘cat friendly’ in some ways although ultimately it remains a hostile environment to many of our patients. Tactics which may help to make their
stay more comfortable include:
• Not being able to see other patients eg cages alongside eachother rather
than opposite
• Ideally a feline only ward. Although some cats prefer the company of dogs
to cats, barking dogs and those interested in chasing cats are definitely unwanted stresses!
• Calm and quiet environment away from telephones, noisy equipment and
heavy human traffic.
• Calm and cat-friendly staff
• Facial feline pheromone preparations (eg Feliway®) can be used in a ward
situation to emit calm and friendly signals. This preparation is available as
a plug-in diffuser or a spray which can be administered directly to equipment (eg the cat’s kennel). Very unhappy cats may not respond well to the
mixed signals they are getting from Feliway and barking dogs for example.
• Kennels that allow cats the possibility of hiding (for example in a cardboard box) may also help to encourage nervous cats to settle in.
116
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NURSING TACTICS TO INCREASE VOLUNTARY FOOD
INTAKE
A variety of tactics can be employed with the aim of increasing voluntary
food intake. All cats are different and no one food or tactic will ever be suitable for all patients! These include:
• Offering foods which are familiar to the cat as well as different (highly
palatable) ones. Healthy cats in non-stressful situations are often keen to
try different foods. However, when stressed, they are more likely to eat
foods they are familiar with. The form, smell and taste of the food offered
is extremely important to cats. Although there is a lot of individual variation in preferences, any one cat’s preferences are usually influenced by its
experiences as a kitten. Some cats will develop fixed food preferences if
only fed one diet in the first 6 months of life (which can make it difficult if
the diet needs to be changed at a later date eg a prescription diet is required)
• It is often worth offering dry cat food to anorexic cats (even those for
whom one might assume that eating biscuits might be difficult eg oral disease cases) as many cats will eat this highly palatable food and can swallow the biscuits if they are unable to masticate. Many cats enjoy dry cat
food whether they have it home or not so it is always worth a try!
• Always offer fresh food and don’t leave this with the cat for too long. Dried
up food is more likely to be off-putting to a cat. Uneaten moist food should
be removed after half an hour. Unfortunately some cats prefer to eat when
no one is in the ward and this can make feeding a moist food difficult. If
the owner history suggests that the cat has a preference for moist food and
the cat is a ‘closet eater’ then food should be offered at quiet times of the
day (eg lunch break, end of the day, evening rounds) to try and accommodate this.
• Use wide and shallow food bowls – many cats dislike their whiskers being
touched when eating.
• Cats typically prefer multiple (10-20) small meals during the day rather
than less frequent larger meals.
• Consider the environmental stresses and possible solutions to these eg
moving a very nervous cat to a quieter ward (eg isolation).
• Avoid dosing the cat with medication at the same time as food is offered –
try to remove any link between noxious events (eg pill administration) and
feeding. In some cases, it may be helpful to ask someone not involved with
the cat’s nursing care to do the pleasant things like feeding and cuddling.
• Optimise the cat’s sense of smell for example by clearing away any nasal
discharge present.
117
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• Increase food palatability:
- Warm the food to body temperature. Cats particularly dislike being fed
food at temperature extremes (very hot or straight from the ‘fridge).
- Add water to create a gravy.
- Choose foods high in animal protein, fat and free amino acids (eg meat
- free amino acids are abundant in muscle tissue) as these are most
palatable to cats. Cats like acidic foods (spraying phosphoric acid onto food enhances the palatability!!). Natural foods meeting these criteria include meat, fish, dairy products (especially yoghurts and cheese),
eggs and poultry. Although feeding these foods is unlikely to provide
balanced nutrition, this is acceptable for short term support in many
patients.
- Although baby food can be very palatable to cats (it is very high in protein) the label should be checked for onion content as Heinz body
anaemia is a potential consequence of feeding these diets. Human and
baby foods are also generally deficient in arginine so may benefit from
supplementation (adult cats require 250 mg arginine per 100 kcal food
– approximately 80 –200 mg/kg bodyweight).
- Cats are generally averse to carbohydrates and plant derived foods.
• Food aversions can develop if eating is associated with a stressful event.
Foods or events with gastrointestinal consequences are particularly potent
inducers of food aversion. For example, food offered immediately after
medications causing nausea (eg erythromycin) can trigger a food aversion. Cats that associate a particular food with nausea will often refuse
this food for a prolonged period - aversions lasting up to 40 days have
been described. In these cats, tube feeding is required and no food should
be offered orally for 5 – 7 days in the hope that recovery from illness will
help to prevent further food aversion. It has also been suggested that cats
suffering from food aversion should be offered cold (eg ‘fridge temperature) or room temperature food rather than warming it as the increased
aroma may be off-putting to these cats.
APPETITE STIMULANTS
Pharmacological agents which stimulate appetite are commonly used in
our feline ward. A variety of agents have been shown to have appetite stimulating effects and are listed below. It remains vital to monitor and record how
much the cat is eating as appetite stimulants may not be sufficiently successful to ensure adequate nutritional support.
118
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Cyproheptadine (trade name in the UK is Periactin®) is our most frequently used appetite stimulant. This is an antihistamine drug which also has
antiserotonin effects. A dose regime of 1 – 4 mg per cat once to twice daily is
most often recommended and this generally produces an increase in food intake within 24 – 36 hours. Food should be offered 30 – 45 minutes after dosing. Cyproheptadine is effective in mild cases of anorexia but is not suitable
for use in really sick cats. Occasionally, cats may become anxious or hyperactive when receiving this drug but the risk of side-effects is generally extremely low. Since cyproheptadine is hepatometabolised with renal excretion
of metabolites, it should be used cautiously in patients with hepatic or renal
disease.
Diazepam is a benzodiazepine agent which has a variety of effects including relief from anxiety, skeletal muscle relaxation, anticonvulsant and appetite
stimulating effects. When given intravenously, 0.05 – 0.4 mg/kg diazepam results in a rapid, but shortlived dramatic polyphagia. This is particularly useful if observation of eating is helpful (eg cats with dysphagia or regurgitation). Diazepam can be administered using this regime 1 –3 times a day in
anorexic cats. Alternatively, diazepam can be given orally (0.05 – 0.4 mg/kg
daily) with peak plasma levels evident between 30 minutes and 2 hours following dosing. Absorption following intramuscular injection is less rapid or
predictable. Diazepam is hepatometabolised to several pharmacologically
active metabolites. These metabolites are eventually conjugated to glucuronide and excreted primarily in the urine. Diazepam should be used with
some caution in patients with liver or renal problems.
Unfortunately the appetite stimulating potency of benzodiazepines tends to
rapidly decline with time. Significant sedation can also result with use of this
drug and there have been a few reported cases of idiosyncratic hepatic necrosis which has moved clinicians away from routine use of this drug. Diazepam
is no longer used as an appetite stimulant in our ward and is only used intravenously to make cats eat (eg prior to fluoroscopy or for observation of dysphagic cats).
Oxazepam is an alternative benzodiazepine agent which can be used at a
dose rate of 0.25 - 0.5 mg/kg (or 2 mg per cat) once to twice daily. Food
should be offered 30 – 45 minutes after dosing. As with diazepam, oxazepam
has short-lived appetite stimulating effects and sedative side-effects. Oxazepam is conjugated to glucuronide in the liver to produce an inactive
metabolite.
B Vitamins: are often used as appetite stimulants. Experimental studies
have shown that B Vitamin deficiency leads to loss of appetite. Unfortunately
there is little evidence to support clinical efficacy of supplementation although this is unlikely to cause any harm. There are no reported dose rates
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for B vitamin supplementation. Doses administered range from 1 ml/cat to 12 ml of B vitamin complex added to 1 litre of intravenous fluids.
Prednisolone is an effective appetite stimulant in many cats when given at
dose rates of around 0.25 - 1 mg/kg/day. It is rarely used solely for this purpose in our ward since its potent anti-inflammatory, immunomodulatory and
anti-neoplastic effects can interfere with diagnostic investigations. When used
as part of treatment post-diagnosis (eg inflammatory bowel disease) an increase in appetite is often documented within a few days.
Anabolic steroids such as nandrolone (1 – 5 mg/kg once a week by intramuscular injection) can be used but are generally poor appetite stimulants.
Progestagens such as megoestrol acetate (1 mg/kg orally twice daily) have
potent appetite stimulating effects, however, their propensity for causing sideeffects (eg diabetes mellitus, mammary hyperplasia/neoplasia, cystic endometrial hyperplasia) precludes their use in most patients.
ASSISTED FEEDING
Hand feeding
Hand feeding of food is a nursing technique that can be very effective in
encouraging some patients to eat. Time spent ‘bonding’ with the patient,
grooming it etc enhances its well-being and encourages voluntary food intake. Placing a small amount of food on the lips often triggers a licking response. Alternatively, a small amount of food can be placed onto a paw from
where it can be groomed off.
Syringe feeding
Most cats will not tolerate this method of feeding but it can be useful (and
well tolerated) in a small number of patients. Proprietory prescription diets
can be made up to a liquid consistency (eg Hill’s a/d, Royal Canin convalescence powder diet reconstituted with water) allowing them to reach a syringeable consistency. Cats should be gently restrained and the syringe tip either placed on the tongue tip or through the side of the mouth before small
amounts of food are expelled.
It can be difficult to meet an animals energy requirements (see Table 1) using this method of feeding even when tolerated by the patient. Close monitoring
and good record keeping is required to ensure that adequate nutrition is being
achieved such that another method of support can be instigated if needed.
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Table 1. Calculation of nutritional requirements
and formulating a feeding regime
Calculating nutritional requirements of feline patients:
Resting energy requirements (RER):
Cats < 2 kg bodyweight (BW in kg): 70 × BW0.75
Cats > 2 kg bodyweight (BW in kg): [30 × BW] + 70
For example a patient that weighs 4 kg would have RER of 190 calories
per day.
Many nutritionists advise feeding above the RER (defined as resting energy requirements for a normal, non-fasted cat at rest in thermoneutral
conditions) for sick cats. The RER is multiplied by an illness factor (typically 1.2-1.4) to calculate the nutritional requirements of a sick patient.
For our 4 kg cat, using an illness factor of 1.2 would result in a calorie
requirement of 228 per day.
Reanimyl® contains 0.9 calories per ml, so this cat ultimately needs 253
ml per day. A suitable feeding regime follows:
Tube feeding guidelines
Food (ml)
Water (ml)
Day 1 1/3 food, 2/3 water
84
168
Day 2 2/3 food, 1/3 water
168
84
Day 3 full food requirements
253
*
* denotes use sufficient water as required to flush the tube before and
after feeding. This assumes that our patient is normally hydrated and
not suffering from excess fluid losses due to diarrhoea, exuding
wounds etc.
In general patients are fed 4 – 6 meals per day. In some cases, this is
not tolerated (eg vomiting seen) and slow infusion, where possible, is
a useful alternative. Food should be fed at body temperature or just
below this.
121
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In those cats that do not tolerate this procedure, force-feeding should not
be employed. This greatly increases the risk of aspiration as well as being
likely to result in food aversion.
Tube feeding
In those cats where nursing tactics and pharmacological agents have not
been sufficiently successful, tube feeding is the next logical option. Tubes can
be placed in a variety of locations and are discussed individually. The tube
should be placed as proximally as possible and, if at all possible, involve the
stomach rather than bypass this. None of these tubes prevents voluntary food
intake so a decision to remove a tube can be made once the patient’s appetite
has sufficiently recovered.
Diarrhoea is a relatively common complication with enteral assisted feeding. Tactics which often are helpful in resolving this include:
• Reducing the volume of individual meals
• Increasing the frequency of meals
• Feeding by constant rate infusion (rather than bolus feeds)
• Reducing the total amount fed per day and slowly increasing according to
the patient’s ability to cope with this.
Naso-oesophageal tubes (n/o tubes): These tubes are most easily placed of
all of the enteral tubes and can be placed in fully conscious cats making them
useful in those situations where the patient is not able to tolerate anaesthesia.
When correctly placed, the tube should terminate in the distal oesophagus
rather than the stomach to reduce the risk of gastric reflux and tube-induced
vomiting. N/o tubes have disadvantages of being suitable only for short term
support (they should be removed after 10 – 14 days and most cats will pull
them out long before this time!) and due to their small bore, only special liquid diets (eg Fortol® made by Arnolds, ‘CliniCare’ liquid foods) can safely be
passed through the tube. Human foods should not be used in cats since they
have inadequate levels of protein, arginine, taurine and arachidonic acid and
may well contain toxins (eg onions, preservatives).
Some liquid medications can be safely administered through the tube but
blockages easily develop if crushed pills or foods are injected through the
tube. In some cases blockages can be relieved using warm water, air, suction
and injection techniques and massage of the blocked bit of tube (where accessible). Other un-blocking tactics advocated include:
• Carbonated drinks
• Cranberry juice
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• Pancreatic enzymes eg add one tablespoon to 5 ml of water
• Pass a wire stylet down the tube
It is common for cats with n/o tubes to have a mild ocular and nasal discharge on the side ipsilateral to the tube. Although used in animals with upper
respiratory tract problems (eg cat flu) because of their simplicity to place, tubes
placed through the nose of these patients are not ideal for obvious reasons.
N/o tubes should only be placed in animals with normal swallow reflexes
and oesophageal function and where vomiting is not one of their clinical
signs. They are not suitable for support of comatose or recumbent individuals. Although patients can be managed at home with an n/o tube, generally
these patients are best cared for in the hospital where tubes can be re-placed
where necessary. N/o tubes do not prevent eating so can be removed when voluntary intake is sufficient.
Polyurethane tubes are preferred as these have the largest internal diameter and cause least tissue reaction if left in for prolonged periods. Silicone
tubes are a good alternative. Although these have smaller internal diameters,
they are well tolerated and cause very little tissue reaction. Cheap PVC tubes
are available but these do cause more irritation to tissues.
To place an n/o tube the following equipment is required:
• Soft polyurethane or silicone n/o tube around 75 cm long (French gauge 4
– 8: choose the largest tube that will comfortably pass). The tube should
be measured to the 8th-10th rib and a mark (or tape) placed on the tube to
indicate how far it should be passed
• Lubricant gel
• Topical local anaesthetic eg 0.5 % proxymetacaine designed for ophthalmic use
• Empty 5 ml syringe
• 5 ml syringe containing sterile water for injection
• Superglue and tape for attaching the tube to the fur of the cat’s head
(gloves should be worn when using superglue to prevent inadvertent gluing of yourself to the cat or tube!)
• Elizabethan collar to which the tube is also attached
The cat is gently restrained throughout this procedure. Right-handed people usually find it easiest to pass a tube through the left nostril. The nostril to
be used is locally anaesthetised by placing 1-2 drops of local anaesthetic into the nostril every 30 – 60 seconds until the area is suitably numbed. The tip
of the tube (pre-measured as described above) is lubricated (eg with KY Jelly) and held about two inches from the end – as far from the tip as the tube
can be held whilst retaining control of it (holding closer to the tip makes it
hard to keep the tube in the nostril when the cat moves its head). The tube is
inserted through the nostril, directed ventrally and medially and usually pass123
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es very easily into the oesophagus. The cat may swallow when the tube passes through the pharyngeal area. Once the tube has passed to the pre-measured level, a few simple tests can be performed to check it is correctly positioned. Firstly, an empty 5 ml syringe is attached and suction applied. If correctly placed in the oesophagus, a small amount of air may be retrieved but a
vacuum should then be encountered. Secondly, the 5 ml syringe containing
sterile water for injection is attached to the tube and slowly injected. If the
tube is correctly placed the cat should not cough and many cats will swallow
following instillation of fluid. Alternative techniques for ensuring correct tube
location include radiography (almost all tubes have radiodense stripes or
marks allowing confirmation of their location) or injecting 10 ml of air and
auscultating for borborygmus at the xiphoid.
Once satisfied that the tube is in the correct location, two butterfly tapes
are attached to the tube and the tapes glued to the fur over the bridge of the
cat’s nose and top of its head (a good idea to wear gloves for this to ensure
that you do not glue yourself to the cat!). The remaining end of the tube can
be taped to an Elizabethan collar which is placed to help prevent tube removal by the cat. Alternatively, the tube can be sutured in place although this
requires sedation or anaesthesia. The tube should be capped to prevent air
accumulating in the stomach. Once placed, tube feeding can be instituted immediately following the general guidelines in Table 1.
Very rarely, some chemical restraint is required for placement of an n/o
tube. A safe option in most cases is intravenous ketamine (1- 2 mg/kg) in combination with midazolam (0.25 mg/kg) given ‘to effect’ to provide a very light
plane of anaesthesia. This low dose, intravenous route is less likely to be associated with a hyperactive recovery which can be a problem in some cats (especially oriental breeds of cats and when using ketamine intramuscularly at
doses of between 7 and 10 mg/kg). When anaesthesia is required for placement, radiographic confirmation of tube position may be advisable.
In some individuals, where very short term support is required, it may be
acceptable to place a tube to feed a meal, immediately removing this rather
than fixing it in place. Some cats resent having n/o tubes permanently in place
but are reasonably happy to be fed in this manner.
Oesophagostomy tubes: In this case, although the tube ends in the same
position as an n/o tube, it is placed into the cervical oesophagus under anaesthesia. The requirement for anaesthesia is the predominant disadvantage of
this type of feeding tube. Advantages that oesophagostomy tubes have over
n/o tubes include:
• No interference with the head – better tolerated in animals with disorders
affecting this part of the body eg cat flu, pharyngitis.
124
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• Possible to maintain in place for prolonged periods (weeks or months) and
well tolerated by cats.
• Possible to place larger diameter tubes meaning that a more natural diet can
be provided (as a liquid slurry) and there is less possibility of blockage.
• Still very easy to place.
• Home care of patients is possible in most cases allowing owners to get involved in their cat’s nursing
As with n/o tubes, patients are able to eat and drink normally making it
possible to judge when the tube can be safely removed.
Oesophagostomy tubes should not be placed in animals with oesophageal
disorders (eg mega-oesophagus, oesophageal stricture) or disorders associated with vomiting.
To place the tube, the patient is anaesthetised and placed in right lateral
recumbency. The left cervical area is clipped and aseptically prepared. After
pre-measuring where the tube will end, the neck is extended and curved forceps are placed through the mouth and into the mid cervical oesophagus with
the curve facing outwards. A scalpel blade is used to incise the skin and oesophagus over the tip of these forceps which are then pushed through and
opened sufficiently to grasp the tip of the tube. The tube is pulled rostrally until it is out of the mouth and then manually directed down the oesophagus. A
Chinese finger suture is used to secure the tube to the skin and a light dressing placed over the tube to protect it from trauma, grooming and to keep the
stoma protected. An Elizabethan collar is generally not required and cats tolerate these feeding tubes very well.
Feeding using these tubes can start as soon as the cat is fully conscious using the guidelines in Table 1. After a couple of days, the patient is safe to be
managed at home. Oesophagostomy tubes are simple to remove (no sedation
or anaesthesia required) and the stoma site heals rapidly. If necessary, oesophagostomy tubes can be safely removed immediately following placement.
Devices are available which assist with placement of oesophagostomy tubes
(eg Cooks Veterinary Products).
Gastrostomy tubes: Gastrostomy tubes are placed directly into the stomach and can be much larger bore than oesophagostomy tubes. This has great
advantages in being able to feed normal food (mixed with water +/- liquidised
to create a syringeable slurry) as well as administer medications (crushed
pills, syrups and suspensions) and water (may be helpful eg in cats with CRF
that are prone to dehydration). Gastrostomy tubes should not be placed in
cats with gastric disease or problems resulting in vomiting.
Gastrostomy tubes can be placed non-invasively via endoscopy (percutaneous endoscopically placed gastrostomy or PEG tube) or via a laparotomy
125
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(appropriate in cases undergoing laparotomy for diagnostic or therapeutic
reasons). Although an anaesthetic and short period of post-operative hospitalisation is required to place the tube, once in place these can be used for
prolonged periods to administer blended food, liquids and medicines to the
cat. Depending on the composition of the tube, it will need to be replaced after a few months (2 – 3 months for latex tubes, 6 – 12 months for silicone
tubes) and where long-term treatment is required, ‘low profile’ tubes which
have a valve flush with the skin can be used.
There are kits and techniques available for the percutaneous placement of
gastrostomy tubes without using endoscopes but these do carry a risk of complications including pneumoperitoneum, inadvertent misplacement in the terminal oesophagus and splenic trauma. To endoscopically place a tube, the cat
is anaesthetised using a regime which does not involve gaseous nitrous and
placed in right lateral recumbency. An endoscope is passed into the stomach
and this is inflated with air. An area just caudal to the last rib is clipped and
aseptically prepared. An assistant indents the gas-distended stomach using a
finger placed just caudal to the last rib – this should be visible via endoscopy.
A 14 or 16 gauge over the needle catheter is inserted where the finger has been
and a guide wire threaded through this. The wire is grasped using basket forceps (or biopsy forceps if the former are not available) and the endoscope followed by the wire is pulled out of the cat via the oesophagus. The wire is then
securely attached to the end of the PEG tube and the assistant pulls on the wire
to draw the PEG tube through the mouth, oesophagus and stomach. The endoscope is re-passed to ensure that the mushroom tip of the PEG tube is comfortably abutted to the stomach wall. A Chinese finger suture is used to secure the
tube in place using skin adjacent to the PEG wound and a light dressing placed.
The cat should be hospitalised for the first few days following tube placement. Complications are rare but include inadvertent trauma to other abdominal organs (most commonly the spleen) when placing the tube, peritonitis and pneumoperitoneum. The stoma site should be assessed for evidence of
infection which is a relatively common complication resulting in discharge,
pain and swelling. The PEG wound should be cleaned with an antiseptic solution daily before covering with a light dressing in order to protect the site
from grooming and inadvertent removal by the cat. A short course of prophylactic broad spectrum antibiotics is indicated following tube placement.
Twelve to eighteen hours following placement, water can be introduced via
the tube. Feeding should start 24 – 36 hours after the tube has been placed
using the guidelines in Table 1. Before administering the food, a syringe
should be used to aspirate the stomach and if significant food is withdrawn,
the meal should not be given and this procedure repeated a few hours later. If
this is a frequent occurrence it may suggest that gastric emptying is abnormal
126
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due to, for example, uraemic gastritis and treatment of this with ranitidine (an
H2-antagonist and stimulant of gastric emptying) or metoclopramide considered. Medications should be given prior to feeding, except those such as phosphate binders which should be given mixed with the food. Wet food, blended
with water to provide a syringeable consistency, is warmed to body temperature and injected into the stomach over a period of 10 – 15 minutes. The owner should be aware of signs of nausea (e.g. gulping, salivation) which indicate
that the meal is being introduced too rapidly or that there has been incomplete prior gastric emptying. After feeding, the tube should be flushed with 5
– 10 ml of water. Initially the cat should be fed four to six times a day with
equal sized meals and no meal greater than 45 ml/kg in volume (approximate
stomach capacity of the cat). Over time, it is usually possible to reduce the
number of feeds a day. Unless voluntary food intake is contra-indicated (eg
cats with oesophageal disease), the cat should always be offered food orally
before feeding via the tube.
Inadvertent removal of the tube is an urgent emergency in those cats where
continued tube support is required as the stoma site heals rapidly (less than 24
hours!) preventing easy tube replacement if not acted upon within a few hours.
Low profile PEG tubes can be fitted through the existing gastrostomy stoma site
without the need for an anaesthetic in many cats and some owners may be able
to do this without veterinary assistance. Where desired, correct tube placement
can be confirmed by injecting iodine based contrast media via the tube and radiographing the cat. Alternatively, ultrasound can be used to observe instillation of sterile saline into the stomach. As long as the tube is not removed in the
first week of therapy there should be no risk of peritonitis occurring.
Occasionally tubes can become blocked with food or medication. Massage
of the tube whilst infusing water can help to alleviate this. Coca cola or cranberry juice can also help to break down blockages. In persistent cases, passing a catheter down the tube may be helpful and as mentioned for naso-oesophageal tubes, some authors advocate the use of meat tenderisers and pancreatic enzyme solutions (eg add one tablespoon to 5 ml of water).
Removal of the tube is generally performed under anaesthesia although
some tubes can be removed in conscious cats. Tubes suitable for conscious removal have collapsible mushroom tips (a rigid stylet is inserted into the tube
and pushed so that the mushroom is stretched into a line enabling removal
through the stoma). Anaesthesia is required for retrieval of the mushroom tip
if the tube is removed by cutting on the outside of the patient. It is not recommended that the mushroom tip is left in the stomach since this can cause a foreign body vomiting problem. Gastrostomy tubes should not be removed earlier than 2 weeks following placement to ensure good adhesion between the
stomach and abdominal wall.
127
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Jejunostomy tubes: These are indicated relatively infrequently in feline patients and are technically more difficult to place (surgically or endoscopically). Indications for placement include gastric disorders and pancreatitis.
Since the stomach and duodenum are not available for digestion in these patients, special diets must be fed if this route is used. In general, food is administered by slow infusion rather than bolus meals.
PARENTERAL FEEDING
The bowel remains the safest route to provide nutritional support and
parenteral (intravenous) routes should only be used when this is not possible. Techniques used in animals aim to supply 100% of the fluid and electrolyte requirements, at least 50% of the estimated RER but not all of the requirements for amino acids and fatty acids. This partial parenteral nutrition
(PPN) is generally used for a period of up to 10 days rather than longer –
with the aim to start using the bowel as soon as possible. In other words,
PPN is a ‘stop gap’ method of providing nutritional support and can be used
in addition to enteral support if the cat is unable to take all of its calories
via the bowel.
Total PN (TPN) is infrequently used since this is prohibitively expensive,
more prone to complications and not considered essential for the short term
support generally required. For example, fat soluble vitamins are not provided in most PPN regimes. PPN can be administered via peripheral veins
whereas the hyperosmolarity of TPN means that this must be given by central
catheters. The cost of PPN is still great and some expertise is required in
preparing PPN solutions meaning that this is generally only offered within
specialist centres. PPN solutions most often are a mixture of amino acids, energy providers and electrolytes. There are a number of significant potential
complications that can occur with parenteral nutrition (eg phlebitis and
catheter infections, hyperglycaemia, hyperlipidaemia) so this should only be
carried out with great care.
References and further reading
Fascetti A. J., Mauldin G. E. and Mauldin G. N. (1997). Correlation between serum creatine kinase activities and anorexia in cat. Journal of Veterinary Internal Medicine 11: 9-13.
Kirk C. A., Debraekeleer J. D. and Armstrong P. J. (2000). Normal cats. In Small Animal Clinical Nutrition. Edited by Hand M. S., Thatcher C. D., Remillard R. L. and Roudebush P. Published by the Mark
Morris Institute.
Remillard R. L., Armstrong P. J. and Davenport D. J. (2000). Assisted feeding in hospitalised patients: enteral and parenteral feeding. In Small Animal Clinical Nutrition. Edited by Hand M. S., Thatcher C.
D., Remillard R. L. and Roudebush P. Published by the Mark Morris Institute.
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IMPORTANZA
L’anoressia è un comune segno clinico aspecifico che si osserva con molte
differenti cause di malattia nel gatto. Rappresenta un motivo di preoccupazione
in qualsiasi paziente e sono note delle conseguenze da cattiva nutrizione, quali:
• Riduzione della funzione immunitaria, che può diminuire la guarigione
dalle infezioni ed aumentare il rischio di sepsi (ad es., per traslocazione
batterica).
• Ridotta riparazione tissutale e guarigione delle ferite.
• Aumento del rischio di alterazione del metabolismo di farmaci potenzialmente in grado di portare a tossicità. I principi nutritivi sono necessari per
le normali attività cellulari e la malnutrizione proteico-calorica è associata a riduzione del metabolismo epatico di antibiotici, calo delle concentrazioni di proteine occorrenti per il trasporto dei farmaci nell’organismo e
diminuzione della perfusione renale che può ridurre l’escrezione dei farmaci nell’urina.
• Aumento del rischio di lipidosi epatica come conseguenza del digiuno e,
in particolare, di una bassa assunzione di proteine (in particolare nei gatti
obesi).
• Aumento di morbilità e mortalità
In ultima analisi, la cattiva nutrizione aggrava la prognosi di qualsiasi gatto. Al contrario, il supporto nutrizionale può aumentare notevolmente le probabilità di una rapida guarigione dalla malattia.
In molti casi, la causa dell’anoressia non è nota ed è richiesto un supporto nutrizionale mentre il gatto viene sottoposto alle procedure diagnostiche. In altri casi, anche se la causa dell’anoressia è nota, il supporto è necessario per prevenire
la malnutrizione. Molti farmaci possono influire sulla funzione del gusto e dell’olfatto nei pazienti umani (ad ed., metronidazolo, griseofulvina, tetracicline,
vincristina e furosemide) ed è possibile che ciò si verifichi anche nel gatto.
IDIOSINCRASIE NUTRIZIONALI FELINE
Vale la pena di sottolineare alcuni dei fabbisogni dei gatti normali:
• I felini hanno fabbisogni proteici molto elevati in confronto al cane. Si sono evoluti per adattarsi meglio ad una dieta povera di carboidrati e ricca di
proteine. I fabbisogni dietetici essenziali del gatto sono rappresentati da:
- Taurina: un aminoacido β-sulfonico necessario al normale funzionamento di molti tessuti (ad es., cuore, retina, SNC, sistema immunitario
ed apparato riproduttore). La taurina è considerata essenziale nel gatto:
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− Anche se, a differenza del cane, possono produrre piccole quantità
di taurina nel fegato, i gatti effettuano la coniugazione dei sali biliari soltanto con questo aminoacido (i cani utilizzano glicina o taurina). La perdita obbligata della taurina attraverso la bile (la degradazione microbica è la principale via di eliminazione) contribuisce a
rendere essenziali i suoi fabbisogni nella dieta del gatto.
- Acido arachidonico: a differenza dei cani, i gatti non sono in grado di
sintetizzarlo a partire dall’acido linoleico.
- Arginina: i gatti non possono produrre una quantità sufficiente di ornitina e citrullina per la conversione in arginina, che è richiesta dal ciclo
dell’urea. Senza l’arginina, l’ammoniaca non può essere convertita in
urea. Dopo l’assunzione di una dieta carente di arginina, gli enzimi del
ciclo dell’urea producono ammoniaca e in meno di un’ora si può sviluppare un’ipoammoniemia potenzialmente devastante.
- I gatti hanno fabbisogni più elevati di due aminoacidi solforati, la metionina e la cistina. Entrambi sono contenuti in grandi quantità nella carne.
- I gatti hanno elevati fabbisogni di niacina nella dieta, dato che, a differenza del cane, non sono in grado di ottenerla per conversione dal triptofano.
- I gatti necessitano di un apporto di vitamina D con la dieta, dato che
presentano nella cute una quantità di 7-deidrocolesterolo sufficiente per
soddisfare le proprie esigenze metaboliche. La vitamina D è abbondante nel fegato e nel grasso degli animali, per cui la carenza è stata descritta soltanto in gatti alimentati con diete sperimentali.
- I gatti necessitano di una fonte di vitamina A preformata nella dieta, dato che, a differenza dei cani, non sono in grado di convertire il beta-carotene in vitamina A. Quest’ultima si trova soltanto in alimenti di origine animale.
• Vie metaboliche del gatto:
- Gli enzimi del ciclo dell’urea nei felini sono non capaci di adattamento (a differenza degli onnivori come il cane, dove l’attività di questi enzimi si modifica in risposta al contenuto di proteine della dieta). Nel
gatto, gli enzimi sono sempre attivi e nei felini alimentati con una dieta carente di arginina si sviluppa un’iperammoniemia (vedi sopra).
- Gli enzimi gluconeogenici sono sempre attivi nel gatto. I felini adulti
presentano riserve di glicogeno molto scarse ed una limitata capacità di
metabolizzare i carboidrati semplici e, quindi, si basano sulla gluconeogenesi per il mantenimento della glicemia. Il glucosio viene prodotto a partire da aminoacidi glucogenici, acido lattico e glicerolo (nei
gattini, l’ingestione di carboidrati solubili come il lattosio del latte contribuisce al mantenimento della normoglicemia)
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• Infine, i gatti si sono adattati a partire da uno stile di vita da animali da deserto, il che significa che i loro fabbisogni di acqua sono inferiori a quelli
del cane. I felini hanno anse di Henle molto lunghe nei tubuli renali e sono in grado di produrre un’urina molto concentrata, il che consente loro di
adattarsi ad un regime caratterizzato da una più bassa assunzione di acqua.
Lo stimolo della sete è meno potente nel gatto, che quindi tollera una disidratazione lieve (fino al 4%) senza mostrare segni clinici. Ciò può essere
causa di problemi, soprattutto nei soggetti con ridotta funzione renale,
quando qualsiasi malattia diminuisce la loro assunzione di liquidi (o aumenta le perdite idriche).
QUANDO DEVO PRENDERE IN CONSIDERAZIONE
IL SUPPORTO NUTRIZIONALE?
La nutrizione è una componente integrante della cura del paziente, indipendentemente dalla diagnosi. Il primo passo è quello di calcolare i fabbisogni nutrizionali del soggetto (Tab. 1) e determinare se ce ne siano di specifici
(ad es., se si tratta di un soggetto con nefropatia in cui risulta utile una dieta
a ridotto tenore di fosfati e proteine).
Purtroppo, non esistono marcatori biochimici “facili” della malnutrizione,
che possano venire utilizzati per monitorare i pazienti. Nei gatti anoressici si
ha spesso un innalzamento dei livelli di creatina chinasi (a causa della degradazione del muscolo per rilasciare aminoacidi come fonte energetica) e queste esigenze vanno tenute presenti al momento di interpretare i profili biochimici. In generale, vengono descritti aumenti fino a 2500 UI/l dovuti ad anoressia ed i livelli ritornano alla normalità entro alcuni giorni di supporto nutrizionale (Fascetti et al., 1997). Più a lungo termine, le alterazioni di laboratorio che si possono osservare nei pazienti colpiti da malnutrizione sono rappresentate da anemia da malattia cronica (un’anemia lieve che risulta normocitica, normocromica e non rigenerativa), linfopenia e riduzione delle concentrazioni di creatinina (dovuta alla diminuzione della massa muscolare) e
urea. Le indicazioni della possibile lipidosi epatica sono rappresentate da aumento dei livelli di bilirubina e degli enzimi epatici alanina-aminotransferasi
e fosfatasi alcalina (ALT, ALP), con modificazioni molto scarse dell’attività
della gamma-glutamiltransferasi (GGT).
Il supporto iniziale deve anche tenere conto dello status idrico ed elettrolitico del paziente. I gatti sono molto vulnerabili all’ipokalemia dopo periodi
di anoressia. Il segno cardine dell’ipokalemia grave è la polimiopatia, con debolezza muscolare generalizzata e ventroflessione del collo. Nei casi colpiti
in forma più lieve, l’ipokalemia può determinare letargia, debolezza e perdi131
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ta di appetito. Inoltre, sembra che possa influire negativamente sulla funzione
renale, aggravando lo status dei nostri pazienti. L’ipokalemia viene facilmente corretta mediante trattamenti per via orale o endovenosa e la terapia deve
essere volta a riportare i livelli di potassio entro i limiti normali (4-5 mmol/l).
Per l’integrazione per os, il gluconato di potassio è preferibile al cloruro, che
è scarsamente appetibile e può causare irritazione gastroenterica. Si possono
somministrare dosi iniziali di 1-4 mmol di potassio due volte al giorno a seconda della gravità dell’ipokalemia; dosi di 1-2 mmol di potassio due volte al
giorno di solito mantengono la normokalemia.
Nei gatti che necessitano di una fluidoterapia endovenosa, si devono aggiungere ai fluidi, come minimo, livelli “di mantenimento” di potassio (vedi
oltre). L’ideale è basare la quantità di potassio aggiunta ai fluidi sui livelli sierici di questo elemento utilizzando come linea guida la seguente tabella:
Livelli sierici di potassio
Quantità di potassio
da aggiungere a 500 ml di fluidi
< 2 mmol/l
40 mmol
2,0 – 2,5 mmol/l
30 mmol
2,5 – 3,0 mmol/l
20 mmol
3,0 – 3,5 mmol/l
14 mmol
> 3,5 mmol/l
(livelli di “mantenimento”)
10 mmol
L’analgesia è un altro importante fattore da tenere in considerazione in
questi pazienti. Quando la causa dell’anoressia è sconosciuta, è giustificato un
tentativo con un analgesico per verificare se risulta utile. Nelle situazioni in
cui viene già presa normalmente in considerazione l’attenuazione del dolore
(ad es., nei soggetti traumatizzati) si deve decidere per il ricorso agli analgesici. Le opzioni possibili sono rappresentate dagli oppiacei come la buprenorfina (10-20 µg/kg ogni 6-8 ore) (si possono somministrare per os, per iniezione intramuscolare o per via endovenosa attraverso i fluidi di mantenimento) e gli antinfiammatori non steroidei come il meloxicam (ad es., 0,3 mg/kg
al giorno 1, 0,1 mg/kg al giorno 2-5 e poi 0,1 mg per gatto al giorno per os).
La nausea può essere una causa di anoressia significativa. Nei casi indicati, si possono impiegare antiemetici come la metoclopramide (0,2-1 mg/kg
per os o mediante iniezione sottocutanea tid-qid; oppure per infusione endovenosa continua alla dose di 1-2 mg/kg/die) o la clorpromazina (0,2-0,5
mg/kg mediante iniezione intramuscolare o sottocutanea tid-qid).
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Se si sa anticipatamente che l’anoressia del paziente continuerà per un periodo di tempo inaccettabile (ad es., gatti che sono stati sottoposti ad interventi di chirurgia orale) oppure se la condizione dura da più di tre giorni si deve attuare un supporto nutrizionale. Alcuni clinici parlano della regola del 35-7 dell’anoressia:
• Anoressia presente da 3 giorni: a questo punto dovete preoccuparvi dell’anoressia di questo paziente e formulare un piano per decidere come trattarla
• Anoressia presente da 5 giorni: instaurare l’alimentazione assistita se le
tattiche sinora utilizzate sono risultate infruttuose
• Anoressia presente da 7 giorni: il paziente necessita di un supporto immediato – gli effetti della malnutrizione saranno evidenti di per sé.
Il supporto nutrizionale va preso in considerazione anche nei soggetti che
soddisfano uno qualsiasi dei seguenti criteri:
• Perdita di peso del 10% o più del peso corporeo durante le precedenti due
settimane
• Cachessia
• Pazienti colpiti da condizioni associate a perdita di proteine, come ad es.
peritonite settica, piotorace
METODI DI SUPPORTO NUTRIZIONALE
In generale, se l’intestino funziona è auspicabile utilizzarlo e riservare la
nutrizione paraenterale ai casi in cui questo non è possibile per varie ragioni
(ad es., animali in decubito che non possono essere alimentati in condizioni
di sicurezza mediante sonda).
QUALI OPZIONI ESISTONO PER AUMENTARE
L’ASSUNZIONE VOLONTARIA DI CIBO?
Per aumentare l’assunzione volontaria di cibo da parte di un paziente esistono due tattiche principali: le tecniche infermieristiche e l’impiego di stimolatori dell’appetito. Benché entrambe possano venire utilizzate separatamente oppure in associazione, è importante calcolare l’assunzione ideale di
cibo del’animale, in modo tale da poter prendere in considerazione un ulteriore intervento se queste tattiche si rivelano inadeguate.
Ciascun paziente deve essere considerato in funzione dei propri fabbisogni
individuali. Al fine di prestare il miglior livello di cure, è utile ottenere un’a133
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namnesi dettagliata relativa alla dieta normale del gatto, alle sue consuete abitudini alimentari (ad es., si tratta di un animale che mangia principalmente di
notte, quando non c’è nessuno in giro?) ed alle sue relazioni con altri gatti. Lo
stress dell’ospedalizzazione in termini di modificazione dell’ambiente, costrizione all’impiego di una nuova cassetta delle deiezioni e ricovero nello stesso reparto con altri gatti (e magari anche cani) sono tutti fattori che molto probabilmente riducono la sensazione di benessere di un gatto e che quasi certamente stimolano l’anoressia anche nei soggetti sani!
Esistono divrsi modi per rendere “cat-friendly” il reparto di ricovero dei
nostri pazienti, anche se in definitiva per molti di loro rimane un ambiente
ostile. Le tattiche che possono servire a rendere più confortevole la permanenza degli animali comprendono:
• impedire che vedano altri pazienti, ad es. collocando le gabbie una accanto all’altra piuttosto che una di fronte all’altra
• L’ideale è realizzare un ambiente riservato ai gatti. Anche se alcuni felini
preferiscono la compagnia dei cani a quella dei conspecifici, il latrare dei
cani e il fatto che alcuni siano particolarmente interessati a dare la caccia
ai gatti sono chiaramente dei fattori stressanti indesiderati!
• Ambiente calmo e tranquillo lontano da telefoni, apparecchiature rumorose e notevole traffico umano
• Personale tranquillo e cat-friendly
• All’interno dei reparti di ricovero si possono utilizzare preparazioni a
base di feromone facciale felino (ad es., Feliway®), in modo da emettere segnali tranquilli ed amichevoli. Questa preparazione è disponibile
sotto forma di diffusori da inserire in una presa di corrente o di uno
spray che può venire somministrato direttamente sulle apparecchiature
(ad es., i ricoveri dei gatti). Può darsi che i gatti molto tristi non rispondano bene ai segnali misti che derivano, ad esempio, dal Feliway
associato al latrare dei cani.
• Anche i gattili che offrono ai felini la possibilità di nascondersi (ad es., in
una scatola di cartone) possono servire ad incoraggiare i soggetti nervosi
ad ambientarsi.
TATTICHE INFERMIERISTICHE PER AUMENTARE
L’ASSUNZIONE VOLONTARIA DI CIBO
È possibile utilizzare una gran varietà di tattiche finalizzate ad aumentare
l’assunzione volontaria di cibo. Tutti i gatti sono differenti e non esiste alcun
alimento o tattica che sia sempre adatto a tutti i pazienti! Fra le possibili soluzioni rientrano:
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• Offrire al gatto alimenti familiari insieme ad altri differenti (ma molto appetibili). I gatti sani in situazioni non stressanti sono spesso ansiosi di provare alimenti diversi. Tuttavia, quando sono stressati, è più probabile che mangino il
cibo che è loro familiare. Per il gatto risultano estremamente importanti la forma, l’odore e il sapore del cibo offerto. Anche se esiste una notevole variazione individuale nelle preferenze, quelle di ogni singolo soggetto sono solitamente influenzate dalle esperienze di quando era gattino. Alcuni felini sviluppano preferenze alimentari fisse se vengono nutriti con una sola dieta nei primi 6 mesi di vita (il che può rendere difficile cambiare la dieta in una data successiva, ad es., se è necessario passare ad una prescription diet).
• Spesso vale la pena di offrire alimenti secchi per gatti ai soggetti anoressici (anche quelli per cui si potrebbe ritenere che il consumo di crocchette potrebbe essere difficile, ad es. nei casi di malattie orali), dal momento che molti di questi animali mangiano questi alimenti molto appetibili e possono inghiottire le crocchette intere se non riescono a masticarle. In genere i gatti apprezzano gli alimenti secchi per felini indipendentemente dal fatto che li mangino a casa oppure no, per cui vale sempre la pena di provare!
• Offrire sempre alimenti freschi e non lasciarli a disposizione degli animali troppo a lungo. Il cibo essiccato ha maggiori probabilità di far perdere
ogni slancio ad un gatto. Gli alimenti umidi non consumati devono essere
rimossi dopo mezz’ora. Sfortunatamente, alcuni gatti preferiscono mangiare quando non c’è nessuno in reparto e ciò può rendere difficile l’uso di
cibi umidi. Se l’anamnesi fornita dal proprietario suggerisce che il gatto
manifesta una preferenza per gli alimenti umidi e ha l’abitudine di “mangiare da solo”, il cibo va offerto in un momento tranquillo della giornata
(ad es., nella pausa del pranzo, alla fine della giornata, verso sera) per cercare di soddisfare queste esigenze.
• Utilizzare ciotole ampie e profonde – molti gatti non amano il contatto con
le vibrisse quando mangiano.
• I gatti preferiscono tipicamente consumare pasti piccoli e frequenti (10-20
durante la giornata piuttosto che razioni più abbondanti e meno frequenti).
• Considerare gli stress ambientali e le possibili soluzioni, ad es. spostando
un gatto molto nervoso in un reparto più tranquillo (ad es. quello di isolamento).
• Evitare di somministrare al gatto i farmaci nello stesso momento dell’offerta del cibo – cercare di eliminare qualsiasi legame fra un evento fastidioso (ad es., la somministrazione di pillole) ed i pasti. In alcuni casi, può
essere utile chiedere di occuparsi delle cose piacevoli, come l’offerta del
cibo e le coccole, a qualcuno che non sia coinvolto nel prestare cure infermieristiche al gatto.
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• Ottimizzare il senso dell’olfatto del gatto, ad esempio eliminando ogni
eventuale scolo nasale presente.
• Aumentare l’appetibilità del cibo:
- Riscaldare il cibo fino alla temperatura corporea. I gatti detestano particolarmente ricevere cibo a temperature estreme (molto caldo o direttamente dal frigo)
- Aggiungere acqua in modo da formare una sorta di salsa
- Scegliere alimenti ricchi di proteine animali, grassi ed aminoacidi liberi
(ad es., carne – gli aminoacidi liberi sono abbondanti nel tessuto muscolare) dato che questi sono maggiormente appetibili per il gatto. Questi animali amano gli alimenti acidi (spruzzare acido fosforico sul cibo ne accentua l’appetibilità!!). Gli ingredienti naturali che soddisfano questi criteri sono rappresentati da carne, pesce, prodotti lattiero-caseari (in particolare yogurt e formaggio), uova e pollame. È improbabile che il consumo di questi cibi assicuri una nutrizione bilanciata, ma in molti pazienti si
tratta di una soluzione accettabile per un sostegno di breve durata.
- Gli omogeneizzati per bambini possono essere molto appetibili per i
gatti (sono molto ricchi di proteine), ma è necessario verificare sull’etichetta il contenuto in cipolle, dato che una potenziale conseguenza del loro consumo è l’anemia a corpi di Heinz. Inoltre, gli alimenti destinati all’uomo ed ai bambini sono generalmente carenti di
arginina, per cui può essere utile un’integrazione (i gatti adulti necessitano di 250 mg di arginina per 100 kcal di cibo – circa 80-200
mg/kg di peso corporeo).
- I gatti mostrano generalmente un’avversità ai carboidrati ed agli alimenti di derivazione vegetale.
• Se il consumo dei pasti è associato ad un evento stressante si può sviluppare un’avversione al cibo. In questo senso, risultano particolarmente potenti gli alimenti o gli eventi con conseguenze gastroenteriche. Ad
esempio, possono avere questo effetto i cibi offerti immediatamente dopo la somministrazione di farmaci che causano nausea (ad es., eritromicina). I gatti che associano un particolare alimento alla nausea spesso rifiutano questo cibo per un periodo prolungato – sono state descritte avversioni di durata fino a 40 giorni. In questi animali, è necessario ricorrere all’alimentazione mediante sonda e non somministrare nulla per via
orale per 5-7 giorni, nella speranza che la guarigione dalla malattia contribuisca a prevenire la futura avversione al cibo. È stato anche suggerito di offrire ai gatti che rifiutano di mangiare degli alimenti freddi (ad
es., a temperatura di frigorifero) oppure a temperatura ambiente piuttosto che riscaldati, perché l’accentuazione dell’aroma in questi casi può
essere controproducente.
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STIMOLATORI DELL’APPETITO
Nel nostro reparto di ricovero per felini si utilizzano comunemente agenti
farmacologici che stimolano l’appetito. Esiste una varietà di principi attivi che
si è dimostrata dotata di effetti appetitogeni e viene elencata di seguito. Resta
di importanza vitale monitorare e registrare la quantità di cibo assunto dal gatto, perché il successo degli stimolatori dell’appetito può non essere sufficiente a garantire un adeguato supporto nutrizionale.
La ciproeptadina è lo stimolatore dell’appetito da noi utilizzato con maggiore frequenza. Si tratta di un farmaco antistaminico dotato anche di effetti
antiserotoninici. Nella maggior parte dei casi si raccomanda un dosaggio di 14 mg per gatto una o due volte al giorno, che generalmente determina un aumento dell’assunzione di cibo entro 24-36 ore. Il cibo va offerto 30-45 minuti dopo la somministrazione. La ciproeptadina è efficace nei casi lievi di anoressia, ma non è adatta all’impiego nei gatti davvero malati. Occasionalmente, questi animali possono diventare ansiosi o iperattivi quando ricevono questo farmaco, ma il rischio di effetti collaterali è in genere estremamente basso. Dal momento che la ciproeptadina viene metabolizzata a livello epatico
con escrezione renale dei metaboliti, è necessario utilizzarla con cautela nei
pazienti con malattia epatica o renale.
Il diazepam è un agente benzodiazepinico dotato di una varietà di effetti
che comprendono l’attenuazione dell’ansia, il rilassamento della muscolatura
scheletrica, l’attività anticonvulsivante e la stimolazione dell’appetito. Quando viene somministrato per via endovenosa, il diazepam alla dose di 0,05-0,4
mg/kg determina una polifagia imponente, rapida, ma di breve durata. Ciò risulta particolarmente utile nei casi in cui si vuole osservare l’animale mentre
mangia (ad es., nei soggetti con disfagia o rigurgito). Il diazepam può venire
utilizzato a questo dosaggio 1-3 volte al giorno nei gatti anoressici. In alternativa, si può somministrare per via orale (0,05-0,4 mg/kg/die) con livelli plasmatici di picco che risultano evidenti fra 30 minuti e 2 ore dopo la somministrazione. L’assorbimento in seguito ad iniezione intramuscolare è meno rapido o prevedibile. Il diazepam viene metabolizzato a livello epatico e trasformato in parecchi metaboliti farmacologicamente attivi. Questi sono infine
coniugati al glucuronide ed escreti principalmente nell’urina. Il diazepam va
utilizzato con una certa cautela nei pazienti con problemi epatici o renali.
Sfortunatamente, la potenza delle benzodiazepine come stimolatori dell’appetito tende a declinare rapidamente con il tempo. Si può anche avere una
significativa sedazione con l’impiego di questo farmaco e inoltre sono stati segnalati casi di necrosi epatica idiosincrasica che hanno spinto i clinici a non
utilizzarlo più. Il diazepam non trova più impiego come stimolatore dell’appetito nel nostro reparto e viene somministrato unicamente per via endoveno137
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sa per spingere i gatti a mangiare (ad es., prima di una fluoroscopia o per l’osservazione dei soggetti con disfagia).
L’oxazepam è una benzodiazepina alternativa che può venire impiegata alla dose di 0,25-0,5 mg/kg (o 2 mg per gatto) una o due volte al giorno. Il cibo va offerto 30-45 minuti dopo la somministrazione. Come il diazepam, l’oxazepam ha un effetto di stimolazione dell’appetito di breve durata e determina effetti collaterali sedativi. Viene coniugato al glucuronide nel fegato per
formare un metabolita inattivo.
Vitamine del gruppo B: vengono spesso utilizzate come stimolatori dell’appetito. Studi sperimentali hanno dimostrato che la carenza di vitamine del
gruppo B porta ad una perdita dell’appetito. Sfortunatamente, ci sono pochi
dati a sostegno dell’efficacia clinica dell’integrazione, anche se è improbabile che questa possa essere in qualche modo dannosa. Non sono stati segnalati dosaggi per l’integrazione con vitamina B. Le dosi somministrate vanno da
1 ml/gatto ad 1-2 ml di un complesso vitaminico B aggiunto ad un litro di fluidi da infusione endovenosa. Il prednisolone è un efficace stimolatore dell’appetito in molti gatti quando viene somministrato ad un dosaggio prossimo a
0,25-1 mg/kg/die. Viene raramente utilizzato soltanto a questo scopo nel nostro reparto di ricovero, perché i suoi potenti effetti antinfiammatori, immunomodulatori ed antineoplastici possono interferire con le indagini diagnostiche. Quando viene impiegato nell’ambito di un trattamento successivo ad una
diagnosi (ad es., in presenza di un’infiammazione intestinale) spesso viene
documentato un aumento dell’appetito che compare entro pochi giorni.
Gli steroidi anabolizzanti come il nandrolone (1-5 mg/kg una volta alla
settimana per iniezione intramuscolare) possono venire utilizzati, ma sono generalmente scarsi come stimolatori dell’appetito.
I progestinici (come il megestrolo acetato) (1 mg/kg per os due volte al
giorno) sono dotati di potenti effetti di stimolazione dell’appetito, tuttavia la
loro propensione a causare effetti collaterali (ad es., diabete mellito, iperplasia/neoplasia mammaria, iperplasia endometriale cistica) ne preclude l’impiego nella maggior parte dei pazienti.
ALIMENTAZIONE ASSISTITA
Alimentazione a mano
La somministrazione a mano del cibo è una tecnica infermieristica che può
essere molto efficace per spingere alcuni pazienti a mangiare. Il tempo trascorso a “stabilire un legame” con il paziente, toelettarlo, ecc.. lo fa sentire
maggiormente a proprio agio e lo spinge ad assumere volontariamente il ci138
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bo. Porre una piccola quantità di alimento sulle labbra spesso determina una
risposta di leccamento. In alternativa, si può collocare una piccola quantità di
cibo su una zampa, da cui l’animale la leccherà via.
Alimentazione mediante siringa
La maggior parte dei casi non tollera questo metodo di alimentazione, che
però può essere utile (e ben tollerato) in un ridotto numero di pazienti. Le prescription diet del commercio (ad es., Hill’s a/d, Royal Canin dieta in polvere
da convalescenza ricostituita con acqua) possono venire portate ad una consistenza liquida che permette loro di raggiungere una consistenza adatta alla
somministrazione mediante siringa. Con il gatto delicatamente contenuto, si
appoggia l’estremità della siringa sulla punta della lingua o ai lati della bocca per poi espellere piccole quantità di cibo.
Può essere difficile soddisfare i fabbisogni energetici di un animale (Tab. 1)
utilizzando questo metodo di alimentazione, anche quando è tollerato dal paziente. Bisogna effettuare uno stretto monitoraggio ed una buona registrazione
dei dati al fine di assicurare il raggiungimento di una nutrizione adeguata, per
cui – se necessario – si può instaurare un altro metodo di sostegno.
Nei gatti che non tollerano questa procedura, non si deve ricorrere all’alimentazione forzata. Ciò aumenta notevolmente il rischio di fenomeni ab ingestis ed ha anche buone probabilità di portare allo sviluppo di un’avversione
al cibo.
Alimentazione mediante sonda
Nei gatti in cui le tattiche infermieristiche e gli agenti farmacologici non
hanno avuto abbastanza successo, l’opzione successiva dal punto di vista logico è l’alimentazione mediante sonda. Si possono inserire dei tubi in una varietà di sedi, che verranno trattate individualmente. La sonda deve essere posta nella sede più prossimale fra quelle disponibili e, per quanto possibile, deve coinvolgere lo stomaco piuttosto che aggirarlo. Nessuna di queste sonde
impedisce l’assunzione volontaria di cibo, per cui si può decidere di rimuoverle una volta che il paziente abbia recuperato a sufficienza l’appetito.
La diarrea è una complicazione relativamente comune dell’alimentazione
assistita enterale. Le tattiche che risultano spesso utili per risolvere questo
problema sono rappresentate da:
• Riduzione del volume dei singoli pasti
• Aumento della frequenza dei pasti
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Tabella 1 - Calcolo dei fabbisogni nutrizionali
e formazione di un protocollo di alimentazione
Calcolo dei fabbisogni nutrizionali nei felini:
Fabbisogni energetici a riposo (RER, resting energy requirements):
Gatti < 2 kg di peso corporeo (PV in kg): 70 x PV0,75
Gatti > 2 kg di peso corporeo (PV in kg): [30 x PV] + 70
Ad esempio, un paziente del peso di 4 kg avrebbe un RER di 190 calorie al
giorno.
Molti esperti di nutrizione consigliano di attuare un’alimentazione al di sopra
del RER (definito come fabbisogno energetico a riposo per un gatto normale,
non a digiuno, a riposo in condizioni di neutralità termica) nei gatti malati. Il
RER viene moltiplicato per un fattore di malattia (tipicamente 1,2-1,4) per
calcolare i fabbisogni nutrizionali di un paziente malato. Per un gatto di 4 kg,
utilizzando un fattore di malattia di 1,2 si ottiene un fabbisogno calorico di
228 calorie/die.
Reanimyl® contiene 0,9 calorie/ml per cui questo gatto necessita in ultima analisi di 253 ml/die. Risulta adatto il seguente protocollo di alimentazione:
Linee guida per l’alimentazione mediante sonda
Cibo (ml)
Acqua (ml)
Giorno 1 1/3 di cibo 2/3 di acqua
84
168
Giorno 2 2/3 di cibo 1/3 di acqua
168
84
Giorno 3 fabbisogni completi di cibo
253
*
* denota l’uso di acqua sufficiente ad effettuare il lavaggio del tubo prima e dopo la somministrazione dell’alimento. Ciò parte dal presupposto che il nostro paziente sia normalmente idratato e non colpito da eccessive perdite idriche a causa di diarrea, ferite essudanti, ecc..
In generale, ai pazienti si somministrano 4-6 pasti al giorno. In alcuni casi, questo non viene tollerato (ad es., compare vomito) e quando possibile l’infusione
lenta rappresenta un’utile alternativa. Il cibo va offerto a temperatura corporea o
appena inferiore.
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• Alimentazione mediante infusione a velocità costante (piuttosto che in bolo)
• Riduzione della quantità totale offerta quotidianamente e lento incremento in funzione della capacità del paziente di adattarsi alla modificazione.
Sonde rinoesofagee: Si tratta delle sonde che vengono inserite più facilmente tra tutte quelle enterali e possono essere applicate nei gatti completamente coscienti, il che le rende utili nelle situazioni in cui il paziente non è in
grado di tollerare l’anestesia. Quando è inserita correttamente, la sonda deve
terminare nel tratto distale dell’esofago piuttosto che nello stomaco, per ridurre il rischio di riflusso gastrico e di vomito indotto dalla presenza del tubo. Le sonde rinoesofagee hanno lo svantaggio di essere adatte soltanto al
supporto a breve termine (vanno rimosse dopo 10-14 giorni e la maggior parte dei gatti se le sfila molto prima!) e, a causa del loro calibro, possono essere utilizzate in condizioni di sicurezza soltanto per somministrare speciali diete liquide (ad es., Fortol® prodotta da Arnolds, ‘CliniCare’ cibi liquidi) attraverso il tubo. Non si devono utilizzare alimenti per uso umano nel gatto, dato che sono caratterizzati da livelli inadeguati di proteine, arginina, taurina ed
acido arachidonico e possono contenere sostanze tossiche (ad es., cipolle,
conservanti).
Attraverso la sonda si possono somministrare in condizioni di sicurezza alcuni farmaci liquidi, ma se si tenta di far passare pillole schiacciate o cibo si
formano facilmente delle ostruzioni. In alcuni casi queste possono essere dissolte utilizzando acqua calda, aria, aspirazione e tecniche di iniezione e massaggio del punto del tubo in cui è localizzato l’ostacolo (nei casi in cui è accessibile). Altre tattiche di sblocco suggerite sono rappresentate da:
• Bevande carbonate
• Succo di mirtillo rosso
• Enzimi pancreatici, ad es. aggiungere un cucchiaio a 5 ml di acqua.
• Far passare un mandrino di filo metallico lungo il tubo.
Nei gatti con sonde rinoesofagee è comune la presenza di un lieve scolo
oculare e nasale dal lato ipsilaterale al tubo. Benché vengano utilizzati in animali con problemi delle vie aeree superiori (ad es., “influenza” felina) a causa della loro semplicità di inserimento, le sonde fatte passare attraverso il naso di questi pazienti non sono ideali per ovvie ragioni.
Le sonde rinoesofagee devono essere inserite soltanto in animali con riflessi della deglutizione e funzione esofagea normali e quando il vomito non
è uno dei segni clinici. Non sono adatte al supporto di soggetti comatosi o in
decubito. Benché la sonda rinoesofagea consenta di trattare i pazienti a casa,
in generale si possono prestare cure migliori in ospedale, dove in caso di necessità è possibile riposizionare le sonde. Queste non impediscono al gatto di
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mangiare, per cui possono essere rimosse quando l’assunzione volontaria di
cibo è sufficiente.
Si preferiscono le sonde in poliuretano, perché hanno il diametro interno
più ampio e causano una minore reazione tissutale se vengono lasciate in sede per periodi prolungati. Le sonde in silicone sono una buona alternativa.
Benché abbiano un diametro interno più piccolo, sono ben tollerate e causano una reazione tissutale molto scarsa. Sono disponibili anche sonde economiche in PVC, che però inducono una maggiore irritazione dei tessuti.
Per inserire una sonda rinoesofagea sono necessarie le seguenti attrezzature:
• Sonda rinoesofagea morbida in poliuretano o silicone di circa 75 cm di
lunghezza (4-8 Fr: scegliere la sonda più grande in grado di passare agevolmente). La sonda deve essere misurata fino all’8a-10a costola e contrassegnata (con l’applicazione di un pezzo di nastro) per indicare fino a che
punto deve essere introdotta.
• Gel lubrificante
• Anestetico locale topico, ad es., proximetacaina allo 0,5% per uso oftalmico
• Siringa vuota da 5 ml
• Siringa da 5 ml contenente acqua sterile per iniezioni
• Collante (superglue) e nastro per fissare il tubo al mantello della testa del
gatto (quando si utilizza il superglue si devono indossare dei guanti per
evitare di incollarsi inavvertitamente al gatto o al tubo!)
• Un collare di Elisabetta, al quale viene fissata la sonda.
Il gatto viene delicatamente contenuto per tutta la durata della procedura. Gli
operatori non mancini di solito trovano più facile far passare il tubo attraverso
la narice sinistra. La narice da utilizzare viene sottoposta ad anestesia locale applicando al suo interno 1-2 gocce di anestetico locale ogni 30-60 secondi fino a
che l’area non è adeguatamente resa insensibile. Si lubrifica (ad es. con KY
Jelly) la punta della sonda (preventivamente misurata nel modo sopradescritto)
e la si tiene a circa 5 cm dall’estremità (tanto lontano dalla punta quanto è possibile tenere il tubo mantenendone il controllo) (impugnarlo più vicino alla punta rende difficile tenere il tubo nella narice quando il gatto muove la testa). La
sonda viene inserita attraverso la narice, diretta ventralmente e medialmente, e
di solito passa molto facilmente nell’esofago. Quando il tubo attraversa l’area
faringea può darsi che il gatto deglutisca. Una volta che la sonda sia stata introdotta fino al livello preventivamente misurato, è possibile effettuare alcuni semplici test per accertare il corretto posizionamento. In primo luogo, si raccorda
una siringa vuota da 5 ml e si esercita un’aspirazione. Se la sonda è correttamente inserita nell’esofago, si potrà ottenere una piccola quantità di aria, ma poi
si deve incontrare il vuoto. Successivamente, si connette al tubo una siringa da
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5 ml contenente acqua sterile per iniezione e la si inietta lentamente. Se il tubo
è correttamente posizionato, il gatto non deve tossire e in molti casi deglutisce
in seguito all’instillazione del fluido. Tecniche alternative per garantire la corretta localizzazione della sonda sono rappresentate dalla radiografia (quasi tutte le sonde sono dotate di strisce radiopache o contrassegni che permettono di
accertarne la localizzazione) oppure iniettando 10 ml di aria ed auscultando la
presenza di borborigmi a livello della zona xifoidea.
Una volta assicuratisi che il tubo si trova nella sede corretta, si raccordano
ad esso due nastri butterfly che vengono poi fissati con il collante al pelo che ricopre il dorso del naso del gatto e la sommità della testa (è una buona idea indossare dei guanti durante questa operazione per non incollarvi al gatto!). L’estremità libera della sonda può venire fissata con del nastro ad un collare di Elisabetta che viene applicato per evitare che l’animale si sfili il tubo. In alternativa, la sonda può venire suturata in posizione, anche se ciò richiede la sedazione o l’anestesia. Il condotto va tappato per evitare l’accumulo di aria nello stomaco. Una volta terminato l’inserimento, si può avviare immediatamente l’alimentazione mediante sonda seguendo le linee guida generali della Tabella 1.
In casi molto rari, per l’inserimento di una sonda rinoesofagea è necessario un certo contenimento chimico. In genere, risulta sicuro l’impiego di ketamina per via endovenosa (1-2 mg/kg) in associazione con midazolam (0,25
mg/kg) iniettati “sino ad effetto” per ottenere un piano molto superficiale di
anestesia. A questo basso dosaggio, la via endovenosa ha minori probabilità
di essere associata ad un risveglio iperattivo che può rappresentare un problema in alcuni gatti (in particolare nelle razze feline orientali e quando si utilizza la ketamina per via intramuscolare a dosi comprese fra 7 e 10 mg/kg).
Quando per l’inserimento è necessaria l’anestesia, può essere consigliabile la
conferma radiografica del posizionamento della sonda.
In alcuni soggetti, in cui è necessario un sostegno molto a breve termine,
può essere accettabile inserire la sonda, somministrare il pasto e poi rimuoverla immediatamente piuttosto che fissarla in posizione. Alcuni gatti si rifiutano di tenere in permanenza delle sonde rinoesofagee, ma sono ragionevolmente disposti a lasciarsi alimentare in questo modo.
Sonde da esofagostomia: In questo caso, anche se termina nella stessa posizione di quella rinoesofagea, la sonda viene inserita nell’esofago cervicale
sotto anestesia. La necessità di ricorrere a quest’ultima è il principale svantaggio di questo tipo di alimentazione. I vantaggi delle sonde da esofagostomia rispetto a quelle rinoesofagee sono rappresentati da:
• Nessuna interferenza con la testa – sono meglio tollerate negli animali con
disordini che colpiscono questa parte del corpo, ad es. “influenza” felina,
faringite
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• Possibile mantenimento in sede per periodi prolungati (settimane o mesi)
e buona tolleranza da parte dei gatti.
• Possibilità di inserire sonde di diametro maggiore, il che significa che si
può utilizzare una dieta più naturale (ad es., un impasto semiliquido) e che
ci sono meno rischi di ostruzione
• Ancora molto facile da inserire.
• Nella maggior parte dei casi è possibile trattare a casa il paziente, il che
permette di coinvolgere i proprietari nelle cure da prestare al gatto.
Come nel caso delle sonde rinoesofagee, gli animali possono mangiare e
bere normalmente, il che permette di stabilire quando è possibile rimuovere
la sonda senza rischi.
Le sonde da esofagostomia non vanno inserite negli animali con disordini
esofagei (ad es., megaesofago, stenosi esofagea) o disturbi associati a vomito.
Per inserire la sonda, il paziente viene anestetizzato e posto in decubito laterale destro. L’area cervicale sinistra viene tosata e preparata asetticamente.
Dopo aver preventivamente misurato il punto in cui la sonda deve terminare,
si estende il collo e si inseriscono attraverso la bocca delle pinze curve fino al
tratto mediocervicale dell’esofago, con la curvatura diretta verso l’esterno.
Servendosi di una lama da bisturi, si incidono la cute e l’esofago sopra la punta delle pinze, che poi vengono spinte attraverso la breccia ed aperte quanto
basta per afferrare la punta della sonda. Questa viene tirata rostralmente fino
a che non è fuori dalla bocca e poi diretta manualmente lungo l’esofago. La
sonda viene fissata alla cute con una sutura bloccante antiscivolo a sandalo romano e coperta con un bendaggio leggero per proteggerla da traumi e operazioni di toelettatura, e per mantenere protetto lo stoma. In genere non è necessario un collare di Elisabetta ed i gatti tollerano molto bene queste sonde.
L’alimentazione attraverso queste sonde può iniziare non appena il gatto è
del tutto cosciente, seguendo le linee guida della Tabella 1. Dopo un paio di
giorni, il paziente può essere mandato a casa senza rischi. Le sonde da esofagostomia sono semplici da rimuovere (non è necessaria alcuna sedazione o
anestesia) e lo stoma guarisce rapidamente. Se necessario, i tubi da esofagostomia possono venire rimossi in condizioni di sicurezza immediatamente
dopo l’inserimento. Sono disponibili dei dispositivi che ne facilitano l’inserimento (ad es., Cooks Veterinary Products).
Sonde da gastrostomia: Le sonde da gastrostomia vengono inserite direttamente nello stomaco e possono avere un calibro molto maggiore di quelle
da esofagostomia. Hanno il grande vantaggio di consentire l’alimentazione
con cibo normale (miscelato ad acqua ± fluidificato per ottenere un impasto
semiliquido iniettabile mediante siringa) nonché la somministrazione di far144
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maci (pillole schiacciate, sciroppi e sospensioni) ed acqua (può essere utile,
ad es. nei gatti con insufficienza renale cronica che sono predisposti alla disidratazione). Queste sonde non vanno inserite nei gatti con malattie gastriche
o problemi che esitano in vomito.
Le sonde da gastrostomia possono essere introdotte con tecnica non invasiva mediante endoscopia (gastrostomia percutanea con inserimento endoscopico o sonde PEG) oppure tramite laparotomia (che risulta appropriata nei casi
già sottoposti ad intervento laparotomico per ragioni diagnostiche o terapeutiche). Benché per l’inserimento sia necessaria un’anestesia ed un breve periodo di ospedalizzazione postoperatoria, una volta in sede queste sonde possono
essere utilizzate per periodi prolungati per somministrare alimenti frullati, liquidi e farmaci al gatto. A seconda della composizione, la sonda va sostituita
dopo qualche mese (2-3 mesi per le sonde in lattice, 6-12 mesi per quelle in silicone) e, quando è necessario un trattamento a lungo termine, si possono usare sonde “a basso profilo” che hanno una valvola di flusso con la cute.
Sono disponibili kit e tecniche per l’inserimento percutaneo delle sonde da
gastrostomia senza utilizzare gli endoscopi, ma comportano un rischio di
complicazioni quali pneumoperitoneo, involontario posizionamento errato
nella parte terminale dell’esofago e trauma splenico. Per inserire una sonda
per via endoscopica, il gatto viene anestetizzato utilizzando un protocollo che
non preveda l’uso di azoto gassoso e posto in decubito laterale destro. Si introduce un endoscopio nello stomaco che poi viene insufflato con aria. Si tosa e prepara asetticamente un’area situata appena caudalmente all’ultima costola. Un assistente fa rientrare lo stomaco disteso dal gas utilizzando un dito
posto appena caudalmente all’ultima costola, che deve risultare visibile mediante endoscopia. Nel punto in cui si trovava il dito si inserisce un catetere
ad ago interno da 14 o 16 G attraverso il quale si fa passare un filo metallico
come guida. Questo filo viene afferrato con delle pinze a canestro (o delle pinze da biopsia se le prime non sono disponibili) e l’endoscopio seguito dal filo metallico viene tirato fuori dal gatto attraverso l’esofago. Il filo viene poi
saldamente fissato all’estremità della sonda PEG e poi tirato dall’assistente
per trascinare la sonda stessa attraverso la bocca, l’esofago e lo stomaco.
L’endoscopio viene reintrodotto per assicurarsi che l’estremità a fungo della
sonda PEG sia appoggiata in modo confortevole contro la parete dello stomaco. Il tubo viene fissato in posizione realizzando una sutura antiscivolo a sandalo romano sulla cute adiacente alla breccia della PEG; infine si applica un
bendaggio leggero.
Il gatto deve essere ospedalizzato per i primi giorni dopo l’inserimento del
tubo. Le complicazioni sono rare, ma comprendono traumi involontari a carico di altri organi addominali (soprattutto la milza) durante l’inserimento della sonda, peritonite e pneumoperitoneo. È necessario valutare la sede dello
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stoma per rilevare segni di infezione, che è una complicazione relativamente
comune e determina la comparsa di essudato, dolore e gonfiore. La breccia
della PEG deve essere tenuta pulita con una soluzione antisettica applicata
quotidianamente prima di coprire la parte con un bendaggio leggero per proteggerla dalla toelettatura e dalla rimozione involontaria da parte del gatto.
Dopo l’inserimento della sonda è indicato un ciclo di breve durata di antibiotici ad ampio spettro a scopo profilattico. A distanza di 12-18 ore dall’inserimento, si può introdurre attraverso la sonda dell’acqua. L’alimentazione deve
iniziare entro 24-36 ore dopo il posizionamento della sonda, utilizzando le linee guida della Tabella 1. Prima di somministrare il cibo, si deve effettuare
l’aspirazione del contenuto gastrico con una siringa e, se si recupera una
quantità significativa di materiale, il pasto non va somministrato e la procedura va ripetuta a qualche ora di distanza. Se è frequente, questa evenienza
può suggerire che lo svuotamento gastrico è anormale a causa, ad esempio, di
una gastrite uremica e si deve prendere in considerazione il trattamento con
ranitidina (un H2-antagonista e stimolatore dello svuotamento gastrico) o metoclopramide. I farmaci vanno somministrati prima dei pasti, tranne quelli
come i leganti del fosforo che devono essere miscelati al cibo. Gli alimenti
umidi, frullati con acqua fino ad ottenere una consistenza che permetta di
iniettarli con una siringa, vengono riscaldati fino a temperatura corporea ed
iniettati nello stomaco nell’arco di un periodo di 10-15 minuti. Il proprietario
deve essere in grado di riconoscere i segni della nausea (ad es., deglutizioni,
salivazione) che indicano che il pasto viene introdotto in modo troppo rapido
o che in precedenza si era avuto uno svuotamento incompleto dello stomaco.
Dopo la somministrazione del pasto, la sonda va lavata con 5-10 ml di acqua.
Inizialmente il paziente va alimentato 4-6 volte al giorno con pasti di uguali
dimensioni, nessuno dei quali deve avere un volume superiore a 45 ml/kg (che
corrisponde approssimativamente alla capacità dello stomaco del gatto). Col
tempo, di solito è possibile ridurre il numero dei pasti giornalieri. A meno che
l’assunzione volontaria di cibo non sia controindicata (ad es., nei gatti con
malattie esofagee), all’animale si deve sempre offrire del cibo da assumere
per via orale prima di impiegare la sonda.
La rimozione involontaria della sonda è una situazione di emergenza nei
gatti in cui è necessario un supporto continuo, dato che la sede dello stoma
guarisce rapidamente (meno di 24 ore!) impedendo il facile riposizionamento del tubo se non si interviene entro poche ore. In molti gatti le sonde PEG a
basso profilo possono essere reinstallate attraverso lo stoma gastrostomico esistente senza bisogno di ricorrere all’anestesia ed alcuni proprietari possono riuscire a farlo senza l’assistenza del veterinario. Quando lo si desidera, è possibile confermare il corretto posizionamento della sonda iniettando un mezzo di
contrasto iodato attraverso il tubo ed esaminando il gatto radiograficamente. In
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alternativa, si può ricorrere all’ecografia per osservare l’instillazione di soluzione fisiologica sterile nello stomaco. A meno che la sonda non venga rimossa nella prima settimana di terapia, non ci sono rischi di peritonite.
Occasionalmente, il tubo può venire ostruito da alimenti o farmaci. Il massaggio della sonda mentre viene infusa dell’acqua può contribuire a risolvere
questo problema. Anche la Coca-cola o il succo di mirtillo rosso possono servire a sgretolare le ostruzioni. Nei casi persistenti, può essere utile far passare un catetere lungo il tubo, secondo le modalità ricordate a proposito delle
sonde rinoesofagee; alcuni autori suggeriscono l’impiego di inteneritori della
carne e soluzioni di enzimi pancreatici (ad es., aggiungendo un cucchiaio a 5
ml di acqua).
La rimozione della sonda si effettua generalmente in anestesia, anche se in
alcuni casi l’operazione si può attuare nel gatto sveglio. Le sonde adatte alla rimozione nel soggetto conscio hanno estremità a fungo collassabili (si inserisce
nella sonda un mandrino rigido e lo si spinge in avanti, in modo che il fungo
venga stirato formando una struttura lineare che può passare attraverso lo stoma). Per la rimozione dell’estremità a fungo è necessaria l’anestesia se il tubo
viene rimosso tagliandolo dalla parte esterna del paziente. Si sconsiglia di lasciare l’estremità a fungo nello stomaco, perché ciò può causare problemi di
vomito da corpo estraneo. Le sonde da gastrostomia non vanno rimosse prima
che siano trascorse due settimane dal loro inserimento, per garantire una buona formazione di aderenze fra lo stomaco e la parete addominale.
Sonde da digiunostomia: Sono indicate con frequenza relativamente scarsa nei felini e sono tecnicamente più difficili da inserire (per via chirurgica o
endoscopica). Le indicazioni per l’inserimento sono rappresentate da disordini gastrici e pancreatite. Dal momento che in questi pazienti lo stomaco e il
duodeno non intervengono nella digestione, quando si adotta questa via è necessario impiegare diete speciali. In generale, il cibo viene somministrato mediante infusione lenta piuttosto che sotto forma di boli.
ALIMENTAZIONE PARAENTERALE
L’intestino rimane la via più sicura per garantire il supporto nutrizionale e
le vie paraenterali (endovenose) vanno impiegate unicamente quando quella
enterale non è possibile. Le tecniche utilizzate negli animali sono finalizzate
ad apportare il 100% dei fabbisogni idrici ed elettrolitici ed almeno il 50% del
RER stimato, ma non tutti i fabbisogni di aminoacidi ed acidi grassi. Questa
nutrizione paraenterale parziale (PPN) viene generalmente utilizzata per periodi di tempo fino a 10 giorni piuttosto che per cicli più prolungati – allo scopo di iniziare ad utilizzare l’intestino il più presto possibile. In altre parole, la
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PPN è un metodo “tappabuchi” per garantire il supporto nutrizionale e può essere utilizzata in aggiunta al sostegno enterale se il gatto non è in grado di assumere attraverso l’intestino tutte le calorie di cui ha bisogno.
La nutrizione paraenterale totale (TPN) viene utilizzata poco frequentemente, perché ha un costo proibitivo, è maggiormente predisposta a complicazioni e non viene considerata essenziale per il sostegno a breve termine generalmente richiesto. Ad esempio, nella maggior parte dei protocolli PPN non
vengono apportate vitamine liposolubili. La PPN può essere somministrata attraverso le vene periferiche, mentre la iperosmolarità della TPN fa sì che per
quest’ultima sia necessario ricorrere ai cateteri centrali. Le soluzioni PPN
hanno ancora un costo notevole e la loro preparazione richiede una certa esperienza, per cui in genere vengono offerte soltanto all’interno dei centri specialistici. Nella maggior parte dei casi, le soluzioni PPN sono una miscela di
aminoacidi, principi attivi apportatori di energia ed elettroliti. La nutrizione
paraenterale può essere associata a numerose potenziali complicazioni significative (ad es., flebite ed infezioni del catetere, iperglicemia, iperlipemia) e
va quindi attuata soltanto con molta cura.
Bibliografia e letture consigliate
Fascetti A. J., Mauldin G. E. and Mauldin G. N. (1997). Correlation between serum creatine kinase activities and anorexia in cat. Journal of Veterinary Internal Medicine 11: 9-13.
Kirk C. A., Debraekeleer J. D. and Armstrong P. J. (2000). Normal cats. In Small Animal Clinical Nutrition. Edited by Hand M. S., Thatcher C. D., Remillard R. L. and Roudebush P. Published by the Mark
Morris Institute.
Remillard R. L., Armstrong P. J. and Davenport D. J. (2000). Assisted feeding in hospitalised patients: enteral and parenteral feeding. In Small Animal Clinical Nutrition. Edited by Hand M. S., Thatcher C.
D., Remillard R. L. and Roudebush P. Published by the Mark Morris Institute.
148
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55° Congresso Nazionale SCIVAC
MILANO, 2-4 MARZO 2007
Sarah M. A. Caney
BVSc, PhD, Dipl SAM (Feline), MRCVS, RCVS
Spec in Feline, Emsworth, UK
Upper respiratory tract
disease in cats
Malattie delle prime
vie respiratorie nel gatto
Sunday, March 4th 2007, 16.30 p.m.
Domenica, 4 marzo 2007, ore 16.30
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For the purposes of this discussion, upper respiratory tract disease
(URTD) includes disorders affecting the respiratory tract from the nares to
the trachea. Infectious diseases will not be covered. There are many causes of
URTD and the focus of these notes will be on the approach to diagnosis and
management of more frequently seen conditions.
GENERAL APPROACH
History
As ever a thorough history will be of initial help in narrowing down the list
of differential diagnoses. Important features of the history may include:
Identifying whether the cat has any clinical signs which help to localise the
problem e.g.:
• Nasal – discharge, sneezing, epistaxis
• Nasopharyngeal – gagging, retching, reverse sneezing
• Laryngeal – voice changes, stridor
• Airway disease – cough
• Parenchymal - breathlessness
Duration of signs
Onset
• Insidious with neoplasia
• Sudden onset with foreign bodies
Inciting cause known?
• Trauma
• Pre-existing disease?
Progressive disease?
• Neoplastic causes are usually associated with progression of signs
Nasal disease
• Uni or bilateral discharge?
- Unilateral problems e.g. foreign body, neoplasia
- Bilateral problems e.g. chronic rhinitis, nasopharyngeal polyp
Response to previous treatment?
• Chronic rhinitis cases usually ‘cure’ on antibiotics but relapse as soon
as these are stopped
• Neoplastic and inflammatory conditions may respond to treatment with
anti-inflammatory agents
Clinical examination
Clinical examination may add more information and extra attention
should be placed on assessing the respiratory tract. Cats with URTD causing
dyspnoea usually have noisy breathing with marked inspiratory effort and
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deep laboured chest movements. Further abnormalities may help to characterise the disease and particular attention should be played to the remainder
of the physical examination:
• Examination of the nares
- Are these stenotic?
- Is any discharge present?
• Uni- or bilateral?
• Bloody discharge? – may be seen with foreign bodies (FB), neoplasia, some chronic rhinitis cases
• Any facial deformity present?
- Neoplasia
- Fungal infection
- Abscess
- ? FB
• Nasal air flow – cotton wool held in front of each nostril to check patency
• Ocular examination in cats with nasal discharge
- Discharge present?
- Is this the same side as the nasal discharge?
- Consider neoplasia
- Bilateral discharge present?
- Possibly more suggestive of infectious disease e.g. feline herpesvirus
(FHV), feline calicivirus (FCV)
• Oral examination
- Colour of mucous membranes
- The soft palate may be depressed by large nasopharyngeal polyps (general anaesthesia is usually needed to evaluate this area successfully)
- Laryngeal FB may be visible
• Examination of the ears and ear canals – useful in cases where the clinical signs can be explained by middle ear disease and presence of a nasopharyngeal polyp
- Evidence of vestibular syndrome (head tilt, nystagmus etc.)?
- Otitis externa?
- Polyp visible in the external ear canal?
• Tracheal palpation
- Sensitivity
- Evidence of FB?
• Listen without a stethoscope
- Noisy breathing
• Laryngeal stridor e.g. obstruction, paralysis
• Snoring, snuffles etc. associated with nasal and nasopharyngeal disease
e.g. nasal tumour, nasopharyngeal polyp
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• Audible rattles e.g. tracheal foreign body
• Thoracic auscultation
- Still important although referred URT noise may make this difficult
• Remainder of the clinical examination
- Still important in case of systemic disease or a combination of problems
Diagnostic tests
Investigations of URTD should consider the following as indicated on
clinical evaluation
Routine blood work
• Haematology, biochemistry, FeLV and FIV testing to assess general status
and indications of poor prognosis
Flu virus isolation (FHV, FCV)
If suspected, flu virus isolation or PCR (where available) can be performed.
This involves taking an oropharyngeal swab (ensure that this is covered in plenty of saliva!). For isolation, the swab is placed into special viral and chlamydial transport media (VCTM) available from specialist laboratories where this
test is performed. The swab and media are submitted to a suitable laboratory
for isolation which takes 2 – 7 days to perform. PCR requires no special media
– the swab is sent in ‘dry’ to a specialist lab and results are obtained in 24 – 48
hours (currently only validated for FHV in most countries).
Radiography
The images required depend on the individual case and the options include:
1. Intra-oral occlusal or oblique open mouth views of the nasal chambers
2. Lateral pharynx
3. Ventrodorsal (VD) skull, open mouth views of the bullae
4. Neck
5. Lateral +/- VD thorax
1. Intra-oral occlusal or oblique open mouth views
• Image the nasal chambers
• Destruction of turbinate structures can be seen with aggressive viral
rhinitis, neoplasia, other more rare infectious causes (aspergillosis and
other fungal infections)
152
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2.
3.
4.
5.
• Increased soft tissue density can be seen with tumours, discharge,
blood etc.
Lateral pharynx
• Remove the endotracheal (ET) tube before taking
• Images the nasopharynx
• May identify presence of a polyp, mass or nasopharyngeal stenosis
VD skull, open mouth bulla views, oblique views of the bullae
• Remove the ET tube before taking
• Image the bullae
• If a nasopharyngeal polyp is diagnosed or suspected then imaging of the
bullae is indicated in order to see whether uni- or bilateral ear disease is
also present (if present, this is an indication for ventral bulla osteotomy)
- Look for thickening of the bullae walls, soft tissue density in the bullae,
loss of air-filled external ear canals etc.
Neck – if tracheal foreign body is suspected
Thorax – useful in order to evaluate possible neoplastic causes, radiodense tracheal foreign body
Ultrasound
Useful for diagnosis of laryngeal problems but of limited usefulness in
evaluating the rest of the URT. One advantage of ultrasonography is that this
can be performed in the conscious cat allowing assessment of laryngeal function – of particular relevance in cases of laryngeal paralysis. Ultrasound is
also of use in diagnosis of laryngeal cysts and other masses. Masses can be
aspirated/biopsied and cysts can be drained via ultrasound guidance.
Anterior rhinoscopy
It is possible to evaluate the proximal nasal chambers using a rigid arthroscope. This allows visualisation of foreign bodies and tumours in some cases
and may enable retrieval or biopsy as appropriate. Unfortunately, the view
obtained is frequently obscured by discharge and haemorrhage associated
with the primary disease and the procedure.
Retrograde pharyngoscopy/rhinoscopy
This is possible if a flexible endoscope is available and can be turned back
on itself so that the choanae, terminal nasal chambers and nasopharynx can
be assessed. It is particularly useful for visualising foreign bodies, inflammation and tumours in the caudal nose and nasopharyngeal stenosis. Use of the
endoscopy biopsy forceps also allows retrieval of foreign bodies or biopsy of
abnormal tissues as appropriate.
153
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Examination of the nasopharynx
The nasopharynx should be examined in all patients with a nasal discharge, and particularly in those where a nasopharyngeal polyp, nasopharyngeal stenosis or foreign body are suspected.
The procedure is as follows:
• The patient is placed in dorsal recumbency and the mouth is held open
with the endotracheal (ET) tube over the tongue (pulled rostrally) and lower jaw. Local anaesthetic can be applied to the soft palate before grasping the end of this with Allis tissue forceps. The soft palate is pulled rostrally to expose the nasopharynx. A laryngoscope is often helpful as a
light source. Polyps in this location are easily identified. The nasopharyngeal opening is also visible as a round to oval opening which is about 4 –
5 mm in diameter located at the point where the soft palate joins the hard
palate. If visible only as a pin prick then a diagnosis of nasopharyngeal
stenosis can be made. In most cases, stenotic nasopharyngeal openings
are thought to arise following previous inflammatory diseases such as cat
flu and can be bluntly stretched using forceps to break down the scar tissue. Post stretching treatment with anti-inflammatories is probably of benefit in reducing the likelihood and extent of re-stenosis. In some cases, repeated dilatation procedures may be needed.
Nasal swabs
It may be useful to get a sample of nasal discharge for bacteriology. This
allows choice of an appropriate antibiotic which can be helpful in cases of
chronic rhinitis. Otherwise this test is of limited usefulness.
Nasal flushes
Flushes can be performed in order to get fluid for cytology and bacteriology. The flushes are rarely as useful as nasal biopsies but may be diagnostic
of some tumours e.g. lymphoma. In other tumours, the results are often suggestive of an inflammatory process so will not distinguish between neoplasia
and chronic rhinitis. The technique is as follows:
• The pharynx is packed with swabs
• The patient is positioned in sternal recumbency with the head over the end
of the table
• A kidney dish is held below the cat’s nose
• 2 – 5 ml of sterile saline is injected into a nasal chamber using an intravenous catheter (having removed the stylet!) which is placed inside one of
the nostrils while occluding the nostrils (by pinching these together).
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• After injecting the fluid, the nose can be squeezed and then the fluid is allowed to drain from the nostrils into the kidney dish
• Fluid is harvested for cytology (EDTA tube) and bacteriology (plain vacutainer)
Nasal biopsy
Several techniques exist for the collection of nasal tissue which can then
be placed in formalin and sent off for histopathology. Biopsies can also be
submitted for fungal and bacterial culture.
Retrograde nasal and pharyngeal biopsies can be obtained using endoscopy biopsy forceps if these are available. Anterior nasal biopsies can be
obtained in several ways. Whatever the technique, the maximum distance the
biopsy implement should be introduced into the nose is the distance between
one nostril and the contralateral medial canthus of the eye. Further than this
risks a brain biopsy! Techniques include:
• Using a canine urinary catheter with the tip cut off. Once in the nasal
chamber and pushing against tissue, suction can be applied to obtain a
small biopsy in the tip of the catheter. In most cases, this is not that successful but can be impressive in some neoplastic cases
• Using endoscopy forceps to bite off a portion of tissue. The forceps are introduced in an ‘open’ position and once against some tissue are closed and
then pulled back (blind biopsy)
- It may be possible to do this whilst visualising the tissue if a rigid
rhinoscope is available (i.e. directed biopsy)
• Using a volkman spoon to scrape out some tissue (most effective in the case of nasal tumours)
• Forced nasal flushings: 20 ml of saline is rapidly injected (straight from
the syringe – no catheter on the end) into the nasal chamber having packed the pharynx with swabs and occluding both nostrils. If a neoplastic or
granulomatous disease is present, after 1 – 3 flushes, a portion of mass
may be found in the pharynx. This can then be fixed in formalin and sent
off for histopathology.
COMMON CAUSES OF UPPER RESPIRATORY
TRACT DISEASE
Chronic rhinitis
Causes
• Most suspected to occur following cat flu (FHV or FCV) which can cause
extensive permanent damage to the turbinate structures of the nose leav155
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ing these vulnerable to persistent or recurrent infections with opportunistic bacteria
Presenting signs
• Chronic or recurrent nasal discharge
- Typically mucopurulent and bilateral
- May contain blood
- Typically ‘cure’ on antibiotics but relapse as soon as these are stopped
- Not a progressive problem
- There is usually a history of cat flu in the past
- Variable severity of signs
• Noisy breathing (stertor), inspiratory dyspnoea
• Sneezing
• +/- inappetence
Diagnosis
• Often heavily suspected on the basis of the history and clinical findings
- Rule out concurrent nasopharyngeal polyp, neoplasia etc.
• Radiography is not diagnostic
- May see destruction and increased soft tissue density (discharge) which
can also be seen in neoplasia – need a biopsy to confirm
Treatment
• Antibiotics often needed
- Initial long course may be helpful e.g. 6 – 12 weeks
- Ideally base choice of antibiotic on culture and sensitivity
- Empirical choices amoxycillin-clavulanate, cephalexin, enrofloxacin
- Intermittent or constant therapy may be required in some cases
- Most cases do well on treatment but quickly relapse once it is stopped
• ? if cat is well then opt for no treatment at all?
• ? decongestants, humidification
• ? nasal saline drops (help to loosen discharge present)
• ? periodic therapeutic nasal flushing under anaesthesia
• some cases respond to dexamethasone/prednisolone eye drops given intranasally
• ? surgical turbinectomy
Prognosis
• guarded for cure but most affected cats remain otherwise bright and well
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Nasal neoplasia
Causes
• Most commonly: lymphoma, adenocarcinoma, squamous cell carcinoma
Presenting signs
• Progressively worsening nasal discharge
- Typically starts as a unilateral problem - may progress to become bilateral
- May initially be serous, typically progress to become mucopurulent +/blood
• Noisy breathing, inspiratory dyspnoea
• Sneezing
• Local lymph node enlargement may be seen
• Signs of systemic illness eg weight loss, anorexia etc.
• May be signs of local expansion e.g. ipsilateral ocular signs if mass extends to retrobulbar space, or if tear ducts blocked
• May be signs of distant metastases
• Usually middle aged cats
Diagnosis
• May be suspected on the basis of the history and clinical findings
- Rule out FB, chronic rhinitis
• Radiography is not diagnostic as may see destruction and increased soft
tissue density (discharge) with other causes e.g. chronic rhinitis. Need a
biopsy to confirm
• Nasal flushes may be helpful in some cases
Treatment
• According to the cause
- Chemotherapy or radiotherapy if lymphoma
- ? radiotherapy for adenocarcinomas
• Forced nasal flushes may help to de-bulk the mass and therefore extend
quality of life
Prognosis
• Poor to guarded
Nasopharyngeal polyp
Causes
• The vast majority arise in the middle ear and travel to the nasopharynx via
the Eustachian tube so that they eventually sit in the nasopharynx (some
arise in the Eustachian tube)
• The middle ear disease is suspected to occur following cat flu (FHV or FCV)
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Presenting signs
• Chronic nasal discharge
- Typically mucopurulent and bilateral
- Typically improve somewhat on antibiotics
- May be a progressive problem
- Usually history of cat flu in the past
• Noisy breathing, stertorous inspiratory dyspnoea
• Sneezing
• Gagging/dysphagia when eating is a frequent finding
• May be vestibular signs
- Head tilt
- Nystagmus
• May have concurrent Otitis externa
- In some cases, a polyp is visible in the external ear canal
• May develop Horners syndrome (uncommon)
• Often young cats (less than 3 years old)
Diagnosis
• May be suspected on the basis of the history and clinical findings
- Rule out other causes of middle ear disease (neoplasia, inflammation),
chronic rhinitis etc.
• Examination of the nasopharynx is the most useful diagnostic test and allows removal of the polyp (see below). Examination of the nasopharynx
may also allow identification of which Eustachian tube the polyp is arising from (and therefore which side the middle ear disease is on).
• Radiography is also useful
- Large polyps are visible on lateral pharynx radiographs
- Bulla changes may be present (not all cases)
- Rules out other differentials
Treatment
• Removal by traction per os
- Slow traction
- Histology recommended to confirm diagnosis
- Risk of recurrence but may be years
• Ventral bulla osteotomy
- Indicated if evidence of middle ear disease on radiographs (this is difficult to treat medically)
- ? needed in all cases to prevent recurrence?
- Post-operative neurological deficits are common – most are transient
but may need support if nauseous etc.
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- Horners syndrome
- Facial paralysis
- Vestibular syndrome
- Post-operative antibiotics indicated
• Complications
- Recurrence
- Otitis media
- Aural polyp
Prognosis
• Excellent
Nasopharyngeal stenosis
Causes
• Most suspected to occur following cat flu (FHV or FCV)
• ? congenital
Presenting signs
• Noisy breathing, inspiratory dyspnoea
• +/- chronic, often persistent nasal discharge
- Typically mucopurulent and bilateral
- Typically much better on antibiotics but often not completely ‘cured’
- Not a progressive problem
- May be a history of cat flu in the past
• +/- sneezing large volumes of discharge
Diagnosis
• May be suspected on the basis of the history and clinical findings
- Rule out chronic rhinitis, nasopharyngeal polyp
• Radiography may be strongly suggestive – discharge pooling in nasopharynx
but need to assess the nasopharyngeal opening to confirm the diagnosis
Treatment
• Blunt stretching of the stenotic opening using forceps which are inserted
into the opening and then used to stretch this
• Post-stretching anti-inflammatories (e.g. prednisolone) recommended in
order to reduce the risk of scarring and re-formation of the stenosis
• May need repeated stretching
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Ai fini della presente trattazione, col termine “malattie delle vie aeree superiori” (URTD, upper respiratory tract disease) si indicano i disordini che
colpiscono l’apparato respiratorio dalle narici alla trachea. Non saranno trattate le malattie infettive. Esistono molte cause di URTD e le presenti note saranno incentrate sull’approccio alla diagnosi ed al trattamento delle condizioni di più frequente riscontro.
APPROCCIO GENERALE
Anamnesi
Come sempre, un’anamnesi approfondita risulta utile inizialmente per restringere l’elenco delle possibili diagnosi differenziali. Le importanti caratteristiche anamnestiche possono essere rappresentate da:
Stabilire se il gatto presenta segni clinici di qualsiasi tipo che risultino utili
per localizzare il problema, ad es.:
• Naso – scolo, starnuti, epistassi.
• Rinofaringe – conati, starnuto rovesciato.
• Laringe – modificazioni della voce, stridore.
• Malattie delle vie aeree – tosse.
• Parenchima – respirazione difficile e affannosa.
Durata dei segni clinici
Insorgenza
• Insidiosa nelle neoplasie.
• Improvvisa in caso di corpi estranei.
Esiste una causa scatenante nota?
• Trauma
• Malattia preesistente.
Malattia progressiva?
• Le cause neoplastiche sono di solito associate ad una progressione dei
segni clinici.
Malattie nasali
• Scolo mono- o bilaterale?
- Problemi monolaterali, ad es. corpi estranei, neoplasia.
- Problemi bilaterali, ad es. rinite cronica, polipi rinofaringei.
Risposta ad un precedente trattamento?
• I casi di rinite cronica di solito “guariscono” con gli antibiotici, ma recidivano non appena questi vengono interrotti.
• Le condizioni neoplastiche infiammatorie possono rispondere al trattamento con agenti antinfiammatori.
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Esame clinico
L’esame clinico può fornire ulteriori informazioni ed è necessario porre
una particolare attenzione sulla valutazione del tratto respiratorio. I gatti con
URTD che causa dispnea di solito presentano una respirazione rumorosa con
un marcato sforzo inspiratorio e movimenti toracici profondi e difficoltosi.
Ulteriori anomalie possono contribuire a caratterizzare la malattia e si deve
prestare particolare attenzione alla parte restante dell’esame clinico.
• Esame delle narici
- Sono stenotiche?
- È presente un qualsiasi scolo?
− Mono- o bilaterale?
− Scolo emorragico? – si può osservare in presenza di corpi estranei,
neoplasie, alcuni casi di rinite cronica.
• È presente una qualsiasi deformità facciale?
- Neoplasia
- Infezione micotica
- Ascesso
- ? Corpo estraneo
• Flusso dell’aria nelle vie nasali – tenere un batuffolo di cotone davanti a
ciascuna narice per verificarne la pervietà
• Esame oculare nei gatti con scolo nasale
- È presente uno scolo?
- Si trova dallo stesso lato di quello nasale?
- Prendere in considerazione la neoplasia
- È presente uno scolo bilaterale?
- Probabilmente è più indicativo di una malattia infettiva, ad es., infezione da herpesvirus felino (FHV) o calicivirus (FCV).
• Esame del cavo orale
- Colore delle mucose
- Il palato molle può essere abbassato da polipi rinofaringei di grandi dimensioni (di solito, per valutare con successo quest’area è necessaria
l’anestesia generale).
- Possono essere visibili corpi estranei laringei.
• Esame delle orecchie e dei condotti uditivi – utile nei casi in cui i segni clinici possono essere spiegati da malattie dell’orecchio medio e in presenza
di un polipo rinofaringeo.
- Segni di sindrome vestibolare (testa piegata, nistagmo, ecc..)?
- Otite esterna?
- Polipo visibile nel condotto uditivo esterno?
• Palpazione tracheale
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- Sensibilità
- Segni di corpo estraneo?
• Auscultazione senza stetoscopio
- Respirazione rumorosa
− Stridore laringeo, ad es., ostruzione, paralisi
− Rumori russanti, animale che “tira su col naso”, ecc…, in associazione con malattie nasali e rinofaringee, come ad es. tumori del naso, polipi rinofaringei
− Rumori “di sonaglio” udibili, ad es. corpo estraneo tracheale
• Auscultazione toracica
- Ancora importante, anche se la presenza di un rumore riferito lungo le
vie aeree superiori può rendere difficile questa valutazione
• Parte restante dell’esame clinico
- Ancora importante in caso di malattia sistemica o di associazione di più
problemi.
Test diagnostici
Le indagini cliniche in caso di URTD devono prendere in considerazione
i seguenti aspetti.
Esami ematochimici di routine
• Esame emocromocitometrico completo, profilo biochimico, FeLV- e FIVtest per valutare lo status generale e come indicatori di prognosi sfavorevole
Isolamento dei virus “influenzali” (FHV, FCV)
Nei casi sospetti, si può eseguire l’isolamento dei virus “influenzali” mediante PCR (dove è disponibile). Ciò richiede il prelievo di un tampone orofaringeo (assicurarsi che sia abbondantemente coperto di saliva!). Ai fini dell’isolamento, il tampone viene posto in speciali terreni di trasporto per virus
e clamidie (VCTM, viral and chlamydial transport media) che si possono trovare presso i laboratori specialistici che effettuano questo tipo di esami. Il
tampone ed i terreni vengono inviati ad un laboratorio adatto per l’isolamento, che richiede da 2 a 7 giorni. La PCR non necessita di alcun terreno speciale – il tampone viene inviato “asciutto” ad un laboratorio specialistico ed i
risultati si ottengono in 24-48 ore (attualmente, nella maggior parte dei Paesi, questa tecnica è stata validata solo per FHV).
162
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Radiografia
Le immagini richieste dipendono dai singoli casi e le possibili opzioni sono rappresentate da:
1. Proiezioni intraorali in occlusione o oblique a bocca aperta delle cavità nasali
2. Proiezione laterolaterale della faringe
3. Proiezione ventrodorsale (VD) del cranio, proiezioni a bocca aperta delle
bolle
4. Collo
5. Torace in proiezione laterolaterale ± VD
1. Proiezioni intraorali in occlusione o oblique a bocca aperta
• Visualizzano le cavità nasali
• In caso di forme aggressive di rinite virale, neoplasie, altre cause infettive più rare (aspergillosi ed altre infezioni micotiche) si può osservare
una distruzione delle strutture dei turbinati
• In caso di tumori, scoli, sangue, ecc., si può rilevare un aumento della
radiopacità dei tessuti molli
2. Proiezione laterolaterale della faringe
• Rimuovere il tubo orotracheale prima di riprendere le immagini
• Visualizza il rinofaringe
• Può identificare la presenza di un polipo, una massa o una stenosi rinofaringea
3. Proiezioni VD del cranio, a bocca aperta delle bolle, oblique delle bolle
• Rimuovere il tubo orotracheale prima di effettuare la ripresa
• Visualizzano le bolle
• Se si diagnostica o sospetta un polipo rinofaringeo, è indicata la visualizzazione delle bolle al fine di stabilire se è anche presente una malattia mono- o bilaterale dell’orecchio (se è presente, questo riscontro indica una osteotomia ventrale della bolla)
- Ricercare la presenza di ispessimenti delle pareti delle bolle, radiopacità da tessuti molli al loro interno, scomparsa dei condotti uditivi esterni pieni d’aria ecc…
4. Collo – se si sospetta un corpo estraneo tracheale
5. Torace – utile per valutare possibili cause neoplastiche, corpi estranei tracheali radiopachi
Ecografia
Utile per la diagnosi dei problemi laringei, ma di impiego limitato nella
valutazione del resto delle vie aeree superiori. Uno dei vantaggi di questa me163
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todica è che può essere attuata nel gatto non anestetizzato, il che consente di
valutare la funzione laringea – una caratteristica che risulta particolarmente
importante nel caso di paralisi della laringe. L’ecografia è anche utile nella
diagnosi delle cisti laringee e di altre masse. Le cisti possono essere sottoposte ad aspirazione/biopsia e drenate sotto guida ecografica.
Rinoscopia anteriore
È possibile valutare la parte prossimale delle cavità nasali utilizzando un
artroscopio rigido. Questo strumento permette talvolta la visualizzazione di
corpi estranei e tumori e può consentire la rimozione o il prelievo di campioni bioptici nei casi appropriati. Sfortunatamente, la visione ottenuta viene
spesso oscurata dalla presenza di scoli ed emorragie associati alla malattia
primaria ed alla procedura di indagine.
Faringoscopia/rinoscopia retrograda
È possibile se si dispone di un endoscopio flessibile, che può essere girato all’indietro su se stesso in modo da consentire la valutazione delle coane,
della parte terminale delle cavità nasali e del rinofaringe. Risulta particolarmente utile per la visualizzazione di corpi estranei, infiammazioni e tumori
nella parte caudale del naso ed in caso di stenosi rinofaringea. Anche l’uso di
pinze da biopsia per endoscopia consente la rimozione di corpi estranei o il
prelievo di campioni bioptici di tessuti anormali nei casi appropriati.
Esame del rinofaringe
Il rinofaringe va esaminato in tutti i pazienti con scolo nasale, e in particolare in tutti quelli in cui si sospetta la presenza di polipi rinofaringei, stenosi rinofaringee o corpi estranei.
La procedura è la seguente:
• Il paziente viene posto in decubito dorsale con la bocca tenuta aperta ed il
tubo orotracheale sopra la lingua (tirata rostralmente) e la mandibola. Sul
palato molle si può applicare un anestetico locale prima di afferrarne le
estremità con un paio di pinze tissutali di Allis. Il palato molle viene tirato rostralmente in modo da esporre il rinofaringe. Spesso risulta utile un
laringoscopio come fonte luminosa. I polipi in questa sede vengono facilmente identificati. L’apertura rinofaringea è anche visibile sotto forma di
uno sbocco tondeggiante o ovale del diametro di circa 4-5 mm localizzato
nel punto in cui il palato molle si unisce a quello duro. Se invece si presenta soltanto sotto forma di una puntura di spillo è possibile formulare
una diagnosi di stenosi rinofaringea. Nella maggior parte dei casi, si ritiene che la stenosi delle aperture rinofaringee insorga in seguito a preceden164
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ti malattie infiammatorie come l’“influenza” del gatto e possa essere sottoposta ad allargamento per via smussa utilizzando un paio di pinze per lacerare il tessuto cicatriziale. Per ridurre la probabilità e l’entità delle recidive della stenosi è probabilmente utile un trattamento post-allargamento
con antinfiammatori. In alcuni gatti, può essere necessario effettuare ripetute procedure di dilatazione.
Tamponi nasali
Possono essere utili per prelevare un campione di scolo nasale da destinare agli esami batteriologici. Ciò consente la scelta di un antibiotico appropriato, che può essere indicato nei casi di rinite cronica. Altrimenti, il test è di
utilità limitata.
Lavaggi nasali
I lavaggi possono essere eseguiti in modo da ottenere un fluido da destinare agli esami citologici e batteriologici. È raro che queste procedure siano
utili quanto le biopsie nasali, ma possono avere valore diagnostico in caso di
alcuni tumori come ad es., il linfoma. In altre neoplasie, i risultati sono spesso indicativi di un processo infiammatorio, per cui non è possibile differenziare la neoplasia dalla rinite cronica. La tecnica è la seguente:
• Si zaffa la faringe con un tampone
• Il paziente viene posizionato in decubito sternale con la testa al di sopra
dell’estremità del tavolo
• Sotto il naso del gatto si tiene una vaschetta reniforme
• In una cavità nasale si iniettano 2-5 ml di soluzione fisiologica sterile utilizzando un catetere endovenoso (dopo aver rimosso il mandrino!) che viene introdotto all’interno di una delle narici mentre si chiudono le narici
stesse (pizzicandole insieme)
• Dopo aver iniettato il fluido, si può schiacciare il naso e poi lasciar drenare nella vaschetta reniforme il fluido proveniente dalle narici
• Il prelievo di fluido viene effettuato per eseguire indagini citologiche (provetta con EDTA) e batteriologiche (provetta vuota)
Biopsia nasale
Esistono parecchie tecniche per il prelievo di tessuto nasale che può poi essere posto in formalina ed inviato al laboratorio per indagini istopatologiche. Campioni bioptici possono anche essere destinati a colture micotiche e batteriche.
Se si dispone di un endoscopio con pinze da biopsia è possibile effettuare
prelievi faringei e nasali retrogradi. Le biopsie nasali anteriori possono venire effettuate in parecchi modi. Indipendentemente dalla tecnica, lo strumento
165
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da biopsia deve essere introdotto nel naso al massimo per una distanza pari a
quella esistente fra una narice ed il canto mediale dell’occhio controlaterale.
Procedendo più oltre esiste il rischio di effettuare una biopsia cerebrale! Le
tecniche sono rappresentate da:
• Utilizzare un catetere urinario per cani con la punta tagliata. Una volta
penetrati nella cavità nasale e spinto contro il tessuto, si può esercitare
un’aspirazione per ottenere il prelievo di una piccola biopsia a livello
della punta del catetere. Nella maggior parte dei casi questo tentativo
non ha successo, ma in alcuni casi neoplastici si possono avere esiti impressionanti.
• Utilizzare pinze da endoscopia per asportare una porzione di tessuto. Le
pinze vengono introdotte in posizione “aperta” e poi chiuse e tirate all’indietro una volta giunte a ridosso di un tessuto (biopsia alla cieca).
- Questa operazione può essere effettuata visualizzando contemporaneamente il tessuto se si dispone di un rinoscopio rigido (biopsia diretta).
• Utilizzare un cucchiaio di Volkmann per effettuare un prelievo mediante
raschiato in alcuni tessuti (efficace soprattutto in caso di tumori nasali).
• Lavaggio nasale forzato: si iniettano rapidamente 20 ml di soluzione fisiologica (direttamente dalla siringa, senza alcun catetere raccordato all’estremità) nella cavità nasale, tenendo la faringe zaffata con tamponi ed occludendo entrambe le narici. Se è presente una malattia neoplastica o granulomatosa, dopo 1-3 lavaggi si può riscontrare nella faringe una parte della massa. Questa può poi essere fissata in formalina e spedita al laboratorio di istopatologia.
CAUSE COMUNI DI MALATTIE DELLE VIE AEREE
SUPERIORI
Rinite cronica
Cause
Si sospetta che nella maggior parte dei casi questa condizione sia conseguente alla cosiddetta “influenza” felina (FHV o FCV), che può causare un
danno permanente ed esteso alle strutture dei turbinati del naso, lasciandoli
vulnerabili alle infezioni persistenti o ricorrenti da parte di batteri opportunisti.
Segni al momento della presentazione alla visita
• Scolo nasale cronico o ricorrente
- Tipicamente mucopurulento e bilaterale
166
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- Può contenere sangue
- La condizione “guarisce” tipicamente con gli antibiotici, ma recidiva
non appena questi vengono interrotti
- Non è un problema progressivo
- Di solito esiste un’anamnesi di “influenza” felina in passato
- Segni clinici di gravità variabile
• Respirazione rumorosa (stertore), dispnea inspiratoria
• Sternuti
• ± Inappetenza
Diagnosi
• Spesso fortemente sospettata sulla base dell’anamnesi e dei riscontri clinici.
- Escludere o confermare la concomitante presenza di polipi rinofaringei, neoplasie, ecc…
• La radiografia non ha valore diagnostico
- Si può osservare una distruzione o un aumento della radiopacità da tessuti molli (scolo) che si possono vedere anche in caso di neoplasia – è
necessaria una biopsia per la conferma.
Trattamento
• Spesso sono necessari gli antibiotici
- Può essere utile un lungo ciclo terapeutico iniziale, ad es. 6-12 settimane
- L’ideale è basare la scelta dell’antibiotico sui risultati degli esami colturali e degli antibiogrammi
- Come scelte empiriche si possono utilizzare l’amossicillina/clavulanato, la cefalessina e l’enrofloxacin
- Talvolta può essere necessaria una terapia intermittente o costante
- La maggior parte dei casi risponde bene al trattamento, ma si hanno rapidamente delle recidive quando questo viene sospeso
• ? Se il gatto sta bene, si deve adottare l’opzione di non effettuare alcun
trattamento?
• ? decongestionanti, umidificazione
• ? instillazione nasale di gocce di soluzione fisiologica (contribuisce a fluidificare lo scolo presente)
• ? lavaggio nasale terapeutico periodico sotto anestesia
• Alcuni casi rispondono all’impiego intranasale di colliri a base di desametazone/prednisolone
• ? turbinectomia chirurgica
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Prognosi
• Riservata per quanto riguarda la guarigione, ma per il resto la maggior parte dei gatti rimane vivace ed in buone condizioni
Neoplasia nasale
Cause
• Nella maggior parte dei casi: linfoma, adenocarcinoma, carcinoma squamocellulare
Segni clinici al momento della presentazione alla visita
• Scolo nasale che si aggrava progressivamente
- Inizia tipicamente come un problema monolaterale – può progredire fino a diventare bilaterale
- Inizialmente può essere sieroso, evolve tipicamente diventando mucopurulento ± sangue
• Respirazione rumorosa, dispnea inspiratoria
• Starnuti
• Si può osservare un ingrossamento dei linfonodi locali
• Segni di malattia sistemica, ad es., perdita di peso, anoressia, ecc..
• Ci possono essere segni di espansione locale, ad es., manifestazioni oculari ipsilaterali se la massa si estende allo spazio retrobulbare, o se viene
bloccato il dotto lacrimale
• Ci possono essere segni di metastasi a distanza
• Di solito sono colpiti gatti di media età
Diagnosi
• La condizione si può sospettare sulla base dell’anamnesi e dei riscontri
clinici
- Escludere o confermare corpi estranei e rinite cronica
• La radiografia non ha valore diagnostico, perché si possono osservare distruzione e aumento della radiopacità dei tessuti molli (scolo) anche con
altre cause, come ad es. la rinite cronica. Per la conferma è necessaria una
biopsia.
• In alcuni casi, possono essere utili i lavaggi nasali.
Trattamento
• Secondo la causa
- Chemioterapia o radioterapia in caso di linfoma
- ? radioterapia per gli adenocarcinomi
168
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• I lavaggi nasali forzati possono contribuire come intervento citoriduttivo
per diminuire la massa e quindi migliorare la qualità della vita.
Prognosi
• Da sfavorevole a riservata
Polipi rinofaringei
Cause
• La grande maggioranza origina nell’orecchio medio e procede fino al rinofaringe attraverso la tromba di Eustachio, per cui alla fine queste formazioni si localizzano nel rinofaringe (alcune prendono origine dalla
tromba di Eustachio)
• Si sospetta che la malattia dell’orecchio medio insorga in seguito ad “influenza” felina (FHV o FCV)
Segni clinici
• Scolo nasale cronico
- Tipicamente mucopurulento e bilaterale
- Presenta tipicamente un certo miglioramento con gli antibiotici
- Può essere un problema progressivo
- Di solito l’anamnesi riferisce di una precedente “influenza” felina
• Respirazione rumorosa, dispnea inspiratoria stertorosa
• Starnuti
• Conati/disfagia all’assunzione dei pasti costituiscono un riscontro frequente
• Possono essere presenti segni vestibolari
- Testa piegata
- Nistagmo
• Può essere presente una concomitante otite esterna
- In alcuni casi, è visibile un polipo nel condotto uditivo esterno
• Si può sviluppare la sindrome di Horner (poco comune)
• Spesso sono colpiti i gatti giovani (meno di 3 anni)
Diagnosi
• La condizione si può sospettare sulla base dell’anamnesi e dei riscontri clinici
- Escludere o confermare altre cause di malattia dell’orecchio medio
(neoplasia, infiammazione), rinite cronica, ecc…
169
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• L’esame del rinofaringe è il test diagnostico più utile che consente anche
la rimozione del polipo (vedi sotto). Inoltre, può anche permettere di identificare da quale tromba di Eustachio origini il polipo (e quindi da quale lato sia localizzata la malattia dell’orecchio medio).
• Anche la radiografia risulta utile
- I polipi di grandi dimensioni sono visibili nelle radiografie della faringe in proiezione laterolaterale
- Possono essere presenti (non in tutti i casi) delle alterazioni della bolla
- Si possono escludere altre possibili diagnosi differenziali
Trattamento
• Asportazione mediante trazione per via orale
- Trazione lenta
- Si raccomanda l’esame istologico per confermare la diagnosi
- Esiste il rischio di recidiva, ma possono occorrere anni
• Osteotomia ventrale della bolla
- Indicata in presenza di segni di malattia dell’orecchio medio nelle radiografie (questa condizione è difficile da trattare con terapia medica)
- ? necessaria in tutti i casi per prevenire le recidive?
- Sono comuni i deficit neurologici postoperatori – la maggior parte di
essi è transitoria, ma può essere necessario un sostegno in caso di nausea, ecc…
- Sindrome di Horner
- Paralisi facciale
- Sindrome vestibolare
- Sono indicati gli antibiotici postoperatori
• Complicazioni
- Recidiva
- Otite media
- Polipo dell’orecchio
Prognosi
• Eccellente
Stenosi rinofaringea
Cause
• Nella maggior parte dei casi si sospetta che la condizione sia conseguente
ad “influenza” felina (FHV o FCV)
• ? congenita
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CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:40 Pagina 171
Segni clinici
• Respirazione rumorosa, dispnea inspiratoria
• ± scolo nasale cronico, spesso persistente
- Tipicamente mucopurulento e bilaterale
- Tipicamente migliora molto con gli antibiotici, ma spesso non “guarisce” completamente
- Non è un problema progressivo
- Può essere presente un’anamnesi di “influenza” felina in passato
• ± Starnuti con abbondante volume di scolo
Diagnosi
• La condizione si può sospettare sulla base dell’anamnesi e dei riscontri clinici
- Escludere o confermare rinite cronica, polipi rinofaringei
• La radiografia può essere fortemente indicativa – lo scolo ristagna nel rinofaringe, ma è necessario valutare le aperture rinofaringee per confermare la diagnosi
Trattamento
• Ampliamento per via smussa dell’apertura stenotica utilizzando delle pinze inserite nell’apertura e poi impiegate per allargarla
• Dopo l’ampliamento si suggerisce la somministrazione di antinfiammatori (ad es. prednisolone) per ridurre il rischio di cicatrizzazione e riformazione di stenosi
• Può essere necessario ripetere l’ampliamento
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55° Congresso Nazionale SCIVAC
MILANO, 2-4 MARZO 2007
Gualtiero Gandini
Med Vet, Dipl ECVN, Ozzano Emilia (BO)
Malattie infiammatorie
e infettive del sistema nervoso
del gatto
Domenica, 4 marzo 2007, ore 09.00
172
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:40 Pagina 173
Le malattie infiammatorie e infettive del Sistema Nervoso (SN) del gatto
rappresentano, nonostante i grandi progressi compiuti dalla neurologia veterinaria nella specie felina negli ultimi decenni, ancora un settore relativamente
poco conosciuto e che mantiene diversi aspetti oscuri o quantomeno dibattuti.
Obiettivo di questa lezione è affrontare in modo aggiornato, sistematico e
consequenziale l’approccio alle malattie infiammatorio/infettive che colpiscono il gatto.
Nella specie felina, le malattie infiammatorie del SN sono da ascriversi soprattutto ad eziologie virali, mentre le forme batteriche e protozoarie sono
molto più rare e le cosiddette forme “sterili”sono, a differenza di quanto avviene nel cane, segnalate con estrema rarità.
CARATTERISTICHE CLINICHE DELLE MALATTIE
INFIAMMATORIE DEL SISTEMA NERVOSO DEL GATTO
In neurologia, la sintomatologia clinica è di norma legata alla regione neuroanatomica colpita e, di conseguenza, i quadri sintomatologici possono essere assai diversi in base alle strutture anatomo-funzionali interessate dal processo patologico. È pertanto difficile tracciare un profilo sintomatologico comune delle malattie infiammatorio-infettive in quanto, per la loro stessa natura, possono colpire diverse strutture del SN. In presenza di malattie infiammatorie del SN, all’esame clinico la localizzazione neuroanatomica della lesione è di norma multifocale. Nonostante ciò, possono però essere individuati alcuni tratti comuni a questa categoria di malattie. Da un punto di vista clinico, le malattie infiammatorio-infettive, pur prediligendo i soggetti più giovani, possono colpire gatti di qualsiasi età e, caratteristicamente, presentano
un esordio subacuto/acuto ed un decorso a carattere progressivamente ingravescente. All’esame neurologico sono frequenti i reperti di alterazioni a carico delle funzioni del tronco cerebrale, del prosencefalo e del midollo spinale.
Queste sono testimoniate rispettivamente da alterazioni dei nervi cranici, dell’andatura, della propriocezione e dalla presenza di convulsioni, di alterazioni del temperamento e della risposta alla minaccia.
IPOTESI CLINICHE DIAGNOSTICO-DIFFERENZIALI
In presenza di una localizzazione multifocale e del sospetto di una eziologia infiammatoria/infettiva, le diagnosi differenziali cliniche devono prendere
in considerazione un panorama di malattie più o meno frequentemente segnalate e di non sempre facile identificazione. Se le meningoencefaliti batte173
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riche e protozoarie sono scarsamente rappresentate nella specie felina, altro
rilievo è rivestito dalle forme virali. In questa sede verranno descritte nei loro
tratti essenziali le principali malattie infettive del gatto, tra le quali la Peritonite Infettiva Felina (FIP) riveste un ruolo di primaria importanza.
Peritonite Infettiva Felina
La Peritonite Infettiva Felina (Feline Infectious Peritonitis, FIP) è stata descritta per la prima volta nel 1963, e attualmente è considerata una delle più
importanti malattie neurologiche del gatto. L’agente eziologico responsabile
della FIP è il FIPV (Feline Infectious Peritonitis Virus), ceppo mutante del
Coronavirus Felino (FCoV). Il FCoV è responsabile soprattutto di una forma
enterica benigna del gatto (Feline Enteric Coronavirus: FECV) e per molto
tempo si è pensato che esistessero due diversi tipi di coronavirus del gatto, appunto il FECV e il FIPV. Solo in tempi relativamente recenti si è scoperto che
il FIPV rappresenta una mutazione spontanea del FECV in gatti precedentemente infettati dal virus. La trasmissione del virus avviene di norma per via
oro-nasale, attraverso il contatto con le feci di gatti infetti da FCoV. I gatti affetti da FIP non eliminano attraverso le feci il FCoV mutante che causa la FIP,
bensì solo FCoV.
Si ritiene dunque che la FIP di per sé non sia una malattia contagiosa bensì un evento sporadico causato da una mutazione del virus che si è verificata
in un determinato soggetto.
Il FCoV non mutato si replica negli enterociti, causando una infezione
asintomatica o al massimo una diarrea di lieve entità, mentre la variante mutata si replica nei macrofagi, causando la FIP. La mutazione del FCoV avviene spontaneamente in una determinata regione del genoma. La possibilità che
il virus muti è proporzionale alla quantità di virus presente e alla sua persistenza nell’ospite. Pertanto, tutti i fattori che aumentano la replicazione del
virus, come la depressione del sistema immunitario, la giovane età, gli stress,
le terapie con glucocorticoidi, gli interventi chirurgici, aumentano la possibilità che avvenga questa mutazione. Non sono ancora chiariti i fattori che fanno si che un gatto contragga la FIP mentre altri gatti, nella medesima situazione, ne rimangano immuni. Il fattore chiave nella comprensione della patogenesi della FIP è rappresentato dalla capacità che il virus mutante ha di replicarsi nei macrofagi e, pertanto di diffondere ad altri tessuti.
La FIP è una malattia i cui effetti letali non sono causati direttamente dal
virus quanto piuttosto dalla serie di reazioni del sistema immunitario dell’ospite. Le modalità di produzione delle lesioni chiamano in causa principalmente due diverse teorie, che si integrano in vari modi nel produrre i tipici
quadri clinici. 1) il virus, entrato nei tessuti attraverso i macrofagi, attira an174
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ticorpi, frazioni del complemento, neutrofili e macrofagi producendo la tipica lesione granulomatosa. 2) le lesioni sono il risultato della produzione di
complessi immuni circolanti che si depositano nelle pareti dei vasi (spt. a livello di rene, uvea, peritoneo) e lì fissano il complemento originando così la
lesione granulomatosa. Si assume che questi complessi antigene-anticorpo
siano riconosciuti dai macrofagi ma non siano presentati alle cellule killer e
distrutti. Le lesioni endoteliali che ne conseguono producono una vasculite
immuno-mediata che è responsabile di una essudazione ricca di componenti
proteiche.
Le caratteristiche cliniche della malattia rispecchiano la patogenesi delle
lesioni ed i segni apprezzabili sono variabili in dipendenza della capacità di
risposta dell’ospite. Si distinguono classicamente una forma essudativa (o
umida), una forma non essudativa (o secca) e una forma mista. In realtà questa distinzione è più per scopi didattici che reale, in quanto si è dimostrato che
le due forme coesistono pressoché sempre in proporzioni diverse. La forma
“essudativa” è caratterizzata da ascite e versamento toracico e/o pericardico.
Alla palpazione dell’addome possono essere avvertite anse fluttuanti o linfonodi ingrossati. Questa forma non comporta di solito sequele neurologiche
clinicamente apprezzabili, anche se sono state documentate istopatologicamente lesioni microscopiche al SNC. Tipicamente, il versamento peritoneale
è costituito da un trasudato modificato o da un franco essudato ad elevato contenuto proteico per la lata concentrazione di γ-globuline. La componente cellulare è invece modesta.
Circa il 30% dei gatti con FIP presenta segni a carico del SNC e, di norma, questi soggetti presentano la forma “secca”. I segni clinici sono diversi e,
nella loro espressione, riflettono le lesioni nei diversi settori del SNC. Tra i
più comuni riscontrati, si hanno i segni a carico del tronco cerebrale, del cervelletto e del midollo spinale. In particolare, vengono segnalate alterazioni
depressive dello stato mentale, atassia dei quattro arti, nistagmo patologico,
tetraparesi, segni cerebellari quali i tremori intenzionali e le alterazioni dell’equilibrio. Di frequente riscontro è la corioretinite. La diagnosi ante mortem
non è sempre facile e si fonda sulla presenza di segni clinici e laboratoristici,
nessuno dei quali patognomonico. Oltre che i segni clinici descritti (a decorso subacuto-progressivo), i gatti con FIP di norma presentano una grave iperprotidemia (fino a 12 g/dL) e ipergammaglobulinemia, titoli positivi di anticorpi anti-coronavirus, alterazioni del liquido cerebrospinale (LCS) in termini di aumento notevole della concentrazione proteica (50-350 mg/dL) e del
rinvenimento di una marcata pleocitosi mista (>100 cell/µl). Alla Risonanza
Magnetica, si può evidenziare una presa di contrasto a livello di strutture periventricolari. Per la diagnosi della FIP, si ritiene più utile l’esame del LCS
che non la diagnostica per immagini avanzata, anche se spesso nei gatti col175
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:40 Pagina 176
piti da FIP la raccolta del LCS può rivelarsi estremamente problematica per
le caratteristiche di alta viscosità del liquido stesso.
La prognosi, soprattutto per le forme di FIP neurologica, è pressoché invariabilmente infausta nonostante i tentativi terapeutici, volti a ridurre l’abnorme risposta immunitaria con dosi immunosoppressive di steroidi. Diversi
studi sono stati effettuati su farmaci antivirali, quali la ribavirina, l’ω-interferone umano e l’ω-interferone felino, con risultati scoraggianti.
Virus dell’immunodeficienza felina (FIV)
Il virus dell’immunodeficienza felina è un virus in condizioni naturali
scarsamente neurotropo che di norma produce infezioni subcliniche, anche se
sono stati descritti casi caratterizzati da deficit neurologici specifici. Tra questi, sono state documentate soprattutto alterazioni del comportamento, abnorme aggressività, disorientamento, iperattività e convulsioni. Il virus, in condizioni sperimentali, è in grado di produrre lezioni nervose, servite a modello
per lo studio dell’AIDS nell’uomo. È opinione comune che le forme cliniche
di FIV nervosa siano dovute piuttosto all’azione di agenti opportunisti, quali
il toxoplasma o il virus della FIP, piuttosto che non al virus stesso. Sono state segnalate lievi alterazioni del LCS (modica pleocitosi mononucleata) sia
nella forma spontanea che in quella sperimentalmente indotta
Virus della leucemia felina (FeLV)
In letteratura esistono solo sporadiche segnalazioni di lesioni neurologiche, soprattutto iperestesia, paraparesi e atassia, imputabili all’infezione con
FeLV.
Polioencefalomielite felina
La Polioencefalomielite felina è descritta come malattia cronica-subacuta
ad eziologia sconosciuta che colpisce gatti giovani e adulti. Diversi autori, dopo che sono stati escluse le responsabilità di virus quali FIV, FeLV e FIP, ritengono che la malattia possa essere causata da un Borna-like Virus. La malattia si presenta istopatologicamente come una polioencefalomielite non
suppurativa variamente caratterizzata da atassia, perdita dell’equilibrio, nistagmo, alterazioni del comportamento e convulsioni. Anche se l’esame del
LCS può essere modicamente alterato, la diagnosi definitiva è istopatologica.
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Toxoplasmosi
Nonostante la toxoplasmosi sia sempre associata al gatto, in quanto ospite
definitivo del parassita, la toxoplasmosi raramente produce nel gatto sindromi cliniche a carico del SN. Quando questo accade, spesso la toxoplasmosi è
l’espressione di un germe di irruzione secondaria in un soggetto affetto da
FIV o in condizioni di immunodeficienza.
Ascessi cerebrali
Gli ascessi cerebrali rappresentano un’evenienza sporadica che può derivare sia da una diffusione metastatica (endocarditi, focolai pneumonici) che
dall’estensione di un processo settico a carico dell’orecchio medio-interno,
dell’occhio e dei seni, nonché da fatti traumatici come i morsi penetranti di
altri animali. La diagnosi deriva dalla visualizzazione di una lesione tipicamente caratterizzata da un core necrotico e da un vallo periferico che di norma acquisisce contrasto sia alla TC che alla RMN.
PROTOCOLLO DIAGNOSTICO
I passi diagnostici successivi, finalizzati alla conferma del sospetto di malattia infiammatoria del SNC e alla sua individuazione eziologica, comprendono essenzialmente l’esecuzione di esami del sangue, comprendendo tra
questi le indagini sierologiche, ma soprattutto dell’esame del liquido cerebrospinale (LCS). Altri ausili diagnostici, quali la diagnostica per immagini avanzata (Tomografia Computerizzata e Risonanza Magnetica Nucleare) trovano
ragione di essere soprattutto per la conferma o l’esclusione di altre ipotesi cliniche diagnostico-differenziali.
L’esame emocromocitometrico ed il profilo biochimico non presentano
quasi mai alterazioni significative, in quanto la maggior parte delle malattie
infiammatorie del SNC del gatto decorre senza un apprezzabile interessamento sistemico. Fa eccezione la FIP in quanto, nel corso di questa malattia
è possibile rilevare una serie di alterazioni che costituiscono un importante
tassello nella costruzione conclusiva dell’ipotesi eziologica. In corso di FIP è
infatti usuale rinvenire un notevole aumento delle proteine sieriche, imputabile soprattutto ad un aumento delle frazioni beta e gamma globulinica. Questo aumento delle proteine totali è spesso associato ad una ipoalbuminemia,
frutto della concomitante glomerulopatia, di frequente riscontro nei soggetti
affetti da FIP.
177
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In corso di malattia infettiva del SN del gatto, gli esami del sangue rivestono importanza soprattutto nel settore della sierologia, dove si possono dimostrare di estrema utilità per rilevare presenza diretta dell’antigene (come
nel caso della FeLV) o di anticorpi (nel caso di FIV, FIP e toxoplasma). Deve
essere sottolineato che il ritrovamento di anticorpi anto-coronavirus non conferma affatto la presenza di FIP.
Il prelievo e l’analisi del liquido cerebrospinale (LCS) rappresentano uno degli strumenti diagnostici più importanti nell’approccio alle malattie infiammatorie
del SNC. Dal punto di vista patogenetico, queste malattie sono accomunate dall’infiltrazione di leucociti provenienti dal circolo ematico nelle strutture del SNC
e dalla possibile compresenza di alterazioni della membrana ematoencefalica. Entrambi questi aspetti possono essere documentati nelle alterazioni della composizione del LCS, in particolare nell’aumento della componente proteica e cellulare.
Nella maggioranza dei casi, la presenza di un aumento del numero di cellule (pleocitosi) nel LCS, associata di solito anche ad un aumento delle proteine, permette
in primis di confermare il sospetto di una malattia infiammatoria del SNC, ed in
seguito di orientare ulteriormente la diagnosi verso una specifica malattia. Da questa finalità deriva l’importanza di determinare la quantità e il tipo di cellule presenti nel LCS. Le pleocitosi marcate riflettono di norma non solo l’interessamento del tessuto nervoso, ma anche della componente meningea. L’esame del LCS è
particolarmente utile nel confermare il sospetto diagnostico di FIP. In questo caso
il LCS si presenterà di aspetto torbido e caratterizzato da una cospicua presenza di
proteine (soprattutto globuline) oltre che da una marcata pleocitosi mista, costituita da neutrofili e mononucleati e, in qualche sporadico caso, eosinofili.
DECORSO E POSSIBILITÀ TERAPEUTICHE
Nonostante i progressi compiuti nel settore, la diagnosi e, di conseguenza,
la terapia delle malattie infettive/infiammatorie del SN del gatto presentano
ancora molti aspetti non chiariti e, per certi versi, frustranti. Per definizione,
in mancanza di adeguata terapia, la progressione dei sintomi clinici è continua e ingravescente. Va sottolineato che la prognosi in caso di encefalite di
qualsiasi natura è sempre fortemente riservata; in aggiunta, non potendo sempre arrivare ad una diagnosi definita, anche le scelte terapeutiche sono spesso
orientate in base ad elementi diagnostici non conclusivi.
Bibliografia disponibile a richiesta presso l’autore
Indirizzo per la corrispondenza:
Gualtiero Gandini, Dipartimento Clinico Veterinario - Via Tolara di Sopra, 50
40064 Ozzano Emilia (BO) - E -mail: [email protected]
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55° Congresso Nazionale SCIVAC
MILANO, 2-4 MARZO 2007
Sabrina Giussani
Med Vet, Dipl Comp ENFV,
Busto Arsizio (VA)
L’ansia da luogo chiuso nel gatto:
una patologia comportamentale
molto diffusa (e pericolosa)
Venerdì, 2 marzo 2007, ore 16.15
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IL GATTO, ANIMALE TERRITORIALE
Il gatto è definito da un gran numero di Autori, un animale territoriale. In seguito al distacco dalla madre, il legame d’attaccamento primario è trasferito al
territorio e il gatto struttura lo spazio in cui vive suddividendolo in aree chiamate campi territoriali. Ogni campo corrisponde ad una precisa attività svolta come il gioco (la caccia), l’alimentazione, l’eliminazione e il sonno. I differenti
campi territoriali sono delimitati grazie alla deposizione di marcature urinarie e
tramite le graffiature e sono collegati tra loro da sentieri invisibili creati progressivamente dal gattino grazie alla deposizione delle marcature facciali.
Secondo alcune osservazioni effettuate da J. W. S. Bradshaw utilizzando
radio–collari in alcuni gatti domestici sterilizzati di sesso maschile e femminile, la dimensione del territorio appartenente ad ogni individuo si aggira intorno a 0,27 - 0,45 ettari. Gli stimoli visivi, uditivi, tattili presenti all’interno
dei campi territoriali e lungo i sentieri sono molto numerosi e differenti giorno dopo giorno: il gatto dedica una grande parte della giornata all’individuazione della preda, alla cattura, all’ingestione, a relazionarsi con i conspecifici
(attraverso ad esempio il gioco, i contatti fisici, il leccamento reciproco), a
esplorare e a deporre le marcature olfattive e visive, a riposare e così via.
Il processo di domesticazione non ha modificato sostanzialmente il comportamento del gatto e l’attività di caccia continua ad essere una delle principali occupazioni nella quasi totalità delle razze esistenti. Inoltre la convivenza con gli esseri umani nelle campagne o nelle città non ha portato grandi modificazioni al comportamento di caccia: anche un gatto ben nutrito dedica grande parte della giornata alla predazione. Soprattutto all’alba ed al
tramonto l’attività di caccia raggiunge l’apice, anche se questo comportamento può essere messo in atto in qualsiasi altro momento del giorno e della notte a seconda dei periodi di maggiore attività delle prede disponibili.
Leyhausen descrive con grande precisione le differenti fasi della sequenza
del comportamento di aggressione predatoria. Una volta identificata la preda, il gatto effettua l’“avvicinamento in corsa” in posizione raccolta. Quando raggiunge una distanza di alcuni metri, il predatore si ferma e assume la
“postura di osservazione” caratterizzata dalla posizione raccolta, con le
orecchie erette, le pupille totalmente dilatate, le vibrisse portate in avanti e
l’estremità della coda che si muove a scatti. Successivamente il gatto corre
verso la preda effettuando brevi salti e mantenendosi in posizione appiattita a terra. Quando la preda è di piccole dimensioni, come per esempio una
mosca od una cavalletta, il gatto la cattura piombando su di essa con entrambe le mani accostate. Nel caso fosse di grandi dimensioni, come per
esempio un ratto, il predatore la avvicina alla bocca grazie all’utilizzo delle mani e delle unghie ed infligge uno o più morsi, l’ultimo (definito “leta180
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le”) effettuato alla base del cranio della preda. Spesso, dopo la cattura, il
gatto si allontana ed effettua un’esplorazione dell’ambiente circostante:
questo comportamento è chiamato “la passeggiata” e sembra contribuire a
scaricare l’eccitazione provocata dalla caccia. A volte il gatto gioca con la
preda uccisa: secondo J. W. S. Bradshaw il comportamento di gioco potrebbe essere dovuto al conflitto tra il “desiderio” di uccidere la preda ed il “timore” di essere ferito da quest’ultima. Alla cattura della preda fa seguito
l’ingestione della stessa. Il gatto effettua piccoli pasti, intervallati tra loro da
numerose pause. Alcuni individui coprono con terra e foglie ciò che resta
della preda per consumarla in seguito.
Per quanto riguarda l’apprendimento del comportamento di caccia, la madre
svolge un ruolo fondamentale. Infatti a partire dalla quarta settimana di età dei
gattini, inizia a “stimolare” le sequenze del comportamento predatorio dei piccoli ponendoli dapprima di fronte a prede già morte ed in seguito a prede ancora vive. Secondo J. W. S. Bradshaw grazie al gioco il gattino perfeziona il controllo
muscolo – scheletrico migliorando la coordinazione motoria. A seconda delle specie cacciate dalla madre, i gattini perfezioneranno la sequenza del comportamento di aggressione predatoria in relazione a quella data preda: alcuni gatti adulti diventeranno abili cacciatori ad esempio di topi mentre altri di merli.
Le osservazioni effettuate negli ultimi dieci anni in relazione al comportamento del gatto hanno messo in evidenza che l’immagine di un animale solitario in grado di tollerare la vicinanza dei conspecifici solo in occasione dell’accoppiamento, non corrisponde alla realtà. Se il cane può essere definito un
animale sociale obbligatorio, per quanto riguarda il gatto è necessario introdurre il concetto di animale relazionale poiché può vivere all’interno di un
gruppo costituito da un ridotto numero di individui, creando una famiglia oppure una banda, o aggregarsi ad una colonia composta da molti altri gatti, o
condurre vita solitaria. La convivenza con gli esseri umani spinge il gatto a
creare una o più relazioni sociali con i membri della famiglia, anche se la relazione preferenziale spesso è diretta nei confronti di un solo individuo. La
maggior parte delle relazioni sociali instaurate non si modifica anche se il gatto ha la possibilità di accedere all’ambiente esterno: alcuni comportamenti come la ricerca del contatto fisico, la condivisione del luogo di riposo e lo svolgimento di attività collaborative permangono inalterati.
Negli Stati Uniti e nell’Europa occidentale, a partire dagli anni 90, il numero dei felini è nettamente in aumento nella popolazione degli animali famigliari e la maggior parte di essi vive in appartamento senza avere accesso
all’ambiente esterno. Le dimensioni del territorio sono quindi notevolmente
ridotte e la possibilità di mettere in atto il comportamento di predazione è limitata alla sporadica presenza di insetti durante i mesi estivi. Inoltre gli stimoli visivi, uditivi, tattili così numerosi e differenti giorno dopo giorno in
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condizioni di libertà o di semi – libertà, sono limitati e sempre uguali all’interno di un ambiente spesso silenzioso per molte ore al giorno. L’assenza prolungata del proprietario peggiora la situazione in quanto permette la messa in
atto della relazione sociale solo per brevi periodi durante la giornata.
L’ANSIA DA LUOGO CHIUSO
Il motivo di consultazione consiste nella comparsa di aggressioni predatorie e per irritazione a carico dei proprietari. Inoltre più volte al giorno, soprattutto all’alba ed al tramonto, il gatto presenta “crisi di iperattività”: i proprietari descrivono corse in ogni direzione all’interno dell’appartamento, salti che culminano con “rimbalzi” sui mobili più alti e sui muri. Sono portati in
consultazione comportamentale soprattutto i giovani gatti intorno all’anno di
età poiché il comportamento di aggressione è tollerato dai proprietari nel gattino di pochi mesi, in quanto spesso viene considerato un gioco.
EZIOLOGIA
È possibile mettere in evidenza fattori predisponenti e fattori scatenanti.
L’adozione di un gattino che ha avuto la possibilità di “giocare” con prede vive portate nel nido dalla madre e/o di cacciare, e il successivo trasferimento
in un appartamento privo di accesso all’ambiente esterno, costituisce il principale fattore predisponente. L’affezione nasce dalla profonda differenza esistente tra l’ambiente di sviluppo e l’ambiente di vita successivo: il primo è
ricco di stimoli (iperstimolante) mentre il secondo ne è estremamente impoverito (ipostimolante). Un altro importante fattore predisponente è il mancato
rispetto da parte del proprietario dei fabbisogni etologici del gatto. Spesso la
scelta di un felino come animale da compagnia è strettamente dipendente dalle credenze popolari che gravitano attorno a questa specie: il gatto è definito
un “animale solitario” ed “indipendente” e che “non necessita di molte cure”
rispetto ad un cucciolo. Il gattino, quindi, rimane solo la maggior parte della
giornata, immerso in un ambiente silenzioso in cui tutto è immobile. Alla sera il proprietario rientra a casa, dopo poche ore va a dormire… la luce si spegne e l’appartamento torna ad essere silenzioso. L’animale trascorre la propria
giornata spostandosi tra il campo di isolamento (il luogo di riposo), il campo
di alimentazione ed il campo di eliminazione. L’ambiente domestico è arredato, infatti, secondo le esigenze degli esseri umani e non dei gatti: lo spazio
verticale non è esplorabile ed utilizzabile in quanto occupato dai libri o dalle
suppellettili poste sulle librerie, “arrampicarsi” sulle tende è severamente punito e la vista dalle finestre non offre alcuna attrattiva. Inoltre la maggior parte dei proprietari pone al centro della relazione con il proprio animale la dis182
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tribuzione del cibo e spesso quest’ultima costituisce l’unica relazione famigliare presente nella coppia uomo – gatto: il proprietario risponde alla ricerca
di contatto o di gioco con il cibo. Ogni vocalizzo, ogni sfregamento (che corrisponde alla deposizione di feromoni facciali F4) sono ricompensati con la
somministrazione del pasto. La distribuzione del cibo ad orari fissi contribuisce all’evoluzione della patologia.
La comparsa dei sintomi può avvenire fin dal momento dell’adozione, in
conseguenza di un trasloco in un appartamento privo di accesso all’ambiente
esterno (se inizialmente il gatto viveva in condizioni di semi – libertà), della
morte o dell’allontanamento di un altro animale con cui il gatto aveva instaurato una relazione preferenziale (ad esempio un cane od un conspecifico) o della
ripresa del lavoro da parte dei proprietari dopo un lungo periodo di congedo.
DESCRIZIONE ED EVOLUZIONE
Il seguito all’adozione, il gattino mette in atto un comportamento di aggressione predatoria a carico dei soli “oggetti” in movimento all’interno di un ambiente ipostimolante: le prede sono costituite dalle caviglie, dai polpacci, dalle
mani e a volte anche dal viso dei proprietari. Il gatto individua la preda ed effettua un agguato dietro ad una porta o sulle scale. Quindi il felino grazie ad un
veloce balzo, afferra la preda trattenendola con le mani e le unghie, infliggendo
uno o più morsi. Alcune volte il gatto “si apposta” su di un mobile ed “atterra”
direttamente sulla schiena del proprietario. Le punizioni inflitte all’aggressore
portano ad una progressiva degradazione delle relazioni sociali tra il gatto ed i
proprietari. La sequenza descritta tende a strumentalizzarsi rapidamente, riducendosi alla sola fase consumatoria, grazie alle urla ed alla fuga della vittima
che costituiscono un inconsapevole rinforzo. Le aggressioni avvengono soprattutto nei periodi di semi – oscurità, all’alba ed al tramonto e i bambini e gli anziani sono maggiormente interessati: i primi a causa delle corse effettuate nell’appartamento mentre i secondi grazie all’andatura esitante ed incerta.
È possibile inoltre rilevare un comportamento di aggressione per irritazione (da rottura del contatto): al seguito di un contatto prolungato, come ad
esempio più carezze, il gatto “si irrigidisce”, miagola, soffia e morde ripetutamente la mano del proprietario. Il comportamento di aggressione per irritazione può comparire rapidamente al seguito dell’adozione a causa di una ridotta tolleranza alla manipolazione dovuta ad una deficitaria socializzazione
agli esseri umani, oppure più tardivamente a causa dell’instaurarsi di uno stato patologico di ansia intermittente.
Intorno all’età di 4 – 5 mesi, compaiono fasi di iperattività motoria, soprattutto all’alba ed al tramonto, costituite da corse ad alta velocità in ogni direzione dell’appartamento con salti sui mobili, sui divani, sui muri, sui letti,
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sulle finestre. Più volte il mantello è scosso “da una violenta onda”, la rolling
skin syndrom. Il gatto soprattutto la sera, all’improvviso sussulta e fugge come se fosse stato punto. Il alcune occasioni l’animale inizia a leccare furiosamente una parte del corpo, soprattutto la coda, per alcuni minuti. In risposta
ad ogni tentativo dei proprietari di interrompere la sequenza motoria od il leccamento, compare un comportamento di aggressione per irritazione.
Inoltre, il gatto spesso si posiziona nei pressi delle finestre e della porta dell’ingresso miagolando e grattandone la superficie. Più volte il felino riesce ad
uscire sul pianerottolo delle scale approfittando dell’uscita o del rientro a casa
dei proprietari: inizialmente il gatto si lascia riprendere con facilità, mentre in
seguito si allontana sempre più ed effettua delle aggressioni per irritazione sia
da evitamento sia da rottura del contatto nei confronti del proprietario. Durante
il colloquio effettuato con i proprietari di gatti che avevano riportato fratture al
seguito di “cadute” dal balcone o dalle finestre dell’abitazione, ho evidenziato
che nella maggior parte delle situazioni il balcone o la finestra si affacciavano
su di uno spazio erboso: molti pazienti hanno ripetuto l’esperienza più volte. Ritengo che la caduta del gatto fosse volontaria ed avesse lo scopo di raggiungere l’ambiente esterno, ricco di stimoli e di possibili attività.
In breve tempo l’ipostimolazione ambientale, il mancato rispetto dei fabbisogni etologici del gatto e la degradazione delle relazioni sociali tra quest’ultimo ed i proprietari contribuiscono alla nascita di uno stato ansioso di tipo ansia intermittente. Le manifestazioni organiche dirette più frequenti sono
la rolling skin syndrom e la colite cronica.
Tutti i comportamenti sono alterati e tra questi soprattutto il comportamento
somestesico (possono essere presenti lesioni a carico della coda o di altre parte
del corpo), il sonno (è presente un’insonnia a cicli rispettati) ed il comportamento di marcatura (riduzione delle marcature facciali F3 ed F4 e, occasionalmente, la presenza di marcature urinarie). Lo stato patologico può in seguito
evolvere in ansia permanente: l’inibizione comportamentale e le attività di sostituzione (bulimia o leccamento) in questo caso dominano il quadro clinico.
Non è stata evidenziata alcuna predisposizione in relazione alla razza od al
sesso dei gatti affetti dalla patologia comportamentale in esame.
DIAGNOSI DIFFERENZIALE
La socializzazione deficitaria agli esseri umani o fobia sociale
La fobia sociale comporta un evitamento, da parte del gattino, del contatto
con qualsiasi essere umano e può sfociare in un comportamento di aggressione
per paura e per irritazione. La tolleranza alla coabitazione con i componenti di
altre specie, tra cui l’uomo, è strettamente dipendente dallo sviluppo comportamentale del gattino. La socializzazione primaria interspecifica si estende dalla
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seconda alla settima settimana di età circa e la semplice distribuzione del cibo
non è sufficiente ad instaurare una corretta socializzazione alla specie umana.
La Sindrome Ipersensibilità – Iperattività
Il gattino presenta un deficit degli autocontrolli ed una ipermotricità presente 24 ore su 24. Il comportamento di aggressione predatoria è spesso presente: le lesioni sono particolarmente vulneranti in quanto effettuate da un individuo privo del controllo del morso e dello sfoderamento delle unghie.
La Distimia
Il gatto mostra un’alterazione dell’umore caratterizzata da fasi definite di
“normalità” che si alternano a fasi di iperattività o “produttive” (Distimia Unipolare). Secondo Dehasse, alcuni soggetti presentano un avvicendamento di fasi di iperattività e di fasi depressive (Distimia Bipolare). Il passaggio da una fase all’altra è spesso identificato dal proprietario grazie alla midriasi bilaterale che
segnala l’inizio dell’iperattività. La durata di ciascuna fase varia da poche ore a
giorni interi. Il quadro sintomatologico evidenzia la presenza di aggressioni per
irritazione e ridirette, a carico dei proprietari o dei conspecifici, che appaiono all’improvviso senza una ragione apparente. Il comportamento di aggressione può
essere diretto anche verso la coda dell’animale stesso. ereditarietà.
Le affezioni organiche
È necessario raccogliere un’accurata anamnesi ed evidenziare la sequenza
del comportamento di aggressione al fine di effettuare una diagnosi differenziale tra l’Ansia da Luogo Chiuso e le crisi convulsive (dovute ad affezioni a
carico del Sistema Nervoso Centrale o ad uno Shunt Porto – Sistemico), gli
squilibri ormonali (ad esempio l’ipertiroidismo, soprattutto in un gatto di età
superiore ai dieci anni), le affezioni dermatologiche responsabili di prurito. Nel
caso in cui fosse presente una patologia organica i sintomi comportamentali
appaiono all’improvviso, la sequenza aggressiva viene messa in atto in situazioni non prevedibili e si strumentalizza molto rapidamente. Inoltre l’anamnesi non permette di evidenziare l’evoluzione dell’affezione comportamentale.
PROGNOSI
La prognosi è da buona a riservata: dipende dalla fase di evoluzione della
patologia, dalla presenza di bambini in tenera età o di anziani e dalle possibilità di mettere in atto un adeguato arricchimento ambientale. La sola terapia
comportamentale, associata alla terapia feromonale è sufficiente alla risoluzione dell’affezione nel caso in cui la consultazione comportamentale sia effettuata in occasione della comparsa dei primi sintomi. In seguito, soprattutto
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in presenza della strumentalizzazione del comportamento di aggressione, è
necessario ricorrere anche ad una terapia farmacologica. Secondo J. Dehasse
alcuni individui necessitano di una terapia farmacologica a lungo termine.
Quando un gatto vive in un appartamento di ridotte dimensioni (inferiore a 60
– 80 m2), senza possibilità di accedere all’ambiente esterno, la prognosi è riservata: la terapia comportamentale associata alla terapia farmacologica potrà
stabilizzare la patologia ma difficilmente porterà alla guarigione.
TRATTAMENTO
La chiave di volta nella realizzazione del trattamento consiste nella messa
in atto di un corretto rinquadramento etologico. È fondamentale spiegare ai
proprietari che è necessario modificare l’arredamento all’interno dell’appartamento per consentire al gatto di esplorare, procurarsi il cibo, osservare, giocare e così via. Del resto, quando sta per nascere un bambino, i futuri genitori
creano una cameretta con arredi atti a soddisfare le necessità del neonato! In
seguito, acquistano giochi, proteggono gli spigoli dei mobili per evitare traumi, pongono cancelletti alla base delle scale. Ogni volta che decidiamo di convivere con un specie differente è necessario un “adattamento” sia da parte nostra sia da parte dell’animale: in questo modo sarà possibile trovare un “accordo” che permetterà di trarre il massimo piacere reciproco dalla convivenza.
Per quanto riguarda la possibilità per il gatto di procacciarsi il cibo è necessario collocare nell’abitazione due o più punti cibo costituiti da dispensers
contenenti cibo secco di buona qualità. Inoltre è opportuno nascondere alcuni croccantini sotto un angolo di un tappeto, dietro ad un mobile, dentro ad
una scatola in cui sono stati aperti dei pertugi (riproduzione del comportamento di caccia di una preda nascosta in una tana), sotto a una ciotola capovolta. I luoghi dovranno essere cambiati giorno dopo giorno in modo da permettere al gatto di reperire la preda. Il cibo sarà somministrato ad libitum.
Per quanto riguarda le modificazioni ambientali ed i giochi da inserire nell’appartamento durante la conferenza saranno presentati numerose immagini e
filmati. Se fosse possibile l’accesso all’ambiente esterno tutto sarebbe più semplice! I gatti che vivono in appartamento condominiale possono imparare ad
uscire e ad entrare secondo gli orari di lavoro dei proprietari: rimangono nei dintorni durante il giorno ed attendono vicino al portoncino d’ingresso la sera. Certamente aumentano i rischi legati ad investimenti, ferite da morso e così via.
È utile creare un corretto campo di eliminazione (utilizzando una cassetta
in più rispetto al numero totale dei gatti presenti) posto in un luogo tranquillo dell’abitazione e numerosi campi di isolamento, soprattutto ad almeno un
metro di altezza dal pavimento (sugli scaffali di una libreria, sopra una scrivania e così via).
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I proprietari dovranno trascorrere almeno qualche ora in compagnia del gatto, compatibilmente con gli orari imposti dal lavoro. La relazione uomo – animale dovrà essere modificata ed incentrata sul gioco, sui contatti fisici e sulla
“collaborazione”. È opportuno ricordare che i giochi di eccitazione come ad
esempio giocare con le mani o con i piedi, muovere mani o piedi sotto le coperte a letto, inseguire le ombre, i riflessi od i raggi laser proiettati sul muro, devono
essere evitati. Collaborare con il proprio gatto significa coinvolgerlo nelle attività quotidiane della famiglia. Ad esempio, durante i lavori domestici i miei gatti
mi accompagnano stanza dopo stanza, si nascondono sotto le lenzuola quando rifaccio il letto, corrono scivolando sul pavimento bagnato, si intrufolano nell’armadio, giocano con pallottole di carta lanciate nella vasca da bagno, inseguono
la cintura dell’accappatoio, osservano il computer mentre lavoro cercando di afferrare le immagini in movimento e così via. In occasione della fase appetitiva del
comportamento di aggressione predatoria, cioè nel momento in cui il gatto sta per
effettuare l’agguato, è possibile lanciare delle palline di carta che costituiscono
uno stimolo distraente. Oppure è possibile effettuare una punizione a distanza
grazie all’utilizzo dell’esclamazione “NO” accompagnata dalla nebulizzazione di
una piccola quantità di acqua (grazie all’utilizzo di uno spruzzino per i fiori) diretta sul viso dell’aggressore. I proprietari dovranno inizialmente girare “armati”
per la casa: palline in tasca e nebulizzatore a portata di mano. Inoltre l’utilizzo
della feromono – terapia è molto utile: è possibile avvalersi della frazione feromonale F3 (* Feliway diffusore) e F4 (reperita direttamente dalle guance del gatto e raccolta con l’impiego di garze quando l’animale si sfrega volontariamente
sui proprietari). L’intervento può essere protratto per alcuni mesi.
Quando la sequenza di aggressione si è strumentalizzata o quando è presente
uno stato patologico è necessario ricorrere anche alla terapia farmacologica. Le
molecole consigliate sono la clomipramina (alla dose complessiva di 0,2 – 0,8
mg/ Kg, suddivisa in una o due volte al giorno) oppure la fluoxetina (alla dose di
0,5 – 1 mg/Kg al mattino). Nel caso in cui il comportamento di aggressione predatoria fosse meno imponente ma la cute della coda del gatto presentasse lesioni
dermatologiche, sarà possibile utilizzare la selegilina (alla dose di 1 mg/Kg, al
mattino). In presenza di un comportamento di eliminazione inappropriata, se il
quadro lo consente, è possibile utilizzare il buspirone (alla dose complessiva di 2,5
– 7,5 mg/ gatto suddivisa in due somministrazioni al giorno). Il trattamento farmacologico deve essere protratto per almeno 3 o 4 mesi e successivamente interrotto con o senza svezzamento a seconda della molecola scelta. Secondo la mia
esperienza, l’orchiectomia o l’ovariectomia sono indispensabili al fine di raggiungere un risultato stabile. Il comportamento di aggressione predatoria non
scompare al seguito dell’intervento chirurgico, in quanto è presente anche nei maschi e nelle femmine sterilizzati. L’orchiectomia e l’ovariectomia non costituiscono una terapia sufficiente al trattamento dell’affezione comportamentale.
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La presenza di bambini in tenera età o di persone anziane deve portare il
Medico Veterinario a compiere un’accurata valutazione del rischio. In alcuni
casi è opportuno consigliare l’adozione presso un’altra famiglia o una colonia
felina. Creare e mantenere numerosi contatti con le associazioni protezionistiche possono costituire un valido aiuto per trovare al gatto una nuova situazione di vita. Ritengo l’eutanasia “l’ultima spiaggia”… non può essere considerata un trattamento ma a volte è l’unica soluzione possibile.
CONSIDERAZIONI
I risultati ottenuti da uno studio effettuato in Belgio, mostrano che le patologie legate alla limitazione del territorio sono presenti nel 90% circa dei
gatti che vivono in appartamento e la domanda di eutanasia è spesso posta soprattutto da parte di famiglie in cui sono presenti dei bambini.
Nel caso in cui i proprietari consultassero il Medico Veterinario prima di
acquistare il gattino sarà necessario effettuare un accurato bilancio delle risorse: un monolocale di cinquanta metri quadrati, un single che si assenta da
casa tutta la giornata, una famiglia con bambini in tenera età devono costituire un argomento di riflessione e di discussione in vista della futura adozione.
In occasione della visita comportamentale gattino il Medico Veterinario potrà effettuare una corretta prevenzione informando i proprietari in relazione all’inquadramento etologico e all’arricchimento ambientale. Per meglio illustrare
i concetti esposti è possibile creare un album fotografico, da mostrare durante
la visita, contenente immagini relative alla strutturazione dei campi di alimentazione, di eliminazione, di riposo, e alla messa in atto dell’arricchimento ambientale. In questo modo le informazioni date saranno più complete.
Secondo la mia esperienza non tutti gli individui sono “adattabili” alla vita in appartamento: in alcuni gatti, anche mettendo in atto un trattamento adeguato, il comportamento di aggressione permarrà anche se ridotto in intensità ed in frequenza. In questi casi l’adozione presso una colonia felina o in una
casa con giardino costituirà l’unica terapia possibile.
Bibliografia
Bradshaw J. W. S. (1996), “Il comportamento del gatto”, Edagricole;
Colangeli R, Giussani S. (2005), Medicina comportamentale del cane e del gatto, Poletto Editore, Gaggiano (Mi);
Dehasse J., (2001), “L’educazione del gatto”, Alberto Perdisa Editore, Bologna;
Leyhausen P., (1994), “Il comportamento dei gatti”, Ethologica 1, Adelphi edizioni;
ZOOPSY, (2001), “ Le comportement du chien et du chat dans la pratique quotidienne“, Module prévention et éducation, Ecole Nationale Vétérinaire de Lyon.
Indirizzo per la corrispondenza: Sabrina Giussani - E-mail: [email protected]
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55° Congresso Nazionale SCIVAC
MILANO, 2-4 MARZO 2007
Danièlle Gunn-Moore
Med Vet, BSc, BVM&S, PhD, ILTM, MACVSc,
MRCVS, Edinburgh, UK
The diagnosis and treatment
of renal insufficiency in cats
Diagnosi e trattamento
dell’insufficienza renale nel gatto
Friday, March 2nd 2007, 5.30 p.m.
Venerdì, 2 marzo 2007, ore 17.30
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1. INTRODUCTION
Chronic renal insufficiency (CRI) is a common and important cause of
morbidity and mortality in cats. It can be seen in cats of all ages, but occurs
most commonly as an acquired disease of middle-aged to older cats. CRI and
chronic renal failure (CRF) are believed to be two to three times more common in cats than dogs. Increasingly, with the routine use of plasma biochemistry testing, more and more cats are being found to be azotaemic. Azotaemia refers to increased levels of plasma creatinine and urea. These begin
to rise when the glomerular filtration rate (GFR) is no longer able to maintain normal excretory function. Unfortunately, the relationship between plasma creatinine and GFR is curvilinear. So the GFR may decrease rapidly in
the early stages of CRI without incurring increases in creatinine, then, later
on even small reductions in GFR may cause dramatic increases in creatinine.
It is generally accepted that more than three-quarters of functioning renal
tissue must be lost before azotaemia becomes apparent (Finco et al 1995;
Squires 1996).
The classification of CRF into clinical stages can be very helpful. However, it is important to look at all of the abnormal clinical findings, and not concentrate on the urea and creatinine levels alone. That said, cats with CRF can
usually be divided into:
• IRIS Stage I: Chronic renal insufficiency (nonazotaemia renal failure) –
~67% of kidney function lost. Urine concentration ability is reduced, but
urea and creatinine levels are still within normal limits.
• IRIS Stage II: Azotaemia renal failure – ~75% of kidney function lost.
Urea and creatinine levels are raised. Phosphate levels are usually raised.
However, initially the cat is not necessarily ill.
• IRIS Stage III: Uraemia renal failure – >90% of kidney function lost. The
urea, creatinine and other nitrogenous waste products are raised. Synthesis of calcitriol and erythropoietin are usually impaired. The cat is systemically ill.
• IRIS Stage IV: End-stage renal failure – >95% of kidney function lost. Excessive ammonium generation with kidney. Life is not sustainable without
dialysis or renal transplant.
In 1998, with the support of Novartis Animal Health, the International
Renal Interest Society (IRIS) was formed. It was established in recognition
of the importance of renal disease in small animal practice, and aims to
help veterinary practitioners to better understand, diagnose and treat renal disease in cats and dogs. (For more information on IRIS visit: www.renalhealth.org).
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This article will very briefly discuss the aetiology, clinical signs and diagnosis of feline CRF, after which it will focus more deeply on possible longterm management options.
2. AETIOLOGY
While the underlying cause of most cases of feline CRF remains obscure,
a number of different aetiologies have been documented (Table 1). The most
common histopathological finding is of chronic interstitial nephritis (Lucke
1968), however, the cause of this is uncertain, but in some cases may involve
chronic pyelonephritis or glomerulonephritis.
3. CLINICAL SIGNS
The clinical signs of cats with CRF are often non-specific, with dehydration, anorexia, lethargy and depression being seen most commonly (see Table
2) (Lulich et al 1992; Krawiec and Gelberg 1989; DiBartola et al 1987; Elliott and Barber 1998). Polyuria and polydipsia are seen less commonly than
in the dog. This may result in part from poor recognition on the part of the
owners, but also because cats with CRF often retain some degree of urineconcentrating ability. The presence of small kidneys cannot be relied on as an
indicator of CRF as many cats have enlarged kidneys due renal lymphosarcoma or polycystic kidney disease. Other manifestations of uraemia in cats in-
Table 1. Potential aetiologies of feline chronic renal failure
Chronic tubulointerstitial nephritis
Glomerulonephritis
Pyelonephritis
Polycystic renal disease – congenital or acquired
Amyloidosis – familial or acquired
Nephrotoxins – e.g. ethylene glycol, aminoglycoside antibiotics, lilies, tulips
Hypercalcaemia
Hydronephrosis
Renal lymphoma
Eventual result of untreated pre-renal or post-renal failure
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clude vomiting (due to uraemic gastritis, hypergastrinaemia, or the central effects of uraemia toxins), pale mucous membranes (due to anaemia – see below), and hypertensive retinopathy (see below).
4. DIAGNOSIS
Diagnosis of CRF is usually based on clinical signs plus the presence of azotaemia and inappropriately concentrated urine. However, because cats often retain some ability to concentrate their urine it is not necessary to document isosthenuria (SG ~ 1.010). In fact, while most cats with CRF fail to concentrate their
urine above 1.035, isosthenuria is seen in only ~60% of cases (Barber and Elliott
1998; Lulich et al 1992; DiBartola et al 1987; Elliott and Barber 1998).
Table 2 - Common clinical signs in 412 cases of CRF a
Clinical sign
%
Dehydration
62
Anorexia
62
Lethargy / depression
47
Weight loss
46
Polydipsia / polyuria
38
Vomiting
29
Large kidneys (1 or both)
25b
Small kidneys (1 or both)
19
Pale mucous membranes
10
Oral ulceration / discomfort
10
Also
Retinal detachment
Poor coat
Thin
Halitosis
Diarrhoea or constipation
Haematuria / dysuria
Bone pain / osteodystrophy
a
Based on four studies (Lulich et al 1992; Krawiec and Gelberg 1989; DiBartola et al
1987; Elliott and Barber 1998). b Based on 337 cats from three studies (Lulich et al 1992;
Krawiec and Gelberg 1989; DiBartola et al 1987).
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Azotaemia is not always caused by CRF, and a single blood sample showing an increase in creatinine and/or urea should not be over-interpreted. In
general, serum creatinine concentrations reflect renal function more accurately than urea concentrations. However, serum creatinine may also be increased because of dehydration (pre-renal azotaemia), intestinal absorption
of exogenous creatinine (e.g. a cooked meat diet), catabolic conditions (e.g.
starvation, fever, excessive exercise, infection, necrosis), or a marked increase
in body muscle mass (IRIS 2000). Urea may be increased because of dehydration, intestinal absorption of exogenous protein (e.g. a high protein diet or
gastrointestinal haemorrhage), certain catabolic states (starvation, hyperthyroidism, or the use of corticosteroids), or post-renal failure/obstruction. Once
azotaemia has been detected its continued presence should be confirmed with
further blood samples and a urine sample should be collected for assessment
of its concentration.
Occasionally, the degree of azotaemia is not as severe as expected. This is
seen most commonly in very thin cats which lack sufficient muscle mass to incur markedly raised creatinine levels, and occasionally in cats with severe liver dysfunction that are unable to produce urea.
In addition to azotaemia, a number of other clinicopathological changes
are seen commonly in cats with CRF (Table 3) (Barber and Elliott 1998;
Lulich et al 1992; DiBartola et al 1987; Elliott and Barber 1998). These include hyperphosphataemia (due to reduced GFR), acidosis (because the kidneys fail to excrete sufficient acid), hypokalaemia (due to inappropriate kaliuresis) and hypoproliferative anaemia (due to reduced erythropoietin production, reduced red blood cell survival times, uraemic suppression of erythropoiesis, and/or gastrointestinal bleeding). Other changes may relate to stress
and/or dehydration (e.g. altered white blood cell numbers, hyperglycaemia,
hyperproteinaemia).
In addition, proteinuria has recently been shown to be an independent risk
factor for the progression of CRF in cats (Gunn-Moore et al 2003; Syme and
Elliott 2003 a,b; Lees et al 2005; King et al 2006b; Syme et al 2006; Elliott
and Syme 2006). While only ~10% of cats with CRF have a urinary protein to
creatinine ratio (UPC) of >1.0, recent studies have shown that in cats with
CRF a UPC >0.4 (0.3-0.6) is in indicator of poor prognosis, and may warrant treatment (Lees et al 2005). One study found that mean survival times
were 449 days in cats with a UPC <0.2, 224 days in cats with a UPC 0.2-0.8,
and only 117 days in cats with a UPC >0.8 (Gunn-Moore et al 2003; King et
al 2006b). A separate study found that mean survival times were ~700 days
with a UPC <0.43, but ~270 days with a UPC >0.43 (Syme and Elliott 2003;
Syme et al 2006). While the presence of proteinuria typically indicates
glomerular damage it is now suggested that proteins in the glomerular filtrate
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may be directly renotoxic contributing to progression of renal failure. IRIS
now recommend that each cat is assessed for proteinuria by UPC and classified into the ranges <0.2, 0.2-0.4 and >0.4 (Elliott and Syme 2006).
While CRF is usually progressive, some cats may have long periods of relatively stable renal function in both experimental (Ross et al 1982; Adams et
al 1994) and naturally occurring disease (Elliott and Barber 1998). Because
of this it can be difficult to give an accurate prognosis for a particular cat with
CRF. The plasma creatinine concentration is a weak prognostic indicator. In
contrast, the presence of anaemia tends to indicate a poor prognosis. Also,
cats in end-stage renal failure are more likely to be hyperkalaemic and/or
acidotic, have lower urine specific gravity and more acidic urine (Elliott and
Table 3 - Common clinicopathological findings in 286 cases of CRF a
Finding
%
↑ plasma urea
98
↑ plasma creatinine
98
↑ plasma PTH
84b
Urine specific gravity < 1.030
75c
↑ plasma phosphate
63
↓ plasma TCO2
55
Anaemia
37
↓ plasma calcitriol
36b
↓ plasma ionised calcium
25b
↓ plasma potassium
21
↑ plasma cholesterol
72
< 10c
Urine protein:creatinine > 1.0
Also
↑ plasma amylase
↓ Lymphocytes
↑ plasma glucose
↑ White blood cells
↑ plasma ionised calcium
a
Based on four studies (Barber and Elliott 1998; Lulich et al 1992; DiBartola et al 1987;
Elliott and Barber 1998). b Based on 80 cats (Elliott and Barber 1998). c Based on 52 cats
(Elliott and Barber 1998).
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Barber 1998). End-stage renal failure is also more likely to be associated with
worsening renal secondary hyperparathyroidism (RHPTH), reduced levels of
calcitriol and reduced levels of ionised calcium (Barber and Elliott 1998).
While it would be advantageous to detect CRI as soon as it develops, this
can only be performed where GFR can be measured. Unfortunately, while a
number of suitable techniques have been validated (e.g. measurement of GFR
using the clearance of inulin, iohexol, Tc-DTPA, or exogenous creatinine)
they are not currently routinely available.
It is essential when making a diagnosis of CRF that a full and thorough diagnostic investigation be made. The initial investigation and follow-up monitoring should include:
• Physical examination (including retinal examination)
• Bodyweight and body condition score (1 being very thin to 9 being obese)
• Systolic and, where possible, diastolic blood pressure
• Haematology (looking for anaemia in particular)
• Serum biochemistry (urea, creatinine, potassium, sodium, calcium, phosphate, proteins, and serum thyroxin concentration)
• Urinalysis, UPC and urine bacterial culture
• Where possible, assessment of acid-base status
• Periodical assessment of iron status is also warranted, especially in
anaemic CRF cats
• +/- parathyroid hormone status monitoring (especially in cats receiving
calcitriol therapy)
It is important to remember that while young animals usually have only
one disorder at a time, this is often not the case with the older patient. In older patients the diagnosis and treatment of CRF may be complicated by the
concurrence of multiple interacting disease processes. It is only by detecting
and treating the concurrent diseases at the same time as the CRF that the cat
can best be managed.
The initial investigation should include a thorough physical examination
(including ocular examination, measurement of body weight and systemic
blood pressure), plus collection of a blood sample (for routine biochemical
and haematological analysis, including serum thyroxine assessment), and a
urine sample (for routine urinalysis, assessment of urine protein to creatinine
ratio, and bacterial culture).
5. MEDICAL MANAGEMENT
Where an underlying cause for the CRF can be found this should be addressed. For example, bacterial nephritis or pyelonephritis should be treated
with appropriate antibiotics, nephrotoxins should be removed (e.g. non195
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steroidal anti-inflammatory drugs, aminoglycoside antibiotics, exposure to
ethylene glycol antifreeze, lilies or tulips), pre-renal complications should be
corrected (e.g. dehydration or cardiac disease), and post-renal obstruction
should be resolved. The rest of this section will consider the aetiology of some
of the more important problems associated with CRF, and then discuss the
pros, cons and practical application of possible treatment options. However,
it is important to tailor the specific treatment plan to the individual cat, according to their specific needs and situation.
5.1 The importance of maintaining sufficient fluid intake
An inadequate fluid intake can result in dehydration, reduced renal perfusion and exacerbation of CRF. Some cats may be presented with acute decompensation of their CRF, while others may experience chronic or recurrent
dehydration. Maintaining an adequate fluid intake is therefore of prime importance. Owners should be made aware of the increase in obligate fluid loss
that typically accompanies CRI and so ensure that their cat has constant access to fresh water. In addition, they should encourage further fluid consumption by feeding a moist diet, and offering tempting ‘soups’ (e.g. made from cat
food diluted with warm water, not salty fish stock, human gravy that may contain sufficient onion powder to induce haemolytic anaemia in cats, or milk
which contains high levels of phosphate).
Where this proves insufficient to meet the cat’s needs many clinicians encourage the regular ‘at home’ administration of subcutaneous fluids by the
owners. Lactated Ringer’s solution (LRS) or normal saline are used most frequently, although their long-term use may lead to sodium accumulation
which may exacerbate hypertension. This can be prevented by using fluid
composed of two parts 5% dextrose to one part LRS, however, dextrose-containing fluids can cause pain and irritation on administration. The amount
of fluid given can be adjusted according to need (~50-150 ml, given from
daily to once a week). In addition, as needed, the fluid can be supplemented
with potassium chloride (10 - 20 mmol KCl per litre of fluids) or sodium bicarbonate (0.5 – 8 mmol per litre of fluids - see later for indications). While
this can improve the cat’s well being by reducing azotaemia, it should not be
done to excess as over-diuresis may actually exacerbate CRF. In all cases, it
is sensible to monitor serum electrolyte levels (especially sodium and potassium levels) so that problems can be detected and corrected quickly. To ease
the administration of the fluids an ‘indwelling’ subcutaneous catheter may
be considered, as can a nasogastric tube or a percutaneously (PEG) or surgically placed gastrostomy tube.
196
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5.2 The role of diet; including altering the levels of protein and
phosphate
Dietary therapy represents the cornerstone of management for patients
with CRF. This is because the list of factors within food that may exacerbate
or protect against CRF is endless. Most work has concentrated on the roles
of protein, phosphate, calcium, potassium, and acidification (see below).
However, other studies have suggested that it may be beneficial to restrict
sodium chloride (Dworkin et al 1996) although this has been questioned (Buranakarl et al 2004); to change the lipid content of the diet and alter the balance of free fatty acids from omega-6 unsaturated fatty acids in favour of
omega-3 unsaturated fatty acids (Brown et al 1996a and b; Finco et al 2000);
or to add extra water soluble vitamins (e.g. B-complex vitamins).
The ideal ‘renal diet’ should therefore:
• Meet nutrient and energy requirements
• Reduce protein catabolism and alleviate clinical signs of uraemia
• Minimise electrolyte, vitamin and mineral disturbances
• Slow the progression of renal failure
5.2.1 Restriction of dietary protein
The clinical benefits of protein restriction in CRF have been demonstrated in a number of species (Harte et al 1994; Finco et al 1992; Levey et al
1999; Polzin et al 1991). The products of protein catabolism are believed to
contribute significantly to the clinical signs associated with uraemia. Reducing the intake of non-essential protein may therefore help to reduce the production of nitrogenous waste and so reduce the severity of the anorexia, vomiting, weight loss, anaemia and lethargy.
Whether or not dietary protein restriction actually helps to reduce the progression of renal failure is more controversial. Experimental studies (mostly
in rats and dogs) have shown that in the early stages of CRF a declining number of nephrons is compensated for by an increased GFR for each individual
(single) nephron (SNGFR). This increase in SNGFR is achieved by glomerular hyperfiltration, glomerular hypertrophy and glomerular hypertension,
and is associated with an increase in proteinuria. Together, these factors may
lead to glomerular and tubulointerstitial sclerosis and progression of the
CRF. In some experimental models protein restriction has minimised these
changes and so retarded the progression of disease (Brown and Brown 1995;
Polzin et al 1991). While these findings have been supported by a meta-analysis of several studies in humans (Pedrini et al 1996) there is still considerable
debate as to whether or not protein restriction will truly limit the progression
of CRF in naturally occurring CRF in most species.
197
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Few studies have investigated the role of protein restriction in cats with
CRF. Experimental studies appear to show that significant proteinuria and
glomerular morphological injury may occur in cats fed a higher protein diet,
however, the presence of increased protein and calorie intake made interpretation difficult (Adams et al 1994; Finco et al 1998). The difficulty of separating out different dietary variables also proved a complicating factor in studies
by Harte et al (1994) and Elliott et al (2000) where cats with naturally occurring CRF were fed diets restricted in protein and phosphorus. In both studies,
the cats fed a ‘restricted protein-phosphorus diet’ showed marked clinical improvement, and reduced levels of plasma urea and phosphate. In the study by
Elliott et al (2000) the benefits also included a prolongation of life compared
to those fed a standard cat food (mean survival time of 633 versus 264 days).
While the overall benefit of the restricted diets cannot be denied, the individual effects of the protein and phosphorus cannot be determined.
It is generally recommended that cats with CRF be fed a diet with moderate protein restriction; containing protein of ~20% of the caloric intake. Unfortunately, the exact requirements are unknown, and since cats have a naturally high protein requirement it is essential not too over restrict them (Polzin
et al 1996), especially if they still have significant muscle mass. It is also important to ensure that the source of protein is of high biological value and
contains all of the essential amino acids.
Unfortunately, while feeding a moderately protein-restricted diet is recommended, the poor palatability of these diets often limits their acceptance.
Because of this, it is often recommended that cats with CRF be gradually
weaned onto these diets before they start becoming inappetent or anorexic.
5.2.2 Restriction of dietary phosphorus and use
of phosphate binders
Hyperphosphataemia occurs in approximately two thirds of cats with CRF
(Table 3) (Barber and Elliott 1998; Lulich et al 1992; DiBartola et al 1987;
Elliott and Barber 1998), and is believed to contribute to the uraemic complication of CRF. The primary mechanism for hyperphosphataemia is phosphate retention due to reduced GFR. Because the regulation of phosphorus
and calcium are intrinsically linked, the phosphorus retention leads to calcium-phosphate deposition in the tissues (metastatic mineralisation), and this,
in turn, leads to a reduction in the concentration of plasma ionised calcium.
The resultant hypocalcaemia, although subclinical, stimulates the release of
parathyroid hormone (PTH). Phosphate retention, when combined with the
loss of renal mass, leads to a decreased production and/or activity of renal 1α-hydroxylase enzyme, and hence a reduction of 1,25 dihydroxyvitamin D
(calcitriol). The hypocalcitriolaemia results in a further increase in PTH pro198
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duction and reduced intestinal absorption of calcium. Phosphorus retention
is therefore an important factor in the development of renal secondary hyperparathyroidism (RHPTH) (Chew et al 1992).
Secondary hyperparathyroidism occurs commonly in cats with CRF. In
one study, 84% of cats with naturally occurring CRF were found to have RHPTH; with the severity and prevalence being highest in cats with end-stage renal failure (Barber and Elliott 1998).
Parathyroid hormone may be considered as a uraemic toxin. In excess, it
has been associated with a variety of clinical abnormalities, including
anaemia, neurotoxicity, osteodystrophy (resulting in low-grade bone pain),
arthritis, glucose intolerance, hyperlipidaemia, pancreatitis, immunosuppression and soft tissue mineralisation. While it is clear that when soft tissue mineralisation involves the kidneys it can lead to progressive renal dysfunction, a
more general role for PTH in the progression of CRF is still under debate
(Chew and Nagode 1992).
Limiting phosphorus consumption appears to slow the progression of CRF.
Experimentally, when cats with CRF were fed a diet restricted in phosphate,
they developed less renal mineralisation, mononuclear cell infiltration and fibrosis than cats fed a normal diet (Ross et al 1982). Studies in dogs have also shown a beneficial effect to restricting dietary phosphorus once azotaemia
develops (Finco et al 1992). As discussed above, (under ‘Restriction of dietary protein’), feeding cats with naturally occurring CRF a diet restricted in
both phosphate and protein resulted in a marked clinical improvement, plus
reduction of plasma phosphorus and PTH (Barber et al 1999; Elliott et al
2000). Since PTH is believed to be a uraemic toxin reducing its concentration
is likely to be beneficial (Barber et al 1999). Interestingly, RHPTH can occur
prior to the development of overt hyperphosphataemia. However, the importance of starting phosphate restriction prior to the detection of increased circulating phosphate remains unclear (Barber et al 1999).
Restriction of dietary phosphate is an important part of CRF management.
The aim is to normalise the serum phosphate concentration. This can initially be achieved by feeding a phosphate-restricted diet (most commercial ‘renal
diets’ are low in protein and therefore also low in phosphorus). However,
when that is no longer sufficient, intestinal phosphate binders will need to be
added. Monitoring plasma phosphate is an efficient, if not very sensitive,
method for the detection of RHPTH (Barber and Elliott 1998). That said,
blood samples should be collected after a 12 hour fast and should be nonhaemolysed. A more sensitive method is to directly assess PTH concentration
(Barber and Elliott 1998), however, this requires a fasted blood sample,
‘frozen shipment’ of serum and access to a species-validated test, which is
usually expensive.
199
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Intestinal phosphate binders are usually added once the fasting serum
phosphorous is > 2 mmol/l. Aluminium hydroxide, aluminium carbonate or
aluminium oxide are used most commonly (30-150 mg/kg/day, divided between meals, and adjusted according to response). Unfortunately, phosphate
binders are often poorly palatable, messy to administer, and may lead to nausea, anorexia, or constipation. Of the many products available Alu-Caps
(capsules containing 475mg of dried aluminium hydroxide; 3M Health care)
are perhaps the most palatable, and can be given by mixing a proportion of
the contents of a capsule into the cat’s food. In humans, it has been shown that
the aluminium may become deposited in bone, resulting in worsening renal
osteopathy. While this has not been shown to occur in dogs (Finco et al 2000),
the situation in cats is unknown. Because of this, some clinicians have recommend the use of calcium salts e.g. calcium carbonate (20-100 mg/kg/day,
divided between meals), or calcium acetate. However, they are less effective
than aluminium salts, and they have the potential to induce hypercalcaemia.
Because of this it is essential to normalise the calcium level before starting
the medication, and to monitor it closely throughout therapy. A number of
companies offer combined products e.g. Ipakitine from Vetoquinol; which
combines calcium carbonate with chitosan (to reduce phosphate absorption
from the intestines), and report significant plasma phosphate reduction in cats
with CRF (Wagner et al 2004) (although the product also contains lactulose,
which may cause diarrhoea in some cats). Since hypophosphataemia can result in weakness and anaemia, it is important to monitor phosphate levels
whichever type of phosphate binder is chosen.
5.2.3 Calcitriol therapy
Plasma calcitriol concentrations are reduced in cats with CRF (see above)
(Barber and Elliott 1998). Since calcitriol therapy effectively reduces PTH
levels it should, in theory, make a useful adjunct to the treatment of cats with
CRF (Chew and Nagode 1992). Some clinicians, including the author
(DGM), use calcitriol therapy extensively, and find that it improves their patients’ appetite and general well being (1.5-3.5 ng/kg/day po, given separately from meals; remove the oil from a capsule, dilute in corn oil, then give the
appropriate volume, and store for up to two weeks) (Nagode et al 1996).
However, there are few controlled studies showing beneficial long-term use.
Also, the difficulties associated with its administration and monitoring deter
many clinicians from using it. Careful monitoring is essential because calcitriol administration can result in hypercalcaemia and resultant hypercalcaemic nephropathy. Calcium and phosphorous levels must be in the low-normal range before beginning treatment, and they should then be monitored
every 2-4 weeks.
200
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5.3 Control of hypokalaemia
Hypokalaemia, probably resulting from inappropriate kaliuresis, is a common finding in cats with CRF (Table 3) (Barber and Elliott 1998; Lulich et al
1992; DiBartola et al 1987; Elliott and Barber 1998). It is currently unclear
whether hypokalaemia is usually a cause of CRF, a consequence of CRF, or
both. However, there is good evidence to show that hypokalaemia can cause
or exacerbate feline CRF (DiBartola et al 1993; Dow et al 1990), and potassium supplementation of hypokalaemic cats with CRF often results in improved renal function (Dow et al 1987).
While the most obvious sign of severe hypokalaemia is polymyopathy, with
generalised muscle weakness and ventroflexion of the neck, this does not develop until there is severe potassium depletion. Routine assessment of serum
potassium is therefore recommended, with supplementation where necessary.
Since feeding acidifying, magnesium restricted, and/or high protein diets appears to increase the risk of hypokalaemia these should not be fed to cats with
CRF. Instead, it is advisable to feed non-acidifying, protein-restricted diets,
and supplementation is recommended if the serum potassium levels fall below
4 mmol/l. Potassium gluconate is used most frequently (initially at 1-4 mmol
q12h po, reducing as required).
However, potassium citrate may be preferable when the patient is also acidotic (75 mg/kg q12h po). Potassium chloride is used infrequently as it is unpalatable and may cause gastrointestinal irritation. Daily potassium supplementation of non-hypokalaemic cats with CRF does not appear to be beneficial (Theisen et al 1997).
It is important to remember that all intravenous (and even subcutaneous)
fluids need to be supplemented with potassium to prevent inducing hypokalaemia. Ideally, the amount of potassium added to the fluids is based on
the serum potassium levels (Table 4).
Table 4 - Amount of potassium that should be added to iv fluids
Serum potassium levels
Amount of potassium to be added to 500ml fluids
< 2 mmol/l
40 mmol
2.0 – 2.5 mmol/l
30 mmol
2.5 – 3.0 mmol/l
20 mmol
3.0 – 3.5 mmol/l
14 mmol
> 3.5 mmol/l
10 mmol
(‘maintenance’ levels)
201
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5.4 Correction of acidosis
Reduced renal function leads to a decline in the renal capacity for acid excretion. Because of this, acidosis occurs fairly commonly in cats with CRF,
particularly those with severe disease (Table 3) (Barber and Elliott 1998;
Lulich et al 1992; DiBartola et al 1987; Elliott and Barber 1998). While acidosis is believed to contribute to anorexia, nausea, vomiting, weight loss,
lethargy, and hypokalaemia, its role in the progression of renal failure remains unclear (Polzin et al 2000). That said, in other species it is associated
with increased protein catabolism, anorexia, and precipitation of uraemic crisis (Fettman et al 1992). In addition, enhanced renal ammoniagenesis can
cause activation of the complement cascade and tubulointerstitial injury
(Nath et al 1985).
It is advisable to monitor cats with CRF at regular intervals for their acidbase status (assess TCO2 or plasma bicarbonate). Specific treatment should
be considered when TCO2 is < 15 mmol/l, and should aim to maintain the
TCO2 between 18-23 mmol/l (Finco et al 2000). Treatment most frequently
consists of sodium bicarbonate (5-10 mg/kg q8-12h po) or potassium citrate
(30 mg/kg q12h po). However, sodium bicarbonate should be used cautiously
in hypertensive patients, and potassium citrate may be a better choice when
hypokalaemia is also present.
5.5 Correction of hypoproliferative anaemia
Many cats with CRF develop progressive anaemia that results in a variety
of clinical signs including lethargy, inappetence, weakness and weight loss
(Barber and Elliott 1998; Lulich et al 1992; DiBartola et al 1987; Elliott and
Barber 1998). The cause of the anaemia is multifactorial, and includes reduced erythropoietin production related to reduced renal mass, reduced red
blood cell survival times, uraemic suppression of erythropoiesis, and/or gastrointestinal bleeding. The most commonly used treatment options include recombinant human erythropoietin (r-HuEPO), iron supplementation (if needed), and anabolic steroids.
A number of studies have shown that r-HuEPO can cause a dramatic reversal of anaemia in cats with CRF, along with a general improvement in well
being (Cowgill 1994; Polzin et al 1992; Cowgill et al 1998). Treatment with
r-HuEPO is usually started once the PCV has fallen below ~20% (100
units/kg is given subcutaneously three times a week until the PCV reaches
~30%, after which the dosage interval can be extended. Initially, the PCV and
other red cell parameters should be monitored weekly, then once the cat is
202
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more stable this can be extended to perhaps once every three to four weeks. If
further adjustments are needed the dose can be altered by 25-50 units/cat)
(Cowgill 1994). Complications to r-HuEPO therapy include poor response
due to iron deficiency, hypertension, polycythaemia, induction of anti-r-HuEPO antibodies, and systemic or local allergic reactions. To reduce the risk of
iron deficiency it is sensible to assess serum iron levels and total iron binding
capacity prior to starting treatment, and to continue to monitor these parameters while the cat is receiving r-HuEPO. (Serum iron concentration, % iron
saturation and total iron binding capacity can be performed by Capital Diagnostics, Edinburgh, UK; while ferritin levels can be assessed by Kansas
State University, USA). If iron supplementation is required ferrous sulphate
can be given (50-100 mg/cat q24h po). About 30% of cats treated with r-HuEPO eventually develop antibodies that prevent the r-HuEPO from inducing
erythropoiesis and can, occasionally, result in transfusion dependent aplastic
anaemia. Its relatively high cost, the risk of side effects, and the cost of the
necessary monitoring often limit the use of r-HuEPO.
While some clinicians advocate the use of anabolic steroids (e.g. nandrolone decanoate 1-1.5 mg/kg weekly by intramuscular injection) experimental support for their use is generally poor (Polzin et al 1992), and some
anabolic steroids have been shown to induce liver failure.
5.6 Support of adequate food intake: Control of nausea and
vomiting, use of gut protectants, appetite stimulants, and intake
supplementation
Cats with CRF often have a reduced food intake. Their lack of appetite
may be caused by:
i) uraemic gastritis (due to the effects of circulating uraemic toxins or hypergastrinaemia)
ii) gastrointestinal haemorrhage
iii) the central effects of uraemic toxins causing nausea and vomiting
iv) offering rather unpalatable ‘renal diets’ and/or
v) the presence of constipation (resulting from chronic dehydration and exacerbated by some of the treatments e.g. sucralfate).
Cats that do not maintain their food intake may incur protein malnutrition,
endogenous protein catabolism, and metabolic acidosis.
Treatment options include the use of H2-antagonists to reduce gastric acidity (e.g. famotidine 0.5-1.0 mg/kg q24-48h po [not iv], ranitidine 2-4 mg/kg
q12h, iv or po [which also has a GI prokinetic effect], or cimetidine 2.5-5.0
mg/kg q8-12h, po, iv), sucralfate to help heal gastric ulceration (250-500
203
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mg/cat q8-12h po), centrally acting anti-emetics to help block the effects of
uraemic toxins on the chemoreceptor trigger zone (e.g. metoclopramide 0.20.5 mg/kg q6-8h po, or 1-2 mg/kg q24h as a constant iv infusion), and lactulose (dosed to effect as a laxative, and it has the additional benefit of trapping
urea in the bowel and reducing the azotaemia).
There are a number of different ways of encouraging cats to eat. These include the use of warmed or aromatic foods, and any intervention that improves the cat’s sense of well being. Unfortunately, the use of chemical appetite stimulants is not without risk as diazepam can cause fatal hepatic
necrosis (Center et al 1996) and cyproheptadine has very occasionally been
associated with haemolytic anaemia (DGM personal observation). While anabolic steroids (e.g. nandrolone – see above) may appear to help in some
case, few clinicians use them routinely. Where cats fail to maintain an adequate calorie (and/or fluid) intake, some clinicians will consider the longterm use of nasogastric or PEG tubes.
5.7 Systemic hypertension, antihypertensive drugs, and ACE
inhibitors
While the relationship between hypertension as a cause versus an effect
of CRF remains poorly defined, it is essential that all cats with CRF be assessed for its presence. This is because hypertension is found commonly in
cats with CRF (from ~ 25% of cats with CRF seen in a first opinion practice
up to 60-65% of similar cases in referral practice); the presence of untreated hypertension may lead to exacerbation of the CRF (Kobayaski et al 1990;
Ross 1992; Littman 1994; Henik 1997; Brown et al 2000; Elliott et al 2001;
Syme et al 2002). In a small survey of our own CRF cases 14/26 (56%) were
found to be hypertensive (systolic blood pressure > 175 mmHg (Brown et al
2000; Elliott et al 2001; Henik 1997; Sparkes et al 1999). Six cases were diagnosed at the time of initial presentation, and a further eight developed hypertension within five years of being diagnosed with CRF. Our study, plus a
number of others, noted that there is no correlation between the degree of
azotaemia and the presence or severity of systemic hypertension (Elliott et al
2001; Kobayaski et al 1990).
While the exact aetiology of hypertension in CRF remains unclear a number of factors appear to be involved (Henik 1997; Kobayashi et al 1990; Ross
1992): Diseased kidneys may be unable to efficiently excrete sodium and water (resulting in extracellular expansion), while activation of the renin-angiotensin-aldosterone system (RAAS) leads to the production of angiotensin II
(which produces vasoconstriction) and aldosterone (which promotes sodium
204
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retention). Also, diseased kidneys may be unable to produce adequate
amounts of vasodilator substances (e.g. prostaglandins and components of
the kallilrein-kinin system), and autonomic dysfunction may result in increased circulating levels of catecholamines and an increased vascular responsiveness. While different types of renal disease may produce hypertension
by different mechanisms, the presence of hypertension results in continually
high glomerular filtration pressures that may worsen existing renal disease
and contribute to further hypertensive injury and disease progression (Kobrin
and Aradye 1997).
The most common changes consistent with persistent hypertension occur
in the kidneys, eyes, heart and brain (Elliott et al 2001; Henik 1997). Unfortunately, hypertension is usually only suspected very late in the course of disease, once end-organ damage has already occurred. This is typically seen as
exacerbation of renal failure, intraocular haemorrhage and/or blindness, left
ventricular hypertrophy, and/or cerebral vascular accidents. In our own series ocular signs were present in 38%, and cardiac changes in 29% of the cases. Of the hypertensive cats, 71% had ocular evidence of hypertensive damage. Findings included anterior chamber, vitreal or retinal haemorrhage, retinal oedema or detachment, arterial tortuosity, alternating constriction and
dilation of retinal primary venules, and/or glaucoma.
Blood pressure should therefore be evaluated as a routine part of all
check-ups of CRF cats and anti-hypertensive therapy should be prescribed to
those where the mean systolic blood pressure readings, taken with the cat in
a calm state, are persistently above 170 - 180 mmHg or where there is evidence of hypertensive retinopathy (Stepien 2004).
Various indirect methods exist for the measurement of blood pressure.
However, in cats, the Doppler method is believed to be most accurate, as oscillometric methods tend to underestimate blood pressure (Bartges et al 1996;
Brown et al 2000). The only problem with this technique is that it is difficult
to get an accurate measurement of the diastolic pressure.
Although treatment of feline systemic hypertension has largely been extrapolated from human medicine, a number of studies have been carried out
on cats. A number of treatment regimes have been suggested, including the
use of calcium channel blockers (CCBs) (e.g. amlodipine besylate; 0.625-1.25
mg/cat po q24h), and/or angiotensin converting enzyme (ACE) inhibitors (e.g.
benazepril; 0.25-0.5 mg/kg po q24h). Also, where possible, any underlying
conditions should be treated. While other therapies have been suggested, including the use of beta adrenergic receptor antagonists (e.g. propranolol), alpha adrenergic receptor antagonists (e.g. prazosin), arteriolar vasodilators
(e.g. hydralazine), diuretics (e.g. frusemide), or a low salt diet, they tend to be
less reliable and/or effective (Bartges et al 1996).
205
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Many people recommend calcium channel blockers (CCBs) (and amlodipine besylate in particular) as the single agent of choice for the treatment
of systemic hypertension in cats (Bartges et al 1996; Elliott et al 2001, Henik
1997). CCBs may be of particular benefit in cats with CRF as they decrease
systemic hypertension, dilate glomerular afferent arterioles, attenuate mitogenic effects of various growth factors, and attenuate mesangial entrapment
of macromolecules (Epstein 1992). However, because of preferential afferent
arteriolar dilation, elevated systemic blood pressure may be transmitted to
the glomerulus, resulting in glomerular hypertension (Tolins and Raji 1991).
ACE inhibitors are now becoming a first line therapy for the treatment of
systemic hypertension in humans with CRF (Jafar et al 2001; Maschio et al
1996). The positive effects of using ACE inhibitors to treat hypertension in
CRF arise because, by inhibiting the conversion of angiotensin I to angiotensin II, ACE inhibitors decrease aldosterone secretion, decrease plasma
and urine angiotensin II, increase urine concentration of prostaglandin E and
bradykinin, reduce intra-glomerular capillary blood pressure (due to efferent
arteriolar dilation), and reduce glomerular hyperfiltration and proteinuria
(Allen et al 1987; Tolins and Raji 1991). However, ACE inhibitors may also
lead to reduced renal perfusion and so cause tubular necrosis, resulting in
progression of the renal failure (Amadio et al 1990). This may be more of a
significant problem for those ACE inhibitors that are exclusively excreted
though the kidney and their doses need to be adjusted in cases of CRF (Allen
et al 1987). One advantage of benazepril is that most of its excretion is
through the liver.
In cats, the beneficial effects of ACE inhibitors (and benazepril in particular), have been shown in a number of studies of experimental and naturally
occurring CRF. Significant reductions in systemic blood pressure, glomerular
capillary pressure, angiotensin II, aldosterone, and proteinuria have been
documented (Brown et al 2001; Watanabe et al 1999). Results from the BENRIC study support these findings, with the most significant effects being seen
in proteinuric patients, and Persian cats (Gunn-Moore et al 2003a,b; King et
al 2006).
Is it better to treat cats with CRF with CCBs or ACE inhibitors?
i) Where systemic blood pressure is significantly raised (>200 mmHg) amlodipine is required because it is more effective in reducing very severe
hypertension and it gives more predictable results (Brown and Henik
2000). However, these cases may also benefit from the addition of an ACE
inhibitor, particularly if their UPC ratio is at or above the high end of
normal or if the hypertension is severe and/or refractory to CCB.
206
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ii) There is now growing evidence to support the use of ACE inhibitors, not
only in hypertensive cats, but more widely in normotensive individuals
with CRF (Lefebvre and Toutain 2004, King et al 2006, Mizutani et al
2006). In addition, studies in human patients have suggested that ACE inhibitors are more effective at reducing the progression of renal failure,
even in cases where no systemic hypertension is present (Jafar et al 2001).
ACE inhibitors have been shown to be more renoprotective than CCBs in
dogs with experimental CRF (due to induced diabetes mellitus) (Brown et
al 1993). While ACE inhibitors are most effective in the treatment of CRF
associated with mild to severe proteinuria or diabetes mellitus (Maschio
et al 1996, King et al 2006), their beneficial effect in non-proteinuric cases has lead to the suggestion that they may have a positive effect beyond
decreasing blood pressure and reducing urinary protein loss (Jafar et al
2001; King et al 2006).
iii) ACE inhibitors should not be given to cases of unstable or acute RF, and
extreme care should be taken when considering starting them in cases of
severe CRF (place the cat on iv fluids first and monitor the cat for deterioration or an increase in the plasma creatinine of >30% - if this occurs,
stop the ACE inhibitor).
5.8 Urinary tract infections
Urinary tract infections (UTIs) occur commonly in cats with CRF, probably
relating to the presence of dilute urine, but also because uraemia has inhibitory effects on neutrophil function. In a number of studies 25-35% of cases were
found to have a UTI at some point during their illness (Demetriou et al, 1997;
Barber person communication 2001; Mayer-Ronne et al, 2006). Interestingly,
75% of the UTIs occurred in female cats, and many of these cats had recurrent
episodes of infection (Barber, personal communication, 2001). Unfortunately,
while the presence of a UTI rarely results in specific clinical signs (e.g. typically of pollakiuria, renal pain and/or dysuria) it is highly likely to exacerbate the
renal damage. It is therefore essential that cats with CRF be regularly assessed
for the presence of a UTI. Unfortunately, pyuria and/or an active urine sediment is not always present in cases of UTI associated with CRF in cats (or diabetes mellitus or hyperthyroidism) (Mayer-Ronne et al, 2006). This may be because uraemic toxins (and hyperglycaemia) can reduce neutrophil function.
Since diagnosis can only be confirmed by performing urinalysis and bacterial
culture, urine samples need to be collected by cystocentesis.
Once a UTI has been confirmed, the chose of antibiotics is best made according to culture and sensitivity, and a prolonged course is required (3-6
207
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weeks). Ideally, culture and sensitivity should be repeated after one week of
treatment (to ensure the choice of antibiotic has been correct), and then again
one week after completing the course (to confirm the treatment has been effective).
5.9 Long-term monitoring
Long-term monitoring is essential. Each examination should be as extensive as the initial examination (see above), and it should be repeated every
one to six months, depending on the severity and extent of the clinical signs.
Further information for owners of cats with CRF can be found on the FAB
website (www.fabcats.org) and the following site which was designed by an
owner of a cat with CRF: http://www.felinecrf.com/ which contains particularly useful on administration of subcutaneous fluids and links to a variety of
other useful web sites.
References available from author on request:
[email protected] Nov 2006
208
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1. INTRODUZIONE
Il deficit renale cronico (DRC) è una causa comune ed importante di
morbilità e mortalità nel gatto. Si può osservare in animali di tutte le età, ma
si presenta più comunemente come una malattia acquisita nei felini di media età o anziani. Sia il deficit che l’insufficienza renale cronica (IRC) sono
considerate due o tre volte più comuni nel gatto che nel cane. Con il passare del tempo, grazie all’impiego di routine del profilo biochimico, il numero dei gatti iperazotemici è risultato in continuo aumento. Col termine di
iperazotemia si indica un incremento dei livelli plasmatici di creatinina ed
urea. Questi iniziano ad aumentare quando la velocità di filtrazione glomerulare (GFR, glomerular filtration rate) non è più grado di mantenere la
normale funzione escretoria. Sfortunatamente, la relazione fra creatinina
plasmatica e GFR è curvilinea.
Quindi, mentre negli stadi iniziali del deficit renale cronico la velocità di
filtrazione glomerulare può diminuire rapidamente senza determinare concomitanti incrementi dei livelli di creatinina, in seguito riduzioni anche piccole del GFR possono causare drastici incrementi della creatinina. Viene generalmente accettato che, prima che si renda evidente l’iperazotemia, si deve verificare la perdita di più di 3/4 del tessuto renale funzionale (Finco et
al., 1995; Squires 1996).
Può essere molto utile suddividere la IRC in stadi clinici. Tuttavia, è importante prendere in considerazione tutti i riscontri clinici anormali e non
concentrarsi soltanto sui livelli di urea e creatinina. In questo senso, i gatti con
IRC possono di solito essere classificati come:
• Stadio IRIS I: deficit renale cronico (insufficienza renale non iperazotemica) – perdita del 67% circa della funzione renale. La capacità di concentrazione dell’urina è ridotta, ma i livelli di urea e creatinina sono ancora
entro i limiti normali.
• Stadio IRIS II: insufficienza renale iperazotemica – perdita del 75% circa
della funzione renale. I livelli di urea e creatinina sono aumentati. Di solito si osserva anche un incremento delle concentrazioni di fosfati. Tuttavia,
inizialmente il gatto non è necessariamente malato.
• Stadio IRIS III: insufficienza renale uremica – perdita di oltre il 90% della funzione renale. Si ha un aumento dei livelli di urea, creatinina ed altri
prodotti catabolici azotati. Di solito viene compromessa la sintesi di calcitriolo ed eritropoietina. Il gatto presenta una malattia sistemica.
• Stadio IRIS IV: insufficienza renale in stadio terminale – perdita di oltre il
95% della funzione renale. Eccessiva formazione di ammonio nel rene.
L’animale non può sopravvivere senza dialisi o trapianto renale.
209
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Nel 1998, con il sostegno di Novartis Animal Health, è stata costituita la
International Renal Interest Society (IRIS). La società è stata istituita come riconoscimento dell’importanza della nefropatia nella clinica dei piccoli animali e per contribuire ad aiutare i veterinari a capire, diagnosticare e trattare
meglio le malattie del rene nel cane e nel gatto. (Per ulteriori informazioni sulla IRIS visitare www.renalhealth.org).
Il presente lavoro illustrerà in modo molto breve l’eziologia, i segni clinici e la diagnosi della IRC del gatto, dopo di che prenderà in considerazione,
in modo più approfondito, le possibili opzioni terapeutiche a lungo termine.
2. EZIOLOGIA
Anche se la causa sottostante della maggior parte dei casi di IRC felina rimane oscura, sono state documentate numerose eziologie differenti (Tab. 1).
Il riscontro istopatologico più comune è la nefrite interstiziale cronica (Lucke 1968); tuttavia, la causa di questa condizione è incerta, benché in alcuni casi possa coinvolgere forme croniche di pielonefrite o glomerulonefrite.
3. SEGNI CLINICI
I segni clinici nei gatti con IRC sono spesso aspecifici e quelli di più comune riscontro sono rappresentati da disidratazione, anoressia, letargia e
Tabella 1 - Potenziale eziologia dell’insufficienza renale cronica del gatto
Nefrite tubulointerstiziale cronica
Glomerulonefrite
Pielonefrite
Nefropatia policistica - congenita o acquisita
Amiloidosi – familiare o acquisita
Nefrotossine – ad es., glicol etilenico, antibiotici aminoglicosidici, gigli, tulipani
Ipercalcemia
Idronefrosi
Linfoma renale
Eventuali esiti di insufficienza pre- o postrenale non trattata
210
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depressione (Tab. 2) (Lulich et al., 1992; Krawiec e Gelberg, 1989; DiBartola et al., 1987; Elliott e Barber, 1998). Poliuria e polidipsia si osservano
meno comunemente che nel cane.
Ciò può essere dovuto in parte allo scarso riconoscimento da parte dei
proprietari, ma anche al fatto che i gatti con IRC spesso mantengono un certo grado di capacità di concentrazione dell’urina.
Non ci si può basare sul riscontro di un rimpicciolimento dei reni come
indicatore della presenza della malattia, dato che in molti gatti questi organi sono ingrossati a causa di un linfosarcoma renale o di una nefropatia policistica. Altre manifestazioni di uremia nel gatto sono rappresentate da vomito (gastrite uremica, ipergastrinemia o effetti centrali delle tossine uremiche), pallore delle mucose (da anemia, vedi oltre) e retinopatia ipertensiva (vedi oltre).
Tabella 2 - Segni clinici comuni in 412 casi di IRCa
Segno clinico
%
Disidratazione
62
Anoressia
62
Letargia/depressione
47
Perdita di peso
46
Poliuria/polidipsia
38
Vomito
29
Rene ingrossato (uno o entrambi)
25b
Rene rimpicciolito (uno o entrambi)
19
Pallore delle mucose
10
Disagio/ulcerazione orale
10
Anche
Distacco retinico
Mantello scadente
Magrezza
Alitosi
Diarrea o costipazione
Ematuria/disuria
Dolore osseo/osteodistrofia
a
Sulla base di 4 studi (Lulich et al 1992; Krawiec e Gelberg 1989; DiBartola et al 1987;
Elliott e Barber 1998). b Sulla base di 337 gatti derivati da tre studi (Lulich et al 1992;
Krawiec e Gelberg 1989; DiBartola et al 1987).
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4. DIAGNOSI
La diagnosi della IRC di solito si basa sui segni clinici associati al riscontro di iperazotemia e inappropriata concentrazione dell’urina. Tuttavia, poiché
i gatti spesso conservano una certa capacità di concentrare la propria urina,
non è necessario documentare un’isostenuria (Peso Specifico pari a circa
1.020). In realtà, mentre la maggior parte dei gatti con IRC non riesce a concentrare la propria urina fino a valori al di sopra di 1.035, l’isostenuria si osserva soltanto nel 60% circa dei casi (Barber e Elliott 1998; Lulich et al 1992;
DiBartola et al 1987; Elliott e Barber 1998).
L’iperazotemia non è sempre causata dalla IRC e non si deve dare eccessiva importanza al riscontro di un singolo campione di sangue che mostri
un aumento dei livelli di creatinina e/o urea. In generale, le concentrazioni
sieriche di creatinina riflettono la funzione renale in modo più accurato di
quelle dell’urea. Tuttavia, la creatininemia può anche venire aumentata a
causa di disidratazione (iperazotemia prerenale), assorbimento intestinale di
creatinina esogena (ad es., dieta a base di carne cotta), condizioni cataboliche (ad es., inedia, febbre, esercizio eccessivo, infezione, necrosi) o marcato
incremento della massa muscolare corporea (IRIS 2000). L’urea può venire
incrementata a causa di disidratazione, assorbimento intestinale di proteine
esogene (ad es., una dieta ad elevato tenore proteico o un’emorragia gastroenterica), certi stati catabolici (inedia, ipertiroidismo o impiego di corticosteroidi), o insufficienza/ostruzione postrenale. Una volta identificata l’iperazotemia, occorre confermarne la presenza continuativa tramite ulteriori
esami ematochimici ed il prelievo di un campione di urina destinato alla determinazione della sua concentrazione. Occasionalmente, l’iperazotemia ha
una gravità minore del previsto. Ciò si osserva nella maggior parte dei casi nei
gatti molto magri che sono privi di una massa muscolare sufficiente ad incorrere in marcati incrementi dei livelli di creatinina e di quando in quando in
gatti con grave disfunzione epatica che non riescono a produrre urea.
Oltre all’iperazotemia, nei gatti con IRC si osservano comunemente numerose altre alterazioni dei parametri di laboratorio (Tab. 3) (Barber e Elliott
1998; Lulich et al 1992; DiBartola et al 1987; Elliott e Barber 1998). Rientrano fra queste l’iperfosfatemia (dovuta alla riduzione della velocità di filtrazione glomerulare), l’acidosi (perché i reni non riescono ad effettuare l’escrezione di una quantità sufficiente di acido), l’ipokalemia (da kaliuresi inappropriata) e l’anemia ipoproliferativa (da ridotta produzione di eritropoietina, diminuzione dei tempi di sopravvivenza degli eritrociti, soppressione uremica
dell’eritropoiesi e/o sanguinamento gastroenterico). Altre modificazioni possono essere correlate a stress e/o disidratazione (ad es., alterazione del numero dei leucociti, iperglicemia, iperproteinemia).
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Inoltre, recentemente è stato dimostrato che la proteinuria costituisce un fattore di rischio indipendente per la progressione della IRC nel gatto (Gunn-Moore et al 2003; Syme ed Elliott 2003 a,b; Lees et al 2005; King et al 2006b; Syme
et al 2006; Elliott e Syme 2006). Anche se solo il 10% circa dei gatti con IRC
presenta un rapporto proteine:creatinina nell’urina (UPC) > 1,0, recenti studi
hanno dimostrato che nei gatti con IRC un UPC > 0,4 (0,3-0,6) è un indice di
prognosi sfavorevole e può giustificare il trattamento (Lees et al., 2005). Uno
studio ha riscontrato che i tempi di sopravvivenza medi erano di 449 giorni nei
gatti con UPC < 0,2, 224 giorni in quelli con UPC di 0,2-0,8 e di soli 117 giorni in quelli con UPC > 0,8 (Gunn-Moore et al 2003; King et al 2006b). Uno studio separato ha riscontrato che i tempi di sopravvivenza medi erano di circa 700
Tabella 3 - Comuni riscontri di laboratorio in 286 casi di IRC a
Riscontro
%
↑ Urea plasmatica
98
↑ Creatinina plasmatica
98
↑ PTH plasmatico
84b
Peso specifico dell’urina < 1.030
75c
↑ Fosfati plasmatici
63
↓ TCO2 plasmatica
55
Anemia
37
↓ Calcitriolo plasma
36b
↓ Calcio ionizzato plasmatico
25b
↓ Potassio plasmatico
21
↑ Colesterolo plasmatico
72
Rapporto proteine:creatinina nell’urina > 1.0
< 10c
Anche:
↑ amilasi plasmatica
↓ Linfociti
↑ Glucose plasmatico
↑ Leucociti
↑ Calcio ionizzato plasmatico
a
Sulla base di 4 studi (Barber e Elliott 1998; Lulich et al 1992; DiBartola et al 1987; Elliott e Barber 1998). b Sulla base di 80 gatti (Elliott e Barber 1998). c Sulla base di 52 gatti (Elliott e Barber 1998).
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giorni con un UPC < 0,43, ma di circa 270 giorni con un UPC > 0,43 (Syme ed
Elliott 2003; Syme et al 2006). Anche se la presenza di proteinuria indica tipicamente un danno glomerulare, oggi si ipotizza che le proteine nel filtrato glomerulare possano essere direttamente nefrotossiche, contribuendo alla progressione dell’insufficienza renale. L’IRIS raccomanda oggi di sottoporre ciascun
gatto alla valutazione della proteinuria mediante UPC e di distinguere tre fasce,
per valori < 0,2, da 0,2 a 0,4 e < 0,4 (Elliott and Syme 2006).
Anche se la IRC è solitamente progressiva, alcuni gatti possono presentare
lunghi periodi di relativa stabilità della funzione renale sia nelle forme sperimentali della malattia (Ross et al 1982; Adams et al 1994) che in quelle ad insorgenza spontanea (Elliott e Barber 1998). Perciò, può essere difficile fornire una prognosi accurata per un particolare gatto con IRC. La concentrazione plasmatica di
creatinina è un indicatore prognostico debole. Al contrario, la presenza di anemia
tende ad indicare una prognosi sfavorevole. Inoltre, i gatti con insufficienza renale in stadio terminale hanno maggiori probabilità di essere iperkalemici e/o acidosici e producono un’urina con un peso specifico più basso e più acida (Elliott e
Barber, 1998). L’insufficienza renale in stadio terminale ha anche maggiori probabilità di essere associata a maggiore aggravamento dell’iperparatiroidismo secondario renale (RHPTH), riduzione dei livelli di calcitriolo e diminuzione dei livelli di calcio ionizzato (Barber ed Elliott, 1998).
Sarebbe vantaggioso identificare il deficit renale cronico non appena si sviluppa, ma ciò si può fare soltanto quando è possibile misurare la GFR. Sfortunatamente, benché siano state validate numerose tecniche adatte (ad es., la misurazione della GFR utilizzando la clearance di inulina, ioexolo, Tc-DTPA, o creatinina esogena), al momento attuale queste non sono disponibili di routine.
Al momento della formulazione di una diagnosi di IRC è essenziale condurre un’indagine diagnostica completa ed approfondita. Le valutazioni iniziali ed il monitoraggio di follow-up devono comprendere:
• Esame clinico (compresa la valutazione della retina)
• Determinazione del peso corporeo e del punteggio di condizione corporea
(1 = molto magro, 9 = obeso)
• Misurazione della pressione sistolica e, quando possibile, diastolica
• Esami ematologici (in particolare, ricerca dell’anemia)
• Profilo biochimico (urea, creatinina, potassio, sodio, calcio, fosfati, proteine e concentrazione sierica di tiroxina)
• Analisi dell’urina, UPC ed urocoltura batterica
• Quando possibile, valutazione dello status acido-basico
• È anche richiesta la valutazione periodica dello status del ferro, in particolare nei gatti anemici con IRC
• ± Monitoraggio dello status del paratormone (soprattutto nei gatti sottoposti a terapia con calcitriolo).
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È importante ricordare che, mentre gli animali giovani sono solitamente
colpiti da un solo disordine alla volta, la situazione risulta spesso diversa nei
pazienti anziani. In questi ultimi, la diagnosi e il trattamento della IRC possono essere complicati dalla concomitante presenza di molteplici processi patologici interagenti. È solo identificando e trattando le malattie concomitanti
contemporaneamente alla IRC che ci si può prendere cura del gatto nel modo
migliore.
L’indagine iniziale deve prevedere una valutazione clinica approfondita
(compreso l’esame dell’occhio, la misurazione del peso corporeo e quella della pressione sanguigna sistemica), associata al prelievo di campioni di sangue
(per gli esami ematologici e biochimici di routine, compresa la misurazione
della tiroxina sierica) e di urina (per l’analisi di routine e la valutazione del
rapporto proteine:creatinina) ed alla coltura batterica.
5. TRATTAMENTO MEDICO
Quando è possibile identificare una causa sottostante della IRC, bisogna
trattarla opportunamente. Ad esempio, si devono affrontare con antibiotici appropriati la nefrite o la pielonefrite batterica, bisogna eliminare gli agenti nefrotossici (ad es., farmaci antinfiammatori non steroidei, antibiotici aminoglicosidici, anticongelanti a base di glicol etilenico, gigli o tulipani), occorre correggere le complicazioni prerenali (ad es., disidratazione o cardiopatia) e si
deve risolvere l’ostruzione postrenale. Il resto della presente sezione prenderà in considerazione l’eziologia di alcuni dei più importanti problemi associati
alla IRC discutendo poi i pro e contro e l’applicazione pratica delle possibili
opzioni terapeutiche. Tuttavia, è importante adattare il piano di trattamento
specifico modulandolo su misura per il singolo gatto, tenendo conto delle specifiche esigenze e della situazione dell’animale.
5.1 Importanza di mantenere una sufficiente assunzione di liquidi
Un’assunzione inadeguata di fluidi può esitare in disidratazione, riduzione
della perfusione renale ed esacerbazione della IRC. Alcuni gatti possono venire presentati alla visita con uno scompenso acuto della loro insufficienza renale cronica, mentre altri possono andare incontro a disidratazione cronica o
ricorrente. Il mantenimento di un’assunzione idrica adeguata è quindi di primaria importanza. I proprietari devono essere informati dell’incremento delle
perdite idriche obbligate che accompagnano tipicamente la CRI e quindi devono assicurarsi che il loro gatto possa avere costantemente accesso all’acqua
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fresca. Inoltre, devono spingere i loro animali ad aumentare il consumo idrico alimentandoli con una dieta umida ed offrendo delle “zuppe” appetitose
(ad es., preparate con alimenti per gatti diluiti con acqua calda, evitando il pesce salato e i sughi di carne per uso umano che possono contenere una quantità di cipolle in polvere sufficiente ad indurre l’anemia emolitica nel gatto, o
il latte, che contiene elevati livelli di fosfati).
Quando questi accorgimenti risultano insufficienti per soddisfare le esigenze del gatto, molti clinici suggeriscono la regolare somministrazione “a
casa” di fluidi sottocutanei da parte dei proprietari. Nella maggior parte dei
casi si utilizzano la soluzione di Ringer lattato (LRS) o quella fisiologica normale, anche se il loro impiego a lungo termine può portare ad un accumulo di
sodio che può esacerbare l’ipertensione. Questa si può prevenire utilizzando
soluzioni costituite da due parti di destrosio al 5% in una parte di LRS; tuttavia, i fluidi contenenti destrosio possono causare dolore ed irritazione alla
somministrazione. La quantità di liquidi da infondere può venire regolata in
funzione della necessità (circa 50-150 ml, da una volta al giorno ad una volta
alla settimana). Inoltre, se necessario, il fluido può essere integrato con cloruro di potassio (10-20 mmol KCl per litro di fluido) o bicarbonato di sodio
(0,5-8 mmol per litro di fluido - vedi oltre per le indicazioni). Anche se questo trattamento può migliorare il benessere del gatto riducendo l’iperazotemia, non bisogna abusarne perché la diuresi eccessiva può in realtà esacerbare la IRC. In tutti i casi, è ragionevole monitorare i livelli sierici degli elettroliti (soprattutto sodio e potassio), in modo da poter identificare e correggere
rapidamente i problemi. Per facilitare la somministrazione dei fluidi si può
prendere in considerazione l’inserimento di un catetere sottocutaneo permanente, oppure l’applicazione di una sonda rinogastrica o da gastrostomia inserita per via percutanea (PEG) o chirurgica.
5.2 Il ruolo della dieta; compresa l’alterazione dei livelli
di proteine e di fosfati
La terapia dietetica rappresenta il caposaldo del trattamento nei pazienti
con IRC. Ciò è dovuto al fatto che l’elenco dei fattori presenti nel cibo che possono esacerbare o proteggere da questa malattia è infinito. La maggior parte
dei lavori condotti è stata concentrata sui ruoli di proteine, fosfati, calcio, potassio ed acidificazione (vedi oltre). Tuttavia, altri studi hanno suggerito che
possa essere utile attuare una restrizione del cloruro di sodio (Dworkin et al
1996), anche se questa affermazione è stata messa in discussione (Buranakarl
et al 2004), o modificare il contenuto lipidico della dieta ed alterare l’equilibrio degli acidi grassi liberi passando da quelli insaturi omega-6 a quelli ome216
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ga-3 (Brown et al 1996a e b; Finco et al 2000), o ancora aggiungere un supplemento extra di vitamine idrosolubili (ad es., quelle del complesso B).
La dieta ideale per soggetti nefropatici dovrebbe quindi:
• soddisfare i fabbisogni nutrizionali ed energetici
• ridurre il catabolismo proteico ed alleviare i segni clinici dell’uremia
• minimizzare i disturbi elettrolitici, vitaminici e minerali
• rallentare la progressione dell’insufficienza renale
5.2.1 Restrizione delle proteine nella dieta
I benefici clinici della restrizione delle proteine nella IRC sono stati dimostrati in numerose specie animali (Harte et al 1994; Finco et al 1992; Levey et al 1999; Polzin et al 1991). Si ritiene che i prodotti del catabolismo
proteico contribuiscano in modo significativo alla comparsa delle manifestazioni associate all’uremia. La riduzione dell’assunzione di proteine non essenziali può quindi concorrere a ridurre la produzione di cataboliti azotati e
quindi diminuire la gravità dell’anoressia, del vomito, della perdita di peso,
dell’anemia e della letargia.
È tuttora oggetto di controversia se la restrizione delle proteine nella dieta
sia realmente in grado di contribuire a ridurre la progressione dell’insufficienza renale oppure no. Studi sperimentali (condotti principalmente nel ratto e nel cane) hanno dimostrato che negli stadi iniziali della IRC il declino del
numero dei nefroni viene compensato da un incremento della velocità di filtrazione glomerulare per ciascun singolo nefrone (SNGFR). Questo aumento
della SNGFR si ottiene mediante iperfiltrazione glomerulare, ipertrofia glomerulare ed ipertensione glomerulare ed è associato ad un incremento della
proteinuria. Insieme, questi fattori possono portare a sclerosi glomerulare e
tubulointerstiziale ed alla progressione della IRC. In alcuni modelli sperimentali, la restrizione proteica ha ridotto al minimo queste alterazioni e, quindi, ritardato la progressione della malattia (Brown e Brown 1995; Polzin et al
1991). Anche se questi riscontri sono stati supportati da una metanalisi di parecchi studi condotti nell’uomo (Pedrini et al 1996), si discute ancora considerevolmente per stabilire se la restrizione proteica limiti davvero oppure no
la progressione della IRC nelle sue forme ad insorgenza spontanea nella maggior parte delle specie animali.
Pochi studi hanno preso in esame il ruolo della restrizione proteica nei gatti
con IRC. Le indagini sperimentali sembrano dimostrare che nei felini alimentati con una dieta ricca di proteine si possono avere livelli significativi di proteinuria e danno morfologico glomerulare, tuttavia la presenza di un aumento
dell’assunzione di proteine e calorie rende difficile l’interpretazione (Adams et
al 1994; Finco et al 1998). La difficoltà di distinguere le diverse variabili della
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dieta si è rivelata anche un fattore complicante negli studi di Harte et al (1994)
ed Elliott et al (2000), dove gatti con IRC ad insorgenza spontanea sono stati
alimentati con diete sottoposte a restrizione dei livelli di proteine e di fosforo.
In entrambi gli studi, i gatti ai quali veniva somministrata una “dieta a ridotto
tenore di proteine e fosforo” hanno dimostrato un marcato miglioramento clinico ed una riduzione dei livelli plasmatici di urea e fosfati. Nello studio di Elliott
et al. (2000) i benefici comprendevano anche un prolungamento della durata
della vita in confronto a quella dei soggetti alimentati con un cibo per gatti standard (tempo di sopravvivenza medio di 633 giorni contro 264). Anche se i benefici complessivi delle diete sottoposte a restrizione sono innegabili, non è
possibile determinare gli effetti individuali delle proteine e del fosforo.
Generalmente si raccomanda di alimentare i gatti con IRC con una dieta
caratterizzata da una moderata restrizione proteica, contenente proteine in misura pari al 20% circa dell’assunzione calorica. Sfortunatamente, i fabbisogni
esatti sono sconosciuti e, dato che i gatti hanno un fabbisogno proteico naturalmente elevato, è essenziale evitare una restrizione troppo spinta (Polzin et
al., 1996), soprattutto se si tratta di animali che hanno ancora una significativa massa muscolare. È anche importante garantire che l’origine delle proteine sia di elevato valore biologico e contenga tutti gli aminoacidi essenziali.
Sfortunatamente, anche se si raccomanda l’uso di una dieta a moderata restrizione proteica, la scarsa appetibilità di queste formulazioni spesso ne limita l’accettazione. Per questo motivo, spesso si raccomanda di abituare gradualmente a queste diete i gatti con IRC prima che diventino inappetenti o
anoressici.
5.2.2 Restrizione del fosforo della dieta ed uso di leganti del fosforo
L’iperfosfatemia si riscontra in circa 2/3 dei gatti con IRC (Tab. 3) (Barber
e Elliott 1998; Lulich et al 1992; DiBartola et al 1987; Elliott e Barber 1998),
e si ritiene che contribuisca alla complicazione uremica della malattia. Il meccanismo primario di questa alterazione è la ritenzione dei fosfati dovuta alla
riduzione della GFR. Poiché la regolazione del fosforo e quella del calcio sono intrinsecamente collegate, la ritenzione del fosforo porta alla deposizione
di fosfato di calcio nei tessuti (mineralizzazione metastatica) e ciò, a sua volta, conduce ad una riduzione della concentrazione del calcio ionizzato plasmatico. L’ipocalcemia che ne deriva, pur essendo subclinica, stimola il rilascio dell’ormone paratiroideo (PTH). La ritenzione dei fosfati, quando viene
combinata con la perdita della massa renale, porta ad una diminuzione della
produzione e/o dell’attività dell’enzima 1-α-idrossilasi renale e, quindi, ad un
calo della 1,25 diidrossivitamina D (calcitriolo). L’ipocalcitriolemia esita in
un ulteriore incremento della produzione di PTH ed in una riduzione dell’as218
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sorbimento intestinale di calcio. La ritenzione di fosforo è quindi un fattore
importante nello sviluppo dell’iperparatiroidismo secondario renale
(RHPTH) (Chew et al., 1992).
L’iperparatiroidismo secondario si verifica comunemente nei gatto con
IRC. In uno studio, ne è risultato colpito l’84% dei gatti con IRC ad insorgenza spontanea; la gravità e la prevalenza erano più elevati nei gatti con insufficienza renale in stadio terminale (Barber e Elliott, 1998).
Il paratormone può essere considerato una tossina uremica. In quantità eccessive, è stato associato ad una varietà di anomalie cliniche, quali anemia,
neurotossicità, osteodistrofia (che esita in dolore osseo di lieve entità), artrite,
intolleranza al glucosio, iperlipemia, pancreatite, immunosoppressione e mineralizzazione dei tessuti molli. Mentre è chiaro che quest’ultima, quando coinvolge i reni, può portare ad una disfunzione renale progressiva, è ancora oggetto di discussione l’esistenza di un ruolo più generale per il PTH nella progressione della IRC (Chew e Nagode, 1992).
La limitazione del consumo di fosforo sembra rallentare l’avanzamento
della malattia. Sperimentalmente, gatti con IRC alimentati con una dieta sottoposta a restrizione di fosfati hanno fatto riscontrare un minore sviluppo di
mineralizzazione renale, infiltrazione da parte di cellule mononucleate e fibrosi rispetto agli animali della stessa specie alimentati con una dieta normale (Ross et al., 1982). Studi condotti nel cane hanno anche dimostrato un benefico effetto della restrizione del fosforo nella dieta una volta che si sia sviluppata l’iperazotemia (Finco et al., 1992). Come già ricordato (a proposizione della “restrizione delle proteine della dieta”), alimentare i gatti con IRC ad
insorgenza spontanea utilizzando una formulazione a ridotto tenore di fosfati
e proteine esita in un marcato miglioramento clinico, nonché in una riduzione dei livelli plasmatici di fosforo e PTH (Barber et al., 1999; Elliott et al.,
2000). Dato che quest’ultimo è considerato una tossina uremica, il calo delle
sue concentrazioni è probabilmente utile (Barber et al., 1999). È interessante
notare che il RHPTH si può avere prima dello sviluppo di una fosfatemia palese. Tuttavia, l’importanza di avviare la restrizione dei fosfati prima che venga identificato un aumento dei loro livelli circolanti rimane da chiarire (Barber et al., 1999).
La restrizione dei fosfati nella dieta è una parte importante nel trattamento della IRC. Lo scopo è quello di normalizzare i livelli sierici dei fosfati stessi. Questo risultato si può inizialmente ottenere utilizzando una dieta a ridotto tenore di fosfato (la maggior parte delle diete commerciali “per soggetti nefropatici” è povera di proteine e quindi anche di fosforo). Tuttavia, quando ciò
non è più sufficiente, si devono aggiungere dei composti capaci di legare il fosforo a livello intestinale. Il monitoraggio delle concentrazioni plasmatiche di
fosfati è un metodo efficiente, se non molto sensibile, per l’identificazione
219
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dell’RHPTH (Barber ed Elliott, 1998). Per questo motivo, si devono prelevare campioni di sangue dopo un digiuno di 12 ore e non emolizzati. Un metodo più sensibile consiste nel valutare direttamente la concentrazione di PTH
(Barber ed Elliott, 1998); tuttavia, ciò richiede il prelievo di un campione di
sangue a digiuno, il trasporto in “condizioni di congelamento” del siero e la
possibilità di accedere ad un test validato per la specie in esame, il che di solito risulta costoso.
I leganti dei fosfati a livello intestinale di solito vengono aggiunti quando
i livelli sierici del fosforo a digiuno risultano maggiori 2 mmol/l. Nella maggior parte dei casi si utilizza l’alluminio sotto forma di idrossido, carbonato o
ossido (30-150 mg/kg/die, suddivisi fra i pasti e corretti in funzione della risposta). Sfortunatamente, i leganti dei fosfati sono spesso scarsamente appetibili, difficili da somministrare e capaci di causare nausea, anoressia e costipazione. Fra i numerosi prodotti disponibili, l’Alu-Caps (capsule contenenti
475 mg di idrossido di alluminio essiccato; 3M Health care) è forse il più appetibile e può venire somministrato miscelando una parte del contenuto della
capsula nel cibo del gatto. Nell’uomo, è stato dimostrato che l’alluminio si
può depositare nell’osso, determinando un aggravamento dell’osteopatia renale. Anche se non è stato dimostrato che ciò avvenga nel cane (Finco et al.,
2000), nel gatto la situazione è sconosciuta. Per questo motivo, alcuni clinici
hanno raccomandato di utilizzare sali di calcio, ad es. carbonato (20-100
mg/kg/die, suddivisi fra i pasti) o acetato. Tuttavia, questi sono meno efficaci
dei sali di alluminio e sono potenzialmente in grado di indurre ipercalcemia.
Perciò è essenziale normalizzare i livelli di calcio prima di iniziare il trattamento farmacologico e monitorarli strettamente per tutta la durata della terapia. Numerose compagnie offrono sul mercato prodotti combinati, come ad
es. l’Ipakitine (Vetoquinol), che associa il carbonato di calcio al chitosan (per
ridurre l’assorbimento di fosfati dall’intestino), e riferiscono una significativa
riduzione dei fosfati plasmatici nei gatti con IRC (Wagner et al., 2004) (benché il prodotto contenga anche lattulosio, che può causare diarrea in alcuni
gatti). Dal momento che l’ipofosfatemia può esitare in debolezza ed anemia,
è importante monitorare i livelli di fosfati indipendentemente dal tipo di legante prescelto.
5.2.3 Terapia con calcitriolo
Nei gatti con IRC si ha una riduzione delle concentrazioni plasmatiche di
calcitriolo (vedi sopra) (Barber ed Elliott, 1998). Dal momento che determina una riduzione efficace dei livelli di PTH, in teoria la terapia con calcitriolo dovrebbe rappresentare un’utile aggiunta al trattamento dei gatti con IRC
(Chew e Nagode, 1992). Alcuni clinici, compreso l’autore (DGM) utilizzano
220
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ampiamente la terapia con calcitriolo, riscontrando che migliora l’appetito ed
il benessere generale dei loro pazienti (1,5-3,5 ng/kg/die PO, lontano dai pasti; togliere l’olio da una capsula, diluirlo in olio di mais, poi somministrarne
il volume appropriato e conservarlo anche per due settimane) (Nagode et al.,
1996). Tuttavia, ci sono pochi studi controllati che dimostrino l’utilità dell’impiego a lungo termine. Inoltre, le difficoltà associate alla sua somministrazione ed al suo monitoraggio spingono molti clinici a non utilizzarlo. Il
monitoraggio accurato è essenziale, perché la somministrazione del calcitriolo può esitare in ipercalcemia e conseguente nefropatia ipercalcemica. I livelli di calcio e fosforo devono essere ai limiti inferiori della norma prima di iniziare il trattamento e vanno poi monitorati ogni 2-4 settimane.
5.3 Controllo dell’ipokalemia
L’ipokalemia, che deriva probabilmente da una kaliuresi inappropriata, è
un riscontro comune nei gatti con IRC (Tab. 3) (Barber e Elliott 1998; Lulich
et al 1992; DiBartola et al 1987; Elliott e Barber 1998). Attualmente, non è
chiaro se questa alterazione sia solitamente una causa della IRC, una sua conseguenza o entrambe. Tuttavia, esistono valide prove che dimostrano che l’ipokalemia può causare o esacerbare la IRC del gatto (DiBartola et al 1993;
Dow et al 1990) e l’integrazione con potassio nei gatti ipokalemici con IRC
esita spesso in un miglioramento della funzione renale (Down et al., 1987).
Anche se il segno più evidente della grave ipokalemia è la polimiopatia,
con debolezza muscolare generalizzata e ventroflessione del collo, questa
non si sviluppa fino a che non si ha una grave deplezione potassica. Si raccomanda quindi la valutazione di routine della kalemia ricorrendo, se necessario, all’integrazione. Dal momento che il consumo di diete acidificanti, a ridotto tenore di magnesio e/o ricche di proteine sembra aumentare il
rischio di ipokalemia, queste formulazioni non vanno utilizzate nei gatti con
IRC. Piuttosto, è consigliabile impiegare diete non acidificanti ed a ridotto
tenore proteico e si raccomanda l’integrazione se i livelli sierici di potassio
cadono al di sotto di 4 mmol/l. Nella maggior parte dei casi si utilizza il potassio gluconato (inizialmente alla dose di 1-4 mmol ogni 12 ore PO, da ridurre secondo necessità. Tuttavia, quando il paziente è anche acidosico può
essere preferibile ricorrere al citrato di potassio (75 mg/kg ogni 12 ore PO).
Il cloruro di potassio viene impiegato con scarsa frequenza perché non è appetibile e può causare un’irritazione gastroenterica. L’integrazione quotidiana con potassio nei gatti non-ipokalemici con IRC non sembra essere utile (Theisen et al., 1997). È importante ricordare che bisogna sottoporre ad
integrazione potassica tutti i fluidi per uso endovenoso (ed anche sottocuta221
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:40 Pagina 222
Tabella 4 - Quantità di potassio che vanno aggiunte ai fluidi IV
Livelli sierici di potassio
Quantità di potassio da aggiungere a 500 ml di fluidi
< 2 mmol/l
40 mmol
2,0 – 2,5 mmol/l
30 mmol
2,5 – 3,0 mmol/l
20 mmol
3,0 – 3,5 mmol/l
14 mmol
> 3,5 mmol/l
10 mmol
(livelli “di mantenimento”)
neo), per prevenire l’induzione dell’ipokalemia. L’ideale è basare la determinazione della quantità di potassio da aggiungere ai fluidi sui suoi livelli
sierici (Tab. 4).
5.4 Correzione dell’acidosi
La ridotta funzione renale porta ad un declino della capacità dell’organo di
attuare l’escrezione acida. Per questa ragione, l’acidosi costituisce un riscontro abbastanza comune nei gatti con IRC, in particolare quelli con malattia
grave (Tab. 3) (Barber ed Elliott 1998; Lulich et al 1992; DiBartola et al 1987;
Elliott e Barber 1998). Anche se si ritiene che l’acidosi contribuisca a determinare anoressia, nausea, vomito, perdita di peso, letargia ed ipokalemia, il
suo ruolo nella progressione dell’insufficienza renale rimane poco chiaro
(Polzin et al., 2000). In altre specie animali è associata ad un incremento del
catabolismo proteico, dell’anoressia e dello scatenamento di crisi uremiche
(Fettman et al., 1992). Inoltre, l’accentuata ammoniagenesi renale può causare l’attivazione della cascata del complemento e un danno tubulointerstiziale
(Nath et al., 1985).
È consigliabile monitorare ad intervalli regolari i gatti con IRC per stabilirne lo status acidobasico (determinazione di TCO2 o bicarbonato plasmatico). Quando il valore di TCO2 è < 15 mmol/l si deve prendere in considerazione il trattamento specifico, che deve essere finalizzato a mantenere la
TCO2 fra 18 e 23 mmol/l (Finco et al., 2000). Nella maggior parte dei casi il
trattamento consiste nella somministrazione di bicarbonato di sodio (5-10
mg/kg ogni 8-12 ore PO) o citrato di potassio (30 mg/kg ogni 12 ore PO). Tuttavia, il bicarbonato di sodio va utilizzato con cautela nei pazienti ipertesi ed
il citrato di potassio può essere una scelta migliore quando è anche presente
un’ipokalemia.
222
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5.5 Correzione dell’anemia ipoproliferativa
Molti gatti con IRC sviluppano un’anemia progressiva che esita in una varietà di segni clinici quali letargia, inappetenza, debolezza e perdita di peso
(Barber ed Elliott 1998; Lulich et al 1992; DiBartola et al 1987; Elliott e Barber 1998). La causa dell’anemia è multifattoriale e comprende ridotta produzione di eritropoietina correlata alla diminuita massa renale, abbreviazione
dei tempi di sopravvivenza degli eritrociti, soppressione uremica dell’eritropoiesi e/o sanguinamento gastroenterico. Le opzioni terapeutiche più comunemente utilizzate sono rappresentate da eritropoietina umana ricombinante
(r-HuEPO), integrazione con ferro (se necessario) e steroidi anabolizzanti.
Numerosi studi hanno dimostrato che la r-HuEPO può causare una regressione impressionante dell’anemia nei gatti con IRC, insieme con un miglioramento generale del benessere (Cowgill 1994; Polzin et al 1992; Cowgill et al 1998). Il trattamento con r-HuEPO di solito viene iniziato dopo che
l’ematocrito è sceso al di sotto del 20% circa (si somministrano per via sottocutanea 100 unità/kg tre volte alla settimana fino a che l’ematocrito non
raggiunga il 30% circa, dopo di che l’intervallo fra le somministrazioni può
venire esteso. Inizialmente, l’ematocrito e gli altri parametri eritrocitari devono essere monitorati con cadenza settimanale, poi, quando il gatto è più
stabile, si può forse passare ad una volta ogni 3 o 4 settimane. Se sono necessarie ulteriori correzioni, la dose può venire modificata in 25-50
unità/gatto) (Cowgill 1994). Le complicazioni della terapia con r-HuEPO sono rappresentate da scarsa risposta dovuta a carenza di ferro, ipertensione,
policitemia, induzione di anticorpi anti-r-HuEPO e reazioni allergiche sistemiche o locali. Per ridurre il rischio di carenza di ferro è ragionevole valutare i livelli sierici del ferro e la sua capacità totale di legame prima di iniziare il trattamento e poi continuare a monitorare questi parametri mentre il gatto viene trattato con la r-HuEPO (le misurazioni della concentrazione sierica di ferro, della sua percentuale di saturazione e della sua capacità totale di
legame possono essere effettuate da Capital Diagnostics, Edinburgh, UK; i
livelli di ferritina possono invece essere determinati dalla Kansas State University, USA). Se è richiesta un’integrazione con ferro, si può impiegare il
solfato ferroso (50-100 mg/gatto ogni 24 ore PO). Il 30% circa dei gatti trattati con r-HuEPO finisce per sviluppare anticorpi che impediscono alla rHuEPO stessa di indurre l’eritropoiesi e possono, occasionalmente, esitare in
anemia aplastica, trasfusione-dipendente. Il costo relativamente elevato, il rischio di effetti collaterali e le spese imposte dal necessario monitoraggio limitano spesso l’uso della r-HuEPO.
Anche se alcuni clinici suggeriscono l’impiego di steroidi anabolizzanti
(ad es., nandrolone decanoato alla dose di 1-1,5 mg/kg settimanalmente me223
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diante iniezione intramuscolare), la conferma sperimentale del loro uso è generalmente scarsa (Polzin et al., 1992), ed è stato dimostrato che alcuni di essi inducono insufficienza epatica.
5.6 Supporto dell’adeguata assunzione di cibo: controllo
della nausea e del vomito, impiego di protettori intestinali,
stimolatori dell’appetito e integratori
I gatti con IRC presentano spesso una riduzione dell’assunzione di cibo.
La loro mancanza di appetito può essere causata da:
i) gastrite uremica (dovuta agli effetti delle tossine uremiche circolanti o all’ipergastrinemia
ii) emorragia gastroenterica
iii) effetti centrali delle tossine uremiche, che causano nausea e vomito
iv) offerta di diete “per nefropatici” poco appetibili e/o
v) presenza di costipazione (derivante da disidratazione cronica ed esacerbata da alcuni dei trattamenti, come ad es. il sucralfato)
I gatti che non mantengono l’assunzione di cibo possono andare incontro
a malnutrizione proteica, catabolismo delle proteine endogene ed acidosi metabolica.
Le opzioni terapeutiche sono rappresentate dall’impiego degli agonisti-H2
per ridurre l’acidità gastrica (ad es., famotidina 0,5-1,0 mg/kg ogni 24-48 ore
PO [non IV], ranitidina 2-4 mg/kg ogni 12 ore, IV o PO [che è anche dotata
di un effetto procinetico gastroenterico] o cimetidina, 2,5-5,0 mg/kg ogni 812 ore, PO, IV), del sucralfato per favorire la guarigione delle ulcere gastriche (250-500 mg/gatto ogni 8-12 ore PO), degli antiemetici ad azione centrale per contribuire a bloccare gli effetti delle tossine uremiche sulla zona chemiorecettoriale scatenante (ad es., metoclopramide 0,2-0,5 mg/kg ogni 6-8
ore PO o 1-2 mg/kg ogni 24 ore per infusione IV costante) e del lattulosio (da
dosare fino ad effetto come lassativo, e dotato del vantaggio aggiuntivo di intrappolare l’urea nell’intestino e ridurre l’iperazotemia).
Esistono numerosi modi diversi per spingere un gatto a mangiare. Rientrano fra questi l’impiego di alimenti riscaldati o aromatici e qualsiasi intervento che migliori la sensazione di benessere dell’animale. Sfortunatamente,
l’uso di stimolatori chimici dell’appetito non è privo di rischi, dato che il diazepam può causare una necrosi epatica fatale (Center et al., 1996) e la ciproeptadina è stata associata, molto occasionalmente, ad anemia emolitica
(DGM, osservazione personale). Anche se gli steroidi anabolizzanti (ad es.,
nandrolone – vedi sopra) possono sembrare utili in alcuni casi, pochi clinici
224
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:40 Pagina 225
li usano di routine. Quando i gatti non riescono a mantenere un’adeguata assunzione di calorie (e/o di fluidi), alcuni prendono in considerazione l’impiego a lungo termine di sonde rinogastriche o PEG.
5.7 Ipertensione sistemica, farmaci antipertensivi ed ACE-inibitori
Anche se la relazione fra l’ipertensione come causa oppure effetto di IRC rimane scarsamente definita, è essenziale che tutti i gatti con insufficienza renale
cronica vengano valutati per accertarne la presenza. Ciò è dovuto al fatto che
l’ipertensione si riscontra comunemente nei gatti colpiti dalla malattia (dal 25%
circa di quelli con IRC osservati in una struttura di prima opinione al 60-65%
dei casi analoghi delle strutture di riferimento specialistico); la presenza dell’ipertensione non trattata può portare all’esacerbazione della IRC (Kobayaski et
al 1990; Ross 1992; Littman 1994; Henik 1997; Brown et al 2000; Elliott et al
2001; Syme et al 2002). In una piccola indagine sulle nostre casistiche di IRC,
14 casi su 26 (56%) sono risultati ipertesi (pressione sistolica > 175 mm Hg)
(Brown et al 2000; Elliott et al 2001; Henik 1997; Sparkes et al 1999). In 6 casi, la condizione è stata diagnosticata al momento della presentazione iniziale,
mentre in altri 8 l’ipertensione si è sviluppata entro 5 anni dalla diagnosi della
IRC. Il nostro studio, insieme a numerosi altri, ha notato che non esiste alcuna
correlazione fra il grado dell’iperazotemia e la presenza e la gravità dell’ipertensione sistemica (Elliott et al 2001; Kobayaski et al 1990).
Anche se l’esatta eziologia dell’ipertensione nella IRC resta da chiarire,
sembrano essere coinvolti numerosi fattori (Henik 1997; Kobayashi et al
1990; Ross 1992). I reni colpiti possono essere incapaci di attuare in modo efficiente l’escrezione del sodio e dell’acqua (che esita in espansione extracellulare), mentre l’attivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone
(RAAS) porta alla produzione di angiotensina II (che induce vasocostrizione)
e aldosterone (che promuove la ritenzione di sodio). Inoltre, i reni colpiti possono non essere in grado di produrre quantità adeguate di sostanze ad azione
vasodilatatrice (ad es., prostaglandine e componenti del sistema callicreinachinina) e la disfunzione autonoma può esitare in un aumento dei livelli circolanti di catecolamine e un incremento della reattività vascolare. Anche se
diversi tipi di nefropatia possono provocare l’ipertensione attraverso meccanismi differenti, la presenza dell’ipertensione esita nel permanere continuo di
elevate pressioni di filtrazione glomerulare che possono aggravare la nefropatia esistente e contribuiscono a determinare ulteriormente il danno da ipertensione e la progressione della malattia (Kobrin e Aradye 1997).
Le più comuni alterazioni compatibili con l’ipertensione persistente si
hanno a livello di reni, occhi, cuore ed encefalo (Elliott et al 2001; Henik
225
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1997). Sfortunatamente, l’ipertensione di solito viene sospettata molto tardi
nel decorso della malattia, quando si è già verificato il danneggiamento degli
organi terminali. Ciò si osserva tipicamente come esacerbazione di insufficienza renale, emorragia e/o cecità intraoculare, ipertrofia ventricolare sinistra
e/o accidenti vascolari cerebrali. Nelle nostre casistiche, le manifestazioni
oculari erano presenti nel 38% dei casi e le alterazioni cardiache nel 29%. Fra
i gatti ipertesi, il 71% presentava segni oculari di danno da ipertensione. I riscontri comprendevano emorragia nella camera anteriore, nel vitreo o nella
retina, edema o distacco retinici, tortuosità arteriose, alternanza di costrizione
o dilatazione nelle venule primarie retiniche e/o glaucoma.
Pertanto, la valutazione della pressione sanguigna deve essere effettuata di
routine nell’ambito di tutte le visite di controllo dei gatti con IRC e si deve
prescrivere la terapia antipertensiva a quelli in cui i valori della pressione sistolica media, rilevati con il gatto in stato di calma, risultano persistentemente al di sopra di 170-180 mm Hg oppure quando vi sono prove di retinopatia
ipertensiva (Stepien 2004).
Esistono vari metodi indiretti per effettuare la misurazione della pressione
sanguigna. Tuttavia, nel gatto si ritiene che quello più accurato sia il Doppler,
dato che metodi oscillometrici tendono a sottostimare la pressione sanguigna
(Bartges et al 1996; Brown et al 2000). L’unico problema con questa tecnica
è che è difficile ottenere una misurazione accurata della pressione diastolica.
Benché il trattamento dell’ipertensione sistemica del gatto sia stato in gran
parte estrapolato dalla medicina umana, anche nei felini sono stati condotti
numerosi studi. Sono stati suggeriti molti protocolli terapeutici, come l’impiego di calcio-bloccanti (CCB) (ad es., amlodipina besilato; 0,625-1,25
mg/gatto PO ogni 24 ore) e/o inibitori dell’enzima angiotensina convertente
(ACE) (ad es., benazepril; 0,25-0,5 mg/kg PO ogni 24 ore). Inoltre, quando
possibile, occorre trattare ogni eventuale condizione sottostante. Benché siano state suggerite anche altre terapie, come l’uso di antagonisti dei recettori
beta-adrenergici (ad es., propranololo), antagonisti dei recettori alfa-adrenergici (ad es., prazosin), vasodilatatori arteriolari (ad es., idralazina), diuretici
(ad es., furosemide) o diete a basso tenore di sale, questi tendono ad essere
meno affidabili e/o efficaci (Bartges et al., 1996).
Molti raccomandano l’uso dei calcio-bloccanti (CCB) (ed in particolare,
dell’amlodipina besilato) come singolo agente d’elezione per il trattamento
dell’ipertensione sistemica nel gatto (Bartges et al 1996; Elliott et al 2001,
Henik 1997). Questi farmaci possono essere particolarmente utili nei gatti con
IRC perché diminuiscono l’ipertensione sistemica, dilatano le arteriole afferenti glomerulari, attenuano gli effetti mitogeni di vari fattori di crescita e riducono l’intrappolamento mesangiale delle macromolecole (Epstein, 1992).
Tuttavia, dato che la dilazione arteriolare è preferenzialmente afferente, si può
226
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avere una trasmissione al glomerulo di elevati livelli di pressione sistemica,
che esitano in ipertensione glomerulare (Tolins e Raji, 1991).
Gli ACE-inibitori stanno oggi diventando una terapia di prima linea per il
trattamento dell’ipertensione sistemica nei pazienti umani con IRC (Jafar et
al 2001; Maschio et al 1996). Gli effetti positivi del loro impiego nella terapia dell’ipertensione in caso di IRC derivano dal fatto che, inibendo la conversione dell’angiotensina I in angiotensina II, riducono la secrezione di aldosterone, diminuiscono i livelli plasmatici ed urinari di angiotensina II, aumentano la concentrazione urinaria di prostaglandina E e bradichinina, riducono la pressione sanguigna capillare intraglomerulare (a causa della dilatazione arteriolare efferente) e riducono l’iperfiltrazione glomerulare e la proteinuria (Allen et al 1987; Tolins e Raji 1991). Tuttavia, gli ACE-inibitori possono anche portare ad un calo della perfusione renale e, quindi, causare necrosi tubulare, che esita nella progressione dell’insufficienza renale (Amadio
et al., 1990). Questo può essere un problema più che significativo per quegli
ACE-inibitori che vengono escreti esclusivamente attraverso il rene ed il cui
dosaggio deve essere corretto in caso di IRC (Allen et al., 1987). Uno dei vantaggi del benazepril e che la maggior parte della sua escrezione avviene attraverso il fegato.
Nel gatto, i benefici effetti degli ACE-inibitori (e del benazepril in particolare) sono stati dimostrati attraverso numerosi studi condotti su casi di IRC
sperimentali e ad insorgenza spontanea. Sono state documentate significative
riduzioni della pressione sistemica, della pressione capillare glomerulare, dell’angiotensina II, dell’aldosterone e della proteinuria (Brown et al 2001; Watanabe et al 1999). I risultati dello studio BENRIC depongono a favore di questi riscontri e gli effetti più significativi si osservano nei pazienti proteinurici
e nei gatti persiani (Gunn-Moore et al 2003a,b; King et al 2006).
È meglio trattare i gatti con IRC con CCB o ACE-inibitori?
i)
Quando la pressione sistemica è significativamente aumentata (< 200 mm
Hg) è necessario ricorrere all’amlodipina perché è più efficace per ridurre la gravissima ipertensione e consente di ottenere risultati più prevedibili (Brown e Henik 2000). Tuttavia, questi casi possono anche trarre
vantaggio dall’aggiunta di un ACE-inibitore, in particolare se il loro rapporto UPC si trova ai limiti superiori della norma o al di sopra di essi, oppure se l’ipertensione è grave o refrattaria ai CCB.
ii) Si vanno raccogliendo sempre più dati che depongono a favore dell’impiego degli ACE-inibitori, non solo nei gatti ipertesi, ma più diffusamente nei soggetti normotesi con IRC (Lefebvre e Toutain 2004, King et al
2006, Mizutani et al 2006). Inoltre, studi condotti nei pazienti umani han227
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no suggerito che gli ACE-inibitori sono più efficaci per ridurre la progressione dell’insufficienza renale, anche nei casi in cui non è presente
alcuna ipertensione sistemica (Jafar et al., 2001). È stato dimostrato che
questi farmaci sono più nefroprotettori dei CCB nei cani con IRC sperimentale (dovuta a diabete mellito indotto) (Brown et al., 1993). Anche se
gli ACE-inibitori sono più efficaci nel trattamento della IRC associata a
proteinuria lieve o grave o a diabete mellito (Maschio et al 1996, King et
al 2006), il loro benefico effetto nei casi non proteinurici ha portato a
suggerire che possano avere un ruolo positivo al di là della riduzione della pressione sanguigna e della diminuzione della perdita di proteine con
l’urina (Jafar et al 2001; King et al 2006).
iii) Gli ACE-inibitori non vanno somministrati ai casi di insufficienza renale
instabile o acuta e quando si prende in considerazione l’inizio del loro
impiego nei soggetti con grave IRC è necessario agire con estrema cautela (sottoporre preventivamente il gatto a infusione di fluidi IV e monitorarlo per rilevare il deterioramento o l’aumento della creatinina plasmatica > 30% – se ciò avviene, si deve interrompere la somministrazione dell’ACE-inibitore).
5.8 Infezioni del tratto urinario
Le infezioni del tratto urinario (UTI) si riscontrano comunemente nei gatti con IRC, probabilmente in relazione alla presenza di urina diluita, ma anche perché l’uremia è caratterizzata da effetti inibitori sulla funzione neutrofila. In numerosi studi, nel 25-35% dei casi è stata riscontrata la presenza di
una UTI in qualche momento del decorso della malattia (Demetriou et al,
1997; Barber comunicazione personale, 2001; Mayer-Ronne et al, 2006). È
interessante notare che il 75% dei casi di UTI si è verificato in gatte femmine e che molte di queste erano colpite da episodi ricorrenti di infezione (Barber, comunicazione personale, 2001). Sfortunatamente, anche se è raro che la
presenza di una UTI esiti nella comparsa di segni clinici specifici (ad es, tipicamente pollachiuria, dolore renale e/o disuria) è altamente probabile che si
abbia un’esacerbazione del danno renale. È quindi essenziale che i gatti con
IRC vengano sottoposti regolarmente alla valutazione per rilevare la presenza
di una infezione del tratto urinario.
Sfortunatamente, il riscontro di piuria e/o sedimento urinario attivo non è
sempre presente nei casi di UTI associati a IRC (o diabete mellito o ipertiroidismo) nel gatto (Mayer-Ronne et al., 2006). Ciò può essere dovuto al fatto
che le tossine uremiche (e l’iperglicemia) possono ridurre la funzione dei neutrofili. Dal momento che la diagnosi può essere confermata soltanto eseguen228
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do l’analisi dell’urina e la coltura batterica, i campioni vanno prelevati mediante cistocentesi.
Una volta confermata la presenza di una UTI, la scelta degli antibiotici va
effettuata preferibilmente tenendo conto dei risultati degli esami colturali e
degli antibiogrammi, ed è necessario un ciclo di trattamento prolungato (3-6
settimane). L’ideale è ripetere colture ed antibiogrammi dopo una settimana
di terapia (per assicurarsi che l’antibiotico scelto sia stato corretto) e poi di
nuovo una settimana dopo la fine del ciclo terapeutico (per confermare che il
trattamento sia stato efficace).
5.9 Monitoraggio a lungo termine
Il monitoraggio a lungo termine è essenziale. Tutte le successive visite di
controllo devono essere approfondite quanto quella iniziale (vedi sopra) e
vanno ripetute ad intervalli di 1-6 mesi, a seconda della gravità e dell’entità
dei segni clinici.
Ulteriori informazioni per i proprietari di gatti con IRC si possono trovare
sul sito web del FAB (www.fabcats.org) e sul seguente sito realizzato dal proprietario di un gatto colpito dalla malattia: http://www.felinecrf.com/, che
contiene dati particolarmente utili sulla somministrazione dei fluidi sottocutanei e link ad una varietà di altri siti correlati.
La bibliografia è disponibile a richiesta presso l’autore:
[email protected] - Nov 2006
229
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:40 Pagina 230
55° Congresso Nazionale SCIVAC
MILANO, 2-4 MARZO 2007
Danièlle Gunn-Moore
Med Vet, BSc, BVM&S, PhD, ILTM, MACVSc,
MRCVS, Edinburgh, UK
Feline Lower Urinary Tract
Disease (FLUTD)
Affezioni delle basse vie urinarie
del gatto (FLUTD)
Friday, March 2nd 2007, 6.15 p.m.
Venerdì, 2 marzo 2007, ore 18.15
230
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:40 Pagina 231
INTRODUCTION
Proportional morbidity
The term feline lower urinary tract disease (FLUTD) describes a collection of conditions that can affect the bladder and/or urethra of cats. Unfortunately, since the urinary tract can respond to insult in only a limited numbers
of ways, the clinical signs are rarely indicative of a particular disease.
FLUTD is seen far more commonly in younger cats than in older ones (Figure 1). While there are many conditions that can result in signs of FLUTD the
conditions that are most likely to occur vary considerably with the age of the
cat. In younger cats the vast majority of cases (55-69%) are idiopathic (Figure 2). In contrast, idiopathic FLUTD is rarely seen in older cats (unless it is
12
10
8
Cats
6
Dogs
4
2
0
0-1
1-2
2-4
4-7
7-10
10-15
Over 15
Age (years)
Figure 1. Prevalence of lower urinary tract disease in dogs (1980-1995) and cats (1980-1995)
in the USA. (Bartges JW What’s New in Feline LUTD? Proceedings of ECVIM 2002).
60
50
40
< 10 years
%
30
> 10 years
20
10
0
D
UT
iFL
gs
ths
oli
plu
l
Ur
a
r
eth
Ur
I
UT
+
th
oli
r
U
I
UT
e
sia
ma
nc
au
pla
ne
r
i
o
t
T
on
Ne
Inc
Figure 2. Most common diagnoses in cats with signs of FLUTD, presented according to age
(data from USA). (Bartges JW What’s New in Feline LUTD? Proceedings of ECVIM 2002).
231
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:40 Pagina 232
a cat that first developed the condition earlier life). Older cats are far more
likely to develop bacterial cystitis, urolithiasis or neoplasia.
CLINICAL SIGNS OF FLUTD
Cats with FLUTD usually present with signs of dysuria (difficult urination), pollakiuria (increased frequency of urination), haematuria, agitation or
vocalisation (crying or howling) when trying to urinate, urethral obstruction,
and/or periuria (inappropriate urination).
In some cases the owner is unaware of an underlying urinary tract problem, and they present the cat for investigation into behavioural change, loss
of litter-box training, and/or aggression. Some cats will over-groom and remove hair from their ventral abdomen and/or perineal area (presumable in
response to local pain).
The annual incidence of FLUTD in British cats is believed to be around
1%. While FLUTD can be seen in cats of any age, it is most frequently seen
in young to middle-aged, over weight cats, who take little exercise, use an indoor litter-box, have restricted access outside, eat a dry diet, and, typically,
live in a multi-animal household (where there is often antipathy between the
affected cat and other members of the household). Persian and black and
white domestic short haired cats appear to be predisposed, while the condition is rarely seen in Siamese cats. FLUTD occurs equally in male and female
cats; however, neutered cats are more susceptible, and the risk of urinary
tract obstruction is greatest in males. Clinical signs are often seasonal, being
worse from autumn to early spring.
Most cases of non-obstructive FLUTD are self-limiting; usually resolving
within 5-10 days. However, most affected cats have episodes of clinical signs,
which recur with variable frequency, but generally tend to decrease in frequency and severity over time.
PATHOPHYSIOLOGY OF FLUTD
Since FLUTD describes a collection of conditions, rather than a single
condition, we need to consider the aetiology of each of the conditions in turn.
Our understanding of the prevalence and pathophysiology of the many causes of FLUTD has changed radically in the last few years. Hence, while historically more interest was placed on the role of bladder stones and urinary
crystals, recent evidence has shown that idiopathic cystitis is the most common cause of FLUTD in cats (Figure 1).
232
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:40 Pagina 233
Feline idiopathic cystitis (FIC)
In the majority of cases of FLUTD no underlying cause can be found. Research over the last 30 years has failed to find a consistent cause for the inflammation in these idiopathic cases. However, a recent hypothesis suggests
that FIC may result from alterations in the nervous and endocrine systems of
the cats and an inability to cope with environmental stress. This results in
changes in processing within the brain, alterations in the interaction between
the neuronal supply to and from the brain and the bladder, and exacerbation
by compounds within the urine. This may then be further exacerbated by altered interactions with the protective glycosaminoglycan (GAG) layer that
lines the bladder (see Figure 3). It has been suggested that FIC may have similarities to Interstitial Cystitis, which is an idiopathic, non-malignant, bladder
disease of humans.
Stress is believed to play an important role in triggering and/or exacerbating FIC, with suggested stressors including living in a multiple animal
household (particularly when there is inter-cat conflict), and moving house. It
has therefore been suggested that reducing stress may help to reduce the recurrence and/or severity of FIC.
Support for the importance of stress, and for exaggerated arousal, in the
induction and/or maintenance of FIC comes from a number of studies that
have shown that affected cats respond to stress very differently from normal
cats. Normal cats, when exposed to stressful situations, show signs of fear, aggression, hiding, anorexia, self-mutilation and weight change. Physiologically, in normal cats, stress results in activation of the hypothalamic-pituitaryadrenal axis. This is seen as increased activity in the locus coeruleus (an area
of the brain that deals with vigilance and autonomic activity), increased plasma catecholamine concentrations, enhanced adrenal sensitivity to adreonocorticotropic hormone (ACTH), increased secretion of glucocorticoids from
the adrenal cortex, and increased urine cortisol concentrations. The role of
glucocorticoids and other alpha-2 adrenoceptor agonists is very complex.
However, one of their essential functions is to provide negative feedback to
control the stress response, which they do by inhibiting further transmission
of noxious signals to the brain. In contract, cats with FIC, when stressed, display more displacement activity than normal cats. This is seen as increased
eating, drinking, grooming and urinating. Interestingly, while they do show
markedly increased activity in their locus coeruleus and increased sympathetic activity, they do not have increased plasma ACTH and cortisol concentrations. This uncoupling of the hypothalamic-pituitary-adrenal axis is also
seen in some chronic pain syndromes in humans and is believed to result from
desensitization or down-regulation of the alpha-2 adrenoceptor agonists re233
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:40 Pagina 234
ceptors secondary to chronic stimulation. While a recent study has shown that
cats with FIC have multiple abnormalities in their alpha-2 adrenoceptor-mediated signal transduction pathway it is still unclear whether this represents
adaptation to living with chronic stress, or indicates that these cats have an
innate defect in their ability to cope with stress.
Much of our understanding of the peripheral aspects of FIC has come from
studying the histopathology of bladder wall biopsies taken from affected cats.
They usually reveal a relatively normal epithelium and muscularis, with sub-
Brain (locus coeruleus)
Stress:
- Environmental changes
- ‘Litter-box’ stress, etc.
Sympathetic nervous system
PAIN
Caudal mesenteric ganglion
C-fibres
- Release substance P, etc.
Urine (pH, K+, Mg++, Ca++)
- Stimulation of C-fibres
- Recruitment of C-fibres
Urothelium
Release of substance P may cause:
- Pain
- Vasodilation
- Increased bladder wall permeability
- Oedema of the submucosa
- Smooth muscle contraction
- Mast cell de-granulation
- Reduced / altered GAG layer
= Neurogenic inflammation
Figure 3. Current hypothesis for neurogenic inflammation in FIC. (Adapted from Buffington et
al., 1996).
234
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:40 Pagina 235
mucosal oedema and vasodilation, without obvious inflammatory infiltrate,
although large numbers of mast cells are frequently present. Biopsies often reveal increased numbers of pain fibers (C-fibers) and pain receptors (substance P receptors).
It is now known that stimulation of the C-fibers (via central or local triggers) can cause the release of neuropeptides (e.g. substance P and others),
which can in turn result in pain, vasodilatation of the intramural blood vessels, increased vascular and bladder-wall permeability, oedema of the submucosa, smooth muscle contraction, and mast cell de-granulation. Mast cell
de-granulation results in the release of a variety of inflammatory mediators
(including histamine, heparin, serotonin, cytokines, and prostaglandins)
which can further exacerbate the effects of the C-fibres. Stimulation of Cfibres and the resulting neurogenic inflammation can therefore explain
many of the changes recorded in FIC. The nerve endings can be stimulated in response to central triggers (such as “stress”), or via compounds
within the urine (e.g. acid pH, potassium, magnesium, and calcium ions).
This in turn may result in further recruitment of C-fibres, and intensification of disease.
The exact role of the thin layer of mucus (which is composed of GAG) and
covers the bladder epithelium is still unclear. It is known that it helps to prevent microbes and crystals from sticking to the bladder lining. In addition, it
has been shown that some cats with FIC have altered urine concentrations of
GAG and increased urinary bladder permeability. This increased permeability may allow noxious substances within the urine to pass through the urothelium and cause inflammation.
While it appears that neurogenic inflammation may play an important role
in the development of the clinical signs of FLUTD, it is unclear whether or
not it is as a primary factor, or a secondary event, perhaps triggered by an,
as yet, unidentified infectious agent.
Urolithiasis
Urolithiasis is defined as the formation of calculi (uroliths or stones)
within the urinary tract. Uroliths can vary in their mineral composition, with
struvite and oxalate forms being seen most commonly in cats. However, over
the last few years the feeding of diets that have been designed to aid the dissolution of struvite stones has resulted in an increased incidence of oxalate
urolithiasis. The risk of oxalate uroliths is further increased in older cats as
the pH of their urine tends to be lower, particularly if they develop renal insufficiency.
235
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:40 Pagina 236
Urethral plugs
Urethral plugs occur with approximately the same frequency as uroliths.
They are of particular importance because they are associated with urethral
obstruction. They are composed of varying combinations of a protein-colloid
matrix (mucoproteins, albumin, globulin, cells, etc.) and crystalline material
(most typically struvite). The colloid matrix is believed to ‘leak’ from the bladder wall as a result of inflammation. The cause of this inflammation may be
neurogenic, idiopathic, or secondary to infection, neoplasia or uroliths. Thick
colloid may cause urethral obstruction without evidence of crystalluria. However, where crystalluria is also present, the crystals may become trapped
within the matrix, and add to the obstruction. It is therefore usually the colloid that is of primary importance, rather than the presence of crystals per se.
While very severe crystalluria may result in urethral obstruction in the absence of colloid matrix, in most cats crystalluria is clinically silent. In fact,
most normal cats develop crystalluria when they are fed many dry cat diets.
Infectious causes
So far, no bacterial, fungal or viral organisms have been consistently
shown to induce FIC. However, it is still possible that a very fastidious organism could be involved, and the role of viruses is still being investigated.
Bacterial infection is a very rare cause of FLUTD, except in older cats.
The age-related risk of bacterial cystitis usually relates to the presence of concurrent disease: Two thirds of the cases in older cats are found to have chronic renal failure (or other conditions that result in dilute urine, e.g. hyperthyroidism, following the administration of corticosteroids, etc.). (It is very easy
to grow bacteria in dilute cat urine, but very difficult to grow bacteria in concentrated cat urine). Many of the other cases have diabetes mellitus, and so
have an increased risk of infection because of glycosuria. Bacterial cystitis
may also be iatrogenic, or secondary to urolithiasis, neoplasia or an anatomical defect of the urinary tract. Regardless of the underlying cause affected
cats are prone to recurrent infections, and ascension of these infections can
result in the initiation or exacerbation of renal failure.
Neoplasia
Transitional cell carcinomas (TCC), adenocarcinoma, leiomyoma, and a
number of other tumours may all occur in cat bladders. However, TCC are
seen most frequently; either as isolated tumours, or arising secondary to
236
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:40 Pagina 237
chronic inflammation. In the latter case they may be seen as pre-cancer prior
to full transformation.
Unifying hypothesis
The different causes of FLUTD may occur individually, or in various interacting combinations (Figure 4). For example, the formation of urethral
plugs may result from concurrent, but not necessarily related, disorders, for
example, the simultaneous occurrence of urinary tract inflammation and crystalluria. While obstruction most typically results from the formation of urethral plugs, it may also be caused by the passage of small uroliths (typically
made of oxylate as these often form with numerous sharp surface spikes), or
from pain or inflammation-induced urethral spasm. Although inflammation
without crystalluria can result in obstruction with colloid matrix, it more typically causes haematuria and dysuria. While crystalluria is often clinically
silent, if severe and persistent, it may predispose to the development of
uroliths, and these, in turn can lead to urethral obstruction, and bladder inflammation.
Crystalluria
Urinary Tract
inflammation*
Urethral plugs
Inflammatory
protein matrix
Haematuria/
dysuria
Uroliths
Clinically
insignificant
Urethral
spasm
Urethral
obstuction
Haematuria/
dysuria
Healthy
Figure 4 - Flow diagram illustrating how the interaction between urinary tract inflammation
and crystalluria can lead to different clinical presentations. (Initial hypothesis from Osborne
et al., 1992). * Urinary tract inflammation may be neurogenic, idiopathic or secondary to infection, neoplasia or uroliths.
237
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:40 Pagina 238
SUMMARY OF PATHOGENESIS
Over the past few years our understanding of the pathophysiology of many
causes of FLUTD has improved and the significance of the different conditions has changed. With further study we will hopefully be better able to understand the different mechanisms involved, particularly in the development
of FIC.
INVESTIGATION
The diagnostic plan aims to detect specific causes of FLUTD (urolithiasis,
urethral plugs, anatomical defects, neoplasia, or bacterial infection) and to
differentiate these cases from those cases in which no underlying cause can
be found i.e. FIC. A practical, step-by-step approach is detailed below and in
Figure 5. While the extent of the investigation may appear daunting, it is necessary to determine the underlying cause of the FLUTD because treatment for
the different conditions varies considerably.
1. Patient’s age, sex, breed, and history
The first step in any diagnostic investigation involves determining the patient’s age, sex and breed, and elucidating a complete history. While cats of
any age, sex and breed can develop FLUTD, FIC is seen most frequently in
overweight male cats, often with a nervous predisposition, that live in multicat households, and are fed dry cat food. Also, male cats are considerately
more likely to become obstructed; older cats are more likely to develop bladder neoplasia; and Persian cats are predisposed to both FIC and oxalate
urolithiasis.
The history can be very helpful. While FIC and urolithiasis can cause clinical signs all year round, episodes of FIC occur most frequently in the autumn
and winter, or after a period of stress, e.g. moving house or a stay in a cattery. Bladder neoplasia should be considered when an older cat presents with
severe FLUTD, particularly if it has not previously had signs of cystitis.
The pattern of inappropriate urination may also be helpful. Cats with behavioural problems are more likely to repeatedly urinate in one or two inappropriate places, while cats with physical disease are more likely to urinate
in more random locations. That said, physical disease can lead to behavioural disease, so the distinction can be difficult to make.
238
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:40 Pagina 239
START
If ‘Yes’:
• Check plasma urea, creatinine +
electrolyte levels
• Anaesthetize cat + unblock urethra*
• Then proceed as for ‘No’
Urethral
obstructio
If ‘No’:
• Collect urine sample
• Check specific gravity (SG)
If ‘Yes’:
• Rule out systemic disease
e.g. renal disease, other causes of dilute urine
SG < 1.025
If ‘No’:
• Urinalysis
• Quantitative culture +
sensitivity (C&S)
If ‘Yes’:
• Treat according to C&S
Bacterial
infection
If ‘No’:
• Survey radiographs
Bladder
stones
If ‘Yes’:
• See ‘Treatment of bladder stones’*
If ‘No’:
• Further Diagnostic Imaging
e.g. Contrast studies (see below
for indications and technique)
Abdominal ultrasonography
Cystoscopy (if available)
Physical
defect
If ‘Yes’:
• Treat appropriately*
If ‘No’:
• Presumptive diagnosis of FIC
• Biopsy
• Treat appropriately*
Figure 5. Diagnostic approach to cats
with FLUTD.
*
See ‘Treatment’ section.
239
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:40 Pagina 240
2. Physical examination
The main aim of the physical examination is to determine whether or not
the bladder is large or small and, therefore, whether or not there is an indication of urethral obstruction. In all cases, the caudal abdomen is likely to be
painful and, in male cats, the prepuce and/or penis are often swollen. The
physical examination should also highlight any concurrent conditions. In the
case of urethral obstruction, cardiac irregularity and bradycardia may indicate severe hyperkalaemia. Where available, running an ECG will assess the
significance of the hyperkalaemia. (Prompt intervention is essential if the
bladder is obstructed. For the method of unblocking the urethra see below.
See later and refer to reference texts for the treatment of hyperkalaemia and
acute renal failure secondary to post-renal obstruction).
3. Serum biochemistry and haematology
Unless they have concurrent systemic disease, or urethral obstruction, cats
with FLUTD typically have unremarkable serum biochemistry and haematology. However, it is essential to assess these parameters in obstructed cats. It
is sensible to assess them in all cases of FLUTD, but particularly important
in older cats which are very likely to have underlying systemic disease. Some
cases of severe and chronic haematuria may develop blood-loss anaemia.
4. Urinalysis
Urine samples can be collected by various methods:
• From the litter box – This can be done by placing clean non-absorbent litter into the litter box (e.g. aquarium gravel or Mikki litter). While urine
samples collected by this method can be used for routine biochemical
analysis, they tend to contain too much debris for reliable assessment of
sediment, and are unsuitable for bacterial culture.
• Free flow – It is difficult to collect urine by this method from cats. Samples
can be used for routine biochemical analysis and sediment assessment, but
bacterial contamination from the external genitalia makes them unsuitable
for bacterial culture.
• Catheterization – In cats, this should only be performed on sedated or
anaesthetized patients. Urine collected by this method can be used for routine biochemical analysis, sediment assessment, and bacterial culture.
However, there is usually some contamination from the external genitalia,
240
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:40 Pagina 241
so >100 000 bacterial colonies per ml are necessary before an infection
can be considered significant.
• Cystocentesis – This can be collected using a 5/8” 23 gauge needle attached to a 5 or 10 ml syringe. The procedure is well tolerated in most conscious cats. Urine collected by this method can be used for routine biochemical analysis, sediment assessment, and bacterial culture. However,
some degree of haemorrhage is fairly common, so the presence of blood
contamination should not be over-interpreted. A bacterial count of >1000
colonies per ml is considered significant.
Urine should be assessed for physical appearance, routine biochemical
analysis (including pH and specific gravity), microscopic examination of
sediment, and bacterial culture and sensitivity (C&S). Samples usually
need to be transported to a commercial laboratory for C&S, quantitative
sediment analysis, analysis of uroliths, and non-routine chemical analysis.
However, since accurate results require examination of very fresh samples,
it is highly preferable that routine biochemistry analysis and sediment assessment are performed within the practice. When urine samples have to
be sent to other laboratories they should be sent as quickly as possible or,
if the laboratory requests it, preserved using boric acid, formaldehyde, or
other preservatives. The speed of assessment is imperative because urine
starts to change as soon as it has been passed. Within two hours crystals
may start to precipitate out, particularly if the urine is placed in a fridge.
However, if the urine is not placed in a fridge the biochemistry may begin
to alter with 30 minutes, and any bacteria that are present will replicate
rapidly, spoil the sample, and modify the biochemistry and sediment. To be
representative, bacterial culture must be performed within 12 hours of
sample collection and the sample must have been kept cold.
• Physical appearance – The urine should be assessed for colour and turbidity. Normal cat urine should be yellow and clear. Because cats with
FLUTD often have very concentrated urine it may appear very dark yellow to light brown. Haematuria may be seen as a slight pink tinge through
to severe haemorrhage. However, when it occurs in a cat that does not
have an increased frequency of urination the changed blood may turn the
urine dark brown. Turbidity may result from inflammatory exudate, white
blood cells, infection, or lipid droplets.
• Routine biochemistry –The ‘dip stick’ tests are designed for use with human urine, so they do not always give reliable results with cat urine. The
most unreliable test is that for specific gravity (SG) and for this reason
SG should always be assessed using a refractometer. For most other tests
the dip sticks are adequate, and they are very practical and inexpensive.
There are many reasons for altered urine biochemistry (see Davies,
241
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:40 Pagina 242
1998), but in cats with FLUTD the most important concerns relate to SG,
pH, and protein. Most cats with FLUTD have concentrated urine, with an
acid pH and moderate protein content. The pH may become alkali in response to diet, certain bacterial infections (i.e. with urease-producing
bacteria such as Staphlococci, but not with E.coli which is the most common cause of bacterial urinary tract infection in cats), or with time once
urine once has been voided. However, perhaps the most common cause of
alkali urine in cats is hyperventilation due to stress. In cats with FLUTD
the proteinuria usually results from protein and blood leaking from the inflamed bladder wall.
• Sediment assessment – Sediment should be assessed for the presence of
crystals, red blood cells (RBC), white blood cells (WBC), and casts. Very
concentrated or turbid urine can be assessed without prior centrifugation.
Most other samples benefit from sedimentation at 1500 rpm for 5-10 minutes, then re-suspension in a drop of the urine. The amount of sediment
present varies with the concentration of the urine. It is therefore important
to spin the maximum amount of urine possible, particularly when the urine
is very dilute. The sediment can then be assessed directly as a ‘wet preparation’, or examined after suitable staining. Care must be taken with interpretation of sediment findings. Cystocentesis can result in blood contamination, and therefore lead to increased numbers of RBC and WBC.
Crystals occur commonly in normal cat urine and can precipitate rapidly
as it cools. It is therefore very important not to over interpret their significance when they occur in low numbers, or when there is no evidence of
stone formation or secondary infection. It is not unusual to see lipid
droplets of various sizes in cat urine. It is important to recognize these for
what they are and not mistake them for crystals, cells or bacteria. (There
are many reference texts available with pictures to aid in the interpretation
of urine sediments. For a comprehensive review see Davies, 1998).
• Quantitative culture and sensitivity (C&S) – Ideally, this should be performed on a sample collected by cystocentesis, and if the sample is being
posted, it should be kept in a fridge and then posted to arrive at the laboratory as quickly as possible. The analysis should be quantitative, and sensitivities need to be performed.
5. Survey radiographs and further diagnostic investigations
There are a number of different ways by which the bladder and urethra
can be imaged. Survey radiographs may be sufficient to identify radioopaque bladder stones. However, contrast studies (see below for indications
and technique), and/or abdominal ultrasonography may be necessary to de242
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:40 Pagina 243
tect radiolucent bladder stones, bladder diverticula, urethral strictures,
anatomical defects, neoplasia, or polyps. Where available, cystoscopy can
also be very useful. While survey radiography and ultrasound examination
can be performed on well-behaved or sedated cats, a general anaesthetic is
required for most other types of further investigation. Although ultrasonography is gaining favour because of it is non-invasive and does not require
anaesthesia, it can not be used to examine the urethra, which means important pathology may be missed. Also, fat droplets within the urine may be mistaken for sediment so the presence of hyperechoic speckles should not be
over interpreted.
Diagnostic Imaging – findings in cats with FIC:
• Radiographs of cats with FIC are frequently unremarkable. However,
changes may be seen on double contrast cysto-urethrography, including
diffuse bladder wall thickening (particularly affecting the apical area),
mucosal irregularities, urethral narrowing or, occasionally, leakage of
contrast media through the layers of the bladder wall.
• Ultrasonography may reveal hyperechoic material (possibly crystals, or fat
droplets), blood clots, mural irregularities, or thickening of the bladder wall.
• Cystoscopy, where available, may reveal evidence of increased mucosal
vascularity, urothelial ulceration, or focal areas of submucosal haemorrhage (“glomerulations”).
• Unfortunately, none of these changes are pathognomonic for FIC.
To confirm a diagnosis it is often necessary to collect material for cytology or histopathology. Transitional cell carcinoma is a major differential diagnosis that may need to be ruled out. Unfortunately, this type of neoplasia
rarely sheds cells into the urine. The easiest way to collect a tissue sample is
to perform a suction aspirate. This very simple technique requires only a urinary catheter with side holes and a 5ml syringe. The bladder is then emptied
of urine, and the catheter advanced to the level of the area of interest. If the
lesion is in the bladder the bladder is then squeezed firmly around the
catheter and an aspirate collected. If the area of interest is in the urethra the
aspirate can be taken directly, after selecting the widest size of catheter that
can be passed into the urethra. Samples collected in this way can be used to
make smears or ‘crush’ preparations, or fixed in formalin and processed routinely. While this technique can be very useful at detecting mucosal inflammation, hyperplasia, and neoplasia (e.g. TCC), a full-thickness bladder wall
biopsy is required to confirm a diagnosis of interstitial cystitis.
If no lesions are identified after a full diagnostic work-up then a purely behavioural problem should be considered. However, if the cat is not currently
243
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:40 Pagina 244
symptomatic repeating the investigation when it is showing clinical signs may
reveal more obvious bladder pathology. It is important to remember that
many cats which are believed to have a purely behavioural problem have a
history of FLUTD with haematuria at some time in their past. So there probably is, or was, underlying physical disease at some point.
SUMMARY OF INVESTIGATION
This paper described the ideal investigation of a case of FLUTD. While it
is strongly recommended that all severe and, particularly, recurrent cases
should be investigated as fully as possible, an investigation of this extent is
rarely warranted for initial cases, or for cats that only have very mild or occasional clinical signs. For milder cases an abbreviated investigation may be
more appropriate; consisting of full urinalysis, with C&S, followed by survey
and contrast radiography or, possibly, ultrasonography. Cytological or
histopathological examination of aspirates or biopsies is rarely required. In
many cases, the lack of pathological findings on diagnostic imaging leads to
a presumptive diagnosis of FIC.
TREATMENT
INTRODUCTION
The key to successful treatment is a correct diagnosis. Where a specific
cause can be identified then its treatment can be undertaken. Where no underlying cause can be identified then the cat should be managed as for feline
idiopathic cystitis (FIC) (see below).
Treatment of the Blocked Cat
Obstructive FLUTD can be caused by many different disorders, including
those affecting the urethra (idiopathic LUTD [often with spasm], urethral
plug, urolithiasis, neoplasia, prostatic disease, anatomical defects [strictures
etc]), and/or the bladder (urolithiasis, neoplasia, anatomical defects). Affected cats typically present with a history of stranguria, dysuria, pollakiuria, or
anuria, although owners may often report constipation as this may be confused with stranguria. The severity and duration of the obstruction will determine the severity of the clinical signs.
244
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:40 Pagina 245
Obstruction can lead to post-renal azotaemia, renal azotaemia, hyperkalaemia, hyperphosphataemia and acidaemia. These combined metabolic
and renal disruptions can rapidly prove fatal. Therefore, cats presenting with
lower urinary tract obstruction require immediate treatment.
Diagnosis of obstructive FLUTD is based on history and physical examination (abdominal palpation revealing a tense, painful bladder). If the history suggests a lower urinary tract obstruction, but there is no palpable bladder, rupture and uroabdomen should be considered.
Prior to the correction of an obstruction the overall status of the cat
should be assessed. A minimum database should include assessment of the
cardiovascular system, haematology, serum biochemistry and electrolytes.
Ideally, acid-base status should be checked and monitored. If severe metabolic derangements (such as hyperkalaemia) are present, these should be corrected prior to sedation or anaesthesia. Fluid therapy should be administered.
The choice of intravenous fluid will depend on the overall condition of the
case. If azotaemia is present the cat should be placed on an intravenous infusion of 0.9% sodium chloride. Potassium containing fluids such as Hartmann’s solution should not be administered to cats with hyperkalaemia, in
such cases 0.9% sodium chloride is the crystalloid of choice. The significance
and severity of any hyperkalaemia should be determined by measuring the
serum potassium concentration, assessing the cat’s heart rate and rhythm
and, ideally, performing an ECG.
Management of Hyperkalaemia
Severe life threatening hyperkalaemia
• Calcium gluconate 10% (diluted 1:1 with normal saline): Give as a slow
intravenous infusion over 15 minutes (as it can cause arrhythmia). This
does not lower the potassium concentration, but does provide immediate
(short-term) myocardial protection.
Moderate to severe hyperkalaemia
• Sodium bicarbonate: This is particularly useful if there is concurrent acidosis; however, it is contra-indicated with hypocalcaemia (which may be
present in ~1/3 of blocked cats). It acts by exchanging intracellular hydrogen for potassium.
• Glucose (5-10% solution as constant rate infusion or 20-50% IV). If using
hypertonic glucose solutions these should be administered slowly into a
large vein. Glucose acts by stimulating endogenous insulin release causing cellular uptake of glucose and potassium.
• Glucose combined with regular insulin. When doing this it is important to
monitor the blood glucose concentration for evidence of hypoglycaemia.
245
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:40 Pagina 246
The synergistic action of glucose and insulin acts to stimulate cellular uptake of glucose and potassium.
Asymptomatic Hyperkalaemia
• Fluid therapy (potassium free)
• Restoration of urine output
Treatment of the Obstruction
If the cat is alert then sedation or anaethesia will be required, and analgesia should be administered. The choice of anaethestic agent depends primarily on the degree of renal compromise and any other underlying disorders.
The bladder may require immediate decompression, in which case, careful
cystocentesis can be performed and the bladder emptied. Otherwise, the urethral obstruction can be addressed as described below.
In order to relieve a urethral obstruction gentle urethral massage can be
attempted. This can be performed on both the penile urethra and the intrapelvic urethra (per rectum). If this is not successful, urethral catheterisation and retrograde hydropulsion should be attempted (Figure 6). There are
several types of catheter available for this purpose. Occasionally it is necessary to use one with a smaller gauge aperture, and in these instances the
sheath of a 22 gauge intravenous catheter can be used. Once a suitable
catheter has been selected, the tip should be covered with a sterile lubricating gel. The penis should then be extended caudally and the catheter gently
advanced whilst flushing with warm saline. If the catheter can be advanced
into the bladder, the bladder should be gently compressed until it is empty and
Figure 6 - Retrograde hydropulsion (in a dog!). A finger is placed
per rectum to compress the urethra
proximal to the stone. Saline is then
instilled into the urethra until distension pressure lifts the walls of
the urethra off of the stone. At this
point the per rectum pressure is lifted and a firm flush of saline propels
the stone back into the bladder
from where it can be removed by
cystotomy. (Thank you to whoever
drew this picture – please let me
know is you know its origin).
246
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:40 Pagina 247
should then be slowly flushed with warm saline until the saline runs clear. The
use of irritant solutions should be avoided (e.g. Walpole’s solution), as they
will cause irritation to the mucosal lining of the bladder and urethra. Once
the instilled saline remains clear, the bladder should be completely emptied,
the catheter secured to the cat by suturing it to the prepuce and a sterile,
closed drainage system attached (and secured with tape to the tail) to enable
urine output to be monitored.
In cases where a urinary catheter cannot be passed along the penile urethra, an emergency urethrostomy or a temporary tube cystotomy may be required. For emergency decompression of the bladder, a tube cystotomy is preferred to multiple cystocenteses. This approach allows the cat to be stabilised
for (later) surgical correction. Tube cystotomy can be performed via a midline incision, made midway between the umbilicus and the pubis. The bladder
is exteriorised and stabilised using stay sutures. A purse-string suture is
placed through the serosa and muscularis layers of the ventral, apical bladder wall. A stab incision in made within the purse-string, and a Foley or
mushroom tip catheter introduced. Remember to pass the catheter through the
body wall via a separate incision first! The balloon (if present) is inflated using sterile saline and then the purse-string tightened. Omentum may be incorporated. The bladder may be pexied to the abdominal wall for additional
security and the catheter secured to the outer body wall using a friction (Chinese-finger trap) suture. The catheter is connected to a closed-circuit
drainage system and urine output monitored.
Aftercare
After re-establishing the urinary output diagnostic investigations can undertaken to determine the cause of the obstruction. However, the volume of
urine output should be closely monitored and urine sediment examined daily
for evidence of infection. The urine output fails to rise, or falls to
<0.5ml/kg/hr, treatment for oliguric renal failure should be considered. Once
post obstructive diuresis has been achieved, the serum potassium concentration should be monitored closely as hypokalaemia may warrant potassium
supplementation. If urethral spasm is suspected treatment with spasmolytics
and analgesics may be required.
Treatment of urethral plugs
Urethral plugs consist of protein-colloid matrix plus or minus trapped
crystals, which have become wedged within the urethra. Initially, the urethra
must be unblocked (see above for technique). In the longer term treatment
may be aimed at reducing;
247
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:40 Pagina 248
• the protein matrix (see ‘Treatment of FIC’)
• the crystals:
Normal cats commonly produce crystals in their urine, especially when
they are fed many of the dry cat foods. The first line of treatment is therefore to change their diet to wet food. Where significant crystalluria persists
the nature of the crystals should be assessed and an appropriate prescription diet can be fed (preferably the wet form).
Do not feed an acidified diet if the urine is already acid and struvite crystals are not a problem. Long-term use of highly acidified diets can result
in metabolic acidosis, hypokalaemia, renal damage, and loss of bone density, especially when given to immature cats. These diets also increase the
risk of oxalate urolithiasis.
• urethral spasm (see ‘Treatment of urethral spasm’).
Treatment of uroliths
Uroliths occurring within the bladder are best removed surgically. While
struvite stones may dissolve with dietary manipulation*, oxalate stones need
to be surgically removed unless they are small enough to be repelled back into the bladder using ‘retrograde hydropulsion’ (see Figure 7), or expelled
from the urethra using ‘voiding hydropulsion’. The latter can be performed by
holding the heavily sedated or anaesthetized cat up by its shoulders, then initiating micturition by squeezing the bladder gently but firmly. Once removed
the stones should be sent for analysis.
Renal uroliths are very difficult to treat. It is often best to leave them alone,
but remember to give long courses of antibiotics if bacterial infections occur
concurrently. Ureteral stones may be encouraged to pass by giving amitryptylline (see tricyclic antidepressants) which appears to have an acute anti-spasmodic effect.
* While struvite stones may be amenable dissolution using the appropriate prescription diets the use of these highly acidified diets cannot be recommended for
older cats as they can exacerbate renal failure, cause hypokalaemia, loss of
bone density, and increase the risk of oxalate urolithiasis. Even in younger adult
cats, these diets should only be fed short term (<2 months).
Treatment of urethral spasm
Urethral spasm may occur in many cases of FLUTD, regardless of the underlying cause. Spasms may be initiated by local pain or inflammation, and may
affect the smooth and/or skeletal muscle of the urethra. It may therefore be ben248
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:40 Pagina 249
eficial to give drugs to counter both of these effects. However, while these drugs
are rarely associated with side effects in young cats, the risk of concurrent renal
or cardiac disease should be assessed before these drugs are given to older cats.
Injectable drugs (e.g. ACP) may be given at the time of relieving a urethral obstruction, after which the author commonly prescribes a 7-14 day course of prazosin (and, if needed dantrolene). These two drugs can be given together, and
longer or intermittent courses of prazosin may be required in some cases. The
author prefers to wean off these drugs over a few days rather than stopping them
suddenly, usually stopping the dantrolene before the prazosin.
• Smooth muscle anti-spasmodics include:
Acepromazine (ACP)
0.05-0.2 mg/kg IV, IM, SC
or 1-3 mg/kg PO
Prazosin (Hypovase
0.25-1.0 mg/cat PO q8-12h
0.5 or 1.0 mg tablets)
Phenoxybenzamine
(Dibenyline 10 mg capsules*)
0.5-1.0 mg/kg PO q12h - give for
5 days before evaluating efficiency.
• Skeletal muscle anti-spasmodics include:
Dantrolene
0.5-2.0 mg/kg PO q12h
(Dantrium 25mg capsules*)
(0.5-1.0 mg/kg IV, but very
expensive).
*Re-encapsulate 1/8 –1/4 of the contents of a capsule into empty size 2 or 4
gelatin capsules.
There have been only a limited number of studies into the use of these
drugs in the relief of urethral spasm in cats; however, prazosin, phenoxybenzamine and dantrolene have been shown to be most beneficial.
All smooth muscle relaxants can cause hypotension, and dantrolene may
cause liver toxicity. Please note that prazosin is dosed per cat and not per kg,
and refer to the BSAVA formulary for more information about the use and toxicity of these drugs.
Treatment of bladder diverticula
If a diverticulum does not spontaneously regress with successful management of the underlying cause of the FLUTD then surgical resection is recommended. Resected tissue should be sent for histopathology and routine bacterial culture.
249
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:40 Pagina 250
Treatment of bladder neoplasia
Bladder neoplasia, whenever possible, should be surgically resected. Unfortunately, this is often not possible, either because the tumour is positioned
too close to the trigone, involves one or both of the ureters or, occasionally,
because metastases have already been detected (usually in the lungs).
Some cases of transitional cell carcinoma (TCC) may be amenable to palliation using piroxicam or meloxicam. Studies have shown that piroxicam may
provide palliative treatment and occasional long-term remission in humans and
dogs with bladder TCC (mean survival of 181 days [range 28->720 days] in
dogs). The mechanism of the anti-tumour activity is currently unknown, but it
does appear to be more than a simple anti-inflammatory action. Unfortunately,
although piroxicam has been studied most in other species, it is difficult to use
in cats because its therapeutic window is very narrow and required dosages are
so small that they necessitate professional drug reformulation. That said, the
author has used it in cats with TCC and can report positive responses. However, since meloxicam is believed to have similar actions to piroxicam the author
has also used this in cats with TCC, and has again seen some positive responses. While current work would therefore suggest that these drugs can be considered in the management of non-operable bladder TCC in cats, it is important to
point out that few cases that have so far been treated.
As with other non-steroidal anti-inflammatory drugs (NSAIDs) these drugs
can cause gastrointestinal and renal toxicity. It is therefore essential to check
urea and creatinine levels, and urine specific gravity, before starting treatment,
and to continue to monitor them regularly.
• Meloxicam (Metacam)
• Piroxicam (Feldene)
1-5drops/cat PO q24h
0.3 mg/kg PO q48-72h
Bacterial infections should ideally be treated according to culture and
sensitivity, using antibiotics that are excreted in the urine and that are not
harmful to renal function. Where an underlying cause can be found it should,
where possible, be corrected. When concurrent renal failure is present prolonged courses of antibiotics are often required (2-6 weeks dependent on the
degree of renal involvement). Repeated courses of antibiotics may be needed
where recurrent infections occur. It is important to remember that antibacterial resistance is likely to develop, so repeated cultures will be needed.
Treatment of FIC
While most cases of non-obstructive FLUTD are self-limiting, and usually spontaneously resolve within 5-10 days, treatment is recommended for a
number of reasons:
250
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:40 Pagina 251
•
•
•
•
FIC is very painful and distressing to the cat.
Cats with FIC may self-traumatize their perineal region.
Cats with FIC may become anorexic.
Male cats with FIC are at risk of developing urethral obstruction, which
can present as a medical emergency.
• Cats with FIC may develop behavioural changes, become aggressive to
their owners or other cats within the household, or may loose their litterbox training.
• Having a cat with FIC is very distressing to an owner.
Unfortunately, few treatments for FLUTD have been investigated by wellcontrolled double-blinded experimental studies. Most recommendations are
therefore based on uncontrolled clinical observations and personal opinion.
Also, since FLUTD is usually self-limiting, many treatments may appear to be
effective, when they actually have no positive effect. All treatments should
therefore be considered with appropriate caution.
As more drugs are tried, the list of those that are either unhelpful, or even
harmful, is growing. Treatments that have been critically assessed include
corticosteroids and antibiotics, and neither was found to have a positive effect. A number of drugs should never be given to cats, e.g. the urinary tract
antiseptic, methylene blue, and the urinary tract analgesic, phenazopyridine;
both of which can result in severe Heinz body anaemia.
The entire list of medications and interventions that have been considered
for the treatment of FLUTD is far too extensive to be included in this article.
The author has therefore chosen to describe her current approach to the therapeutic management of FIC that is aimed at addressing the factors underlying the disease (see above for pathogenesis).
1. Reduce stress:
Stress plays a key role in the pathophysiology of FIC: It has been identified as a “flare factor” that can precipitate a recurrence of clinical signs.
Identified stressors include living with another cat that they do not get on
with; abrupt changes in diet, environment or weather; overcrowding; owner
stress; or the addition to the household of new pets or people. Stress associated with urination can be particularly significant.
• Provide a safe area in which to place the cat’s litter box.
• Provide a suitable number of litter boxes with suitable litter (~1 box per
1-2 cats). Clean the boxes frequently.
• Reduce overcrowding and bullying. Provide safe escape routes and hiding
places.
251
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:40 Pagina 252
• Reassure the cat as much as possible.
• Consider the use of Feliway (Ceva: synthetic cat facial pheromone can
help to reduce feline anxiety).
2. Create dilute urine
Altering the diet most easily modifies the content of urine. Dietary changes
can affect urine concentration, volume, pH, and mineral content. While much
interest has been placed on altering the urine pH, and the magnesium and
calcium content of the urine, it is now believed that the single most important
factor is the rate of water turnover. The aim of dietary manipulation is therefore to create less concentrated urine (GS ~1.035) which encourages more
frequent urination and dilutes out any noxious components in the urine.
Rather than altering the content of a dry diet, it is advisable to feed a wet one.
However, not all wet diets are created equal. Care should be taken when feeding high-fibre diets since they result in increased faecal fluid loss and therefore reduced urine production.
• Gradually change the diet to wet food.
• Supply free access to water and encourage the cat to drink. Consider offering fish or chicken stock, diluting cat food to form ‘soup’, or using a
‘pet water fountain’.
• For discussion of the use of prescription diets where significant crystalluria is present see ‘Treatment of urethral plugs’.
3. GAG supplements
In theory, therapy to replace the GAG layer should be beneficial. This relies on the assumption that exogenous GAG will attach to the defective urothelium and decrease bladder wall permeability. GAGs may also have analgesic
and anti-inflammatory effects. However, while these compounds have shown
positive responses in some studies involving humans with interstitial cystitis,
the one published, double-blinded, controlled, study in cats showed little positive effect. That said, some individual cats do appear to have very positive responses to oral supplementation with GAGs. This probably indicates that
there are a number of different conditions underlying FIC, and only a subgroup of these benefit from GAGs. From human studies, it appears that there
are differences in the relative efficiency of different GAGs in producing positive effects; the same may also be true in cats. In the one published study the
author gave N-Acetyl Glucosamine, which is a precursor for GAG. e.g. Cystease (Ceva Animal Health) 125mg per cat PO q24h. However, it can also
252
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:40 Pagina 253
be given at higher dose at the time of the initial presentation, then reduced to
a maintenance level. Possible side effects include prolonged bleeding times,
inappetence, and possibly, insulin resistance.
4. Treatment of urethral spasm
Treatment for urethral spasm may reduce the severity of clinical signs in
some cats, and may reduce the risk of urethral blockage recurring. (See above
for details).
5. Tricyclic antidepressants (TCA)
TCA have been found to be beneficial in the treatment of some humans
with interstitial cystitis and, anecdotally, shown positive effects in a number
of cats with FIC. However, there are few well-controlled studies in cats, and
the two that have been published have shown that short courses (7 days) do
not aid in the resolution of clinical signs, and may even be associated with an
increased risk of recurrence. The effect of longer courses is unknown. TCA
have both behavioural and organic effects. They have anticholinergic (including increasing bladder capacity), anti-inflammatory (including preventing histamine release from mast cells), anti-α adrenergic, analgesic and antidepressant effects. TCA should be used with caution in cats, and reserved for
those cases with very severe or chronic disease.
Amitriptyline (Amitriptyline) 2.5-10 mg/cat PO q24 hours (evening).
Side effects include somnolence, urinary retention, and raised liver enzymes. Liver function should be assessed prior to starting therapy, reassessed
one month later, then every 6-12 months while the cat is on treatment.
6. Analgesia and anti-inflammatory drugs
• Analgesia alone may reduce the severity of the clinical signs, but is rarely
sufficient. Buprenorphine (Vetergesic can be given orally), or fentanyl
patches (which can be attached to a shaved area on the back of the neck),
may show some degree of positive effect.
• Corticosteroids have been shown to be non-effective.
• While NSAIDs have not been investigated for the treatment of FIC they
may appear to help in some cases (especially those with TCC or pre-TCC,
see above).
253
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:40 Pagina 254
Summary of Treatment for FIC
It is important to remember that all current treatments for FIC are merely
palliative. The best results are gained by instigating a number of changes, i.e.
reducing stress, feeding a wet diet, possibly replacing GAGs and, if necessary,
relieving urethral spasm. In most cases, when tailored to the individual cat,
this will reduce or prevent further clinical signs. Tricyclic antidepressants
should only be used in very severe recurrent cases.
Where possible, it may help to be proactive. This can be achieved where observant owners are able to notice their cat showing prodromal signs before an
episode of FIC becomes clinically obvious. The duration of these signs may
vary from a few days to a few hours, and they may include increased perineal
and hind-end grooming, or altered behaviour (often seen as inter-cat aggression initiated by the FIC sufferer). These signs probably relate to increasing
perineal pain. Making management changes at this time may help to reduce
the severity and duration of the episode, i.e. further reduce stress (perhaps
spray Feliway), increase fluid intake, and/or give a GAG supplement or increase its dosage. This approach can also be used if a stressful episode is anticipated, (e.g. a visit to the vet, a stay in a cattery, builders in the home, etc.)
Please note that few of the drugs listed in this article are licensed for this
use in cats. Please refer to the BSAVA Small Animal Formulary for more information and potential side effects.
Unblocking a tom-cat’s urethra
Method:
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
Collect blood for assessment of urea, creatinine and electrolytes. If hyperkalaemic, treat accordingly (see above and in critical care texts). Assess for the presence of acute renal failure.
Start IV fluid therapy.
Anaesthetize the cat - a full anaesthetic is preferred for ease of non-traumatic catheterization.
Remove the pressure from the cat’s bladder by cystocentesis prior to attempting to unblock the urethra.
Try to unblock the urethra by gently “milking out” any plugs or stones
from within the penis tip.
Use a non-traumatic, ideally open-ended, urethral catheter, and lubricate
it well with sterile KY jelly or Vaseline.
Extrude the cat’s penis fully, position the catheter within the penis tip,
254
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:40 Pagina 255
8.
9.
10.
11.
12.
13.
14.
then hold the base of the penis and pull it caudally and dorsally. This acts
to straighten out the urethra and allows for easier and less traumatic
catheterization.
If necessary, flush with warm saline to remove any obstructing material.
NEVER use Walpole’s solution, it is highly irritant and will cause severe
inflammation.
Once the catheter is in place, fully empty the bladder, and flush it clean
with warm saline.
Suture the catheter in place and attach a sterile closed-collection system.
Tape the collection system to the tail so the tension is removed from the
prepuce. Ideally, the catheter should be of a length sufficient to reach into the bladder, rather that to sit within the urethra. It should be made of
as soft and non-traumatic material as possible. (The author currently
prefers EZGO 3.5F from Direct Medical Supplies).
Fit the cat with an Elizabethan collar.
Ensure the IV fluid matches post-obstructional diuresis, and contains sufficient potassium.
Leave the catheter in place for 2-4 days (judge by the amount of blood
within the urine).
Do not give antibiotics unless ABSOLUTELY essential. (Giving antibiotics while a urinary catheter is in place risks generating resistant bacteria). It is better to start antibiotics on removal of the catheter, preferable with antibiotics selected according to culture of the catheter tip.
Ideally, give a spasmolytic (e.g. prazocin) while the catheter is in place,
and for a further 1-2 weeks, as needed.
Double contrast cysto-urethrography:
Indications:
Double contrast cysto-urethrography is the diagnostic method of choice
for the assessment of the urinary bladder and urethra. The technique can be
used to assess the position and integrity of the bladder and urethra, bladder
distensibility and wall thickness, and the detection of intraluminal and intramural lesions such as tumours, polyps, diverticula, bladder or urethral stones.
Method:
1.
2.
3.
Ideally, prepare the cat with a 24-hour starvation and give enemas (e.g.
Microlax) to ensure that the colon and rectum are empty.
Anaesthetize the cat.
Take survey abdominal radiographs (ensure the renal shadows are in255
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:40 Pagina 256
cluded on the films so they can be assessed for their size and shape, and
for the presence of stones or mineralization).
4. Catheterize and empty the bladder using aseptic technique. (To catheterize a tom cat see end of article. To catheterize a female cat use a well lubricated Jackson tom cat catheter, insert it into the vulva, then pull the
vulva caudally and dorsally. This acts to straighten out the urethra and
allows for easier and less traumatic catheterization. Slide the tip of the
catheter along the floor of the vulva and into the urethra).
5. If necessary, flush the bladder with warm saline to remove blood clots.
6. Infuse gas to distend the bladder:
Generally ~ 2-4 ml/kg body weight. It is essential to palpate bladder to
prevent over-distension. Very diseased bladders may be very poorly distensible. (When using a 20 ml syringe attached to a Jackson cat catheter
via a 23 gauge needle and a bung the point when the pressure in the bladder begins to push back the syringe plunger is usually ideal).
CO2 is preferable to room air as it is more soluble.
Obtain lateral projection radiographs.
7. Inject iodinated contrast medium (Conray 280, or Omnipaque 300) into
the bladder: ~ 1-2 ml/cat.
8. Roll the cat 360o to ensure that the entire bladder mucosa is coated with
contrast media.
9. Obtain lateral and ventrodorsal projection radiographs.
10. Inject additional gas if further bladder distension is required:
Care on adding the gas as air bubbles can cause misleading images.
11. Assessment of the urethra can be made either as a voiding study or by a
retrograde urethrogram.
A voiding study can sometimes be obtained by filling the bladder with
contrast medium and obtaining lateral and/or oblique projections while
expressing the bladder by abdominal compression (e.g. placing a light
sand-bag across the abdomen).
A retrograde urethrogram can be obtained in male cats using a tom-cat
catheter. This can also be used in female cats. On some occasions the
careful use of Babcock clamps may to needed to close the vulva. Alternately, a small Foley catheter can be used (ideally, 4 French). Place the
catheter as distally in the urethra (or vulva) as possible, and obtain lateral radiographs as 2-3 ml of the iodinated contrast media is injected.
12. After completing the study remove the contrast media from the bladder.
References from author on request:
Danielle.Gunn-Moore/’ed.ac.uk April 2006
256
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:40 Pagina 257
INTRODUZIONE
Morbilità proporzionale
Il termine di “affezioni delle basse vie urinarie del gatto” (FLUTD, feline
lower urinary tract disease) indica un insieme di condizioni che possono colpire la vescica e/o l’uretra degli animali di questa specie. Sfortunatamente, dato che l’apparato urinario può rispondere ai diversi insulti soltanto in un numero limitato di modi, i segni clinici sono raramente indicativi di una particolare
malattia. La FLUTD si osserva più comunemente di gran lunga nei gatti giovani che in quelli anziani (Fig. 1). Anche se esistono molte condizioni capaci
di determinare la comparsa dei segni della FLUTD, quelle con le maggiori probabilità di verificarsi variano considerevolmente con l’età del gatto. Nei giovani, la grande maggioranza dei casi (55-69%) è di natura idiopatica (Fig. 2). Al
12
10
8
Gatti
6
Cani
4
2
0
0-1
1-2
2-4
4-7
7-10
10-15
Oltre 15
Età (anni)
Figura 1 - Prevalenza delle affezioni delle basse vie urinarie nel cane (1980-1995) e nel gatto
(1980-1995) negli USA. (Bartges JW What’s New in Feline LUTD? Proceedings of ECVIM 2002).
60
50
40
< 10 anni
%
30
> 10 anni
20
10
0
D
UT
FL
a
tic
pa
o
i
id
i
ral
ret
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p
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oli
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I
UT
ti +
oli
Ur
I
UT
a
ia
za
um
las
en
op
tin
Tra
e
n
o
N
Inc
Figura 2. Diagnosi più comuni nei gatti con segni di FLUTD, presentati in funzione dell’età (dati raccolti negli USA). (Bartges JW What’s New in Feline LUTD? Proceedings of ECVIM 2002).
257
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:40 Pagina 258
contrario, la FLUTD si osserva raramente nei gatti anziani (a meno che non si
tratti di un animale che ha sviluppato per la prima volta la condizione in una fase precoce della vita). I gatti anziani hanno molte più probabilità di sviluppare
cistiti batteriche, urolitiasi o neoplasia.
SEGNI CLINICI DELLA FLUTD
I gatti con FLUTD di solito presentano segni di disuria (minzione difficoltosa), pollachiuria (aumento della frequenza della minzione), ematuria,
agitazione o vocalizzazione (grida o ululati) quando cercano di urinare, ostruzione uretrale e/o periuria (minzione inappropriata). In alcuni casi, il proprietario non è consapevole dell’esistenza di un problema sottostante dell’apparato urinario e porta il gatto alla visita perché sospetta una modificazione comportamentale, con perdita dell’abitudine all’uso della cassetta delle deiezioni
e/o aggressività. Alcuni gatti presentano una toelettatura eccessiva ed eliminano il pelo dalla parte ventrale dell’addome e/o dall’area perineale (presumibilmente in risposta ad un dolore locale).
L’incidenza annuale della FLUTD nei gatti britannici è ritenuta prossima
all’1%. Anche se si può osservare in gatti di qualsiasi età, la condizione si riscontra con maggiore frequenza in quelli giovani o di media età, sovrappeso,
che fanno poco esercizio, utilizzano una cassetta delle deiezioni in casa, hanno scarse possibilità di accedere all’esterno, consumano una dieta secca e, tipicamente, vivono in un nucleo familiare con più animali (dove spesso esistono delle antipatie fra il gatto colpito ed altri membri della famiglia). Sembrano essere predisposti i gatti persiani e quelli domestici a pelo corto con
mantello bianco e nero, mentre la condizione è rara nei siamesi. La FLUTD
si riscontra in ugual misura nei gatti maschi e femmine; invece, quelli sterilizzati sono più suscettibili ed il rischio di ostruzione del tratto urinario è maggiore nei maschi. I segni clinici sono spesso stagionali, peggiorando dall’autunno all’inizio della primavera.
La maggior parte dei casi di FLUTD non ostruttiva è autolimitante; di solito si risolvono entro 5-10 giorni. Tuttavia, in genere i gatti colpiti presentano episodi di segni clinici che recidivano con frequenza variabile, ma generalmente tendono a diminuire di frequenza e gravità col tempo.
FISIOPATOLOGIA DELLA FLUTD
Dal momento che col termine di FLUTD si indica un insieme di condizioni, piuttosto che una sola, è necessario prendere in considerazione, di volta in
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volta, l’eziologia di ognuna. La nostra conoscenza della prevalenza e della fisiopatologia delle numerose cause della FLUTD è cambiata radicalmente negli ultimi anni. Di conseguenza, mentre in passato si poneva più interesse sul
ruolo dei calcoli vescicali e dei cristalli urinari, recenti dati hanno dimostrato
che è la cistite idiopatica la causa più comune di FLUTD nel gatto (Fig. 1).
Cistite idiopatica felina (FIC)
Nella maggior parte dei casi di FLUTD non si riesce ad individuare alcuna causa sottostante. Le ricerche condotte negli ultimi 30 anni non sono riuscite ad individuare un’eziologia costante per l’infiammazione in questi casi idiopatici. Tuttavia, una recente ipotesi suggerisce che la FIC possa derivare da alterazioni dei sistemi nervoso ed endocrino del gatto e dall’incapacità
di sopportare gli stress ambientali. Ciò esita in modificazioni dei processi all’interno dell’encefalo, alterazioni dell’interazione fra gli impulsi neuronali
da e verso l’encefalo e la vescica ed esacerbazione da parte di composti presenti all’interno dell’urina. Tutto ciò può poi essere ulteriormente accentuato
da alterazioni delle interazioni con lo strato dei glicosaminoglicani (GAG)
che riveste la vescica (Fig. 3). È stato ipotizzato che la FIC possa presentare
delle analogie con la cistite interstiziale, che è una malattia idiopatica, non
maligna, della vescica dell’uomo.
Si ritiene che lo stress svolga un ruolo importante nello scatenamento e/o
nell’esacerbazione della cistite idiopatica felina; come fattori stressanti sono
stati ipotizzati il fatto di vivere in un nucleo familiare con più animali (in particolare se sono presenti conflitti fra gatti) ed il cambiamento di casa. È stato
quindi suggerito che la riduzione dello stress possa contribuire a ridurre le recidive e/o la gravità della FIC.
La conferma dell’importanza dello stress e dell’eccitazione esagerata per
l’induzione e/o il mantenimento della FIC deriva da numerosi studi che hanno dimostrato che gatti colpiti rispondono allo stress in modo molto differente da quelli normali. Questi ultimi, quando sono esposti a situazioni stressanti, presentano manifestazioni di paura, aggressione, tendenza a nascondersi,
anoressia, automutilazione e modificazioni del peso. Fisiologicamente, nei
gatti normali lo stress esita nell’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene. Ciò si osserva sotto forma di aumento dell’attività del locus ceruleus
(un’area dell’encefalo che si occupa della vigilanza e dell’attività autonoma),
incremento delle concentrazioni plasmatiche di catecolamine, accentuata sensibilità surrenalica dell’ormone adrenocorticotropo (ACTH), aumento della
secrezione di glucocorticoidi da parte della corteccia surrenale e innalzamento dei livelli urinari di cortisolo. Il ruolo dei glucocorticoidi e di altri alfa2259
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agonisti adrenocettori è molto complesso. Tuttavia, una delle loro funzioni essenziali è quella di garantire il feedback negativo per il controllo della risposta allo stress, una funzione che svolgono inibendo l’ulteriore trasmissione dei
segnali nocivi all’encefalo. Al contrario, i gatti con FIC, quando sono stressati, mostrano una maggiore attività di dislocazione rispetto a quelli normali.
Ciò si osserva sotto forma di aumento del consumo di cibo e bevande, della
toelettatura e della minzione. È interessante notare che, mentre mostrano un
marcato incremento dell’attività nel locus ceruleus ed un aumento dell’attività simpatica, non presentano un incremento plasmatico delle concentrazioni
Encefalo (locus ceruleus)
Stress:
- Modificazioni ambientali
- Stress “ da cassetta ”, ecc...
Sistema nervoso simpatico
DOLORE
Ganglio mesenterico caudale
Fibre - C
- Rilascio di sostanza P, ecc…
Urina (pH, K+, Mg++, Ca++)
- Stimolazione delle fibre C
- Reclutamento delle fibre C
Urotelio
Il rilascio della sostanza P può causare:
- Dolore
- Vasodilatazione
- Aumento della permeabilità della parete vescicale
- Edema della sottomucosa
- Contrazione della muscolatura liscia
- Degranulazione delle mast cell
- Riduzione/alterazione dello strato di GAG
= Infiammazione neurogena
Figura 3 - Attuali ipotesi dell’infiammazione neurogena della FIC (Adattato da Buffington et
al., 1996).
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di ACTH e cortisolo. Questo disaccoppiamento dell’asse ipotalamo-ipofisisurrene si osserva anche in alcune sindromi di dolore cronico nell’uomo e si
ritiene che derivi dalla desensibilizzazione o iposensibilizzazione degli adrenocettori alfa2-agonisti secondaria a stimolazione cronica. Anche se un recente studio ha dimostrato che i gatti con FIC presentano molteplici anomalie nella loro via di trasduzione del segnale mediata dagli alfa2-adrenocettori,
non è ancora chiaro se ciò rappresenti un adattamento per la sopravvivenza allo stress cronico, oppure indichi che questi gatti sono colpiti da un difetto innato della loro capacità di sopportare lo stress.
Gran parte della nostra conoscenza degli aspetti periferici della FIC è derivata dallo studio dell’istopatologia di biopsie della parete vescicale prelevate da
gatti colpiti. Questi esami di solito rivelano un epitelio ed una tonaca muscolare relativamente normali, con edema e vasodilatazione della sottomucosa, senza evidente infiltrato infiammatorio, benché sia frequentemente presente un
gran numero di mast cell. Le biopsie rilevano spesso un aumento del numero
delle fibre del dolore (fibre-C) e dei relativi recettori (recettori della sostanza P).
Oggi è noto che la stimolazione delle fibre C (attraverso agenti scatenanti
centrali o locali) può causare il rilascio di neuropeptidi (ad es., sostanza P ed altri), che possono a loro volta esitare in dolore, vasodilatazione dei vasi sanguigni intraparietali, aumento della permeabilità vasale e della parete vescicale,
edema della sottomucosa, contrazione della muscolatura liscia e degranulazione delle mast cell. Quest’ultima esita nel rilascio di una varietà di mediatori dell’infiammazione (quali istamina, eparina, serotonina, citochine e prostaglandine) che possono ulteriormente esacerbare gli effetti delle fibre C. La stimolazione di queste ultime e la infiammazione neurogena che ne deriva possono
quindi spiegare molte delle modificazioni registrate nella FIC. Le terminazioni
nervose possono essere stimolate in risposta ad agenti centrali (come lo
“stress”) oppure tramite composti presenti all’interno dell’urina (ad es., pH acido, potassio, magnesio e ioni calcio). A sua volta, ciò può esitare in un ulteriore reclutamento delle fibre C e nell’intensificazione della malattia.
Il ruolo esatto del sottile strato di muco (composto da GAG) che ricopre
l’epitelio vescicale è ancora da chiarire. È noto che contribuisce a prevenire
l’adesione di microrganismi e cristalli alla superficie interna dell’organo.
Inoltre, è stato dimostrato che alcuni gatti con FIC presentano un’alterazione
delle concentrazioni urinarie di GAG ed un incremento della permeabilità della vescica urinaria. Questo aumento della permeabilità può consentire alle sostanze nocive presenti all’interno dell’urina di passare attraverso l’urotelio e
causare infiammazione. Anche se sembra che l’infiammazione neurogena
possa svolgere un ruolo importante nello sviluppo dei segni clinici della
FLUTD, non è chiaro se si tratti di un fattore primario oppure di un evento secondario, forse scatenato da un agente infettivo non ancora identificato.
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Urolitiasi
L’urolitiasi viene definita come la formazione di calcoli (uroliti) all’interno del tratto urinario. Gli uroliti possono variare in base alla loro composizione minerale e, nel gatto, le forme che si osservano più comunemente sono
quelle da struvite e da ossalati. Tuttavia, negli ultimi anni il consumo di diete
studiate appositamente per favorire la dissoluzione dei calcoli di struvite ha
determinato un incremento dell’incidenza dell’urolitiasi da ossalati. Il rischio
di quest’ultima è ulteriormente accentuato nei gatti anziani, dato che il pH
della loro urina tende ad essere più basso, in particolare se sviluppano un’insufficienza renale.
Tappi uretrali
I tappi uretrali si riscontrano approssimativamente con la stessa frequenza
degli uroliti. Sono particolarmente importanti perché si accompagnano all’ostruzione uretrale. Sono composti da varie associazioni di una matrice proteico-colloidale (mucoproteine, albumina, globuline, cellule, ecc…) e materiale
cristallino (in genere tipicamente struvite). Si ritiene che la matrice colloidale “filtri” dalla parete vescicale come conseguenza dell’infiammazione. La
causa di questa flogosi può essere neurogena, idiopatica, oppure secondaria
ad infezioni, neoplasie o uroliti. La presenza di una spessa sostanza colloidale può causare l’ostruzione uretrale senza segni di cristalluria. Tuttavia, quando è presente anche quest’ultima, i cristalli possono rimanere intrappolati all’interno della matrice e complicare l’ostruzione. Quindi, di solito è il colloide ad essere di primaria importanza piuttosto che la presenza dei cristalli di
per sé. Anche se una cristalluria molto grave può esitare in un’ostruzione uretrale in assenza di matrice colloidale, nella maggior parte dei gatti la cristalluria è clinicamente silente. In realtà, la maggior parte dei gatti normali sviluppa cristalluria quando viene alimentata con molte diete secche per gatti.
Cause infettive
Sino ad ora, non è stato dimostrato alcuni microrganismo batterico, micotico o virale capace di indurre costantemente la FIC. Tuttavia, è ancora possibile che possa essere coinvolto un microrganismo molto difficile da isolare ed
il ruolo dei virus è tuttora oggetto di studio.
L’infezione batterica è una causa molto rara di FLUTD, fatta eccezione
per i gatti anziani. Il rischio correlato all’età di cistite batterica di solito è ri262
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ferito alla presenza di una malattia concomitante: 2/3 dei casi riscontrati nei
gatti anziani risulta colpito da insufficienza renale cronica (o da altre condizioni che esitano nella formazione di urina diluita, ad es. ipertiroidismo,
dopo somministrazione di corticosteroidi, ecc..). (È molto facile ottenere la
crescita di batteri nell’urina felina diluita, ma molto difficile in quella concentrata). Molti degli altri casi sono colpiti da diabete mellito e quindi mostrano un rischio di incremento del rischio di infezione a causa della glicosuria. La cistite batterica può anche essere iatrogena o secondaria ad urolitiasi, neoplasia o difetto anatomico del tratto urinario. Indipendentemente
dalla causa sottostante, i gatti colpiti sono predisposti alle infezioni ricorrenti e l’ascensione di questi processi infettivi può innescare o esacerbare
un’insufficienza renale.
Neoplasia
Nella vescica del gatto si possono riscontrare carcinomi delle cellule di
transizione (TCC), adenocarcinomi, leiomiomi e numerosi altri tumori. Tuttavia, il TCC si osserva più frequentemente, sia sotto forma di tumori isolati
che secondariamente ad infiammazione cronica. In quest’ultimo caso, le neoformazioni si possono trovare in uno stadio preneoplastico, prima della completa trasformazione.
Ipotesi unificante
La diagnosi differenziale della FLUTD può essere formulata individualmente oppure sotto forma di varie combinazioni interagenti (Fig. 4). Ad
esempio, la formazione di tappi uretrali può derivare da disordini concomitanti, ma non necessariamente correlati, come, sempre ad esempio, la simultanea comparsa di infiammazione del tappo uretrale e cristalluria. Anche
se nella maggior parte dei casi deriva tipicamente dalla formazione di tappi
uretrali, l’ostruzione può anche essere causata dal passaggio di piccoli uroliti (in genere costituiti da ossalati, dato che questi spesso presentano numerose punte superficiali acuminate), o da dolore o spasmo uretrale indotto da
infiammazione.
Benché l’infiammazione senza cristalluria possa esitare in ostruzione da
parte della matrice colloidale, più tipicamente provoca ematuria e disuria.
Anche se è spesso clinicamente silente, se è grave e persistente la cristalluria può predisporre allo sviluppo di uroliti e questi, a loro volta, possono portare ad ostruzione uretrale ed infiammazione vescicale.
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Cristalluria
Infiammazione
del tratto urinario*
Tappi uretrali
Matrice proteica
infiammatoria
Uroliti
Clinicamente
insignificante
Spasmo
uretrale
Ematuria/
disuria
Ostruzione
uretrale
Ematuria/
disuria
Salute
Figura 4 - Algoritmo che illustra come l’interazione fra infiammazione del tratto urinario e cristalluria possa portare a differenti presentazioni cliniche. (Ipotesi iniziale di Osborne et al., 1992).
*
L’infiammazione del tratto urinario può essere neurogena, idiopatica o secondaria ad infezioni,
neoplasie o uroliti.
RIASSUNTO DELLA PATOGENESI
Negli ultimi anni la nostra conoscenza sulla fisiopatologia di molte
cause della FLUTD è migliorata e il significato delle differenti condizioni è mutato. Attraverso ulteriori studi, ci si augura di riuscire a comprendere meglio i differenti meccanismi coinvolti, in particolare nello sviluppo della FIC.
INDAGINE CLINICA
Il piano diagnostico è finalizzato ad individuare le cause specifiche
della FLUTD (urolitiasi, tappi uretrali, difetti anatomici, neoplasie o infezione batterica) ed a differenziare questi casi da quelli in cui non si riesce
a riscontrare alcuna causa sottostante, cioè la FIC.
Più sotto e nella Figura 5 viene illustrato nei dettagli un pratico approccio, passo per passo.
Anche se l’entità dell’indagine può apparire scoraggiante è necessario
determinare la causa sottostante della FLUTD, perché il trattamento delle
condizioni varia in modo considerevole.
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INIZIO
Se “Si”:
• Determinare i livelli plasmatici
di urea, creatinina + elettroliti
• Anestetizzare il gatto + sbloccare
l’uretra*
• Quindi procedere come per “No”
Ostruzione
uretrale
Se ‘No’:
• Prelevare un campione di urina
• Determinare il peso specifico (PS)
Se “Si”’:
• Escludere una malattia sistemica
ad es., nefropatia, altre cause di urina diluita
PS < 1.025
PS < 1.025
Se “No”:
• Analisi dell’urina
• Culture quantitive +
antibiogrammi (C&A)
Infezione
batterica
Se “Si”:
• Trattare secondo C&A
Se “No”:
• Indagine radiografica
Se “Si”:
• Vedi “trattamento dei calcoli vescicali”*
Calcoli
vescicali
Se “No”:
• Ulteriori indagini mediante diagnostica
per immagini - ad es., studi contrastografici (vedi oltre per indicazioni e tecniche)
Ecografia addominale
Cistoscopia (se disponibile)
Se “Si”:
• Trattare in modo appropriato*
Difetto
fisico
Se “No”:
• Diagnosi presuntiva di FIC
• Biopsia
• Trattare in modo appropriato*
Figura 5 - Approccio diagnostico
ai gatti con FLUTD.
*
Si veda la sezione “Trattamento”.
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1. Età, sesso, razza ed anamnesi del paziente
Il primo passo in qualsiasi indagine diagnostica consiste nel determinare
età, sesso e razza del paziente e nell’effettuare un’anamnesi completa. La
FLUTD può essere sviluppata da gatti di qualsiasi età, sesso e razza, mentre
la FIC si osserva più frequentemente nei gatti maschi sovrappeso, spesso con
una predisposizione nervosa, che vivono in nuclei familiari con più gatti e
sono alimentati con alimenti secchi per felini.
Inoltre, i gatti maschi hanno una probabilità considerevolmente più elevata di andare incontro ad ostruzione; quelli più anziani di sviluppare neoplasie vescicali e quelli persiani sono predisposti sia alla FIC che all’urolitiasi da ossalati.
L’anamnesi può essere molto utile. Anche se la FIC e l’urolitiasi possono
causare segni clinici durante tutto l’arco dell’anno, gli episodi di FIC si riscontrano con maggiore frequenza in autunno ed in inverno, oppure dopo un
periodo di stress, ad esempio dopo un cambiamento di casa o un ricovero in
un gattile. Le neoplasie vescicali vanno prese in considerazione nei gatti anziani che vengono portati alla visita con una FLUTD grave, in particolare se
in precedenza non avevano mostrato segni di cistite.
Anche il quadro della minzione inappropriata può essere utile. I gatti con
problemi comportamentali hanno maggiori probabilità di urinare ripetutamente in una o due sedi inappropriate, mentre quelli con malattie di tipo fisico hanno maggiori probabilità di urinare in sedi più casuali. Comunque, la
malattia fisica può portare a quella comportamentale, per cui può essere difficile fare la distinzione.
2. Esame clinico
Lo scopo principale dell’esame clinico è quello di stabilire se la vescica sia
o meno grande o piccola e, quindi, se vi sia o non vi sia un’indicazione di
ostruzione uretrale. In tutti i casi, la parte caudale dell’addome è probabilmente dolente e, nei gatti maschi, il prepuzio e/o il pene sono spesso rigonfi.
L’esame clinico deve anche evidenziare ogni eventuale condizione concomitante. Nel caso di ostruzione uretrale, irregolarità cardiache e bradicardia possono indicare una grave iperkalemia. Quando è disponibile, si deve effettuare
un ECG per valutare il significato dell’iperkalemia. In caso di ostruzione vescicale è essenziale il pronto intervento. Per il metodo impiegato per sbloccare l’uretra vedi oltre, mentre per il trattamento dell’iperkalemia e dell’insufficienza renale acuta secondaria ad ostruzione postraumatica si rimanda il lettore ai testi citati in bibliografia.
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3. Profilo biochimico ed esami ematologici
A meno che non siano colpiti da una concomitante malattia sistemica o da
un’ostruzione uretrale, i gatti con FLUTD presentano tipicamente profilo biochimico ed esami ematologici con nulla da rilevare. Tuttavia, è essenziale valutare questi parametri nei gatti ostruiti. È razionale effettuare la valutazione in
tutti i casi di FLUTD, ma risulta particolarmente importante in tutti i gatti anziani nei quali è molto probabile una malattia sistemica sottostante. Alcuni casi
di ematuria grave e cronica possono sviluppare un’anemia da perdita ematica.
4. Analisi dell’urina
I campioni possono venire prelevati con vari metodi:
• Dalla cassetta delle deiezioni – si può fare ponendo una lettiere pulita e
non assorbente nella cassetta (ad es., ghiaia da acquario o lettiera Mikki).
I campioni di urina prelevati con questo metodo possono venire utilizzati
per l’analisi biochimica di routine, ma tendono a contenere troppi detriti
per poter effettuare una valutazione affidabile del sedimento e non sono
adatti alla coltura batterica.
• Minzione spontanea – È difficile prelevare l’urina con questo metodo nel
gatto. I campioni possono venire utilizzati per l’analisi biochimica di routine o per la valutazione del sedimento, ma la contaminazione batterica da
parte dei genitali esterni li rende inadatti alle colture microbiche.
• Cateterizzazione – Nel gatto, questa va effettuata soltanto in pazienti sedati o anestetizzati. L’urina prelevata con questo metodo può essere utilizzata per l’analisi biochimica di routine, la valutazione del sedimento e le
colture batteriche. Tuttavia, esiste di solito una certa contaminazione da
parte dei genitali esterni, per cui è necessario riscontrare oltre 100.000 colonie batteriche/ml prima di poter considerare significativa un’infezione.
• Cistocentesi – Il prelievo può essere effettuato utilizzando un ago da 5/8 di
pollice e 23 G raccordato ad una siringa da 5 o 10 ml. La procedura è ben tollerata nella maggior parte dei gatti non anestetizzati. L’urina raccolta con questo metodo può venire impiegata per l’analisi biochimica di routine, la valutazione del sedimento e la coltura batterica. Tuttavia, è abbastanza comune un
certo grado di emorragia, per cui non si deve attribuire eccessiva importanza
alla presenza di una contaminazione ematica. Il riscontro di un conteggio batterico superiore a 1000 colonie per ml è considerato significativo.
L’urina va esaminata per valutarne l’aspetto fisico, l’analisi biochimica di
routine (compreso il pH ed il peso specifico), l’esame microscopico del se267
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dimento, le colture batteriche e gli antibiogrammi. I campioni di solito devono essere trasportati ad un laboratorio commerciale per eseguire colture ed
antibiogrammi, analisi quantitativa del sedimento, analisi degli uroliti ed indagini chimiche non routinarie. Invece, poiché per ottenere risultati accurati
è necessario l’esame di campioni molto freschi, è decisamente preferibile
che le analisi biochimiche di routine e la valutazione del sedimento vengano
effettuate all’interno della struttura in cui è stato eseguito il prelievo. Quando è necessario inviare campioni di urina agli altri laboratori bisogna farlo il
più rapidamente possibile o, se il laboratorio lo richiede, utilizzando conservanti come l’acido borico, la formaldeide o altre sostanze. La velocità di valutazione è essenziale, perché l’urina inizia a modificarsi non appena viene
emessa. Entro due ore si può iniziare ad avere la precipitazione dei cristalli,
in particolare se il campione viene posto in un frigorifero. Invece, se non si
ricorre alla refrigerazione, i parametri biochimici possono iniziare ad alterarsi entro 30 minuti e tutti i batteri eventualmente presenti si replicano rapidamente, falsando il campione e modificando il profilo biochimico ed il quadro del sedimento. Per essere rappresentativa, la coltura batterica va eseguita entro 12 ore dal prelievo del campione e quest’ultimo deve essere stato
mantenuto al freddo.
• Aspetto fisico – Bisogna valutare il colore e la torbidità dell’urina. Quella
normale del gatto deve essere gialla e limpida. Poiché i felini con FLUTD
presentano spesso un’urina molto concentrata, questa può apparire di colore giallo molto scuro o marrone chiaro. L’ematuria si può osservare sotto forma di una lieve tinta rosata fino alla grave emorragia. Tuttavia, quando si verifica in un gatto che non presenta un aumento della frequenza della minzione, il sangue di può alterare e conferire all’urina un colore bruno
scuro. Si può avere un intorbidamento dovuto ad essudato infiammatorio,
leucociti, infezione o gocce lipidiche.
• Analisi biochimiche di routine – I test mediante strisce reattive sono stati studiati per l’impiego nell’urina dell’uomo, per cui non forniscono
sempre risultati affidabili con quella del gatto. Il test meno attendibile è
quello del peso specifico (PS) che per questa ragione deve essere sempre
determinato utilizzando un rifrattometro. Per la maggior parte degli altri
esami le strisce reattive risultano adeguate e sono molto pratiche e poco
costose. Esistono molte ragioni per spiegare le alterazioni della biochimica urinaria (Davies, 1998), ma nei gatti con FLUTD gli aspetti più importanti sono correlati a peso specifico, pH e proteine. La maggior parte
dei gatti con FLUTD produce urina concentrata con un pH acido ed un
contenuto proteico moderato. Il pH può diventare alcalino in risposta alla dieta, a certe infezioni batteriche (batteri ureasi-produttori come gli
stafilococchi, ma non ad E. coli, che è la causa più comune delle infe268
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zioni batteriche del tratto urinario nel gatto), o col tempo trascorso dopo
l’emissione dell’urina. Tuttavia, la causa forse più comune di urina alcalina nel gatto è l’iperventilazione da stress. Nei felini con FLUTD la proteinuria di solito deriva dalla filtrazione di proteine e sangue dalla parete vescicale infiammata.
• Valutazione del sedimento – Il sedimento va esaminato alla ricerca di cristalli, eritrociti, leucociti e cilindri. L’urina molto concentrata o torbida
può essere esaminata senza una precedente centrifugazione. Nella maggior
parte degli altri campioni risulta utile prelevare il sedimento ottenuto con
una centrifugazione a 1500 rpm per 5-10 minuti e poi risospenderlo in una
goccia di urina. La quantità di sedimento presente varia con la concentrazione del campione. È quindi importante centrifugare la massima quantità
di urina possibile, in particolare quando questa è molto diluita. Il sedimento può poi essere esaminato direttamente come preparazione a fresco,
oppure dopo una colorazione adeguata. Bisogna fare attenzione all’interpretazione dei riscontri del sedimento. La cistocentesi può provocare una
contaminazione ematica e quindi determinare un aumento del numero di
eritrociti e leucociti. I cristalli costituiscono un riscontro comune nell’urina normale del gatto e possono precipitare rapidamente quando viene refrigerata. È quindi molto importante non attribuire eccessivo significato alla loro interpretazione quando sono presenti in numero limitato o quando
non ci sono segni di formazione di calcoli o di infezioni secondarie. Non
è raro vedere gocce lipidiche di varie dimensioni nell’urina del gatto. È importante riconoscerle per quello che sono e non confonderle con cristalli,
cellule o batteri. (In letteratura esistono molti testi con immagini utili per
favorire l’interpretazione del sedimento urinario. Per una rassegna completa, si rimanda a Davies, 1998).
• Esami colturali quantitativi e antibiogrammi – L’ideale è effettuarli su un
campione prelevato mediante cistocentesi che, se deve essere spedito, va
mantenuto a temperatura di refrigerazione e poi inviato in modo da arrivare al laboratorio il più rapidamente possibile. L’analisi deve essere quantitativa e si devono effettuare gli antibiogrammi.
5. Radiografie senza mezzo di contrasto ed ulteriori indagini
diagnostiche
Esistono numerosi modi diversi con cui è possibile valutare la vescica e
l’uretra ricorrendo a tecniche di diagnostica per immagini. Le radiografie senza mezzo di contrasto possono essere sufficienti ad identificare la presenza dei
calcoli vescicali radiopachi. Invece, per individuare quelli radiotrasparenti, i
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diverticoli vescicali, le stenosi uretrali, i difetti anatomici, le neoplasie o i polipi può essere necessario ricorrere agli esami contrastografici (vedi oltre per
le indicazioni tecniche) e/o all’ecografia addominale. Quando è disponibile,
può essere molto utile anche la cistoscopia. Gli esami radiografici ed ecografici si possono effettuare su gatti di buon carattere o sedati, ma la maggior parte delle indagini collaterali di altro tipo richiede l’anestesia generale. Benché
l’ecografia stia acquisendo favore a causa della sua non invasività e del fatto
che non richiede l’anestesia, non può venire utilizzata per esaminare l’uretra,
il che significa che con questa tecnica possono sfuggire alcune importanti patologie. Inoltre, le gocce lipidiche all’interno dell’urina possono essere confuse con il sedimento, per cui non si deve attribuire eccessiva interpretazione
alla presenza di chiazze iperecogene.
Diagnostica per immagini – riscontri nei gatti con FIC:
• Le radiografie dei gatti con FIC spesso non evidenziano nulla di particolare. Tuttavia, si possono osservare delle alterazioni nelle cistourografie a
doppio contrasto, come un diffuso ispessimento della parete vescicale (in
particolare a carico dell’area apicale), irregolarità della mucosa, restringimento dell’uretra e, occasionalmente, filtrazione di mezzo di contrasto attraverso i piani della parete vescicale.
• L’ecografia può rilevare la presenza di materiale iperecogeno (costituito
eventualmente da cristalli o gocce lipidiche), coaguli ematici, irregolarità
parietali o ispessimento della parete vescicale.
• La cistoscopia, quando è disponibile, può evidenziare un aumento della
vascolarizzazione della mucosa, un’ulcerazione dell’urotelio o la presenza
di aree focali di emorragie della sottomucosa (glomerulazioni).
• Sfortunatamente, nessuna di queste alterazioni è patognomonica per la
FIC.
Per confermare la diagnosi è spesso necessario prelevare del materiale da destinare agli esami citologici o istopatologici. Il carcinoma delle cellule di transizione è una delle principali diagnosi differenziali che bisogna confermare o
escludere. Sfortunatamente, questo tipo di neoplasia determina solo raramente
il passaggio di cellule nell’urina. Il modo più facile per prelevare campioni di
tessuto consiste nell’eseguire un aspirato. Si tratta di una tecnica molto semplice che richiede soltanto un catetere urinario con fori laterali ed una siringa da 5
ml. La vescica viene poi svuotata dell’urina ed il catetere viene fatto avanzare
sino al livello dell’area di interesse. Se la lesione si trova nella vescica, questa
viene spremuta energicamente intorno al catetere per poi effettuare il prelievo
di un aspirato. Se l’area in esame è situata nell’uretra, l’aspirato può venire prelevato direttamente, dopo avere selezionato il catetere più ampio in grado di
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passare nel condotto. I campioni prelevati in questo modo possono venire utilizzati per allestire strisci o preparati per schiacciamento, oppure fissati in formalina ed esaminati secondo le procedure di routine. Questa tecnica può essere molto utile per identificare infiammazione della mucosa, iperplasia e neoplasia (ad es., TCC), ma per confermare una diagnosi di cistite interstiziale occorre una biopsia a tutto spessore della parete vescicale.
Se al termine di un’indagine diagnostica completa non si identificano lesioni, si deve prendere in considerazione un problema puramente comportamentale. Tuttavia, se il gatto non è sintomatico al momento dell’esame, la
ripetizione dell’indagine quando i segni clinici sono evidenti può rivelare
una patologia vescicale. È importante ricordare che molti felini considerati
colpiti da un problema puramente comportamentale presentano un’anamnesi di FLUTD con ematuria in qualche fase della loro vita precedente. Quindi, è probabile che in qualche momento ci sia, o ci sia stata, una malattia fisica sottostante.
RIASSUNTO DELL’INDAGINE CLINICA
Il presente lavoro illustra l’indagine clinica ideale di un caso di FLUTD.
Si raccomanda caldamente di esaminare il più a fondo possibile tutti i casi
gravi ed, in particolare, quelli ricorrenti, ma è raro che un’indagine di questa entità sia necessaria nei casi iniziali, o nei gatti che presentano solo segni clinici molto lievi o occasionali. Per le forme più tenui può risultare più
appropriato un esame abbreviato, costituito da analisi completa dell’urina,
con coltura ed antibiogramma, seguito dalla ripresa di radiografie con e senza mezzo di contrasto e, eventualmente, dall’ecografia. L’esame citologico
o istopatologico di campioni prelevati per aspirazione o mediate biopsia è
raramente necessario. In molti casi, la mancanza di riscontri patologici negli esami effettuati con tecniche di diagnostica per immagini porta ad un sospetto diagnostico di FIC.
TRATTAMENTO
INTRODUZIONE
La chiave per il successo del trattamento è la diagnosi corretta. Quando è
possibile identificare una causa specifica, si può intraprenderne il trattamento. Quando non si riesce ad identificare un’eziologia sottostante, il gatto deve
essere trattato per una cistite idiopatica felina (FIC) (vedi oltre).
271
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Trattamento del gatto bloccato
La FLUTD ostruttiva può essere causata da molti disordini differenti, come quelli che colpiscono l’uretra (LUTD idiopatica [spesso con spasmo], tappo uretrale, urolitiasi, neoplasia, prostatopatia, difetti anatomici [stenosi,
ecc.]) o la vescica (urolitiasi, neoplasia, difetti anatomici). I gatti colpiti vengono tipicamente portati alla visita con un’anamnesi di stranguria, disuria,
pollachiuria o anuria, anche se i proprietari possono spesso riferire una costipazione, dato che questa può essere confusa con la stranguria. La gravità e la
durata dell’ostruzione determinano la gravità dei segni clinici.
L’ostruzione può portare ad iperazotemia postrenale, iperazotemia renale,
iperkalemia, iperfosfatemia ed acidemia. Queste alterazioni combinate, metaboliche e renali, possono risultare rapidamente fatali. Quindi, i gatti che vengono portati alla visita con un’ostruzione delle basse vie urinarie richiedono
un trattamento immediato. La diagnosi d FLUTD ostruttiva si basa su anamnesi ed esame clinico (palpazione addominale che rileva una vescica tesa e
dolente). Se l’anamnesi suggerisce un’ostruzione delle basse vie urinarie, ma
non si riscontra una vescica palpabile, si deve prendere in considerazione la
possibilità di una rottura dell’organo con uroaddome.
Prima di effettuare la correzione di un’ostruzione, si deve valutare lo status complessivo del gatto. Gli esami minimi di base da eseguire devono comprendere la valutazione del sistema cardiovascolare, dei parametri ematologici, del profilo biochimico e degli elettroliti. L’ideale è controllare e monitorare lo status acidobasico. Se sono presenti gravi alterazioni metaboliche (come
l’iperkalemia), bisogna correggerle prima di effettuare la sedazione o l’anestesia. Si deve eseguire la fluidoterapia. La scelta dei liquidi da infondere per
via endovenosa dipende dalle condizioni complessive del caso. Se è presente
un’iperazotemia, il gatto va sottoposto all’infusione endovenosa di cloruro di
sodio allo 0,9%. I fluidi contenenti potassio come la soluzione di Hartmann
non vanno somministrati ai gatti con iperkalemia; in questi casi, i cristalloidi
d’elezione sono rappresentati dal cloruro di sodio allo 0,9%. Bisogna stabilire il significato e la gravità di ogni eventuale iperkalemia attraverso la misurazione dei livelli sierici di potassio, la valutazione della frequenza e del ritmo cardiaci e, idealmente, l’esecuzione di un ECG.
Trattamento dell’iperkalemia
Grave iperkalemia potenzialmente letale
• Calcio gluconato 10% (diluito 1:1 con soluzione fisiologica normale): si somministra mediante infusione endovenosa lenta nell’arco di 15 minuti (perché
può causare aritmia). Ciò non diminuisce la concentrazione di potassio, ma
assicura una immediata protezione del miocardio (a breve termine).
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Iperkalemia moderata o grave
• Bicarbonato di sodio: risulta particolarmente utile in presenza di un’acidosi concomitante; tuttavia, è controindicato nell’ipocalcemia (che può essere presente in 1/3 circa dei gatti bloccati). Agisce scambiando l’idrogeno intracellulare con il potassio.
• Glucosio (soluzione al 5-10% per infusione a velocità costante o al 2050% IV). Se si utilizzano soluzioni ipertoniche di glucosio, bisogna somministrarle lentamente in una vena di grosso calibro. Il glucosio agisce stimolando il rilascio di insulina endogena provocando la captazione cellulare di glucosio e potassio.
• Glucosio associato ad insulina normale. Quando si attua questo trattamento, è importante monitorare la glicemia per rilevare la comparsa di ipoglicemia. L’azione sinergica di glucosio ed insulina stimola la captazione cellulare del glucosio e del potassio.
Iperkalemia asintomatica
• Fluidoterapia (senza potassio)
• Ripristino della produzione di urina
Trattamento dell’ostruzione
Se il gatto è vigile, è necessario attuare la sedazione o l’anestesia e bisogna
somministrare degli analgesici. La scelta dell’agente anestetico dipende primariamente dal grado di compromissione renale e da ogni eventuale altro disordine sottostante. La vescica può richiedere una decompressione immediata, nel
qual caso si può attuare un’accurata cistocentesi per svuotare l’organo. Altrimenti, l’ostruzione uretrale può venire trattata nel modo descritto più oltre.
Al fine di alleviare un’ostruzione uretrale, si può tentare di praticare un delicato massaggio uretrale. L’operazione si può eseguire sia sull’uretra peniena che si quella intrapelvica (per rectum). Se questo intervento non ha successo, si deve tentare la cateterizzazione uretrale e l’idropulsione retrograda
(Fig. 6). Esistono diversi tipi di catetere disponibili per questo scopo. Occasionalmente, è necessario utilizzarne uno con un’apertura di diametro più piccolo ed in questi casi si può impiegare la guaina di un catetere endovenoso da
22 G. Una volta scelto un catetere adatto, se ne ricopre la punta con un gel lubrificante sterile. Quindi si estende caudalmente il pene e si fa delicatamente
avanzare il catetere mentre si esegue un’irrigazione con soluzione fisiologica
riscaldata. Se il catetere può essere spinto fino in vescica, questa deve essere
delicatamente compressa fino a che non è vuota e poi delicatamente irrigata
con soluzione fisiologica riscaldata fino a che quella che fuoriesce non è limpida. L’uso di soluzioni irritanti è da evitare (ad es., soluzioni di Walpole),
perché provocano irritazione della mucosa di rivestimento della vescica e del273
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Figura 6 - Idropulsione retrograda
(in un cane!). Si inserisce per via
rettale un dito per comprimere l’uretra prossimalmente al calcolo. Si
instilla poi nell’uretra stessa della
soluzione fisiologica fino a che la
pressione di distensione non solleva le pareti del condotto separandole dal calcolo. A questo punto, la
pressione per via rettale viene alleviata e con un energico lavaggio
con soluzione fisiologica si risospinge il calcolo in vescica, dalla
quale può poi essere rimosso mediante cistotomia. (Grazie a chiunque abbia effettuato questo disegno
– fatemi sapere se ne conoscete l’origine).
l’uretra. Una volta che la soluzione fisiologica instillata rimane chiara, la vescica va completamente svuotata e il catetere va fissato al gatto suturandolo al
prepuzio e poi raccordato ad un sistema di drenaggio chiuso e sterile (assicurato con nastro alla coda) per consentire il monitoraggio della produzione di
urina. Nei casi in cui non si riesce a far passare lungo l’uretra peniena un catetere urinario, può essere necessario attuare un’uretrostomia di emergenza o
una cistostomia temporanea mediante sonda. Per la decompressione di emergenza della vescica è preferibile introdurre una sonda da cistotomia piuttosto
che eseguire molteplici cistocentesi. Questo approccio consente al gatto di venire stabilizzato per la (successiva) correzione chirurgica. La cistotomia mediante sonda può venire praticata attraverso un’incisione lungo la linea mediana, a metà distanza fra l’ombelico ed il pube. La vescica viene esteriorizzata e stabilizzata con suture di fissazione. Attraverso la sierosa e i piani muscolari della parete vescicale ventrale ed apicale si applica una sutura a borsa
di tabacco. Con la punta di un bisturi si esegue un’incisione all’interno della
sutura stessa e si introduce un catetere di Foley o con l’estremità a fungo. Bisogna ricordarsi di far prima passare il catetere attraverso la parete corporea
passando per un’incisione separata!! Il palloncino (se presente) viene insufflato utilizzando soluzione fisiologica sterile, dopo di che si serra la sutura a
borsa di tabacco. Può venire incorporato l’omento. Per maggiore sicurezza la
vescica può venire fissata mediante pessi alla parete addominale ed il catetere può essere assicurato alla superficie esterna della parete corporea servendosi di una sutura antiscivolo (a sandalo romano). Il catetere viene connesso
ad un sistema di drenaggio a circuito chiuso e si effettua il monitoraggio della produzione di urina.
274
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Cure postoperatorie
Dopo aver ristabilito la produzione di urina si possono effettuare le indagini diagnostiche per determinare la causa di ostruzione. Tuttavia, bisogna monitorare strettamente il volume di urina prodotta ed effettuare quotidianamente l’esame del sedimento per rilevare segni di infezione. Nel caso
in cui la produzione di urina non riesce ad aumentare, o cade al di sotto di
0,5 ml/kg/ora, si deve prendere in considerazione il trattamento dell’insufficienza renale oligurica. Una volta ottenuta la diuresi postostruttiva, si deve monitorare strettamente la concentrazione sierica di potassio, perché
un’ipokalemia può richiedere un’integrazione con questo elemento. Se si
sospetta uno spasmo uretrale, può essere necessario un trattamento con spasmolitici ed analgesici.
Trattamento dei tappi uretrali
I tappi uretrali sono costituiti da una matrice proteico-colloidale associata
o meno a cristalli intrappolati, che si sono incuneati all’interno dell’uretra.
Inizialmente, quest’ultima deve essere sbloccata (vedi sopra per la tecnica). Il
trattamento più a lungo termine può essere volto a ridurre:
• la matrice proteica (vedi “trattamento della FIC”)
• i cristalli:
I gatti normali producono comunemente cristalli nell’urina, specialmente
quando vengono alimentati con molti dei cibi secchi per gatti disponibili
in commercio. La prima linea di trattamento è quella quindi di cambiare la
loro dieta passando al cibo umido. Quando persiste una cristalluria significativa, è necessario valutare la natura dei cristalli e passare ad una prescription diet appropriata (preferibilmente in forma umida).
Non si somministra una dieta acidificata se l’urina è già acida ed i cristalli di struvite non rappresentano un problema. L’uso a lungo termine di diete fortemente acidificate può portare ad acidosi metabolica, ipokalemia,
danno renale e perdita della densità ossea, specialmente nei gatti immaturi. Queste diete aumentano anche il rischio di urolitiasi da ossalati.
• spasmo uretrale (vedi “trattamento dello spasmo uretrale”)
Trattamento degli uroliti
Il modo migliore per asportare gli uroliti che si sviluppano all’interno della vescica è quello di intervenire chirurgicamente. Mentre i calcoli di struvite
possono venire dissolti con la modificazione della dieta,* quelli di ossalati de275
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vono essere rimossi chirurgicamente, a meno che non siano abbastanza piccoli da venire risospinti in vescica con la tecnica della “idropulsione retrograda” oppure espulsi dall’uretra con la “idropulsione mediante minzione”.
Quest’ultima si può attuare sollevando il gatto profondamente sedato o anestetizzato tenendolo per le spalle e poi inducendo la minzione esercitando sulla vescica una compressione delicata, ma energica. Una volta rimossi, i calcoli devono essere inviati in laboratorio per l’analisi.
Gli uroliti renali sono molto difficili da trattare. Spesso è preferibile lasciarli stare, ma ricordarsi di attuare cicli prolungati di antibiotici, se si ha il
concomitante sviluppo di infezioni batteriche. È possibile sollecitare l’eliminazione dei calcoli ureterali attraverso la somministrazione di amitriptilina
(antidepressivi triciclici) che sembra avere un effetto antispastico acuto.
*
Mentre i calcoli di struvite possono essere suscettibili di dissoluzione utilizzando le prescription diet appropriate, non è possibile raccomandare l’uso di queste diete fortemente acidificate nei gatti anziani, perché possono
esacerbare l’insufficienza renale, causare un’ipokalemia e una perdita della
densità ossea ed aumentare il rischio di urolitiasi da ossalati. Anche nei gatti adulti più giovani, queste diete vanno impiegate soltanto a breve termine
(< due mesi).
Trattamento dello spasmo uretrale
Lo spasmo uretrale si può avere in molti casi di FLUTD, indipendentemente dalla causa sottostante. Gli spasmi possono venire innescati da infiammazione o dolore locale e possono interessare la muscolatura liscia e/o
scheletrica dell’uretra. Può quindi essere utile somministrare farmaci capaci di contrastare entrambi questi effetti. Tuttavia, mentre questi agenti sono
raramente associati ad effetti collaterali nei gatti giovani, prima di impiegarli nei gatti anziani bisogna valutare opportunamente il rischio di una concomitante nefro- o cardiopatia. Si possono utilizzare farmaci iniettabili (ad
es., ACP) al momento di alleviare un’ostruzione uretrale, dopo di che l’autore comunemente prescrive un ciclo di 7-14 giorni di prazosin (e, se necessario, dantrolene). Questi due agenti possono essere somministrati insieme ed in alcuni casi può essere necessario attuare cicli di prazosin più prolungati o intermittenti. L’autore preferisce interrompere il trattamento di
questi farmaci nell’arco di qualche giorno piuttosto che sospenderlo bruscamente, di solito cessando le somministrazioni di dantrolene prima di
quelle del prazosin.
276
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• Gli antispastici che agiscono sulla muscolatura liscia sono rappresentati da:
Acepromazina (ACPTM)
0,05 - 0,2 mg/kg IV, IM, SC o
1-3 mg/kg PO
0,25-1,0 mg/gatto PO ogni 8-12 ore
Prazosin (HypovaseTM
compresse da 0,5 o 1,0 mg)
Fenossibenzamina (DibenilinaTM 0,5-1,0 mg/kg PO ogni 12 ore
capsule da 10 mg*)
somministrare per 5 giorni prima
di valutare l’efficienza.
• Gli antispastici che agiscono sulla muscolatura scheletrica sono rappresentati da:
0,5-2,0 mg/kg PO ogni 12 ore
• Dantrolene (DantriumTM
capsule da 25 mg*)
(0,5-1,0 mg/kg IV, ma è molto costoso).
* Ri-incapsulare 1/8 –1/4 del contenuto di una capsula commerciale in capsule di gelatina vuote di misura 2 o 4.
È stato pubblicato solo un limitato numero di studi sull’impiego di questi
farmaci per alleviare lo spasmo uretrale nel gatto; tuttavia, i più utili si sono
dimostrati il prazosin, la fenossibenzamina ed il dantrolene.
Tutti i miorilassanti che agiscono sulla muscolatura liscia possono causare ipotensione ed il dantrolene può provocare una tossicità epatica. Va notato
che il dosaggio del prazosin viene espresso per gatto e non per kg e si rimanda al formulario della BSAVA per ulteriori informazioni sull’uso e la tossicità di questi farmaci.
Trattamento dei diverticoli vescicali
Se un diverticolo non regredisce spontaneamente in seguito al trattamento
con successo della causa sottostante della FLUTD, si raccomanda la resezione chirurgica. Il tessuto asportato deve essere inviato all’esame istopatologico ed alle colture batteriche di routine.
Trattamento delle neoplasie vescicali
Le neoplasie vescicali, ogni volta che sia possibile, devono essere sottoposte a resezione chirurgica. Sfortunatamente, spesso ciò risulta impossibile,
perché il tumore è posizionato troppo vicino al trigono, o coinvolge uno o entrambi gli ureteri o, occasionalmente, perché sono già state individuate delle
metastasi (di solito nei polmoni).
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Alcuni casi di carcinoma delle cellule di transizione (TCC) possono essere suscettibili di trattamento palliativo con piroxicam o meloxicam. Gli studi
condotti hanno dimostrato che il piroxicam può consentire un trattamento palliativo ed occasionalmente una remissione a lungo termine nei pazienti umani e nei cani con TCC vescicale (sopravvivenza media di 181 giorni [range 28
> 720 giorni]).
Il meccanismo dell’attività antitumorale è attualmente sconosciuto, ma
sembra andare oltre la semplice azione antinfiammatoria. Sfortunatamente,
pur essendo stato studiato soprattutto in altre specie animali, il piroxicam è
difficile da utilizzare nel gatto perché la sua finestra terapeutica è molto ristretta ed i dosaggi richiesti sono così ridotti da imporre una riformulazione
professionale del farmaco.
Tuttavia, l’autore lo ha utilizzato in gatti con TCC e può segnalare risposte positive. Comunque, dal momento che si ritiene che il meloxicam sia dotato di azioni simili al piroxicam, l’autore ha utilizzato anche questo farmaco
in gatti con TCC osservando anche in questo caso alcune risposte positive.
Mentre il lavoro attuale indicherebbe quindi che questi farmaci possono essere presi in considerazione nel trattamento del TCC vescicale inoperabile del
gatto, è importante sottolineare che sino ad ora il numero dei casi trattati è stato molto limitato.
Come nel caso di altri farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), questi agenti possono causare tossicità gastroenterica e renale. È quindi essenziale tenere sotto controllo i livelli di urea e creatinina ed il peso specifico dell’urina prima di iniziare il trattamento e poi continuare a monitorarli su base
regolare.
• Meloxicam (Metacam)
• Piroxicam (Feldene)
1-5 gocce/gatto PO ogni ore
0,3 mg/kg PO ogni 48-72 ore
L’ideale è trattare le infezioni batteriche basandosi sui risultati degli esami colturali e degli antibiogrammi, utilizzando antibiotici che vengono escreti attraverso l’urina e che non sono dannosi per la funzione renale. Nei casi in
cui si riesce ad identificare una causa sottostante, se possibile bisogna correggerla.
Quando è presente una concomitante insufficienza renale, spesso sono necessari cicli prolungati di antibiotici (2-6 settimane a seconda del grado di coinvolgimento renale). Può essere necessario ripetere questi cicli di antibiotici
quando si sviluppano infezioni ricorrenti. È importante ricordare che è probabile che si sviluppi una resistenza antibatterica, per cui saranno necessari ripetuti esami colturali.
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Trattamento della FIC
La maggior parte dei casi di FLUTD non ostruttiva è autolimitante e di solito si risolve spontaneamente entro 5-10 giorni, ma si raccomanda il trattamento per numerose ragioni:
• La FIC è molto dolorosa e stressante per il gatto.
• I gatti con FIC possono sviluppare un autotraumatismo della regione perineale.
• I gatti con FIC possono diventare anoressici.
• I gatti maschi con FIC sono esposti al rischio di sviluppo di ostruzione uretrale, che si può presentare come un’emergenza medica.
• I gatti con FIC possono sviluppare modificazioni comportamentali, diventare aggressivi nei confronti dei proprietari o di altri gatti dello stesso nucleo familiare, oppure perdere l’abitudine ad utilizzare la cassetta delle
deiezioni.
• Avere un gatto con FIC è molto stressante per il proprietario.
Sfortunatamente, pochi trattamenti per la FLUTD sono stati studiati attraverso indagini sperimentali in doppio cieco, ben controllate. La maggior parte delle raccomandazioni è quindi basata su osservazioni cliniche non controllate e opinioni personali. Inoltre, dal momento che la FLUTD di solito è
autolimitante, molti trattamenti possono sembrare efficaci, quando in realtà
non hanno alcun effetto positivo. Tutti i trattamenti devono quindi essere considerati con appropriata cautela.
Man mano che vengono sperimentati più farmaci, l’elenco di quelli che
possono essere sia utili che persino dannosi aumenta. I trattamenti che sono
stati sottoposti a valutazione critica comprendono i corticosteroidi e gli antibiotici, nessuno dei quali è risultato avere un effetto positivo. Un certo numero di farmaci non va mai utilizzato nel gatto, come ad es. l’antisettico urinario blu di metilene e l’analgesico urinario fenazopiridina; entrambi questi
agenti possono provocare una grave anemia a corpi di Heinz.
L’elenco completo dei farmaci e degli interventi da prendere in considerazione per il trattamento della FLUTD è di gran lunga troppo esteso per essere inserito in questo lavoro. L’autore ha quindi deciso di descrivere il proprio
approccio attuale al trattamento terapeutico della FIC, che è volto ad affrontare i fattori sottostanti della malattia (vedi sopra per la patogenesi).
1. Ridurre lo stress
Lo stress svolge un ruolo chiave nella fisiopatologia della FIC: è stato identificato come “fattore di riferimento” che può scatenare una recidiva di segni
279
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clinici. Fra i fattori stressanti identificati risultano il fatto di vivere con un altro gatto con cui non si va d’accordo, le brusche modificazioni della dieta, dell’ambiente o del clima, il sovraffollamento, lo stress del proprietario o l’aggiunta al nucleo familiare di un nuovo animale o un nuovo componente umano. Lo stress associato alla minzione può essere particolarmente significativo.
• Garantire un’area sicura nella quale collocare la cassetta delle deiezioni
del gatto
• Assicurare un numero adatto di cassette con una lettiera adeguata (circa
una cassetta per 1-2 gatti). Pulire le cassette frequentemente.
• Ridurre il sovraffollamento ed i soprusi. Garantire vie di fuga sicure e luoghi dove nascondersi.
• Rassicurare il più possibile il gatto.
• Prendere in considerazione l’uso del FeliwayTM (Ceva: feromone facciale
sintetico di gatto, che può contribuire a ridurre l’ansia felina).
2. Indurre la formazione di un’urina diluita
Alterare la dieta è il modo più facile per modificare il contenuto dell’urina. Le modificazioni della dieta possono influire sulla concentrazione, il volume, il pH ed il contenuto minerale del fluido. Mentre è stato posto molto interesse sull’alterazione del pH urinario e sul contenuto di magnesio e calcio
dell’urina, oggi si ritiene che il singolo fattore più importante sia il tasso del
turnover dell’acqua. Lo scopo della modificazione della dieta è quindi quello
di indurre la formazione di un’urina meno concentrata (peso specifico circa
1.035) che favorisca una minzione più frequente e diluisca ogni eventuale
componente nocivo. Piuttosto che alterare il contenuto di una dieta secca, è
preferibile passare ad una umida. Tuttavia, non tutte le diete umide sono uguali. Bisogna fare attenzione quando si utilizzano formulazioni ricche di fibre,
perché possono esitare in un aumento delle perdite fecali di fluidi e quindi ridurre la produzione di urina.
• Cambiare gradualmente la dieta passando ad un cibo umido.
• Lasciare libero accesso all’acqua e spingere il gatto a bere.
• Prendere in considerazione l’offerta di pesce o pollo, diluendo gli alimenti per gatti in modo da ottenere una “zuppa” oppure utilizzare una delle
“fontane dell’acqua per animali da compagnia”.
• Per l’impiego delle prescription diet in presenza di una cristalluria significativa si rimanda al “trattamento dei tappi uretrali”.
3. Integrazione con GAG
In teoria, la terapia per rimpiazzare lo strato di GAG dovrebbe essere utile. Questo trattamento si basa sul presupposto che i GAG esogeni aderiscono
280
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all’urotelio difettoso e riducono la permeabilità della parete vescicale. I GAG
possono anche essere dotati di effetti analgesici ed antinfiammatori. Tuttavia,
mentre questi composti hanno dimostrato risposte positive in alcuni studi condotti in pazienti umani con cistite interstiziale, l’unico studio controllato in
doppio cieco pubblicato nel gatto ha evidenziato scarsi effetti positivi. Ciò
nonostante, alcuni singoli gatti sembrano presentare risposte molto positive
all’integrazione con GAG per via orale. Ciò probabilmente indica che esistono numerose condizioni differenti alla base della FIC e che solo un sottogruppo di esse trae vantaggio dai GAG. Dagli studi condotti nell’uomo sembra che vi siano delle differenze nell’efficienza relativa dei differenti GAG per
determinare effetti positivi; può darsi che lo stesso valga anche nel gatto.
Nell’unico studio pubblicato, l’autore ha somministrato N-acetil-glucosamina, che è un precursore del GAG [ad es. CysteaseTM (Ceva Animal Health)
125 mg per gatto PO ogni 24 ore]. Tuttavia, può venire somministrato anche
a dosi più elevate al momento della presentazione iniziale, per ridurre poi la
posologia passando al livello di mantenimento.
I possibili effetti collaterali sono rappresentati da prolungamento dei tempi di sanguinamento, inappetenza e, forse, insulino-resistenza.
4. Trattamento dello spasmo uretrale
Il trattamento dello spasmo uretrale può ridurre la gravità dei segni clinici
in alcuni gatti e diminuire il rischio di recidive del blocco uretrale. (Vedi sopra per i dettagli).
5. Antidepressivi triciclici (TCA)
I TCA sono risultati utili nel trattamento di alcuni pazienti umani con cistite interstiziale e, aneddoticamente, sono stati dimostrati effetti positivi in un
certo numero di gatti con FIC. Tuttavia, esistono pochi studi ben controllati
nella specie felina, e i due che sono stati pubblicati hanno dimostrato che cicli di breve durata (7 giorni) non favoriscono la risoluzione dei segni clinici e
possono persino essere associati ad un incremento del rischio di recidiva.
L’effetto di trattamenti più prolungati è sconosciuto. I TCA hanno conseguenze sia comportamentali che organiche. Possiedono effetti anticolinergici
(compreso l’aumento della capacità vescicale), antinfiammatori (compresa la
prevenzione del rilascio di istamina dalle mast cell), anti-alfa-adrenergici,
analgesici ed antidepressivi. I TCA vanno utilizzati con cautela nel gatto e riservati ai casi con malattia molto grave o cronica.
Amitriptilina (AmitriptylinaTM) 2,5-10 mg/gatto PO ogni 24 ore (alla sera)
Gli effetti collaterali sono rappresentati da sonnolenza, ritenzione urinaria
281
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e innalzamento degli enzimi epatici. La funzione del fegato va valutata prima
di iniziare la terapia, rivalutata dopo un mese e poi ogni 6-12 mesi mentre il
gatto è sotto trattamento.
6. Farmaci analgesici ed antinfiammatori
• L’analgesia da sola può ridurre la gravità dei segni clinici, ma è raramente sufficiente. La buprenorfina (VetergesicTM somministrabile per os) o i
cerotti al fentanil (che possono essere fissati su un’area rasata del dorso del
collo), possono mostrare effetti positivi di qualche entità.
• È stato dimostrato che i corticosteroidi non sono efficaci.
• I FANS non sono stati studiati per il trattamento della FIC, ma possono
sembrare utili in alcuni casi (specialmente quelli con TCC o pre-TCC, vedi sopra).
Riassunto del trattamento della FIC
È importante ricordare che tutti gli attuali trattamenti per la FIC sono puramente palliativi. I risultati migliori si ottengono instaurando una serie di
modificazioni, come la riduzione dello stress, il consumo di una dieta umida
ed eventualmente la somministrazione di GAG e, se necessario, l’adozione di
misure volte ad attenuare lo spasmo uretrale. Nella maggior parte dei casi,
quando vengono adattati al singolo gatto questi interventi riducono o prevengono la comparsa di ulteriori segni clinici. Gli antidepressivi triciclici vanno
utilizzati soltanto nei casi ricorrenti molto gravi.
Quando è possibile, può essere utile adottare un atteggiamento attivo. Ciò
si può ottenere quando proprietari osservatori sono capaci di notare che il loro gatto mostra i segni prodromici prima che un episodio di FIC si renda clinicamente evidente. La durata di queste manifestazioni può variare da qualche giorno a qualche ora e possono essere rappresentate da aumento della toelettatura della zona perineale e del treno posteriore, oppure alterazioni del
comportamento (che spesso si osservano sotto forma di aggressività fra gatti
iniziata dal soggetto che soffre di FIC). Questi segni clinici sono probabilmente correlati ad un aumento del dolore perineale. Per ridurre la gravità e la
durata dell’episodio, in questa fase può servire cambiare il modo in cui il gatto viene tenuto: diminuire ulteriormente lo stress (per cui può forse essere utile l’impiego dello spray FeliwayTM), aumentare l’assunzione di fluidi e/o somministrare un’integrazione con GAG o aumentarne il dosaggio. Questo approccio può anche venire utilizzato nei casi in cui si prevede un episodio stressante (ad es., una visita da un veterinario, una permanenza in un gattile, la
presenza di operai in casa, ecc…).
282
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Si raccomanda di notare che pochi dei farmaci elencati in questo lavoro
sono registrati per l’impiego nel gatto. Per ulteriori informazioni e potenziali effetti collaterali si rimanda al BSAVA Small Animal Formulary.
Sbloccare l’uretra di un gatto maschio
Metodo:
1.
Prelevare un campione di sangue per la determinazione dei livelli di urea,
creatinina ed elettroliti. Se il soggetto è iperkalemico, trattarlo di conseguenza (vedi sopra e nei testi di terapia intensiva). Valutare la presenza di
un’insufficienza renale acuta.
2. Iniziare la fluidoterapia IV.
3. Anestetizzare il gatto – si preferisce un anestetico completo per facilitare una cateterizzazione non traumatica.
4. Eliminare la pressione presente all’interno della vescica del gatto mediante cistocentesi prima di tentare di sbloccare l’uretra.
5. Cercare di sbloccare l’uretra con una delicata “mungitura” volta a far uscire tutti gli eventuali tappi o calcoli presenti all’interno della punta del pene.
6. Utilizzare un catetere uretrale non traumatico, idealmente dall’estremità
aperta, e lubrificarlo bene con KY jelly sterile o vaselina.
7. Estroflettere completamente il pene del gatto, posizionare il catetere all’interno della punta dell’organo, poi afferrarne la base e tirarlo caudalmente e dorsalmente. Ciò determina il raddrizzamento dell’uretra e permette una cateterizzazione più facile e meno traumatica.
8. Se necessario, effettuare un lavaggio con soluzione fisiologica riscaldata
per rimuovere ogni eventuale materiale ostruente. Non usare MAI la soluzione di Walpole, che è fortemente irritante e provoca una grave infiammazione.
9. Una volta che il catetere è in posizione, svuotare completamente la vescica ed effettuarne il lavaggio con soluzione fisiologica riscaldata fino a
che questa non fuoriesce limpida.
10. Suturare il catetere in posizione e raccordarlo ad un sistema di raccolta
chiuso sterile. Fissare con del nastro il sistema di raccolta alla coda, in
modo da eliminare ogni tensione dal prepuzio. In condizioni ideali, il catetere deve essere di lunghezza sufficiente a penetrare all’interno della
vescica piuttosto che collocarsi nell’uretra. Deve essere realizzato in materiale il più possibile morbido e non traumatico (attualmente l’autore
preferisce l’EZGO 3,5 F della Direct Medical Supplies).
11. Applicare al gatto un collare di Elisabetta.
12. Assicurarsi che la fluidoterapia IV corrisponda alla diuresi postostruttiva
283
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:41 Pagina 284
e contenga una quantità sufficiente di potassio.
13. Lasciare il catetere in posizione per 2-4 giorni (giudicando in base alla
quantità di sangue presente nell’urina).
14. Non somministrare antibiotici a meno che non siano ASSOLUTAMENTE essenziali. (Somministrare antibiotici con un catetere urinario in sede
rischia di portare allo sviluppo di batteri resistenti). È meglio iniziare il
trattamento antibiotico alla rimozione del catetere, preferibilmente con
farmaci scelti sulla base dei risultati degli esami colturali allestiti con la
punta del catetere. L’ideale è somministrare uno spasmolitico (ad es.,
prazocin) mentre il catetere è in sede e poi per altre 1-2 settimane, secondo necessità.
Cistouretrografia a doppio contrasto:
Indicazioni:
La cistouretrografia a doppio contrasto è il metodo diagnostico d’elezione
per la valutazione della vescica e dell’uretra. La tecnica può venire utilizzata
per stabilire la posizione e l’integrità dei due organi, la distensibilità vescicale e lo spessore della parete e individuare lesioni intraluminali ed intraparietali quali tumori, polipi, diverticoli, calcoli vescicali o uretrali.
Metodi:
1.
2.
3.
4.
5.
6.
L’ideale è preparare il gatto con un digiuno di 24 ore e la somministrazione di clismi (ad es, Microlax) per assicurarsi che il colon ed il retto
siano vuoti.
Anestetizzare il gatto.
Effettuare la ripresa di radiografie addominali senza mezzo di contrasto
(assicurarsi che nelle immagini siano comprese le ombre renali, in modo
da poterne valutare forma e dimensioni e rilevare la presenza di calcoli o
mineralizzazioni).
Cateterizzare e svuotare la vescica con tecnica asettica. (Per cateterizzare un gatto maschio, si veda la fine dell’articolo. Per cateterizzare una
gatta si impiega un catetere di Jackson da gatto maschio ben lubrificato,
inserendolo nella vulva e poi tirando quest’ultima caudalmente e dorsalmente. Ciò determina lo stiramento dell’uretra e consente una cateterizzazione più facile e meno traumatica. Si fa scivolare la punta del catetere lungo il pavimento della vulva fino nell’uretra.)
Se necessario, effettuare il lavaggio della vescica con soluzione fisiologica calda per rimuovere coaguli ematici.
Infondere gas per distendere la vescica:
284
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:41 Pagina 285
Generalmente, circa 2-4 ml/kg di peso corporeo. È essenziale effettuare
la palpazione della vescica per prevenire una sovradistensione. Molte vesciche interessate da processi patologici possono distendersi molto male
(quando si utilizza una siringa da 20 ml raccordata ad un catetere di Jackson attraverso un ago da 23 G ed un tappo, l’ideale è di solito il punto in
cui la pressione in vescica inizia a spingere all’indietro lo stantuffo della
siringa.)
La CO2 è preferibile all’aria ambientale e risulta più solubile.
Riprendere radiografie in proiezione laterolaterale.
7. Iniettare un mezzo di contrasto iodato (Conray 280, or Omnipaque 300)
in vescica: ~ 1-2 ml/gatto.
8. Far rotolare il gatto di 360o per assicurarsi che l’intera mucosa vescicale
venga rivestita dal mezzo di contrasto.
9. Effettuare la ripresa di radiografie in proiezione laterolaterale e ventrodorsale.
10. Iniettare altro gas se è necessaria un’ulteriore distensione vescicale:
Fare attenzione durante l’aggiunta del gas perché la formazione di bolle
può causare immagini fuorvianti.
11. La valutazione dell’uretra può venire effettuata sia durante la minzione
che tramite uretrografia retrograda.
Una ripresa durante la minzione si può talvolta ottenere riempiendo la vescica con mezzo di contrasto ed effettuando la radiografia in proiezione
laterolaterale e/o obliqua mentre si svuota l’organo mediante compressione addominale (ad es., appoggiando un leggero sacchetto di sabbia attraverso l’addome).
Un’uretrografia retrograda si può ottenere nei gatti maschi utilizzando un
catetere da gatto maschio. Questo può venire impiegato anche nelle femmine. Talvolta, l’uso attento di pinze Babcock può servire a chiudere la
vulva. In alternativa, si può utilizzare un piccolo catetere di Foley (l’ideale è da 4 French). Il catetere va inserito nell’uretra (o nella vulva) il
più distalmente possibile, dopo di che si effettua la ripresa di radiografie
in proiezione laterolaterale e si iniettano 2-3 ml di mezzo di contrasto iodato.
12. Dopo aver portato a termine l’esame, si rimuove il mezzo di contrasto
dalla vescica.
Bibliografia disponibile a richiesta presso l’autore:
Danielle.Gunn-Moore/’ed.ac.uk
285
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:41 Pagina 286
55° Congresso Nazionale SCIVAC
MILANO, 2-4 MARZO 2007
Danièlle Gunn-Moore
Med Vet, BSc, BVM&S, PhD, ILTM, MACVSc,
MRCVS, Edinburgh, UK
Considering geriatric cats
Considerare il gatto geriatrico
Saturday, March 3rd 2007, 9.00 a.m.
Sabato, 3 marzo 2007, ore 09.00
286
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:41 Pagina 287
Published: Gunn-Moore, D.A Considering Older Cats. Compendium on
Continuing Education for the Practising Veterinarian. (Supplement), (2003),
26, No. 2 (A), 1-4
There are now more elderly pet cats than ever before. Cats are more popular than dogs as pets, and improvements in nutrition, health care and management have lead to many cats living to increasingly greater ages. In USA,
over the last 10 years, there has been a nearly two fold increase in the percentage of pet cats of over 6 years of age (from 24% to 47%)1, a 15% increase
in cats over 10 years of age2, and the proportion of the feline population aged
15 years or older has increased from 5% to 14%3. While less data are available for cats in Europe, the average age has increased from 4.7 to 5.3 years4
and it is estimated that there are currently ~ 2.5 million ‘senior’ cats in the
UK. Since this accounts for ~30% of the pet cat population5 the good management of these individuals is becoming an ever more important consideration for small animal veterinary practitioners and nutritionists.
In order to determine the best ways to care for our older cats we first
need to decide at what age a cat become ‘senior’, and then at what age it
becomes ‘geriatric’. However, cats, like people, do not age consistently and
chronological age does not always match physiological age. Some cats
show obvious signs of old age after 10 years, while others appear almost
unchanged until they reach 15-16 years. That said, it is generally considered that cats become ‘senior’ at about 7-8 years of age and progress to
‘geriatric’ by 12-15 years. Interestingly, some authors recommend that
longer-lived breeds, such as Siamese, should be considered as ‘senior’ when
they reach 11-12 years, while shorter-lived breeds, such as the Persian, may
become ‘senior’ by 6-7 years. Table 1 shows the approximate correlation
between cat and human ages.
It is by understanding how cats change with age that we can care for them
in ways that best support a long and healthy life. To do this we need to know
how their advancing age is affecting their bodies. Some changes are obvious,
like whitening of hair, general decline in body and coat condition, and failing
senses (sight and hearing). However, other changes are less obvious, and
these include alterations in the physiology of the digestive tract, immune system, kidneys, liver, brain, and skeleton. Thankfully, there are now an increasing number of studies investigating the effects of ageing in cats, so we no
longer need to rely on extrapolation from other species.
All aspects of a cat’s life may affect its potential longevity and overall quality of life. However, perhaps the most important concepts to understand involve
the complex interplay between concurrent physiological and pathological
changes and how these affect the older cat’s ability to maintain its body weight,
287
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:41 Pagina 288
Table 1 - Shows the approximate correlation between cat and human ages
Cat’s Age
Approximate Human Equivalent
1
16
2
21
3
25 *
4
29
5
33
6
37
‘Senior’ cats
7
41
8
45
9
49
10
53
11
57
‘Geriatric’ cats
12
61
13
65
14
69
15
73
* From then add 4 years for every year
accommodate to changes in its environment, fight off infection, and cope with
disease. A number of these interacting factors will be discussed below.
Changes in body weight
Older animals often experience changes in their body weight. It is recommended that owners keep a regular record of their cat’s weight and that
this is checked at each clinic visit. This is because significant and/or rapid
weight change can have very serious implications, irrespective of the underlying cause.
Until recently, it was assumed that older cats, like dogs and humans, have
a significantly reduced energy requirement, and therefore a tendency to obesity. Indeed, a trend towards a decreased maintenance energy rate (MER) has
been shown in cats of up to 10 years of age. However, there is also increasing
evidence that there is a much greater tendency for geriatric cats (of over 10
years of age) to be underweight6-9 (See Table 2). The less obvious risk of midlife obesity in cats compared to dogs probably results from their differing
288
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:41 Pagina 289
lifestyles. Dogs tend to be energetic when young, then slow down as they age.
In contrast, cats are relative inactive throughout most of their lives. It is probably because of this that they do not show such an obvious age-related decline
in either MER or lean body mass to fat ratio7,10,11.
Ideally, cats should be fed to maintain their optimal body weight, and
probably the single most important aspect to feeding older cats is that their
body weight should remain stable. Long-term studies have shown that either
obesity or excessive thinness increases mortality8. While obesity itself reduces
life span, it also increases the risk of many weight-related diseases, including
heart disease, diabetes mellitus (DM), lameness (often due to arthritis), liver
disease (e.g. hepatic lipidosis), and skin problems12.
Many older cats experience weight loss. This can result from a number of
different, often interacting, factors. These may include physiological ageing
changes, the presence of pathological disease processes, or behavioural alterations. Weight loss is often associated with inappetence and in older cats
this commonly results from reduced senses of smell and taste, and/or oral
pain associated with periodontal disease13. In addition, older cats tend to be
less efficient at digesting their food. This probably results from reduced intestinal function, gastric acid production, gastric and intestinal motility, and intestinal blood flow14,15. Older cats may also have reduced pancreatic lipase
activity and changes in the composition of bile16. While these factors effect the
digestion of all dietary components they particularly effect the digestion and
absorption of fats and proteins9,16. There is a striking reduction in the apparent energy digestibility coefficients as cats age. These coefficients give an indication of how much benefit a cat derives from its food. In cats of less than
seven years the coefficients range from 0.8-0.9. However, they can be reduced
to as low as 0.65 in some older cats9. Most cats will compensate for this by
increasing their daily food intake. However, some individuals may need to increase their intake by as much as 25%9. Due to the limitation of their stomach capacity this means that they need to eat many small meals a day. Weight
loss is likely to result when more frequent meals are not offered or when eating is painful. To compensate for this many older cats may benefit from being
fed a highly palatable, highly digestible, energy dense food; and that it is offered in small amounts frequently.
Table 2 - Shows the approximate correlation of cat age to body condition6-9
Age of Cat
% too thin
% too fat
1-2 years
< 10
20
2-10 years
< 10
20-50
> 12 years
30-50
< 20
289
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Many of the specific nutrient requirements for older cats have still been determined. It is often assumed that many older cats have some degree of sub-clinical disease, particularly of the kidneys. Because of this it has previously been
recommended that older cats should be fed diets with a moderate protein restriction. However, in view of our current understanding of the high protein requirements of cats and the reduced digestive efficiency of old age, it is now felt
that inappropriate restriction of dietary protein may risk the development of
protein malnutrition. That is, of course, unless the cat has evidence of chronic
renal insufficiency (CRI); when it is likely to benefit from moderate protein restriction, moderate phosphorus restriction, and potassium supplementation17.
Many compounds are currently being studied for their potential to improve
the quality and duration of our cats lives. While more research is needed to determine the extent of any potentially positive effects, suggested compounds include increased levels of anti-oxidants and free-radical scavengers (e.g. glutathione, vitamins A, C and E, taurine, carotenoids, and selenium), green-lipped
muscle extract, various combinations of essential fatty acids, and many more.
Significant weight changes should always be investigated because weight
loss is often the first sign of disease. Interestingly, while many of the diseases
seen in older cats are associated with inappetence and a reluctance to eat,
this is clearly not always the case. With hyperthyroidism and some of the malassimilation syndromes (e.g. inflammatory bowel disease, or early stage gastrointestinal lymphocytic lymphoma) weight loss may be accompanied by a
good or even increased appetite. Owners therefore need to know that any alteration in appetite is significant, be it an increase or a decrease.
Changes in environment
Unfortunately, older cats often cope very poorly with changes in their daily routine. Their response to stress is often to stop eating, hide, and/or alter
their toileting habits. Any change within the environment, the family, or even
the diet can act as a source of stress. Because a diet changes can, in itself, be
stressful it is important to make changes slowly, gradually introducing the
new food in a separate bowl, while keeping the old food available. Unfortunately, in some very easily stressed cats diet changes cannot always be made.
Because many older cats experience difficulty coping with alterations in their
environment it is important to consider this when planning changes. Where
possible these should be kept to a minimum, and when they have to be made
they should be made slowly and with much reassurance. Some geriatric cats
become progressively senile. These cats may benefit from having their area of
access reduced, while still containing all necessary facilities. This small area
can then be kept safe and constant (see notes on Cognitive Dysfunction Syndrome at the end of this lecture).
290
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:41 Pagina 291
Sensitivity to thirst
As cats age they have reduced sensitivity to thirst. This results in an increased risk of dehydration, especially when combined with excessive urination. The latter is commonly associated with either concurrent CRI or DM,
and both of these conditions occur commonly in older cats. It is often advisable to feed older cats a diet with high water content. However, if cats are unwilling to eat wet food, then it may be helpful to try to increase their fluid intake using other methods.
Drinking can be encouraged by ensuring constant access to free water, using bottled water or pet water-fountains, or by giving fishy water or chicken/meat stock (ensure that no onion or onion powder has been added as cats
can develop haemolytic anaemia if fed too much onion).
Changes in immune function
The immune function of all mammals deteriorates with age. While there
are only a few studies looking specifically at the effects of ageing on the immune system of cats, these studies do appear to confirm that this is the case.
Older cats have significantly lower numbers of total white blood cells (particularly CD4+ lymphocytes), while neutrophil counts are raised19. These
changes are likely to result in a reduced ability to fight infection or to screen
for neoplastic cells. This may explain the increased risk of neoplasia in older
cats. While studies are still at a very early stage a number of dietary components are being investigated for their potential to support or even improve the
immune function of older animals (e.g. vitamins A and E, selenium, zinc, magnesium, and Co-enzyme Q10)20-23.
The age-related risk of infection can perhaps best be demonstrated by
looking at the age-related incidence of bacterial cystitis. Clinical signs suggestive of bladder disease include increased frequency of urination, straining to urinate, blood in the urine, or a blocked urinary tract. In cats under
10 years of age a bacterial cause is found in only 1-2% of cases24,25. In the
majority (~60%) of these young cats no obvious cause can be found (although stress and diet may play a role), and some are found to have bladder stones (~20%).
However, the situation in older cats with cystitis is very different, with almost 50% of cats over 10 years of age having a bacterial cause for their bladder inflammation26,27. Some of these infections are related to the general immune senescence associated with age. However, the majority are associated
with CRI, DM or hyperthyroidism, all of which are diseases that occur commonly in older cats and which are, in themselves, both locally and systemically immunosuppressive.
291
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:41 Pagina 292
Chronic renal insufficiency
Older animals are susceptible to many diseases and diet has a role to play
in the cause and/or management of many of them. Veterinary surgeons most
typically list the most common as kidney disease, hyperthyroidism, neoplasia
(cancer), dental disease, diabetes mellitus, and arthritis. Arguably, the most
significant of these is renal failure.
Advancing age has many ways of damaging cats’ kidneys. Some of the factors include a tendency towards mild dehydration, an increased risk of infection (interstitial nephritis or ascending infection causing pylonephritis), and
an increased risk of acute renal failure secondary to the administration of certain drugs. It is therefore not surprising that acute and chronic renal failure
are both seen very commonly in older cats. However, these are not the only
causes of renal failure and we now know that there are a number of dietary
factors that can also be detrimental to kidney function. These include overacidification of the diet28, the addition of extra salt29, the inclusion of high levels of ash30, or the addition of too little potassium31. The presence of any of
these factors can result in kidney failure, especially when fed to older cats. Interestingly, the first three of these factors are often included in diets that are
marketed to help reduce the risk of struvite urolithiasis. Diets that are designed for this purpose should not therefore be fed to older cats. (That is, of
course, unless a specific diagnosis of struvite urolithiasis has been made). Interestingly, while both struvite and oxalate uroliths are found quite commonly in younger cats, oxatate uroliths are seen most frequently in older cats. This
probably reflects the fact that older cats have significantly lower blood and
urine pH levels, and this reduces the risk of struvite urolithiasis while increasing the risk of oxatate urolithiasis28. While we do know of some of the nutritional factors that are detrimental to kidney function, we are a long way off
defining a diet that actually preserves it.
The importance of arthritis
Interestingly, most owners list the diseases that they see in their older cats in
a different order to the list generated by veterinary surgeons. Top of the list is
arthritis, and this is followed by kidney failure, deafness, blindness, hyperthyroidism, bronchitis, and dental problems32. The role of arthritic pain in reducing the quality of life for many older cats has probably been significantly underestimated. Many owners report having to adjust their house to assist their
older cats; moving food and water bowls to lower surfaces, adding ramps to allow easier access to favoured sleeping areas, and placing low-sided litter boxes within easy cat reach. The increasing importance of arthritis in our older
cats is supported by finding radiographic evidence of degenerative joint disease
292
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in 90% of cats over 12 years of age33. The cause of arthritis is usually multi-factorial; trauma, diet (obesity) and genetics all play a role. Recognising and addressing these causes, and presence of arthritis, can make a considerable difference to the quality of an older cat’s life. While there is a clear role for diet
and, in particular, for obesity in the cause of arthritis, a positive role of specific nutrients is still unclear. That said; the potential anti-arthritic properties of a
number of different nutritional compounds are currently being studied (e.g.
green lipped muscles, and various sources of chrondrin sulphate).
Senior Health Care Clinics
Many older cats develop clinical illness and the diagnosis and treatment
are often complicated by the concurrence of multiple interacting disease
processes. Prompt and full investigation is essential if treatment is to be successful. Unfortunately, it is not always easy for owners to recognize the signs
of ill health so it is important that they monitor their older cats for changes in
food and water consumption, body weight, production of urine and feces, and
behaviour. The implementation of Senior Health Care Clinics by primary care
veterinary practices can be very beneficial. While the clinics do need to be
tailored to individual cats, in general they should include regular and thorough physical examinations (including assessment of body weight, body condition score, systemic blood pressure, and retinal examination). In addition, a
blood sample is usually collected for biochemical screening, thyroid level assessment and haematology and, where appropriate, serological testing for
FeLV and/or FIV. A urine sample should undergo routine urinalysis, urine
protein to creatinine ratio and, where possible, bacterial culture. Initially,
most cats will only need to attend a clinic on a yearly basis. However, those
cats showing significant ageing changes may need to attend more frequently;
for repeated reassessment, monitoring and treatment.
Changes in pharmaco-dynamics
Once disease has been diagnosed it is important to remember that changes
in physiology also affect the pharmacokinetics of many drugs. Most drugs
need to be metabolised in some way, and most drug metabolism occurs in the
liver and/or kidneys. Liver disease, low levels of blood albumen (which binds
to many drugs), and CRI all occur frequently in older cats. When coupled with
mild dehydration (which is common in older cats) these can result in reduced
clearance rates and marked elevations in circulating drug concentrations9.
When treating geriatric patients the dose and dosing intervals of some drugs
may therefore need to be altered. For example; the dose of metronidazole given for the treatment of suppurative cholangiohepatitis may need to be signif293
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icantly reduced, while the dosing interval of aspirin given in the management
of thrombosis associated with hypertrophic cardiomyopathy may need to be
increased. However, it is not only drug overdose that needs to be considered.
In humans, adverse drug reactions are two to three times more common in
people over 60 years of age24. The situation is likely to be similar in cats, so
we need to be observant when medicating our older cats.
Treat the individual
While veterinary medicine can often offer complex therapeutic options and
sophisticated prescription diets it is important to remember that older cats are
often poorly tolerant of the stress of hospitalisation or excessive physical handling. It is essential that each cat be assessed and treated as an individual. In
some cases investigations and interventions may have to be adapted or even
abandoned if they are poorly tolerated for either medical or temperamental
reasons. Also, once our patient’s quality of life can no longer be maintained
it is important that euthanasia be discussed, and then performed, as compassionately as possible. While it is true to say that “old age is not a disease”, it
is important that we pay particular attention to our older cats, feed and care
for them appropriately, and observe them closely so we can keep them well,
for as long as possible.
COGNITIVE DYSFUNCTION SYNDROME
With improvements in nutrition and veterinary medicine the life expectancy of pet cats and dogs is increasing. Accompanying this growing geriatric
population there are an increasing number of pets with signs of apparent senility. It is generally accepted that cognitive and motor performance deteriorates with age, and experiments with cats have indicated that this deterioration
usually occurs between 10-20 years of age. Recent studies suggest that 28% of
pet cats aged 11–14 years develop at least one geriatric-onset behaviour problem, and this increases to over 50% for cats of 15 years of age or older.
Cognitive dysfunction syndrome (CDS) is a neurodegenerative disease resulting in geriatric-onset behavioural problems. The acronym DISHA is used
to describe the clinical signs. These can include Disorientation, altered Interaction with the family, changes in Sleep-wake cycles, House-soiling with
inappropriate urination/defecation, changes in Activity such as wandering
and/or pacing, and/or inappropriate vocalisation. Diagnosis is made on the
basis of the presence of several altered cognitive signs, when all other systemic and CNS disease has been ruled out. The cause of the syndrome in cats
and dogs is still unknown.
294
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:41 Pagina 295
There are a number of anatomical and physiological changes that occur
frequently in the brains of older dogs and cats. These include a reduction in
overall brain mass (including atrophy of cerebral and basal ganglia), a reduction in neurons, generalised gliosis, degeneration of white matter, demyelination, neuraxonal degeneration, an increase in ventricular size,
meningeal fibrosis and/or calcification, and increasing amounts of lipofuscin,
apoptotic bodies, and β-amyloid (Aβ). Numerous vascular and perivascasular changes also occur, including a decrease in cerebral vascular blood flow,
microhaemorrhages or infarcts of the periventricular vessels, and arteriosclerosis of the non-lipid variety (fibrosis of the vessels walls, endothelial
proliferation, mineralization, and Αβ deposition). In addition, the brain of an
elderly cat or dog may also be subject to compromised blood flow and hypoxia due to decreased cardiac output, anaemia, altered blood viscosity,
platelet hypercoagulability, or underlying hypertension. Functional changes
of ageing include depletion of catecholamine neurotransmitters (noradrenaline, serotonin, and dopamine), a decline in the cholinergic system, and an increase in monoamine oxidase (MAO) B activity. While it is currently unknown
which of these changes are responsible for the clinical signs of cognitive decline, all of the following have been hypothesised:
i) Vascular insufficiency – see above.
ii) Reactive oxygen species – A small amount of the oxygen that is used by
mitochondria in normal energy production is converted to reactive oxygen species (free radicals, such as hydrogen peroxide, superoxide, and nitric oxide). As mitochondria age they become less efficient, producing
less energy and more free radicals. Normally, these free radicals would
be removed by the bodies natural antioxidant defences, including enzymes such as superoxide dismutase (SOD), catalase, and glutathione peroxidase, and free radical scavengers, such as vitamins A, C and E. The
balance between production and detoxification can be upset by disease,
age, and stress. An excess of free radicals react with DNA, lipids, and
proteins, leading to cellular damage, dysfunction, and mutation. The
brain is particularly susceptible because it has high lipid content, a high
demand for oxygen, and a limited ability to repair.
iii) Aβ – Although the exact role of Aβ in the development of CDS is still unclear (see below), recent work points to the involvement of disease processes similar to those seen in humans suffering from neurodegenerative
disorders, such as Alzheimer’s disease (AD).
Histopathologically, there are two major hallmarks of AD; senile plaques
and neurofibillary tangles. Senile plaques (SP) are formed by the extracellular accumulation of the Aβ protein. Neurofibillary tangles (NFT) are formed
295
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by the initially intracellular accumulation of the abnormally hyper-phosphorylated form of the microtubule protein tau (in its unphosphorylated form tau
is involved in forming the cytoskeleton of neurons). While there are a number
of theories suggesting how these deposits may be associated with neurological degeneration, it is currently believed that the accumulation of Aβ into SP
may initiate inflammatory change and neurotoxicity which then results in tau
hyper-phosphorylation, NFT formation and neurological dysfunction. In addition to Aβ accumulation as SP it also accumulates around the meninges and
blood vessels (ultimately resulting in cerebral amyloid angiopathy [CAA]).
However, these changes are not pathognomonic of AD as SP and CAA are also seen in the brains of senescent humans who did not show clinical signs of
AD, and the brains of many aged mammals. In addition, hyper-phosphorylated tau is also present during postnatal development and arises in response to
degenerative events such as ischemia or seizures.
Using sensitive immunohistochemical techniques it has been possible to
show that the pattern of canine Aβ accumulation parallels that seen in humans, being age-related, with plaques developing in several cortical and subcortical brain regions. In Beagles, the earliest and most consistent site of Aβ
deposition is the prefrontal cortex (at about 9-10 years of age), with the development of SP in the parietal and occipital lobes at a later age. Interestingly, deposition within the entorhinal cortex (which is close to the hippocampus) is not consistently observed until 14 years of age, except in a subset of dogs that show signs of early-onset cognitive impairment.
Studies have shown a direct correlation between the extent of Aβ deposition and the extent of cognitive dysfunction in dogs, with the regions of the
brain affected correlating with certain types of learning and memory deficits.
Intriguingly, while all dogs naturally accumulate diffuse SP and CAA with
age, some breeds appear to develop them at an earlier age than others. In
agreement with this, age-related cognitive dysfunction has been shown to vary
between different breeds (and sources) of dogs.
The understanding of CDS in cats is less advanced than in dogs. Immunohistochemical techniques have shown that while Aβ is constitutively expressed
within cat brains, the intensity of its accumulation within neurons and blood
vessels appears to be age-dependent, as is the development of diffuse SP within the deep cortical layers. To date, the investigation of only 25 cats has been
published; 23 of which were over 12 years of age. These studies appear to
show that older cats are more likely to develop SP (only the 14 oldest cats
were found to have SP). Our own study supports this finding; SP were seen in
seven of nine cats of over 10 years of age, but none of 10 younger cats. Interestingly, the SP appear to be even more diffuse than those seen in dogs, and
quite unlike the well developed and circumscribed SP that are typical of hu296
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:41 Pagina 297
mans. While NFT have not been seen in cat brains, immunostaining for hyper-phosphorylated tau has been demonstrated, occurring concurrently within the neurons of some of the cats showing SP development, and providing evidence of possible pre-tangle formation in 4 older cats.
The relationship between seeing SP and/or positive staining for hyperphosphorylated tau and behavioural or neurological dysfunction has not yet
been well explored in cats. For 17 of the cats previously assessed for SP the
presence or absence of behavioural change was known; eight had behavioural changes consistent with CDS, and seven of these were found to positive for
SP. This compared to only three of the nine cats without behavioural changes.
However, amongst five cats with well documented CDS the severity of the behavioural changes did not appear to correlate particularly well with the extent of the SP formation. The correlation with hyper-phosphorylated tau is
even less clear. For seven of the cats assessed for hyper-phosphorylated tau
the presence or absence of behavioural change was known; five of these had
behavioural changes, of which two were positive for tau. This compared to
one of two cats without behavioural changes.
Hence, while there are many similarities between CDS and AD, CDS
should not be considered as a model for AD as there are a number of subtle
differences between the two diseases. For example, as yet, NFT have not been
detected in cats or dogs, possibly because they have isoforms of tau that cannot form PHF. Alternatively, it may be that these species do not usually live
long enough with progressive clinical signs to develop NFT. Further investigations are needed to confirm, for example, whether or not these changes only relate to progressive age, and/or to the presence of particular disease
processes or disorders. In addition, the extent of the changes needs to be correlated with the clinical signs of CDS, and it remains to be seen whether or
not particular breeds of cat may be predisposed.
Treatment options of CDS
As yet, there is no published information relating to the successful treatment of cats with CDS. It may be possible to consider potential treatment options by extrapolation from work with humans with AD and/or dogs with CDS.
There are a growing number of possible therapeutic options for AD; these include the use of selegiline (to manipulate the monoaminergic system), various
cholinesterase inhibitors (to increase the availability of ACh at the neuronal
synapses), or antioxidants (e.g. Vitamin E) and non-steroidal anti-inflammatory drugs (e.g. ibuprofen) to reduce neuronal damage.
There have been a small number of published studies in dogs. These appear to suggest that high doses of mixed antioxidants, selegiline (l-deprenyl),
and possibly, a number of other drugs, may all have potential benefits.
297
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:41 Pagina 298
Dietary antioxidants and environmental enrichment – Antioxidants reduce
oxidative damage, so reducing Aβ production, and increase cognitive function.
Environmental enrichment leads to an increase in neuronal growth factors, and
hence the growth and survival of neurons and an increase in cognitive function.
These two factors are believed to have a synergistic action in improving cognitive function. A four year study into the use of a diet containing antioxidants
(e.g. Vit E, Vit C, selenium, fruit and vegetable extract [beta carotene, other
carotenoids, flavinoids]), mitochondrial cofactors (dl-Lipoic acid and l-carnitine), and essential fatty acids (omega-3 fatty acids), plus environmental enrichment (e.g. toys, kennel mate, walks, and cognitive experience testing [landmark discrimination, oddity discrimination, size concept learning]) revealed
rapid (2-8 weeks into treatment) and significant improvements in learning and
memory. Interestingly, while there was no reversal of existing pathology, the antioxidants appeared to prevent to deposition of more Aβ, while the environmental enrichment did not. This diet is now marketed as Hill’s b/d.
Selegiline (Anipryl from Pfizer; 0.5-1.0 mg/kg PO q24h) is licensed to treat
dogs with CDS in the USA. It is a selective and irreversible MAOB inhibitor which
leads to an increase in 2-phenylethyamine and so enhances the effects of
dopamine. Its exact mechanism of action is still unclear. However, it may also
have an antioxidant effect by increasing the effect of SOD. There have been a
number of studies into its use in geriatric dogs, some of which have been well controlled double-blind placebo-controlled studies; others have been open trials. In
these studies a total over 600 dogs with CDS have been treated with selegiline (or
placebo) and studied for 1-3 months. Safety studies of up to two years duration
have also been conducted. In summary, up to 80% of the dogs showed improvement after the drug had been given for longer than a month. Improvements are
typically seen in sleep/wake cycles and interaction with the family. Clinical improvement may be seen in as little as two weeks, but may take up to two months.
Gastrointestinal upset has been seen occasionally as a side effect, as have hyperactively and restlessness. Interestingly, a less marked improvement is seen in the
most severely affected cases, and the disease still progressed in all cases.
Propentofylline (Vivitonin from Intervet; 3-5mg/kg PO q8-12h) is licensed to
treat CDS in dogs in Europe. It is purported to increase the blood supply to the
brain, particularly the cerebral tissues, without increasing oxygen demand. It is
also supposed to inhibit platelet aggregation and thrombus formation. There is
weak evidence that it may slow the progression of AD in people.
Nicergoline (Fitergol from Merial; 0.25-0.5mg/kg PO q24h) is licensed to
treat CDS in dogs in Europe. It is an α1 and α2 adrenergic agonist. It increases cerebral blood flow, has a neuroprotective effect on neurons, and inhibits platelet aggregation. It may also increase appetite. In an open-label
study there was an overall improvement of 75% in 30 days, compared to place298
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:41 Pagina 299
bo. Nylidrin hydrochloride (3-6mg PO q8h) is a β-adrenergic agonist, and acts
as a cerebral vasodilator. No efficacy or safety studies have been performed.
Adrafinil (20mg/kg PO q24h) may enhance the noradrenergic system, and
so improve alertness and sleep/wake cycles. In a one month study of aged
Beagles, this drug resulted in increased locomotion (without producing
stereotypic activity), and was reported to cause an increase in exploratory behaviour and alertness. No safety studies have been performed.
Other compounds with suggested beneficial effects include phosphatidylserine (which forms the major building block of cell membranes and
may help to maintain neurotransmitter levels by enhancing the release of
acetylcholine and dopamine); Ginkgo extract (which may act by reversible
MAO inhibition and free radical scavenging); numerous anti-inflammatory
drugs; treatments to reduce anxiety, such as benzodiazepines (e.g.clonazepam
or oxazepam), buspirone, herbal remedies (e.g. melatonin, valerian, and some
Bachs flower remedies), or the application of DAP pheromone to the environment; and antidepressants (e.g. fluoxetine).
Management of cats with CDS
Since there are, as yet, no proven medical options for cats with CDS, it is
necessary to advise clients how best they can manage these cases. Affected cats
often become stressed and cope very poorly with change; whether in their environment, their daily routine, their diet, or the members of the household with
which they live. The cat’s response to this stress is usually to stop eating, hide,
and/or alter its toileting habits. Where possible, changes should be kept to a
minimum. However, when a change cannot be avoided, it is very important that
it is planned carefully and made slowly, with much reassurance. Some cats become progressively more senile. These cats may benefit from having their area
of access reduced, while still containing all necessary facilities. This small area
can then be kept safe and constant. While diets enriched with antioxidants may
be beneficial, this has yet to be shown in cats. As yet, there have been no studies using drugs in cats. However, selegiline has been used to treat cats with other behavioural disorders (e.g. urine spraying), at 0.25 mg/kg PO q24h, and
there are anecdotal reports of its use at this dose to treat cats with CDS (using
up to 1.0 mg/kg PO q24h). A number of other drugs have also been used, also
‘off label’, including propentofylline (quarter of a 50mg q24h i.e. half of a dog
dose), and nicergolene (quarter of a 5mg q24h). The application of Feliway
pheromone to the environment may help to reduce feline anxiety.
References available from author on request:
[email protected]
299
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Pubblicato: Gunn-Moore, D.A Considering Older Cats. Compendium on Continuing Education for the Practising Veterinarian. (Supplement), (2003), 26, No.
2 (A), 1-4.
Oggi, ci sono più gatti da compagnia anziani che mai. Gli animali di questa specie sono più popolari dei cani come compagni ed i miglioramenti nella nutrizione, nelle cure sanitarie e nel modo in cui vengono tenuti hanno portato a far sì che molti di essi vivano fino a raggiungere età sempre più avanzate. Negli USA, nel corso degli ultimi dieci anni, la percentuale di gatti da
compagnia con più di 6 anni di vita è quasi raddoppiata (dal 24% al 47%),1 si
è avuto un aumento del 15% nei gatti con più di 10 anni,2 e la proporzione della popolazione felina con 15 anni o più è cresciuta dal 5% al 14%.3 Anche se
i dati relativi ai gatti in Europa sono minori, l’età media è aumentata da 4,7 al
5,3 anni4 e si stima che nel Regno Unito vi siano oggi circa 1,5 milioni di gatti “anziani”. Dato che ciò costituisce il 30% circa della popolazione dei gatti
da compagnia5 la corretta gestione di questi soggetti sta diventando un aspetto sempre più importante da prendere in considerazione per i veterinari per
piccoli animali e per gli esperti di nutrizione.
Al fine di determinare i modi migliori per occuparsi dei nostri gatti anziani, dobbiamo prima di tutto decidere a quale età un gatto diventa “anziano” e
poi a quale età entra nell’età “geriatrica”. Tuttavia, i gatti, come le persone,
non invecchiano in modo costante e l’età cronologica non corrisponde sempre a quella fisiologica. Alcuni animali di questa specie mostrano evidenti segni di invecchiamento dopo 10 anni, mentre altri sembrano restare quasi immutati fino al traguardo dei 15-16 anni. Ciò detto, generalmente si considera
che i gatti diventino “anziani” all’età di circa 7-8 anni ed arrivino all’età “geriatrica” a 12-15 anni. È interessante notare che alcuni autori raccomandano
di considerare come “anziani” i soggetti delle razze che vivono più a lungo,
come i siamesi, quando arrivano ad 11-12 anni, mentre quelli delle razze che
vivono meno, come il persiano, possono essere considerati “anziani” a 6-7 anni. La Tabella 1 illustra la correlazione approssimativa tra l’età del gatto e
quella dell’uomo. È conoscendo il modo in cui i gatti cambiano con l’età che
possiamo prenderci cura di loro con modalità davvero capaci di sostenerli meglio per una vita lunga e sana.
Per fare ciò abbiamo bisogno di sapere come l’avanzare dell’età influisce
sull’organismo di questi animali. Alcune modificazioni sono evidenti, come
l’incanutimento del pelo, il declino generale delle condizioni del corpo e del
mantello e l’attenuazione di alcuni sensi (vista ed udito). Tuttavia, altri cambiamenti sono meno evidenti e comprendono alterazioni della fisiologia del
tratto digerente, del sistema immunitario, dei reni, del fegato, dell’encefalo e
dello scheletro. Fortunatamente, oggi è possibile disporre di un numero sem300
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:41 Pagina 301
Tabella 1 - Correlazione approssimativa fra l’età del gatto e quella dell’uomo
Età del gatto
Equivalente approssimativo nell’uomo
1
16
2
21
3
25*
4
29
5
33
6
37
Gatti “anziani”
Equivalente approssimativo nell’uomo
7
41
8
45
9
49
10
53
11
57
Gatti in età geriatrica
Equivalente approssimativo nell’uomo
12
61
13
65
14
69
15
73
* Da qui in poi aggiungere 4 anni per ogni anno.
pre maggiore di studi volti a prendere in esame gli effetti dell’invecchiamento nei felini, per cui non c’è più bisogno di affidarsi ad estrapolazioni da altre
specie animali.
Tutti gli aspetti della vita di un gatto possono influire sulla sua potenziale
longevità e sulla qualità complessiva della vita. Tuttavia, i concetti forse più
importanti da comprendere riguardano la complessa interrelazione fra le concomitanti modificazioni fisiologiche e patologiche ed il modo in cui queste influiscono sulla capacità del gatto anziano di mantenere il proprio peso corporeo, adattarsi ai cambiamenti del proprio ambiente, opporsi alle infezioni e
fronteggiare le malattie. Parecchi di questi fattori interagenti verranno illustrati più oltre.
Modificazioni del peso corporeo
Gli animali anziani spesso vanno incontro a modificazioni del proprio peso corporeo. Si raccomanda che i proprietari tengano una registrazione regolare del peso del loro gatto e che questa venga controllata in occasione di ogni
301
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:41 Pagina 302
visita clinica. Ciò è dovuto al fatto che una variazione ponderale significativa
e/o rapida può avere implicazioni molto gravi, indipendentemente dalla causa sottostante.
Sino a non molto tempo fa si riteneva che i gatti anziani, come i cani e gli
esseri umani, avessero una significativa riduzione del fabbisogno energetico
e, quindi, una tendenza all’obesità. In effetti, una tendenza al calo del fabbisogno energetico di mantenimento (MER, maintenance energy rate) è stata
dimostrata in gatti di età fino a 10 anni. Tuttavia, si vanno anche raccogliendo sempre più dati che indicano che esiste una tendenza molto maggiore per
i gatti in età geriatrica (oltre i 10 anni) ad essere sottopeso6-9 (Tab. 2). Il rischio
meno evidente dell’obesità nella fase intermedia della vita nei gatti in confronto ai cani deriva probabilmente dai differenti stili di vita di questi animali. I cani tendono ad essere energici da giovani e poi a diminuire la propria attività man mano che invecchiano. Al contrario, i gatti sono relativamente inattivi per la maggior parte della loro vita. È probabilmente per questo motivo
che non mostrano un evidente declino del MER o del rapporto fra massa corporea magra e grassa in funzione dell’età.7,10,11
In condizioni ideali, i gatti devono essere alimentati in modo da garantire
il mantenimento del loro peso corporeo ottimale; probabilmente, il singolo
aspetto più importante della nutrizione di questi animali quando diventano anziani è che il loro peso corporeo deve rimanere stabile. Studi a lungo termine
hanno dimostrato che sia l’obesità che l’eccessiva magrezza aumentano la
mortalità.8 L’obesità, oltre a ridurre di per se stessa la durata della vita, aumenta anche il rischio di molte malattie correlate al peso, come la cardiopatia, il diabete mellito (DM), la zoppia (spesso dovuta ad artrite), l’epatopatia
(ad es. lipidosi epatica) ed i problemi cutanei.12
Molti gatti anziani vanno incontro ad una perdita di peso. Ciò può derivare da numerosi fattori differenti, spesso interagenti. Questi possono comprendere alterazioni fisiologiche da invecchiamento, la presenza di processi patologici o alterazioni comportamentali. La perdita di peso è spesso associata ad
inappetenza, e nei gatti anziani deriva comunemente da una riduzione del senso dell’olfatto e del gusto e/o da dolore orale conseguente ad una periodontopatia.13 Inoltre, i gatti anziani tendono ad essere meno efficienti per quanto riguarda la digestione del cibo. Ciò è probabilmente dovuto ad una riduzione
Tabella 2 - Correlazione approssimativa fra l’età del gatto e la condizione corporea6-9
Età del gatto
% di troppo magri
% di troppo grassi
1-2 anni
< 10
20
2-10 anni
< 10
20-50
> 12 anni
30-50
302
< 20
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della funzione intestinale, della produzione di acido gastrico, della motilità
dello stomaco e dell’intestino e della perfusione ematica enterica.14,15 I gatti
anziani possono anche presentare una riduzione dell’attività della lipasi pancreatica e delle modificazioni nella composizione della bile.16 Anche se influiscono sulla digestione di tutte le componenti della dieta, questi fattori agiscono in modo particolare sulla digestione e l’assorbimento dei grassi e delle
proteine.9,16 Man mano che i gatti invecchiano, si osserva una notevole riduzione dei coefficienti di digeribilità energetica. Questi forniscono un’indicazione dell’entità del beneficio che un gatto trae dal proprio cibo. Nei gatti con
meno di 7 anni i coefficienti sono compresi fra 0,8 e 0,9. Tuttavia, possono
scendere ad appena 0,65 in alcuni soggetti anziani.9 La maggior parte dei gatti è in grado di compensare questo fenomeno aumentando la propria assunzione giornaliera di cibo. Tuttavia, alcuni individui possono aver bisogno di
incrementare la loro assunzione fino al 25%.9 A causa delle limitazioni imposte dalla capacità del loro stomaco, ciò significa che hanno bisogno di mangiare molti pasti piccoli e frequenti nell’arco della giornata. La perdita di peso è da ritenere probabile quando non vengono offerti pasti più frequenti o
quando l’assunzione del cibo risulta dolorosa. Per compensare tutto ciò, in
molti gatti anziani può risultare utile l’impiego di un alimento altamente appetibile, molto digeribile e con un elevata densità energetica, che venga anche
offerto frequentemente in piccoli quantitativi.
Molti degli specifici fabbisogni dei principi nutritivi dei gatti anziani devono ancora essere determinati. Spesso si ritiene che molti felini in età avanzata siano affetti in qualche misura da una malattia subclinica, in particolare
di tipo renale. Per questo motivo, in precedenza è stato raccomandato di alimentare i gatti anziani con diete caratterizzate da una moderata restrizione
proteica. Tuttavia, alla luce delle nostre attuali conoscenze degli elevati fabbisogni proteici del gatto e della riduzione dell’efficienza digestiva nell’età
avanzata, oggi si ha la sensazione che una restrizione inappropriata delle proteine della dieta possa comportare il rischio di sviluppo di una malnutrizione
proteica. Tutto ciò, naturalmente, a meno che il gatto non presenti segni di insufficienza renale cronica (IRC), nel qual caso è probabile che tragga vantaggio da una restrizione proteica, una moderata restrizione fosforica ed un’integrazione con potassio.17
Attualmente sono in fase di studio molti composti potenzialmente in grado di migliorare la qualità e la durata della vita dei nostri gatti. Anche se per
determinare l’entità di ogni potenziale effetto positivo saranno necessarie ulteriori ricerche, fra i composti suggeriti rientrano l’aumento dei livelli di antiossidanti ed eliminatori di radicali liberi (ad es., glutatione, vitamina A, C ed
E, taurina, carotenoidi e selenio), estratto di cozze verdi (Perna canaliculus),
varie combinazioni di acidi grassi essenziali e molti altri.
303
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:41 Pagina 304
Le significative variazioni del peso richiedono sempre un approfondimento diagnostico perché il calo ponderale è spesso il primo segno di una
malattia. È interessante notare che mentre molte delle affezioni che si osservano nei gatti anziani sono associate ad inappetenza e riluttanza a mangiare,
chiaramente non è sempre così. In caso di ipertiroidismo e di alcune sindromi da malassimilazione (ad es., infiammazione intestinale o linfoma linfocitario gastroenterico in stadio iniziale) la perdita di peso può essere accompagnata da un appetito buono o persino aumentato. I proprietari devono quindi sapere che qualsiasi alterazione dell’appetito è significativa, sia in aumento che in diminuzione.
Modificazioni dell’ambiente
Sfortunatamente, i gatti anziani spesso sopportano molto male le modificazioni della loro routine giornaliera. La loro risposta allo stress consiste
spesso nello smettere di mangiare, nascondersi e/o alterare le proprie abitudini di toelettatura. Qualsiasi variazione all’interno dell’ambiente, della famiglia o persino della dieta può costituire una fonte di stress. Poiché un cambiamento della dieta può di per sé essere stressante, è importante effettuare
queste modificazioni lentamente, introducendo gradualmente il nuovo cibo
utilizzando una ciotola separata, lasciando sempre a disposizione quello vecchio. Sfortunatamente, in alcuni soggetti che si stressano molto facilmente
non è sempre possibile effettuare delle modificazioni della dieta. Poiché molti gatti anziani trovano difficoltà a fronteggiare le alterazioni del loro ambiente, è importante tenere conto di tutto ciò al momento di pianificare i cambiamenti. Quando è possibile, questi devono essere ridotti al minimo, e quando
sono proprio necessari bisogna attuarli lentamente e rassicurando molto gli
animali. Alcuni gatti in età geriatrica diventano progressivamente senili. In
questi animali può risultare utile ridurre l’estensione dell’area alla quale possono accedere, pur assicurandosi che la zona disponibile contenga sempre tutte le strutture necessarie. Questa piccola area può poi essere tenuta sicura e
costante (si vedano le note sulla sindrome da disfunzione cognitiva al termine di questa relazione).
Sensibilità alla sete
Man mano che invecchiano, i gatti presentano una riduzione della sensibilità alla sete. Ciò esita in un aumento del rischio di disidratazione, in particolare in associazione con una minzione eccessiva. Quest’ultima accompagna
comunemente a forme concomitanti di insufficienza renale cronica o diabete
mellito, due condizioni di comune riscontro nei gatti anziani. Spesso è consigliabile alimentare i felini di questa età con una dieta con un elevato conte304
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:41 Pagina 305
nuto di acqua. Tuttavia, se i gatti non sono disposti a mangiare alimenti utili,
può servire cercare di aumentare la loro assunzione idrica utilizzando altri
metodi. È possibile spingerli a bere garantendo un accesso costante ad acqua
libera, servendosi di bottiglie o fontane erogatrici per animali da compagnia,
oppure offrendo acqua aromatizzata con pesce o pollo/carne rossa (assicurarsi che non siano state aggiunte cipolle intere o in polvere, dato che i gatti possono sviluppare un’anemia emolitica, se mangiano una quantità eccessiva di
questi vegetali).
Modificazioni della funzione immunitaria
La funzione immunitaria di tutti i mammiferi si deteriora con l’età. Anche
se esistono solo pochi studi specificamente destinati agli effetti dell’invecchiamento sul sistema immunitario del gatto, questi sembrano confermare
questa affermazione. I gatti anziani presentano un numero significativamente
più basso di leucociti totali (in particolare linfociti CD4+), mentre i conteggio
dei neutrofili risulta aumentato.19 Queste modificazioni esitano probabilmente in una riduzione della capacità di contrastare le infezioni o di effettuare lo
screening delle cellule neoplastiche. Ciò può spiegare l’aumento del rischio di
neoplasia nei gatti anziani. Gli studi sull’argomento sono ancora in uno stadio molto precoce, ma sono attualmente in corso delle indagini su numerosi
componenti della dieta per stabilirne la potenziale capacità di sostenere o persino migliorare la funzione immunitaria negli animali anziani (ad es., vitamine A ed E, selenio, zinco, magnesio e coenzima Q10).20-23
Il rischio di infezione legato all’invecchiamento può forse essere meglio
dimostrato considerando l’incidenza correlata all’età della cistite batterica. I
segni clinici indicativi di un’affezione vescicale sono rappresentati da aumento della frequenza delle minzioni, difficoltà ad urinare (tenesmo), presenza di sangue nelle urine o blocco del tratto urinario. Nei gatti con meno di 10
anni di vita si riscontra un’eziologia batterica solo nell’1-2% dei casi.24,25 Nella maggior parte di questi giovani animali (circa 60%), non si riesce ad identificare alcuna causa evidente (anche se lo stress e la dieta possono avere un
ruolo) ed in alcuni si riscontra la presenza di calcoli vescicali (circa 20%). Invece, la situazione nei gatti anziani con cistite è molto diversa, dato che quasi il 50% dei soggetti con più di 10 anni di vita presenta un’eziologia batterica dell’infiammazione vescicale.26,27 Alcune di queste infezioni sono correlate alla senescenza immunitaria generale associata all’invecchiamento. Tuttavia, la maggior parte si accompagna a insufficienza renale cronica, diabete
mellito o ipertiroidismo, tutte malattie che si riscontrano comunemente nei
gatti anziani e che sono, di per sé, immunosoppressive sia a livello locale che
sistemico.
305
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:41 Pagina 306
Insufficienza renale cronica
Gli animali anziani sono sensibili a molte malattie e la dieta ha un ruolo
da svolgere nell’eziologia e/o nel trattamento di molte di esse. In genere, i veterinari citano come più comuni le nefropatie, l’ipertiroidismo, le neoplasie,
le odontopatie, il diabete mellito e l’artrite. Come si può capire, l’affezione
più significativa fra queste è l’insufficienza renale.
L’avanzare dell’età ha molti modi per danneggiare i reni dei gatti. Alcuni
dei fattori da prendere in considerazione sono rappresentati da una tendenza
alla lieve disidratazione, un aumento del rischio di infezione (nefrite interstiziale o infezione ascendente che causa pielonefrite) e incremento del rischio
di insufficienza renale acuta secondaria alla somministrazione di certi farmaci. Quindi, non deve sorprendere che l’insufficienza renale acuta e cronica si
osservino entrambe molto comunemente nei gatti anziani. Tuttavia, queste
non sono le uniche cause di insufficienza renale e noi oggi sappiamo che esistono numerosi fattori dietetici capaci di risultare altrettanto dannosi per la
funzione di questi organi. Rientrano fra questi l’iperacidificazione della dieta,28 l’aggiunta di sale in eccesso,29 l’inclusione di elevati livelli di ceneri,30 o
l’insufficiente aggiunta di potassio.31 La presenza di ognuno di questi fattori
può esitare in insufficienza renale, in particolare quando la dieta in esame viene utilizzata per alimentare gatti anziani. È interessante notare che i primi tre
dei fattori citati sono spesso inclusi nelle diete che vengono commercializzate per contribuire a ridurre il rischio di urolitiasi da struvite. Le diete studiate
per questo scopo non devono essere quindi utilizzate per alimentare i gatti anziani. (Naturalmente, ciò vale a condizione che non sia stata formulata una
specifica diagnosi di urolitiasi da struvite). È interessante notare che, mentre
nei gatti giovani si trovano molto comunemente sia gli uroliti da struvite che
quelli da ossalati, in quelli anziani questi ultimi si osservano più frequentemente. Ciò probabilmente riflette il fatto che i felini in età avanzata presentano livelli ematici e urinari di pH significativamente più bassi e ciò riduce il rischio di urolitiasi da struvite mentre aumenta quello di urolitiasi da ossalati.28
Conosciamo alcuni dei fattori nutrizionali che possono risultare dannosi per
la funzione renale, ma siamo ben lontani da definire una dieta che sia in grado di preservarla efficacemente.
Importanza dell’artrite
È interessante notare che la maggior parte dei proprietari elenca le malattie che osserva nei propri gatti anziani con un ordine differente rispetto alla lista stilata dai veterinari. In cima alla lista si trova l’artrite, seguita da insufficienza renale, sordità, cecità, ipertiroidismo, bronchite e problemi dentali.32 Il
ruolo del dolore artritico per ridurre la qualità della vita per molti gatti anzia306
CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:41 Pagina 307
ni è stato probabilmente sottostimato in modo significativo. Molti proprietari
riferiscono di aver dovuto modificare la propria casa per venire incontro alle
esigenze dei loro gatti anziani, spostando le ciotole del cibo o dell’acqua su
ripiani più bassi, aggiungendo rampe per consentire un accesso più facile alle aree favorite per dormire e collocando delle cassette per le deiezioni con i
bordi bassi, in una posizione facilmente raggiungibile dall’animale. La crescente importanza dell’artrite nei nostri gatti anziani viene confermata dal riscontro di prove radiografiche di artropatia degenerativa nel 90% dei soggetti con più di 12 anni di età.33 La causa dell’artrite di solito è multifattoriale;
possono avere un ruolo il trauma, la dieta (obesità) ed i fattori genetici. Riconoscere e trattare queste cause, e la presenza dell’artrite, può fare una notevole differenza per la qualità della vita di un gatto anziano. Esiste un chiaro
ruolo della dieta e, in particolare, dell’obesità nell’eziologia dell’artrite, ma
non è ancora stata chiarita l’esistenza di un ruolo positivo di specifici principi nutritivi. Per questo, sono attualmente oggetto di studio le potenziali proprietà antiartritiche di numerosi composti nutrizionali differenti (ad es., le
cozze verdi e varie fonti di condroitinsolfato).
Cliniche per soggetti anziani
Molti gatti anziani sviluppano una malattia clinicamente manifesta, la
cui diagnosi e trattamento sono spesso complicate dalla concomitante presenza di molteplici processi patologici interagenti. Perché il trattamento abbia successo è essenziale un’indagine clinica pronta e completa. Sfortunatamente, non è sempre facile per i proprietari riconoscere i segni della cattiva salute, quindi è importante che tengano sotto controllo i loro gatti anziani per rilevare eventuali modificazioni del consumo di cibo ed acqua, del
peso corporeo, della produzione di urine e feci e del comportamento. L’attivazione di reparti clinici per soggetti anziani da parte delle strutture veterinarie primarie può essere molto utile. Non è necessario adattare le indagini cliniche ai singoli gatti, ma in generale bisogna effettuare dei controlli
regolari e approfonditi (come la valutazione del peso corporeo, il punteggio
di condizione corporea, la pressione sanguigna sistemica e l’esame retinico). Inoltre, di solito si effettua il prelievo di un campione di sangue destinato a screening biochimico, determinazione dei livelli degli ormoni tiroidei ed indagini ematologiche e, nei casi appropriati, ai test sierologici per
l’identificazione dell’infezione da FeLV e/o FIV. Si deve prelevare un campione di urina da destinare all’analisi di routine, alla determinazione del
rapporto proteine:creatinina nell’urina e, quando possibile, alle colture batteriche. Inizialmente, la maggior parte dei gatti ha bisogno di recarsi alla
clinica soltanto su base annuale. Tuttavia, per i soggetti che mostrano signi307
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ficative alterazioni da invecchiamento può essere indicata una frequenza
maggiore, per ripetere valutazioni, monitoraggio e trattamento.
Modificazioni delle farmacodinamiche
Una volta diagnosticata la malattia, è importante ricordarsi che le modificazioni della fisiologia influiscono anche sulle farmacocinetiche di molti
principi attivi. La maggior parte dei farmaci deve essere metabolizzata in
qualche modo e la maggior parte di questi processi avviene a livello del fegato e/o dei reni. L’epatopatia, la presenza di bassi livelli ematici di albumina
(che si lega a molti farmaci) e la condizione di insufficienza renale cronica si
riscontrano frequentemente nei gatti anziani. In associazione con una lieve
disidratazione (anch’essa comune nei felini in età avanzata), questi quadri
possono esitare in una riduzione della clearance ed in marcati aumenti delle
concentrazioni circolanti dei farmaci.9 Quando si trattano pazienti in età geriatrica può essere quindi necessario modificare sia il dosaggio che gli intervalli fra le somministrazioni di alcuni farmaci. Ad esempio, può darsi che la
posologia del metronidazolo impiegato per il trattamento di una colangioepatite suppurativa debba essere significativamente ridotta, mentre può essere necessario aumentare l’intervallo fra le somministrazioni di acido acetilsalicilico effettuate per il trattamento di una trombosi associata a miocardiopatia
ipertrofica. Tuttavia, non è solo il sovradosaggio dei farmaci che occorre tenere in considerazione. Nell’uomo, le reazioni avverse ai farmaci sono 2 o 3
volte più comuni nella popolazione al di sopra dei 60 anni di età.24 La situazione è probabilmente simile nel gatto, per cui i trattamenti farmacologici dei
felini anziani vanno effettuati con particolare cautela.
Trattare l’individuo
La medicina veterinaria può spesso offrire complesse opzioni terapeutiche
e sofisticate prescription diet, ma è importante ricordare che i gatti anziani
spesso tollerano male lo stress dell’ospedalizzazione o di un’eccessiva manipolazione fisica. È essenziale che ciascun gatto sia valutato e trattato come un
individuo. In alcuni casi può darsi che si debbano adattare certe indagini e certi interventi, o persino abbandonarli se sono mal tollerati per ragioni mediche
o di temperamento. Inoltre, quando non si riesce più a mantenere la qualità
della vita del nostro paziente, è importante discutere con il proprietario e poi
eventualmente eseguire l’eutanasia, con la massima compassione possibile.
Anche se è vero che “l’età avanzata non è una malattia”, è importante prestare particolare attenzione ai gatti anziani, alimentarli e curarli in modo appropriato e tenerli sotto stretta osservazione, per farli stare bene il più a lungo possibile.
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SINDROME DI DISFUNZIONE COGNITIVA
Grazie ai miglioramenti della nutrizione e della medicina veterinaria, la
speranza di vita dei cani e dei gatti da compagnia è in aumento. Questa crescita della popolazione geriatrica è accompagnata da un incremento del numero di soggetti con segni di evidente senilità. Generalmente, si ritiene che il
rendimento cognitivo e motorio si deteriori con l’invecchiamento e gli studi
sperimentali condotti nel gatto hanno indicato che questo deterioramento avviene di solito fra i dieci e 20 anni di vita. Recenti indagini suggeriscono che
il 28% dei gatti da compagnia di età compresa fra 11 e 14 anni sviluppa almeno un problema comportamentale ad insorgenza geriatrica, e che questa
percentuale sale ad oltre il 50% per quelli di età pari o superiore a 15 anni.
La sindrome di disfunzione cognitiva (CDS), è una malattia neurodegenerativa che esita in problemi comportamentali ad insorgenza in età geriatrica.
Per descrivere questi segni clinici si utilizza l’acronimo DISHA. Questo può
corrispondere a Disorientamento, alterazione dell’Interazione con la famiglia,
modificazione dei cicli di Sonno-veglia, tendenza a sporcare in casa (Housesoiling) con minzione/defecazione inappropriate, e modificazioni dell’Attività, come la tendenza a vagabondare e/o a camminare su e giù e/o ad emettere
vocalizzazioni inappropriate. La diagnosi viene formulata sulla base della
presenza di diversi segni cognitivi alterati, dopo aver escluso tutte le altre malattie sistemiche e del SNC. La causa della sindrome nel cane e nel gatto è ancora sconosciuta.
Esistono numerose modificazioni anatomiche e fisiologiche che si riscontrano frequentemente nell’encefalo dei cani e dei gatti anziani. Rientrano fra
queste la riduzione della massa cerebrale complessiva (compresa l’atrofia dei
gangli cerebrali e basali), la riduzione dei neuroni, la gliosi generalizzata, la
degenerazione della sostanza bianca, la demielinizzazione, la degenerazione
neuroassonale, l’aumento delle dimensioni ventricolari, la fibrosi e/ calcificazione meningea e l’incremento delle quantità di lipofuscina, corpi apoptotici
e β-amiloide (Aβ). Si hanno anche numerose alterazioni vascolari e perivascolari, come un calo del flusso ematico vascolare cerebrale, microemorragie
o infarti dei vasi periventricolari ed arteriosclerosi della varietà non lipidica
(fibrosi delle pareti vasali, proliferazione endoteliale, mineralizzazione e deposizione di Aβ). Inoltre, l’encefalo di un cane o di un gatto anziano può anche essere soggetto a compromissione del flusso ematico ed ipossia da diminuzione della gittata cardiaca, anemia, alterazione della viscosità ematica,
ipercoagulabilità piastrinica o ipertensione sottostante. Le alterazioni funzionali dell’invecchiamento sono rappresentate da deplezione dei neurotrasmettitori catecolaminici (noradrenalina, serotonina e dopamina), declino del sistema colinergico ed aumento dell’attività della monoaminossidasi (MAO) B.
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Anche se al momento attuale si ignora quale di queste alterazioni sia responsabile del declino cognitivo, sono state formulate le seguenti ipotesi.
i) Insufficienza vascolare – vedi sopra.
ii) Specie reattive di ossigeno – Una piccola quantità dell’ossigeno che viene utilizzato dai mitocondri per la normale produzione di energia viene
convertito in specie reattive (radicali liberi, come il perossido di idrogeno, il superossido e l’ossido nitrico). Man mano che invecchiano, i mitocondri diventano meno efficienti, producendo meno energia e più radicali liberi. In condizioni normali, questi ultimi sarebbero rimossi dalle naturali difese antiossidanti dell’organismo, come gli enzimi come la superossidodismutasi (SOD), la catalasi e la glutatione-perossidasi, e dagli
eliminatori di radicali liberi, come le vitamine A, C ed E. L’equilibrio fra
la produzione e la detossificazione può venire alterato da malattia, invecchiamento e stress. Un eccesso di radicali liberi reagisce con un eccesso
di DNA, lipidi e proteine portando a danno cellulare, disfunzione e mutazione. L’encefalo è particolarmente suscettibile perché ha un elevato
contenuto lipidico, un’alta domanda di ossigeno ed una limitata capacità
di riparazione.
iii) Ab - Anche se l’esatto ruolo dell’Aβ nello sviluppo della CDS è ancora
da chiarire (vedi oltre), un recente lavoro indica il coinvolgimento di processi patologici simili a quelli che si osservano nei pazienti umani colpiti da disordini neurodegenerativi come la malattia di Alzheimer (AD).
Dal punto di vista istopatologico, esistono due principali caratteristiche distintive della malattia di Alzheimer; le placche senili ed i grovigli neurofibrillari. Le placche senili (SP) sono formate dall’accumulo extracellulare della
proteina Aβ. I grovigli neurofibrillari (NFT) si formano per l’iniziale accumulo intracellulare della forma abnormemente iperfosforilata della proteina
tau dei microtubuli (che, nella sua forma non fosforilata, è coinvolta nella
formazione del citoscheletro dei neuroni). Esistono numerose teorie che suggeriscono come questi depositi possano essere associati a degenerazione neurologica, ma attualmente si ritiene che l’accumulo della Aβ nelle SP possa avviare un’alterazione infiammatoria ed un fenomeno neurotossico che poi esita in iperfosforilazione della proteina tau, formazione di NFT e disfunzione
neurologica. Oltre che sotto forma di SP, l’accumulo di Aβ si verifica anche
intorno alle meningi ed ai vasi sanguigni, esitando in ultima analisi in una angiopatia amiloide cerebrale [CAA]). Tuttavia, queste alterazioni non sono patognomoniche della malattia di Alzheimer, dato che SP e CAA si osservano
anche negli encefali di pazienti umani senescenti venuti a morte senza mostrare segni clinici di AD e negli encefali di molti mammiferi anziani. Inoltre,
la proteina tau iperfosforilata è anche presente durante lo sviluppo postnatale
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ed insorge in risposta ad eventi degenerativi come l’ischemia e le crisi convulsive.
Utilizzando tecniche immunoistochimiche sensibili è stato possibile dimostrare che il quadro dell’accumulo di Aβ nel cane ha un andamento parallelo a
quello che si osserva nell’uomo, essendo correlato all’età, con placche che si
sviluppano in parecchie regioni cerebrali, corticali e subcorticali. Nel beagle,
la sede più precoce e più costante di deposizione dell’Aβ è la corteccia prefrontale (all’età di circa 9-10 anni), con lo sviluppo di SP nei lobi parietali ed
occipitali ad un’età più avanzata. È interessante notare che la deposizione all’interno della corteccia entorinale (che è vicina all’ippocampo) non si osserva
costantemente fino ai 14 anni di età, tranne che in un sottogruppo di cani che
mostrano segni di compromissione cognitiva ad insorgenza precoce.
Alcuni studi hanno dimostrato una correlazione diretta fra l’entità della deposizione di Aβ e quella della disfunzione cognitiva nel cane, con le regioni
cerebrali colpite correlate a certi tipi di deficit dell’apprendimento e della memoria. È interessante notare che, anche se tutti i cani accumulano naturalmente forme diffuse di SP e CAA con l’età, alcune razze sembrano svilupparle prima di altre. In accordo con questa affermazione, è stato dimostrato
che la disfunzione cognitiva correlata all’età varia fra le differenti razze (e
provenienze) dei cani.
La comprensione della CDS nel gatto è meno avanzata che nel cane. Tecniche immunoistochimiche hanno dimostrato che mentre la Aβ è costitutivamente espressa all’interno degli encefali del gatto, l’intensità del suo accumulo all’interno dei neuroni e in vasi sanguigni sembra essere dipendente dall’età, così come lo sviluppo di SP diffuse entro gli strati corticali profondi. Ad
oggi, sono stati pubblicati studi relativi solo a 25 gatti; 23 di essi avevano più
di 12 anni di vita. Questi studi sembrano dimostrare che i gatti anziani hanno
maggiori probabilità di sviluppare le SP (queste sono state riscontrate soltanto nei 14 gatti più vecchi). Il nostro studio personale conferma questo riscontro; le SP sono state osservate in 7 gatti su 9 con più di 10 anni di età, ma in
nessuno dei 10 gatti più giovani. È interessante notare che le SP sembrano essere ancora più diffuse di quelle che si osservano nel cane e molto differenti
dalle SP ben sviluppate e circoscritte che sono tipiche dell’uomo. Nell’encefalo del gatto non sono stati osservati NFT, ma è stata dimostrata una immunocolorazione per la proteina tau iperfosforilata, che si verificava in modo
concomitante all’interno dei neuroni di alcuni dei gatti che mostravano lo sviluppo di SP e fornivano la prova di una possibile formazione di pre-grovigli
in 4 gatti più anziani.
La relazione fra il riscontro di SP e/o la positività della colorazione per la
proteina tau iperfosforilata e la disfunzione comportamentale o neurologica
non è ancora stata ben esplorata nel gatto. Per 17 dei soggetti precedente311
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mente valutati per SP, la presenza o assenza di modificazioni comportamentali era nota; 8 presentavano alterazioni del comportamento compatibili con la
CDS e 7 di questi sono risultati positivi per SP. Questo dato va confrontato
con il riscontro in solo 3 dei 9 gatti senza alterazioni comportamentali. Tuttavia, fra 5 gatti con CDS ben documentata, la gravità delle modificazioni comportamentali non è parsa correlata particolarmente bene con l’entità della formazione di SP. La correlazione con la proteina tau iperfosforilata è ancor meno chiara. Per 7 dei gatti valutati per proteina tau iperfosforilata la presenza o
assenza di una modificazione comportamentale era nota; 5 di questi animali
presentavano modificazioni del comportamento e due di questi erano positivi
per la proteina tau. Questo dato va confrontato con il riscontro in uno su due
gatti senza alterazioni comportamentali.
Quindi, esistono molte analogie fra CDS e malattia di Alzheimer, ma la
prima non deve essere considerata come un modello per la seconda, dato che
esistono numerosi sottili differenze fra le due condizioni. Ad esempio, finora,
non sono stati identificati NFT nel cane o nel gatto, forse perché possiedono
isoforme di proteina tau che non possono formare PHF. In alternativa, può
darsi che queste specie non vivano di solito abbastanza a lungo con segni clinici progressivi per sviluppare NFT. Per confermare, ad esempio, se queste alterazioni siano o meno correlate soltanto con la progressione dell’età e/o la
presenza di particolari processi patologici o disordini saranno necessarie ulteriori indagini. Inoltre, l’entità delle modificazioni deve essere correlata ai segni clinici della CDS, e resta da vedere se alcune razze feline particolari possano o meno essere predisposte.
Opzioni terapeutiche della CDS
Finora, non sono state pubblicate informazioni relative al trattamento con
successo di gatti con CDS. Si possono prendere in considerazione alcune potenziali opzioni terapeutiche per estrapolazione da un lavoro effettuato con pazienti umani con malattia di Alzheimer e/o cani con CDS. Esiste un numero
crescente di possibili opzioni terapeutiche per la malattia di Alzheimer; rientrano fra queste l’uso della selegilina (per manipolare il sistema monoaminergico), vari inibitori della colinesterasi (per aumentare la disponibilità di Ach a
livello delle sinapsi neuronali) o antiossidanti (ad es., vitamina E) ed antinfiammatori non steroidei (ad es., ibuprofen) per ridurre il danno neuronale.
Nel cane è stato pubblicato un piccolo numero di studi. Questi sembrano
suggerire che dosi elevate di miscele di antiossidanti, selegilina (l-deprenyl)
ed, eventualmente, numerosi altri farmaci, siano tutti agenti dotati di potenziali benefici.
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Antiossidanti nella dieta ed arricchimento ambientale – gli antiossidanti riducono il danno ossidativo, diminuendo così la produzione di Aβ ed aumentando la funzione cognitiva. L’arricchimento ambientale porta ad un incremento
dei fattori di crescita neuronali e quindi alla crescita ed alla sopravvivenza dei
neuroni e ad un aumento della funzione cognitiva. Si ritiene che questi due fattori abbiano un’azione sinergica nel migliorare la funzione cognitiva.
Uno studio di 4 anni sull’impiego di una dieta contenente antiossidanti (ad
es., vitamina E, vitamina C, selenio, estratti di frutta e vegetali [beta carotene, altri carotenoidi, flavinoidi]), cofattori mitocondriali (acido dl-lipoico ed
l-carnitina) ed acidi grassi essenziali (acidi grassi omega-3), più arricchimento ambientale (ad es., giocattoli, compagni di canile, passeggiate e prove di
esperienza cognitiva [discriminazione di punti di riferimento, discriminazione di stranezze, apprendimento del concetto dimensionale]) ha rivelato miglioramenti rapidi (2-8 settimane di trattamento) e significativi dell’apprendimento e della memoria. È interessante notare che, mentre non si è ottenuta alcuna regressione della patologia esistente, gli antiossidanti sono parsi prevenire la deposizione di ulteriore Aβ, mentre l’arricchimento ambientale no.
Questa dieta viene oggi commercializzata come Hill’s b/d.
La selegilina (Anipryl Pfizer; 0,5-1,0 mg/kg PO ogni 24 ore) è registrata
per il trattamento dei cani con CDS negli USA. Si tratta di un inibitore selettivo ed irreversibile della MAOB, che porta ad un incremento della 2-feniletamina e, quindi, accentua gli effetti della dopamina. Il suo esatto meccanismo di azione è ancora poco chiaro. Tuttavia, può anche avere un’attività antiossidante aumentando l’effetto della SOD. Sono stati condotti numerosi studi sul suo uso nei cani in età geriatrica, alcuni dei quali ben controllati mediante placebo in doppio cieco; in altri casi si trattava di prove aperte. In questi studi, in totale più di 600 cani con CDS sono stati trattati con selegilina (o
placebo) e studiati per 1-3 mesi. Sono stati anche condotti studi di sicurezza
di durata fino a due anni. Riassumendo, fino all’80% dei cani hanno dimostrato un miglioramento dopo la somministrazione del farmaco per più di un
mese. I miglioramenti si osservano tipicamente nei cicli di sonno/veglia e nell’interazione con la famiglia. Il miglioramento clinico si può osservare in appena due settimane, ma può richiedere anche due mesi. Occasionalmente, come effetti collaterali sono stati rilevati anche dei problemi gastroenterici, nonché iperattività ed irrequietezza. È interessante notare che è stato riscontrato
un miglioramento meno marcato nei soggetti colpiti più gravemente, e che la
malattia è ancora progredita in tutti i casi.
Propentofillina (Vivitonin Intervet; 3-5 mg/kg PO ogni 8-12 ore) è registrata per il trattamento della CDS nel cane in Europa. È finalizzata ad incrementare l’apporto ematico all’encefalo, in particolare nei tessuti cerebrali,
senza accrescere la domanda di ossigeno. Si suppone anche che inibisca l’ag313
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gregazione piastrinica e la formazione di trombi. Esistono deboli prove che
possa rallentare la formazione della malattia di Alzheimer nell’uomo.
La nicergolina (Fitergol Merial; 0,25-0,5 mg/kg PO ogni 24 ore) è registrata per il trattamento della CDS nel cane in Europa. Si tratta di un agonista
α1- ed α2-adrenergico. Aumenta il flusso ematico cerebrale, ha un effetto
neuroprotettore sui neuroni ed inibisce l’aggregazione piastrinica. Può anche
aumentare l’appetito. In uno studio open-label, è stato osservato un miglioramento complessivo del 75% in 30 giorni, in confronto al placebo.
La nilidrina cloridrato (3-6 mg PO ogni 8 ore) è un agonista β-adrenergico ed agisce come vasodilatatore cerebrale. Non sono stati condotti studi sull’efficacia o la sicurezza.
L’adrafinil (20 mg/kg ogni 24 ore) può accentuare il sistema noradrenergico e quindi migliorare lo stato di vigilanza e i cicli sonno/veglia. In uno studio di un mese su beagle anziani, il farmaco ha determinato un incremento
della locomozione (senza produrre attività stereotipata) ed è stato segnalato
come causa di un aumento del comportamento esplorativo e della vigilanza.
Non sono stati condotti studi sulla sicurezza.
Altri composti per i quali sono stati ipotizzati effetti benefici sono la fosfatidilserina (che forma i principali blocchi costitutivi delle membrane cellulari e può contribuire a mantenere i livelli dei neurotrasmettitori accentuando
il rilascio di acetilcolina e dopamina), l’estratto di Ginko (che può agire mediante inibizione irreversibile della MAO ed eliminazione dei radicali liberi),
numerosi farmaci antinfiammatori, i trattamenti volti a ridurre l’ansia, come
le benzodiazepine (ad es., clonazepam o oxazepam), il buspirone, i rimedi da
erboristeria (ad es., melatonina, valeriana ed alcuni fiori di Bach) o l’applicazione del feromone DAP all’ambiente e gli antidepressivi (ad es., fluoxetina).
Trattamento dei gatti con CDS
Dato che, finora, non ci sono opzioni mediche dimostrate per i felini con
CDS, è necessario suggerire ai clienti il modo migliore con cui possono trattare questi casi. I gatti colpiti spesso diventano stressati e sopportano molto
male il cambiamento, indipendentemente dal fatto che questo riguardi il loro
ambiente, la loro routine giornaliera, la loro dieta, o i membri del nucleo familiare con cui vivono. La risposta del gatto a questo stress di solito consiste
nello smettere di mangiare, nascondersi e/o modificare le proprie abitudini di
toelettatura. Quando possibile, i cambiamenti vanno ridotti al minimo. Tuttavia, quando non è possibile evitare una modificazione, è molto importante che
questa sia pianificata accuratamente ed attuata lentamente, con molte rassicurazioni. Alcuni gatti diventano progressivamente più senili. Questi animali
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possono trarre vantaggio da una riduzione dell’area alla quale possono accedere, a condizione che la zona rimasta conservi tutte le strutture necessarie.
Questa area rimpicciolita può poi essere mantenuta sicura e costante.
Le diete arricchite con antiossidanti possono essere utili, ma nel gatto questo è ancora da dimostrare.
Finora, non sono stati condotti studi con farmaci nel gatto. Tuttavia, la selegilina è stata utilizzata per trattare i felini colpiti da altri disordini comportamentali (ad es., la tendenza a spruzzare urina), alla dose di 0,25 mg/kg PO
ogni 24 ore, ed esistono segnalazioni aneddotiche del suo impiego a questa
dose per il trattamento dei gatti con CDS (utilizzando fino a 1,0 mg/kg PO
ogni 24 ore). Sono stati anche usati numerosi altri farmaci, anche in modo
“improprio” come la propentofillina (1/4 di una compressa da 50 mg ogni 24
ore, cioè metà della dose del cane), e il nicergolene (1/4 di una compressa da
5 mg ogni 24 ore). L’applicazione del feromone Feliway all’ambiente può
contribuire a ridurre l’ansia del gatto.
Bibliografia disponibile su richiesta presso l’autore:
[email protected]
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55° Congresso Nazionale SCIVAC
MILANO, 2-4 MARZO 2007
Danièlle Gunn-Moore
Med Vet, BSc, BVM&S, PhD, ILTM, MACVSc,
MRCVS, Edinburgh, UK
Triaditis, Feline Inflammatory
Bowel Disease (IBD)
and Associated Diseases
Diarrea cronica, malattie
infiammatorie dell’intestino (IBD),
triaditi e disturbi associati
Saturday, March 3rd 2007, 2.30 p.m.
Sabato, 3 marzo 2007, ore 14.30
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INFLAMMATORY BOWEL DISEASE
Pathogenesis
• Inflammatory bowel disease (IBD) is a group of chronic idiopathic gastrointestinal tract disorders that are characterised by infiltration with inflammatory cells. The infiltration may consist of lymphocytes, plasma
cells, neutrophils, eosinophils, and/or macrophages, and the inflammation
may involve the stomach, small intestine and/or colon.
• The aetiology is probably multifactorial and appears to involve host hypersensitivity responses to antigens within the bowel lumen or mucosa.
Suspected antigens include food, bacteria, parasites, or self-antigens.
• The hypersensitivity may result from a primary, possible genetic, disorder, or arise secondary to mucosal injury incurred by a number of
different disorders including bacterial, viral, protozoal or fungal infections, bacterial overgrowth, food hypersensitivity, drug administration,
metabolic disease, neoplasia, pancreatitis, or cholangitis.
• Regardless of the initial cause of the hypersensitivity, it results in increased mucosal permeability that allows luminal antigens to cross
the mucosa, leading to inflammation and further mucosal damage.
Clinical signs
• IBD can occur in any age, sex or breed of cat. While it is most commonly
seen in middle-aged to older cats, a third of cases occur in cats of less than
2 years of age. Some purebred cats may be predisposed.
• Clinical signs include any combination of progressive weight loss,
and/or vomiting, and/or diarrhoea.
• Weight loss may result from malabsorption and/or inappetence (which
usually occurs late in the disease). Not all cases show significant enteric
signs, so some cats present with only weight loss and a variable appetite.
• Vomiting is often intermittent and may occur every few days to weeks,
often accompanied by anorexia and lethargy. Vomiting is rarely associated with feeding. It may contain froth, bile-stained fluid, and food or, occasionally, blood.
• Diarrhoea can vary in consistency from almost well formed to liquid.
Some cats may show evidence of large bowel involvement with mucus
and/or blood and increased frequency.
• Clinical signs may wax and wane, and tend to vary with the type and
severity of inflammation.
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• Physical examination is often unremarkable, but may reveal a thin cat,
palpably thickened intestines, enlarged mesenteric lymph nodes, and/or
abdominal discomfort.
• Concurrent pancreatitis and/or cholangitis may result in jaundice, a
palpably enlarged liver and/or anterior abdominal discomfort. When concurrent disease of this nature is preset the condition is termed ‘triaditis’
• When lymphangectasia is present, severe hypoproteinaemia may lead to
subcutaneous oedema and/or ascites.
Diagnosis
• Before a diagnosis of IBD can be made, all other causes of enteropathy must be ruled out. These include bacterial enteritis (Helicobacter
spp., Salmonella spp., Campylobacter spp., Clostridium perfringens, E.
coli), intestinal parasites (helminths, cestodes, protozoans [Giardia spp.,
Tritrichomonas foetus, Cryptosporidium spp.]), fungal enteritis, GI neoplasia (lymphoma, adenocarcinoma), and viral enteritis (feline leukaemia
virus, feline immunodeficiency virus, feline coronavirus, feline panleukopenia). IBD is diagnosed by documenting histopathological evidence of GI inflammation and excluding all of other causes of it.
• Baseline laboratory tests include haematology, serum biochemistry (including total T4 concentration in older cats), FeLV and FIV tests, urinalysis, faecal culture for pathogenic bacteria, and a full examination for faecal parasites.
• Performing all of these investigations can be expensive so the investigation should, where possible, be tailored to the patient, and many clinicians start with a dietary trial (see below).
• Since the investigations are being performed to rule out other causes of
enteropathy they are frequently unremarkable. However, IBD may be
associated with a number of non-specific findings:
• Haematology may reveal an inflammatory response; neutrophilia,
eosinophilia, lymphopenia or monocytosis. Microcytic anaemia may
result from chronic blood loss associated with severe IBD. Macrocytosis may result from prolonged and profound hypocobalaminaemia
(which is usually caused by severe IBD affecting the terminal ileum,
and/or severe chronic pancreatitis).
• Hyperglobulinaemia may result from chronic inflammation. Panhypoproteinaemia may be seen with severe protein-losing enteropathies.
• Increases in liver enzymes may result from associated hepatic and/or
biliary tract inflammation.
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• Non-invasive screening tests may provide additional information. These
include abdominal radiography, ultrasound examination, assessment of
serum folate and cobalamin (B12) levels, examination of faecal smears for
the presence of undigested fats or starch, fat absorption tests, breath hydrogen analysis and sugar permeability studies (where available).
• Survey radiographs tend to be unrewarding, but may reveal gas or fluid-filled loops of intestines. Barium studies may reveal flocculation or
persistent adherence of the barium to the mucosa, irregular mucosal
surfaces, or delayed transit times.
• Ultrasound examination may reveal intestinal wall irregularity or
echogenicity. It may also be used to examine the mesenteric lymph
nodes and other intra-abdominal structures.
• Serum folate and cobalamin levels may be reduced because of malabsorption and, in the case of cobalamin, severe and/or chronic pancreatic inflammation.
• Serum feline trypsin-like immunoreactivity (fTLI) and feline pancreatic lipase immunoreactivity (fPLI) may be helpful in the diagnosis of exocrine pancreatic insufficiency (EPI) and pancreatic inflammation, respectively.
• Breath hydrogen analysis and sugar permeability studies may be
used to try to demonstrate malabsorption and/or small intestinal bacterial overgrowth (SIBO)/antibiotic-responsive diarrhoea.
• A dietary trial should be performed in all except very ill patients prior to
more invasive investigation.
• Feed a single highly digestible source of protein for 2-4 weeks and see
if the clinical signs resolve.
• It is inadvisable to carry out treatment trials with antibiotics or corticosteroids prior to making a definitive diagnosis
• This delays making the correct diagnosis, and may cause complicating
intestinal bacterial overgrowth (antibiotics) or exacerbate secondary
infections (corticosteroids).
• Definitive diagnosis requires the collection of intestinal biopsies.
• Mucosal biopsies may be collected by endoscopy. Unfortunately, it is
not always possible to make a definitive diagnosis from these biopsies,
so in some cases, full-thickness biopsies must be collected via laparotomy or laparoscopy.
• IBD often causes no gross mucosal changes, but changes that may be
seen include increased granularity and friability, the presence of erythaema, ulcerations, and/or mass lesions, and poor distensibility.
• Multiple biopsies should be taken since the inflammatory infiltrates
may not be spread diffusely throughout the GI tract.
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• When performing laparotomy or laparoscopy it is advisable to collect
biopsies of the mesenteric lymph nodes, liver and, if possible, pancreas, as well as from multiple intestinal sites.
• Collection of duodenal aspirates for quantitative culture may help to
determine the bacterial load of the small intestine. Bile can also be aspirated and sent for culture.
• Gastric biopsies should always be assessed for the presence of Helicobacter spp.
• Histopathology reveals inflammatory cells infiltrating the lamina
propria, plus variable degrees of epithelial abnormality and glandular
distortion.
• Lymphocytic-plasmacytic IBD is the most common form of IBD in
the cat. It may occasionally progress to intestinal lymphoma.
• Granulomatous enterocolitis is less common, and often presents
as GI obstruction.
• Eosinophilic IBD is rare. It may be associated with eosinophilia
and/or hypereosinophilic syndrome where tissues other than the GI
tract are also affected.
• Suppurative IBD is usually associated with an infectious aetiology.
• Other forms also exist and many cats have mixed populations of inflammatory cells.
• Unfortunately, when lymphangectasia is present, severe hypoproteinaemia
may render these patients a poor anaesthetic and surgical risk. It may
therefore be necessary to make a presumptive diagnosis based on the presence of diarrhoea, panhypoproteinaemia, and lymphopenia in the absence
of finding other diseases on haematology, serum biochemistry, faecal evaluation, abdominal ultrasound examination, ± mucosal biopsies.
Differential diagnosis
• These include most of the other causes of weight loss with a good or variable appetite. However, since cats with IBD usually develop vomiting and/or
diarrhoea, other causes of enteropathy, cholangitis, pancreatitis, hyperthyroidism and the other malassimilation syndromes (including alimentary lymphoma) should be considered as important differentials.
Treatment
• The basic aims of treatment are to remove the source of antigenic stimulation and to suppress the inflammatory response within the GI tract.
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• Treatment typically involves dietary management, ± a corticosteroid e.g. prednisolone, ± metronidazole (or a different antibiotic).
• Treatment should be tailored to each patient.
• Relapses warrant critical reassessment of the case, and often require
repeated intensification of treatment, and/or the addition of more potent immunosuppressive drugs.
• The diet should contain a single highly digestible source of protein,
ideally that the cat has not eaten before.
• The diet should preferably contain few food additives, be gluten-free, lactose-free, low residue, not too high in fat, and adequately supplemented
with vitamins and minerals, especially B vitamins and potassium.
• High fibre diets may help when the large bowel is affected.
• No other foods should be fed concurrently.
• During the initial phase of treatment, when the bowel is recovering, it
may be preferable to feed either a home-cooked diet, a ‘sacrificial protein’ which the cat will then not be fed again, or protein hydrolysate
which has reduced molecular weight protein and is supposed to be less
antigenic. This should be fed for 1-2 months, after which time the cat can
then be fed a commercial ‘hypoallergenic’diet, or further protein sources
can be gradually reintroduced. If feeding homemade diets long-term,
great care should be taken to ensure that they are balanced.
• Immunosuppressive agents:
• Immunosuppressive doses of corticosteroids are usually required.
Administer prednisolone at 2-4 mg/kg q 12-24 hours PO, then taper
over 1-3 months and maintain on every other day doses, if needed.
Budesonide (1mg/cat PO q8-24h) can be used where systemic effects of
corticosteroids need to be limited.
• Other immunosuppressive agents may be considered. While they all
have potential side effects and warrant regular monitoring chlorambucil (2-5 mg/m2 PO up to once every 48h) is often very well tolerated.
Other less favourable options include cyclophosphamide (50 mg/m2
PO up to 4 times a week), cyclosporine (0.5-8.5 mg/kg every 12-24
hours, indefinitely) or, in the cases of colonic disease, sulfasalazine
(10-20 mg/kg/day PO for 7-10 days).
• Metronidazole - Its effect against anaerobic bacteria helps to reduce secondary bacterial overgrowth. It is also effective against protozoa (e.g. Giardia spp.), has positive effects on brush border enzymes levels, and is
believed to alter the immune function of the GI tract, perhaps by altering neutrophil chemotaxis and inhibiting cell-mediated immunity. Administer 7.5-15 mg/kg PO q 8-12 hours for 2-4 weeks, then taper gradually
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over 1-2 months. Some authors suggest that it is inadvisable to give very
prolonged courses because of possible carcinogenic side effects.
• Supportive therapies are often recommended. However, few have been
assessed using controlled studies in cats.
• Tylosin may be effective for its antibiotic actions as well as other, as
yet undefined, effects (5-20 mg/kg every 6-12 hours PO).
• Motility modifiers may give short term palliative relief in cases of very
watery diarrhoea (loperamide 0.04-0.2 mg/kg every 8-12 hours PO).
• Metoclopramide may be useful for its anti-emetic and prokinetic effects (0.2-0.5 mg/kg PO up to 4 times a day, being given just prior to
feeding, or as a constant IV infusion).
• Cisapride is a good prokinetic, but it is now more difficult to obtain
(0.3-1.0 mg/kg every 8-12 hours PO).
• Cobalamin and folate may be needed as they are often reduced by
malabsorption (cobalamin 125-250 ug/week SC or IM for 6-8 weeks
[50-100 ug/cat/day SQ]; folate 0.5-1.0 mg/cat/day PO for 1 month).
• Vitamin K1 is often required because fat malabsorption results in poor
absorption of fat soluble vitamins like vitamin K, and this can result in abnormal haemostasis (0.5 mg/kg/day SC for 3-4 days, then once weekly).
• Glutamine may be given as an energy source for the GI mucosal cells
(250-5000 mg/cat/day PO, indefinitely).
• Lactobacillus acidophilus may be given as a probiotic to help restore
intestinal flora (50-500 M organisms/cat/day PO until faeces return to
normal).
• Various nutritional supplements may be given for their potential antiinflammatory properties. These include vitamin E (50-200 IU/ cat/day
PO), vitamin A (1000-5000 IU/ cat/day PO), vitamin C (50-80
mg/kg/day PO), zinc (7.5 mg/ cat/day PO), and N-acetyl glucosamine
(125-1500 mg/cat/day PO).
Prognosis
• The prognosis depends on the nature and severity of the GI infiltration,
and the presence of concurrent and/or associated disease, such as pancreatitis, cholangitis. In general, the prognosis for control is reasonably good,
but the condition cannot be cured, and many cats will need treatment for
the rest of their life.
Prevention
• Since it is not known what triggers IBD to develop, it is not currently possible to prevent its onset.
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ALIMENTARY LYMPHOMA
Pathogenesis
• Lymphoma is the most common GI neoplasia of cats.
• Alimentary lymphoma can occur isolated to the intestine, or as part of
multicentric disease.
• It can occur as a focal lesion or diffuse intestinal thickening. It can arise
in the stomach, small intestines and/or colon, and involvement of the ileocolic junction is common.
• Concurrent involvement of mesenteric lymph nodes, liver and/or spleen is
not uncommon.
• The cells may be lymphocytic, lymphoblastic, of B or T cell origin or, occasionally, large granular lymphocytes or globular leukocytes.
• Lymphoblastic lymphoma is more likely than lymphocytic lymphoma to
present as an abdominal mass.
• Alimentary lymphoma may arise secondary to chronic lymphocyticplasmacytic IBD.
Clinical signs
• Typically seen in older cats of any sex or breed.
• History usually includes anorexia and weight loss, but early in the disease the appetite may be good. Vomiting and/or diarrhoea may or may
not be present. Occasional cases present with clinical signs of acute intestinal obstruction; e.g. severe vomiting and collapse.
• Some cats develop fever, ascites or jaundice, and at this stage they usually have a poor appetite.
• Physical examination typically reveals a thin cat with a palpable abdominal mass (es) and/or thickened intestines.
Diagnosis
• Haematology may reveal non-specific changes including neutrophilia and
lymphopenia. Lymphoblasts may occasionally be seen in the circulation.
Macrocytosis may result from prolonged and profound hypocobalaminaemia.
• Serum biochemistry may reveal panhypoproteinaemia and/or hyperbilirubinaemia.
• Most cats test negative for FeLV infection.
323
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• Survey radiographs may reveal gas or fluid-filled loops of intestines.
Barium studies may reveal flocculation or persistent adherence of the barium to the mucosa, irregular mucosal surfaces, luminal narrowing or intramural thickening.
• Ultrasound examination may reveal intestinal wall irregularity, thickening, or altered echogenicity, and/or enlarged mesenteric lymph nodes, liver or spleen.
• Diagnosis is made by examination of a GI tract fine needle aspirate or
biopsy, with or without biopsies from mesenteric lymph nodes and/or other abdominal organs.
• Differentiating lymphocytic alimentary lymphoma from lymphocytic-plasmacytic IBD can be very difficult.
• Determining which types of cells are involved can aid in treatment and
prognosis (see below).
Differential diagnosis
• Initially, these include most of the other causes of weight loss with a good
appetite. However, since cats with alimentary lymphoma usually develop
vomiting and/or diarrhoea, other causes of enteropathy, IBD, cholangitis,
pancreatitis, hyperthyroidism and the other malassimilation syndromes
should be considered as important differentials. Later (more severe or extensive) cases are generally inappetent, so while the differential diagnoses
may still include those listed above, other severe systemic diseases should
also be considered, including hepatic lipidosis (although cats with this disease are more likely to be fat than those with intestinal lymphoma), end stage
renal failure, severe pancreatitis, and systemic neoplasia.
Treatment
• Localised alimentary lymphoma may respond to surgical resection and
adjunct chemotherapy.
• Large masses involving the entire thickness of the bowel wall should not
be treated with chemotherapy alone as this may result in gut perforation.
• Diffuse lymphoma are best treated with combination chemotherapy.
• Lymphoblastic lymphoma and lymphoma affecting more than just the GI
tract are best treated with combinations of cyclophosphamide, vincristine
and prednisolone, ± doxorubicin, ± l-asparaginase.
• Lymphocytic lymphoma may respond more favourably to a combination
of only prednisolone (10 mg/cat/day PO) and chlorambucil (2-5 mg/m2 PO
up to once every 48h or 15 mg/m2/day for 4 days PO, every 3 weeks).
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Prognosis
• The prognosis is guarded. The best prognostic indicators are response to
therapy and the duration of the first remission.
• Response rates to chemotherapy range from 30-70%, with median remissions of 4-23 months.
• Being FeLV positive or having lymphoblastic lymphoma are negative
indicators, while having lymphocytic lymphoma is a positive indicator.
• Lymphoblastic lymphoma has a complete remission rate of 18%, and
median survival time of 2.7 months.
• Lymphocytic lymphoma has a complete remission rate 69%, median survival time 22.8 months.
Prevention
• Since it is not known what triggers lymphoma to develop, it is not currently possible to prevent its onset. However, since lymphocytic IBD has been
seen to progress to lymphoma, it would appear sensible to try to control
lymphocytic IBD as well as possible, to try to prevent its progression.
PANCREATITIS / EXOCRINE PANCREATIC INSUFFICIENCY
Pathogenesis
• Pancreatitis develops when there is activation of digestive enzymes within
the pancreas which results in some degree of auto-digestion. While there are
many possible causes of pancreatitis in cats, over 90% are idiopathic.
• In cats, the most common forms of pancreatic disease are chronic nonsuppurative (lymphocytic/plasmacytic or, occasionally, eosinophilic)
pancreatitis and suppurative (neutrophilic) pancreatitis, while acute septicaemic pancreatitis and exocrine pancreatic insufficiency (EPI) are seen
less frequently.
• It is the presence of EPI that results in weight loss with a good, often
ravenous, appetite.
• Primary EPI is uncommon in cats. However, EPI secondary to chronic, often episodic, pancreatitis is being recognised more frequently.
• In EPI the lack of pancreatic digestive enzymes leads to maldigestion and
malabsorption.
• In cats, pancreatitis is often seen in association with idiopathic inflammatory bowel disease (IBD), cholangitis complex, or both (termed
‘TRIADITIS’).
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• This association is believed to occur because, in cats, the pancreatic
duct enters the common bile duct before it opens into the duodenum.
(The accessory pancreatic duct is always small and only present in
~20% of cats).
• Cats have naturally high bacterial numbers in their proximal duodenum, so this, coupled with concurrent IBD, vomiting and their unusual
feline pancreatiticobiliary anatomy predispose to reflux of bacteria
(typically E.coli or other intestinal bacteria) and intestinal contents into the pancreatic and biliary system.
• When disease occurs in the small bowel it may therefore ascend the
common bile duct and from there affect the pancreas and the rest of the
biliary tree. For the same reason, disease of the biliary tree or pancreas
may affect the other two regions.
• Regardless of which organ is affected first, the other 2 organs tend to
become involved as inflammatory mediators, infectious agents, bile
and/or pancreatic secretions pass from one area to another.
Clinical signs
• Acute pancreatitis can occur in any sex or breed of cat, the history and
clinical signs of may be very acute or very variable and non-specific if
the cat is experiencing an acute exacerbation of chronic pancreatitis. They
usually include anorexia, depression and lethargy, with or without vomiting and/or diarrhoea, and/or possible abdominal pain. Some will show
dyspnoea associated with pleural fluid and/or pulmonary oedema (resulting from pleural and/or pulmonary inflammation secondary to circulating inflammatory mediators).
• Chronic pancreatitis can occur in any sex or breed of cat, and is typically seen in middle-aged or older cats.
• History and clinical signs of chronic pancreatitis tend to be very variable and non-specific.
• They usually include episodes of anorexia or variable appetite, with or
without vomiting and/or diarrhoea, weight loss and/or possible abdominal pain.
• Once EPI develops the cat is usually thin, has a greasy coat and produces large quantities of voluminous, fatty, foul-smelling faeces, or has severe diarrhoea.
• Cats with chronic pancreatitis may also develop episodic or persistent
diabetes mellitus (DM), which is seen as polyuria and polydipsia.
• When both EPI and DM occur concurrently the polyphagia can be profound.
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• Physical examination is often unremarkable, but may reveal anterior abdominal discomfort, a palpably irregular and enlarged pancreas, or hepatomegally associated with cholangitis complex.
Diagnosis
• Pancreatitis is very difficult to diagnose.
• Haematology and serum biochemistry may reveal non-specific changes.
• Haematology may show neutrophilia, neutropenia (associated with sequestration during acute exacerbation), monocytosis, and/or a mild
non-regenerative anaemia.
• Serum biochemistry may show hyperglobulinaemia, bilirubinaemia
and raised liver enzymes (depending on the degree of associated
cholangitis complex), and/or hypercholesterolemia, hypertriglyceridaemia, and hyperglycaemia (often associated with concurrent diabetes). Hypocalcaemia may be present in severe pancreatitis due to
peri-pancreatic fat saponification.
• Serum amylase and lipase tests are rarely useful in the diagnosis of
pancreatitis in cats, although a raised lipase level may be seen occasionally.
• With chronic pancreatitis serum cobalamin and folate levels are often
decreased.
• A number of older tests are very unreliable and are now rarely used. These
include staining faecal smears to demonstrate undigested fat (Sudan III or
IV stain) and starch (iodine stain), and fat absorption tests.
• Abdominal radiographs are usually unremarkable.
• Ultrasound examination may reveal pancreatic enlargement, irregularity, or heterogeneity, evidence of peri-pancreatic fat necrosis, enlargement
of mesenteric lymph nodes, and/or evidence of post-hepatic biliary obstruction (enlarged gall bladder, thickened bile, or tortuous common bile
duct), or the presence of ascites.
• Evaluation of serum Trypsin-Like Immunoreactivity (TLI) may be helpful.
• The species-specific assay must be performed on a fasted serum sample.
• Serum TLI may be increase with pancreatitis and decrease with EPI.
• While it consistently diagnoses EPI, it often fails to confirm pancreatitis, possibly because chronic inflammation has reduced the overall
ability of the pancreas to produce TLI.
• Evaluation of serum Pancreatic Lipase Immunoreactivity (PLI) may be
helpful.
• The species-specific assay must be performed on a fasted serum sample.
327
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• Serum PLI may be increase with pancreatitis and appears to be more
sensitive than TLI.
• A therapeutic trial with replacement pancreatic enzymes may be considered (see under treatment).
• Providing that any associated IBD and/or cholangitis complex has
been addressed, the response to treatment may be dramatic. However,
a positive response is not diagnostic of chronic pancreatitis and/or EPI.
• Pancreatic biopsy is required to confirm a diagnosis of pancreatitis.
• Because triaditis is common, it is advisable to collect liver and intestinal biopsies at the same time, and send part of the liver biopsy and a
sample of bile for culture.
Differential diagnosis
• With acute pancreatitis these include any cause of acute abdominal crisis
and/or collapse, so this list is extensive e.g. hepatic lipidosis, systemic intoxication, end stage renal failure, congestive heart failure, and systemic
neoplasia.
• With chronic pancreatitis these include most of the other causes of weight
loss with a good appetite. However, since cats with chronic pancreatitis
and EPI usually develop diarrhoea and/or vomiting, other causes of enteropathy, IBD, cholangitis, alimentary lymphoma, hyperthyroidism
and the other malassimilation syndromes should be considered as important differentials.
Treatment for acute pancreatitis
• Typically consists of iv fluids and systemic analgesia (e.g. buprenorphine 20-30 mg/kg iv q8h). Other potentially beneficial interventions include the administration of H2 blockers (e.g. ranitidine), anti emetics (e.g.
metoclopramide), systemic antibiotics, hepatic and coagulatory support
(SAMe, vitamins E and K), and tube feeding.
• Close monitoring is essential, particularly of red cell numbers (because
of increased fragility leading to haemolytic anaemia), white cell count (a
left shift may indicate bacterial infection and a degenerative left shift sepsis), electrolytes and serum biochemistry (particularly potassium, magnesium, phosphate and albumen which are all prone to fall, and so may need
to be replaced, and liver and kidney parameters which may rise if inflammation and/or metabolic changes start to involve other body systems).
328
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Treatment for chronic pancreatitis
• Replace pancreatic enzymes by adding pancreatic enzyme replacement
to food (~ half a teaspoonful of powder per meal, or to effect), or add
fresh-frozen then defrosted pig pancreas (~20-40g per meal, or to effect).
• Immunosuppression: In the non-suppurative form of pancreatitis, immunosuppressive doses of corticosteroids may be needed to reduce ongoing
inflammation (prednisolone 2-4 mg/kg q 12-24 hours PO, then taper over 13 months and maintain on every other day doses if needed). Alternately,
chlorambucil could be considered (2-5 mg/m2 PO up to once every 48h).
• Supportive therapies:
• Feed a highly digestible, ‘bland enteric diet’, which is low in fat.
Feed small meals frequently.
• Cobalamin is often reduced by lack of pancreatic intrinsic factor and
malabsorption and should be supplemented (125-250 ug/week SC or
IM for 6-8 weeks or 50-100 ug/cat/day PO).
• Vitamin K1 is often required because fat malabsorption results in poor
absorption of fat soluble vitamins like vitamin K, and this can result in abnormal haemostasis (0.5 mg/kg/day SC for 3-4 days, then once weekly).
• Vitamin E may be given for its anti-oxidative properties (50-200
IU/cat/day PO).
• Antacids may help to reduce post-prandial pain (e.g. ranitidine 3.5
mg/kg PO q12h, or famotidine 0.5-1.0 mg/kg PO q12-24h)
• Surgical intervention may be required if complete biliary obstruction
occurs (cholecystotomy or cholecystoduodenostomy), or if a focal pancreatic mass is detected (partial pancrectomy to remove a pancreatic pseudocyst, abscess, fibrotic mass, or tumour).
• DM that develops secondary to chronic pancreatitis can be very difficult
to stabilize. Insulin requirements may vary widely because of the ongoing
pancreatic pathology, and treatment is complicated further when corticosteroids also need to be given.
• It is essential to diagnose and treat any concurrent disease (e.g. IBD
and/or cholangitis complex).
Prognosis
• Prognosis depends on the severity of damage. Successful treatment of
acute pancreatitis can be very difficult, and it is not possible to determine
whether the episode of pancreatic inflammation will be a ‘one-off’ event
which is unlikely to recur, or whether it may lead on to chronic often waxing and waning disease. If affected cats survive the initial episode chron329
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ic cases may live with low-grade smouldering pancreatitis for many years.
Once EPI and/or DM has developed the prognosis is worse.
• In rare cases of congenital EPI, the prognosis is good as long as the cat
receives pancreatic supplementation.
Prevention
• Since it is not known what triggers pancreatitis to develop, it is not currently possible to prevent its onset. However, since chronic pancreatitis
can progress to EPI, it would appear sensible to try to control it as well as
possible to try to prevent its progression.
CHOLANGITIS COMPLEX
Pathogenesis
• The Cholangitis Complex (WSAVA Update Liver Standardization Group
on Feline Hepatobiliary Disease 2006) comprises lymphocytic cholangitis, neutrophilic cholangitis (which can be acute neutrophilic [suppurative] or chronic), and chronic cholangitis associated with liver fluke (not
present in the UK). (Chronic neutrophilic cholangitis has previously been
referred to as non-suppurative or lymphocytic-plasmacytic cholangitis/
cholangiohepatitis).
• In cats, the term cholangitis (inflammation of the biliary tract) is used
rather than cholangiohepatitis (inflammation of the peribiliary hepatocytes as well as the biliary tract) because the inflammation is almost always centred on the biliary ducts, with any hepatic involvement occurring as a secondary process.
• Mild lymphocytic portal hepatitis should not be over-interpreted as
it is believed to be a non- specific reactive change possibly reflecting
extra-hepatic disease or resolving hepatitis: ~80% of cats >10 years
of age have these mild changes).
• The pathogenesis and interaction of lymphocytic and neutrophilic
cholangitis is poorly understood. It is highly probably that each of these
conditions incorporates a number of different diseases, and acute neutrophilic change can progress to become chronic.
• That said, the pathogenesis of lymphocytic cholangitis is probably immune-mediated, although it may also be associated with progression of
the neutrophilic cholangitis.
• Both neutrophilic and lymphocytic forms of cholangitis are often associated with IBD and/or pancreatitis, and when all 3 areas show in330
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flammatory change this is termed “triaditis” (for the pathogenesis of
this see the section on pathogenesis of pancreatitis).
Clinical signs of neutrophilic cholangitis
• Cats of any age may be affected, but acute disease is seen most typically
in young to middle aged cats while chronic disease is seen most typically
in middle aged to older cats.
• With acute disease clinical signs are typically severe, and can occasionally be preceded by milder signs for a variable period. Chronic disease typically has a waxing and waning time course of months to years.
• Acute disease typically presents with fever, anorexia, vomiting and lethargy.
• Chronic disease typically includes periods of anorexia, vomiting and
weight loss.
• Vomiting is frequent in all types of biliary disease, possibly because inflammation of the bile ducts stimulates their rich autonomic nerve supply
and triggers the emetic centre of the brain.
• Cats with acute disease may be jaundiced, and may have abdominal
pain. Cats with chronic disease may be jaundiced, and may have hepatomegally; ascites is rare.
• Acute disease may progress to chronic disease and/or secondary hepatic
lipidosis, with hepatic encephalopathy, ascites, and bleeding tendencies.
• Systemic signs may be associated with secondary infections, typically of
the liver and/or pancreas and triaditis is common: ~80% of cases also
have concurrent IBD while ~50% have pancreatitis.
Clinical signs of lymphocytic cholangitis
• Cats of any age may be affected, but disease is seen most typically in
young to middle aged cats. Persian cats may have an increased risk.
• Clinical signs are usually very chronic and insidious in nature.
• Affected cats are typically jaundiced, but appear to be clinically well,
and are often polyphagic. Weight loss and anorexia can also be seen,
as can vomiting and/or diarrhoea.
• Cats may have a palpably enlarged liver, and mild generalized lymphadenopathy may also be present.
• Cats may show intermittent signs of systemic illness, with fever, anorexia, weight loss, and vomiting. Systemic signs are sometimes associated
with secondary infections, typically of the liver and/or pancreas.
• The disease may progress to causing chronic biliary cirrhosis with ascites,
hepatic encephalopathy, and bleeding tendencies.
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Diagnosis of neutrophilic cholangitis
• Serum biochemistry: initially, with acute disease, when the inflammation
is limited to the larger bile ducts and gall bladder, there may be little or no
changes in the total bilirubin and even the liver enzymes. More typically,
there are mild to moderate increases in ALP, GGT and bilirubin, and as
the inflammation extends into the hepatic parenchyma there will also be
increases in ALT, AST, and bile acids. Most chronic cases have raised liver enzymes (with GGT typically being proportionately higher than ALP);
~50% of cases have raised bilirubin levels or hypergammaglobulinaemia.
• Cats with concurrent chronic pancreatitis may have increased PLI levels
and/or hypocobalaminaemia.
• Haematology may reveal a mild to moderate leukocytosis. Chronic or severe disease may result in mild anaemia, lymphopenia or lymphocytosis,
monocytosis, and/or thrombocytopenia. Blood clotting times are frequently prolonged.
• Radiographs are often unhelpful. Ultrasound examination may or may
not show hepatic changes in acute disease, but with chronicity the liver
generally develops periportal hyperechogenicity. Acute disease may cause
the bile ducts to become dilated with or without signs of obstruction, while
with chronic disease the intrahepatic and extrahepatic bile ducts tend to
become tortuous and dilated. Bile ‘sludge’ may be present at any stage of
the disease, and with chronicity the gallbladder wall may become thickened, suggesting chronic cholecystitis, and cholelithiasis may occasionally develop. Associated findings may include enlarged mesenteric lymph
nodes, pancreatic irregularity, and/or thickening of the duodenal walls.
• A fine needle aspirate of the liver may reveal suppurative inflammation
as may an ultrasound guided aspirate of bile from the gall bladder (taken
through the right medial liver lobe where the gallbladder is attached to the
liver to reduce the risk of intraperitoneal leakage). Aspirates from both the
liver and bile should be sent for cytological assessment and bacterial culture (preferably aerobic and anaerobic culture).
• For histopathology see below.
Diagnosis of lymphocytic cholangitis
• Serum biochemistry often reveals mild to moderately (occasionally severely) increased liver enzymes, increased bile acids, hyperbilirubinaemia, hyperglobulinaemia, and hypoalbuminaemia.
• Haematology may reveal mild anaemia, lymphopenia or lymphocytosis,
monocytosis, and/or thrombocytopenia. Blood clotting times are frequently prolonged.
332
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• Ascitic fluid, if present, is typically high in protein.
• Ultrasound examination may show blotchy hepatic hyperechogenicity,
biliary tree distension and irregularity, ‘sludging’ of bile, a thickened gall
bladder wall (which is most typically associated with the presence of a
secondary infection), and/or evidence of common bile duct obstruction.
Associated findings may include enlarged mesenteric lymph nodes, pancreatic irregularity, and/or thickening of the duodenal walls.
• For histopathology see below.
A definitive diagnosis is made by histopathological examination of a
liver biopsy.
• A fine needle aspirate is rarely diagnostic, so a percutaneous needle
biopsy or surgical wedge biopsy is required. Blood clotting times
and/or a PIVKA test (protein induced by vitamin K absence or antagonism) should be assessed first, and a platelet count should be performed.
• Typical gross findings include a very friable or firm often irregular
liver, and a thickened and distended gallbladder and common bile
duct, which often contain inspissated bile. Enlarged mesenteric lymph
nodes, pancreatic irregularity, and/or thickening of the duodenal walls
may also be present.
• If performing an exploratory laparotomy, it is sensible to check the patency of the biliary outflow, and then collect biopsies from the mesenteric lymph nodes, small intestines and pancreas as well as liver. Send
bile and part of the liver biopsy for culture.
• Histopathology of acute neutrophilic cholangitis reveals neutrophils
within the walls and lumen of the intrahepatic ducts and surrounding
portal area, bile duct epithelial degeneration and necrosis, and the inflammation may extend through the limiting plate to involve the periportal hepatic parenchyma; intrahepatic bile ducts may be dilated but
there is usually minimal biliary hyperplasia or periportal fibrosis.
• Histopathology of chronic neutrophilic cholangitis reveals mild to severe infiltration of the portal areas by plasma cells, lymphocytes and
neutrophils, with biliary epithelial degeneration and necrosis. There
may be lymphoid aggregates in the portal areas. Inflammation is usually centred within the walls and lumen of the intrahepatic ducts and
may extend through the limiting plate to involve the periportal hepatic
parenchyma. Biliary hyperplasia, periductal (sclerosing) fibrosis and
bridging fibrosis may also be present.
• Histopathology of lymphocytic cholangitis reveals moderate to
marked infiltration of small lymphocytes restricted to the portal areas,
often associated with variable portal fibrosis and biliary proliferation.
333
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Lymphoid aggregates may be present, as may obliteration of the bile
ducts, biliary hyperplasia and fibrosis, or bridging portal fibrosis.
There may be a few portal plasma cells and/or eosinophils. Chronic
cases may develop biliary cirrhosis. It can be difficult to differentiate
between lymphocytic cholangitis and well-differentiated lymphocytic
lymphoma.
• Mild lymphocytic portal hepatitis it is characterized by the presence
of small numbers of neutrophils, lymphocytes or plasma cells in the
portal areas without evidence of cholangitis or disruption of the limiting plate or periportal necrosis).
Differential diagnosis
• With acute cholangitis these include any cause of acute abdominal crisis
and/or collapse, so this list is extensive e.g. hepatic lipidosis, ruptured viscera/septic peritonitis, systemic intoxication, end stage renal failure,
congestive heart failure, systemic neoplasia, etc.
• With chronic cases these include most of the other causes of weight loss
with a good appetite. However, since affected cats often develop vomiting
and/or diarrhoea enteropathies (including IBD), pancreatitis, and the
other malassimilation syndromes should be considered as important differentials. In cases of lymphocytic cholangitis that develop ascites, the wet
form of feline infectious peritonitis (FIP) should also be considered.
This is because both conditions produce a protein-rich ascitic fluid and
have similar biochemical and haematological changes. However, the presence of polyphagia usually differentiates the two conditions as cats with
FIP are usually anorexic.
Treatment
• Treatment is largely empirical. However, it is important to remember that
there are NO specific treatments for liver disease.
• First do no harm! This is very important with cats - remember that they
have a deficiency of glucuronyl transferase, etc
• First decide - What is the pathogenesis?
• Then decide - Is there enough liver left to survive?
At best all we can usually try to do is:
• Eliminate the cause
• Slow down progression and try to aid recover
• Treat secondary complications
• Always remember that the liver has great regenerative ability
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• Immediately post-operatively following liver biopsy.
• Depends to some extent on whether or not pancreatitis is also present
• Analgesics – Buprenorphine (10-20 _g/kg IV, SQ, PO q8h)
• IV fluids – add potassium (extra K+ is almost always needed)
• Feeding – nasogastric tube, oesophagostomy tube, gastrotomy tube, jejunostomy (J)-tube, partial parenteral nutrition (PPN), total parenteral nutrition (TPN)
• Antiemetics – especially if pancreatitis is also present
• Antibiotics
• Antibiotics, if needed (with neutrophilic cholangitis):
• Ideally as directed by culture and sensitivity of bile and/or liver samples.
• Ampicillin (10-40 mg/kg q 8 hours PO), amoxicillin/clavulinate (11-22
mg/kg q 8-12 hours PO), or cephalexin (10-35 mg/kg q 8-12 hours PO),
enrofloxacin (5 mg/kg PO q24h) - all are well concentrated in bile
• Add metronidazole for its effect against anaerobes and its immunemodulating effects (7.5-10 mg/kg every 12 hours PO). Do not use higher doses, as these can be hepatotoxic.
• In very severe cases give according to ‘4 quadrant cover’ (ie to cover
Gram positive and negative, anaerobes and aerobes – eg ampicillin,
enrofloxacin + MZL)
• May need to be given for 1-3 months
• Immunosuppressive agents (with chronic neutrophilic cholangitis and
lymphocytic cholangitis):
• Immunosuppressive doses of corticosteroids (prednisolone 1-4 mg/kg
q12-24 hours PO, then taper over 6-12 weeks to 1.0 mg/kg PO q48h)
and maintain on every other day doses if needed.
• Other immunosuppressive agents may be considered e.g. methotrexate
(0.13 mg/cat every 12 hours x 3 doses PO or a total of 0.4 mg PO ÷ into 3 over 24h; given q7-10d), chlorambucil (2-5 mg/m2 PO up to once
every 48h), or Cyclosporin A (measure serum levels, start at 2 mg/kg
PO q12h). Do not give azathioprine – it is a slow poison to cats. Care
– these drugs are all potentially hepatotoxic
• Supportive therapies (all forms of cholangitis):
• Ursodeoxycholic acid (UDCA, Destolit): Synthetic hydrophilic bile
acids that aid bile flow. It has anti-inflammatory, immuno-modulatory,
and anti-fibrotic activities, and is cytoprotective to hepatocytes. Where
complete biliary obstruction is present it should be removed before
starting treatment (10-15 mg/kg PO q24h)
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• S-Adenosylmethionine (SAMe): Nucleotide synthesized by all cells (from
methionine + ATP). It is essential for major hepatic biochemical pathways;
especially transmethylation (for gene expression and for maintaining stable
cell membranes), aminoproplyation (for cell replication and liver regeneration and repair), and transsulphuration (for the generation of the major hepatic anti-oxidant glutathione [GSH] and [in dogs] for taurine production)
GSH (+ taurine) = hepatic anti-oxidants + essential for detoxification
GSH is significantly reduced in liver disease; in >50% of dogs and
>75% of cats
Giving oral SAMe repletes GSH in the liver and the red blood cells
(The latter is very important in cats as cat red cells are extremely sensitive to oxidative damage)
In vitro and in vivo studies in humans, dogs and cats have shown that
SAMe has anti-oxidant, detoxification, cytoprotective, analgesic and
anti-inflammatory actions
SAMe is recommended for all forms of acute + chronic liver disease
It is also recommended to counter potential hepatotoxicity associated with drug administration (eg steroids, chemotherapy), and to
reduce red cell fragility (18-40 mg/kg PO q24h)
Metoclopramide (anti-emetic + pro-kinetic: 0.2-1.0 mg/kg PO, SC, q8h,
1
/2 h before food, or 1-2 mg/kg q24h as constant rate infusion)
Ranitidine (antacid: 2 mg/kg PO, slow IV, q12h) or famotidine (antacid:
0.5-1.0 mg/kg PO q24-48h
Vitamin K1 (see below – altered haemostasis)
Vitamin E - an anti-oxidant and free radical scavenger with significant
hepatoprotective properties (20-100 mg/cat PO, IM q24h)
Colchicine - an anti-fibrotic which may be used where significant fibrosis
is occurring (0.01-0.03 mg/kg PO q24h)
B12 (125-250 µg/cat SQ q7-28 days)
B1 (100 mg/cat SQ, PO q12-24h)
B-Complex (1-2 ml/l of fluids – keep out of light)
Vit C (30 mg/kg PO q24h)
L-carnitine (250-500 mg/cat PO q24h)
Taurine (250-500 mg/cat PO q24h)
Zn (7-10 mg/kg elemental Zn PO q24h)
Milk thistle, etc
Some authors suggest feeding either hypoallergenic or high fiber diets.
Altered haemostasis:
• Abnormal clotting times are seen in >80% of cats and >90% of dogs
with various forms of liver disease. This results from reduced synthesis
and increased consumption of clotting factors.
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• Vit K is required for the normal function of factors II, VII, IX + X. It comes
from the diet and is made by small intestinal microflora. However, because it is fat soluble it needs bile salts for absorption. Vit K levels are
low in 50% of cats with liver disease. This is due to inappetence (causing reduced intake), concurrent small intestinal disease (causing reduced
production) and cholestasis (resulting in reduced absorption)
• Acute treatment:
Vit K1 (0.5-1.5 mg/kg SQ, IM, q12h for 1-2 days before biopsy or surgery)
N.B. Vit K cannot help in very severe liver disease when ~ all clotting
factors may be lost
Fresh whole blood or plasma (6-10 ml/kg IV, as needed)
Heparin (50-100 iu/kg SQ q8-12h, with plasma, for disseminated intravascular coagulation)
• Chronic treatment:
Vit K1 (0.5-1.5 mg/kg PO, SQ, q7-21days (Care, excess can cause
Heinz body anaemia)
Correct cholestasis and treat small intestinal disease
• Surgery will be required where complete biliary obstruction occurs
(cholecystotomy or cholecystoduodenostomy).
• It is important to address any associated or underlying conditions, such as
IBD, pancreatitis, extrahepatic bile duct obstruction, or cholecystitis.
Prognosis
• For all forms of cholangitis the prognosis is very variable and often unpredictable. Some cases respond well and only need temporary treatment,
others require continued therapy to maintain remission, while others
progress relatively rapidly and require euthanasia. Once severe fibrosis,
cirrhosis or ascites has developed the prognosis is usually guarded.
Prevention
• Since it is not known what triggers the development of cholangitis complex, it is currently not possible to prevent its onset.
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INFIAMMAZIONE INTESTINALE
Patogenesi
• L’infiammazione intestinale (IBD, inflammatory bowel disease) è un
gruppo di disordini cronici ed idiopatici del tratto gastroenterico caratterizzati da infiltrazione da parte di cellule infiammatorie. Tale infiltrazione può essere costituita da linfociti, plasmacellule, neutrofili, eosinofili e/o macrofagi e l’infiammazione può coinvolgere lo stomaco, il piccolo
intestino e/o il colon.
• L’eziologia è probabilmente multifattoriale e sembra coinvolgere delle
risposte di ipersensibilità dell’ospite nei confronti di antigeni situati all’interno del lume intestinale o della mucosa. Fra gli antigeni sospetti rientrano alimenti, batteri, parassiti o autoantigeni.
• L’ipersensibilità può derivare da un disordine primario, eventualmente
su base genetica, oppure insorgere secondariamente ad un danno della
mucosa dovuto a numerose cause differenti quali infezioni batteriche,
virali, protozoarie o micotiche, proliferazione batterica, ipersensibilità
alimentare, somministrazione di farmaci, malattie metaboliche, neoplasie, pancreatite o colangite.
• Indipendentemente dalla causa iniziale dell’ipersensibilità, si ha un aumento della permeabilità della mucosa che permette agli antigeni
presenti nel lume di attraversarla, portando ad infiammazione ed ulteriore danneggiamento della mucosa stessa.
Segni clinici
• La IBD si può riscontrare in gatti di qualsiasi età, sesso o razza. Anche
se nella maggior parte dei casi si osserva in animali di media età o anziani, 1/3 dei casi colpisce felini con meno di due anni di vita. Alcuni gatti di
razza pura possono essere predisposti.
• I segni clinici sono rappresentati da qualsiasi combinazione di perdita di peso progressiva e/o vomito e/o diarrea.
• La perdita di peso può derivare da malassorbimento e/o inappetenza (che
di solito insorge tardivamente nel decorso della malattia). Non tutti i casi
mostrano significativi segni enterici, per cui alcuni gatti vengono portati
alla visita soltanto perché presentano perdita di peso ed appetito variabile.
• Il vomito è spesso intermittente e può comparire ad intervalli di pochi
giorni o settimane, spesso accompagnato da anoressia e letargia. È raro che
sia associato all’assunzione del cibo. Il materiale emesso può contenere
schiuma, fluidi striati di bile e cibo o, occasionalmente, sangue.
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• La diarrea può avere consistenza variabile, da feci quasi ben formate a
liquide. Alcuni gatti possono mostrare segni di coinvolgimento del grosso
intestino, con presenza di muco e/o sangue ed aumento della frequenza
delle defecazioni.
• I segni clinici possono avere un andamento altalenante e tendono a variare con il tipo e la gravità dell’infiammazione.
• L’esame clinico spesso non evidenzia nulla di particolare, ma può rivelare un gatto magro, con anse intestinali ispessite alla palpazione, ingrossamento dei linfonodi mesenterici e/o disagio addominale.
• La concomitante pancreatite e/o colangite può esitare in ittero, fegato
ingrossato alla palpazione e/o disagio nella parte anteriore dell’addome.
Quando é presente una malattia concomitante di questa natura, la condizione viene detta “triadite”.
• Negli animali con linfangectasia, la grave ipoproteinemia può portare ad
edema sottocutaneo e/o ascite.
Diagnosi
• Prima di poter formulare una diagnosi di IBD, è necessario aver escluso tutte le altre cause di enteropatia. Rientrano fra queste tutte le enteriti batteriche (Helicobacter spp., Salmonella spp., Campylobacter spp.,
Clostridium perfringens, E. coli), le parassitosi intestinali (elminti, cestodi, protozoi [Giardia spp., Tritrichomonas foetus, Cryptosporidium spp.]),
le enteriti micotiche, le neoplasie gastroenteriche (linfoma, adenocarcinoma), e le enteriti virali (virus della leucemia felina, virus dell’immunodeficienza felina, coronavirus felino, panleucopenia felina). L’IBD viene
diagnosticata documentando istopatologicamente l’esistenza di un’infiammazione gastroenterica ed escludendo tutte le altre cause della
stessa.
• Le indagini di laboratorio di base sono rappresentati da esame emocromocitometrico completo, profilo biochimico (compresa la determinazione delle concentrazioni totali di T4 nei gatti anziani) FeLV- e FIV-test,
analisi dell’urina, coprocoltura per la ricerca di batteri patogeni ed esame
completo delle feci per la diagnosi delle parassitosi.
• L’esecuzione di tutte queste indagini può essere costosa, per cui il procedimento diagnostico, quando possibile, deve essere adattato su misura al paziente e molti clinici iniziano con una dieta di prova (vedi oltre).
• Dato che vengono effettuate per escludere altre cause di enteropatia, le
indagini spesso non evidenziano nulla di particolare. Tuttavia, la IBD
può essere associata a numerosi riscontri aspecifici.
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• L’esame emocromocitometrico completo può rivelare una risposta
infiammatoria; neutrofilia, eosinofilia, linfopenia o monocitosi.
Dalla perdita ematica cronica associata alla IBD grave può derivare
un’anemia microcitica. Una macrocitosi può essere conseguente ad
una prolungata e pronunciata ipocobalaminemia (che di solito è
causata da una grave IBD a carico del tratto terminale dell’ileo e/o
da una grave pancreatite cronica).
• L’iperglobulinemia può derivare da un’infiammazione cronica. In
presenza di gravi enteropatie proteinodisperdenti si può osservare
una panipoproteinemia.
• Gli aumenti dei livelli degli enzimi epatici possono essere dovuti
ad un’associazione con un’infiammazione del fegato e/o del tratto
biliare.
• I test di screening non invasivi possono fornire ulteriori informazioni.
Rientrano fra queste indagini la radiografia addominale, l’ecografia, la determinazione dei livelli sierici di folati e cobalamina (B12), l’esame degli
strisci fecali per evidenziare la presenza di grassi o amido indigeriti, i test
di assorbimento dei grassi, l’analisi dell’idrogeno nel fiato e gli studi di
permeabilità glucidica (quando disponibili).
• Le radiografie senza mezzo di contrasto tendono a non evidenziare
nulla, ma possono rivelare anse intestinali piene di gas o di fluidi. Gli esami effettuati con mezzo di contrasto baritato possono rivelare una flocculazione o un’adesione persistente del bario alla mucosa, un’irregolarità delle superfici della mucosa stessa o un ritardo nei tempi di transito.
• L’esame ecografico può evidenziare irregolarità o ecogenicità della parete intestinale. Può anche venire utilizzato per esaminare i linfonodi
mesenterici ed altre strutture endoaddominali.
• I livelli sierici di folati e cobalamina possono essere ridotti a causa del
malassorbimento e, nel caso della cobalamina, di un’infiammazione
pancreatica grave e/o cronica.
• L’immunoreattività tripsino-simile del siero felino (fTLI, feline
trypsin-like immunoreactivity) e l’immunoreattività della lipasi pancreatica felina (fPLI, feline pancreatic lipase immunoreactivity) possono essere utili, rispettivamente, per la diagnosi dell’insufficienza del
pancreas esocrino (EPI) e dell’infiammazione pancreatica.
• L’analisi dell’idrogeno nel fiato e gli studi di permeabilità glucidica possono essere utilizzati per cercare di dimostrare il malassorbimento e/o la proliferazione batterica del tenue (SIBO, small intestinal
bacterial overgrowth)/diarrea che risponde agli antibiotici.
• In tutti i pazienti, tranne quelli molto malati, prima di procedere ad indagini più invasive si deve utilizzare una dieta di prova.
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• Alimentare l’animale con una singola fonte proteica altamente digeribile per 2-4 settimane e verificare se i segni clinici si risolvono.
• È sconsigliabile effettuare dei tentativi terapeutici con antibiotici o
corticosteroidi prima di essere giunti ad una diagnosi definitiva.
• Ciò ritarda la formulazione della diagnosi corretta e può causare una
proliferazione batterica intestinale complicante (antibiotici), oppure
esacerbare eventuali infezioni secondarie (corticosteroidi).
• La diagnosi definitiva richiede il prelievo di biopsie intestinali.
• Le biopsie della mucosa si possono ottenere mediante endoscopia. Sfortunatamente, non è sempre possibile formulare una diagnosi definitiva a
partire da questi campioni, per cui in alcuni casi è necessario effettuare dei
prelievi bioptici a tutto spessore per via laparotomica o laparoscopica.
• La IBD spesso non determina alterazioni macroscopiche della mucosa,
ma le variazioni che si possono osservare sono rappresentate ad aumento della granularità e della friabilità, presenza di eritema, ulcere e/o
masse patologiche e scarsa distensibilità.
• Si devono prelevare biopsie multiple, dato che può darsi che gli infiltrati infiammatori non siano ampiamente diffusi in tutto il tratto gastroenterico.
• Quando si effettua una laparotomia o laparoscopia è consigliabile effettuare il prelievo di biopsie da linfonodi mesenterici, fegato e, se
possibile, pancreas, nonché da molteplici siti intestinali.
• Il prelievo di aspirati duodenali per le colture quantitative può servire a
determinare il carico batterico del piccolo intestino. Si può anche effettuare il prelievo mediante aspirazione di bile da inviare agli esami colturali.
• Le biopsie gastriche devono sempre essere valutate per rilevare l’eventuale presenza di Helicobacter spp.
• L’esame istopatologico rivela cellule infiammatorie che infiltrano la
lamina propria, associate ad anomalie epiteliali di grado variabile e
distorsione ghiandolare.
• L’IBD linfoplasmocitaria è la forma più comune di infiammazione intestinale nel gatto. Occasionalmente può progredire nel linfoma intestinale.
• L’enterocolite granulomatosa è meno comune, e spesso si presenta sotto forma di un’ostruzione gastroenterica.
• L’IBD eosinofilica è rara. Può essere associata ad eosinofilia e/o
sindrome ipereosinofilica in cui sono colpiti anche tessuti diversi
dal tratto gastroenterico.
• L’IBD suppurativa è solitamente associata ad un’eziologia infettiva.
• Esistono anche altre forme e molti gatti presentano popolazioni miste di elementi infiammatori.
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• Sfortunatamente, quando è presente una linfangectasia la grave ipoproteinemia può esporre questi pazienti ad un elevato rischio anestetico e chirurgico. Può quindi essere necessario formulare un sospetto diagnostico
basato sulla presenza di diarrea, panipoproteinemia e linfopenia in assenza del riscontro di altre malattie attraverso l’esame emocromocitometrico
completo, il profilo biochimico, la valutazione delle feci, l’ecografia addominale ± le biopsie della mucosa.
Diagnosi differenziale
• Rientrano fra le possibili diagnosi differenziali la maggior parte delle alte
cause di perdita di peso, con appetito buono o variabile. Tuttavia, dal momento che i gatti con IBD di solito sviluppano vomito e/o diarrea, si devono considerare come importanti alternative le altre cause di enteropatia, la colangite, la pancreatite, l’ipertiroidismo e le altre sindromi da
malassimilazione (compreso il linfoma alimentare).
Trattamento
• Gli scopi di base del trattamento sono la rimozione dell’origine della stimolazione antigenica e la soppressione della risposta infiammatoria all’interno del tratto gastroenterico.
• Il trattamento consiste tipicamente nella modificazione della dieta
± un corticosteroide come ad es. il prednisolone ± il metronidazolo
(o un antibiotico differente).
• Il trattamento deve essere adattato su misura ad ogni singolo paziente.
• Le recidive impongono una rivalutazione critica del caso e spesso richiedono una ripetuta intensificazione del trattamento e/o l’aggiunta di
farmaci immunosoppressori più potenti.
• La dieta deve contenere una singola fonte proteica altamente digeribile; l’ideale è utilizzarne una che il gatto non abbia mai mangiato prima.
• La dieta deve preferibilmente contenere pochi additivi alimentari, essere priva di glutine e di lattosio, povera di residui, non troppo ricca di
grassi ed adeguatamente integrata con vitamine e minerali, in particolare vitamine del gruppo B e potassio.
• Quando è colpito il grosso intestino, possono essere utili le diete ad elevato tenore di fibra.
• Si deve evitare di offrire contemporaneamente alla dieta altri cibi di
qualsiasi tipo.
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• Durante la fase iniziale del trattamento, quando l’intestino è in via di
guarigione, può essere preferibile utilizzare una dieta fatta in casa,
una “proteina sacrificale” con la quale il gatto non verrà alimentato in
seguito, oppure un idrolisato proteico che è caratterizzato da una proteina di ridotto peso molecolare che viene ritenuta meno antigenica.
Questa dieta deve essere utilizzata per 1-2 mesi, dopo di che il gatto
può venire alimentato con una dieta “ipoallergica” del commercio; in
alternativa è possibile reintrodurre gradualmente ulteriori fonti proteiche. Se si ricorre alle diete fatte in casa per l’alimentazione a lungo termine degli animali, è necessario stare molto attenti a garantire che queste formulazioni siano bilanciate.
• Agenti immunosoppressori:
• Di solito è necessario impiegare corticosteroidi a dosi immunosoppressive. Si somministra prednisolone alla dose di 2-4 mg/kg ogni 1224 ore PO, da ridurre poi gradualmente nell’arco di 1-3 mesi e mantenere con dosaggi a giorni alterni, se necessario. Nei casi in cui occorre
limitare gli effetti sistemici dei corticosteroidi si può impiegare il Budesonide (1 mg/gatto PO ogni 8-24 ore).
• Si possono prendere in considerazione altri agenti immunosoppressori.
Benché siano tutti caratterizzati da potenziali effetti collaterali e richiedano un monitoraggio regolare, il clorambucile (2-5 mg/m2 PO fino ad
una volta ogni 48 ore) viene spesso tollerato molto bene. Altre opzioni
meno favorevoli sono rappresentate da ciclofosfamide (50 mg/m2 PO
fino a 4 volte alla settimana), ciclosporina (0,5-8,5 mg/kg ogni 12-24
ore, a tempo indefinito) o, nel caso di malattia del colon, la sulfasalazina (10-20 mg/kg/die PO per 7-10 giorni).
• Metronidazolo – I suoi effetti contro i batteri anaerobi contribuiscono a
ridurre la proliferazione batterica secondaria. È anche efficace nei confronti dei protozoi (e.g. Giardia spp.), è dotato di effetti positivi sui livelli
degli enzimi dell’orletto a spazzola e si ritiene che alteri la funzione immunitaria del tratto gastroenterico, forse modificando la chemiotassi dei
neutrofili ed inibendo l’immunità cellulomediata. Si somministra alla dose di 7,5-15 mg/kg PO ogni 8-12 ore per 2-4 settimane, da ridurre poi gradualmente nell’arco di 1-2 mesi. Alcuni autori suggeriscono che sia sconsigliabile utilizzarlo per cicli molto prolungati a causa di possibili effetti
collaterali cancerogeni.
• Spesso si raccomandano delle terapie di sostegno. Tuttavia, poche sono
state valutate mediante studi controllati nel gatto.
• La tilosina può essere efficace per la sua azione antibiotica nonché per
altri effetti, ancora indefiniti (5-20 mg/kg ogni 6-12 ore PO).
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• I modificatori della motilità possono offrire un sollievo palliativo a
breve termine nei casi di diarrea molto acquosa (loperamide 0,04-0,2
mg/kg ogni 8-12 ore PO).
• La metoclopramide può essere utile per i suoi effetti antiemetici e procinetici (0,2-0,5 mg/kg PO fino a 4 volte al giorno, da somministrare
subito prima dei pasti, oppure come infusione IV costante).
• La cisapride è un valido procinetico, ma oggi è più difficile da ottenere (0,3-1,0 mg/kg ogni 8-12 ore PO).
• Cobalamina e folati possono essere necessari, dato che spesso risultano ridotti dal malassorbimento (cobalamina 125-250 mg/settimana SC
o IM per 6-8 settimane [50-100 mg/gatto/die SC]; folati 0,5-1,0
mg/gatto/die PO per un mese).
• La vitamina K1 è spesso necessaria perché il malassorbimento dei
grassi esita in un cattivo assorbimento delle vitamine liposolubili come,
appunto, la vitamina K e ciò può determinare delle anomalie dell’emostasi (0,5 mg/kg/die SC per 3-4 giorni, poi una volta alla settimana).
• La glutamina può venire somministrata come fonte energetica per le
cellule della mucosa gastroenterica (250-5000 mg/gatto/die PO, a tempo indefinito).
• Lactobacillus acidophilus può venire impiegato come probiotico per
contribuire a ripristinare la flora intestinale (50-500 microrganismi/gatto/die PO fino a che le feci non tornano alla normalità).
• Vari integratori nutrizionali possono essere impiegati per le loro potenziali proprietà antinfiammatorie. Rientrano fra queste la vitamina E
(50-200 UI/gatto/die PO), la vitamina A (1000-5000 UI/gatto/die PO),
la vitamina C (50-80 mg/kg/die PO), lo zinco (7,5 mg/gatto/die PO),
e la N-acetil-glucosamina (125-1500 mg/gatto/die PO).
Prognosi
• La prognosi dipende dalla natura e dalla gravità dell’infiltrazione gastroenterica e dalla presenza di malattie concomitanti e/o associate, come
la pancreatite o la colangite. In generale, quella relativa al controllo è ragionevolmente buona, ma la condizione non può venire guarita in modo
definitivo e molti gatti necessitano di un trattamento per il resto della vita.
Prevenzione
• Dal momento che si ignora che cosa scateni lo sviluppo della IBD, al momento attuale non è possibile prevenirne l’insorgenza.
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LINFOMA ALIMENTARE
Patogenesi
• Il linfoma è la più comune neoplasia gastroenterica del gatto.
• Il linfoma alimentare si può riscontrare in forma isolata a carico dell’intestino, oppure nell’ambito di una malattia multicentrica.
• Si può osservare una lesione focale o un ispessimento intestinale diffuso, che può originare da stomaco, piccolo intestino e/o colon ed è comune
il coinvolgimento della giunzione ileocolica.
• Non è raro il concomitante interessamento di linfonodi mesenterici, fegato e/o milza.
• Le cellule possono prendere origine da linfociti, linfoblasti o elementi di
tipo B o T, oppure, occasionalmente, da grandi linfociti granulari o leucociti globulari.
• Il linfoma linfoblastico ha maggiori probabilità di quello linfocitario di
presentarsi sotto forma di una massa addominale.
• Il linfoma alimentare può insorgere secondariamente ad una IBD linfoplasmocitaria cronica.
Segni clinici
• Si osservano tipicamente nei gatti anziani di qualsiasi sesso o razza.
• L’anamnesi di solito riferisce anoressia e perdita di peso, ma nelle fasi iniziali della malattia l’appetito può essere buono. Vomito e/o diarrea possono essere presenti oppure no. Casi occasionali sono caratterizzati da segni clinici di ostruzione intestinale acuta; ad es., collasso e vomito grave.
• Alcuni gatti sviluppano febbre, ascite o ittero e in questo stadio di solito
presentano un appetito scarso.
• L’esame clinico rivela tipicamente un gatto magro con una o più masse addominali palpabili e/o anse intestinali ispessite.
Diagnosi
• L’esame emocromocitometrico completo può rivelare alterazioni aspecifiche quali neutrofilia e linfopenia. Occasionalmente si possono osservare
linfoblasti in circolo. La macrocitosi può derivare da una ipocobalaminemia prolungata e pronunciata.
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• Il profilo biochimico può evidenziare panipoproteinemia e/o iperbilirubinemia. La maggior parte dei gatti risulta negativa al test per l’infezione da
FeLV.
• Le radiografie senza mezzo di contrasto possono indicare la presenza di
anse intestinali piene di gas o di fluidi. Gli esami contrastografici con bario possono evidenziare flocculazione o adesione persistente del mezzo di
contrasto alla mucosa, superfici mucose irregolari, restringimento del lume o ispessimento intraparietale.
• L’esame ecografico può evidenziare irregolarità della parete intestinale,
ispessimento o alterazione dell’ecogenicità e/o ingrossamento di linfonodi
mesenterici, fegato o milza.
• La diagnosi viene formulata sulla base dell’esame di un campione prelevato dal tratto gastroenterico mediante aspirazione con ago sottile o
biopsia, con o senza campioni bioptici dei linfonodi mesenterici e/o di altri organi addominali.
• Differenziare il linfoma alimentare linfocitario dalla IBD linfoplasmocitaria può essere molto difficile. Ai fini del trattamento e della prognosi può
risultare utile determinare il tipo di cellule coinvolte (vedi oltre).
Diagnosi differenziale
• Inizialmente, fra le possibili diagnosi differenziali rientra la maggior parte delle altre cause di perdita di peso con buon appetito. Tuttavia, dal momento che i gatti con linfoma alimentare di solito sviluppano vomito e/o
diarrea, si devono prendere in considerazione come importanti alternative
le altre cause di enteropatie, l’IBD, la colangite, la pancreatite, l’ipertiroidismo e le altre sindromi di malassimilazione. I casi in fase più
avanzata (più gravi o estesi) sono generalmente inappetenti, per cui mentre fra le possibili diagnosi differenziali possono ancora rientrare quelle
sopraelencate, si devono anche prendere in considerazione altre gravi malattie sistemiche come la lipidosi epatica (benché i gatti colpiti da questa
malattia abbiano maggiori probabilità di essere grassi rispetto a quelli con
linfoma intestinale), l’insufficienza renale in stadio terminale, la pancreatite grave e la neoplasia sistemica.
Trattamento
• Il linfoma alimentare localizzato può rispondere alla resezione chirurgica ed alla chemioterapia aggiuntiva.
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• Le grandi masse che coinvolgono l’intero spessore della parete intestinale non vanno trattate con la sola chemioterapia, dato che ciò può esitare in una perforazione del viscere.
• Il modo migliore per trattare il linfoma diffuso è la chemioterapia combinata.
• Il linfoma linfoblastico e quello che colpisce altre sedi oltre al tratto gastroenterico vanno preferibilmente trattati con associazioni di ciclofosfamide, vincristina e prednisolone, ± doxorubicina, ± l-asparaginasi.
• Il linfoma linfocitario può rispondere più favorevolmente ad una combinazione di prednisolone soltanto (10 mg/gatto/die PO) e clorambucile (2-5 mg/m2 PO fino ad una volta ogni 48 ore o 15 mg/m2/die per 4
giorni PO, ogni 3 settimane).
Prognosi
• La prognosi è riservata. I migliori indicatori prognostici sono la risposta
alla terapia e la durata della prima remissione.
• I tassi di risposta alla chemioterapia variano dal 30-70%, con remissioni
mediane di 4-23 mesi.
• Il fatto di essere FeLV-positivi o colpiti da un linfoma linfoblastico sono indicatori negativi, mentre la presenza di un linfoma linfocitario è un
indicatore positivo.
• Il linfoma linfoblastico ha un tasso di remissione completa del 18%, ed
un tempo di sopravvivenza mediano di 2,7 mesi.
• Il linfoma linfocitario ha un tasso di remissione del 69%, con un tempo
di sopravvivenza mediano di 22,8 mesi.
Prevenzione
• Dal momento che si ignora che cosa scateni lo sviluppo del linfoma, al
momento attuale non è possibile prevenirne l’insorgenza. Tuttavia, dato
che è stato osservato che la IBD linfocitaria progredisce fino al linfoma,
sembrerebbe ragionevole cercare di controllarla il più possibile, per provare a prevenirne l’evoluzione.
PANCREATITE/INSUFFICIENZA DEL PANCREAS ESOCRINO
Patogenesi
• La pancreatite si sviluppa quando è presente un’attivazione degli enzimi digestivi all’interno del pancreas che esita in un certo grado di autodigestione.
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•
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•
•
Anche se esistono molte possibili cause di pancreatite nel gatto, in oltre il 90%
dei casi la condizione è idiopatica.
Nel gatto, le forme più comuni di malattia pancreatica sono quelle croniche
non suppurative (linfocitaria/plasmocitaria o, occasionalmente, eosinofilica)
e suppurative (neutrofile), mentre la pancreatite setticemica acuta e l’insufficienza del pancreas esocrino (EPI) si osservano meno frequentemente.
È la presenza dell’EPI che esita in perdita di peso con appetito buono,
spesso vorace.
• L’EPI primaria è poco comune nel gatto. Invece, quella secondaria
a pancreatite cronica, spesso episodica, viene riconosciuta sempre
più frequentemente.
Nella EPI, la mancanza di enzimi pancreatici digestivi porta a maldigestione e malassorbimento.
Nel gatto, la pancreatite si osserva spesso in associazione con l’infiammazione intestinale (IBD) idiopatica, il complesso della colangite o entrambi (cosiddetta “TRIADITE”)
• Si ritiene che questa associazione avvenga perché, nel gatto, il dotto
pancreatico penetra in quello biliare comune prima che si apra nel
duodeno. (Il dotto pancreatico accessorio è sempre piccolo e presente
solo nel 20% circa dei casi).
• I gatti presentano in condizioni naturali un numero elevato di batteri nel
tratto prossimale del duodeno, il che, associato a concomitante IBD,
vomito ed alla loro inusuale anatomia pancreaticobiliare felina predispone al reflusso di batteri (tipicamente E.coli o altri microrganismi enterici) e contenuto intestinale nel sistema pancreatico e biliare.
• Quando colpisce il piccolo intestino, il processo patologico può quindi
ascendere lungo il dotto biliare comune e da qui arrivare a colpire il pancreas ed il resto dell’albero biliare. Per la stessa ragione, le affezioni dell’albero biliare o del pancreas possono interessare le altre due regioni.
• Indipendentemente da quale organo venga colpito per primo, gli altri
due tendono a venire coinvolti man mano che da un’area all’altra si ha
il passaggio di mediatori dell’infiammazione, agenti infettivi e secrezioni biliari e/o pancreatiche.
Segni clinici
• La pancreatite acuta si può riscontrare in gatti di qualsiasi sesso o razza, l’anamnesi ed i segni clinici possono essere estremamente acuti oppure molto variabili ed aspecifici se nel gatto è in atto un’esacerbazione
acuta di una pancreatite cronica. Di solito sono rappresentati da anoressia,
depressione e letargia, con o senza vomito e/o diarrea e/o possibile dolo348
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re addominale. Alcuni soggetti mostrano dispnea associata alla presenza
di liquido pleurico e/o edema polmonare (che deriva da una infiammazione pleurica e/o polmonare secondaria alla presenza in circolo di mediatori dell’infiammazione).
La pancreatite cronica può colpire gatti di qualsiasi sesso o razza e si osserva tipicamente nei soggetti di media età o anziani.
L’anamnesi ed i segni clinici della pancreatite cronica tendono ad essere
molto variabili ed aspecifici.
Di solito comprendono episodi di anoressia o appetito variabile, con o senza vomito e/o diarrea, perdita di peso e/o possibile dolore addominale.
Dopo che si è sviluppata l’EPI, il gatto di solito si presenta magro e con
un mantello untuoso e produce grandi quantità di feci voluminose, steatosiche e maleodoranti, oppure è colpito da una grave diarrea.
I gatti con una grave pancreatite cronica possono anche sviluppare diabete mellito (DM) episodico o persistente, che si osserva sotto forma di
poliuria e polidipsia.
Quando sono presenti in concomitanza l’EPI ed il diabete mellito, la polifagia può essere molto pronunciata.
L’esame clinico spesso non evidenzia nulla di particolare, ma può rivelare
disagio nella parte anteriore dell’addome, pancreas irregolare ed ingrossato alla palpazione o epatomegalia associata al complesso della colangite.
Diagnosi
• La pancreatite è molto difficile da diagnosticare.
• L’esame emocromocitometrico completo e il profilo biochimico possono
rivelare alterazioni aspecifiche.
• L’esame emocromocitometrico completo può evidenziare neutrofilia,
neutropenia (associata a sequestro durante l’esacerbazione acuta), monocitosi e/o lieve anemia non rigenerativa.
• Il profilo biochimico può mostrare iperbilirubinemia, bilirubinemia ed
innalzamento dei livelli degli enzimi epatici (a seconda della gravità del
complesso colangitico associato) e/o ipercolesterolemia, ipertrigliceridemia, ed iperglicemia (che spesso si accompagna a concomitante diabete). Nelle forme gravi di pancreatite può essere presente un’ipocalcemia dovuta alla saponificazione dei grassi peripancreatici.
• I test di determinazione dei livelli sierici di amilasi e lipasi sono raramente utili nella diagnosi della pancreatite del gatto, anche se occasionalmente si può osservare un aumento dei livelli di lipasi.
• Nella pancreatite cronica, i livelli sierici di cobalamina e folati sono
spesso diminuiti.
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• Molti vecchi test sono oggi estremamente inaffidabili ed utilizzati raramente. Rientrano fra questi la colorazione degli strisci fecali per la dimostrazione della presenza di grassi indigeriti (Sudan III o IV) e di amidi (iodio) e le prove di assorbimento dei grassi.
• Le radiografie addominali di solito non evidenziano nulla di particolare.
• L’esame ecografico può rivelare un ingrossamento pancreatico con irregolarità o eterogeneità, segni di necrosi adiposa peripancreatica, ingrossamento dei linfonodi mesenterici e/o segni di ostruzione biliare postepatica
(ingrossamento della cistifellea, bile ispessita o tortuosità del dotto biliare
comune), oppure presenza di ascite.
• Può essere utile la valutazione dei livelli sierici della immunoreattività
tripsino simile (TLI).
• Si deve effettuare il test specie-specifico su un campione di siero prelevato nell’animale a digiuno.
• La TLI sierica può essere aumentata in caso di pancreatite e diminuita
in presenza di EPI.
• Mentre permette di diagnosticare costantemente la EPI, spesso non riesce a confermare la pancreatite, forse perché l’infiammazione cronica
ha ridotto la capacità complessiva del pancreas di produrre TLI.
• Può essere utile la valutazione dei livelli sierici della immunoreattività
della lipasi pancreatica (PLI).
• Si deve eseguire il test specie-specifico su un campione di siero prelevato dall’animale a digiuno.
• La PLI sierica può essere aumentata nella pancreatite e sembra essere
più sensibile della TLI.
• Si può prendere in considerazione un tentativo terapeutico con enzimi
pancreatici sostitutivi (si veda la sezione relativa al trattamento).
• A patto che siano stati trattate tutte le eventuali forme associate di IBD
e/o complesso colangitico, la risposta al trattamento può essere impressionante. Tuttavia, l’effetto positivo della terapia non ha valore diagnostico per la pancreatite cronica e/o l’EPI.
• Per la conferma della diagnosi di pancreatite è necessaria la biopsia
pancreatica.
• Dato che è comune la triadite, è consigliabile effettuare contemporaneamente il prelievo di biopsie epatiche ed intestinali, ed inviare parte
della biopsia epatica ed un campione di bile agli esami colturali.
Diagnosi differenziale
• In presenza di pancreatite acuta, le possibili diagnosi differenziali sono
rappresentate da qualsiasi causa di crisi addominale acuta e/o collasso, per
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cui si tratta di un elenco molto esteso (ad es. lipidosi epatica, intossicazione sistemica, insufficienza renale in stadio terminale, insufficienza cardiaca congestizia e neoplasia sistemica).
• Nella pancreatite cronica, le possibili diagnosi differenziali comprendono
la maggior parte delle altre cause di perdita di peso con buon appetito. Tuttavia, dal momento che i gatti con pancreatite cronica ed EPI sviluppano
di solito diarrea e/o vomito, si devono prendere in considerazione come
importanti alternative le altre cause di enteropatia, l’IBD, la colangite,
il linfoma alimentare, l’ipertiroidismo e le altre sindromi da malassimilazione.
Trattamento della pancreatite acuta
• Consiste tipicamente nella fluidoterapia endovenosa e nell’analgesia
sistemica (ad es. buprenorfina 20-30 mg/kg ogni 8h). Altri interventi potenzialmente utili sono rappresentati dalla somministrazione di bloccanti
H2 (ad es. ranitidina), antiemetici (ad es., metoclopramide), antibiotici sistemici, agenti a sostegno della funzione epatica e della coagulazione (SAMe, vitamine E e K), ed alimentazione mediante sonda.
• È essenziale uno stretto monitoraggio, in particolare del numero degli
eritrociti (a causa dell’aumentata fragilità che porta ad anemia emolitica)
e dei leucociti (uno spostamento a sinistra può indicare un’infezione batterica e uno spostamento a sinistra degenerativo una sepsi), nonché degli
elettroliti e dei valori del profilo biochimico (in particolare potassio, magnesio, fosfati ed albumina, che sono tutti predisposti ad andare incontro
ad una caduta, per cui può essere necessario rimpiazzarli, ed i parametri
epatici e renali che possono aumentare se le alterazioni infiammatorie e/o
metaboliche iniziano a coinvolgere altri apparati).
Trattamento della pancreatite cronica
• Enzimi pancreatici sostitutivi da aggiungere al cibo (circa metà di un
cucchiaino di polvere per pasto, oppure sino ad effetto), o impiego di pancreas suino fresco congelato e poi scongelato (circa 20-40 g per pasto, o
fino ad effetto).
• Immunosoppressione: Nella forma non suppurativa della pancreatite,
può essere necessario impiegare dosi immunosoppressive di corticosteroidi per ridurre l’infiammazione in atto (prednisolone 2-4 mg/kg ogni 1224 ore PO, da diminuire poi nell’arco di 1-3 mesi e mantenere a giorni alterni se necessario). In alternativa, si può prendere in considerazione il clorambucile (2-5 mg/m2 PO sino ad una volta ogni 48 ore).
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• Terapie di sostegno:
• Alimentare l’animale con una “dieta enterica leggera” altamente digeribile, che sia povera di grassi. Impiegare pasti piccoli e frequenti.
• La cobalamina è spesso ridotta dalla mancanza di fattore intrinseco
pancreatico e dal malassorbimento ed è necessaria un’integrazione
(125-250 mg/settimana SC o IM per 6-8 settimane o 50-100 mg/gatto/die PO).
• La vitamina K1 è spesso necessaria perché il malassorbimento dei lipidi esita in un cattivo assorbimento delle vitamine liposolubili come,
appunto, la K e ciò può esitare in anomalie dell’emostasi (0,5
mg/kg/die SC per 3-4 giorni, poi una volta alla settimana).
• La vitamina E può venire somministrata per le sue proprietà antiossidanti (50-200 UI/gatto/die PO).
• Gli antiacidi possono servire a ridurre il dolore postprandiale (ad es.,
ranitidina 3,5 mg/kg PO ogni 12 ore, o famotidina 0,5-1,0 mg/kg PO
ogni 12-24 ore).
• Può essere necessario un intervento chirurgico se si verifica un’ostruzione biliare completa (colecistotomia o colecistoduodenostomia), oppure
se si identifica una massa pancreatica focale (pancreatectomia parziale per
rimuovere una pseudocisti pancreatica, ascessi, masse fibrotiche o tumori).
• Il diabete mellito che si sviluppa secondariamente alla pancreatite cronica
può essere molto difficile da stabilizzare. I fabbisogni di insulina possono
variare ampiamente a causa della patologia pancreatica in atto ed il trattamento è ulteriormente complicato quando è necessario somministrare anche dei corticosteroidi
• È essenziale somministrare e trattare qualsiasi malattia concomitante (ad
es., IBD e/o complesso della colangite).
Prognosi
• La prognosi dipende dalla gravità del danno. Il successo del trattamento
della pancreatite acuta può essere molto difficile e non è possibile determinare se l’episodio di infiammazione pancreatica sarà un evento “unico”,
con scarse probabilità di recidivare, oppure se potrà portare ad una malattia cronica e spesso ad andamento altalenante. Se i gatti colpiti sopravvivono all’episodio iniziale, i casi cronici possono vivere per molti anni con
una pancretite di basso grado. Una volta che si siano sviluppati EPI e/o
diabete mellito, la prognosi peggiora.
• In rari casi di EPI congenita, la prognosi è buona fintanto che il gatto riceve un’integrazione pancreatica.
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Prevenzione
• Dal momento che si ignora che cosa scateni lo sviluppo della pancreatite,
attualmente non è possibile prevenirne l’insorgenza. Tuttavia, dal momento che la pancreatite cronica può progredire fino all’EPI, sembra ragionevole cercare di controllarla il più possibile per cercare di prevenirne l’evoluzione.
COMPLESSO DELLA COLANGITE
Patogenesi
• Il complesso della colangite (WSAVA Update Liver Standardization
Group on Feline Hepatobiliary Disease 2006) comprende la colangite linfocitaria, la colangite neutrofila (che può essere distinta in acuta [suppurativa ] o cronica) e la colangite cronica associata a distoma epatico (non
presente nel Regno Unito). La colangite neutrofila cronica è stata in precedenza indicata come colangite/colangioepatite non suppurativa o linfoplasmocitaria.
• Nel gatto si utilizza il termine di colangite (infiammazione del tratto biliare) piuttosto che quello di colangioepatite (infiammazione degli epatociti peribiliari nonché del tratto biliare) perché l’infiammazione è
quasi sempre incentrata sui dotti biliari, e ogni eventuale coinvolgimento epatico si verifica come processo secondario.
• Non si deve attribuire eccessiva importanza all’epatite portale linfocitaria lieve, dal momento che si ritiene che sia una alterazione reattiva
aspecifica capace di riflettere una malattia extraepatica o un’epatite in
via di risoluzione: l’80% circa dei gatti di età superiore ai 10 anni presenta queste lievi alterazioni.
• La patogenesi e l’interazione della colangite linfocitaria e neutrofila
sono scarsamente comprese. È altamente probabile che ognuna di queste
condizioni racchiuda un certo numero di malattie differenti e che le alterazioni neutrofile acute possano progredire fino a diventare croniche.
• Pertanto, la patogenesi della colangite linfocitaria è probabilmente immunomediata, sebbene possa anche essere associata alla progressione di
quella neutrofila.
• Sia la forma neutrofila che quella linfocitaria della colangite sono
spesso associate ad IBD e/o pancreatite e quando tutte e tre le aree mostrano alterazioni infiammatorie si utilizza il termine di “triadite” (per
la patogenesi di questa condizione si rimanda alla sezione relativa alla patogenesi della pancreatite).
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Segni clinici di colangite neutrofila
• Possono essere colpiti gatti di qualsiasi età, ma la malattia acuta si osserva più tipicamente negli animali giovani o di media età, mentre quella
cronica è più frequente in quelli di media età o anziani.
• Nella malattia acuta i segni clinici sono tipicamente gravi e possono occasionalmente essere preceduti da manifestazioni più lievi per un periodo di
tempo variabile. La malattia cronica ha tipicamente un andamento altalenante nell’arco di mesi o anni.
• La malattia acuta si presenta tipicamente con febbre, anoressia, vomito
e letargia.
• La malattia cronica comprende tipicamente periodi di anoressia, vomito
e perdita di peso.
• Il vomito è frequente in tutti i tipi di malattia biliare, forse perché l’infiammazione dei dotti biliari stimola la loro ricca innervazione autonoma
e sollecita il centro del vomito dell’encefalo.
• I gatti con malattia acuta possono essere itterici e possono presentare
dolore addominale. Quelli con malattia cronica possono essere itterici
e possono presentare epatomegalia; l’ascite è rara.
• La malattia acuta può progredire sino a quella cronica e/o alla lipidosi epatica secondaria, con encefalopatia epatica, ascite e tendenze emorragiche.
• I segni sistemici possono essere associati a infezioni secondarie, tipicamente a carico del fegato o del pancreas, ed è comune la triadite: l’80%
circa dei casi presenta anche una concomitante IBD, mentre il 50% circa
è affetto da pancreatite.
Segni clinici di colangite linfocitaria
• Possono essere colpiti gatti di qualsiasi età, ma la malattia si osserva più
tipicamente in quelli giovani o di media età. Possono essere maggiormente a rischio i persiani.
• I segni clinici sono di solito di natura molto cronica e insidiosa.
• I gatti colpiti sono tipicamente itterici, anche se sembrano stare clinicamente bene, ma spesso sono polifagici. Si possono anche osservare
perdita di peso e anoressia, nonché vomito e/o diarrea.
• I gatti possono presentare fegato ingrossato alla palpazione e può anche
essere presente una lieve linfoadenopatia generalizzata.
• I gatti possono mostrare segni intermittenti di malattia sistemica, con
febbre, anoressia, perdita di peso e vomito. Le manifestazioni sistemiche
sono talvolta associate ad infezioni secondarie, tipicamente a carico del fegato e/o del pancreas.
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• La malattia può progredire sino a causare una cirrosi biliare cronica con
ascite, encefalopatia epatica e tendenza al sanguinamento.
Diagnosi di colangite neutrofila
• Profilo biochimico: inizialmente, nella malattia acuta, quando l’infiammazione è limitata ai dotti biliari di maggior calibro ed alla cistifellea, le
alterazioni a carico dei livelli della bilirubina totale e persino degli enzimi
epatici possono essere scarse o assenti. Più tipicamente, si osservano incrementi lievi o moderati di ALP, GGT e bilirubina, e, man mano che l’infiammazione si estende al parenchima epatico, si hanno anche degli aumenti di ALT, AST, ed acidi biliari. La maggior parte dei casi cronici presenta un innalzamento degli enzimi epatici (in cui la GGT risulta tipicamente proporzionatamente più elevata dell’ALP); nel 50% circa dei casi si
osserva un aumento dei livelli di bilirubina o un’ipergammaglobulinemia.
• I gatti con pancreatite cronica concomitante possono presentare un aumento dei livelli di PLI e/o ipocobalaminemia.
• L’esame emocromocitometrico completo può rivelare una leucocitosi
lieve o moderata. La malattia cronica o grave può esitare in lieve anemia,
linfopenia o linfocitosi, monocitosi e/o trombocitopenia. Si ha frequentemente un prolungamento dei tempi della coagulazione.
• Le radiografie sono spesso inutili. L’esame ecografico può mostrare o
meno alterazioni epatiche nella malattia acuta, ma con la cronicità il fegato generalmente sviluppa una iperecogenicità periportale. La malattia acuta può determinare una dilatazione dei dotti biliari, con o senza segni di
ostruzione, mentre in quella cronica i dotti biliari intra- ed extraepatici tendono a diventare tortuosi e dilatati. In qualsiasi stadio della malattia può
essere presente un “ristagno” di bile, e con la cronicità la parete della cistifellea può diventare ispessita, suggerendo una colecistite cronica; occasionalmente si può sviluppare una colelitiasi. I riscontri associati possono
comprendere un ingrossamento dei linfonodi mesenterici, irregolarità pancreatiche e/o ispessimento delle pareti duodenali.
• Un aspirato con ago sottile del fegato può rivelare un’infiammazione
suppurativa, così come un prelievo sotto guida ecografica di bile dalla cistifellea (facendo passare l’ago attraverso il lobo epatico mediale destro,
dove la cistifellea è adesa al fegato, per ridurre il rischio di fuoriuscite intraperitoneali). Gli aspirati epatici e biliari devono essere inviati alla valutazione citologica ed alle colture batteriche (preferibilmente aerobiche ed
anaerobiche).
• Per le caratteristiche istopatologiche vedi oltre.
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Diagnosi di colangite linfocitaria
• Il profilo biochimico rivela spesso incrementi lievi o moderati (occasionalmente gravi) degli enzimi epatici, aumenti degli acidi biliari, iperbilirubinemia, iperglobulinemia ed ipoalbuminemia.
• L’esame emocromocitometrico completo può evidenziare lieve anemia,
linfopenia o linfocitosi, monocitosi e/o trombocitopenia. Spesso si ha un
prolungamento dei tempi della coagulazione.
• Il liquido ascitico, se presente, è tipicamente ricco di proteine.
• L’esame ecografico può evidenziare una iperecogenicità epatica a chiazze, distensione ed irregolarità dell’albero biliare, “ristagno” di bile, ispessimento della parete della cistifellea (che nella maggior parte dei casi è tipicamente associato alla presenza di un’infezione secondaria) e/o segni di
ostruzione del dotto biliare comune. I riscontri associati possono essere
rappresentati da ingrossamento dei linfonodi mesenterici, irregolarità pancreatiche e/o ispessimento delle pareti duodenali.
• Per le caratteristiche istopatologiche vedi oltre.
La diagnosi definitiva viene formulata sulla base dell’esame istopatologico di una biopsia epatica.
• Un aspirato con ago sottile ha raramente valore diagnostico, per cui è
necessario ricorrere ad una biopsia mediante ago per via percutanea
oppure al prelievo chirurgico di un cuneo di tessuti. Prima del prelievo è necessario valutare i tempi di coagulazione e/o effettuare il test
PIVKA (proteine indotte dall’assenza o antagonismo di vitamina K) ed
il conteggio piastrinico.
• I tipici riscontri macroscopici sono rappresentati da fegato molto friabile o duro e spesso irregolare e da ispessimento e distensione della cistifellea e del dotto biliare comune, che spesso contengono bile addensata. Possono anche essere presenti ingrossamento dei linfonodi mesenterici, irregolarità pancreatiche e/o ispessimento delle pareti duodenali.
• Se si effettua una laparotomia esplorativa, è ragionevole verificare la
pervietà del deflusso biliare e poi effettuare il prelievo di biopsie da linfonodi mesenterici, anse del tenue e pancreas, oltre che dal fegato. La
bile e parte della biopsia epatica vanno inviati agli esami colturali.
• L’esame istopatologico nella colangite neutrofila acuta rivela la presenza di neutrofili all’interno delle pareti e nel lume dei dotti intraepatici e nell’area portale circostante, nonché degenerazione epiteliale del
dotto biliare e necrosi; l’infiammazione si può estendere attraverso la
placca limitante fino a coinvolgere il parenchima epatico periportale; i
dotti biliari intraepatici possono essere dilatati, ma di solito si osserva
una fibrosi periportale o un’iperplasia biliare di minima entità.
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• L’esame istopatologico della colangite neutrofila cronica rivela un’infiltrazione lieve o grave delle aree portali da parte di plasmacellule, linfociti e neutrofili, con degenerazione e necrosi dell’epitelio biliare. Possono essere presenti aggregati linfoidi nelle aree portali. L’infiammazione è solitamente incentrata all’interno delle pareti e nel lume dei dotti intraepatici e si può estendere attraverso la placca limitante fino a coinvolgere il parenchima intraepatico periportale. Possono anche essere presenti iperplasia biliare, fibrosi periduttale (sclerosante) e fibrosi a ponte.
• L’esame istopatologico della colangite linfocitaria rivela un’infiltrazione moderata o marcata di piccoli linfociti limitata alle aree portali,
spesso associate a fibrosi portale di grado variabile e proliferazione biliare. Possono essere presenti aggregati linfoidi, così come l’obliterazione dei dotti biliari, iperplasia e fibrosi biliare o fibrosi portale a ponte. Si possono riscontrare alcune plasmacellule e/o eosinofili in sede
portale. Nei casi cronici si può sviluppare una cirrosi biliare. Può essere difficile distinguere la colangite linfocitaria dal linfoma linfocitario
ben differenziato.
• La lieve epatite portale linfocitaria è caratterizzata dalla presenza di
un piccolo numero di neutrofili, linfociti o plasmacellule nelle aree portali, senza segni di colangite o distruzione della placca limitante o necrosi periportale.
Diagnosi differenziali
• Nella colangite acuta, le possibili diagnosi differenziali sono rappresentate da qualsiasi causa di crisi addominale acuta e/o collasso, per cui l’elenco risulta molto esteso, ad es. lipidosi epatica, rottura di visceri/peritonite
settica, intossicazione sistemica, insufficienza renale in stadio terminale,
insufficienza cardiaca congestizia, neoplasia sistemica, ecc..
• Nei casi cronici, le possibili diagnosi differenziali sono rappresentate dalla maggior parte delle altre cause di perdita di peso con buon appetito. Tuttavia, dato che i gatti colpiti sviluppano spesso vomito e/o diarrea, devono
essere considerate come importanti alternative le enteropatie (compresa la
IBD), la pancreatite e le altre sindromi da malassimilazione. Nei casi di
colangite linfocitaria che sviluppano ascite, si deve tenere presente anche
la forma umida della peritonite infettiva felina (FIP). Ciò è dovuto al
fatto che entrambe le condizioni producono un liquido ascitico ricco di
proteine e sono caratterizzate da alterazioni biochimiche ed ematologiche
simili. Tuttavia, la presenza di polifagia di solito permette di distinguere le
due condizioni, dato che i gatti con FIP sono solitamente anoressici.
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Trattamento
• Il trattamento è in larga misura empirico. Tuttavia, è importante ricordare
che non esiste ALCUN trattamento specifico per le epatopatie.
• Primo non nuocere! Si tratta di un’affermazione molto importante nei
gatti – occorre ricordare che presentano una carenza di glucuroniltransferasi, ecc…
• Prima decidere – Quale è la patogenesi?
• Poi decidere – È rimasto abbastanza fegato da consentire la sopravvivenza?
Nella migliore delle ipotesi, tutto ciò che di solito possiamo cercare di fare è:
• Eliminare la causa
• Rallentare la progressione e cercare di favorire la guarigione
• Trattare le complicazioni secondarie
• Ricordare sempre che il fegato è dotato di una grande capacità di rigenerazione
• Nel periodo immediatamente post-operatorio dopo una biopsia epatica.
• La situazione dipende in una certa misura dal fatto che sia presente o
meno anche una pancreatite
• Analgesici – Buprenorfina (10-20 µg/kg IV, SC, PO ogni 8 ore)
• Fluidi IV – aggiungere potassio (è quasi sempre necessaria un’integrazione supplementare con K+)
• Alimentazione – sonda rinogastrica, da esofagostomia, da gastrostomia, da digiunostomia (sonda J), nutrizione paraenterale parziale
(PPN), nutrizione paraenterale totale (TPN)
• Antiemetici – in particolare se è anche presente una pancreatite
• Antibiotici
• Antibiotici, in caso di necessità (nella colangite neutrofila):
• L’ideale è scegliere quelli da utilizzare sulla base dei risultati degli esami colturali e degli antibiogrammi condotti su campioni di bile e/o fegato.
• Ampicillina (10-40 mg/kg ogni 8 ore PO), amossicillina/clavulanato
(11-22 mg/kg ogni 8-12 ore PO), o cefalessina (10-35 mg/kg ogni 8-12
ore PO), enrofloxacin (5 mg/kg PO ogni 24 ore) – tutti raggiungono
buone concentrazioni nella bile.
• Aggiungere metronidazolo per il suo effetto nei confronti degli anaerobi e le sue attività di immunomodulazione (7,5-10 mg/kg ogni 12 ore
PO). Non utilizzare dosi più elevate, perché queste possono essere epatotossiche.
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• Nei casi molto gravi, effettuare un trattamento capace di assicurare una
“copertura a 360°” (cioè coprire i microrganismi Gram-positivi e negativi, anaerobi ed aerobi – ad es. ampicillina, enrofloxacin + metronidazolo).
• Può essere necessario effettuare le somministrazioni per 1-3 mesi.
• Agenti immunosoppressori (nella colangite neutrofila cronica e nella
colangite linfocitaria).
• Somministrare dosi immunosoppressive di corticosteroidi (prednisolone 1-4 mg/kg ogni 12-24 ore PO, da ridurre poi nell’arco di 6-12 settimane fino a 1,0 mg/kg PO ogni 48 ore) e mantenere se necessario con
somministrazioni a giorni alterni.
• Si possono prendere in considerazione altri agenti immunosoppressori
come ad es. il metotressato (0,13 mg/gatto ogni 12 ore x 3 dosi PO o
una dose totale di 0,4 mg PO suddivisa in 3 somministrazioni nell’arco
di 24 ore; somministrare ogni 7-10 giorni), il clorambucile (2-5 mg/m2
PO fino ad una volta ogni 48 ore), o la ciclosporina A (misurare i livelli sierici, iniziare con 2 mg/kg PO ogni 12 ore). Non somministrare
azatioprina perché è un lento veleno per il gatto. Attenzione – tutti
questi farmaci sono potenzialmente epatotossici.
• Terapie di supporto (per tutte le forme di colangite):
• Acido ursodeossicolico (UDCA, Destolit): acido biliare idrofilo di sintesi che favorisce il flusso della bile. È dotato di attività antinfiammatoria immunomodulatrice ed antifibrotica ed è citoprotettore per gli epatociti. Quando è presente un’ostruzione biliare completa, bisogna rimuoverla prima di iniziare il trattamento (10-15 mg/kg PO ogni 24 ore).
• S-Adenosilmetionina (SAMe): nucleotide sintetizzato da tutte le cellule (a partire da metionina + ATP). È essenziale per le principali vie
biochimiche del fegato; in particolare per la transmetilazione (per l’espressione genica ed il mantenimento della stabilità delle membrane
cellulari), l’aminopropilazione (per la replicazione cellulare e la rigenerazione e riparazione del fegato), e la transolforazione (per la formazione del principale antiossidante epatico (il glutatione [GSH] e [nel
cane] per la produzione di taurina).
GSH (+ taurina) = antiossidante epatico + componente essenziale per
la detossificazione.
il GSH risulta significativamente ridotto nell’epatopatia; in oltre il
50% dei cani ed oltre il 75% dei gatti.
La somministrazione per via orale di SAMe assicura la replezione del
GSH nel fegato e negli eritrociti (Quest’ultima è molto importante nel
gatto dato che gli eritrociti felini sono estremamente sensibili al danno
ossidativo).
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Studi in vitro ed in vivo condotti nell’uomo nel cane e nel gatto hanno
dimostrato che la SAMe è dotata di attività antiossidante, detossificante, citoprotettrice, analgesica ed antinfiammatoria.
La SAMe viene raccomandata in tutte le forme di epatopatia acuta + cronica
Viene anche raccomandata per contrastare la potenziale epatotossicità associata alla somministrazione di farmaci (ad es., steroidi,
chemioterapia) e per ridurre la fragilità degli eritrociti (18-40
mg/kg PO ogni 24 ore)
Metoclopramide (antiemetico + procinetico: 0,2-1,0 mg/kg PO, SC, ogni
8 ore, 1/2 ora prima del cibo, o 1-2 mg/kg ogni 24 ore ad infusione a velocità costante)
Ranitidina (antiacido: 2 mg/kg PO, IV lenta, ogni 12 ore) o famotidina
(antiacido: 0,5-1,0 mg/kg PO ogni 24-48 ore)
Vitamina K1 (vedi oltre – alterazione dell’emostasi)
Vitamina E – un antiossidante ed eliminatore di radicali liberi con significative proprietà epatoprotettrici (20-100 mg/gatto PO, IM ogni 24 ore)
Colchicina – un antifibrotico che può venire utilizzato nei casi in cui si verifica una fibrosi significativa (0,01-0,03 mg/kg PO ogni 24 ore)
Vitamina B12 (125-250 µg/gatto SC ogni 7-28 giorni)
Vitamina B1 (100 mg/gatto SC, PO ogni 12-24ore)
Complesso vitaminico B – (1-2 ml/l di fluidi – tenere al riparo dalla luce)
Vitamina C (30 mg/kg PO ogni 24 ore)
L-carnitina (250-500 mg/gatto PO ogni 24 ore)
Taurina (250-500 mg/gatto PO ogni 24 ore)
Zn (7-10 mg/kg di Zn elementare PO ogni 24 ore)
Cardo mariano, ecc..
Alcuni autori suggeriscono di ricorrere all’alimentazione con diete ipoallergiche e/o ad elevato tenore di fibra.
Alterazione dell’emostasi:
• Tempi di coagulazione anomali si osservano in oltre l’80% dei gatti ed
oltre il 90% dei cani con varie forme di epatopatia. Ciò deriva da una
riduzione della sintesi ed un aumento del consumo dei fattori della coagulazione.
• La vitamina K è necessaria per il normale funzionamento dei fattori II,
VII, IX e X. Viene assunta con la dieta e viene prodotta dalla microflora
del tenue. Tuttavia, essendo liposolubile, necessita dei sali biliari per l’assorbimento. I livelli di vitamina K sono bassi nel 50% dei gatti con
epatopatia. Ciò è dovuto ad inappetenza (che causa una riduzione dell’assunzione), concomitante malattia del tenue (che provoca un calo della produzione) e colestasi (che esita in una riduzione dell’assorbimento)
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• Trattamento acuto:
Vit K1 (0,5-1,5 mg/kg SC, IM, ogni 12 ore per 1-2 giorni prima della
biopsia o dell’intervento chirurgico)
N.B. La vitamina K non può essere utile nelle epatopatie molto gravi,
quando si può essere verificata la perdita di quasi tutti i fattori della coagulazione
Sangue fresco intero o plasma (6-10 ml/kg IV, secondo necessità)
Eparina (50-100 UI/kg SC ogni 8-12 ore, con plasma, per la coagulazione intravasale disseminata)
• Trattamento cronico:
Vit K1 (0,5-1,5 mg/kg PO, SC, ogni 7-21 giorni (con cautela, l’eccesso può causare un’anemia a corpi di Heinz)
Correggere la colestasi e trattare le malattie del piccolo intestino
• Quando si verifica un’ostruzione biliare completa, è necessario un intervento chirurgico (colecistotomia, o colecistoduodenostomia).
• È importante trattare tutte le eventuali condizioni associate o sottostanti,
quali IBD, pancreatite, ostruzione del dotto biliare extraepatico o colecistite.
Prognosi
• Per tutte le forme di colangite, la prognosi è molto variabile e spesso
imprevedibile. Alcuni casi rispondono bene e necessitano soltanto di un
trattamento temporaneo, altri hanno bisogno di una terapia continua per
mantenere la remissione, mentre altri ancora progrediscono con relativa
rapidità e devono essere soppressi eutanasicamente. Una volta che si siano sviluppate gravi forme di cirrosi, fibrosi o ascite la prognosi di solito
è riservata.
Prevenzione
• Dal momento che si ignora cosa scateni lo sviluppo del complesso della
colangite, attualmente non è possibile prevenirne l’insorgenza.
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55° Congresso Nazionale SCIVAC
MILANO, 2-4 MARZO 2007
Danièlle Gunn-Moore
Med Vet, BSc, BVM&S, PhD, ILTM, MACVSc,
MRCVS, Edinburgh, UK
Jaundice in the Cat
Il gatto itterico
Saturday, March 3rd 2007, 5.45 p.m.
Sabato, 3 marzo 2007, ore 17.45
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BACKGROUND PHYSIOLOGY
• 70-80% of bilirubin is derived from the destruction of senescent red blood
cells. It is made in the liver from the reduction of the porphyrin ring that
carries the iron in the haem component of haemoglobin.
• Uncongugated bilirubin (free or direct) bilirubin is insoluble and is bound
to albumin. Decreased binding occurs with low plasma albumin, when
binding sites already occupied (e.g. by diazepam, thyroxin), or with acidosis (decreases affinity of binding). Bilirubin is conjugated (by glucuronyl transferase) in the liver which makes it water soluble so it can then
be excreted in the bile. Conjugated bilirubin can be deconjugated and released back into the circulation if the liver is unable to excrete it. This
means that the measurement of conjugated bilirubin (indicating extrahepatic disease) verses deconjugated bilirubin (indicating hepatic disease) is
of limited value except very early on in disease.
• Some of the bilirubin excreted into the duodenum is deconjugated by gut
bacteria and oxidised to form stercobilin while the rest is reabsorbed via
enterohepatic circulation.
• Cats have a relative inability to glucuronate compounds so they excrete the
majority of their bile conjugated with taurine rather than glycine.
• Jaundice (icterus) can be seen when the bilirubin is >50 umol/l. It is easier to see in the non-pigmented skin of the inner pinnae, the sclera, or soft
palate, and will be more obvious if the animal is anaemic. Once the serum
bilirubin level returns to normal it can take a few days longer for the jaundice to resolve.
CAUSES OF HYPERBILIRUBINAEMIA (JAUNDICE)
Prehepatic (haemolytic) jaundice
Results from increased production of bilirubin because of increased red cell
destruction. The haemolysis has to be intravascular and rapid to exceed
the livers ability to conjugate the bilirubin.
• Haemobartonellosis caused by haemoplasma organisms e.g. Mycoplasma
haemofelis
• Heinz body haemolysis e.g. paracetomol, lead, copper, zinc or onion poisoning
• Drug or vaccine-induced immune mediated haemolysis
• FeLV-associated immune mediated haemolysis
• Pyruvate kinase deficiency in Abyssinian and Somali cats
• Congenital feline porphyria
• Immune mediated haemolytic anaemia – rare in the cat
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• Resolving haematoma or intra-cavity haemorrhage
• Bacteraemia, septicaemia, severe systemic response to pancreatitis (hepatic compromise is also likely to be present with these conditions)
Hepatic jaundice
Decreased hepatic uptake and conjugation of bile
• Cholangiohepatitis following acute or chronic suppurative cholangitis
• Lymphocytic cholangitis
• FIP / FeLV / FIV, toxoplasmosis, bacterial sepsis e.g. Salmonella spp. etc.
• Hyperthyroidism
• Hepatic neoplasia e.g. lymphoma, epithelial neoplasia
• Drug induced e.g. benzodiazepine, tetracycline, glipizide, rifampicin, inhaled anaesthetic gases, anticonvulsants
• Hepatice lipidosis – idiopathic, or secondary to pancreatitis, inflammatory bowel disease, diabetes mellitus, drugs, anorexia, sepsis, hyperadrenocortism, etc.
• Hepatic amyloidosis especially in Siamese and Oriental breeds
• Hepatic fibrosis
• Telangectasis/peliosis
• Hepatic abscesses
Extrahepatic (posthepatic) jaundice
Decreased excretion of bilirubin
• Intrahepatic biliary compression
Hepatocyte swelling
Cholangitis
• Extrahepatic obstruction
Cholithiasis
Rupture of bile duct or gall bladder
Neoplasia
Pancreatitis
Pancreatic cysts, abscesses, fibrous or inflammatory nodules
Obstruction of sphincter of Oddie by duodenal disease
History
• Age and breed
e.g. FIP in young pedigree cats; hepatic neoplasia or hyperthyroidism in
older cats
• Health of litter mates
• Health of other cats in the household
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• Access outside (to toxins or hunting)
e.g. toxoplasmosis in hunting catsDiet
• Drug, herbal, supplement use
• Previous health
e.g. previous history of fleas since these can carry Haemoplasma spp.; recent obesity and stressful episode with hepatic lipidosis; cats with pancreatitis often have a history of intermittent or vague vomiting and weight
loss; cats with FIP or toxoplasmosis typically have polysystemic disease
(uveitis or retinal changes).
• Behavioural signs indicative of hepatic encephalopathy
e.g. irritability, seizures, stupor, disorientation, ptyalism
• History of foreign travel
Associated clinical signs
• Anorexia, weight loss, vomiting, diarrhoea with hepatic and or pancreatic/GI disease.
Presence of bile in the vomit indicates any obstruction to bile flow is not
complete.
• Pallor, weakness, collapse, tachycardia, fast respiration with anaemia or
hypoperfusion (shock)
• Evidence of external bleeding (clotting problems secondary to severe liver disease and/or loss of fat soluble clotting factors with chronic biliary
obstruction)
• Faecal colour e.g. melaena with GI haemorrhage, pale fatty faeces with
biliary obstruction
• Colour of urine e.g. port wine with haemoglobinuria
Physical examination
• Confirm jaundice
• Mucous membrane pallor associated with anaemia or ecchymosis and petechiation with bleeding problems
• Abdominal palpation
e.g. ascites (portal hypertension with hepatic fibrosis; haemorrhage with
bleeding problems, telangectasis/peliosis or hepatic amyloidosis; effusion
with hepatic or pancreatic inflammation or FIP; cranial abdominal pain
(liver, pancreasis); hepatomegaly (inflammation, neoplasia, cysts, or extramedullary haematopoiesis); splenomegaly (neoplasia [lymphoma, mastocytosis], extramedullary haematopoiesis).
• Fever
e.g. bacterial hepatopathy, FIP, toxoplasmosis, FIA, pancreatitis, immune
mediated haemolysis.
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Plan
Questions to answer:
• Is the jaundice pre-, intra- or post- hepatic?
The first test to run is a packed cell volume to determine whether the jaundice is prehepatic.
• Is there potential of exposure to potentially toxic drugs, chemical, foods?
• Is there associated encephalopathy?
• Is there associated coagulopathy?
• Are there systemic signs suggestive of FIP, toxoplasmosis, etc.?
Diagnostic Approach
• Full haematology
e.g. Haemolysis tends to be associated with a macrocytic hypochromic
anaemia, reticulocytosis, poikilocytosis, anisocytosis, macrothrombocytes
and a regenerative leukocytosis. Slide agglutination and Coombs’ tests are
positive with immune mediated haemolytic anaemia.
• Assess for infectious diseases – FIA assessment (peripheral blood smear,
PCR), FeLV antigen, FIV antibody, (then tests to FCoV and/or toxoplasmosis serology)
• Serum biochemistry – including thyroxin in cat >6 years old
Interpretation of serum liver biochemistry:
Alanine aminotransferase (ALT) + AST
• Hepatocellular injury, hypoxia, ischemia, necrosis, toxicity (e.g. hyperthyroidism), cholestasis, regeneration (ALT)
• ALT - Liver specific, half life (t/2) = 2-4 hours
• AST - Liver, heart, skeletal muscle, brain, t/2 = 2h
• ALT = specific v AST = sensitive
Alkaline phosphatise (ALP) + gamma-glutamyl transferase (GGT)
• Cholestasis
• ~ liver specific
• SAP – In cats it is not increased by steroids or phenobarbitone
t/2 = 6h v 70h in dog
Cat has ~ 1/3 amount of ALP as the dog so any increase is significant
• GGT - correlates with ALP except with hepatic lipidosis where GGT increases little, if at all
• GGT is more sensitive then ALP at detecting inflammation of the biliary
tract as it arises predominantly from the bile duct epithelium.
• In general, cats with hepatic lipidosis have greater activities of ALP than
ALT, while cats with cholangitis generally have greater ALT activities.
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• Cats with hepatic lipidosis generally have increased ALP but normal GGT.
N.B. Liver enzymes are not function tests
Liver function test include:
Bilirubin
• Any increase is abnormal
• > 50 µmol/l are liver specific (ref. <10 µmol/l)
• In the cat, any bilirubinuria is abnormal
• While no blood tests can confirm posthepatic disease it is to be suspected
when significant hyperbilirubinaemia (>170 µmol/l) is combined with minimal clinical signs
Bile acids
• >20 µmol/l = liver specific (ref. <10 µmol/l)
• Highest increases are seen in cholestasis and hepatic lipidosis
• Bile acid estimation is not reliable with hyperbilirubinaemia
Albumin – Does not fall until 80% of liver is lost, t/2 20 days
NH3 – generally but not always increased in hepatic encephalopathy
BUN - may be reduced in severe liver disease, but seen less often than in
dogs
Other findings may include:
• Increased cholesterol – especially with cholestatic disease
• Increased globulins – especially with lymphocytic cholangitis
• Increased glucose – due to stress of handling or disease, or because of
concomitant diabetes mellitis, or decreased glucose (in very severe liver
disease once gluconeogenesis is compromised)
• Clotting times (see below)
• Urinalysis – bilirubinuria is always abnormal in cats, haemoglobinuria
Posthepatic disease is likely when bilirubin but not urobilinogen is present
in the urine.
• Abdominal ultrasound examination – is one of the most useful test to
differentiate between hepatic and extrahepatic disease.
• Liver biopsy
• Fine needle aspirate
• Ultrasound-guided Tru-cut biopsy
• Wedge biopsy
Which method is chosen depends on a number of considerations:
• The need for representative samples (a fine needle aspirate is rarely diagnostic, so a percutaneous needle biopsy or surgical wedge biopsy is
usually required).
• Diffuse verses focal disease (a minimum of 15 portal triads are required to
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make a diagnosis of absence or presence of portal disease)
Whether or not extrahepatic disease is suspected from the ultrasound examination
Remember the risk of haemorrhage Abnormal clotting times are very common in animals with various types of
hepatopathy:
Cats (n=22)
82%
Dogs (n=28)
93%
Blood clotting times and/or a PIVKA test (protein induced by vitamin K
absence or antagonism) should be assessed first, and a platelet count
should be performed.
Ultrasound-guided biopsies carry the greatest risk of uncontrollable haemorrhage:
Complications – Minor 22%
– Major 6%
Bleeding is most likely to occur in patients with low platelet counts, cats
with prolonged APTT, and dogs with prolonged PT
The need to collect multiple samples increases the risk of haemorrhage
If by exploratory laparotomy: Typical gross findings include a very friable
or firm often irregular liver, and a thickened and distended gallbladder
and common bile duct, which often contain inspissated bile. Enlarged mesenteric lymph nodes, pancreatic irregularity, and/or thickening of the
duodenal walls may also be present.
If performing an exploratory laparotomy, it is sensible to check the patency
of the biliary outflow, and then collect biopsies from the mesenteric lymph
nodes, small intestines and pancreas as well as liver. Send bile and part of
the liver biopsy for culture.
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RICHIAMI FISIOLOGICI DI BASE
• Il 70-80% della bilirubina deriva dalla distruzione degli eritrociti senescenti. La bilirubina viene prodotta nel fegato attraverso la riduzione dell’anello
porfirinico che veicola il ferro nella componente eme dell’emoglobina.
• La bilirubina non coniugata (libera o diretta) è insolubile e legata all’albumina. Si verifica una diminuzione del legame in presenza di bassi livelli
plasmatici di albumina, quando i siti di legame sono già occupati (ad es.,
da diazepam, tiroxina) o in presenza di acidosi (calo dell’affinità di legame). La bilirubina viene coniugata (ad opera della glucuroniltransferasi)
nel fegato, che la rende idrosolubile, per cui può essere escreta con la bile. La bilirubina coniugata può venire deconiugata e nuovamente rilasciata in circolo se il fegato non è in grado di attuarne l’escrezione. Ciò significa che la misurazione della bilirubina coniugata (indicativa di malattia
extraepatica) in confronto a quella deconiugata (indicativa di malattia epatica) è di valore limitato, tranne che nelle fasi molto iniziali della malattia.
• Una parte della bilirubina escreta nel duodeno viene deconiugata dai batteri enterici ed ossidata alla forma di stercobilina, mentre il resto viene riassorbito attraverso il circolo enteroepatico.
• I gatti presentano una relativa incapacità di attuare la glucuronazione dei
composti, per cui effettuano l’escrezione della maggior parte della propria
bile in forma coniugata con la taurina piuttosto che con la glicina.
• L’ittero si può osservare quando la bilirubina risulta > 50 µmol/l. È più facile da vedere nella cute non pigmentata della faccia interna del padiglione auricolare, nella sclera o nel palato molle e risulta più evidente se l’animale è
anemico. Una volta che i livelli sierici di bilirubina ritornano alla normalità,
possono occorrere alcuni giorni in più per la risoluzione dell’ittero.
CAUSE DI IPERBILIRUBINEMIA (ITTERO)
Ittero preepatico (emolitico)
Deriva dall’aumentata produzione di bilirubina a causa dell’incremento
della distruzione degli eritrociti. L’emolisi deve essere intravascolare e rapida
per superare le capacità del fegato di coniugare la bilirubina.
• Emobartonellosi causata da emoplasmi, ad es. Mycoplasma haemofelis
• Emolisi a corpi di Heinz, ad es., avvelenamento da paracetamolo, piombo,
rame, zinco o cipolle.
• Emolisi immunomediata indotta da farmaci o vaccini.
• Emolisi immunomediata associata a FeLV
• Carenza di piruvatochinasi nei gatti abissini e somali
• Porfiria congenita felina
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• Anemia emolitica immunomediata – rara nel gatto
• Emorragia intracavitaria o ematoma in via di risoluzione
• Batteriemia, setticemia, grave risposta sistemica alla pancreatite (è anche probabile che in queste condizioni sia presente una compromissione epatica)
Ittero epatico
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Diminuzione della captazione epatica e coniugazione della bile
Colangioepatite dopo colangite suppurativa acuta o cronica
Colangite linfocitaria
FIP/FeLV/FIV, toxoplasmosi, sepsi batterica ad es., Salmonella spp.
Ipertiroidismo
Neoplasia epatica, ad es., linfoma, neoplasia epiteliale
Farmaco-indotta, ad es., benzodiazepine, tetracicline, glipizide, rifampicina, gas anestetici, anticonvulsivanti
Lipidosi epatica – idiopatica o secondaria a pancreatite, infiammazione intestinale, diabete mellito, farmaci, anoressia, sepsi iperadrenocorticismo ecc…
Amiloidosi epatica, specialmente nelle razze siamesi ed orientali
Fibrosi epatica
Teleangectasia/peliosi
Ascessi epatici
Ittero extraepatico (postepatico)
Ridotta escrezione della bilirubina
• Compressione biliare intraepatica
Rigonfiamento degli epatociti
Colangite
• Ostruzione extraepatica
Colelitiasi
Rottura del dotto biliare o della cistifellea
Neoplasia
Pancreatite
Cisti pancreatica, ascessi, noduli fibrosi o infiammatori
Ostruzione dello sfintere di Oddi ad opera di una malattia duodenale
Anamnesi
• Età e razza
ad es., FIP nei giovani gatti di razza pura; neoplasia epatica o ipertiroidismo nei gatti anziani
• Salute dei soggetti della stessa cucciolata
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• Salute di altri gatti del nucleo familiare
• Accesso all’esterno (per sostanze tossiche o caccia)
ad es., toxoplasmosi nei gatti che cacciano
Dieta
• Farmaci, prodotti di erboristeria, uso di integratori
• Salute precedente
ad es., precedente anamnesi di pulci, in quanto possono essere portatrici di
Haemoplasma spp.; recente obesità ed episodi stressanti in caso di lipidosi
epatica; i gatti con pancreatite hanno spesso un’anamnesi di vomito intermittente o vago e perdita di peso; i gatti con FIP o toxoplasmosi presentano tipicamente una malattia polisistemica (uveite o alterazioni retiniche).
• Segni comportamentali indicativi di encefalopatia epatica
ad es., irritabilità, crisi convulsive, stupore, disorientamento, ptialismo
• Anamnesi di viaggi all’estero
Segni clinici associati
• Anoressia, perdita di peso, vomito, diarrea con malattia epatica e/o pancreatica/gastroenterica
La presenza di bile nel vomito indica che qualsiasi ostruzione del flusso
biliare non è completa
• Pallore delle mucose, debolezza, collasso, tachicardia, respirazione rapida
con anemia o ipoperfusione (shock)
• Segni di sanguinamento esterno (problemi della coagulazione secondari a
grave epatopatia e/o perdita di fattori della coagulazione liposolubili con
ostruzione biliare cronica)
• Colore delle feci (ad es., melena con emorragia gastroenterica, feci pallide e steatosiche in caso di ostruzione biliare)
• Colore dell’urina, ad es. vino di porto nell’emoglobinuria
Esame clinico
• Confermare l’ittero
• Pallore delle mucose associato ad anemia o ecchimosi e formazioni di petecchie con problemi di sanguinamento
• Palpazione addominale
ad es., ascite (ipertensione portale con fibrosi epatica; emorragia con problemi di sanguinamento, teleangectasia/peliosi o amiloidosi epatica; versamento con infiammazione epatica o pancreatica o FIP; dolore nella parte craniale dell’addome (fegato, pancreas); epatomegalia (infiammazione,
neoplasia, cisti o emopoiesi extramidollare); splenomegalia (neoplasia
[linfoma, mastocitosi], emopoiesi extramidollare).
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• Febbre
ad es., epatopatia batterica, FIP, toxoplasmosi, FIA, pancreatite, emolisi
immunomediata
Piano di indagine
Domande da porre:
• L’ittero è pre-, intra- o postepatico?
Il primo test da eseguire è la determinazione dell’ematocrito per stabilire
se l’ittero è preepatico.
• Esiste il rischio di esposizione a potenziali sostanze tossiche come farmaci, agenti chimici o alimenti?
• È presente un’encefalopatia associata?
• È presente una coagulopatia associata?
• Ci sono segni sistemici indicativi di FIP, toxoplasmosi, ecc…?
Approccio diagnostico
• Esame emocromocitometrico completo
Ad es., l’emolisi tende ad essere associata ad anemia ipocromica macrocitica, reticolocitosi, poichilocitosi, anisocitosi, macrotrombociti e leucocitosi rigenerativa. Nell’anemia emolitica immunomediata l’agglutinazione
su vetrino ed il test di Coombs sono positivi.
• Valutazione delle malattie infettive – Valutazione della FIA (striscio di
sangue periferico, PCR), antigene di FeLV, anticorpi di FIV, (poi eseguire
i test sierologici per FCoV e/o toxoplasmosi).
• Profilo biochimico – compresa la determinazione della tiroxina nei gatti
con più di 6 anni di età.
Interpretazione dei parametri epatici del profilo biochimico:
Alanina-aminotransferasi (ALT) + AST
• Danno epatocellulare, ipossia, ischemia, necrosi, intossicazioni (ad es.
ipertiroidismo), colestasi, rigenerazione (ALT)
• ALT – Epatospecifico, emivita (t/2) = 2-4 ore
• AST – Fegato, cuore, muscolo scheletrico, encefalo, t/2 = 2 ore
• ALT = specifico - AST = sensibile
Fosfatasi alcalina (ALP) + gamma-glutamiltransferasi (GGT)
• Colestasi
• approssimativamente epatospecifico
• SAP – Nel gatto non viene aumentata da steroidi o fenobarbitone
t/2 = 6 ore contro 70 ore nel cane
Il gatto ha circa 1/3 della quantità di ALP nel cane, per cui qualsiasi aumento è significativo
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• GGT – correlata all’ALP, tranne che nella lipidosi epatica, dove la GGT
aumenta poco, se non affatto
• La GGT è più sensibile dell’ALP per identificare l’infiammazione del tratto
biliare, dato che questa origina principalmente dall’epitelio del dotto biliare
• In generale, i gatti con lipidosi epatica presentano attività di ALP più elevate di quelle dell’ALT, mentre i gatti con colangite hanno generalmente
attività superiori di ALT
• I gatti con lipidosi epatica presentano generalmente un aumento dell’ALP,
mentre la GGT è normale
N.B. Le determinazioni degli enzimi epatici non sono test di funzionalità
I test di funzionalità epatica sono rappresentati da:
Bilirubina
• Qualsiasi aumento è anormale
• > 50 µmol/l sono epatospecifiche (valore di riferimento < 10 µmol/l)
• Nel gatto, qualsiasi bilirubinuria è anormale
• Nessun esame su campioni di sangue può confermare un’affezione postepatica, che però si deve sospettare quando una significativa iperbilirubinemia (>170 µmol/l) è associata a segni clinici minimi
Acidi biliari
• > 20 µmol/l = epatospecifico (valore di riferimento < 10 µmol/l)
• I massimi incrementi si osservano nella colestasi e nella lipidosi epatica
• La stima degli acidi biliari non è affidabile in caso di iperbilirubinemia
Albumina – non diminuisce fino a che non si è avuta la perdita dell’80% del
fegato, t/2 = 20 giorni
NH3 – generalmente, ma non sempre, aumentata nell’encefalopatia epatica
Azotemia – può essere ridotta nell’epatopatia grave, ma si osserva meno frequentemente che nel cane
Altri riscontri possono essere rappresentati da:
• Aumento dei livelli di colesterolo – soprattutto nelle malattie colestatiche
• Aumento delle globuline – soprattutto nella colangite linfocitaria
• Aumento del glucosio – a causa dello stress da manipolazione o malattia,
oppure a causa di un concomitante diabete mellito o a un calo del glucosio (nelle epatopatie molto gravi una volta che la gluconeogenesi sia stata
compromessa).
• Tempi di coagulazione (vedi oltre)
• Analisi dell’urina – La bilirubinuria è sempre anormale nel gatto, emoglobinuria
È probabile una malattia postepatica, quando nell’urina è presente bilirubina, ma non urobilinogeno
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• Ecografia addominale – È uno degli esami più utili per differenziare le
malattie epatiche da quelle extraepatiche
• Biopsia epatica
• Aspirazione con ago sottile
• Biopsia sotto guida ecografica mediante Tru-cut
• Biopsia a cuneo
Il metodo da scegliere dipende da numerose considerazioni:
• La necessità di ottenere campioni rappresentativi (un aspirato con ago sottile
è raramente diagnostico, per cui di solito è necessario ricorrere ad una biopsia
percutanea mediante ago o al prelievo chirurgico di una biopsia a cuneo)
• Malattia diffusa oppure focale (per formulare una diagnosi di assenza o presenza di affezione portale sono necessarie come minimo 15 triadi portali)
• Sospetto o meno di una malattia extraepatica sulla base dell’esame ecografico
• Ricordare il rischio di emorragia
• Le anomalie dei tempi di coagulazione sono molto comuni negli animali
con vari tipi di epatopatia:
Gatto (n = 22)
82%
Cane (n = 28)
93%
Bisogna effettuare inizialmente la determinazione dei tempi di coagulazione
e/o il test PIVKA (assenza o antagonismo delle proteine indotte dalla vitamina K) e si deve eseguire il conteggio piastrinico
• Le biopsie sotto guida ecografica comportano il maggior rischio di emorragia incontrollabile:
• Complicazioni – di minore entità 22%
– di maggiore entità 6%
• Le maggiori probabilità di sanguinamento si hanno nei pazienti con basso conteggio piastrinico, nei gatti con APTT prolungato e nei cani con PT prolungato
• La necessità di prelevare molteplici campioni aumenta il rischio di emorragia
• Se il prelievo viene effettuato mediante laparotomia esplorativa: i riscontri
macroscopici sono tipicamente rappresentati da un fegato molto friabile o
duro, spesso irregolare, e da un ispessimento e distensione della cistifellea
e del dotto biliare comune, che spesso contengono bile addensata. Possono anche essere presenti ingrossamento dei linfonodi mesenterici, irregolarità pancreatiche e/o ispessimento delle parete duodenali
• Se si esegue una laparotomia esplorativa, è razionale verificare la pervietà
del deflusso biliare e poi prelevare campioni bioptici dai linfonodi mesenterici, dal piccolo intestino e dal pancreas, oltre che dal fegato. Al laboratorio si deve inviare anche la bile, come parte della biopsia epatica, per effettuare gli esami colturali.
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55° Congresso Nazionale SCIVAC
MILANO, 2-4 MARZO 2007
Danièlle Gunn-Moore
Med Vet, BSc, BVM&S, PhD, ILTM, MACVSc,
MRCVS, Edinburgh, UK
Chronic bronchopulmonary
disease in cats
Malattie broncopolmonari
nel gatto
Sunday, March 4th 2007, 2.30 p.m.
Domenica, 4 marzo 2007, ore 14.30
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Dyspnoea is a clinical sign that is seen relatively commonly in cats. It describes difficulty in breathing. This can result from a decreased ventilatory capacity, or an increased ventilatory demand. Dyspnoea can therefore result
from respiratory or non-respiratory causes.
Dyspnoea is often associated with coughing, and as a clinical sign coughing is more easily recognized by owners than dyspnoea. Many cats are presented to veterinary practice because they have a chronic cough. While these
cases can be very complex and/or protracted, undertaking their investigation
and treatment is often highly rewarding.
The first step of the investigation is to determine whether or not the cat is
actually coughing. Careful questioning of the owner should rule out retching,
gagging, or vomiting (particularly of fur balls). However, some cats will occasionally retch or vomit following a forceful bout of coughing, so the presence of a terminal retch should not be misinterpreted as evidence of gastrointestinal (GI) disease.
Why do cats cough?
Coughing results from the stimulation of cough receptors that are located
within the larynx, trachea, and bronchial tree. In cats, coughing is usually a
sign of disease affecting the LRT, particularly the larger airways. It can also
be associated with URT disease, but is rarely associated with disease of the
lung parenchyma, heart or pleural space.
In cats, most coughing is caused by irritation or inflammation of the trachea or bronchial tree. This can result from the presence of foreign material,
inhaled liquids or gases, be caused with infectious agents, allergic or hypersensitivity reactions or, occasionally, with neoplastic processes. Since there
are no cough receptors in the peripheral lung tissue, disease affecting just the
periphery of the lungs will not cause coughing, that is, until it extends into the
upper airways.
Cats, unlike dogs, rarely cough in association with heart disease, or with
disease affecting the mediastinum. This may result from a number of different
factors, including the finding that the trachea and main-stem bronchi in the
cat appear to resist compression that results in coughing much more commonly in dogs.
Coughing associated with URT disease usually results from inflammation
of the larynx. It can also occur where disease within the nose results in mucopurulent material from the caudal nasopharynx dripping down and irritating the larynx (termed ‘post-nasal drip’).
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LOCALISATION OF THE CAUSE OF DYSPNOEA
The first step in diagnosing the cause of dyspnoea is to determine if it is
due to non-respiratory causes, URT disease, LRT disease or disease affecting
the pleural space. This differentiation should be possible by taking a detailed
history and performing a thorough physical examination (Table 1). It is necessary to determine whether the dyspnoea is inspiratory or expiratory, or
whether the cat is only tachypnoeic. Inspiratory dyspnoea is usually associated with URT disease (when it is causing airway obstruction), or pleural disease (when it is preventing full lung expansion). The presence of other clinical findings may help to direct the clinician to the particular area of concern.
For instance, URT disease is typically accompanied by sneezing, nasal discharge, wheezing, snoring, snorting, facial deformity, obstructed nares, or
dysphagia, while laryngeal disease may cause a change in the cat’s voice.
When coughing is also present the dyspnoea is most likely to be of respiratory origin. Expiratory dyspnoea (i.e. difficulty breathing out) is usually a sign
of LRT disease. Tachypnoea (rapid breathing) or orthopnoea (dyspnoea
when recumbent) do not help in localising the cause of the dyspnoea. It is important to remember that many non-respiratory cause of dyspnoea will often
present mainly with tachypnoea (e.g. hyperthyroidism, metabolic acidosis,
abdominal enlargement, hyperthermia, fear, stress, pain).
The respiratory rate and pattern should be further assessed to determine
whether the dyspnoea is restrictive or obstructive. Restrictive diseases prevent the lungs from expanding properly, and therefore lead to rapid, short,
shallow breaths. Causes of restrictive respiratory patterns include pulmonary parenchymal diseases and diseases of the pleural space. Obstructive
respiratory patterns arise from narrowing of the airways, leading to slower,
deeper breathing patterns. The most common causes of airway narrowing are
chronic bronchopulmonary diseases, such as feline asthma, but an obstructive
respiratory pattern is also seen in animals with laryngeal paralysis.
Table 1 - Localisation of the cause of dyspnoea
Cause
Nature of
dyspnoea
Sneezing/
nasal discharge
Cough
Non-respiratory
Tachypnoea
N-
N-
URT
Inspiratory
Yes or N-
Yes or N-
LRT
Expiratory
N-
Yes or N-
Pleural disease
Inspiratory
N-
Very rarely
URT – upper respiratory tract disease, LRT – lower respiratory tract disease
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CAUSES OF LRT DISEASE
In cats, the most common cause of chronic coughing is chronic bronchopulmonary disease. Because of this, it may, on occasion, be tempting to
make a presumptive diagnosis, rather than undertaking a full investigation.
However, this is not to be recommended as many of the other differential diagnoses carry very different treatment options and/or prognoses. In addition, different types of chronic bronchopulmonary disease may respond better to slightly differing treatment approaches and are frequently complicated by secondary infections.
1. Chronic bronchopulmonary disease
This describes a commonly occurring yet poorly understood group of conditions that affect the airways and alveolar space. It includes ‘feline asthma’,
chronic bronchitis, chronic broncho-pneumonia, chronic obstructive pulmonary
disease (COPD), and emphysema. By definition, asthma is characterized by
airway hyper-responsiveness and reversible bronchoconstriction, while chronic bronchitis (or COPD) is characterized by airway inflammation and excessive
mucus production, and leads to irreversible narrowing of the airways. However, given current diagnostic facilities the distinction between the two disease entities is at best difficult, and often completely arbitrary. Somewhat incorrectly,
the term ‘feline asthma’ tends to be used for those cases that are found to have
a strong component of airway hypersensitivity, combined with an increased
number of eosinophils on bronchoalveolar lavage (see later). In most cases, the
exact aetiopathogenesis of the different conditions remains unclear.
The main clinical signs are coughing, wheezing, dyspnoea and respiratory distress. Clinical signs may be episodic, intermittent or persistent, and
arise because of:
• Tracheobronchial inflammation and irritation
• Excessive airway secretion
• Bronchoconstriction
Disease is seen most frequently in young to middle aged cats (2-8 years of
age), with Siamese, Burmese and other Oriental breeds being over-represented. Historically, the cats may have previously experienced cat ‘flu’, have initially shown a degree of seasonality to their disease, or had their clinical
signs exacerbated by airway irritants (smoke, temperature changes, aerosols,
dusty cat-litter, or sleeping on their owners bed – sometimes seen as ‘worse
at night’). Coughing may conclude with a terminal retch to clear mucus from
the pharynx.
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In cats with episodic signs clinical examination is often unrewarding.
However, while many asthmatic cats appear normal, thoracic auscultation
frequently reveals that the respiratory pattern has a prolonged expiratory
phase. During an episode of coughing or in cats with more protracted disease,
increased lung sounds may be heard on auscultation (typically wheezes and,
in more severe cases, crackles). In severe cases the chest may be barrelshaped, and a ‘heave line’ may be evident. Percussion may reveal hyperinflation of the chest (with resonance extending to the 12th rib), and air-trapping
can result in reduced thoracic compressibility. Palpation of the cervical trachea may trigger a severe bout of coughing, and coughing can be sufficiently
severe to cause spontaneous fractures of the caudal ribs (dorsally).
2. Pneumonia
This can be caused by various infectious agents (viruses [feline herpes virus
FHV-1, feline calicivirus FCV, cow pox virus], bacteria [Pasteurella multocida,
Bordetella bronchiseptica, Mycoplasma spp., Escherichia coli, Mycobacterium
bovis, M. microti], parasites [Toxoplasma gondii, lungworms e.g. Aelurostrongylus abstrusus]), or inhaled or circulating toxins or irritants (lipid or food aspiration, smoke inhalation, uraemia, pancreatitis, sepsis).
Bacterial pneumonia is seen most frequently in immunocompromised individuals, or in individuals with compromised lung function. Bacterial bronchopneumonia usually presents with a cough, tachypnoea, dyspnoea, nasal discharge, fever and depression. Auscultation may reveal increased lung sounds,
crackles, wheezes, and silent areas (due to pulmonary consolidation). Primary
bacterial pneumonia, with mixed and pure cultures of B. bronchiseptica may be
found in kittens of 5-10 weeks of age that have come from environments where
husbandry is poor. The latter infection can also be spread from dogs.
Primary bronchopneumonia may also result from infection with members
of the tubercle group (typically Mycobacterium microti [caught from voles
and mice] or M. bovis). These infections are seen quite regularly in the UK
and Ireland. Clinical signs are rather insidious in onset, dyspnoea is usually
more obvious than coughing, and cutaneous lesions are usually present.
Bacterial pneumonia can also arise secondary to other disorders. These
include chronic bronchopulmonary disease, the long-term presence of a foreign body, or previous damage from inhalation or aspiration. With chronic
bronchopulmonary disease secondary infection occurs most typically with
Mycoplasma spp., P. multocida, or B. bronchiseptica, and in these cats the
signs of pneumonia are often quite subtle, usually presenting as an exacerbation of an already chronic condition.
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Parasitic pneumonia: Aelurostrongylus abstrusus is probably the most
common lungworm of cats, although Capillaria aerophilia infection may also
occur. While A. abstrusus may be present in up to 20% of free-roaming cats,
it rarely causes clinical signs of disease. Clinical signs are more prevalent in
immunosuppressed cats. Cats are infected by eating infected slugs or snails
(the intermediate host), or infected rodents, lizards or birds (the transport
hosts). Affected cats may present with a chronic cough, with associated crackles and wheezes. Perhaps the most important consideration of A. abstrusus infection is its differentiation from chronic bronchopulmonary disease, particularly ‘feline asthma’. Since both conditions can result in an eosinophil-rich
bronchoalveolar lavage fluid (see later) it is advisable to treat all coughing
cats with a therapeutic course of fenbendazole (see later), prior to undertaking further investigations.
3. Neoplasia
Pulmonary neoplasia may be primary or metastatic. While primary neoplasia is rare in cats it can include adenoma, bronchoalveolar adenocarcinoma, and bronchial gland carcinoma. Affected cats are usually older (average
age 10-14 years), with clinical signs consisting of coughing, wheezing and/or
dyspnoea, depending on the location and extent of the tumour. Interestingly,
lameness may be seen in ~25% of cats with malignant lung tumours because
some of these tumours may metastasise to the digits. Since metastatic lung tumours are seen more typically within the lung parenchyma, rather than the
bronchial tree, they rarely result in coughing.
4. Foreign bodies
Foreign bodies within the trachea or bronchial tree will initially cause
acute coughing. However, if the foreign body is not removed chronic coughing and dyspnoea can result. This is often accompanied by halitosis as secondary infection develops.
5. Pulmonary oedema
In cats, most cases of pulmonary oedema result from congestive heart failure. Occasional cases of non-cardiogenic pulmonary oedema may result from
severe uraemia, pancreatitis, shock, sepsis, near-strangling, near-drowning,
electrocution, smoke-inhalation, or cranial trauma. The history and other
380
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clinical findings are likely to indicate the cause of the disease. Uncomplicated pulmonary oedema, because it is located within the lung parenchyma,
rarely causes coughing.
6. Pulmonary contusion (trauma)
Blunt trauma to the chest (road traffic accidents, ‘high-rise’ falls) can result in pulmonary contusion, haemorrhage, oedema, atelectasis, and gasfilled cyst formation. Other injuries may include fractures of ribs, sternebrae,
mandible or fore-limbs, pneumothorax or pneumomediastinum. Pulmonary
contusions rarely cause coughing unless the trauma results in tracheal damage or significant haemorrhage within the bronchi.
DIAGNOSIS OF LRT
DISEASE
Table 2 - Thoracic cavity causes of dyspnoea
•
In practice, the differentiation of
LRT disease and thoracic cavity disease (Table 2) is not always obvious.
However, it is essential to determine
which is present since the investigation and treatment is very different.
•
•
•
•
•
•
Thoracic effusions (pyothorax,
haemothorax, hydrothorax,
chylothorax)
Pneumothorax
Ruptured diaphragm
Pericardioperitoneal hernia
Mediastinal disease
Neoplasia
Pneumomediastinum
Signalment and history
Cats with respiratory compromise are often very difficult to handle. Stressful handling can result in respiratory decompensation, hysteria and death.
This is because while normal cats use less than 5% of their oxygen intake on
supplying their muscles of respiration, dyspnoeic cats can be using over 50%
of their inhaled oxygen for the same function, leaving no room for further
compensation. Severely affected cats often benefit from being placed in an
oxygen-enriched environment (oxygen box or tent) prior to being handed for
the physical examination. In all cases, it is important to collect as much background detail as possible, prior to undertaking the physical examination, as
this may give an indication of most likely differential diagnoses.
The signalment of the patient can be of help: While cats of any age, breed
or sex may develop a chronic cough; kittens from an unhygienic and crowded
environment are more likely to develop bacterial pneumonia; cats with clinically significant lung worm infections are typically young adult males that
381
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hunt and eat their prey; Siamese and Burmese middle-aged cats are over-represented in cats with chronic bronchopulmonary disease; and primary lung
tumours are seen mainly in older cats. Very young Burmese or Bengal kittens
may be seen with ‘flat chest disease’, Siamese cats of under 2 years of age appear to be predisposed to the development of FeLV-negative thymic LSA,
young pedigree cats from multi-cat households are most likely to develop FIP,
and young Persian or British Shorthaired cats are more likely to be presented with a pericardioperitoneal hernia.
From the history it is important to determine;
• what type of environment the cat lives in (or has previously lived in)
• whether or not it is allowed outside, and whether or not it hunts
• whether or not there is any history of previous illness, or trauma
• at what age did the clinical signs begin
• what was the pattern of onset of the clinical signs
• how have the clinical signs progressed
• have the clinical signs ever responded to previous treatments
• what other animals it lives with
• have any other animals from the same household been affected
This will help to determine what potential pathogens and/or irritants the
cat may have been exposed to. It is very helpful to know whether or not the
disease was acute in onset, or slowly progressive. Foreign bodies initially
cause acute disease. A cough that starts seasonally may be suggestive of ‘feline asthma’ or lungworm infection. ‘Asthmatic’ cats may cough more at night
when sleeping on their owner’s bed, or at the end of a bout of play, and their
clinical signs may be exacerbated by their owner’s smoking. Cats that go outside, hunt, or eat snails are more likely to become infected with A. abstrusus
(lungworm). A history of a road traffic accident may suggest a ruptured diaphragm, pneumothorax, or haemothorax.
Physical examination
The physical examination should always be carried out gently and thoroughly. However, in very dyspnoeic cats it may need to be interspersed with
periods of time in an oxygen chamber. Particular points to look for include:
• The character of the breathing: Generally, LRT disease is associated with
expiratory dyspnoea. Severely ‘asthmatic’ cats may have a much exaggerated expiratory effort. Disease affecting the URT or pleural cavity usually
results in inspiratory dyspnoea. An increased abdominal effort is seen in
many dyspnoeic cats. Orthopnoea (dyspnoea when recumbent), tachypnoea (rapid breathing), or open-mouthed breathing are generally associated marked respiratory compromise, as is paradoxical abdominal move382
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ment (where the thorax and abdomen move in opposite directions). However, it is important to remember that the latter two may result from nonrespiratory as well as respiratory causes of dyspnoea (e.g. cardiovascular
disease [anaemia, congestive heart failure, hypotension or polycythaemia], abdominal enlargement [ascites, organomegaly, pregnancy],
hyperthermia, metabolic acidosis [e.g. diabetic ketoacidosis], fear, anxiety, severe pain, or respiratory muscle weakness.
•
•
•
•
The respiratory rate and pattern: Disease which give rise to restrictive respiratory patterns prevent the lungs from expanding properly, and therefore
lead to rapid, short, shallow breaths, e.g. pulmonary parenchymal diseases and diseases of the pleural space. Obstructive respiratory patterns
arise from narrowing of the airways, leading to slower, deeper respiration,
e.g. chronic bronchopulmonary diseases, such as feline asthma, or with laryngeal paralysis.
The presence and character of a cough: A cough may be seen in LRT disease when the larger airways are affected. A dry harsh cough is found
most commonly associated with tracheal or bronchial irritation, while a
productive moist cough is usually associated with bronchopneumonia. The
nature of a cough in a cat with obvious URT disease may help to determine the underlying cause. If the cough is dry and harsh it is most likely
to result from ‘post-nasal drip’, where muco-pus from the caudal nasopharynx drips down and irritates the larynx and trachea. When the
cough is productive and moist it is more likely to be associated with a secondary bronchopneumonia.
The presence of tracheal sensitivity confirms inflammation of the upper
airways.
Assessment of the mucous membranes can help to assess the level of general peripheral perfusion, determine whether or not the animal is cyanotic (an indication of severe respiratory dysfunction*), assess the patient’s
level of hydration, and see whether or not the patient is septic (injected
dirty-red membranes). The presence of petechial haemorrhages may suggest a clotting disorder. *Unfortunately, since >5g/dl of deoxyhaemoglobin is needed in the blood before it can be detected by the human eye as
cyanosis, many ‘cyanotic’ anaemic cats (PCV <15%) will simply appear
as pale.
Thoracic palpation should be used to check for the presence of trauma
(bruises, pain, fractured ribs), or congenital defects (‘flat-chested’ kittens,
or kittens with sternal deformities). Thoracic palpation will also help to localise the position of the apex beat of the heart, and detect whether or not
a cardiac thrill is present. In severely ‘asthmatic’ cats the exaggerated ex383
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piratory effort may lead to a barrel-chested appearance, and enhanced
musculature (a ‘heave line’).
• Thoracic compression will be reduced in cases of extensive pleural fluid
accumulation or when an intrathoracic mass is present. It may also be reduced in COPD (or severe ‘asthma’) as a result of air trapping within the
pulmonary parenchyma. Reduced anteriour thoracic compression is seen
most commonly in cases of thymic lymphosarcoma (LSA). (Interestingly,
we now recognise that Siamese kittens of less than two years of age appear
to be predisposed to FeLV-negative thymic or anterior mediastinal LSA).
However, it is important to recognize what is normal, e.g. young kittens
have very compressible chests, while old cats have reduced compressibility because of mineralization of their costochondral cartilages.
• Thoracic percussion can help to detect the presence of fluid or soft tissue
masses within the chest (a reduction in resonance, typically ventrally), or
unusual gas accumulations (an increase in resonance, typically dorsally).
It can also be used to determine the extent of the thoracic cavity, and this
is often increased in cats with COPD because of air trapping. Thoracic
percussion is a particularly useful procedure in cats, particularly since so
many of them purr. However, it does require some practice to perfect and
care should be taken when performing percussion on cats with severe respiratory compromise as it can exacerbate clinical signs.
• Thoracic auscultation can be used to detect the presence of wheezes and
crackles, harsh or dull lung sounds, an increase or decrease in respiratory noise, to detect the extent of the respiratory field, and as part of the cardiac examination. Wheezes are high pitched musical sounds or squeaks
which result from air moving through narrowed airways, and are most
commonly heard in cats with broncho-constriction as is common in asthma. Crackles are most commonly heard at the end of inspiration and usually represent air bubbling through fluid, therefore signifying the presence
of fluid within the alveoli. Harsh crackles can result from the opening and
closing of small airways in cats with bronchial disease. Harsh lung sounds
are pronounced bronchovesicular sounds that can signify turbulent flow
within the airways. Respiratory noise may be increased in LRT disease, referred for the URT, or amplified due to the presence of air in the pleural
space. To determine which the case is it is necessary to auscultate over the
trachea to determine how much of the sound is referred. Percussion may
help to differentiate LRT disease from a pneumothorax. A decrease in respiratory noise may be associated with fluid or soft tissue within the pleural space. It is worth noting that hearing apparently normal lung sounds
in a dyspnoeic or tachypnoeic cat is not normal; it indicated that something is masking the sound.
384
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• Physical examination of cardiac function; this includes an assessment of
the heart rate and rhythm and intensity of beat, capillary refill time, mucous membrane colour, quality of peripheral pulses, position of the apex
beat, presence of a cardiac thrill, presence of jugular distension, a jugular
pulse and/or positive hepatojugular reflex, or presence of pulse deficits,
and cardiac auscultation. The presence of a cardiac thrill, jugular distension, a jugular pulse, a positive hepatojugular reflex, or abnormalities detected on cardiac auscultation warrants a more detailed cardiac examination (see later). It is worth noting that while cardiac disease in cats can
lead to either LRT disease (pulmonary oedema), or thoracic cavity disease
(pleural fluid), unlike the situation in dogs, it very rarely causes coughing.
Examination of the Cardiovascular System: Meticulous examination of the
cardiovascular system is necessary to aid in the differentiation between
respiratory and cardiac causes of dyspnoea. However, it should be emphasized that there can be severe cardiac disease without abnormalities on
cardiac auscultation; furthermore, primary respiratory disease can be accompanied by cardiac abnormalities.
The heart rate and rhythm should be evaluated. The position of the heart
may be shifted if there is collapse of lung lobes, or if there is fluid or soft
tissue within the thoracic cavity. It can therefore be useful to note whether
or not the heart is in its usual position, or if the apex beat is shifted. The
intensity of the heart sounds should be assessed. The heart sounds may be
diminished in obese animals, but can also be decreased with emphysema,
pleural or pericardial disease, or when left ventricular contractility and
cardiac output are decreased. In contrast the heart sounds are increased
in thin or fit animals, or in hyperdynamic states (such as anaemia, pyrexia or hyperthyroidism). Bradycardia is a very worrying finding as it typically results from either primary or secondary myocardial failure (the latter may be seen with sepsis, pancreatitis, FIP, neoplasia, etc.). Extra heart
sounds may be auditable (gallop sounds). These occur due to intensification of either the third or forth heart sound (or both). Gallop sounds often
indicate advanced myocardial disease or heart failure. Rapid ventricular
filling generates the third heart sound, the intensity is determined by the
speed at which early ventricular filling occurs. An accentuated third heart
sound is commonly associated with restrictive myocardial disease, or diastolic ventricular overfilling. The forth heart sound is produced by atrial
systole, and is therefore attenuated in conditions in which there is impaired
ventricular relaxation, such a hypertension, hypertrophic cardiomyopathy
(HCM) or hyperthyroidism. If both the third and forth heart sounds are audible, a summation gallop may be audible.
385
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The presence and character of any murmurs should be noted. Thorough
auscultation of the heart should include auscultation along the sternum,
as in many cats murmurs often heard at this site. If a murmur is auscultated, the point of maximum intensity should be localised, as this
may help to determine from where the murmur is arising (while this is
useful in the dog, it is rarely of much use in the cats due to the close
proximity of the valves in this species). The timing (systolic, diastolic,
or both) and intensity of the murmur should be ascertained and a note
made whether or not the murmur is dynamic (altering with alterations
in heart rate) or static. Diastolic murmurs are rare in the cat and are
most commonly associated with congenital defects (stenosis of the atrioventricular valves). Continuous murmurs are also rare in the cat;
again these are typically associated with congenital abnormalities
(PDA or multiple congenital abnormalities). Systolic murmurs are frequently identified. When a dynamic systolic murmur is auscultated this
is frequently the result of ventricular outflow obstruction (which may be
of either the left or right atrium). Unfortunately, in such cases the grade
of the murmur will vary with heart rate and is therefore, not a good representation of the extent of disease.
The rhythm of the heart should be assessed. Sinus arrhythmia is not a normal finding in the cat (at least not in the clinical situation). The presence
of sinus arrhythmia is suggestive of increased vagal tone, and is most common with URT obstruction, although it can also be identified with cervical
disease or trauma, and is not uncommon in abdominal diseases such as
gastritis or pancreatic pathology. In addition the character and nature of
the peripheral pulses should be noted. If a cardiac arrhythmia is evident,
the presence or absence of any pulse deficits can help to determine the
cause of the arrhythmia (for example there are often multiple pulse deficits
in a cat with atrial fibrillation due to the variation in ventricular filling).
If the peripheral pulses are small and weak, it is likely that the cat has a
reduced stroke volume, increased peripheral resistance and narrow pulse
pressure (the difference between the systolic and diastolic components).
Common causes of this type of pulse include left ventricular failure and
hypovolaemic shock.
• Regurgitation may be present when disease within the thoracic cavity impedes the transit of food through the oesophagus (e.g. with mediastinal
LSA). When regurgitation and coughing are seen together mixed disease is
usually present, e.g. megaoesophagus resulting from mediastinal disease,
with secondary aspiration pneumonia and coughing. Mediastinal disease
on its own rarely causes coughing. This usually results from marked enlargement of the hilar lymph nodes.
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• General body condition and body weight. Severely dyspnoeic cats often
have a poor appetite and so experience a degree of weight loss. Marked
weight loss is more suggestive of neoplasia, or severe systemic disease,
such as congestive heart failure.
• General physical examination: Many intrathoracic diseases have systemic
involvement. Ocular examination may suggest the presence of uveitis or retinitis in cases of FIP, or signs of hypertension associated with myocardial
hypertrophy. Detection of goiter may be helpful as hyperthyroid cats may
develop myocardial hypertrophy. Examination of the abdomen may reveal
a lack of contents in cases of diaphragmatic rupture or pericardioperitoneal hernia. Ascites may be present in cases of FIP, congestive heart failure, hypoproteinaemia or generalised neoplasia. Generalised or regional
lymphadenopathy is seen most frequently in cases of neoplasia or mycobacterial infection.
FURTHER INVESTIGATIONS
Prior to undertaking further investigations, or even completing a full physical
examination, it may be necessary to stabilize the patient. This can be done most
simply by placing the cat in an oxygen-enriched environment (oxygen box, tent,
or mask). In cases suffering from thoracic cavity disease, draining the pleural
space of fluid or air may be a life-saving procedure that should be performed at
this point in the investigation (see section under collection of samples).
While assessment of serum biochemistry, haematology, and FeLV/FIV status
will help to gain an overall picture of the cat’s health, they rarely lead to a definitive diagnosis. For this, radiography, and the collection of samples for cytological, histopathological, and microbiological examination, are usually required.
Serum biochemistry may on occasion be of help, suggesting a diagnosis
of FIP (raised globulins and bilirubin). Haematology may support a diagnosis of pyothorax or pneumonia (a raised neutrophil count with a left shift,
and possibly the presence of toxic changes within the neutrophils). Lymphopenia may be associated with FeLV or FIV infections, or with FIP, or indicate severe disease. Eosinophilia may be associated with ‘feline asthma’
or lungworm infection, or be unrelated to the thoracic disease (e.g. concomitant flea infestation). While many texts will suggest that most mediastinal LSA are FeLV positive, many clinicians do not now find this to be the
case. That said, the FeLV and FIV status should be assessed as an aid to determining prognosis. Any cat found to have HCM should have its serum total T4 assessed.
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Lungworm larvae (A. abstrusus) can be detected by faecal examination using Baermann floatation. Alternatively, it may be more convenient to perform
a therapeutic trial, using fenbendazole @ 50mg/kg/day PO for ~10 days.
Where there is suggestion of cardiac dysfunction a more detailed cardiac
examination should be performed. This may include ECG, thoracic radiographs, assessment of blood pressure, and echocardiography.
Radiographic investigations
Ideally, the investigation should include good quality dorsoventral (DV – good
for cardiac detail), ventrodorsal (VD – good for pulmonary detail), and lateral
views. A general anaesthetic may be helpful as it allows control of respiration, enabling radiographs to be taken at the end of inspiration. It also allows the patient
to have an increased oxygen supply. If facilities are available a standing lateral
radiograph can be very useful in assessing cats with pleural effusions.
Radiographs should be assessed for the integrity of the thoracic skeleton,
presence of pleural or mediastinal fluid, masses or gas shadows, lung density and position, heart size and position, the presence of masses within the
lung-fields, and the integrity of the diaphragm. Abdominal radiographs may
be needed to assess the positions of the abdominal organs, the size of the liver, and the presence of ascitic fluid.
Care should be taken when assessing thoracic radiographs since on some
occasions they may show no changes, despite the presence of severe disease.
This is often true of chronic bronchopulmonary disease, or pulmonary thrombosis. To assess these cases further radiography may need to be repeated at a
later date. Where fluid is present radiography should be repeated after thoracocentesis.
Radiography of cats with chronic bronchopulmonary disease usually reveals a prominent bronchial pattern, with or without interstitial changes,
and/or patchy alveolar infiltrates. The right middle lobe may occasionally be
collapsed, presumably due to occlusion of the bronchi with mucus and debris.
The lungs may appear over-inflated due to air-trapping, with flattening of the
diaphragm and peripheral emphysema. In very severe cases rib fractures may
be evident (typically caudal ribs, close to the spine).
Ultrasound examinations
Ultrasound examination can be useful at detecting masses located within
the thoracic fluid. It can also be used to provide guidance for fine needle aspiration (FNA) or True-Cut needle biopsy of thoracic masses, and in the assessment of cardiac function (echocardiography).
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Bronchoscopy
Where available, a small bronchoscope may enable the clinician to view
the trachea and main-stem bronchi. It can be used to look for the presence of
tracheal inflammation, narrowing, oedema, collapse, foreign bodies, granuloma, neoplasia, or helminths. Where the correct tools are also available foreign bodies can be removed and bronchoalveolar lavage can be directed to
particular lung lobes. Cases of chronic bronchopulmonary disease may reveal erythema of the tracheal and bronchial mucosa, and/or the presence of
excessive mucus/mucopurulent material within the airway.
Collection of samples
By this stage of the investigation it should be obvious whether samples
need to be collected from the LRT or the pleural space. Samples can be collected using one of a number of different methods:
Tracheal wash
Bronchio-alveolar lavage (BAL)
Bronchial mucosal biopsy
Transthoracic FNA of a soft tissue mass
Ultrasound guided True-Cut needle biopsy of a soft tissue mass
Thoracocentesis
• Tracheal washes can rarely be performed in conscious cats, and the technique can only sample the upper respiratory tree. The author finds this
procedure stressful and unrewarding.
• Bronchoalveolar lavage (BAL). This technique is much more rewarding. The
cat is lightly anaesthetised, and placed in sternal or lateral recumbency. Lateral recumbancy may be used when disease is predominantly one-sided, and
the diseased side placed is ventrally. Where a human paediatric bronchoscope is available an endoscopically-guided BAL can be collected. When performing the technique without endoscopic guidance a narrow sterile catheter
is measured against the cat’s chest and marked at a level ~2/3 of the way
down the chest. A canine urinary catheter or an endoscopic catheter may be
used. (Note: the narrower the catheter the further down the respiratory tree
it is likely to be able to reach, and the more successful the BAL is likely to be).
The catheter is then introduced through the sterile endotracheal tube and advanced gently until it can be advanced no further (approximately to the level
at which it was pre-marked) (catheters can sometimes get ‘caught’ at the tracheal bification, in which case gentle repositioning may be required).
Warmed sterile saline is then flushed down the catheter (~3-10ml/cat). Very
little of this first flush can usually be re-aspirated. A second and third
flush/aspiration cycle are then performed. The cat’s chest can be coupáged
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(clapped) between each flush as this helps to release cells into the saline. The
second flush is generally used for microbiological culture, while the third
flush is assessed cytologically. The third flush usually has the best harvest of
alveolar cells. Fluid that is aspirated back should be slightly cloudy (cellular) and frothy (denoting the presence of surfactant). After performing a BAL
the cat should be given oxygen enrichment for a few minutes prior to being
allowed to recover from the anaesthetic. Since BAL can, very occasionally,
stimulate bronchoconstriction it is sensible to have emergency bronchodilator therapy available (e.g. i.v. terbutaline).
There is considerable debate as to what constitutes a BAL as opposed to a
tracheo-bronchial lavage. Some authors state that much higher volumes of
saline are required to perform a BAL (up to 50 ml/cat). However, the author finds this unnecessary. It is relatively easy to determine whether or
not the samples contain material from the alveoli: Fluid recovered from
the alveoli contains mostly alveolar macrophages, while fluid from the
bronchial tree tends to contain mostly epithelial cells.
From cats, normal BAL fluid contains:
150-450 nucleated cells/µl
60-90% macrophages
2-30% eosinophils*
Cats with bacterial bronchopneumonia usually have elevated numbers of
neutrophils (which may be seen to contain engulfed bacteria), while chronic bronchopulmonary disease usually results in increased neutrophils,
macrophages, hyperplastic epithelial cells, and/or excessive amounts of
mucus. Cats with allergic lung disease (‘feline asthma’) may have raised
numbers of eosinophils, mast cells, neutrophils and macrophages.
*Occasionally, normal healthy cats can have up to 85% eosinophils in
BAL fluid.
• Bronchial mucosal biopsy can be performed with or without endoscopic
guidance. It is usually achieved using endoscopic biopsy grabs. The procedure should not be undertaken without prior training as the generation
of a full-thickness perforation may lead to pneumothorax or pyothorax.
The collection of bronchial cells using an endoscopic brush is considerably less traumatic.
• Transthoracic FNA of a soft tissue mass can be performed with or without
ultrasound guidance. When collecting FNA samples from masses in close
association with the heart or major vessels, or collecting samples by TrueCut needle biopsy, ultrasound guidance is recommended. In both cases it
is strongly advised that the patient be anaesthetized. The skin overlying the
area of interest must be aseptically prepared.
390
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Treatment of samples
• Culture: This requires a sterile container. All of the air should be removed
from the container if anaerobic culture is to be performed. Ideally, all fluids should be assessed for aerobic and anaerobic bacteria, fungi and
yeasts. It is very important to contact the diagnostic laboratory prior to
collecting and sending the samples as special transport media may be required. Since most laboratories do not routinely look for Mycoplasma spp.
or B. bronchiseptica it is important to ask them to do so as we now recognize that they are much more common infectious agents than previously
thought; up to 20-25% of cats with chronic bronchopulmonary disease are
found to have a Mycoplasma spp. infection.
• Cytology: Heparin or EDTA tubes are used for cytology. They should be
processed promptly before cellular detail is lost. Where samples are to be
sent away for assessment 4-6 slides should be prepared at the time of collection as preferred by the cytologist (air dried, spray fixed or fixed in alcohol). If few cells are present, the sample can be spun (200 rpm for 2-4
minutes), then smears can be made with the cell pellet. For in-house assessment Gram stain and ‘Diff-Quick’ are suitable stains. Cell counts can
be performed on EDTA anti-coagulated samples.
TREATMENT OF LRT DISEASE
With LRT disease the treatment will generally depend on the specific diagnosis.
1. Management of bronchopulmonary disease
The treatment of chronic bronchopulmonary disease aims at the control
clinical signs rather than to achieve a cure. Therapy should be tailored to
each individual case. The aims are to:
• Alter life-style
• Reverse bronchoconstriction: (β-adrenergic agonists, theophylline)
• Reduce inflammation: (corticosteroids, antibiotics, anti-serotonergics,
and perhaps leukotriene receptor antagonists)
Alter life-style
A marked improvement in the cat’s well being can often be achieved by reducing its exposure to airway irritants (smoke, cat-litter, aerosol, dusty environments, sudden changes in temperature), preventing its access to drugs that
can cause bronchoconstriction (β-blockers, aspirin), avoiding stressful events
and, for obese cats, instigating a weight loss program.
391
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Medical therapy
The first line of medical therapy is to treat any infection and give a bronchodilator. It is only if this does not work, or when the disease is more severe,
that corticosteroids are added. While oral medication has previously been the
main-stay of treatment, inhaled medications are now being used more widely,
particularly in more complicated cases. Their major advantage is their general lack of systemic side effects. That said, it is important to remember that
few medications (oral or inhaled) have been scientifically trialed in cats, and
even fewer have undergone long-term studies.
Inhaled medication (approximate prices as of January 2004)
While the successful use of an inhaler, drug-chamber and small face mask
does take a little practice by the owner and the patient, many cats do very well
on inhaled medications. It is best to have the owner introduce the mask to the
cat at home, rather than in the clinic, as this leads to more rapid acceptance.
Introducing the mask and chamber in a non-threatening, stepwise manner is
best, and the application of a small amount of the cat’s favorite food to the inside of the mask may help in its acceptance. Only once the mask has been accepted should the drug be added. The AeroKat Chamber (~£50, €49; see later for details) has been specifically designed for cats and is the preferred
choice. While the Babyhaler or Paediatric Volumatic chambers from Allen &
Hanburys can also be considered, they usually require higher doses of medication. (These chambers are cheaper; ~£10, €13, but the higher drug
dosages soon accumulate costs).
Suggested treatment regimens:
Mild cases: Salbutamol (100 mg metered dose inhaler [MDI] ~£3, €4),
give one dose (one puff), as needed. Bronchodilators should not be used on
their own (i.e. without corticosteroids) other than in very mild cases which
only require occasional medication.
Moderate cases: i.e. clinical signs are occurring on a daily basis.
Salbutamol, 1-2 doses, 2-4 times daily.
Inhaled corticosteroids:
• Fluticasone has been used most frequently in cats. It is very expensive, 125
mg MDI (~£40, €52): 1-2 doses, twice daily.
• Budesonide, like fluticasone is minimally absorbed from the lungs. Dose
as for fluticasone.
• Beclomethasone may be considered as an alternative. 100 or 200 mg MDI
(~£15, €20): 1-2 doses, twice daily.
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• Qvar is a form of beclomethasone that is currently under investigation as
its smaller particle size may allow for using lower doses. 50 mg MDI (£12,
€16): 2 doses, 2-3 times daily.
The doses listed are only suggestions, and it is best to try to use as low a
dose as is effective. Where more than one dose is required put one dose into
the Chamber then place the mask on the cat’s face for 5-10 seconds. Then repeat this for the second dose.
Severe cases: Treat as for moderate cases (i.e. Salbutamol [1-2 doses, 2-4
times daily] + inhaled steroids [1-2 doses, twice daily]). However, since inhaled steroids may take 1-2 weeks to achieve maximal effect oral steroids are
also required. These can usually be reduced or discontinued once the disease
is under better control, typically over 2-4 weeks. (i.e. 5mg prednisolone twice
daily for 1 week, then 5mg prednisolone once daily for 1 week, then 5mg prednisolone every other day for 1 week, then stop).
Salmeterol, may be added as a night-time dose to give bronchodilation
throughout the night, or given twice daily in more severe cases. 120 mg MDI
(£40, €52): 1-2 doses, 1-2 daily.
Oral medication
Where oral medication is to be used the author usually starts with a twoweek trial of long-acting theophylline. If this fails to achieve sufficient control of the clinical signs, prednisolone is usually added. Where one bronchodilator (e.g. long-acting theophylline) fails to give a positive response,
a different class of bronchodilator (e.g. terbutaline) may be used instead.
(Some authors prefer to use terbutaline as their first choice of treatment).
Where prednisolone cannot be given (recurrent infections, intolerance, diabetes mellitus), and inhaled medication will not be tolerated, the author
then tries an anti-serotonergic agent, or occasionally a leukotriene receptor
antagonists. Over-weight cats that prove hard to diet may benefit from a reduced corticosteroid dose, which may be compensated for by the inclusion
of inhaled medication.
Reverse bronchoconstriction
• Beta 2 adrenergic agonists:
Salbutamol (Albuterol, ‘Ventolin’), single dose MDI, give as required, effective within 5-10 minutes. (i.e. it is more rapidly acting when given by
inhalation than PO, SQ or IM). (See above for treatment regimens). Use
of high doses can result in tachycardia and muscle twitching.
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CD-ATTI 55° SCIVAC 19-02-2007 16:41 Pagina 394
Salmeterol (‘Serevent’), is a long-term bronchodilator that takes up to 1-2
hours to take effect but lasts ~8-12 hours. (See above for treatment regimens).
Use of high doses can result in tachycardia and muscle twitching.
Terbutaline (‘Bricanyl’) 0.625-1.25 mg PO q12h
As with all of these drugs, this drug is not licensed for use in cats. However, it has been used frequently with few problems reported. Side effects include GI upset, weakness, tachycardia and hypotension. Care should be taken when used concurrently with corticosteroids.
• Theophylline: Slow release theophylline (‘Corvental-D’) 20-25mg/kg PO
q24h.
Theophylline is a weak bronchodilator that also improves mucociliary
transport, stabilizes mast cells, and increases the strength of respiratory
muscle contractions. It has a narrow therapeutic window, with toxicity resulting in GI upset, hyperactivity, seizures, and cardiac arrhythmia. Efficacy is very dependent on formulation; Corvental-D and Theo-Dur are
recommended.
Reduce inflammation:
• Corticosteroids:
Fluticasone propionate (‘Flixitide’) or Beclomethasone bipropionate (‘Becotide’,‘Qvar’) as inhaled medications. They have virtually no systemic effects (especially Fluticasone). In cats they can occasionally cause airway
irritation. (See above for treatment regimens).
Prednisolone 0.25-2 mg/kg PO q12h, then taper off slowly.
Corticosteroids are very effective at reducing airway inflammation, and in prolonged dosing may reduce airway hyper-responsiveness. Short-term high-dose
therapy should be avoided as a rebound hyper-responsiveness may result.
• Anti-serotonergics: Cyproheptadine (‘Periactin’) 0.1-1.0mg/kg PO q8-24h
Given that feline mast cells release high concentrations of serotonin, a
number of clinicians have been using anti-serotonergic drugs to treat refractory cases of ‘feline asthma’. While cyproheptadine has been used successfully to control a number of difficult cases, it has a considerable appetite stimulatory effect that can be unhelpful. It can also cause drowsiness
and inco-ordination. This drug is not licensed for veterinary use.
• Leukotriene receptor antagonists: Zafirlukast (‘Accolate’) 0.5-1.0
mg/kg PO q12-24h; Montelukast (‘Singulair’) 0.25-0.5 mg/kg PO q24h. In
humans, a number of other anti-inflammatory drugs have come into use,
including the leukotriene receptor antagonists. However, although the author has found Zafirlukast to be useful in occasional cases of feline asthma, experimental data suggests these drugs are unlikely to give major ben394
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efits in cats. In addition, the unexplained sudden death of one of the research cats may suggest this group of drugs should be avoided. They often
need to be given for four weeks before their full effect is seen. These drugs
are not licensed for veterinary use.
• Antibiotics: Cats with chronic bronchopulmonary disease are very susceptible to opportunistic airway infections. Whenever infection is found it should
be treated. Ideally, selection of antibiotics should be made on culture and sensitivity. However, empirical choices include doxycycline, penicillins, and fluoroquinolones. Treatment for 4-6 weeks is often required. Recommended
treatment for mycoplasmosis is doxycycline 5mg/kg PO q12h.
• Mucolytics: Bromhexine (‘Bisolvon’) 3mg/cat IM/day, or 1mg/kg PO/day.
While the author has rarely found mucolytics to be beneficial, some authors recommend them to help ease respiratory tract congestion.
Acute decompensation:
This requires very prompt intervention. It is important to keep restraint to
a minimum, and increase the oxygen concentration of the air the cat is breathing (oxygen tent or box).
Rapidly acting drugs include;
Methylprednisolone Na succinate@ 50-100mg/cat SQ, IM, IV
Dexamethasone: 0.2-2.2 mg/kg SQ, IM, IV
Terbutaline: 0.01 mg/kg SC, IM, IV q4h (is also absorbed very rapidly PO)
Aminophylline: 5 mg/kg IV q8-12 hours (is also absorbed very rapidly
PO). This is painful when given IM or SC.
Some drugs can be administered via an inhaler or in nebulised air. Unfortunately, administration via nebulised air can result in their therapeutic concentrations taking a longer time to be reached. However, some drugs are more effective
than others when given by this route e.g. Salbutamol (two doses every 30 minutes
for up to 2-4 hours) and/or Fluticasone (see above) can have beneficial effects,
particularly in cats that have previously been diagnosed as asthmatic.
In severe respiratory distress;
Adrenalin: 0.1ml of a 1:1000 solution SC, IM, IV or via ET tube
Atropine: 0.015 mg/kg IV, 0.04 mg/kg SC – will block vagal bronchoconstriction and reduced bronchial secretions, but increases heart rate and can cause cardiac arrhythmia.
Unfortunately, very severe cases may be too unstable to conduct any physical examination. In these cases, where it is impossible to tell whether the cat
is asthmatic, bronchoconstricted or in congestive heart failure then it is not
inappropriate to give a single IM injection of short-acting steroid (e.g. dexamethasone), a bronchodilator (e.g. terbutaline) and frusemide.
395
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2. Bacterial bronchopneumonia
Treatment of bacterial bronchopneumonia usually includes a protracted
course of antibiotics. Ideally, antibiotics should be selected by culture and
sensitivity. Useful broad-spectrum antibiotics include amoxycillin,
cephalosporins, doxycycline, trimethoprim-sulpha, and aminoglycosides.
Combinations of these drugs may be required. A combination that the author
often uses to give 4-quadrent cover against unknown infectious agents includes; amoxicillin/clavulinate (10 mg/kg IV q8-12h; 12-25 mg/kg PO q812h), enrofloxacin (5 mg/kg PO [slow IV] q24h) and clindamycin (10 mg/kg
IV, PO q12h), which although unlicenced, can be given IV in critical patients.
Oxygen enriched environment, fluid therapy, airway humidification, bronchodilators, and daily coupáge may also be helpful.
3. Lungworm infection
In mild cases supportive therapy may be sufficient. In more severe cases
intervention may be needed. The first choice of treatment is Fenbendazole @
50mg/kg/day PO for 10-21 days as this has minimal toxicity. In addition to
this it is advisable to give bronchodilators (see above), antibiotic cover to prevent secondary infection of the damaged lung tissue, and an anti-inflammatory dose of glucocorticoid to reduce the inflammation that tends to arise as the
cat’s immune system removes the dead and dying worms. Alternatives to fenbendazole are ivermectin (0.4 mg/kg SQ), and levamasole (25-30 mg/kg divided into 8 hourly doses and given on alternate days for 5 treatments). Care
should be taken when using levamasole as it can be very toxic to cats (and
tastes very bitter).
AeroKat Spacers can be obtained from:
USA: Martin Foley, Vice President, Advanced Product Design,
Trudell Medical International, 725 Third Street, London, Ontario, Canada N5V 5G4
Phone: +1 519 455 7060 ext 2203 - Fax: +1 519 455 6478
Email: [email protected] - www.aerokat.com
UK: Jon Slattery, BreathEazy Ltd
8 Woodford Road, South Woodford, London E18 2BH
T/F: 0208 530 8650 - Email: [email protected] - www.breatheazy.co.uk
References available from author on request
[email protected]
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La dispnea è un segno clinico che si osserva con relativa frequenza nel
gatto. Con questo termine si indica la difficoltà di respirazione. Questa può
essere dovuta ad una diminuzione della capacità di ventilazione oppure ad un
aumento della domanda di ventilazione. La dispnea può quindi riconoscere
cause respiratorie oppure non respiratorie.
La dispnea è spesso associata alla tosse che, come segno clinico, i proprietari riconoscono più facilmente della dispnea stessa. Molti gatti vengono
portati alla visita perché presentano una tosse cronica.
Anche se si tratta di casi che possono essere molto complessi e/o protratti, l’indagine clinica ed il trattamento di questi soggetti spesso può essere molto soddisfacente.
Il primo passo nella valutazione del caso consiste nel determinare se il gatto stia davvero tossendo oppure no. Il proprietario va accuratamente interrogato per escludere che si tratti di conati o vomito (in particolare, di tricobezoari). Tuttavia, alcuni gatti possono occasionalmente presentare fenomeni di
conati o vomito in seguito ad un episodio forzato di tosse, per cui la presenza
di un conato terminale non deve essere erroneamente interpretata come segno
di malattia gastroenterica.
Perché i gatti tossiscono?
La tosse deriva dalla stimolazione degli specifici recettori localizzati all’interno di laringe, trachea e albero bronchiale. Nel gatto, questa manifestazione è di solito un segno di malattia a carico delle vie aeree profonde, in particolare quelle di grosso calibro. Può anche essere associata ad affezioni delle vie aeree superiori, ma si accompagna raramente a malattie del parenchima
polmonare, del cuore o dello spazio pleurico.
Nei gatti, in genere la tosse è causata dall’irritazione o infiammazione della trachea o dell’albero bronchiale. Ciò può derivare dalla presenza di materiale estraneo, gas o liquidi inalati, oppure dipendere da agenti infettivi, reazioni allergiche o di ipersensibilità o, occasionalmente, processi neoplastici.
Dato che non ci sono recettori della tosse nel tessuto polmonare periferico, le
malattie che colpiscono soltanto la periferia di questi organi non causano la
tosse stessa fino a che non si estendono nelle vie aeree superiori.
I gatti, a differenza dei cani, tossiscono raramente in associazione con una
cardiopatia o in presenza di malattie che colpiscono il mediastino. Ciò può
essere dovuto a numerosi fattori differenti, come il fatto che nei felini la trachea ed i bronchi principali sembrano resistere alla compressione che esita
nella tosse molto più comunemente che nel cane. La tosse associata ad una
malattia delle vie aeree superiori di solito deriva dall’infiammazione della la397
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ringe. Si può anche riscontrare quando un processo patologico localizzato all’interno del naso esita nella formazione di materiale mucopurulento che dalla parte caudale del rinofaringe cola nella laringe irritandola (cosiddetto “colio postnasale”).
LOCALIZZAZIONE DELLA CAUSA DELLA DISPNEA
Il primo passo nella diagnosi dell’eziologia della dispnea consiste nel determinare se sia dovuta a cause non respiratorie, affezioni delle vie aeree superiori oppure inferiori o malattie dello spazio pleurico. Questa differenziazione dovrebbe essere possibile attraverso una dettagliata indagine anamnestica e l’esecuzione di un esame clinico approfondito (Tab. 1). È necessario
determinare se la dispnea è inspiratoria o espiratoria oppure se il gatto è solo tachipnoico. La dispnea inspiratoria di solito è associata ad una malattia
delle vie aeree superiori (quando causa un’ostruzione delle stesse) oppure
della pleura (quando impedisce la completa espansione polmonare). La presenza di altri riscontri clinici può contribuire ad indirizzare il clinico verso
una particolare area di interesse. Ad esempio, le malattie delle vie aeree superiori sono tipicamente accompagnate da starnuti, scolo nasale, sibili, rumori russanti, sbuffi, deformazioni facciali, ostruzione delle narici o disfagia,
mentre le malattie laringee possono causare una modificazione della voce del
gatto. Quando è anche presente la tosse, la dispnea è più probabilmente di
origine respiratoria. La dispnea espiratoria (cioè la difficoltà di espirare) di
solito è un segno di malattia delle vie aeree profonde. La tachipnea (respirazione rapida) o l’ortopnea (dispnea in decubito) non contribuisce a localizzare la causa del problema. È importante ricordare che molte eziologie
non respiratorie della dispnea si manifestano spesso principalmente con tachipnea (ad es., ipertiroidismo, acidosi metabolica, ingrossamento addominale, ipertermia, paura, stress, dolore).
La frequenza ed il tipo di respiro devono essere ulteriormente valutate per
stabilire se la dispnea sia restrittiva o ostruttiva. Le affezioni restrittive impediscono ai polmoni di espandersi in modo appropriato e, quindi, portano ad
una respirazione rapida, breve e superficiale. Le cause dei quadri respiratori restrittivi sono rappresentate dalle malattie del parenchima polmonare e
dello spazio pleurico.
I quadri respiratori ostruttivi derivano dal restringimento delle vie aeree
e portano ad una respirazione più lenta e profonda. Le cause più comuni del
restringimento delle vie aeree sono le broncopneumopatie croniche, come l’asma felina, ma un quadro di respirazione ostruttiva si osserva anche negli animali con paralisi laringea.
398
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Tabella 1 - Localizzazione delle cause di dispnea
Cause
Natura
della dispnea
Sternuti/
scolo nasale
Tosse
Non respiratoria
Tachipnea
No
No
Vie aeree superiori
Inspiratoria
Si o No
Si o No
Vie aeree profonde
Espiratoria
No
Si o No
Malattie pleuriche
Inspiratoria
No
Molto raramente
CAUSE DI MALATTIE DELLE VIE AEREE PROFONDE
Nel gatto, la causa più comune di tosse cronica è la broncopneumopatia
cronica. Per questa ragione, si può occasionalmente, essere tentati di formulare un sospetto diagnostico piuttosto che condurre un’indagine clinica completa. Tuttavia, questa soluzione viene sconsigliata, dato che molte delle altre
possibili diagnosi differenziali comportano opzioni terapeutiche e/o prognosi
molto differenti. Inoltre, i vari tipi di broncopneumopatia cronica possono rispondere meglio ad approcci terapeutici lievemente differenti e sono frequentemente complicati da infezioni secondarie.
1. Broncopneumopatia cronica
Con questo termine si indica un gruppo di condizioni di comune riscontro, ma ancora poco conosciute, che colpiscono le vie aeree e lo spazio alveolare. Rientrano in questo gruppo l’“asma felina”, la bronchite cronica, la
broncopolmonite cronica, la pneumopatia cronica ostruttiva (COPD, chronic obstructive pulmonary disease) e l’enfisema. Per definizione, l’asma è
caratterizzata da un’iperreattività delle vie aeree e da una broncocostrizione
reversibile, mentre la bronchite cronica (o la COPD) è contraddistinta da
un’infiammazione delle vie aeree con eccessiva produzione di muco e porta ad un restringimento irreversibile delle vie stesse. Tuttavia, date le attuali strutture diagnostiche, la distinzione fra le due entità patologiche è, nella
migliore delle ipotesi, difficile e spesso completamente arbitraria. Piuttosto
scorrettamente, si tende ad utilizzare il termine di “asma felina” per quei casi che risultano avere una forte componente di ipersensibilità delle vie aeree, associata ad un aumento numerico degli eosinofili nel lavaggio broncoalveolare (vedi oltre). Nella maggior parte dei casi, l’esatta eziopatogenesi delle differenti condizioni resta poco chiara.
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I principali segni clinici sono rappresentati da tosse, sibili, dispnea e difficoltà respiratoria. Le manifestazioni di malattia possono essere episodiche,
intermittenti o persistenti e prendere origine da:
• Irritazione ed infiammazione tracheobronchiale
• Eccessiva secrezione delle vie aeree
• Broncocostrizione
La malattia si osserva con maggiore frequenza nei gatti giovani o di media età (2-8 anni) e risultano maggiormente rappresentati i soggetti siamesi,
burmesi ed appartenenti ad altre razze orientali. Dal punto di vista anamnestico, i gatti possono essere stati in precedenza colpiti da una “influenza” felina, avere inizialmente manifestato un certo grado di stagionalità nella malattia o un’esacerbazione dei segni clinici ad opera di agenti irritanti delle vie
aeree (fumo, variazioni di temperatura, aerosol, lettiere polverose o abitudini a dormire sui letti dei proprietari – talvolta definita come “peggioramento
di notte”). La tosse può concludersi con un conato terminale per liberare dal
muco la faringe.
Nei felini con segni episodici, l’esame clinico risulta spesso insoddisfacente. Tuttavia, mentre molti gatti asmatici si presentano normali, l’auscultazione del torace rivela frequentemente che il quadro della respirazione è caratterizzato da una fase espiratoria prolungata. Durante un episodio di tosse o
nei gatti colpiti da una malattia più protratta, all’auscultazione si può udire un
aumento dei suoni polmonari (tipicamente sibili e, nei casi più gravi, rantoli).
Nei casi gravi il torace può essere a botte e può risultare evidente una “linea
della bolsaggine”. La percussione può rivelare un’iperinsufflazione del torace (con una risonanza che si estende fino alla dodicesima costola) e l’intrappolamento dell’aria può esitare in una riduzione della comprimibilità toracica. La palpazione della parte cervicale della trachea può scatenare un grave
episodio di tosse, e la tosse può essere abbastanza violenta da provocare fratture spontanee delle costole caudali (dorsalmente).
2. Polmonite
La polmonite può essere causata da vari agenti infettivi (virus [Herpesvirus felino o FHV-1, calicivirus felino o FCV, virus del vaiolo bovino], batteri
[Pasteurella multocida, Bordetella bronchiseptica, Mycoplasma spp., Escherichia coli, Mycobacterium bovis, M. microti], parassiti [Toxoplasma gondii,
elminti polmonari come ad es. Aelurostrongylus abstrusus]), oppure da inalazione o presenza in circolo di sostanze tossiche o irritanti (aspirazione di lipidi o di cibo, inalazione di fumi, uremia, pancreatiche, sepsi).
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La polmonite batterica si osserva più frequentemente nei soggetti immunocompromessi, o in quelli con compromissione della funzione polmonare.
La broncopolmonite batterica di solito si presenta con tosse, tachipnea, dispnea, scolo nasale, febbre e depressione. L’auscultazione può rivelare un aumento dei suoni polmonari, rantoli, sibili ed aree silenziose (dovute ad epatizzazione dell’organo). La polmonite batterica primaria, con isolamento in
forme miste ed in coltura pura di B. bronchiseptica, si può riscontrare in gattini di 5-10 settimane di età provenienti da ambienti in cui gli animali vengono tenuti in modo non corretto. Quest’ultima infezione può anche derivare per
diffusione dai cani.
La broncopolmonite primaria può anche essere conseguente all’infezione
da microrganismi appartenenti al gruppo delle forme tubercolari (tipicamente
Mycobacterium microti [derivante da arvicole e topi] o M. bovis).
Queste infezioni si osservano molto regolarmente nel Regno Unito ed in
Irlanda. I segni clinici hanno un’insorgenza piuttosto insidiosa, di solito la
dispnea risulta più evidente della tosse e in genere sono presenti lesioni cutanee.
La polmonite batterica può anche derivare secondariamente da altri disordini. Rientrano fra questi le broncopneumopatie croniche, la presenza di vecchia data di un corpo estraneo, o un precedente danno da inalazione o aspirazione. Nella broncopatia cronica l’infezione secondaria è dovuta soprattutto a
Mycoplasma spp., P. multocida, o B. bronchiseptica e in questi gatti i segni
della polmonite sono spesso molto sottili, presentandosi di solito come un’esacerbazione di una condizione già cronica.
Polmonite parassitaria: Aelurostrongylus abstrusus è probabilmente il
nematode polmonare più comune nel gatto, sebbene si possano anche riscontrare infestazioni da Capillaria aerophila. Fra i gatti liberi di vagabondare, A. abstrusus può essere presente in una percentuale che arriva al
20%, ma è raramente causa di segni clinici di malattia. Le manifestazioni
cliniche hanno una prevalenza maggiore nei gatti immunodepressi. I felini
si infestano ingerendo lumache o chiocciole parassitate (l’ospite intermedio) oppure roditori, lucertole o uccelli infestati (gli ospiti di trasporto). I
gatti colpiti possono presentare tosse cronica, associata a rantoli e sibili. La
considerazione forse più importate circa l’infestazione da A. abstrusus è la
sua differenziazione dalla broncopneumopatia cronica, in particolare
dall’“asma felina”. Dal momento che entrambe le condizioni possono esitare nella formazione di un liquido di lavaggio broncoalveolare (vedi oltre)
ricco di eosinofili, è consigliabile trattare tutti i gatti che tossiscono con un
ciclo terapeutico di fenbendazolo (vedi oltre) prima di mettere in atto ulteriori indagini.
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3. Neoplasie
Le neoplasie polmonari possono essere primitive o metastatiche. Le prime
sono rare nel gatto e possono essere rappresentate da adenomi, adenocarcinomi broncoalveolari e carcinoma delle ghiandole bronchiali. I gatti colpiti sono di solito anziani (età media di 10-14 anni), con segni clinici rappresentati
da tosse, sibili e/o dispnea a seconda della localizzazione e dell’estensione del
tumore. È interessante notare che nel 25% circa dei gatti con tumori polmonari maligni si può osservare una zoppia dovuta al fatto che queste neoplasie
possono dare origine a metastasi a livello delle dita. Dato che si osservano più
tipicamente all’interno del parenchima polmonare, piuttosto che nell’albero
bronchiale, è raro che i tumori polmonari metastatici provochino tosse.
4. Corpi estranei
I corpi estranei all’interno della trachea o dell’albero bronchiale causano
inizialmente una tosse acuta. Tuttavia, se non vengono rimossi, si possono
avere tosse cronica e dispnea. Questa condizione è spesso accompagnata da
alitosi quando si sviluppa un’infezione secondaria.
5. Edema polmonare
Nel gatto, la maggior parte dei casi di edema polmonare è dovuta ad insufficienza cardiaca congestizia. Forme occasionali di edema polmonare non cardiogeno si possono avere in presenza di grave uremia, pancreatite, shock, sepsi, semistrangolamento, semiannegamento, elettrocuzione, inalazione di fumi o trauma cranico. L’anamnesi ed i riscontri clinici hanno buone probabilità di indicare
la causa della malattia. L’edema polmonare non complicato, essendo localizzato
all’interno del parenchima dell’organo, è raramente causa di tosse.
6. Contusione polmonare (trauma)
Il trauma toracico da corpo contundente (incidenti stradali, cadute dall’alto) può determinare contusione polmonare, emorragia, edema, atelettasia e
formazione di cisti piene di gas. Altri danni possono essere rappresentati da
fratture di costole, sternebre, mandibola o arti anteriori, pneumotorace o
pneumomediastino. Le contusioni polmonari sono raramente causa di tosse, a
meno che il trauma non esiti in un danno tracheale o in una significativa emorragia all’interno dei bronchi.
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DIAGNOSI DI MALATTIE DELLE VIE AEREE PROFONDE
In pratica, la differenziazione
fra le malattie delle vie aeree profonde e quelle della cavità toracica
(Tab. 2) non è sempre evidente. Tuttavia, è essenziale stabilire quale
condizione è presente, dato che l’indagine clinica ed il trattamento sono
molto diversi.
Tabella 2
Cause di dispnea nella cavità toracica
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Versamenti toracici
(piotorace, idrotorace, chilotorace)
Pneumotorace
Rottura del diaframma
Ernia peritoneopericardica
Affezioni mediastiniche
Neoplasia
Pneumomediastino
Segnalamento ed anamnesi
I gatti con compromissione respiratoria sono spesso molto difficili da manipolare. Manualità stressanti possono esitare in scompenso respiratorio, isteria e morte. Ciò avviene perché, mentre i gatti normali utilizzano meno del
5% della quota di ossigeno assunta per sostenere i propri muscoli respiratori,
quelli dispnoici possono arrivare ad impiegare più del 50% dell’ossigeno inalato per la stessa funzione, non lasciando più spazio ad ulteriore compensazione. Spesso risulta utile porre i gatti gravemente colpiti in un ambiente arricchito con ossigeno (scatola o tenda ad ossigeno) prima di sottoporli alle
manualità dell’esame clinico. In tutti i casi, è importante raccogliere una base di dati il più possibile dettagliata prima di iniziare l’esame clinico, perché
ciò può fornire un’indicazione delle diagnosi differenziali più probabili.
Può essere utile il segnalamento del paziente: la tosse cronica può venire
sviluppata da gatti di qualsiasi età, razza o sesso, ma i gattini provenienti da
un ambiente poco igienico e sovraffollato hanno maggiori probabilità di essere colpiti da una polmonite batterica, i gatti con infestazioni clinicamente significative da nematodi polmonari sono tipicamente giovani maschi adulti che
cacciano e mangiano le loro prede, i soggetti di media età della razza siamese e burmese sono maggiormente rappresentati fra i felini con broncopneumopatia cronica ed i tumori polmonari primari si osservano principalmente
nei gatti anziani. I gattini molto giovani delle razze burmese o bengalese possono presentare una “malattia da torace piatto”, i gatti siamesi con meno di
due anni di vita sembrano predisposti allo sviluppo di LSA timico FeLV-negativo, i giovani gatti di razza pura provenienti da nuclei familiari con più gatti hanno maggiori probabilità di sviluppare la FIP ed i giovani persiani o british shorthair hanno maggiori probabilità di venire portati alla visita con
un’ernia peritoneopericardica.
Dal punto di vista anamnestico è importante determinare;
• in quale tipo di ambiente vive il gatto (o ha vissuto in precedenza)
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• se viene lasciato uscire all’aperto oppure no e se caccia oppure no
• se è presente o meno un qualsiasi riferimento anamnestico ad una malattia
o un trauma precedenti
• a quale età sono iniziati i segni clinici
• qual è il quadro di insorgenza dei segni clinici
• come sono progrediti i segni clinici
• se i segni clinici hanno mai risposto a precedenti trattamenti
• con quali altri animali vive il soggetto in esame
• se altri animali dello stesso nucleo familiare risultano colpiti.
Tutto ciò contribuisce a determinare a quali potenziali agenti patogeni e/o
irritanti può essere stato esposto il gatto. È molto utile sapere se la malattia ha
avuto un’insorgenza acuta oppure no o se è stata o meno lentamente progressiva. I corpi estranei provocano inizialmente una malattia acuta. Una tosse caratterizzata da un esordio stagionale può essere indicativa di una “asma felina”
o di infestazione da nematodi polmonari. I gatti “asmatici” possono tossire
maggiormente di notte quando dormono sul letto del proprietario, oppure alla
fine di una seduta di gioco, e i loro segni clinici possono essere esacerbati dal
fatto che i loro proprietari fumino. I gatti che escono all’aperto, cacciano o ingeriscono chiocciole hanno maggiori probabilità di contrarre l’infestazione da
A. abstrusus (nematode polmonare). Un’anamnesi di incidente stradale può
suggerire rottura del diaframma, pneumotorace o emotorace.
Esame clinico
L’esame clinico deve sempre essere condotto con delicatezza ed in modo
approfondito. Tuttavia, nei gatti molto dispnoici può essere necessario inframmezzarlo con periodi di tempo trascorsi in una camera ad ossigeno. I punti da
prendere in considerazione in modo particolare sono rappresentati da:
• Le caratteristiche del respiro: generalmente, le malattie delle vie aeree
profonde sono associate a dispnea espiratoria. I gatti gravemente “asmatici” possono presentare uno sforzo espiratorio molto esagerato. Le affezioni delle vie aeree superiori o del cavo pleurico esitano di solito in una dispnea inspiratoria. Un incremento dello sforzo addominale si osserva in molti gatti dispnoici. L’ortopnea (dispnea in decubito), la tachipnea (respirazione rapida), oppure la respirazione a bocca aperta vengono generalmente associate ad una marcata compromissione respiratoria, così come il movimento addominale paradosso (in cui torace ed addome si muovono in direzioni opposte). Tuttavia, è importate ricordare che queste ultime due
condizioni possono derivare sia da cause non inspiratorie che respiratorie
di dispnea (ad es, malattia cardiovascolare [anemia, insufficienza cardiaca
congestizia, ipotensione o policitemia], ingrossamento addominale [ascite,
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organomegalia, gravidanza], ipertermia, acidosi metabolica [ad es., chetoacidosi diabetica], paura, ansia, intenso dolore o debolezza dei muscoli
della respirazione).
•
•
•
•
La frequenza ed il quadro della respirazione: i processi patologici che
danno origine a quadri respiratori restrittivi impediscono ai polmoni di
espandersi in modo appropriato e quindi portano ad una respirazione rapida, breve e poco profonda, come avviene ad es. nel caso delle malattie del
parenchima polmonare e dello spazio pleurico. I quadri respiratori ostruttivi insorgono in seguito al restringimento delle vie aeree e portano ad una
respirazione più lenta e profonda, ad es., nelle broncopneumopatie croniche come l’asma felina, o nella paralisi laringea.
La presenza ed i caratteri della tosse: la tosse si può osservare nelle malattie delle vie aeree profonde quando sono colpite quelle di maggior calibro. La tosse aspra e secca si riscontra più comunemente in associazione
con un’irritazione tracheale o bronchiale, mentre quella umida e produttiva è di solito associata a broncopolmonite. La natura della tosse in un gatto con evidente malattia delle vie aeree superiori può contribuire a determinare la causa sottostante. Se la tosse è secca ed aspra è più probabile che
derivi da un “colio postnasale”, in cui il mucopus proveniente dalla parte
caudale del rinofaringe cola lungo la laringe e la trachea, irritandole.
Quando la tosse è produttiva ed umida, è più probabilmente associata ad
una broncopolmonite secondaria.
La presenza di un’ipersensibilità tracheale conferma l’infiammazione delle vie aeree superiori.
La valutazione delle mucose può servire a stabilire il livello di perfusione
periferica generale, determinare se l’animale è cianotico o meno (un’indicazione di grave disfunzione respiratoria*), valutare il livello di idratazione del paziente e vedere se questo sia o meno settico (mucose iniettate, di
colore rosso sporco). La presenza di emorragie petecchiali può suggerire
un disordine della coagulazione. *Sfortunatamente, dato che prima che
l’occhio umano sia in grado di identificare la cianosi il livello di deossiemoglobina nel sangue deve essere > 5 g/dl, molti gatti anemici “cianotici”
(ematocrito < 15%) appaiono semplicemente pallidi.
La palpazione del torace va utilizzata per verificare la presenza di un trauma (lividi, dolore, costole fratturate) o di difetti congeniti (gattini con “torace appiattito”, oppure con deformità sternale). La palpazione del torace serve anche a localizzare la posizione dell’itto apicale del cuore e rilevare se sia
presente o meno un fremito cardiaco. Nei gatti gravemente “asmatici” l’esagerato sforzo espiratorio può portare alla comparsa di un torace a botte e ad
un’accentuazione della muscolatura (cosiddetta “linea della bolsaggine”).
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• La compressione del torace risulta diminuita in caso di estesi accumuli di
liquido a livello pleurico oppure quando è presente una massa intratoracica. Può anche essere ridotta nella COPD (o nella “asma” grave) come conseguenza dell’intrappolamento dell’aria all’interno del parenchima polmonare. La riduzione della compressione della parte anteriore del torace si osserva più comunemente nei casi di linfosarcoma timico (LSA). È interessante notare che oggi si riconosce che i gattini di razza siamese con meno
di due anni di vita sembrano essere predisposti ad un LSA timico o mediastinico anteriore FeLV-negativo). Tuttavia, è importante riconoscere i
quadri normali, ad es. i gattini giovani hanno un torace molto comprimibile, mentre in quelli anziani la comprimibilità è ridotta a causa della mineralizzazione delle loro cartilagini costocondrali.
• La percussione del torace può servire ad identificare la presenza di fluidi
o masse di tessuti molli all’interno della cavità (una riduzione della risonanza, tipicamente in sede ventrale), oppure di inusuali accumuli di gas
(un aumento della risonanza, tipicamente in sede dorsale). Può anche essere utilizzata per stabilire l’estensione della cavità toracica, che spesso è
aumentata nei gatti con COPD a causa dell’intrappolamento dell’aria. La
percussione del torace è una procedura particolarmente utile nel gatto, soprattutto perché molti di questi animali fanno le fusa. Tuttavia, è necessaria una certa pratica per effettuarla e bisogna stare attenti, quando si esegue la percussione nei gatti con grave compromissione respiratoria, perché
si possono esacerbare i segni clinici.
• La auscultazione del torace può venire utilizzata per identificare la presenza di sibili e rantoli, suoni polmonari aspri o ottusi e l’aumento o la diminuzione del rumore respiratorio, per individuare l’estensione del campo
respiratorio e nell’ambito dell’esame cardiaco. I sibili sono suoni musicali di tono elevato o cigolii che derivano dal movimento dell’aria attraverso
le vie aeree ristrette e, nella maggior parte dei casi, si odono nei gatti con
broncocostrizione, come avviene comunemente nell’asma. I rantoli si sentono più spesso al termine dell’inspirazione e di solito rappresentano il
gorgogliare dell’aria attraverso un fluido, indicando quindi la presenza di
quest’ultimo all’interno degli alveoli. I rantoli aspri possono derivare dall’apertura e chiusura di vie aeree di piccole dimensioni in gatti con malattia bronchiale. I suoni polmonari aspri sono rappresentati da un murmure
broncovescicolare pronunciato che può indicare un flusso turbolento all’interno delle vie aeree. Il rumore respiratorio può essere aumentato nelle malattie delle vie aeree profonde, riferito in quelle delle vie aeree superiori o amplificato per la presenza di aria nello spazio pleurico. Per stabilire quale sia il caso nel soggetto in esame è necessario effettuare l’auscultazione al di sopra della trachea per accertare l’entità del suono riferi406
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to. La percussione può servire a differenziare un’affezione delle vie aeree
profonde da uno pneumotorace. Una diminuzione del rumore respiratorio
può essere associata alla presenza di fluidi o di tessuti molli all’interno
dello spazio pleurico. Vale la pena di notare che il riscontro uditivo di suoni polmonari apparentemente normali in un gatto dispnoico o tachipnoico
non è normale, ma indica che c’è qualcosa che maschera il suono.
• Esame clinico della funzione cardiaca; questo comprende una valutazione
della frequenza e del ritmo del cuore, dell’intensità del battito, del tempo
di riempimento capillare, del colore delle mucose, della qualità del polso
periferico, della posizione dell’itto apicale, della presenza di un fremito
cardiaco, del riscontro di una distensione giugulare, di un polso giugulare
e/o di un riflesso epatogiugulare positivo e/o della presenza di deficit di
polso e dell’auscultazione cardiaca. La presenza di un fremito cardiaco, di
una distensione giugulare, di un polso giugulare, di un riflesso epatogiugulare positivo o di anomalie identificate attraverso l’auscultazione del
cuore giustifica un esame cardiaco più dettagliato (vedi oltre). Vale la pena di notare che, a differenza di quanto accade nel cane, la cardiopatia nel
gatto può portare ad una malattia delle vie aeree profonde (edema polmonare) o della cavità toracica (liquido pleurico), ma molto raramente
causa tosse.
Esame dell’apparato cardiovascolare: per contribuire a differenziare le
cause respiratorie della dispnea da quelle cardiache è necessario un meticoloso esame dell’apparato cardiovascolare. Tuttavia, va sottolineato che
può essere presente una grave cardiopatia senza anomalie rilevabili all’auscultazione del cuore; inoltre, le malattie respiratorie primarie possono essere accompagnate da anomalie cardiache.
Bisogna valutare la frequenza ed il ritmo del cuore. La posizione dell’organo può essere spostata in caso di collasso dei lobi polmonari o se nella
cavità toracica sono presenti fluidi o tessuti molli. Può essere quindi utile notare se il cuore si trovi o meno nella sua posizione abituale o se l’itto apicale sia spostato. Bisogna valutare l’intensità dei toni cardiaci. Questi possono essere diminuiti negli animali obesi, ma anche nei soggetti
con enfisema, malattia pleurica o pericardica, o in caso di diminuzione
della contrattilità del ventricolo sinistro e della gittata cardiaca. Al contrario, i toni cardiaci risultano aumentati negli animali magri o in forma,
oppure negli stati iperdinamici (come l’anemia, la piressia o l’ipertiroidismo). La bradicardia è un riscontro molto preoccupante, dal momento che
deriva tipicamente da un’insufficienza miocardica primitiva o secondaria
(quest’ultima di può osservare in caso di sepsi, pancreatite, FIP, neoplasia ecc…). I toni cardiaci supplementari possono essere udibili (ritmo di
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galoppo). Questi sono dovuti all’intensificazione del terzo o quarto tono
del cuore (o di entrambi). Il ritmo di galoppo indica spesso una miocardiopatia avanzata o un’insufficienza cardiaca. Il rapido riempimento ventricolare genera il terzo tono cardiaco, la cui intensità è determinata dalla
velocità con cui si ha lo riempimento ventricolare iniziale. Un’accentuazione del terzo tono cardiaco è comunemente associata ad una miocardiopatia restrittiva o ad un sovrariempimento ventricolare diastolico. Il
quarto tono viene prodotto dalla sistole atriale ed è quindi attenuato nelle
condizioni in cui si ha una compromissione del rilasciamento ventricolare, come l’ipertensione, la miocardiopatia ipertrofica (HCM) o l’ipertiroidismo. Se risultano udibili sia il terzo che il quarto tono, si può apprezzare un galoppo di sommazione.
È necessario notare la presenza e le caratteristiche di ogni eventuale soffio. L’approfondita auscultazione del cuore deve essere effettuata anche
lungo lo sterno, dato che in molti gatti i soffi risultano spesso udibili in
questa sede. Se all’auscultazione si apprezza un soffio, è necessario localizzarne il punto di massima intensità, che può contribuire a stabilire l’origine del soffio stesso (ciò può servire nel cane, ma è raro che sia molto
utile nel gatto, a causa della stretta prossimità delle valvole in questa specie animale). È necessario accertare il momento temporale del soffio (sistolico, diastolico o entrambi) e la sua intensità, nonché stabilire se sia dinamico (cioè che si altera con le modificazioni della frequenza cardiaca)
oppure statico. I soffi diastolici sono rari nei felini e, nella maggior parte
dei casi, risultano associati a difetti congeniti (stenosi delle valvole atrioventricolari). Anche i soffi continui sono rari nel gatto; anche in questo
caso, sono tipicamente associati ad anomalie congenite (dotto arterioso
pervio o anomalie congenite multiple). Vengono frequentemente identificati soffi sistolici. Quando all’auscultazione si rileva un soffio sistolico
dinamico, questo è spesso dovuto ad un’ostruzione del deflusso ventricolare (che può riguardare l’atrio sinistro o destro). Sfortunatamente, in
questi casi il grado del soffio varia con la frequenza cardiaca e, quindi,
non costituisce una buona rappresentazione dell’estensione della malattia.
Bisogna valutare il ritmo del cuore. L’aritmia sinusale non è un riscontro
normale nel gatto (almeno non nella situazione clinica). La presenza di
un’aritmia sinusale è indicativa di un aumento del tono vagale e risulta comune soprattutto nel caso di ostruzione delle vie aeree superiori, benché si
possa anche identificare in presenza di traumi o malattie cervicali e non sia
rara nelle affezioni addominali come la gastrite o le pancreopatie. Inoltre,
bisogna notare le caratteristiche e la natura del polso periferico. Se è evidente un’aritmia cardiaca, la presenza o l’assenza di qualsiasi deficit di
polso può contribuire a determinare la causa dell’aritmia (ad esempio,
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spesso si riscontrano molteplici deficit di polso in un gatto con fibrillazione atriale, a causa della variazione dello riempimento ventricolare). Se il
polso periferico è piccolo e debole, è probabile che il gatto presenti una riduzione della gittata sistolica, un aumento della resistenza periferica ed un
restringimento della pressione del polso (la differenza fra le componenti
sistolica e diastolica). Le cause comuni di questo tipo di polso sono rappresentate da insufficienza ventricolare sinistra e shock ipovolemico.
• Il rigurgito può essere presente nei casi in cui la malattia all’interno della
cavità toracica impedisce il transito del cibo attraverso l’esofago (ad es., in
un LSA mediastinico). Quando si osservano insieme il rigurgito e la tosse,
di solito è presente una malattia mista, ad es. un megaesofago derivante da
un’affezione mediastinica, con polmonite ab ingestis secondaria e tosse.
La malattia mediastinica di per sé è raramente causa di tosse. Questa di solito deriva da un marcato ingrossamento dei linfonodi dell’ilo.
• Condizione corporea generale e peso corporeo. I gatti gravemente dispnoici presentano spesso scarso appetito e, quindi, vanno incontro ad un
certo grado di perdita di peso. Un dimagramento marcato è maggiormente indicativo di neoplasia o di grave malattia sistemica, come un’insufficienza cardiaca congestizia.
• Esame clinico generale: molte malattie intratoraciche presentano un coinvolgimento sistemico. L’esame oculare può suggerire la presenza di uveite o retinite in casi di FIP o di segni di ipertensione associati ad ipertrofia
miocardica. Il riscontro di un gozzo può essere utile perché i gatti ipertiroidei possono sviluppare un’ipertrofia miocardica. L’esame dell’addome
può rivelare una mancanza di contenuto in caso di rottura del diaframma o
ernia peritoneopericardica. Nei casi di FIP, insufficienza cardiaca congestizia, ipoproteinemia o neoplasia generalizzata può essere presente ascite. La linfoadenopatia generalizzata o regionale si osserva più frequentemente nei casi di neoplasia o infezione da micobatteri.
ULTERIORI INDAGINI
Prima di condurre ulteriori indagini, o anche di portare a termine un esame clinico completo, può essere necessario stabilizzare il paziente. Il modo
più semplice per ottenere questo risultato è quello di porre il gatto in un ambiente arricchito con ossigeno (scatola, tenda o maschera ad ossigeno). Nei
gatti colpiti da una malattia della cavità toracica, il drenaggio dello spazio
pleurico per liberarlo dalla presenza di fluidi o aria può essere una procedura
salvavita che va attuata in questa fase dell’indagine clinica (si veda la sezione relativa alla raccolta di campioni).
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La valutazione del profilo biochimico, dell’esame emocromocitometrico
completo e dello status relativo a FeLV/FIV contribuisce alla formazione di
un quadro complessivo sulla salute del gatto, ma è raro che questi esami portino ad una diagnosi definitiva. Per queste ragioni, di solito sono necessari la
radiografia ed il prelievo di campioni per esami citologici, istopatologici e
microbiologici.
Il profilo biochimico può occasionalmente essere utile, suggerendo una
diagnosi di FIP (aumento dei livelli di globuline e bilirubina). L’esame emocromocitometrico completo può sostenere una diagnosi di piotorace o polmonite (aumento del conteggio dei neutrofili con spostamento a sinistra ed eventuale presenza di alterazioni tossiche all’interno dei neutrofili stessi). La linfopenia può essere associata ad infezioni da FeLV o FIV, oppure alla FIP, oppure indicare una malattia grave. L’eosinofilia può essere associata all’“asma
felina” o all’infestazione da nematodi polmonari, oppure non essere correlata
alla malattia toracica (ad es., in caso di concomitante infestazione da pulci).
Anche se molti trattati suggeriscono che la maggior parte dei LSA mediastinici sia FeLV-positiva, molti clinici ritengono che non sia così. Perciò, è necessario valutare lo status relativo all’infezione da FeLV e FIV per contribuire a determinare la prognosi. Tutti i gatti con HCM devono essere sottoposti
alla determinazione dei livelli sierici totali di T4.
È possibile identificare le larve di nematodi polmonari (A. abstrusus) attraverso l’esame coprologico utilizzando il metodo per flottazione di Baermann. In alternativa, può essere più comodo eseguire un tentativo terapeutico
con fenbendazolo alla dose di 50 mg/kg/die PO per circa 10 giorni.
Quando vi sono segni indicativi di una disfunzione cardiaca si deve
eseguire un esame del cuore più dettagliato. Questo può comprendere
ECG, radiografie del torace, valutazione della pressione sanguigna ed
ecocardiografia.
Indagini radiografiche
L’esame ideale deve prevedere la ripresa di immagini di buona qualità in
proiezione dorsoventrale (DV – buona per il dettaglio cardiaco), ventrodorsale (VD – buona per il dettaglio polmonare) e laterolaterale. Può essere utile
l’anestesia generale perché consente il controllo della respirazione e permette di riprendere le radiografie alla fine dell’inspirazione. Inoltre, in questo modo è possibile sottoporre il paziente ad una maggiore erogazione di ossigeno.
Se sono disponibili le apparecchiature necessarie, per valutare i gatti con versamento pleurico può essere molto utile la ripresa di una radiografia in proiezione laterolaterale in stazione.
410
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Le radiografie devono essere esaminate per valutare l’integrità dello scheletro del torace, la presenza di fluidi pleurici o mediastinici, masse o ombre
gassose, la radiopacità e la posizione dei polmoni, le dimensioni e la posizione del cuore, la presenza di masse all’interno dei campi polmonari e l’integrità del diaframma. Le immagini radiografiche possono servire a valutare la
posizione degli organi addominali, le dimensioni del fegato e la presenza di
liquido ascitico.
Quando si effettua la valutazione delle radiografie del torace, è necessario
operare con attenzione, perché in alcune occasioni può darsi che non vi siano
alterazioni evidenti, nonostante la presenza di un processo patologico grave.
È spesso così nel caso della broncopneumopatia cronica, o della trombosi polmonare. Per valutare questi casi può essere necessario ripetere l’esame radiografico in una data successiva. Quando è presente del liquido, le radiografie
vanno ripetute dopo la toracentesi.
Le radiografie dei gatti con broncopneumopatia cronica di solito rivelano
un quadro bronchiale pronunciato, con o senza alterazioni interstiziali e/o infiltrati alveolari a chiazze. Occasionalmente, si può avere il collasso del lobo
medio di destra, presumibilmente per l’occlusione dei bronchi ad opera di
muco e detriti. I polmoni possono apparire iperinsufflati a causa dell’intrappolamento dell’aria, con appiattimento del diaframma ed enfisema periferico.
In casi molto gravi possono essere evidenti delle fratture costali (tipicamente
delle costole caudali, nella zona vicina alla colonna vertebrale).
Esami ecografici
L’esame ecografico può essere utile per individuare masse localizzate all’interno del fluido toracico. Può anche servire come guida per l’aspirazione
con ago sottile (FNA, fine needle aspiration) o la biopsia con ago Tru-cut di
masse toraciche e nella valutazione della funzione cardiaca (ecocardiografia).
Broncoscopia
Quando è disponibile, un piccolo broncoscopio può consentire al clinico
di visualizzare la trachea ed i bronchi principali. Questo strumento può venire utilizzato per ricercare la presenza di segni di infiammazione tracheale, restringimenti, edema, collasso, corpi estranei, granulomi, neoplasie o elminti.
Quando si dispone degli strumenti adeguati, si può attuare la rimozione di
corpi estranei ed indirizzare il lavaggio broncoalveolare a specifici lobi polmonari. I casi di broncopneumopatia cronica possono rivelare eritema della
mucosa tracheale e bronchiale e/o presenza di una quantità eccessiva di muco/materiale mucopurulento all’interno delle vie aeree.
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Prelievo di campioni
A questo stadio dell’indagine dovrebbe risultare evidente se i campioni devono essere prelevati dalle vie aeree profonde oppure dallo spazio pleurico. Il
prelievo può essere effettuato utilizzando numerosi metodi differenti:
Lavaggio tracheale
Lavaggio broncoalveolare (BAL)
Biopsia della mucosa bronchiale
FNA transtoracica di una massa di tessuti molli
Biopsia mediante Tru-cut sotto guida ecografica di una massa di tessuti
molli
Toracentesi
• I lavaggi tracheali possono essere effettuati raramente nei gatti non anestetizzati, e la tecnica può consentire soltanto il prelievo di campioni dal
tratto superiore dell’albero respiratorio. L’autore ritiene questa procedura
stressante ed insoddisfacente.
• Lavaggio broncoalveolare (BAL). Questa tecnica è molto più gratificante.
Il gatto viene leggermente anestetizzato e posto in decubito sternale o laterale. Quest’ultima soluzione può venire utilizzata quando la malattia è
localizzata principalmente su uno dei due lati, disponendo ventralmente la
parte colpita. Nei casi in cui si possa utilizzare un broncoscopio pediatrico per uso umano, si può effettuare il prelievo di campioni mediante BAL
sotto guida endoscopica. Quando si ricorre invece alla tecnica senza guida
endoscopica, si impiega uno stretto catetere sterile che viene preventivamente appoggiato sul corpo del gatto in modo da individuare e contrassegnare un punto situato a 2/3 circa della lunghezza del torace. Si può utilizzare un catetere urinario per cani oppure un catetere endoscopico (nota:
quanto più stretto è il catetere, tanto più è probabile che si riesca a raggiungere un punto situato in profondità nell’albero respiratorio e tanto
maggiori sono le probabilità che il BAL abbia successo). Il catetere viene
quindi introdotto attraverso il tubo orotracheale sterile e fatto avanzare delicatamente fino a che non può più progredire (cioè per un tratto che corrisponde circa al livello precedentemente contrassegnato) (i cateteri possono talvolta rimanere “intrappolati” a livello della biforcazione tracheale,
nel qual caso può essere necessario un delicato riposizionamento). Attraverso il catetere si effettua quindi il lavaggio con soluzione fisiologica sterile riscaldata (circa 3-10 ml/gatto). Di solito, si riesce a riaspirare solo una
quantità molto scarsa di questa prima irrigazione. Si attuano quindi un secondo ed un terzo ciclo di lavaggio/aspirazione. Fra ognuno dei lavaggi si
può effettuare il coupage del torace del gatto, che contribuisce a determi412
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nare il rilascio di cellule nella soluzione fisiologica. Il materiale ottenuto
col secondo lavaggio viene generalmente destinato alla colture microbiologiche, mentre il terzo è utilizzato per l’esame citologico. Nel terzo lavaggio di solito si ha la massima raccolta di cellule alveolari. Il fluido che
viene riaspirato deve essere leggermente torbido (cellulare) e schiumoso
(il che denota la presenza di surfactante). Dopo l’esecuzione di un BAL, il
gatto deve essere sottoposto ad un trattamento di arricchimento con ossigeno per qualche minuto prima di essere lasciato svegliare dall’anestesia.
Dal momento che il BAL può, molto occasionalmente, stimolare la broncocostrizione, è ragionevole tenere a disposizione l’occorrente per una terapia broncodilatatrice di emergenza (ad es., terbutalina IV).
Esiste una considerevole discussione su quali siano gli elementi costitutivi del BAL, in contrapposizione con quelli del lavaggio tracheobronchiale. Alcuni autori affermano che per eseguire un BAL sono necessari volumi molto più elevati di soluzione fisiologica (fino a 50 ml/gatto). Tuttavia,
l’autore ritiene che ciò non sia vero. È relativamente facile determinare se
i campioni contengono o meno del materiale proveniente dagli alveoli: il
fluido recuperato dall’ambito alveolare contiene principalmente macrofagi alveolari, mentre quello che deriva dall’albero bronchiale tende a presentare soprattutto cellule epiteliali.
Nel gatto, il fluido normale del BAL contiene:
140-450 elementi nucleati/µl
60-90% di macrofagi
2-30% di eosinofili*
Nei gatti con broncopolmonite batterica di solito si riscontrano numeri elevati di neutrofili (che possono contenere batteri fagocitati), mentre nella
broncopneumopatia cronica di solito si osserva un incremento di neutrofili,
macrofagi, cellule epiteliali iperplastiche e/o quantità eccessive di muco. Nei
gatti con affezioni polmonari allergiche (“asma felina”) si può avere un incremento del numero di eosinofili, mast cell, neutrofili e macrofagi.
*
Occasionalmente, i gatti normali possono arrivare a presentare fino all’85%
di eosinofili nel fluido del BAL.
• La biopsia della mucosa bronchiale si può eseguire con o senza guida endoscopica. Di solito, l’esame si effettua servendosi di pinze da biopsia per
endoscopia. La procedura non deve essere intrapresa senza un’adeguata
preparazione da parte dell’operatore, dato che la formazione di una perforazione a tutto spessore può portare a pneumotorace o piotorace. Il prelievo di cellule bronchiali utilizzando uno spazzolino da endoscopia è considerevolmente meno traumatico.
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• La FNA transtoracica di una massa di tessuti molli può essere eseguita
con o senza guida endoscopica. Quando si effettua un prelievo di campioni mediante FNA da masse situate molto vicino al cuore o ai vasi principali, o in caso di biopsia con ago Tru-Cut, si raccomanda la guida ecografica. Nella maggior parte dei casi, è fortemente auspicabile che il paziente
sia anestetizzato. La cute che ricopre l’area interessata deve essere preparata asetticamente.
Trattamento dei campioni
• Esami colturali: è necessario un contenitore sterile. Se si intendono effettuare colture anaerobiche, questo deve essere svuotato di tutta l’aria. L’ideale è esaminare tutti i fluidi alla ricerca di batteri aerobici ed anaerobici, miceti e lieviti. È molto importante contattare il laboratorio diagnostico, prima
di prelevare ed inviare i campioni, perché possono essere necessari speciali
terreni di trasporto. Dal momento che la maggior parte dei laboratori non effettua di routine la ricerca di Mycoplasma spp. o B. bronchiseptica, è importante chiedere loro di farlo, dato che oggi si riconosce che questi agenti
infettivi sono molto più comuni di quanto non si ritenesse in precedenza; la
percentuale di gatti con broncopneumopatia cronica nei quali è stata riscontrata un’infezione da Mycoplasma spp. arriva fino al 20-25%.
• Esami citologici: Per gli esami citologici si impiegano provette con eparina o
EDTA. Queste devono essere esaminate prontamente, prima che vadano perduti i dettagli cellulari. Quando è necessario spedire lontano i campioni per
l’esame, si devono preparare 4-6 vetrini al momento del prelievo, secondo le
modalità preferite dal citologo (asciugatura all’aria, fissazione mediante
spray oppure in alcool). Se il numero delle cellule presenti è scarso, il campione può essere centrifugato (200 rpm x 2-4 minuti) per poi allestire degli
strisci con il pellet cellulare. Per la valutazione ambulatoriale, risultano adeguate le colorazioni di Gram e quella di Diff-Quick. Il conteggio cellulare si
può effettuare su campioni trattati con EDTA come anticoagulante.
TRATTAMENTO DELLE MALATTIE DELLE VIE AEREE
PROFONDE
Nelle malattie delle vie aeree profonde il trattamento dipende generalmente dalla diagnosi specifica.
1. Trattamento della broncopneumopatia
Il trattamento della broncopneumopatia cronica è finalizzato al controllo
dei segni clinici piuttosto che ad ottenere la guarigione. La terapia deve essere adattata su misura ad ogni singolo caso. Gli scopi sono quelli di:
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• Modificare lo stile di vita
• Far regredire la broncocostrizione: agonisti β-adrenergici, teofillina
• Ridurre l’infiammazione: (corticosteroidi, antibiotici, antiserotoninergici
e, forse, antagonisti dei recettori dei leucotrieni).
Modificare lo stile di vita
Spesso si ottiene un marcato miglioramento del benessere del gatto riducendo la sua esposizione agli agenti irritanti delle vie aeree (fumo, lettiere per
gatti, aerosol, ambienti polverosi, bruschi cambiamenti di temperatura), impedendo che possa accedere a farmaci capaci di causare broncocostrizione (βbloccanti, acido acetilsalicilico), evitando gli eventi stressanti e, nei gatti obesi, avviando un programma di dimagramento.
Terapia medica
La prima linea della terapia medica consiste nel trattamento di ogni infezione e nella somministrazione di un broncodilatatore. Solo quando questi interventi non funzionano o quando la malattia è più grave si aggiungono i corticosteroidi. La terapia per via orale in precedenza è stata il caposaldo del trattamento, ma oggi vengono utilizzati più ampiamente i farmaci inalatori, in
particolare nei casi più complicati. Il loro principale vantaggio è la generale
mancanza di effetti collaterali sistemici. Ciò detto, è importante ricordare che
pochi farmaci (sia orali che da inalazione) sono stati provati scientificamente
nel gatto ed ancora meno sono stati sottoposti a studi a lungo termine.
Farmaci inalatori (prezzi approssimativi al gennaio 2004)
Il successo dell’impiego di erogatori, serbatoi e piccole maschere facciali
richiede un po’ di pratica da parte del proprietario e del paziente, ma molti gatti stanno molto bene quando vengono sottoposti a questa terapia. È preferibile
che il proprietario introduca l’uso della maschera quando il gatto è a casa, piuttosto che in clinica, dato che ciò porta l’animale ad accettare più rapidamente
l’operazione. È preferibile introdurre l’uso della maschera e della camera con
modalità non minacciose e per gradi; l’applicazione di una piccola quantità del
cibo preferito del gatto all’interno di una maschera può farla accettare più facilmente. Solo quando la maschera è stata accettata si deve aggiungere il farmaco. La Aerokat Chamber (circa 50£, 49 euro, vedi oltre per i dettagli) è stata studiata specificamente per i gatti e rappresenta la scelta d’elezione. Si possono anche prendere in considerazione le camere Babyhaler o Pediatric Volumatic della Allen & Hanburys, che però di solito richiedono dosi più elevate di
farmaco. Queste camere sono più economiche; circa 10£, 13 euro, ma il dosaggio più elevato dei farmaci fa aumentare rapidamente i costi.
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Protocolli terapeutici consigliati
Casi lievi: Salbutamolo (erogatore predosato [MDI, metered dose inhaler]
da 100 mg, circa 3£, 4 euro), somministrare una dose (1 puff) secondo necessità. I broncodilatatori non devono essere utilizzati da soli (cioè senza i corticosteroidi) tranne che nei casi molto lievi, che necessitano soltanto di trattamenti occasionali.
•
•
•
•
Casi moderati: segni clinici che compaiono su base giornaliera.
Salbutamolo, 1-2 dosi, 2-4 volte al giorno.
Corticosteroidi da inalazione:
Nel gatto è stato utilizzato più frequentemente il fluticasone. È molto costoso, MDI da 125 mg (circa 40£, 52 euro) 1-2 dosi due volte al giorno.
Il budesonide, come il fluticasone, viene assorbito in misura minima dai
polmoni. Il dosaggio è quello del fluticasone.
Il beclometazone può essere considerato un’alternativa. MDI 100 o 200
mg (circa 15£, 20 euro): 1-2 dosi due volte al giorno.
Il Qvar è una forma di beclometazone attualmente oggetto di indagine, dato che le dimensioni più piccole delle sue particelle possono consentire
l’impiego di dosi più basse. MDI da 50 mg (12£, 16 euro), due dosi, 2-3
volte al giorno.
I dosaggi elencati sono soltanto indicativi, ed è preferibile provare ad utilizzare la dose minima efficace. Quando occorre effettuare più di una somministrazione, si deve porre una dose nella camera e poi applicare la maschera
all’area facciale del gatto per 5-10 secondi. L’operazione deve essere poi ripetuta per la seconda dose.
Casi gravi: Il trattamento è come quello per i casi moderati (Salbutamolo
[1-2 dosi, 2-4 volte al giorno], più steroidi inalati [1-2 dosi, due volte al giorno]). Tuttavia, dato che gli steroidi inalati possono richiedere 1-2 settimane
per arrivare al massimo effetto, sono anche indicati degli steroidi per via orale. Questi di solito possono essere ridotti o sospesi quando la malattia sia stata posta maggiormente sotto controllo, il che avviene tipicamente nell’arco di
2-4 settimane. (Cioè, 5 mg di prednisolone due volte al giorno per una settimana, poi 5 mg di prednisolone una volta al giorno per una settimana, poi 5
mg di prednisolone a giorni alterni per una settimana, poi interrompere le
somministrazioni).
Il salmeterolo può essere aggiunto come trattamento serale per garantire
una broncodilatazione che duri tutta la notte, oppure somministrato due volte
al giorno nei casi più gravi. MDI da 120 mg (40£, 52 euro): 1-2 dosi, 1-2 volte al giorno.
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Trattamento per via orale
Quando si deve utilizzare la somministrazione di farmaci per via orale,
l’autore di solito inizia con un periodo di prova di due settimane con teofillina long-acting. Se questo non riesce ad ottenere un sufficiente controllo dei
segni clinici, di solito si aggiunge il prednisolone. Quando un broncodilatatore (ad es., la teofillina long-acting) non riesce a determinare una risposta positiva, si può utilizzare al posto un broncodilatatore di una classe differente
(ad es., terbutalina). (Alcuni autori preferiscono utilizzare la terbutalina come
farmaco di prima scelta). Quando non si può impiegare il prednisolone (infezioni ricorrenti, intolleranza, diabete mellito) e la somministrazione per via
inalatoria non viene tollerata, l’autore effettua dei tentativi con un agente antiserotoninergico, oppure, occasionalmente, con un antagonista dei recettori
dei leucotrieni. Nei gatti sovrappeso che trovano difficoltà a restare a dieta
può risultare utile un dosaggio ridotto di corticosteroidi, che può essere compensato dall’introduzione nel protocollo di un trattamento per via inalatoria.
Far regredire la broncocostrizione
• Agonisti beta2-adrenergici:
Il Salbutamolo (Albuterolo, “Ventolin”), MDI a dose singola, utilizzato secondo necessità, è efficace entro circa 5-10 minuti (cioè agisce più rapidamente quando viene somministrato per inalazione che PO, SC o IM. (Vedi sopra per i protocolli terapeutici). L’impiego di dosi elevate può portare a tachicardia e spasmi muscolari.
Il Salmeterolo (“Serevent”) è un broncodilatatore a lungo termine che richiede fino ad 1-2 ore per determinare l’effetto, ma dura circa 8-12 ore. (Vedi sopra per i protocolli terapeutici). L’impiego di dosi elevate può esitare in
tachicardia e spasmi muscolari.
Terbutalina (“Bricanyl”) 0,625-1,25 mg PO ogni 12 ore.
Come tutti questi farmaci, questo agente non è registrato per l’impiego nel
gatto. Tuttavia, è stato utilizzato frequentemente con scarse segnalazioni di
problemi. Gli effetti collaterali sono rappresentati da disturbi gastroenterici,
debolezza, tachicardia ed ipotensione. Bisogna fare attenzione quando si utilizzano contemporaneamente i corticosteroidi.
• Teofillina: teofillina a lento rilascio (“Corvental-D”) 20-25 mg/kg PO
ogni 24 ore. La teofillina è un broncodilatatore debole, che migliora anche
il trasporto mucociliare, stabilizza le mast cell ed aumenta la forza delle
contrazioni dei muscoli della respirazione. Ha una ristretta finestra tera417
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peutica, con fenomeni di tossicità che esitano in problemi gastroenterici,
iperattività, crisi convulsive ed aritmia cardiaca. L’efficacia dipende in larga misura dalla formulazione; si raccomanda l’impiego di Corvental-D e
Theo-Dur.
Ridurre l’infiammazione
• Corticosteroidi:
Il fluticasone propionato (“Flixitide”) o il beclometazone bipropionato
(“Becotide”, “Qvar”) vengono somministrati per via inalatoria. Sono praticamente privi di effetti sistemici (soprattutto il fluticasone). Nel gatto
possono occasionalmente causare un’irritazione delle vie aeree (vedi sopra
per i protocolli terapeutici).
Prednisolone: 0,25-2 mg/kg PO ogni 12 ore, poi ridurre lentamente.
I corticosteroidi sono molto efficaci per attenuare l’infiammazione delle
vie aeree e con il dosaggio prolungato possono anche diminuirne la iperreattività. Bisogna evitare la terapia con dosi elevate a breve termine, perché si può avere un effetto di ritorno di iper-reattività.
• Anti-serotoninergici: Ciproeptadina (“Periactin”) 0,1-1,0 g/kg PO ogni
8-24 ore.
Dato che le mast cell feline rilasciano elevate concentrazioni di serotonina, numerosi clinici hanno utilizzato farmaci antiserotoninergici per trattare i casi refrattari di “asma felina”. La ciproeptadina è stata impiegata con
successo per controllare numerosi casi difficili, ma ha un considerevole effetto di stimolazione dell’appetito che può essere di scarsa utilità. Può anche causare sonnolenza ed perdita della coordinazione. Il farmaco non è
registrato per l’impiego in medicina veterinaria.
• Antagonisti dei recettori dei leucotrieni: Zafirkulast (“Accolate”) 0,51,0 mg/kg PO ogni 12-24 ore; Montelukast (“Singulair”) 0,25-0,5 mg/kg
PO ogni 24 ore. Nell’uomo, si è diffuso l’impiego di numerosi altri farmaci antinfiammatori, compresi gli antagonisti dei recettori leucotrienici.
Tuttavia, benché l’autore abbia riscontrato che lo zafirlukast risulta utile in
casi occasionali di asma felina, i dati sperimentali suggeriscono che sia
improbabile che questi farmaci risultino di grande utilità nel gatto. Inoltre,
la inspiegata ed improvvisa morte di uno dei gatti utilizzati nella ricerca
può suggerire di evitare questo gruppo di farmaci. Questi agenti spesso devono essere somministrati per 4 settimane prima di manifestare pienamente il loro effetto. Si tratta di farmaci non registrati per uso veterinario.
• Antibiotici: i gatti con broncopneumopatia cronica sono molto suscettibili alle infezioni opportuniste delle vie aeree. Qualunque infezione riscontrata va trattata. L’ideale è scegliere gli antibiotici sulla base degli esami
colturali e degli antibiogrammi. Tuttavia, come scelte empiriche si posso418
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no utilizzare la doxiciclina, le penicilline ed i fluorochinoloni. Spesso è necessario un trattamento per 4-6 settimane. La terapia consigliata per la micoplasmosi consiste nella somministrazione di doxiciclina alla dose di 5
mg/kg PO ogni 12 ore.
• Mucolitici: Bromexina (“Bisolvon”) 3 mg/gatto/die IM o 1 mg/kg/die PO.
L’autore ha raramente riscontrato l’utilità dei mucolitici, ma altri li raccomandano per alleviare la congestione del tratto respiratorio.
Scompenso acuto
Si tratta di una condizione che richiede un pronto intervento. È importante mantenere il contenimento al minimo ed aumentare la concentrazione dell’ossigeno nell’aria che il gatto sta respirando (tenda o scatola ad ossigeno).
I farmaci ad azione rapida sono rappresentati da:
Metilprednisolone Na succinato: 50-100 mg/gatto SC, IM, IV
Desametazone: 0,2-2,2 mg/kg SC, IM, IV
Terbutalina: 0,01 mg/kg SC, IM, IV ogni 4 ore (viene anche assorbito molto rapidamente PO)
Aminofillina: 5 mg/kg IV ogni 8-12 ore (viene anche assorbita molto rapidamente PO). Risulta dolorosa quando è somministrata IM o SC.
Alcuni farmaci possono essere somministrati attraverso un erogatore o nell’aria nebulizzata. Sfortunatamente, quest’ultima soluzione può far sì che sia
necessario più tempo per il raggiungimento delle concentrazioni terapeutiche.
Tuttavia, certi agenti sono più efficaci di altri quando vengono somministrati per
questa via; ad es., il salbutamolo (due dosi ogni 30 minuti per periodi fino a 24 ore) e/o il fluticasone (vedi sopra) possono avere benefici effetti, in particolare nei gatti in cui è già stata in precedenza formulata una diagnosi di asma.
In presenza di una grave difficoltà respiratoria:
Adrenalina: 0,1 ml di una soluzione 1: 1000 SC, IM, IV o mediante sonda orotracheale
Atropina:
0,015 mg/kg IV, 0,04 mg/kg SC – blocca la broncocostrizione vagale e riduce le secrezioni bronchiali, ma aumenta la
frequenza cardiaca e può causare un’aritmia.
Sfortunatamente, i casi molto gravi possono essere troppo instabili per
consentire di portare a termine un qualsiasi esame clinico. In queste situazioni, in cui è impossibile dire se il gatto è asmatico, colpito da broncocostrizione o affetto da insufficienza cardiaca congestizia, non è inappropriato effettuare una singola iniezione IM di uno steroide ad azione breve (ad es, desametazone), un broncodilatatore (ad es., terbutalina) e furosemide.
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2. Broncopolmonite batterica
Il trattamento della broncopolmonite batterica di solito consiste in un ciclo
protratto di antibiotici. L’ideale è che questi vengano scelti in base agli esami
colturali ed agli antibiogrammi. Risultano utili come agenti ad ampio spettro
l’amossicillina, le cefalosporine, la doxiciclina, le associazioni trimethoprim/sulfamidico e gli aminoglicosidi. Può essere necessario utilizzare delle
combinazioni di questi farmaci. Una che l’autore utilizza spesso per ottenere
una copertura a 360° contro agenti infettivi sconosciuti è rappresentata da
amossicillina/clavulanato (10 mg/kg IV, ogni 8-12 ore; 12-25 mg/kg PO ogni
8-12 ore), enrofloxacin (5 mg/kg PO [IV lenta] ogni 24 ore) e clindamicina
(10 mg/kg IV PO ogni 12 ore), che, benché non registrata, si può somministrare per via endovenosa nei pazienti in condizioni critiche. Possono anche
essere utili gli ambienti arricchiti con ossigeno, la fluidoterapia, l’umidificazione delle vie aeree, i broncodilatatori ed il coupage giornaliero.
Infestazione da elminti polmonari
Nei casi lievi, può essere sufficiente la terapia di sostegno. In quelli più gravi, può essere necessario un intervento. La prima scelta terapeutica è data dal
fenbendazolo, alla dose di 50 mg/kg/die PO per 10-21 giorni, dal momento che
ha una tossicità minima. In aggiunta a questo farmaco, è consigliabile somministrare broncodilatatori (vedi sopra), una copertura antibiotica per prevenire le
infezioni secondarie del tessuto polmonare danneggiato e glucocorticoidi a dosi antinfiammatorie per ridurre la flogosi che tende a svilupparsi quando il sistema immunitario del gatto elimina gli elminti morti e morenti. In alternativa
al fenbendazolo si possono utilizzare l’ivermectina (0,4 mg/kg SC) ed il levamisolo (25-30 mg/kg suddivisi in 8 dosi e somministrato a giorni alterni per 5
trattamenti). Quando si utilizza il levamisolo bisogna fare attenzione, perché
può essere molto tossico nel gatto ed avere un sapore molto amaro.
I distanziatori AeroKat si possono ottenere da:
USA: Martin Foley, Vice President, Advanced Product Design,
Trudell Medical International, 725 Third Street, London, Ontario, Canada N5V 5G4
Phone: +1 519 455 7060 ext 2203 - Fax: +1 519 455 6478
Email: [email protected] - www.aerokat.com
UK: Jon Slattery, BreathEazy Ltd
8 Woodford Road, South Woodford, London E18 2BH
T/F: 0208 530 8650 - Email: [email protected] - www.breatheazy.co.uk
La bibliografia è disponibile a richiesta presso l’autore:
[email protected]
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55° Congresso Nazionale SCIVAC
MILANO, 2-4 MARZO 2007
Federico Leone
Med Vet, Senigallia (Ancona)
Quadri clinici, problemi diagnostici
e terapie vecchie e nuove
in parassitologia cutanea felina
Domenica, 4 marzo 2007, ore 12.15
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Le malattie parassitarie cutanee si riscontrano con estrema frequenza in
dermatologia felina dove rappresentano una delle principali diagnosi differenziali nell’ambito di numerose dermatosi.
ROGNA NOTOEDRICA
Agente responsabile è Notoedres cati, acaro dal corpo subcircolare di 225250 µm di lunghezza. Il rostro è corto e quadrato. Le zampe sono corte e le
due paia di arti anteriori, con pretarsi non articolati, terminano con una struttura a forma di ventosa (pulvillo). Gli arti posteriori sono rudimentali, non si
estendono oltre il corpo del parassita e presentano lunghe setole prive di ventose in entrambi i sessi.
La superficie dorsale presenta strie cuticolari concentriche ad aspetto di
“impronta digitale”, scaglie arrotondate disposte a tegola a file trasversali e
setole dorsali semplici non spinose. L’apertura anale è localizzata dorsalmente, le uova sono ovoidali.
Si tratta di un parassita permanente che vive negli strati superficiali dell’epidermide. La femmina scava gallerie nello strato corneo dell’epidermide
nelle quali deposita le uova (da due a tre al giorno). L’intero ciclo dura 14-21
giorni, si nutre di detriti epidermici e fluidi tissutali.
La rogna notoedrica è molto contagiosa ed il contagio diretto tra gatti rappresenta la principale via di trasmissione per cui la vita in collettività (colonie, allevamenti) aumenta il rischio di trasmissione. Gli acari possono sopravvivere, il condizioni favorevoli, qualche giorno nell’ambiente per cui non
si può escludere un contagio indiretto.
La distribuzione delle lesioni è piuttosto caratteristica: inizialmente sono
localizzate sul bordo mediale del padiglione auricolare per poi estendersi rapidamente a tutto il padiglione, al muso e al collo. Le operazioni di pulizia e
l’abitudine di dormire aggomitolati favorisce l’estensione delle lesioni agli arti e alla regione perineale. Le lesioni evidenziabili sono soprattutto conseguenti all’autotraumatismo e sono rappresentate da croste, scaglie, iperpigmentazione, lichenificazione e alopecia. Le croste sono frequentemente molto aderenti e ispessite.
Il prurito, generalmente modesto nella fase iniziale, tende a diventare
intenso con l’evoluzione della malattia. Probabilmente, come per altre acariosi, l’intensificazione del prurito è legato alla comparsa di fenomeni di
ipersensibilità.
La diagnosi, generalmente, non presenta difficoltà e si effettua mediante
l’osservazione microscopica del parassita, delle sua uova o delle sue deiezioni da campioni ottenuti da raschiati cutanei superficiali.
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ROGNA OTODETTICA (OTOACARIASI)
Agente responsabile è Otodectes cynotis, acaro dal corpo ovale di 460-530
µm di lunghezza con rostro corto e appuntito. Le zampe sono lunghe con ventose a “forma di coppa”. L’apertura genitale è trasversale, le uova ovoidali. Il
maschio presenta 4 paia di zampe lunghe (superano il corpo sia anteriormente che posteriormente), lobi addominali poco sviluppati con setole filiformi e
una ventosa subsessile all’estremità di tutte le zampe. La femmina presenta il
IV° paio di zampe atrofizzate (non superano il corpo posteriormente), lobi addominali sviluppati mentre la ventosa subsessile è presente solo all’estremità
delle zampe anteriori.
Si tratta di un parassita permanente che vive nel condotto uditivo esterno nutrendosi di detriti epidermidici e fluidi tissutali. Il ciclo si compie in
circa 3 settimane. La rogna otodettica è estremamente contagiosa, soprattutto per contatto diretto, ed interessa particolarmente i gatti giovani che vivono in collettività.
Il quadro clinico è dominato da un otite bilaterale ceruminosa caratterizzata da una secrezione secca, nerastra a “fondo di caffè”. Il prurito è intenso,
localizzato alla testa e al collo, ma può anche essere assente (soggetti asintomatici). Possono comparire, in seguito all’intenso prurito, lesioni periauricolari da autotraumatismo, alopecia e otoematoma. Sono possibili anche localizzazioni ectopiche con interessamento in aree cutanee extraauricolari con
quadri clinici aspecifici caratterizzati da dermatite miliare o alopecia simmetrica autoindotta.
La diagnosi si basa sulla visualizzazione diretta mediante otoscopia, sull’esame microscopico delle secrezioni auricolari e, in caso di localizzazione
extra-auricolare, sull’esecuzione di raschiati cutanei superficiali.
CHEYLETIELLOSI
La Cheyletiella è un acaro dal corpo ovoidale, esagonale di 300-500 µm di
lunghezza. Il rostro è sviluppato con due palpi terminanti con due prominenti uncini contrapposti a livello dell’apparato buccale. Le zampe sono sviluppate, divise in due gruppi da un solco trasversale del corpo e terminanti con
una setola (empodium) a “forma di pettine”. Le uova sono piccole (120-230
µm), ellittiche, non opercolate, a guscio fine e fissate labilmente ai peli per
mezzo di lassi filamenti intrecciati che ne rafforzano l’adesione.
Cheyletiella blakei è tipica del gatto ma sono possibili anche infestazioni
sostenute da Cheyletiella yasguri (del cane), Cheyletiella parasitivorax (del
coniglio) in quanto l’acaro non è caratterizzato da notevole specie-specificità.
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Le tre Cheyletielle si differenziano per la morfologia della setola sensoriale
(c.d. “organo di senso” o Solenidio) presente sul terzo segmento del primo
paio di arti (forma di cuore in C. yasguri, di cono in C. blakei, globosa in C.
parasitovorax).
Si tratta di un parassita permanente che vive nello strato corneo dell’epidermide, in cui scava le c.d. pseudo-gallerie, e tra i peli, su cui deposita le uova. Il ciclo è di circa 3 settimane e gli adulti sono in grado di vivere per un
mese al di fuori dell’ospite senza alimentarsi.
La distribuzione delle lesioni interessa tipicamente la regione dorso-lombare ma sono possibili generalizzazioni all’intera superficie corporea. I segni
clinici sono dominati da una dermatite esfoliativa in cui gli acari biancastri e
di grandi dimensioni si confondono tra le scaglie (c.d. forfora che cammina).
Il prurito è estremamente variabile (da assente a molto intenso) e sono possibili lesioni da autotraumatismo, quadri di dermatite miliare e alopecia simmetrica autoindotta.
La diagnosi si basa sull’esame visivo con lente di ingrandimento o sull’esame microscopico di campioni raccolti mediante scotch test o raschiato cutaneo superficiale. L’esame tricoscopico permette di evidenziare le uova adese ai fusti piliferi. Di particolare interesse, nella specie felina, è l’esame coprologico per flottazione che può evidenziare gli acari ingeriti in seguito al
leccamento conseguente al prurito.
TROMBICULOSI
L’agente responsabile è la larva di Neotrombicula autumnalis che presenta
corpo ovoidale di 250-500 µm di lunghezza e un caratteristico colore rossoarancio. Il rostro è sviluppato, appuntito con due palpi a pinza. Possiede tre paia
di zampe lunghe (esapode) e un piccolo scudo pentagonale dorsale (scutum)
con cinque setole. Sono presenti lunghe setole piumose sul corpo e sugli arti.
Si tratta di un parassita temporaneo: solo lo stadio larvale si riscontra sul
gatto per un breve periodo di tempo, per poi successivamente abbandonare
l’ospite e completare il suo ciclo nell’ambiente.
Le larve si dispongono in aggregati localizzati generalmente nel padiglione auricolare (tasca di Henry), su testa, palpebre, labbra, spazi interdigitali e
regione perianale. Il prurito è varabile (da assente a intenso) e può persistere
anche dopo che le larve hanno abbandonato il gatto rendendo più complessa
la diagnosi che viceversa, in presenza degli acari, non presenta difficoltà in
quanto gli aggregati di larve si evidenziano facilmente ad occhio nudo. L’esame microscopico di campioni raccolti mediante scotch test o raschiato cutaneo conferma la diagnosi.
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INFESTAZIONE DA DERMANYSSUS GALLINAE
Acaro di colore rossastro (acaro rosso dei volatili) solo dopo il pasto di sangue, altrimenti bianco- grigiastro. Il corpo è ovale, di 0,7-1 mm di lunghezza. Il
rostro è lungo e appuntito con cheliceri lunghi e filiformi. Le zampe sono lunghe e terminanti con una ventosa e due unghie. È presente una placca dorsale e
nella femmina una placca anale trapezoidale. Le uova sono ovoidali.
Si tratta di un parassita dei volatili caratterizzato da un parassitismo di tipo intermittente (solo durante le ore notturne). Sono possibili occasionali infestazioni in gatti che vivono in prossimità di pollai infestati o che entrano in
contatto con uccelli selvatici infestati. I quadri clinici sono estremamente
aspecifici ed è possibile, dato che si tratta di acari ematofagi, che si verifichi
anemia nelle esposizioni croniche.
La diagnosi può essere realizzata mediante visualizzazione ad occhio nudo degli acari o mediante esame microscopico dei campioni ottenuti da raschiato cutaneo superficiale o scotch test.
ROGNA SARCOPTICA
L’agente responsabile è Sarcoptes scabiei, acaro molto simile a Notoedres
cati ma di dimensioni superiori (200-400 µm). A differenza di Notoedres, Sarcoptes presenta sulla superficie dorsale strie cuticolari trasversali, scaglie triangolari appuntite e setole dorsali spinose. Inoltre l’apertura anale è terminale.
È l’agente eziologico della rogna sarcoptica del cane ma, occasionalmente, può interessare il gatto, dando luogo a quadri pruriginosi aspecifici caratterizzati da alopecia, eritema e croste. La rogna sarcoptica felina è molto rara
e presuppone il contatto con cani o volpi infestate.
PEDICULOSI
I pidocchi sono insetti apteri (privi di ali) con corpo appiattito dorsoventralmente ricoperto di setole, di taglia grande (1-2 mm). Il pidocchio del gatto
è Felicola subrostrata, appartiene al sotto ordine dei mallofagi caratterizzati da
una testa più larga del torace e da antenne costituite da tre segmenti. La Felicola possiede una testa pentagonale terminante a punta con un solco longitudinale che funge da alloggio per il pelo, un apparato buccale morsicatore con
mandibole ben sviluppate, zampe corte e sottili che terminano con un singolo
artiglio. Le uova (lendini) sono grandi (1 mm), ellittiche ed opercolate e sono
strettamente aderenti al pelo lungo la maggior parte della sua lunghezza.
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I pidocchi sono parassiti permanenti, strettamente specie specifici, che vivono sull’epidermide e soprattutto ancorati ai peli. Le uova sono deposte sui
fusti piliferi (da duecento a trecento al mese). Si localizzano prevalentemente
nella regione dorsolombare, su testa e collo e danno luogo a lesioni aspecifiche prevalentemente legate al prurito che è estremamente variabile (da assente ad intenso).
La diagnosi non presenta particolare difficoltà in quanto i pidocchi possono essere evidenziati ad occhio nudo o mediante esame microscopico di campioni raccolti mediante scotch test, raschiato cutaneo superficiale o esame tricoscopico.
DEMODICOSI
Sono stati identificati due diversi acari responsabili della demodicosi felina: Demodex cati e Demodex gatoi. Il primo, dal corpo allungato, vive nell’unità pilosebacea, mentre il secondo, dal corpo corto, negli strati superficiali dell’epidermide.
Anche nella demodicosi felina sono descritte forme localizzate, che interessano soprattutto il muso (dorso del naso, regione perioculare, condotto uditivo esterno), e forme generalizzate. Queste ultime, più frequenti nei gatti
adulti, sono generalmente associate ad una malattia sottostante (es. diabete
mellito, iperadrenocorticismo, Fiv, Felv, toxoplasmosi, carcinoma in situ).
La demodicosi sostenuta da Demodex gatoi può essere caratterizzata da intenso prurito ed è ritenuta contagiosa.
La diagnosi si basa sull’osservazione microscopica di campioni raccolti
mediante raschiati cutanei superficiali, nel caso di Demodex gatoi, e profondi, nel caso di Demodex cati.
TERAPIA
L’avvento di nuove molecole antiparassitarie ad ampio spettro ha facilitato notevolmente l’approccio terapeutico alle malattie parassitarie cutanee del
gatto. Alcune molecole utilizzate in passato (es. organofosforici, piretroidi)
sono state responsabili di gravi intossicazioni legate alla particolare sensibilità propria della specie felina. Per anni è stata utilizzata l’ivermectina, molecola non registrata per il gatto, la cui prescrizione era sempre vincolata alla
responsabilità del medico veterinario, trattandosi di un utilizzo improprio in
questa specie. Oggi disponiamo di diverse opzioni terapeutiche, estremamente maneggevoli, che utilizzano molecole registrate per la specie felina (anche
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se non tutte sono registrate per le singole malattie parassitarie cutanee). Alcune di esse sono ad attività topica (fipronil) altre ad attività sistemica (selamectina, moxidectina). Si rimanda alla bibliografia allegata per le singole applicazioni terapeutiche.
Bibliografia
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COMUNICAZIONI
BREVI
Gli estratti sono elencati in ordine alfabetico secondo il cognome del relatore
e quindi in ordine cronologico di presentazione.
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INDAGINE EPIDEMIOLOGICA SULLA PREVALENZA
DI CHLAMYDOPHILA FELIS IN ITALIA E CONSIDERAZIONI
CLINICO-DIAGNOSTICHE
Stefano Bo, DVM, PhD1; Daniela Olivero, DVM2
1
Amb. Vet. Assoc. Bo Ferro Nardi, Torino, Italy;
2
Laboratorio BiEsseA, Milano, Italy
Scopo del lavoro. Valutare la prevalenza dell’infezione da Chlamydophila felis
in una popolazione di gatti di proprietà affetti da congiuntivite in fase acuta.
Materiale e metodi. Abbiamo condotto uno studio sulla prevalenza dell’infezione da Chlamydophila felis in gatti di proprietà presentati alla visita clinica per congiuntivite in fase acuta presso 30 ambulatori e cliniche veterinarie distribuite nel nord e centro Italia. L’indagine è stata svolta da maggio
2006 a dicembre 2006. Per ogni paziente è stata compilata una scheda sulla
quale andavano riportati i dati relativi a razza, sesso, età, tipo di vita e manifestazioni cliniche. Sono stati valutati complessivamente 200 gatti: 91 maschi,
77 femmine, 32 non sono identificati. I gatti di razza erano 46, mentre 126 sono europei comuni. L’età variava dal mese di vita ai 14 anni di età, con una
prevalenza di animali sotto i 3 anni (50%).
Per la diagnosi di clamidiosi si è proceduto alla ricerca dei corpi inclusi intracitoplasmatici (Cii) in campioni raccolti usando la tecnica dell’imprinting
congiuntivale. La valutazione citologica è stata effettuata in un centro diagnostico specializzato del nord Italia. La metodica prevede l’utilizzo di una
membrana di nitrato di cellulosa (millipore) che viene apposta mediante pinzette atraumatiche sulla congiuntiva previamente pulita del paziente da esaminare. Nel caso della ricerca dei corpi inclusi di Chlamydophila, l’imprinting congiuntivale viene eseguito a livello della congiuntiva palpebrale.
Risultati. La presenza di corpi inclusi indicativi di Chlamydophila felis è stata evidenziata nel 25% dei soggetti esaminati. I gatti positivi per C felis sono
risultati generalmente giovani (età media < 2 anni), con una età variabile tra i
2 mesi ed i 13 anni, senza predilezione di sesso e di razza, anche se data la tipologia dei pazienti (gatti di proprietà che vivono in casa) vi è una netta maggioranza di gatti comuni.
Discussione. La chlamydophila è una causa importante di congiuntivite sia
acuta che cronica nei gatti, tuttavia la sua incidenza è considerata piuttosto
bassa, con presenze significative solo in allevamenti o comunità. Nella pratica clinica le congiuntiviti sono più spesso ricondotte ad infezioni da herpesvirus felino (FHV-1). La diagnosi richiede solitamente l’uso di tecniche di
coltura o di polymerase chain reaction (PCR). Nei soggetti in fase acuta (5-14
giorni dall’inizio delle manifestazioni) la tecnica della rilevazione citologica
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dei corpi inclusi risulta sovrapponibile ai risultati ottenuti con la PCR, la quale è però più sensibile nella diagnosi dei diversi stadi della malattia (acutacronica). L’imprinting congiuntivale con membrana millipore è una tecnica
utilizzata da molti anni in medicina umana, rapida e di semplice esecuzione
che, a differenza dello scraping, permette di ottenere campioni ben cellulari,
non contaminati e con pochi detriti; permette inoltre di valutare la presenza di
particolari categorie cellulari e/o agenti patogeni (batteri, funghi, chlamidia
spp). Nelle fasi precoci dell’infezione da chlamydia si possono osservare degli inclusi intracitoplasmatici acidofili moriformi in prossimità del nucleo delle cellule epiteliali: si tratta dei cosiddetti corpi reticolati, che rappresentano
la forma replicativa della Chlamydophila. La nostra indagine indica che la diffusione della clamidiosi felina in Italia è nettamente più alta di ciò che si ritiene comunemente in base ai dati bibliografici (USA: 5-9%; Austria 1-3%;
Australia 14%), simile però alla situazione inglese (23%); si sottolinea che ad
essere interessati dalla patologia sono stati molti gatti singoli, di razza comune, che vivono in casa.
Basandosi sulla letteratura disponibile, riferita prevalentemente alla situazione
americana, molti colleghi non comprendono la Chlamydophila nei loro protocolli vaccinali, come indicato anche dalle recenti linee guida del 2006 della
AAFP, che considera il vaccino come “accessorio” (“non-core”). I dati della
nostra indagine suggeriscono di valutare maggiormente questa infezione nella
diagnosi differenziale delle affezioni congiuntivali Qualora questi venissero
confermati si potrebbe prospettare un maggior uso della vaccinazione, allargandola a tutti quei soggetti che hanno la possibilità di uscire di casa o che sono, per ragioni differenti, immunodepressi. In questo caso si consiglia l’uso di
vaccini spenti, in modo da limitare gli effetti collaterali dei vaccini vivi attenuati per Chlamydophila che, seppur rari, si possono talvolta riscontrare.
Keywords. Chlamydophila felis, infection, cat, epidemiological data.
Bibliografia
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Lappin ML. Feline Zoonotic Diseases. World Small Animal Veterinary Association World Congress, Proceedings, 2004.
Indirizzo per la corrispondenza:
Dr. Stefano Bo; Ambulatorio veterinario associato Bo-Ferro-Nardi
Via flli calandra 3, 10123 Torino
E-mail: [email protected] - Tel. 0118177291
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QUADRO CITOLOGICO IN CORSO DI 11 CASI
DI POLIPOSI NASALE DEL GATTO
Enrico Bottero1 Med Vet, Davide Delorenzi2 Med Vet, Dipl ECVP
1
Libero professionista, Cuneo, 2Libero professionista, Padova
Introduzione e scopo del lavoro. I polipi infiammatori delle cavità nasali sono una condizione patologica rara, che, seppur ritenuta di natura benigna, può
manifestarsi con segni clinici gravi e prognosi infausta. Questa affezione delle prime vie aeree nel passato è stata interpretata in modo incerto ed è stata
chiamata emangioma, fibro-osteoma, displasia fibrosa dei turbinati e cisti
aneurismatica. L’eziopatogenesi non è nota, si suppone che le infezioni virali
come l’herpesvirosi e le calicivirosi possano giocare un ruolo nell’insorgenza
di questa patologia. Clinicamente i polipi colpiscono preferibilmente i soggetti giovani, sotto l’anno di età. I segni clinici più frequenti sono starnuti,
scolo nasale, respiro russante, stertore ed epistassi occasionale. Nei casi più
gravi e reiterati si possono avere crisi dispnoiche e deformazione del profilo
fronto-nasale. A volte è possibile apprezzare una neoformazione rosso-vinosa protundente dalle narici e facilmente sanguinante alla manipolazione. L’indagine radiografica eseguita in proiezione ventro-dorsale a bocca aperta evidenzia la scomparsa della normale trabecolatura dei turbinati ed una radiopacità diffusa, disomogenea, interrotta da aree radiotrasparenti che rappresentano le cisti ematiche che compongono la neoformazione. Il quadro endoscopico evidenzia una massa rossastra, che può occupare completamente una o entrambi le cavità nasali, ed a volte si estende anche al rinofaringe, durante l’esecuzione delle biopsie ed in alcuni casi anche durante il semplice passaggio
dell’endoscopio si assiste ad un moderato sanguinamento. La diagnosi di poliposi nasale si ottiene valutando il dato anamnestico, il segnalamento, i segni
clinici, i riscontri radiografici ed endoscopici, ma in ogni caso non può prescindere da un esame istologico. Il tessuto patologico normalmente consta di
un’unica massa, formata da cavità cistiche contenenti liquido citrino o nerastro; la neoformazione, rivestita da epitelio monostratificato cilindrico, presenta uno stroma fibroso nel quale sono presenti trabecole di tessuto osteoide
di forma e dimensioni varie. La terapia della poliposi storicamente consiste
nella totale asportazione chirurgica del tessuto patologico, associato a curettage della cavità nasale; in alcuni casi la terapia medica antitinfiammatoria
steroidea porta a completa remissione della sintomatologia e a riduzione della massa patologica. In questo lavoro si vuole descrivere il quadro citologico
di polipi nasali e valutarne l’utilità diagnostica.
Materiali e metodi. 11 gatti, 5 femmine e 6 maschi, tutti di età inferiore ai 18
mesi presentano segni clinici cronici riferibili a patologia delle alte vie aeree.
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Aspetto endoscopico macroscopico della poliposi nasale a livello della cavità
nasale.
Esame citologico. Presenza di due cellule cilindriche ciliate centrali, un osteoclasto ed alcuni
osteoblasti.
Si valutano presentazione clinica, riscontro radiografico, riscontro endoscopico, quadro citologico e diagnosi istologica conclusiva.
I campioni sono ottenuti da biopsia endoscopica allestiti mediante tecnica di
schiacciamento.
Risultati. L’esame citologico in corso di poliposi nasale evidenzia i normali
costituenti cellulari della mucosa nasale, come cellule cilindriche ciliate e cellule caliciformi che si presentano associati ad una popolazione infiammatoria
mista ed a una componente cellulare inusuale nelle cavità nasali. Si rilevano
infatti cellule poligonali di medio-grandi dimensioni compatibili con osteoblasti, queste cellule manifestano nucleo ovalare paracentrale o periferico a
cromatina reticolare e nucleoli piccoli e indefiniti, il citoplasma è tipicamente basofilo a margini indefiniti e con zona perinucleare chiara segno di un prominente apparato del Golgi; sono anche rilevabili cellule di grandi dimensioni, multinucleate a margini citoplasmatici irregolari compatibili con osteoclasti. In tutti i casi esaminati la diagnosi citologica di poliposi nasale ha trovato conferma istopatologica.
Conclusioni. Nonostante alcune condizioni patologiche sia di natura neoplastica che di natura infiammatoria possano indurre lisi e/o proliferazione ossea,
in corso di poliposi nasale l’esame citologico, eseguito per schiacciamento da
biopsia endoscopica, risulta essere un affidabile ausilio diagnostico.
Indirizzo per la corrispondenza:
Enrico Bottero Clinica Veterinaria Albese
Via Vivaro n. 25, Alba (CN)
Tel: 335 / 8096208 - E-mail: [email protected]
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FASCIITE NECROTIZZANTE CON SINDROME DA SHOCK
TOSSICO CAUSATA DA ACINETOBACTER BAUMANNII:
DESCRIZIONE DI UN CASO IN UN GATTO
Chiara Brachelente1 Med Vet, PhD, Dipl ECVP; Dominique Wiener2
Med Vet; Yasminda Malik3 Med Vet; Daniela Huessy4 Biol
1
Dipartimento di Scienze Biopatologiche ed Igiene delle Produzioni
Animali e Alimentari, Facoltà di Medicina Veterinaria,
Università di Perugia, Italia
2
Institute for Animal Pathology, Vetsuisse Faculty,
University of Bern, Switzerland
3
Small Animal Clinic, Vetsuisse Faculty, University of Bern, Switzerland
4
Institute of Veterinary Bacteriology, Vetsuisse Faculty,
University of Bern, Switzerland
Anamnesi. Un gatto europeo, femmina, di 4 anni, è stato presentato alla visita clinica a causa di episodi ricorrenti di costipazione. Un anno e mezzo prima, in seguito ad un incidente, il gatto aveva presentato una frattura dell’ileo
che era stata stabilizzata con una placca.
Segni clinici/Diagnosi. Al momento del ricovero, il gatto presentava tachicardia, disidratazione e dolorabilità addominale con feci palpabili nel colon
discendente. A causa dello sviluppo di una temperatura febbrile e di un’eruzione cutanea in seguito al posizionamento del catetere intravenoso, si era
proceduto alla rimozione dello stesso. Il giorno seguente, numerose lesioni
cutanee dolorose erano comparse nella regione ventrale dell’addome e nella
faccia interna delle cosce. La cute colpita era eritematosa e il tessuto sottocutaneo fortemente edematoso. Le condizioni generali erano rapidamente peggiorate ed il gatto era morto in seguito ad arresto cardiaco. All’esame istopatologico di campioni cutanei prelevati in sede autoptica si osservava la presenza di una grave necrosi epidermica e del sottocute, di una vasculite settica
e di numerosi batteri gram negativi. I risultati degli esami batteriologici effettuati su campioni di fegato, rene e milza, confermavano la diagnosi di una
sepsi da Acinetobacter baumannii. L’identificazione tramite PCR del gene
blaOXA-51-like specifico per A. baumannii realizzata retrospettivamente su campioni di cute rilevava la presenza di Acinetobacter anche nelle lesioni cutanee.
Sulla base dei reperti anatomoistopatologici e del quadro clinico è stata quindi formulata una diagnosi finale di fasciite necrotizzante associata a sindrome
da shock tossico.
Discussione. La fasciite necrotizzante è un’infezione batterica fulminante, rapidamente progressiva e potenzialmente letale, che colpisce le porzioni profonde della cute e del tessuto sottocutaneo. Le regioni più frequentemente co433
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involte sono le estremità e le porzioni ventrali del torace e dell’addome. In associazione alle estese lesioni cutanee locali, molti animali con fasciite necrotizzante sviluppano concomitantemente segni sistemici di shock settico. In
medicina umana, i membri del genere Acinetobacter vengono sporadicamente associati a casi di fasciite necrotizzante ma sono per lo più riconosciuti quali responsabili di infezioni nosocomiali. Gli Acinetobacter sono considerati
germi particolarmente fastidiosi a causa della resistenza a molti degli antibiotici comunemente usati nella pratica ospedaliera. In medicina veterinaria, il
verificarsi di episodi di infezioni nosocomiali è raramente descritto. Tuttavia,
è interessante notare come, in questo caso, la presenza di un focolaio di infezione con un ceppo di A. baumanni multiresistente fosse già stata documentata alcuni anni prima nella Clinica. Il carattere particolarmente aggressivo
della fasciite necrotizzante e la sua rapida progressione verso lo shock settico
rendono una diagnosi precoce indispensabile. Tuttavia, l’aspetto della cute,
almeno nelle fasi iniziali, può mascherare la gravità della lesione necrotizzante sottostante, ritardando quindi il riconoscimento della malattia in sede
clinica. In caso di sospetto di infezione necrotizzante dei tessuti molli, la migliore strategia diagnostica prevede l’effettuazione di una chirurgia esplorativa. Il trattamento di scelta consiste nella asportazione precoce e completa dei
tessuti necrotici ed in una terapia medica di supporto e antibiotica per ridurre
i rischi di uno shock settico.
Conclusioni. Una fasciite necrotizzante dovrebbe essere sospettata ed inclusa in ambito diagnostico differenziale in animali con segni clinici quali dolore intenso, temperatura febbrile e segni di shock settico. Accanto agli agenti
causali tradizionalmente descritti in letteratura, anche batteri gram negativi,
ed in particolare Acinetobacter baumannii, devono essere considerati tra le
diagnosi differenziali.
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Indirizzo per la corrispondenza:
Chiara Brachelente, Dipartimento di Scienze Biopatologiche ed Igiene delle Produzioni
Animali e Alimentari, Facoltà di Medicina Veterinaria, Università di Perugia,
Via S. Costanzo 4, 06126 Perugia, Italia.
Tel: 075/5857737 - Fax: 075/5857738 - E-mail: [email protected]
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LARYNGEAL PARALYSIS IN 4 CATS
PARALISI LARINGEA IN 4 GATTI
Barbara Carobbi1 Med. Vet., MRCVS;
Richard A. S. White2 PhD, Dipl. ACVS, DSAS(soft tissue), MRCVS
1,2
“Dick White Referrals”, Six Mile Bottom, Suffolk (United Kingdom)
Introduction. Laryngeal paralysis describes an obstructive syndrome of the
upper respiratory tract due to disfunction of the caudal (or recurrent) laryngeal nerves or of the dorsal crycarytenoid muscles, resulting in impaired abduction of the arytenoid cartilages during inspiration. Causes of this syndrome
are idiopathic, congenital, traumatic, neoplastic or iatrogenic. Although laryngeal paralysis is a well recognized syndrome in dogs, it has sporadically
been reported in cats. The purpose of this study is to report the surgical treatment of laryngeal paralysis by unilateral arytenoid lateralization in 4 cats.
Materials and methods. All cats presented for management of laryngeal
paralysis between September and November 2006 were enrolled in this study.
The diagnosis of laryngeal paralysis was confirmed by direct laringoscopy
under light anaesthesia. Complete blood count, biochemistry, and electrolytes were investigated, and routine thoracic radiographs performed in all
patients. All the cats underwent unilateral arytenoid lateralization. With the
patient in lateral recumbency, a lateral approach to the larynx was performed, the thyroid cartilage exposed and the dorsal cricoarytenoid dorsalis
muscle cut to allow the elevation and mobilization of the arytenoid cartilage.
The lateralization was performed using a non adsorbable monofilament (prolene) suture. At the end of the surgical procedure the larynx was reassessed
by direct visualization.
Results. Four domestic short-haired male cats were enrolled. Median age was
13 (8-18) years. Clinical signs at presentation included respiratory stridor
(4), cyanosis (2), and dyspnea (1). In all patients the laryngeal paralysis was
confirmed by a laringoscopy. Complete blood count, biochemistry, electrolytes, and thoracic radiographs were within normal limits. Three cats underwent a left-sided unilateral arytenoid lateralization. The fourth underwent
a right-sided lateralization after unsuccessful left side lateralization by the referring veterinary surgeon 20 days earlier.
At the end of the surgical procedure the inspection of the larynx showed in all
patients a satisfactory result of the lateralization. One cat was euthanized before full recovery from anaesthesia because it showed no increase in diameter of glottis despite excellent lateralization of the cartilage. One cat showed
symptoms of cardiorespiratory problems, cardiac arhytmias, and finally arrested 12 hours after surgery.
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The follow-up at four months showed an increased respiratory noise associated with the larynx, however the owners referred a substantial improvement,
and a good quality of life.
Discussion/Conclusion. Laryngeal paralysis is an uncommon cause of airway obstruction in cats, and is usually acquired. In cats the complication
rate is low, and aspiration pneumonia has been not reported as a postoperative complication. However in the present study the prognosis was poor, despite the clinical examination during recovery from anaesthesia showed
good improvement, and the cats were discharged with no clinical signs of obstruction.
Indirizzo per corrispondenza:
Barbara Carobbi, “Dick White referrals”, London Road
Six Mile Bottom, Suffolk CB8 0UH, United Kingdom
E-mail: [email protected]
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DISTRIBUZIONE DEI GRUPPI SANGUIGNI NEI GATTI
DELLA REGIONE PIEMONTE (ITALIA)
Paola Cavana1, Med Vet; Simona Picco2, Med Vet; Claudio Bellino1, Med
Vet; Anna Maria Farca1, Med Vet
1
Dipartimento di Patologia Animale, Facoltà di Medicina Veterinaria,
Università di Torino; 2 Libero professionista, Torino
Introduzione e scopo del lavoro. Nel gatto è stato descritto un sistema di
gruppi sanguigni comprendente due antigeni espressi sia da soli che in combinazione: Tipo A, Tipo B, Tipo AB. La loro distribuzione varia in base alla
razza ed all’area geografica: il gruppo A ha una frequenza maggiore rispetto
al gruppo B ed AB è molto raro2. Il significato clinico dei gruppi sanguigni è
in relazione alla presenza di isoanticorpi naturali, a titolo più elevato nei gatti di Tipo B, in grado di determinare reazioni immunitarie acute da moderate
a gravi e la prematura distruzione degli eritrociti quando vengono effettuate
trasfusioni di sangue incompatibile4. Inoltre, attraverso l’emotipizzazione dei
genitori si può evitare il fenomeno dell’isoeritrolisi neonatale la cui prevenzione è importante nella riproduzione dei gatti di razza pura6. Lo scopo di
questo lavoro è ampliare le conoscenze sulla distribuzione dei gruppi sanguigni nella popolazione felina italiana, poiché esistono solo dati relativi alla regione Toscana1, al fine di favorire trasfusioni di sangue più sicure e prevenire
l’isoeritrolisi neonatale nella pratica clinica.
Materiali e metodi. Sono stati esaminati 156 campioni di sangue prelevati da
34 gatti di razza pura (12 Persiani; 6 Sacri di Birmania; 4 Siamesi; 10 Angora Turchi; 2 Main Coon) e da 122 Europei Comuni, abitanti nel Piemonte
Nord Occidentale, di cui 90 maschi e 66 femmine. I campioni di sangue, raccolti in provette contenenti EDTA e conservati a 4° C, sono stati utilizzati entro 48 ore dal prelievo per la determinazione del gruppo sanguigno attraverso
l’impiego di un test commerciale (RapidVetH Feline, Agrolabo, Romano Canavese, To). Gli antigeni eritrocitari caratteristici del gruppo A e B si legano,
rispettivamente, ad un anticorpo monoclonale murino e ad una lectina estratta dal Triticum vulgaris, liofilizzati ed adsorbiti su una cartina, provocando
un’agglutinazione macroscopica. Nessuno dei gatti inclusi nello studio era
anemico. I test sono stati eseguiti in doppio ed i campioni di sangue esaminati per l’auto-agglutinazione in soluzione fisiologica. Le variabili sesso e gruppo sanguigno sono state trasformate in frequenze per l’analisi statistica. Le tabelle di contingenza sono state testate con il test del X2 per l’indipendenza dei
caratteri con un livello di significatività α=0.05.
Risultati e discussione. L’87.2% della popolazione felina esaminata risulta di
gruppo A, l’8.3% di gruppo B mentre il 4.5% è AB. In particolare l’86.9% dei
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Comuni Europei è di Tipo A, il 7.4% di Tipo B ed il 5.7% è AB. Tra i gatti di
razza pura l’88.2% risulta di Tipo A e l’11.8% di Tipo B. Il gruppo sanguigno
A è quindi il più diffuso. La prevalenza del Tipo A tra i gatti senza pedigree è
analoga a quella segnalata nei gatti della regione Toscana, mentre il Tipo B risulta meno diffuso1. Il Tipo AB rappresenta il 5.7% dei gatti da noi esaminati, similmente a quanto riportato tra la popolazione felina inglese e giapponese5, mentre tale gruppo non era stato evidenziato tra i gatti toscani. Questo dato può riflettere differenze locali o variazioni genetiche risultanti in un aumento nella frequenza dell’allele AB. Nonostante il limitato numero di soggetti testati, la presenza del gruppo B risulta elevata (30%) tra gli Angora Turchi. Tutti i Persiani da noi esaminati sono di Tipo A, a conferma della minor
incidenza del gruppo B in questa razza1 rispetto ai Persiani allevati negli
U.S.A. ed in altri paesi europei3,5. Da segnalare la presenza di un gatto siamese di Tipo B, a differenza di quanto riportato nei lavori statunitensi in cui i
Siamesi risultano tutti di Tipo A3. I Sacri di Birmania ed i Main Coon da noi
testati sono di gruppo A. Le variabili sesso e gruppo sanguigno sono risultate
non avere un’associazione statisticamente significativa (X2, p>0.05).
Conclusioni. Questo lavoro evidenzia che nel nostro paese esistono variazioni regionali nella distribuzione dei gruppi sanguigni. I risultati, considerata
l’elevata presenza di sangue di Tipo B ed AB, sottolineano come le trasfusioni di sangue incompatibile e l’isoeritrolisi neonatale siano rischi reali per la
popolazione felina per cui si consiglia l’esecuzione della tipizzazione ematica prima della riproduzione dei gatti di razza pura e del test di compatibilità
crociata per ridurre i rischi di reazioni trasfusionali.
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Indirizzo per la corrispondenza:
Prof. Anna Maria Farca; Via Leonardo da Vinci 44; 10095 Grugliasco (TO) - Italia
Tel: 0116709070 - Fax: 0116709083 - E-mail: [email protected]
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NEOFORMAZIONI RINOFARINGEE DEL GATTO:
VALUTAZIONE RETROSPETTIVA SU 30 CASI
Davide De Lorenzi*, DMV, SCMPA, DECVCP; Enrico Bottero**, DMV
*Libero professionista Padova, **Libero professionista, Cuneo
Introduzione e scopo del lavoro. Le patologie delle coane e del rinofaringe
non vengono trattate frequentemente in letteratura medica veterinaria; le alterazioni che coinvolgono questa regione determinano quasi invariabilmente sia
nel cane che nel gatto sintomi riferibili ad un problema ostruttivo delle alte vie
respiratorie: respiro stertoroso, respirazione a bocca aperta, scolo nasale unio bilaterale e, più raramente, disfagia deglutizioni a vuoto ed anoressia. La
sintomatologia presentata dal paziente, pur consentendo una localizzazione
spesso esatta del problema, non permette di distinguere fra le varie patologie
che possono colpire questo particolare distretto anatomico; in particolare analoghi sintomi possono derivare da neoplasie benigne o maligne, polipi di derivazione tubarica, iperplasia del tessuto linfoide rinofaringeo, corpi estranei,
stenosi congenite o acquisite. Il presente lavoro ha lo scopo di valutare retrospettivamente 30 casi di patologia respiratoria nel gatto collegata alla presenza di neoformazioni singole o multiple del rinofaringe valutando, in particolare, la tecnica migliore per localizzare la lesione rinofaringea, la presenza di
patologie concomitanti e la possibilità di una corretta diagnosi per mezzo dell’esame citologico eseguito per schiacciamento da biopsia endoscopica.
Materiali e metodi. Sono state valutate retrospettivamente le schede cliniche
relative a gatti sottoposti a visita ed accertamenti clinici per sintomi e segni
clinici riferibili a patologia rinofaringea nel periodo gennaio 2003-dicembre
2006. Per i casi selezionati stati esaminati il motivo della visita, i risultati dell’esame fisico, della diagnostica per immagini (RX e/o TC), dell’esame endoscopico anterogrado e retrogrado, della citologia eseguita per schiacciamento da biopsia endoscopica e dell’esame istopatologico. In particolare è
stata esaminata la concordanza cito-istologica attraverso una duplice valutazione: capacità della citologia di distinguere una neoformazione benigna da
una maligna e la possibilità di ulteriormente classificare con l’esame citologico la lesione benigna in polipo di derivazione tubarica o iperplasia del tessuto linfatico e la neoplasia maligna in neoplasia epiteliale, mesenchimale o
rotondocellulare.
Risultati. Dei 42 casi inizialmente selezionati, 2 sono stati esclusi per presenza
di un corpo estraneo rinofaringeo (filo d’erba e frammento di nastro da pacchi),
3 per la presenza di una stenosi rinofaringea e 5 per la presenza di una rinofaringite grave;nei restanti 32 casi si individuavano una o più neoformazioni a livello rinofaringeo; ulteriori 2 casi non sono stati selezionati per la mancanza di
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campionamento per la diagnosi citologica. Lo studio è stato quindi eseguito su
30 gatti (17 m e 13 f) di età compresa fra 10 mesi e 16 anni; la diagnosi istologica finale è stata di 11 neoformazioni benigne (5 polipi di derivazione tubarica
e 6 iperplasie del tessuto linfoide rinofaringeo) e 19 neoformazioni maligne (12
linfomi, 5 carcinomi e 2 neoplasie mesenchimali); con l’esame citologico si sono avuti 2 falsi positivi (in entrambi i casi una iperplasia del tessuto linfatico è
stata erroneamente diagnosticata come linfoma) ed 1 falso negativo (un linfoma
diagnosticato come iperplasia linfoide). In 12 casi si è rilevata endoscopicamente la coesistenza di neoplasia endonasale e rinofaringea; in 7 casi (3 carcinomi e 4 linfomi) la diagnosi istologica della neoplasia nasale era analoga a
quella della neoplasia rinofaringea mentre in 5 casi (1 linfoma, 2 carcinomi, 2
sarcomi) la diagnosi istologica è stata possibile solo dai prelievi rinofaringei
poiché i campioni derivanti dalle biopsie endonasali hanno dato esito non conclusivo di necrosi tissutale associata a vari livelli di infiammazione. I parametri
di concordanza diagnostica generale fra citologia ed istologia risultano pertanto
essere: sensibilità: 0,94 (IC 95% 0,47-1,40) specificità: 0,81 (IC 95% 0,78-0,83)
valore predittivo positivo: 0,9 valore predittivo negativo: 0,9 ed accuratezza: 0,9.
Conclusioni. L’esame citologico delle neoformazioni rinofaringee nella serie
di 30 gatti esaminati ha consentito di emettere una diagnosi accurata nel 90%
dei casi ed è pertanto da considerarsi una tecnica estremamente efficace nel
distinguere una lesione benigna da una maligna, permettendo l’esecuzione di
eventuali procedure terapeutiche nella stessa seduta anestesiologica; in presenza di una neoformazione endonasale identificata con esame endoscopico
anterogrado, l’ispezione deve sempre essere completata da rinoscopia retrograda: nella nostra serie su 12 casi di contemporanea presenza di neoplasia
nasale e rinofaringea, nel 41,6% dei casi (5/12) la sola biopsia nasale avrebbe dato esito inconclusivo mentre la contemporaneo biopsia rinofaringea ha
permesso di ottenere campioni adeguati ad una diagnosi istologica definitiva
in tutti i casi esaminati.
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Indirizzo per la corrispondenza:
Davide De Lorenzi
Clinica Veterinara S. Marco, Via Sorio 114/c 35141 Padova
Tel. 049 8561098 - Fax 02 700518888 - E-mail: [email protected]
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INTRATHECAL ISOBARIC BUPIVACAINE AND FENTANYL
FOR SELECTIVE SPINAL ANAESTHESIA IN A CAT
UNDERGOING PERINEAL URETHROSTOMY
ANESTESIA SPINALE SELETTIVA
CON BUPIVACAINA E FENTANIL IN UN GATTO
SOTTOPOSTO AD URETROSTOMIA PERINEALE
Lorenzo Novello, Med Vet, Diplomate ESRA, MRCVS
Department of Anaesthesia, the Queen’s Veterinary School Hospital,
Cambridge, UK; and Dick White Referrals, Six Mile Bottom,
Newmarket, Suffolk CB8 0UH, UK
Objective. To first report the intrathecal use of an isobaric anaesthetic solution
for selective spinal anaesthesia (SSA) during perineal urethrostomy in a cat.
Introduction. SSA has been defined1 as ‘the practice of employing minimal
doses of intrathecal agents so that only the nerve roots supplying a specific
area and only the modalities that require to be anesthetized are affected’. Although the successful use of intrathecal anaesthetics and/or analgesics has
already been reported in small animals,2,3,4 to author’s knowledge there are
no reports about the clinical use of isobaric bupivacaine-fentanyl combination for SSA in cats undergoing perineal urethrostomy.
Animal. A 5-year-6-month-old, neutered male, Domestic Short-Haired cat,
weighing 7 kg, was scheduled for perineal urethrostomy 4 days after undergoing a cystotomy for vescical uroliths removal and urinary diversion. Preanaesthetic physical examination revealed no abnormalities, and haematological examination, serum biochemical profile, and electrolytes were within their
normal reference range. According to these findings the cat was scored ASA II.
Methods. Diluted (0.1 mg ml-1) medetomidine (0.005 mg) was administered
over 10 minutes as a pre-anaesthetic medication using a preplaced 22G IV
catheter. Anaesthesia was induced 35 minutes later with midazolam (1 mg IV)
and propofol (20 mg IV), and maintained in spontaneous ventilation with
sevoflurane in oxygen administered via a small animal circle breathing system. With the cat in lateral recumbency, 0.35 ml of a solution containing bupivacaine 0.5% (1.45 mg) and fentanyl (0.003 mg) were administered in the
subarachnoid space at L5-6 level using a 26G atraumatic spinal needle
(Atraucan, BBraun). Inspiratory and end tidal carbon dioxide (ETCO2) and
sevoflurane (ETSevo), electrocardiogram, pulse oximetry, heart (HR) and respiratory (RR) rates, temperature and blood losses were monitored continuously throughout the procedure. Non invasive systolic arterial blood pressure
(SAP) was measured every 5 minutes using a Doppler. Baseline parameters
were recorded prior to spinal injection.
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Results. Surgery started 15 minutes after the subarachnoid injection, with the
cat in sternal recumbency. During the procedure ETSevo ranged from 1.7 to
2.2%, ETCO2 from 4.9 to 6.3 kPa, and RR from 12 to 19 breaths min-1. Although
purposeful movements in response to surgical stimulation were not observed,
125 minutes after spinal injection HR and SAP suddenly increased 20% above
baseline. A fentanyl infusion was started then using a Target Controlled Infusion
(TCI) system implemented with the drug kinetic in cats5, and maintained until
the end of surgery 45 minutes later. TCI setting ranged from 0.6 ng ml-1 to 1.2
ng ml-1 predicted plasma fentanyl concentration. The cat was extubated 185
minutes after the intrathecal injection. Fifteen minutes after extubation he was
in sternal recumbency, breathing normally, fully awake and responsive. No motor blockade or proprioceptive deficits were noticed, and rectal temperature was
37.9°C. He ate a small meal 2 hours later. Postoperatively, pain was assessed
every 2 hours using the Mathews Pain Scale and buprenorphine administered if
the pain score was 3 or higher. Neither side effects and complications to drugs
used, nor neurological sequelae of spinal puncture occurred prior to discharge.
Discussion. Compared to a ‘standard’ spinal anaesthesia, SSA may offer some
advantages including reduction in incidence of side effects such as hypotension
and bradycardia, and prompt recovery of voluntary urination and ambulation.6
Although hypotension is a reported side effect of spinal anaesthesia in humans,
it is related to the dose of the local anaesthetic used. The addition of fentanyl
to a low dose of bupivacaine has been shown to decrease the failure rate of
spinal anaesthesia and to improve post-operative analgesia.7 During SSA the
dose of local anaesthetic should be carefully titrated according to the expected duration of surgery: decreasing the dose administered decreases, to some
extent, the duration of the block.
Conclusions. SSA with 0.2 mg kg-1 isobaric bupivacaine and 0.4 mcg kg-1 fentanyl provided 125 minutes of surgical anaesthesia in a cat undergoing perineal urethrostomy. Further studies on a larger scale are justified to assess effectiveness and duration of different intrathecal doses of the combination isobaric bupivacaine-fentanyl in cats undergoing this type of surgery.
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Indirizzo per la corrispondenza: Lorenzo Novello, Med Vet, Dipl ESRA, MRCVS
c/o ISVRA via Meucci 13, 30016 Jesolo (Venezia)
E-mail: [email protected]
443
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CISTADENOMA APOCRINO MULTIPLO
IN UN GATTO PERSIANO
Monica Sforna*, Med Vet, PhD, Gianluca Berardi**, Med Vet,
Luca Mechelli* Med Vet
*Dip. Scienze Biopat. ed Igiene delle Prod. Anim. e Aliment.,
Facoltà di Medicina Veterinaria, Università degli Studi di Perugia,
**Libero Professionista, Perugia
Anamnesi. Gatto persiano, maschio, 7 anni di età portato a visita per l’insorgenza di noduli multipli a livello della faccia e del padiglione auricolare
destro.
Segni clinici. All’esame obiettivo generale il soggetto si presentava magro e
con abbondante scolo oculo-congiuntivale bilaterale. L’esame obiettivo particolare della cute evidenziava la presenza di lesioni nodulari multiple localizzate a livello palpebrale bilaterale, con una prevalenza nelle regioni del
canto mediale, e delle regioni zigomatiche. Le lesioni erano costituite da papule, noduli e placche di varie dimensioni, di consistenza da molle a compatta; la superficie appariva alopecica, regolare e di colore nerastro. Noduli
multipli di dimensioni inferiori al cm, di aspetto simile ai precedenti, erano
presenti anche a livello del padiglione auricolare interno. Le lesioni non erano pruriginose né dolenti.
Diagnosi. Il quadro riassuntivo del problema era caratterizzato da una disseminazione di noduli ad insorgenza facciale ed auricolare, pigmentati, a lenta
evoluzione. Le diagnosi differenziali erano: lesioni granulomatose e piogranulomatose sterili e non, infezioni batteriche profonde inusuali, lesioni cistiche
annessiali, neoplasie. Venivano eseguiti esami collaterali di laboratorio tra cui
un’indagine citologica per agoaspirazione dai noduli palpebrali. La citologia
evidenziava cellule rotondeggianti con rapporto nucleo/citoplasma modicamente alterato, nucleo con cromatina finemente dispersa, citoplasma vacuolizzato, spesso contenente materiale granulare pigmentato. Alcune cellule apparivano binucleate, altre aggregate in piccoli clusters; le figure mitotiche risultavano di raro riscontro; erano inoltre presenti elementi macrofagici contenenti pigmento brunastro. I caratteri citologici lasciavano ipotizzare la presenza di
una lesione neoplastica cistica. L’esame bioptico evidenziava, a livello del derma superficiale e profondo, cisti multiple di varie dimensioni, delimitate da
cellule epiteliali cuboidali o cilindriche ben differenziate. Le cisti contenevano
materiale fluido di aspetto omogeneo disseminato di granuli brunastri in quantità variabile. Talvolta l’epitelio era rappresentato da più strati cellulari e da
proiezioni papillifere all’interno delle strutture cistiche. Sulla base degli aspetti istopatolologici è stata emessa diagnosi di cistadenoma apocrino.
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Trattamento. È stata eseguita una terapia antibiotica topica per le lesioni
oculo-congiuntivali. Nel corso di alcune settimane il gatto ha manifestato un
decadimento delle condizioni generali e, per volontà del proprietario, è stato
sottoposto ad eutanasia.
Follow-up. L’esame necroscopico, oltre alle lesioni cutanee, ha permesso di
riscontrare la presenza di una tromboendocardite mitralica settica. Dopo l’eutanasia, il proprietario, ha riferito che le stesse lesioni cutanee stavano insorgendo anche nel figlio del gatto in esame.
Discussione. Il cistadenoma apocrino (cistadenoma delle gh. sudoripare, idrocistoma apocrino) è una lesione caratterizzata dalla formazione di cisti multiple derivanti dalla porzione secretoria delle ghiandole sudoripare apocrine. È
stato descritto nell’uomo, nel cane e raramente nel gatto. In quest’ultima specie l’insorgenza della neoplasia è spesso multipla con noduli disseminati alla
testa; in particolare nel persiano e nell’himalaiano si osservano lesioni anche
a livello auricolare e palpebrale (cistadenomatosi apocrina) suggerendo una
possibile predisposizione di razza. La presenza di noduli cutanei pigmentati
nel gatto induce alcune diagnosi differenziali nei confronti di neoplasie di origine melanocitaria e vascolare, nonostante la consistenza molle possa indirizzare verso lesioni di natura cistica. Nell’ambito delle lesioni cistiche epiteliali vanno considerate sia forme non neoplastiche (cisti apocrine) che forme
neoplastiche maligne. La patogenesi dell’idrocistoma apocrino palpebrale
dell’uomo (ghiandole di Moll) non è del tutto chiarita. Alcuni autori indicano
lo sviluppo delle cisti da un meccanismo di ritenzione secretoria, mentre altri
individuano un vero e proprio processo proliferativo.
Conclusioni. La consultazione bibliografica indica l’estrema rarità del caso
da noi osservato, nell’ambito delle lesioni nodulari facciali pigmentate del
gatto persiano, e la complessa classificazione della lesione sia dal punto di vista clinico che di diagnostica collaterale di laboratorio.
Bibliografia
1.
2.
3.
Chatman J., Van Der Woerdt, Bartick T.E., Multiple Eyelid Cysts Resembling Apocrine Hidrocystomas in Three Persian Cats and One Himalayan Cat; Veterinary Pathology, (1999) 36, 474-476.
Cantaloube B., Raymond-Letron I., Regnier A., Multiple eyelid apocrine hidrocystomas in two Persian cats; Veterinary Ophthalmology, (2004) 7, 2, 121-125.
Gross T.L., Ihrke P.J., Walzer E.J., Affolter V.K. Skin diseases of the dog and cat. Clinical and histopathologic diagnosis. Blackwell Publishing, 2nd Ed, Oxford, UK, 2005, 665-689.
Indirizzo per la corrispondenza:
Monica Sforna, Dip. di Scienze Biopatologiche ed Igiene delle Produzioni Animali
e Alimentari, Facoltà di Medicina Veterinaria, Università degli Studi di Perugia
Via S. Costanzo, 4 06126 Perugia
Tel: 0755857629 - Fax: 075 5857738 - E-mail: [email protected]
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POSTER
Gli estratti sono elencati in ordine alfabetico secondo il cognome del relatore
e quindi in ordine cronologico di presentazione.
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NEOPLASIA SALIVARE IN UN GATTO
Barbara Dedola1 DMV; Paolo Aimi1 DMV; Stefano Negri2 DM
1
Libero professionista, Mantova;
2
Istituto di Anatomia Patologica, Azienda Ospedaliera Carlo Poma, Mantova
Segnalamento ed anamnesi. Nerina, un gatto Comune Europeo a vita libera,
femmina sterilizzata di 10 anni; fu condotta alla visita poiché, i proprietari
avevano notato che, da alcuni giorni, il gatto appariva particolarmente abbattuto e presentava maggiore difficoltà ad alimentarsi probabilmente a causa di
una massa, di discrete dimensioni, presente sul collo. La struttura in questione era notevolmente cresciuta da quando cinque mesi prima era stata agoaspirata da un collega il quale ne aveva sconsigliato l’asportazione dopo aver
ricevuto la diagnosi di: Adenoma pleomorfo di ghiandola salivare maggiore.
Esame clinico ed Esami strumentali. La visita clinica evidenziava apatia e dimagrimento, ben apprezzabile posteriormente all’angolo mandibolare sx una
massa solida, fredda ed indolete, coperta da cute integra, fortemente adesa ai tessuti sottostanti; in oltre, mascella e mandibola apparivano disassate. Alla luce di
quanto evidenziato clinicamente, vennero eseguiti, con l’animale in sedazione
(medetomidina cloridrato), esami di laboratorio, esame radiografico di testa e collo ed agoaspirati della massa. L’emocromo risultò sostanzialmente nella norma, il
profilo biochimico evidenziò un lieve aumento di creatinina e azotemia. L’esame
radiografico confermò la presenza di una massa di circa 5 cm posizionata posteriormente all’angolo mandibolare sx, il profilo della branca mandibolare risultava
irregolare con aree osteolitiche e reazione periostale; erano inoltre apprezzabili un
aumento della radiopacità della bolla timpanica sx e lisi dell’arcata zigomatica. La
mandibola era disassata a causa di una vecchia frattura mal consolidata (Foto 1).
Vennero eseguiti prelievi per agoinfissione utilizzando aghi da 25 G, i preparati
ottenuti furono colorati con colorazione Diff-Quik.
Esame citologico. Citologicamente, a piccolo ingrandimento, erano visibili
numerose cellule di aspetto fusato disposte sia singolarmente sia a formare
aggregati coesi, una parte di esse si presenteva immersa in una matrice amorfa di aspetto mixoide (Foto 2,3). A maggiore ingrandimento, le cellule si presentavano di forma da evidentemente fusata a tondeggiante con citoplasma
discreto, di aspetto basofilo talvolta finemente vacuolizzato. I nuclei erano
tondeggianti-ovalari con cromatina fittamente addensata e nucleolo apprezzabile talora prominente, discreta anisocariosi, occasonali mitosi (Foto 4,5).
Diagnosi citologica. Neoplasia maligna a cellule fusate.
Trattamento. Alla luce della nuova diagnosi citologica, considerate anche la
posizione, le dimensioni e l’interessamento delle strutture osse sottostanti,
venne scartato il trattameto chirurgico e non essendo disponibile alcuna chemioterapia specifica, venne eseguita una terapia antibiotiotico cortisonica.
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Follow-up. Le condizioni dell’animale si conservarono accettabili per circa
tre settimane dopodiché, a causa di un progressivo aggravamento, Nerina fu
sottoposta ad eutanasia. Avendo i proprietari acconsentito, si poté asportare
una porzione del tumore da inviare all’esame istologico. Diagnosi istologica:
mioepitelioma a cellule fusate e chiare, riscontrata positività immunoistochimica per l’actina (Foto 6).
Discussione. I tumori delle ghiandole salivari, costituendo lo 0.17 per cento di
tutte le neoplasie, sono evento raro sia nel cane sia nel gatto ed interessano in
massima parte le ghiandole salivari maggiori. Colpiscono animali in età avanzata e nella specie felina maggiormente i siamesi di sesso maschile. I maligni
sono, in rapporto di 2:1, più frequenti dei benigni nel cane e figurano quasi da
soli nel gatto nel quale, come nella specie canina, predominano quelli di origine epiteliale, sopra tutti l’adenocarcinoma originante dalle cellule acinari.
La classificazione istopatologica suddivide i tumori salivari in epiteliali e non
epiteliali ed al primo gruppo appartiene il mioepitelioma. Il mioepitelioma è
un tumore monomorfo costituito esclusivamente da cellule mioepiteliali e può
essere considerato come l’estremo limite, sul versante mioepiteliale, dello
spettro delle neoplasie pleomorfe; la distizione da un adenoma pleomorfo e
però importante per il carattere più aggressivo del mioepitelioma. Clinicamente si presenta come massa solida ben circoscritta, citologicamente appare
composto da cellule fusate e/o plasmocitoidi che si dispongono o a formare fasci intrecciati o aggregati lassamente coesi, oppure si presentano singole, a
volte immerse in una matrice mixoide. È, inoltre, importante sottolineare che
nelle forme maligne, ancor più che
in quelle benigne, il riconoscimento
a livello citologico della natura
mioepiteliale di tali cellule è tuttaltro
che agevole senza l’ausilio di indagini immunocitochimiche.
Foto 1 - Rx vd testa.
Foto 2 - Citologico Ghiandola salivare 20x.
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Foto 3 - Citologico Ghiandola salivare 20x.
Foto 4 - Citologico Ghiandola salivare 100x.
Foto 5 - Citologico Ghiandola salivare 100x.
Foto 6 - Istologico Ghiandola salivare 20x.
Conclusioni. Il caso da noi presentato ci è apparso interessante sia per la rarità della neoplasia sia perché conferma l’importanza della citologia, dell’istologia e dell’immunoistochimica nella diagnosi di neoplasie solitamente
scarsamente descritte nella specie felina.
Bibliografia
Marcato P.S.: Anatomia e istologia patologica speciale dei mammiferi domestici. Ed. agricole, Bologna, 1981.
Bibbo M.: Comprehensive citopatohology. W.B. Saunders company, Philadelphia,1997.
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Diagnostica istologica dei tumori degli animali. Fondazione iniziative zooprofilattiche e zootecniche - Brescia, Brescia 1997.
Marconato L., Del Piero F.: Oncologia medica dei piccoli animali. Manuali pratici di veterinaria, Poletto
editore, Milano 2005.
Indirizzo per la corrispondenza: Barbara Dedola, Via Levatella 14
46031 Bagnolo S. Vito (MN) - Tel: 0376.415640/348.3651922 - E-mail: [email protected]
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ANEMIA EMOLITICA CAUSATA DA CANDIDATUS
MYCOPLASMA HAEMOMINUTUM NEL GATTO ITTERICO
Luca Lideo, Med Vet, Roberto Milan, Med Vet, Matteo Gobbo, Med Vet,
Giuliana Bonetti, Med Vet, Ermenegildo Baroni, Med Vet
Clinica Veterinaria Baroni, Rovigo
Introduzione. Il rilievo di una colorazione itterica delle mucose, rappresenta
per il clinico una sfida costante nella determinazione delle cause sottostanti di
questo sintomo. Tradizionalmente veniva distinto l’ittero preepatico, epatico e
postepatico; recentemente si parla di iperbilirubinemia colestatica e non colestatica ad indicare i due possibili eventi che possono portare al sintomo ittero.
Tra le cause di iperbilirubinemia non colestatica c’è anche quella legata alla infezione da parte di Candidatus Mycoplasma haemominutum. Candidatus M.
haemominutum ha un diametro di circa 0,3 µm, all’incirca la metà di Mycoplasma haemofelis che misura 0,5-0,6 µm. È un parassita intracitoplasmatico che
può dare una forma acuta con diminuzione dell’ematocrito, alla quale seguono
dei periodi di latenza e di recrudescenza della malattia. La patologia consiste in
una anemia emolitica immunomediata causata da una fragilità osmotica degli
eritrociti che ospitano tali batteri. Candidatus M. haemominutum è visibile al
microscopio ottico a partire dal quattordicesimo giorno post infezione. In genere non è letale, tuttavia può manifestarsi associato ad altre patologie come l’immunodeficenza e la leucemia felina, diventando mortale per disordini mieloproliferativi legati a quest’ultima patologia. I gatti infettati da Candidatus M.
haemominutum sviluppano a partire dal ventunesimo giorno post-infezione
classi di immunoglobuline G che cross-reagiscono con gli anticorpi di Mycoplasma haemofelis ai test di immunofluorescenza creando dei falsi positivi.
Candidatus M. haemominutum non è facilmente coltivabile nei terreni artificiali, il suo intero ciclo è intimamente legato alla superficie degli eritrociti. La diagnosi quindi si ottiene solo con metodica PCR. L’epidemiologia non è ben conosciuta. Si sospetta una trasmissione verticale intrauterina o con l’allattamento, iatrogena, orale o per artropodi ematofagi come avviene per gli altri organismi del genere emobartonella. Alcuni studi hanno evidenziato come l’esame
PCR per Candidatus M. haemominutum sia positivo anche in gatti sani, suggerendo il controllo delle pulci come prevenzione all’infezione.
Materiali e Metodi. Un Gatto europeo maschio castrato di 4 anni, grigio tigrato, è stato visitato perché da quattro giorni presentava abbattimento, anoressia,
apatia e colorazione itterica delle mucose. Alla visita clinica il gatto aveva difficoltà nel mantenere la stazione, temperatura 39,4°C, marcata disidratazione ed
abbattimento del sensorio. L’esame emocromocitometrico evidenziava anemia
macrocitica ipocromica, leucocitosi neutrofilica, trombocitosi. Allo striscio ema450
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tico non sono state evidenziate inclusioni intracitoplasmatiche all’interno degli
eritrociti. L’esame biochimico presentava aumento delle transaminasi epatiche e
della bilirubina totale. La diagnostica per immagini radiografica ed ecografica ha
permesso di escludere alcune cause di iperbilirubinemia colestatica. Nel piano
diagnostico differenziale sono stati eseguiti i seguenti esami collaterali:
• Test ELISA per rilevare l’antigene del virus della Leucemia felina (FeLV)
e degli anticorpi per il virus dell’immunodeficenza felina (FIV), IDEXX®
snap combo;
• Ricerca Mycoplasma haeomofelis (haemobartonella felis) eseguita con sangue intero (metodica PCR + hybridization Taqman probe);
• Ricerca Candidatus M. haemominutium eseguita con sangue intero (metodica PCR + hybridization Taqman probe).
Risultati e discussione. Gli esami collaterali hanno fornito una positività per Candidatus M. haemominutum, mentre le altre indagini hanno dato esito negativo. La
positività riscontrata ha permesso di identificare una delle cause di iperbilirubinemia non colestatica legata ad anemia emolitica. Il paziente è stato quindi curato
con Ossitetraciclina, Metilprednisolone, Adenosilmetionina, Acido ursodesossicolico, complesso vitaminico B, Acido ascorbico, vitamina E. Il gatto è stato ospedalizzato in terapia intensiva per 10 giorni in cui si è notato un aumento progressivo dei valori dell’emocromo, al controllo dopo 30 giorni il paziente non presentava anemia e le condizioni cliniche erano buone. L’assenza di inclusioni intracitoplasmatiche all’interno degli eritrociti ha portato comunque a richiedere l’esame
PCR sia per Mycoplasma haemofelis sia per Candidatus M. haemominutum, in
quanto la negatività dell’esame microscopico non escludeva la presenza di questi
patogeni. In conclusione, consigliamo di eseguire le indagini per entrambi i patogeni nei casi di ittero pre-epatico da anemia emolitica. La recente descrizione di
nuove varietà come Candidatus Mycoplasma turicensis nei gatti svizzeri porterà
nel futuro ad ampliare le indagini per diagnosticare le cause di anemia emolitica.
Bibliografia
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5.
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Mycoplasma haemofelis and Candidatus Mycoplasma haemominutium in cats in the United Kingdom. Vet Rec 2003; 152:193-198;
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J.E. Sikes. Feline hemotropic mycoplasmosis (feline hemobartonellosis). Vet Clin Small Anim 2003,
33: 773-789.
Indirizzo per la corrispondenza: Dr. Lideo Luca, Clinica Veterinaria Baroni
www.clinicaveterinariabaroni.com - Via Martiri di Belfiore, 69/D; 45100 Rovigo
Tel/Fax: 0425/471076-0425/404918 - E-mail: [email protected]
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TRATTAMENTO DEL GRANULOMA EOSINOFILICO NEL
CAVO ORALE DI UN GATTO FIV POSITIVO: CASE REPORT
Patrizia Lungonelli Med Vet
Libero Professionista, Pisa
Introduzione. Il granuloma eosinofilico (GE) è una lesione infiammatoria
appartenente al complesso del granuloma eosinofilico (CGE) che, oltre la cute, interessa il cavo orale del gatto. Data la difficoltà di individuare le sottostanti eziologie, i soggetti affetti da GE sono spesso destinati a sottoporsi, anche per tutta la vita, a trattamenti corticosteroidei, continui o intermittenti, con
la conseguente esposizione agli intrinseci effetti collaterali.
Scopo del lavoro. Illustrare i risultati ottenuti, in un gatto FIV positivo ed affetto da GE a localizzazione orale, con la somministrazione iniziale di corticosteroidi e, successivamente, di un prodotto a base di aliamidi.
Materiali e Metodi. Un gatto comune europeo, maschio, castrato, di 8 anni,
viene portato alla visita clinica per leggero abbattimento, disoressia, alitosi, difficoltà alla masticazione e vomito sporadico. Il gatto non presenta alterazioni di
cute e mantello. Ad un test rapido FeLV/FIV, l’animale risulta positivo per FIV.
L’esplorazione del cavo orale evidenzia una lesione linguale ipertrofico-ulcerativa a placca (diametro di circa 2 cm), che dal margine laterale del corpo della
lingua si estende verso la linea mediana e il frenulo. A pochi mm di distanza
dalla placca, si riscontra un piccolo nodulo bottonuto. L’esame citologico della placca evidenzia cellule epiteliali cheratinizzate e numerosi neutrofili degenerati con batteri coccacei intracitoplasmatici. Viene intrapresa antibioticoterapia per via parenterale (7 mg amoxicillina + 1,75 mg di acido clavulanico/Kg/
sid/6 gg), al fine di controllare l’infezione batterica. A causa del persistere delle lesioni, si procede in anestesia generale ad esame citologico su agoaspirato
(FNA), che rivela un’infiammazione cronico-settica con presenza di neutrofili
ipersegmentati con batteri coccacei intracitoplasmatici, eosinofili, mastociti e
scarse cellule epiteliali di superficie. Si procede ad un altro ciclo di antibioticoterapia, a base di spiramicina/metronidazolo (375UI/60mg/Kg/die/p.o./7 gg).
L’istopatologia rileva una flogosi interstiziale diffusa, superficiale e profonda,
ed iperplasia della mucosa con ulcerazione. L’infiltrato infiammatorio è costituito da eosinofili, rari neutrofili, mastociti spesso degranulati, plasmacellule e
macrofagi. Sono presenti anche aree multifocali di materiale amorfo granulare
intensamente eosinofilico, riferibile a degranulazione degli eosinofili. Alcuni di
questi focolai sono sede di una reazione granulomatosa e appaiono circondati
da cellule giganti multinucleate. Viene fatta diagnosi di GE. In base al referto
istopatologico, si inizia una terapia con prednisone a basso dosaggio
(1mg/Kg/sid/p.o./15 gg), seguita dalla somministrazione di una pasta orale
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contenente l’aliamide Palmidrol (Denominazione Comune Internazionale della palmitoiletanolamide, PEA), al dosaggio di 25 mg/5kg p.c./sid per 8 settimane e, successivamente, di 50 mg/5 kg p.c./sid per 50 giorni. La convivenza
del gatto con altri due soggetti e la vita semilibera rendono impossibile attuare
una concomitante dieta ad eliminazione.
Risultati. Dopo 2 settimane di terapia cortisonica ed un primo ciclo di somministrazione a basso dosaggio di Palmidrol, la lesione si riduce notevolmente e il gatto riprende ad alimentarsi. Al controllo dopo due mesi, si evidenza
una recidiva accompagnata da dolore alla masticazione. Il successivo trattamento con Palmidrol a dosaggio doppio rispetto al precedente porta, dopo altri due mesi, a significativa regressione della lesione, scomparsa della sintomatologia e ripresa di una normale alimentazione.
Discussione. L’utilizzo della terapia cortisonica nel GE induce la momentanea remissione dei sintomi, ma non è in grado di prevenirne la ricomparsa, né
si dimostra scevra di effetti collaterali. Al fine di evitare le recidive della lesione e dei sintomi, e di limitare l’uso di cortisonici in un gatto FIV positivo,
si è scelto di utilizzare la concomitante somministrazione di Palmidrol. L’aliamide esplica, infatti, azione antinfiammatoria ed analgesica, riequilibrando
l’eccessiva degranulazione dei mastociti locali, iperattivati dallo stato infiammatorio-allergico sottostante al GE.
Conclusione. Il caso clinico riportato suggerisce che la somministrazione a
lungo termine di Palmidrol può controllare recidive e sintomi di GE, nonostante la persistenza della lesione orale. Nel complesso, il caso clinico ivi descritto rappresenta un’ulteriore indicazione della già dimostrata utilità di impiego del Palmidrol nel trattamento del GE del gatto, dove si rivela utile per
controllare le recidive e la sintomatologia ad esse associata, nonché per evitare, in particolar modo nei soggetti immunodepressi, le terapie cortisoniche a
lungo termine ed i conseguenti effetti collaterali.
Bibliografia
Scarampella F, Abramo F, Noli C: Clinical and histological evaluation of an analogue of palmitoylethanolamide, PLR 120 (co-micronized Palmidrol INN) in cats with eosinophilic granuloma and eosinophilic plaque: a pilot study. Vet Derm 2001, 12(1): 29-39.
Scott DW, Miller WH, Griffin CE: Feline eosinophilic granuloma complex. in: Muller & Kirk’s Small Animal Dermatology, WB Saunders, Philadelphia, 2001, 6th edition, pp. 1148-1153.
Tieghi C: Complesso granuloma