psicologia clinica problemi diagnogistici

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psicologia clinica problemi diagnogistici
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Psicologia Clinica. Problemi diagnostici ed elementi di
psicoterapia
di Salvatore D'angelo
Nel riassunto del manuale della Lis sono contenuti tutti gli elementi principali
del testo introduttivo alla psicologia clinica psicodinamicamente orientata.
Vengono distinti un approccio iniziale, un momento diagnostico in senso stretto
e la programmazione di un intervento psicologico. Si illustra l'utilità dei principali
test e reattivi, distinguendo quelli destinati all'età evolutiva da quelli per
l'adulto.
Università: Università degli Studi di Napoli - Federico II
Facoltà: Psicologia
Corso: Psicologia
Esame: Diagnosi psicodinamica
Titolo del libro: Psicologia Clinica. problemi diagnostici ed
elementi di psicoterapia
Autore del libro: A. Lis
Editore: Giunti
Anno pubblicazione: 1993
1. Psicologia clinica: concetti generali
Una psicologia clinica orientata psicodinamicamente si propone di comprendere il soggetto nella
sua
individualità, e di aiutarlo a risolvere in modo più adeguato disagi e problemi, sulla base di una
comprensione teorica dinamica della mente e del comportamento umano.
La psicoanalisi, da un lato costituisce un corpus teorico psicologico che spiega dei fenomeni e
formula
ipotesi sui possibili interventi terapeutici, dall'altro consente di attribuire dei significati specifici al
contesto
in cui opera, cioè alla relazione che si struttura fra psicologo e paziente.
Tuttavia, lo psicologo clinico si differenzia dal teorico della psicoanalisi per il fatto che, lavorando
nel qui
ed ora della relazione, egli deve saper individuare e riconoscere gli aspetti teorici così come si
manifestano
nello specifico della persona che si sta incontrando: si tratta di cogliere l'unicità dell'individuo, e al
contempo di darne una lettura secondo il modello teorico di riferimento.
Lo psicologo clinico deve essere in grado, tramite le tecniche più adatte, di creare un ambiente tale
da
consentire lo svilupparsi di una situazione dinamica tra due persone, che favorisca il processo di
conoscenza.
Tale capacità rimanda anche ad uno specifico atteggiamento dello psicologo: la personalità dello
psicologo
deve diventare essa stessa “strumento”. È corretto, in tal senso, parlare di setting, inteso non tanto
come
insieme di condizioni materiali, quanto come struttura di prerequisiti mentali e metodologici
presenti al
terapeuta per poter svolgere la sua attività in modo controllabile. Lo psicologo deve quindi
assumere una
distanza ottimale che da un lato gli consenta di essere empatico e capace di mettersi dal punto di
vista
dell'altro, ed al contempo di non confondersi, di non imporsi, di lasciare uno spazio che lo mantenga
sullo
sfondo rispetto al paziente.
Tale situazione clinica richiama la nozione Winnicottiana di “spazio transizionale”, uno spazio
potenziale
che non appartiene né al mondo interno, né alla realtà esterna. In questo spazio potenziale, il
pensiero più
autentico si sviluppa come adattamento alla realtà, ma senza rinunciare alla fantasia creativa. La
situazione
clinica deve appunto costituirsi come spazio potenziale tra lo psicologo ed il paziente: questa
capacità di
generare uno spazio potenziale è una delle caratteristiche che lo psicologo clinico deve possedere.
Va, infine, detto che essere in contatto con il paziente significa anche essere sensibili alla sua età,
apprezzare
il significato affettivo della sua esperienza attuale: bisogna tener presente che i conflitti presentati
possono
fare riferimento ad un particolare momento evolutivo.
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2. La segnalazione del caso clinico
Ci riferiamo al momento ed al motivo per cui una persona si rivolge ad uno psicologo. Ne
distinguiamo due
tipi: diretta ed indiretta. Diretta quando è la persona stessa che si rivolge allo psicologo, indiretta
quando
viene riferita da altri.
Tali situazioni comportano delle differenze nell'atteggiamento del soggetto che lo psicologo deve
affrontare
e gestire nel prendere in carico un caso.
In primo luogo, dobbiamo fare delle distinzioni relative all'età del soggetto da un lato, ed alla
gravità del
disturbo dall'altro.
Il paziente adulto deve essere considerato come l'interlocutore privilegiato, per ragioni sia cliniche
che
teoriche. Dal punto di vista clinico, si tratta di stabilire un'alleanza di lavoro con il paziente, e di
esplicitare
con lui un progetto comune; d'altra parte è il suo vissuto soggettivo che ci interessa. Dal punto di
vista
teorico, invece, quanto più sono evoluti i processi di maturazione del pensiero, tanto più la persona
diventa
in grado di parlare di sé e, da parte dello psicologo, diventa tanto più importante accedere a questo
mondo
interiore del paziente.
Se il paziente è in età adulta, e la segnalazione arriva dai familiari, bisogna valutare se tale
segnalazione non
sia in realtà il pretesto per esprimere un proprio problema. Se si tratta invece di una segnalazione
appropriata, è opportuno individuare il modo migliore per avvicinare e motivare alla consultazione
il
paziente segnalato.
In età evolutiva, chiaramente il significato di una tale segnalazione è diversa: quanto più è giovane
il
soggetto, tanto più è normale che siano i genitori a contattare lo psicologo. In ogni caso, lo
psicologo deve
prendere contatto con i genitori: non si può prescindere dalla motivazione dei genitori ad
approfondire la
situazione del proprio figlio. Non farlo potrebbe creare dei conflitti di lealtà nel bambino nei
confronti di
figure significative adulte. Quando si presentano difficoltà di coinvolgimento della famiglia, può
essere utile
contattare l'adulto che ha fatto la segnalazione (insegnante ecc.) e cercare di valutare con lui come
la
famiglia possa essere raggiunta.
In adolescenza vi è più probabilità che il soggetto ricerchi in prima persona l'aiuto di uno psicologo.
In
questo caso è importante privilegiare questa richiesta spontanea. In un momento successivo tuttavia,
è
opportuno motivare all'utilità dell'apporto dei genitori: occorrerà spiegargli il motivo per cui si
desidera
incontrarli, e garantirgli comunque la riservatezza su quanto ci confida.
Per quanto riguarda la gravità del disturbo, se il soggetto adulto presenta dei disturbi tali da non
poter
prendersi cura di sé, non riuscirà probabilmente neanche a segnalarsi: sono questi gli unici casi in
cui
saranno i familiari, o le altre figure professionali che si occupano di lui, ad inviarlo dallo psicologo.
È importante che la persona che raccoglie la segnalazione sia orientata psicologicamente. Il modo
con cui
avviene la telefonata per fissare l'appuntamento costituisce il primo iniziale approccio del paziente
con lo
psicologo: già telefonicamente vanno raccolte alcune informazioni di base. In primo luogo, si tratta
di
chiarire che cosa la persona desidera: bisogna capire se la persona si è rivolta al professionista che
cerca
realmente. È inoltre importante informarsi su come sia arrivato a chiedere un appuntamento, nonchè
domandare se il soggetto non si sia già rivolto a qualche collega: non sono rari i casi di pazienti già
seguiti
da colleghi per cui il rivolgersi a qualcun altro assume il significato di un agito. In questi casi, è
utile
mettersi in contatto con chi si sta già prendendo cura di lui.
Altra distinzione inerente il tipo di segnalazione è quella fra segnalazioni in positivo e in negativo:
segnalazioni in positivo sono quelle in cui viene riconosciuto un disagio a cui si pensa possa essere
attribuita
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una causa psicologica; segnalazioni in negativo sono quelle che vengono fatte dopo altri tipi di
approccio
che escludano altri motivi per il disturbo, per cui si tenta anche la strada di una causa psicologica.
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3. L'approccio iniziale al caso
Il primo incontro si propone innanzitutto di verificare se il soggetto si è rivolto al professionista
giusto. In
secondo luogo, si propone di chiarire meglio quanto riferito nella segnalazione, relativamente alle
ragioni
che hanno portato la persona nella stanza di consultazione. Altro obiettivo è quello di accertare la
possibilità
di instaurare l'alleanza di lavoro indispensabile per una consultazione.
Vanno distinti i pazienti che vengono a parlare di sé, che possono essere ulteriormente distinti in
auto
segnalatisi, giunti su suggerimento altrui, e inviati da altri professionisti per un accertamento
diagnostico, e
pazienti che invece vengono a parlare per altri, che possono essere ancora distinti in genitori che
vengono a
parlare dei figli in età evolutiva, e familiari che vengono a parlare di una persona ormai adulta.
- Per quel che riguarda i pazienti che si autosegnalano, va detto che, attraverso la segnalazione, essi
iniziano
un movimento volto a superare un forte ostacolo emotivo interno. Va tenuto presente che, alla base
di
un'autosegnalazione, vi è sempre una situazione di crisi: vi è uno stato affettivo specifico che deve
essere in
qualche modo colto, e che si riferisce sia ai sentimenti impegnati nella crisi, sia alla soggettiva
inadeguatezza a fronteggiare tale crisi nel momento in cui viene richiesto un aiuto. Tale situazione
può
elicitare sentimenti di timore, preoccupazione, dipendenza dall'altro, diffidenza, fiducia. Va anche
detto che
anche il paziente più motivato si trova a fronteggiare dei conflitti: da un lato il desiderio di parlare
di sé,
dall'altro i sentimenti di reticenza, imbarazzo, pudore ansietà di fronte ad uno sconosciuto, che
mettono fra
l'altro in evidenza il fallimento soggettivo per cui si deve ricorrere ad un altro in una situazione
critica. C'è
ancora da dire che il nuovo crea di per sé incertezza, e questa è una situazione nuova per il paziente:
tale
incertezza va gestita e non può essere lasciata del tutto non strutturata.
Nel corso del primo incontro, lo psicologo deve tener presente ciò che si è verificato nel corso della
segnalazione, in particolare le analogie e le differenze tra come la persona si è presentata al telefono
e come
si presenta personalmente.
L'approccio iniziale è inoltre fortemente influenzato dalle caratteristiche della personalità del
paziente, per
cui ci si può trovare di fronte alle situazioni più svariate: l'impatto con l'altro fa scaturire angosce e
difficoltà.
L'approccio iniziale è fondamentale per vedere se il soggetto sia accostabile o meno a livello
psicologico: si
tratta di capire se è possibile generare una motivazione intrinseca, autocentrata, alla curiosità di
capire,
assieme allo psicologo, che cosa nel paziente non funzioni.
Lo psicologo, in questo primo approccio, deve anche valutare la sua possibilità e capacità nel
trattare un
determinato caso.
- Nel caso in cui la richiesta parte da altri professionisti, lo psicologo accosta il caso in qualità di
consulente:
il paziente resta affidato all'inviante.
Particolare attenzione va posta alle segnalazioni relative a pazienti psicosomatici. In questi casi,
spesso la
richiesta di consultazione deriva da un invio da parte del medico per esclusione, dopo una diagnosi
negativa.
Un simile invio rischia di connotarsi ambiguamente fin dall'inizio. A ciò si aggiunge che spesso un
paziente
di questo tipo non è affatto pronto ad accettare possibili spiegazioni dei suoi sintomi sul piano
mentale.
Altro caso particolare è quello relativo a persone segnalate per ragioni peritali. Al di là delle
differenze fra i
singoli casi, essi sono tutti accomunati da almeno due elementi da prendere in considerazione:
l'istituzione
che richiede l'approfondimento affida in qualche modo un giudizio di “verità” allo psicologo e
quindi tende
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a connotare la funzione psicologica di un ruolo giudicante più che conoscitivo; la persona esaminata
può
cercare di apparire, o raccontare le cose, nel modo più atto ad ottenere i vantaggi personali connessi
allo
scopo per cui l'esame è richiesto.
- Caso a parte è quello del paziente che dichiara di venire su suggerimento di altri. In questi casi,
specifica
attenzione va posta alla motivazione del paziente: può darsi infatti che egli non percepisca niente di
egodistonico. L'approccio iniziale dovrebbe esplicitare ed approfondire proprio il livello di disturbo
che la
problematica crea.
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4. Approccio ai familiari di un paziente adulto
Parliamo del caso in cui un familiare ci segnala sintomi o comportamenti di una persona che per
varie
ragioni non può o non vuole accettare di telefonare per un colloquio. In questi casi è utile invitare il
familiare ad un colloquio, in modo tale da valutare attentamente il significato della segnalazione:
può
trattarsi di una persona che sta male lei stessa, non riesce a riconoscere il disagio come proprio,
riesce ad
esprimerlo solo attraverso un problema attribuito agli altri; può emergere invece il quadro di una
situazione
patologica relativa all'intera famiglia; può infine essere che il familiare sia effettivamente
preoccupato nei
riguardi di una persona che sta male, ma che per diverse ragioni o non riesce a “fare il primo passo”
oppure
è incapace di riconoscere il suo star male. In questi casi si tratterà di individuare assieme al
familiare le
modalità per vedere se sia possibile giungere ad un'autosegnalazione, o vedere che tipo di aiuto
diretto o
indiretto si possa programmare nei casi più gravi.
Diversa è la situazione per i genitori di pazienti in età evolutiva. È innanzitutto importante, per il
bambino,
sapere che entrambi i genitori sono preoccupati per lui: è necessario fissare almeno un
appuntamento in cui
sono presenti entrambi i genitori, prima che l'intera consultazione sia terminata. Va precisato che
inizialmente si desidera parlare in assenza del bambino, per capire meglio il problema: è importante
che i
genitori abbiano questo spazio in cui potersi esprimere senza il timore che il figlio ascolti. In questo
spazio
essi possono fornire importanti informazioni non necessariamente a conoscenza del bambino.
Nei casi in cui ci si trovasse a contatto con genitori reticenti, diffidenti, se non addirittura ostili, è
importante
cercare di costruire con i genitori un'atmosfera di disponibilità e fiducia reciproca, con lo scopo
comune di
capire il bambino.
Va comunque considerato anche il caso di un problema spostato sul bambino, ma che in realtà è dei
genitori:
esistono situazioni estreme in cui il bambino è utilizzato come schermo o pretesto per la patologia
dei
genitori. Ovviamente, in questi casi starà alla competenza e attenzione dello psicologo suggerire ed
indicare
un aiuto all'adulto.
Altre volte ancora, ci si trova di fronte a genitori patologici, e si ha la netta sensazione che tale
patologia
abbia giocato, e continui a farlo, un ruolo fondamentale per la problematica del figlio: va comunque
considerato che i genitori non chiedono aiuto per sé stessi, ma per il figlio. Lo psicologo deve
accettare
questa situazione: nessuno può essere forzato alla terapia e la modalità di intervento deve tenere
conto degli
aspetti di realtà, non negarli.
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5. Il primo approccio psicologico al bambino
Il primo approccio con un bambino serve in primo luogo a chiarire scopo e motivazione
dell'incontro, e cosa
si farà insieme.
Un secondo obiettivo riguarda il fatto che il bambino possa cogliere la specificità dell'incontro
psicologico,
come una situazione in cui il capire non è un processo dello psicologo sul bambino, ma col
bambino,
attraverso l'interazione, lo scambio, la relazione. Non è utile procedere all'esame psicologico del
bambino
fino a che non si ha l'impressione che egli abbia, almeno genericamente, intuito lo scopo
dell'incontro.
Terzo punto importante riguarda una prima impressione conoscitiva: è possibile ottenere una prima
valutazione del grado di adattamento interno, ed alla realtà esterna; è anche l'occasione per chiarire
le
ragioni del bambino, ciò che egli sperimenta come disagio, che può anche non coincidere coi motivi
della
segnalazione.
Di solito è utile, fatto salvo il primo incontro, vedere il bambino da solo, facendo attendere chi lo
accompagna in un'altra stanza. Bambini molto piccoli o molto disturbati, invece, possono avere
delle
difficoltà a restare da soli, e può quindi essere necessaria la presenza di un genitore. In questi casi si
guarderà all'interazione bambino-genitore, ed ovviamente si terrà presente che si ha di fronte una
coppia:
sarà importante evitare quegli interventi che mettono il genitore o il bambino in un “conflitto di
lealtà”, cioè
di scelta fra noi, da un lato, e il bambino o il genitore dall'altro.
Nei casi di bambini con gravi compromissioni delle funzioni dell'Io, lo psicologo dovrà cercare di
favorire la
comunicazione verbale, fin dove è possibile, integrandola con altri strumenti, quali l'espressione
ludica,
grafica ecc. Gli interventi devono essere mirati a contenere l'ansia, prevedendo anche la presenza
della
mamma o di un familiare se ciò aiuta il bambino a sentirsi più tranquillo e controllato.
In prelatenza il bambino si accosterà alla situazione nuova con un senso di curiosità verso la
persona dello
psicologo, probabilmente assimilando la nuova situazione a situazioni già note (dottore, insegnante
ecc.).
Può risultare difficile comunicargli a livello verbale il significato specifico della consultazione.
L'uso di una
modalità ludica può aiutare a trasmettere dei significati sul suo disagio, sulla sua motivazione, sulle
sue
aspettative.
La latenza è il periodo di massima armonia fra i sistemi psichici e rappresenta il culmine della forza
e della
stabilità difensiva. Per questo motivo, il bambino in latenza è di solito facile da accostare. Allo
psicologo
risulta abbastanza semplice, servendosi di una modalità concreta e realistica, accostarsi al bambino
utilizzando l'espressione verbale.
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6. Il primo approccio psicologico all'adolescente
L'adolescente è impegnato a consolidare l'immagine di sé in una rinnovata identità che integri i
cambiamenti
evolutivi: è in primo piano l'interesse per ciò che egli è e vuole essere. Tra i cambiamenti più vistosi
c'è la
maturazione fisica e la sessualità matura, a cui sono connesse tensioni, preoccupazioni, bisogni e
fantasie
nuove. Il pensiero raggiunge in questo periodo le caratteristiche dell'astrazione e della possibilità di
ragionare per ipotesi. Collegate a ciò compaiono spinte verso l'indipendenza dalle figure genitoriali
e
l'esigenza di stabilire nuove relazioni e legami con i coetanei.
Possono facilmente sorgere angosce molto intense e preoccupazioni enfatizzate: ciò che all'adulto
può
apparire evolutivo, può essere soggettivamente vissuto dall'adolescente come permanente e pertanto
portarlo
a temere che ci sia qualcosa in lui che non funzioni adeguatamente.
Sebbene mostri interesse per un dialogo che lo riguardi, egli può al contempo presentarsi allo
psicologo con
cautela e con l'esigenza di salvaguardare la sua privatezza e un senso di sé autonomo che sta
acquisendo
proprio in questa delicata fase evolutiva. Egli può temere l'interessamento dell'esaminatore perchè
portatore
di una minaccia di un'eccessiva dipendenza, molto simile a quella genitoriale da cui sta cercando di
emanciparsi.
Finalità specifica del colloquio con l'adolescente è quella di aiutarlo a definirsi ed individualizzarsi.
Blos divide l'adolescenza in 5 fasi: preadolescenza, prima adolescenza, adolescenza vera e propria,
tarda
adolescenza e post-adolescenza. Le ultime due sono fasi di consolidamento delle acquisizioni
raggiunte
nelle precedenti.
Preadolescenza è caratteristico l'aumento quantitativo della pressione istintuale che porta ad un
investimento
indiscriminato di tutte le modalità di gratificazione (libidiche e aggressive), di cui il bambino si era
servito
nei primi anni di vita. Non compaiono un nuovo oggetto d'amore o nuovi scopi sessuali, mentre
tornano in
superficie interessi orali ed anali che possono manifestarsi sotto forma di sfrenata turbolenza,
voracità,
piacere di sporcarsi, crudeltà verso gli animali e amore per il disordine. Riaffiorano anche desideri
edipici e
la paura di castrazione/invidia del pene.
L'assalto della sessualità infantile tuttavia non trova più le condizioni originarie: l'Io è ora
consolidato e
contrappone alle pulsioni dell'Es ed alle esigenze del Super-Io tutti i meccanismi di difesa di cui
dispone. Si
instaura una vera e propria lotta fra le istanze psichiche le cui fasi alterne divengono manifeste negli
sbalzi
inquietanti del comportamento, degli atteggiamenti e dell'umore del preadolescente. Il rendimento
scolastico
diminuisce, si presentano disturbi nell'attenzione e nella concentrazione, sogni ad occhi aperti e
pensiero
illogico proprio quando il preadolescente sta raggiungendo il pensiero formale.
In questo periodo vi è una vera e propria perdita dell'orientamento: il preadolescente non si ritrova
più né col
suo corpo, che fisicamente cresce e fa convergere su di sé molte delle preoccupazioni ed attenzioni,
né con
le modalità difensive che finora aveva abbastanza adeguatamente messo in atto. L'approccio al
preadolescente deve tener conto della specificità del periodo; spesso si tratta di aspettare e rimanere
con lui
in questo processo.
Adolescenza è il periodo in cui si è ormai entrati nella pubertà e ci si prepara ad affrontare
l'adolescenza vera
e propria. La conclusione di questo periodo è più difficile da identificare, non vi sono segni che ne
indicano
l'uscita.
Sono due gli aspetti specifici della prima adolescenza: l'amicizia omosessuale, con grande valore
emotivo, e
con l'interiorizzazione di questo rapporto oggettuale, la formazione dell'ideale dell'Io. La scelta
oggettuale è
appunto di tipo narcisistico: il ragazzo ama l'amico perchè vede in lui l'immagine di ciò che gli
piacerebbe
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essere e che pensa di non riuscire ad essere, vede in lui un ideale o un completamento di sé.
Obiettivo dell'adolescenza vera e propria è la formazione dell'identità sessuale oltre che la ricerca di
oggetti
eterosessuali. In questo periodo gli aspetti tipici dell'adolescenza si manifestano in maniera
eclatante: l'ansia
conflittuale, l'intensità della vita emotiva, la riattivazione dei conflitti (in particolare quello edipico)
e
parallelamente l'emergere di svariati meccanismi di difesa e di temporanee regressioni.
In tarda adolescenza il compito evolutivo è quello di elaborare un Io unificato e stabile nonostante
l'eventuale presenza di arresti parziali a conflitti delle fasi precedenti.
La post-adolescenza è lo stadio di transizione dall'adolescenza, che gradualmente si estingue, all'età
adulta
che comporta l'armonizzazione delle componenti della personalità del giovane.
Approccio all'adolescente la segnalazione, per la prima volta, può giungere dal soggetto stesso che
si
autosegnala. Contestualmente egli non può essere portato di peso alla consultazione perchè il non
rispettare
la sua motivazione significherebbe schiacciare quel senso peculiare di identità nascente che
caratterizza il
periodo.
Se l'adolescente si autosegnala, si tratterà di investigare con lui le ragioni di questa scelta: può
essere un
modo per staccarsi dai legami col mondo infantile o, viceversa, può riflettere il desiderio di
mantenerli senza
accettare di procedere nel cammino della separazione/individuazione. Al momento dell'approccio
iniziale
comunque lo psicologo non sa a chi sarà in qualche modo associato, né se saranno mantenuti questi
movimenti transferali che mutano molto rapidamente.
Sia che l'adolescente si autosegnali, sia che venga segnalato dai genitori, è utile, se non necessario,
prima o
poi contattare i familiari. L'adolescente deve essere informato, e bisogna spiegargli chiaramente lo
scopo di
ciò: conoscere cosa i genitori pensano di lui, quanto e se sono preoccupati del suo problema,
raccogliere da
loro informazioni sulla storia familiare e personale che egli può non essere in grado di fornire.
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7. Il colloquio e l'osservazione psicologica
Finalità della consultazione diagnostica è giungere ad un profilo complessivo che approfondisca e
metta in
relazione il sintomo o il problema con le istanze della personalità, gli aspetti e le modalità più
sanamente
adattive con i tratti patologici, le forse progressive con le spinte regressive, differenziando gli
aspetti più
stabili e consolidati da ciò che si connota come più transitorio e reattivo.
L'organizzazione della consultazione si sviluppa in tre fasi: preliminare, centrale e conclusiva.
La fase preliminare comprende segnalazione e primo approccio al paziente: è importante cercare di
giungere
ad una motivazione per la consultazione intrinseca al soggetto.
Nella fase centrale si affronta l'oggetto vero e proprio della consultazione nei suoi differenti aspetti,
che
comprendono fondamentalmente l'approfondimento della personalità del paziente.
La fase conclusiva consiste in una breve sintesi di quanto è accaduto durante la consultazione, dei
temi
trattati, stabilendo qualche semplice connessione: non bisogna comunicare al paziente un profilo
dettagliato
della sua persona, ma fornire alcuni semplici elementi di riflessione ad un livello, il più vicino
possibile, alla
sua consapevolezza e possibilità di tollerare.
La stanza di consultazione deve essere un ambiente che favorisce il sentirsi accolti, personalizzato
quel tanto
che facilita il riconoscimento, senza che tuttavia l'addobbo finisca per sopraffare il paziente con
eccesso di
stimoli.
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8. Il colloquio
Le aree da investigare riguardano il vissuto che il paziente ha del suo problema e le soluzioni che
immagina,
l'immagine di sé e delle figure significative con cui ha avuto o ha a che fare, il rapporto con sé e con
gli altri.
Lo psicologo deve anche cercare di cogliere qualcosa di più strettamente collegato alle fantasie
come paure,
desideri e aspirazioni, con particolare attenzione alla capacità di distinguere fra realtà esterna ed
interna. È
anche importante verificare se il soggetto è capace di progettarsi ed immaginarsi in un futuro
prossimo e
lontano, e come investe tale suo percorso a venire: ciò dà la possibilità di valutare il rapporto tra
tendenze
progressive e regressive.
Il colloquio può essere condotto secondo vari metodi: può essere molto strutturato (colloquio per
aree)
ponendo al paziente domande ben precise, oppure, all'estremo opposto, si può lasciare al paziente
un grado
maggiore di libertà di esprimersi (colloquio libero).
Esso può inoltre raggiungere livelli diversi di profondità.
Le aree che interessano l'ambito diagnostico devono comunque essere tenute presenti ed investigate,
quello
che varia è solo il modo di porsi dello psicologo.
Quest'ultimo ha il compito di facilitare il processo conoscitivo e la collaborazione del paziente,
dimostrando
interesse, partecipazione e comprensione di quanto viene detto. Nei casi più delicati, piuttosto che
intrudere
con una curiosità disturbante e aggressiva, è meglio limitarsi a utilizzare il materiale a disposizione,
anche se
incompleto, lasciando che qualche ipotesi possa non essere verificata: poichè si incontra un soggetto
a scopo
diagnostico, non è possibile né opportuno vedere il paziente più di qualche volta; pertanto non si
può
intaccare l'Io e le sue difese, suscitando ansie incontrollabili ed inelaborabili, né si può indagare
troppo in
profondità su aspetti troppo lontani dalla consapevolezza del paziente.
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9. Colloquio con l'adulto
Nel colloquio con l'adulto può essere utile cercare di capire quanto vissuti ed elaborazioni personali
possano
colorare il racconto della sua storia. Si può cercare di capire quali figure della sua storia ricorda con
affetti
particolarmente intensi: ciò può mostrare la capacità e la qualità delle relazioni oggettuali primarie.
Può
essere opportuno cercare di sapere qualcosa relativamente alle esperienze di separazione che egli
può
ricordare, per investigare il rapporto fra tendenze regressive e la spinta evolutiva a crescere.
Per quel che riguarda il paziente psicosomatico, particolare attenzione dovrà essere rivolta allo
spessore
emotivo con cui il soggetto si esprime. Gli autori concordano sul fatto che il malato psicosomatico
manca di
uno spessore emotivo, della capacità di rappresentarsi un mondo fantasmatico (alessitimia, pensiero
operatorio). È importante verificare quanto estesa sia quest'area di non simbolizzazione.
Nel colloquio con pazienti gravi invece c'è da fare una distinzione fra fase acuta, subacuta e cronica.
Nella
fase acuta c'è un'esplosione dei conflitti, un intenso panico pervasivo, il sé del paziente è disgregato,
egli si
vive in uno stato di terrore e catastrofe incontenibili. In maniera varia la funzioni dell'Io sono molto
regredite. Nella fase subacuta, i sentimenti più angosciosi si attenuano, anche se i conflitti
continuano a
restare intensi ed attivi. C'è un tentativo del paziente verso una maggiore coesione del sé e le
funzioni dell'Io
tendono a stabilizzarsi su un livello meno regredito. Nella fase cronica il paziente presenta un grado
soggettivo di maggiore tranquillità. Nella fase acuta non è possibile un colloquio diagnostico; se un
paziente
così grave arriva alla consultazione, l'intervento verbale deve agire come funzione contenente il
panico. Può
essere possibile stabilire un colloquio nella fase subacuta e in quella cronica, sempre tenendo
presente che è
presente una certa quantità d'ansia nel paziente e pertanto il colloquio deve essere condotto con
particolare
empatia, delicatezza e rispetto per la sofferenza specifica del momento che sta attraversando.
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10. Colloquio col bambino
Il colloquio con i genitori costituisce un contributo essenziale per la diagnosi per vari motivi. È
importante
comunque raccogliere le notizie, ma non si tratta di sapere a tutti i costi, quanto piuttosto di
accogliere ciò
che i genitori si sentono di riferire.
Col bambino le aree da investigare riguardano l'immagine che egli ha di sé e delle figure
significative che lo
circondano, il rapporto con sé stesso e quello fra sé e gli altri. Si cercherà anche di approfondire il
mondo
più propriamente fantastico del bambino: fantasie, paure, sogni, e la capacità di distinguerli dalla
realtà
esterna. È importante valutare il rapporto tra tendenze progressive e regressive.
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11. Colloquio con l'adolescente
Particolarmente importante è il suo vissuto e il suo atteggiamento rispetto alle modificazioni
corporee che in
lui si stanno verificando: aspettative, timori nei riguardi del corpo sessuato ecc. Si deve poi
investigare il
rapporto con i genitori, in particolare il conflitto dipendenza/indipendenza, come esso viene gestito,
quali
figure di identificazione egli scelga. È importante poi indagare come sono i rapporti con i coetanei,
e con
l'altro sesso. Va posta attenzione anche alla problematica della masturbazione, al modo di accostarsi
alla
realtà, nonchè verificare che sia presente in lui la spinta ad un'autonomia adulta. In questo senso
vanno
sondati i suoi atteggiamenti verso esperienze in tal senso. È anche importante investigare sul suo
rapporto
con l'infanzia: è un periodo da rimpiangere, da disprezzare, ecc.?
Va detto che l'adolescente necessita di un approccio onesto e realmente interessato: richiede di
accostarsi a
lui con tatto e delicatezza, mantenendo però una certa distanza per poter avere la sensazione di
essere lui
personalmente alla ricerca della sua strada. L'adolescente per la prima volta scopre di essere lui che
decide
di sé, e questo gli fa spesso sentire l'altro come troppo intrusivo; d'altra parte il fatto di essere colui
che
decide apre un mondo in cui ci si sente soli, e questo fa sorgere il bisogno di persone con cui
comunicare. È
tra questi due poli opposti che l'adolescente si muove e chi si accosta a lui deve tenerne conto per
mantenere
una distanza empatica adeguata.
Salvatore D'angelo Sezione Appunti
Psicologia Clinica. Problemi diagnostici ed elementi di psicoterapia Pagina 14 di 56
12. L'osservazione
Viene utilizzata secondo due modalità: nella diagnosi del soggetto nei primi anni di vita, quando il
linguaggio non è ancora sufficientemente sviluppato perchè egli possa parlarci di sé (in questa
categoria si
possono inserire anche soggetti di età maggiore ma con patologie gravi); nel processo diagnostico di
adulti,
per tenere in considerazione la comunicazione non verbale.
Salvatore D'angelo Sezione Appunti
Psicologia Clinica. Problemi diagnostici ed elementi di psicoterapia Pagina 15 di 56
13. Osservazione nei primi anni di vita
È necessario un ambiente con giochi e giocattoli. Un bambino di età inferiore ai 3-4 anni entrerà
nella stanza
di consultazione insieme ai genitori: a quest'età egli non ha ancora una sua personalità strutturata
con un suo
mondo interno ben stabilito ed indipendente da quello dei genitori. L'osservazione deve essere
rivolta ad
esplicitare relazioni fra caratteristiche del bambino ed atteggiamenti dei genitori. Atteggiamenti e
personalità
dei genitori a quest'età fanno parte integrante della diagnosi e del profilo di personalità del bambino.
Si possono proporre un'osservazione di tipo libero e non strutturato ed una di tipo più strutturato.
Probabilmente uno psicologo agli inizi dell'attività potrà sentirsi rassicurato dal fare riferimento ad
una
traccia. È necessario che chi osserva conosca dettagliatamente lo sviluppo cognitivo, affettivo e
sociale
dell'età del bambino e quindi prepari la situazione in questo senso. Comunque, anche quando si
parla di
osservazione strutturata, si deve tener presente che le difese del soggetto vanno rispettate, e quindi
non
bisogna obbligarlo ad affrontare situazioni per lui non gestibili.
Un criterio utile su cui poter basare l'osservazione è quello proposto da A.Freud, ovvero la capacità
del
bambino di progredire lungo le sequenze evolutive, o il danno a tale capacità. È compito dello
psicologo
accertare dove un determinato bambino si colloca lungo la scala evolutiva, se la sua posizione è
adeguata
all'età, precoce o in ritardo, e come possano verificarsi delle interferenze rispetto alle possibilità di
crescita
futura.
Per quel che riguarda l'osservazione della madre, va indagata la sua capacità di funzionare come Io
ausiliario: si tratta di verificare quanto la madre sia capace di mantenere il bambino in un equilibrio
tra
piacere e dispiacere nelle aree vitali del sonno, dell'alimentazione, della pulizia, del conforto, della
motilità.
Salvatore D'angelo Sezione Appunti
Psicologia Clinica. Problemi diagnostici ed elementi di psicoterapia Pagina 16 di 56
14. Osservazione della comunicazione non verbale
La comunicazione non verbale sostiene e sorregge la comunicazione verbale. Sono state individuate
5
funzioni principali della comunicazione non verbale: -ripetizione e complementazione (rafforza ciò
che
viene detto verbalmente) -contraddizione (può contraddire ciò che viene detto verbalmente) sostituzione (il
messaggio verbale può essere sostituito da quello non verbale) -accentuazione (sottolineatura di
alcune parti
del messaggio verbale) -relazione e regolazione (tutti quegli aspetti non verbali che servono a
regolare il
flusso verbale nel corso di un'interazione). Vi sono poi alcune modalità significative che, all'interno
di una
consultazione, coinvolgono l'esaminatore e l'esaminato:
Comportamento spaziale: si intende il rapporto fra un uomo e lo spazio che lo circonda. L'esame di
tale
comportamento può portare a cogliere il significato che un ambiente ha per un individuo. Diviene
allora
importante cogliere il rapporto vicinanza-distanza, l'orientamento e la postura che si assumono nel
corso
dell'interazione. La reciproca posizione assunta nello spazio dagli individui segnala il livello di
intimità, di
piacevolezza, di dominanza, di status e di ruolo.
Movimenti del corpo: il corpo nel suo complesso fornisce notevoli elementi di conoscenza.
Espressione del volto
Paralinguaggio: è il modo in cui è emesso un messaggio tralasciando il suo significato. In
particolare si
possono considerare: il tono della voce e il ritmo del discorso, le vocalizzazioni (piangere, ridere,
sospirare,
sbadigliare ecc), emissioni di interlocuzioni.
Fattori ambientali e caratteristiche fisiche: tutti quegli aspetti che influenzano ugualmente la
comunicazione
umana anche se non ne fanno direttamente parte.
Comunque, in generale, attraverso la comunicazione non verbale vengono trasmessi affetti,
sentimenti,
disagi, di cui non sempre il paziente è consapevole. L'armonia fra comunicazione verbale e non
verbale è
indice di armonia fra le istanze della personalità, tra aspetti cognitivi ed affettivi. Quando si
verificano delle
discrepanze tra aspetti verbali e non verbali qualcosa in quest'armonia si rompe.
Salvatore D'angelo Sezione Appunti
Psicologia Clinica. Problemi diagnostici ed elementi di psicoterapia Pagina 17 di 56
15. L'utilizzazione dei test
Il test va somministrato seguendo regole prefissate, e successivamente valutato ed interpretato
secondo
determinate norme. Chiaramente, l'applicazione del test nella situazione clinica assume delle
connotazioni
emotive sia nello psicologo che nel paziente. Nella somministrazione dei test, si intrecciano aspetti
cognitivi
e relazionali.
L'applicazione del test richiede collaborazione, accettazione e disponibilità da parte del soggetto,
per lo
meno a livello consapevole; se il colloquio non è riuscito ad instaurare tale clima, è meglio cercare
di capire
cosa sta succedendo, tralasciando per il momento il test.
Il test deve poi essere presentato come un compito da eseguire in collaborazione con il soggetto, e
non su di
lui. È poi utile che il paziente sia in qualche modo informato sullo scopo del test; a tal proposito,
sono da
evitare spiegazioni ansiogene o che illustrano la specificità del test.
È da evitare la somministrazione del test subito dopo un colloquio che ha suscitato intense
emozioni, in
quanto in tal modo, si valuterebbe l'interferenza di tali emozioni sulla prestazione, piuttosto che il
comportamento abituale del soggetto.
Assunto fondamentale è cmq che i test possono completare quanto emerso dal colloquio, ma non
possono
sostituirlo: si può fare una diagnosi senza ricorrere ai test, ma non senza utilizzare un colloquio.
La scelta del tipo di test da utilizzare dipende da quattro variabili: finalità della consultazione, tipo
di
disturbo, età dei soggetti, indirizzo teorico dello psicologo.
Per quel che riguarda l'età dei soggetti, si possono distinguere le seguenti fasce d'età: sotto i 3 anni,
dai 3 ai
5, età scolare, scuola media, adolescenza, età adulta.
Relativamente all'indirizzo teorico, l'approccio di tipo psicoanalitico richiede l'utilizzazione di test
d'intelligenza e di personalità. In particolare vanno utilizzati i test proiettivi che indagano la
personalità
attraverso il meccanismo della proiezione. I test di intelligenza servono non solo a rilevare le
capacità
intellettiva e comprensiva del soggetto, ma danno informazioni sul funzionamento di aspetti di base
dell'Io,
e su eventuali influenze dell'affettività su tali funzioni.
Per quanto riguarda l'ordine di somministrazione, vale la regola che i test di personalità vanno di
solito
applicati dopo i test di intelligenza, e questo perchè i proiettivi suscitano nel soggetto vissuti ed
emozioni
che potrebbero appunto disturbare l'esecuzione del test d'intelligenza.
Il confronto fra gli aspetti emersi nei diversi test permette di valutare il grado di armonia e
disarmonia
interno al profilo di un paziente.
In generale, un processo di accertamento attraverso una batteria di test, è qualcosa di piuttosto
complesso: i
contenuti proposti dai vari test pongono il soggetto di fronte ad un compito (i test di intelligenza –
compito
di adattamento, test tematici – compito di immaginazione, test grafici – compito di esecuzione
grafica);
accanto a questo compito di realtà, vengono suscitati, sia attraverso gli stimoli proposti, sia
attraverso la
situazione in cui vengono applicati, affetti, sentimenti, rappresentazioni, conflitti. Questi, si per sé
disorganizzati a livello inconscio primario, vengono in qualche modo riorganizzati a livello
preconscio e
conscio; l'Io prenderà in carico, in modo più o meno riuscito, questi movimenti con le sue
possibilità e
capacità, tenendo conto delle spinte pulsionali e delle istanze superegoiche, della dialettica tra
principio di
piacere e principio di realtà. La produzione complessiva del protocollo del soggetto testimonia di un
compromesso originale realizzato dal soggetto tra imperativi consci ed inconsci, ed attesta la
possibilità o
l'impossibilità, ed in ogni caso le modalità utilizzate, per risolvere questo conflitto.
Per quel che riguarda la scelta della batteria di test, relativamente all'età adulta la scelta va di solito
ad un
Salvatore D'angelo Sezione Appunti
Psicologia Clinica. Problemi diagnostici ed elementi di psicoterapia Pagina 18 di 56
test di intelligenza, un test proiettivo tematico, ed un test proiettivo strutturale: tipica è la batteria
WAIS,
Rorschach, TAT o ORT. Il WAIS fornisce informazioni sul funzionamento intellettuale ma anche
sulle
capacità di adattamento del soggetto; il Rorschach dà informazioni sulla struttura di base della
personalità
nei suoi aspetti anche profondi ed inconsapevoli; il TAT o l'ORT consentono di indagare i temi
conflittuali
ed il loro livello.
Relativamente all'adolescenza, essa costituisce un periodo molto delicato di passaggio dall'età
infantile
all'età adulta: a seconda delle situazioni, compito dello psicologo sarà quello di indirizzare la scelta
dei test
verso quelli per l'età adulta o verso quelli per il periodo di latenza.
Relativamente alla latenza si può usare una batteria composta da test di intelligenza e grafici. Per
quanto
riguarda i test di intelligenza, bisogna tener presente che mano a mano che l'età diminuisce,
diminuiscono le
capacità di partecipazione ai compiti, l'attenzione e la concentrazione.
Relativamente all'età prescolare la somministrazione dei test risulta ancora più complicata: non si
possono
fare cose lunghe e complesse poichè ci si scontra con difficoltà di attenzione, distraibilità e c'è il
pericolo
che le istruzioni non vengano capite.
Al di sotto dei 3 anni, i test di intelligenza sono rappresentati dai test di sviluppo, mentre per lo
sviluppo
emotivo è più utile ricorrere all'osservazione fra il bambino ed i genitori, ed alle informazioni
ricavate dal
colloquio con i genitori.
Salvatore D'angelo Sezione Appunti
Psicologia Clinica. Problemi diagnostici ed elementi di psicoterapia Pagina 19 di 56
16. Teoria dei test
“Un reattivo psicologico consiste in una misurazione obiettiva e standardizzata di un campione di
comportamento”. Standardizzazione: tutti i procedimenti utilizzati sono definiti in modo tale che 1)
ogni
soggetto venga sottoposto, con modalità che rimangono costanti, alle stesse situazioni stimolo; 2) le
istruzioni siano uguali per tutti i soggetti; 3) per l'attribuzione del punteggio e la sua valutazione sia
applicato uniformemente un unico metodo.
I criteri che consentono di interpretare il significato dei dati raccolti con un test sono chiamati
“norme di
riferimento”: esse sono punteggi al test ottenuti da un gruppo esterno di riferimento (dati di
confronto).
Il test deve poi soddisfare caratteristiche di fedeltà e validità.
Secondo la definizione classica, un reattivo psicologico è considerato fedele quando, applicato più
volte, dà
come risultato delle misure uguali. La stima del grado di fedeltà viene attuata seguendo quattro
metodi: le
forme parallele (costruzione di due test perfettamente analoghi. La fedeltà si ha se i risultati delle
due forme
parallele sono simili), il test-retest (applicare successivamente due volte lo stesso test e determinare
il grado
di concordanza dei risultati ottenuti), la divisione a metà (l'insieme delle varie prove che formano
un test
viene diviso in due parti in modo da poterle considerare forme parallele), la consistenza interna
(corrisponde
alla media di tutti i possibili coefficienti di fedeltà calcolati col metodo della divisione a metà).
Per validità si intende il fatto che un test misuri effettivamente la caratteristica in esame. Validità di
contenuto: grado in cui un test prende in esame tutti i possibili aspetti della caratteristica che vuole
misurare.
Validità predittiva: capacità di un test di predire i risultati ottenuti dal soggetto in base alla
caratteristica
misurata dal test. Validità concorrente: differisce da quella predittiva solo per aspetti temporali.
Validità di
costrutto: usata sia per confermare che per progettare test. Alla sua origine c'è un esame del
particolare
aspetto o tema che sta alla base del test. Una volta fissato l'aspetto teorico, il ricercatore costruirà un
test che
tenga conto di tutte le varie caratteristiche e atteggiamenti presenti.
Test di intelligenza: in realtà valutano certe capacità umane dalle quali si può inferire il livello di
intelligenza di una persona (capacità di affrontare e di risolvere particolari compiti di tipo verbale,
numerico,
manuale).
Test di sviluppo: si propongono di rilevare e misurare lo svilupparsi ed il maturare di alcune
funzioni e
abilità, con l'aumentare dell'età dei soggetti. Si rivolgono principalmente a soggetti in età evolutiva.
Metodi proiettivi: consistono nella presentazione di stimoli poco strutturati o ambigui. Il compito
dei
soggetti consiste nello strutturare o interpretare gli stimoli proposti, rivelando così la propria
personalità.
Salvatore D'angelo Sezione Appunti
Psicologia Clinica. Problemi diagnostici ed elementi di psicoterapia Pagina 20 di 56
17. I test di intelligenza: Scale Wechsler
Test di intelligenza generale, misura “la capacità globale dell'individuo ad agire con uno scopo,a
pensare
ragionevolmente, a gestire effettivamente il proprio ambiente”. Il reattivo è suddiviso in due parti:
verbale e
non verbale (performance, si basa sulla manipolazione di oggetti e figure).
I sei subtest della scala verbale sono: definizione di vocaboli, comprensione generale, cultura
generale,
memoria di cifre, ragionamento aritmetico, analogie. I cinque subtest della scala performance sono:
riordinamento di figure, completamento di figure, disegno con cubi, ricostruzione di figure,
associazione di
simboli a numeri.
Per ciascuna scala è possibile calcolare un punteggio di livello intellettuale, il QI, confrontando i
punteggi
grezzi con apposite tabelle che tengono conto dell'età del soggetto. Si possono ottenere 3 QI:
verbale, non
verbale, totale.
L'edizione di tale scala del 1955, nota come WAIS, è il reattivo di intelligenza per adulti
attualmente più
usato. La WAIS-R è la versione del 1981, volta ad eliminare item ormai datati e ad incrementare la
diversità
culturale degli item. La WISC e la WIPPSI sono scale sviluppate sulle stesse basi teoriche,
utilizzabili in età
evolutiva (WIPPSI 4-6 anni).
Le scale Wechsler richiedono notevole esperienze da parte di chi le applica, sia nel porre le
domande
all'esaminato, che nella valutazione e nell'interpretazione dei risultati. Sono adatte per misurare il
livello
intellettuale di persone che abbiano per lo meno una discreta padronanza della lingua e familiarità
con le
cifre. Risultano buone sia fedeltà che validità. Le scale permettono sia il confronto individuale
dell'intelligenza del soggetto con quella della popolazione generale (QI), sia il confronto individuale
dell'efficienza delle diverse funzioni che sono alla base dei risultati nei diversi subreattivi.
Salvatore D'angelo Sezione Appunti
Psicologia Clinica. Problemi diagnostici ed elementi di psicoterapia Pagina 21 di 56
18. Matrici di Raven
Le matrici progressive standard di Raven, PM38, costituiscono il primo e più usato dei tre strumenti
noti
come matrici progressive di Raven. Sono state ideate per esaminare la massima ampiezza
dell'abilità
mentale e per essere applicate a persone di ogni età, indipendentemente dal livello di cultura. Esse si
propongono infatti di misurare l'abilità di una persona a formare relazioni percettive e a ragionare
per
analogie indipendentemente dal linguaggio e dal livello di scolarità raggiunto.
Le PM38 consistono di 60 matrici, disposte in 5 serie di 12 item, ciascuno mancante di una parte. Il
soggetto
deve completare la parte mancante scegliendo tra 6/8 alternative proposte, di cui una sola è corretta.
Le serie
presentano difficoltà crescente. Ogni serie implica un principio differente per completare la parte
mancante.
Ognuno degli item proposti, a parere di Raven, rappresenta la “matrice” di un sistema di pensiero.
Il test è molto utile con soggetti che abbiano difficoltà di espressione linguistica e di facile
affaticabilità.
Non sono previsti limiti di tempo per l'esecuzione della prova. Per l'esaminatore non viene richiesto
un
training specifico. Godono di un'elevata standardizzazione, buona fedeltà e validità.
Le matrici progressive colorate (CPM) sono da usare con bambini dai 4 agli 11 anni, e con soggetti
con
deficienze intellettuali o di età molto avanzata. Le advanced progressive matrices (APM) sono state
sviluppate per essere usate con persone di abilità intellettuale elevata o superiore alla media. A
differenza
delle altre 2 versioni, le APM possono essere usate anche come test a tempo.
Salvatore D'angelo Sezione Appunti
Psicologia Clinica. Problemi diagnostici ed elementi di psicoterapia Pagina 22 di 56
19. I test di sviluppo - Scala Stanford-Binet
Da un punto di vista storico, la scala ideata da Binet, nel 1905, rappresenta il primo test che possa
essere
definito come test di sviluppo: essa nasce dalla partecipazione di Binet in collaborazione con
Simon. La
scala Simon-Binet doveva costituire lo strumento adatto a distinguere i bambini che potevano
frequentare la
scuola con profitto, da quelli che si sarebbero trovati svantaggiati: si trattava quindi di proporre una
misura
dell'abilità di apprendere, non tanto di quanto appreso. Nel 1908 apparve una prima revisione in cui
è
presente per la prima volta il concetto di età mentale. Più avanti fu introdotto il concetto di QI,
come
rapporto fra età mentale ed età cronologica moltiplicato per 100.
La seconda revisione Stanford della scala Binet, tuttora di uso corrente, apparve nel 1937: con
questa
revisione, il test può essere applicato a partire dai 2 anni fino all'età adulta.
La scala richiede, da parte di chi la somministra, l'acquisizione di una buona pratica. Non viene mai
applicato l'intero test: si inizia dall'applicazione degli item che corrispondono all'età del soggetto. Se
il
soggetto supera tutti gli item, si procede con quelli relativi agli intervalli d'età successivi, fino a che
sbaglia
tutti gli item corrispondenti ad un certo livello di età. Se sbaglia qualcuno degli item corrispondenti
alla sua
“età base”, si torna indietro fino a che si giunge al livello di età di cui supera tutti gli item.
Si può concludere che questo test si propone di misurare l'intelligenza generale di una persona
presentando
al soggetto una varietà di compiti di difficoltà crescente nota. Ha il pregio di poter essere utilizzato
in
un'amplissima gamma di età, e di poter essere applicato più rapidamente del WISC o del WAIS. Ha
tuttavia
il difetto di richiedere una grande esperienza per la sua applicazione e di non discriminare
chiaramente fra
aspetti verbali e non verbali dell'intelligenza.
Gli studi sulla fedeltà e la validità risultano piuttosto limitati, anche se in particolare la fedeltà
risulta
elevata.
Salvatore D'angelo Sezione Appunti
Psicologia Clinica. Problemi diagnostici ed elementi di psicoterapia Pagina 23 di 56
20. Bayley Scale
Si propone di rilevare lo stadio di sviluppo raggiunto dal bambino e le eventuali deviazioni dallo
sviluppo
normale. È applicabile dai 2 ai 30 mesi. È uno degli strumenti meglio standardizzati relativamente
alla prima
infanzia. Si compone di 3 subtest: la scala mentale, la scala motoria, la scala di registrazione del
comportamento infantile. Validità e fedeltà sono state adeguatamente studiate con dei valori
accettabili.
Richiede, da parte dell'esaminatore, un training accurato.
Salvatore D'angelo Sezione Appunti
Psicologia Clinica. Problemi diagnostici ed elementi di psicoterapia Pagina 24 di 56
21. Scale di Utzigiris e Hunt
Gli autori si basano sulla teoria piagetiana dello sviluppo mentale, ed in particolare sulle ipotesi
relative al
funzionamento intellettuale nel periodo sensomotorio. Le 6 scale descrivono una serie di sequenze
di azioni
rappresentative di sequenze ordinali di tappe comportamentali che caratterizzano l'organizzarsi di
strutture
cognitive, secondo l'ordine sequenziale proposto dalla teoria piagetiana. La somministrazione di tali
scale
richiede un'abilità ed un training particolari.
Salvatore D'angelo Sezione Appunti
Psicologia Clinica. Problemi diagnostici ed elementi di psicoterapia Pagina 25 di 56
22. Gesell preschool test
Studia i comportamenti motori, di linguaggio, di adattamento e della sfera personale-sociale di
bambini dai 2
anni e mezzo ai 6 anni. È un test di tipo prescolare che può essere somministrato per determinare il
livello
normale di sviluppo in bambini di scuola materna o delle prime classi della scuola elementare. È
usato
prevalentemente per screening, prime diagnosi e primi interventi. Richiede una somministrazione
individuale di circa 40 minuti. Difficilmente determinabili fedeltà e validità.
Salvatore D'angelo Sezione Appunti
Psicologia Clinica. Problemi diagnostici ed elementi di psicoterapia Pagina 26 di 56
23. Miller assessment for preschooler
Il suo scopo e di identificare bambini in età prescolare che possono avere moderati ritardi nello
sviluppo e
problemi relazionali nell'ambito scolastico. È applicabile a bambini dai 2 ai 9 anni e può essere
somministrato in circa 30 minuti. Consiste di due strumenti: il MAP, indicato per uno screening
veloce, e il
MAP esteso che permette di ottenere informazioni cliniche più approfondite.
Salvatore D'angelo Sezione Appunti
Psicologia Clinica. Problemi diagnostici ed elementi di psicoterapia Pagina 27 di 56
24. Battelle developmental inventory
(BDI) è uno dei più recenti strumenti di screening e di diagnosi della prima infanzia ed è volto ad
identificare ritardi e debolezze nello sviluppo del bambino. Può essere somministrato a soggetti di
età
compresa fra 6 mesi ed 8 anni. Buone fedeltà e validità.
Salvatore D'angelo Sezione Appunti
Psicologia Clinica. Problemi diagnostici ed elementi di psicoterapia Pagina 28 di 56
25. Scala di sviluppo del pensiero logico – Longeot
L'opera di Longeot appartiene alla psicologia differenziale genetica. Longeot utilizza la nozione di
stile
cognitivo, con la quale intende definire i vari modi di funzionamento, o le diverse procedure di
conoscenza,
usate da soggetti che abbiano lo stesso livello di sviluppo intellettuale. Secondo l'autore, lo stile
cognitivo è
una stabile preferenza di una persona per un particolare modo di usare la proprie procedure di
conoscenza.
La scala di pensiero logico ha lo scopo di attenersi, da una parte, alle prove che Piaget ha ideato e
condotto
mediante tecniche non quantificabili, e dall'altra, alle tecniche di quantificazione necessarie per
l'individuazione di caratteristiche individuali. Questo test può essere considerato diverso dagli altri
classici
reattivi che indagano lo sviluppo cognitivo: i risultati ottenuti con l'EPL sono interessanti non solo
perchè
permettono di definire lo stadio evolutivo raggiunto dal soggetto, ma anche perchè, tramite
un'analisi
qualitativa, si possono evidenziare le strategie di risposta utilizzate. L'EPL è soddisfacente sia dal
punto di
vista della coerenza interna che della validità.
Salvatore D'angelo Sezione Appunti
Psicologia Clinica. Problemi diagnostici ed elementi di psicoterapia Pagina 29 di 56
26. British ability scales
(BAS) batteria di test di abilità mentale per soggetti tra i 2 e i 17 anni, con lo scopo di identificare,
classificare e selezionare bambini che presentano problemi di apprendimento. È utile
nell'identificazione di
elementi che possono essere utili al superamento di alcune difficoltà di apprendimento, nonchè di
particolari
debolezze che necessitano di supporto. Una delle sue funzioni è quella di fornire un QI generale ed
uno
specifico su materiali verbali o visivi, dando la possibilità di rilevarne e valutarne le discrepanze. La
somministrazione ha una durata che va da 1 a 2 ore.
Salvatore D'angelo Sezione Appunti
Psicologia Clinica. Problemi diagnostici ed elementi di psicoterapia Pagina 30 di 56
27. Bender test
E' applicabile dai 3 anni fino all'età adulta. I risultati possono essere interpretati in termini
maturazione della
Gestalt visomotoria, neuropsicologicamente o come indicatori di disturbo emotivo. Consiste di 9
semplici
disegni geometrici che il soggetto deve riprodurre. Vari sono i metodi interpretativi proposti: Hutt
ha usato
questo test interpretando i vari disegni in chiave psioanalitica; Koppitz ha proposto un metodo di
attribuzione del punteggio per bambini dai 5 agli 11 anni atto a distinguere, all'interno della
produzione,
quanto sia attribuibile allo sviluppo della funzione della Gestalt percettivo-motoria e quanto
all'influenza di
problemi emotivi; Rimmel e Weiss hanno usato il test come un compito cognitivo, usando come
base la
teoria Piagetiana. In altre parole, le procedure di punteggio per tale test sono così numerose e
diverse da
essere diventate uno dei massimi problemi nell'uso di tale tecnica. È semplice nella
somministrazione, ma
richiede una certa esperienza per l'interpretazione.
Salvatore D'angelo Sezione Appunti
Psicologia Clinica. Problemi diagnostici ed elementi di psicoterapia Pagina 31 di 56
28. Vineland Adaptive Behavior Scales
Misurano l'adattabilità personale e sociale degli individui, dalla nascita all'età adulta. Non sono un
test nel
senso comune del termine, in quanto consistono in un'intervista strutturata, valutabile attraverso un
punteggio, da attuare con persone che abbiano una certa familiarità con il comportamento
giornaliero del
soggetto (il comportamento adattivo viene definito come la somma delle attività giornaliere
necessarie
all'autosufficienza personale e sociale dell'individuo). Gode di una buona fedeltà e validità di
costrutto.
Salvatore D'angelo Sezione Appunti
Psicologia Clinica. Problemi diagnostici ed elementi di psicoterapia Pagina 32 di 56
29. Test strutturali e tematici - Il test di Rorschach
E' composto da 10 tavole standardizzate, in cui sono riprodotte delle immagini simili a delle
macchie
d'inchiostro. Dal punto di vista storico, rappresenta il primo test proiettivo. Nonostante differenti
autori
abbiano proposto modalità di siglatura delle risposte e di interpretazione delle stesse non del tutto
sovrapponibili, la valutazione presenta una base comune.
L'esaminatore assicura che nel test non esistono risposte giuste o sbagliate, e deve essere munito di
un
orologio e di fogli per la raccolta delle risposte, registrando in maniera molto dettagliata tutto ciò
che il
soggetto dice; successivamente si procede all'inchiesta. Infine si passa a valutare le risposte secondo
una
tecnica che richiede un lungo tirocinio prima di raggiungere un sufficiente grado di sicurezza. Ogni
risposta
viene valutata secondo i parametri localizzazione, determinante, contenuto. Le risposte vengono
inoltre
valutate secondo la loro qualità ed in base alla frequenza statistica. Il protocollo va poi interpretato
come un
tutto unitario, dove ciascun elemento si inquadrerà in un contesto globale. Oltre all'aspetto
quantitativo, il
Rorschach dà importanza anche a rilevazioni qualitative (manifestazioni particolari, shock).
In base a tutti questi indici viene eseguita una diagnosi della personalità che tiene conto di 3
dimensioni
fondamentali: modalità di approccio da un punto di vista del funzionamento intellettuale, affettività,
adattamento sociale.
Il tema della validità del Rorschach è stato ampiamente dibattuto, e come risultato sono emerse 3
posizioni:
una prima opinione sostiene che esso fallisce nel soddisfare a standard strettamente psicometrici di
validità,
per cui dovrebbe essere scartato come procedimento diagnostico; un'altra, più orientata
clinicamente,
sostiene che il Rorschach non è un test, ma un tipo speciale di interazione basato sull'abilità e sulla
sensibilità dell'esaminatore piuttosto che sulle caratteristiche psicometriche dello strumento; Weiner
propone
un terzo punto di vista più integrato.
Vanno poi distinti un approccio basato su segni empirici, o psicometrico, ed uno concettuale:
l'approccio
psicometrico riguarda l'individuazione di punteggi e segni che possano distinguere fra diverse
categorie
diagnostiche (es. Metodo Comprensivo di Exner. Considerano il Rorschach come primariamente un
compito
di risoluzione di problemi che riattiva stili stabili di gestione di comportamento). Tale approccio
porta alla
perdita dello spessore qualitativo delle risposte. L'approccio concettuale invece, si rifà a principi di
validità
di costrutto invece che di validità di criterio: una teoria della personalità è una guida essenziale per
un
approccio del genere.
Il primo a collegare Rorschach e teoria psicoanalitica fu Rapaport. A partire da lui, numerosi sono
stati gli
studi per una valutazione concettuale del Rorschach su basi psicoanalitiche.
Contributi della scuola francese
Il compito affidato al soggetto richiama in primo luogo un'operazione di ristrutturazione percettiva
del
campo; d'altra parte lo stimolo proposto, non avendo nessuno riscontro nella realtà esterna, sollecita
il
mondo interiore del soggetto. La risposta fornita sarà dunque proprio la risultante di questo duplice
processo
di integrazione fra il percetto ed il mondo fantastico.
Il lavoro di interpretazione deve contemporaneamente tenere presente gli aspetti qualitativi e
quantitativi
emersi dallo psicogramma, cercando di integrarli vicendevolmente. In particolare, l'attenzione va
posta alla
varietà o somiglianza delle reazioni alle tavole (allungamento del tempo di latenza o precipitazione
della
risposta, reattività a certi tratti ecc). In particolare, si possono poi mettere in evidenza 2 dimensioni
fondamentali dello stimolo: strutturale – attribuibile alle caratteristiche formali delle tavole,
classicamente
considerata secondo una prospettiva percettiva e cognitiva (carattere unitario – corpo umano vs
struttura
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bilaterale – relazioni, carattere aperto – simbolismo femminile materno vs chiuso – simbolismo
fallico);
sensoriale – sollecitata dalla presenza del colore, di solito associata alla espressione degli affetti
(tavole
grigie nere – reazioni di ansietà, inquietudine, angoscia; tavole rosse – moti pulsionali sessuali e
aggressivi;
tavole colorate – induttori di affetti).
È ben difficile dare una descrizione obiettiva delle 10 tavole, pertanto alla descrizione obiettiva si
sostituisce
un aspetto normativo dettato dalla frequenza delle risposte.
Comunque, in generale, si possono evincere contenuti relativi all'intera personalità, modi di
funzionamento,
stili percettivi, modalità difensive prevalenti, reazioni all'angoscia ecc.
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30. Il TAT di Murray
Consiste di 31 immagini, costituite da fotografie, riproduzioni, quadri, illustrazioni. Di queste,
alcune sono
applicabili a tutti i tipi di soggetti, altre solo per soggetti o maschi o femmine, altre ancora per
adolescenti o
adulti. Nel complesso, la batteria differenziata per ogni tipo di soggetto comprende 20 immagini.
Esse
vengono somministrate in 2 sedute da 10 immagini ciascuna. Le immagini della seconda serie sono
volutamente poco usuali, più drammatiche di quelle del primo gruppo.
Questo test nasce sulla base della teoria dei bisogni di Murray. I due costrutti centrali nella sua
psicologia
sono quelli di bisogno e pressione: i bisogni giocano un ruolo nella scelta di quegli aspetti del
mondo che
sono percepiti e del significato che viene dato ad essi. Forniscono inoltre energia al comportamento
in
direzione della loro soddisfazione. Le pressioni fanno invece riferimento alla forza degli eventi
ambientali
sulla persona. L'autore descrive due tipi di pressioni: le pressioni alpha, dovute all'influenza su una
persona
di forze esterne obiettive e reali, e le pressioni beta, che riguardano le componenti soggettive di tali
forze.
Bisogni e pressioni interagiscono in combinazioni dinamiche, definite dall'autore come “temi”. Il
TAT nasce
proprio come strumento per la rilevazione di questa complessa teorizzazione.
Nell'interpretare il TAT, il compito iniziale consiste nell'identificare quel personaggio, definito
“eroe”, su
cui l'autore ipotizza vengano proiettati bisogni, motivi, credenze ed emozioni. Nella pratica clinica
vengono
formulati due tipi di lettura del TAT: formale e di contenuto: il primo riguarda il modo in cui il
soggetto
costruisce o presenta le sue risposte; le analisi del contenuto emergono invece dallo studio del
materiale
fornito dal soggetto attraverso il racconto.
Per un'interpretazione dal punto di vista psicoanalitico, è stato ipotizzato che esista, per ogni
immagine, un
contenuto manifesto ed un contenuto latente, suscettibile di riattivare differenti livelli della
problematica. La
consegna è caricata della stessa contraddizione interna: l'accento è posto sul controllo cosciente
(cioè tener
conto del contenuto logico dell'immagine, elaborare una storia logica, coerente, trasmissibile
all'altro, quindi
obbediente agli imperativi del processo secondario) e nello stesso tempo sulla necessità di abbassare
la
soglia del controllo per lasciarsi andare ad immaginare. Si tratta quindi di una situazione di conflitto
per
eccellenza fra principio di piacere e di realtà, rappresentazione di cosa e di parola, difesa e
desiderio; in
sintesi, fra imperativi consci e inconsci. La storia raccontata, o piuttosto l'insieme del protocollo,
rappresenta
un compromesso originale realizzato dal soggetto fra imperativi consci e inconsci, fra funzioni
coscienti,
difensive, e rappresentazioni fantasmatiche più che il tema, è la modalità di elaborazione di questo
che
interessa per valutare come una certa problematica si inserisce e quale ruolo gioca nella vita
mentale del
soggetto.
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31. L'ORT di Phillipson
La tecnica delle relazioni oggettuali è un test proiettivo che si propone di studiare diversi tipi e
livelli di
relazioni oggettuali che il soggetto può instaurare. A parere dell'autore, questa tecnica dovrebbe
costituire
uno sviluppo del TAT con l'integrazione di alcune caratteristiche del Rorschach.
Presupposti teorici alla base del test
Secondo la teoria delle relazioni oggettuali, il modo con cui una persona stabilisce le sue relazioni
con gli
altri è il risultato di una lunga storia di apprendimenti in tali relazioni. Tale storia deriva dalle
relazioni con i
primi oggetti da cui dipendeva per la soddisfazione dei bisogni primari: il mantenimento e lo
sviluppo di
queste prime relazioni sono di tale importanza per un individuo, da influenzare il suo modo
successivo di
entrare in rapporto con il mondo. A partire da questo assunto di base, Phillipson postula che il modo
col
quale un soggetto stabilisce una relazione rappresenta il tentativo di riconciliare 2 sistemi di
relazioni
oggettuali che si intrecciano continuamente: 1) fantasie inconsce, relazioni oggettuali primitive
(connesse
con le relazioni oggettuali dei primi anni di vita), continuamente attive ed alla ricerca di una
gratificazione,
ma in modo primitivo ed irrazionale e non compatibili con gli standard accettabili di relazioni
oggettuali; 2)
esperienze consce e accumulate di relazioni oggettuali che sono il risultato di un lungo periodo
durante il
quale la ripetuta messa alla prova della loro validità e coerenza ha dato come risultato un
consolidamento di
modalità di interazione e di valori più accettabili.
Questi due sistemi di relazioni oggettuali e il loro intrecciarsi si riflettono anche nella percezione
del
soggetto. Quando relazioni oggettuali inconsce trovano una diretta espressione in una relazione
attuale, ne
può derivare un deterioramento nella qualità della relazione, ne può risultare una percezione
distorta,
selettiva, incompleta, non focalizzata.
Il test
E' applicabile a partire dai 14 anni. Il test comprende 13 tavole suddivise in 3 serie di 4 tavole e una
tavola
bianca, che viene presentata per ultima. In ciascuna serie vengono presentati i 4 fondamentali tipi di
relazioni oggettuali: ad una persona, di coppia, situazione a 3 persone, situazione di gruppo. Le tre
serie
differiscono fra loro per l'intensità del chiaroscuro (nella terza c'è il colore), e per la definizione
degli
elementi dell'ambiente. Nell'analisi dei dati, si rivolge attenzione a 4 dimensioni principali dei
processi
implicati nella produzione di una storia in base alle situazioni di relazioni oggettuali presentate
(percezione,
appercezione, contenuto delle relazioni oggettuali, struttura della storia).
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32. Il CAT di Bellak
E' un test proiettivo tematico, utilizzabile con bambini dai 3 ai 10 anni, che si propone di investigare
sentimenti, timori, conflitti ecc., relativi all'età evolutiva. Nasce dall'esigenza di estendere in
maniera
adeguata l'applicazione del TAT anche ai bambini. Si base sull'intuizione di Kris che per questi
soggetti sia
più facile identificarsi con animali che con figure umane. Il test si compone di 10 immagini che si
propongono di raffigurare situazioni fondamentali per la rilevazione di problematiche infantili. Il
suo scopo
è quello di far emergere le dinamiche affettive nei confronti delle persone significative per il
soggetto e le
modalità di risoluzione di problematiche relative allo sviluppo.
Si può presentare il test sotto forma di gioco, e si domanda al soggetto di raccontare una storia
partendo
dall'immagine presentata: gli si chiede cos'è accaduto prima e cosa accadrà poi. In casi
problematici, si può
limitare il test alle sole tavole che si ritengono più opportune. Per quel che riguarda
l'interpretazione, sarà
facile individuare un tema ricorrente, che sarà tanto più importante quante più volte sarà ripetuto.
Altro
elemento fondamentale è l'identificazione dell'eroe principale, il personaggio centrale della storia, in
genere
il più somigliante all'autore per età, sesso, condizione sociale, e ruolo: è facile che su di esso siano
proiettati
desideri, aspirazioni e aspetti inconsci rimossi del soggetto. È importante evidenziare il grado di
adattamento
dell'eroe che costituisce il mezzo migliore per misurare la forza dell'Io. È significativo che il
soggetto
introduca nel suo racconto personaggi od oggetti non rappresentati nell'immagine. Occorre poi
stabilire quali
siano i timori che provocano angoscia nel soggetto, nonchè le difese messe in atto rispetto a queste
paure.
L'indice di emotività generale del bambino è costituito dal finale della storia: misura la forza dell'Io
e il
grado di adattamento dell'eroe.
Il CATS
E' stato elaborato per mettere in luce problematiche specifiche che il CAT non era in grado di
evidenziare. È
costituito anch'esso da 10 tavole che possono essere presentate oltre al CAT.
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33. Il test PN di Louis Corman
E' un test proiettivo basato sulla teoria psicoanalitica applicabile a soggetti dai 4 ai 12 anni. La
scelta delle
immagini che compongono il test è basata sullo schema generale della concezione psicoanalitica
degli stadi
evolutivi. In particolare vengono evidenziati gli stadi: orale passivo, orale attivo o sadico-orale,
anale,
edipico; inoltre, sono presenti i temi di aggressività, rivalità fraterna, dipendenza e indipendenza. Il
soggetto
è libero di proiettare ciò che vuole, non essendogli imposto nessun tema, ad eccezione di una
fondamentale
“legge”: quella della personalità infantile che rende necessario un contesto familiare; il bambino
non può
concepirsi isolato, né in compagnia di soli estranei. È necessario annotare il più esattamente
possibile le
storie raccontate. La somministrazione del test richiede in media 1 ora, 1 ora e mezza.
L'interpretazione si
basa sulla teoria psicoanalitica: si tratta di un'interpretazione qualitativa che deve essere fatta in
termini di
dinamiche conflittuali.
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34. Le Blacky Pictures
Il Blacky Pictures Test (BPT) è uno strumento per l'indagine di personalità basato sulla teoria
psicoanalitica,
creato con lo scopo specifico di misurare gli aspetti dello sviluppo psicosessuale del soggetto.
Consiste di 12
vignette che illustrano le avventure del cane Blacky con mamma, papà e Tippy, figura fraterna di
sesso ed
età non precisati. Questo test non ha ancora avuto una definitiva organizzazione tale da potergli
attribuire
una completa validità.
Family Relations Test: Children's Version
L'FRT.C è un test per bambini che studia i loro sentimenti nei confronti dei membri della famiglia e
la loro
percezione dei sentimenti che questi ultimi provano nei loro riguardi. Il test è composto da 21
rappresentazioni di individui di ambo i sessi e di tutte le età, tra i quali il soggetto deve scegliere le
figure
che rappresentano i membri della propria famiglia, compreso se stesso. L'osservatore propone poi
una figura
vista di spalle chiamata “signor nessuno”. Ci sono inoltre 47 carte per i bambini dai 3 ai 7 anni e 89
per
quelli da 7 a 15, riportanti delle frasi che devono essere lette possibilmente dal bambino stesso e da
lui
attribuite al membro o ai membri della famiglia ritenuti più congruenti. Nel caso in cui il soggetto
non
abbini la frase ad alcun elemento specifico, lo psicologo la associerà al “signor nessuno”. I valori
dati agli
item, che caratterizzano le relazioni percettive del bambino con i membri della famiglia, vengono
raggruppati secondo 4 tipologie: positiva o negativa, esteriore (dal bambino verso la persona) o
interiore (ciò
che il bambino ritiene si pensi di lui). Dopo l'applicazione del test, che dura da 20 a 45 minuti,
l'esaminatore
calcola il numero degli item assegnati ad ogni personaggio nelle 4 aree fondamentali creando una
sorta di
grafico. La corretta interpretazione di questo grafico dà modo di identificare numerosi aspetti dei
sentimenti
del soggetto. Numerosi studi sulla validità di questo test hanno dato risultati incoraggianti.
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35. Robert Apperception Test for Children
E' un test di appercezione tematica applicabile a bambini di età compresa fra i 6 e i 15 anni, utile per
l'esame
di bambini con problemi nella sfera emotiva. Sono state scelte figure umane per rendere il test il più
possibile simile a situazioni reali. Il RATC è composto di 27 tavole, una parte delle quali
differenziate in
rapporto al sesso del soggetto: esse rappresentano 1, 2, o 3 bambini, 2 genitori ed 1 bambino, o 2
genitori e 2
bambini, le cui espressioni sono leggermente ambigue, mentre il tema viene chiaramente definito
dagli
atteggiamenti e dalle pose dei personaggi. L'esaminatore chiede al soggetto di raccontare una storia
prendendo spunto dalle 16 vignette. Buona validità di contenuto.
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36. Le favole di L. Duss
Al soggetto viene chiesto di completare una semplice storia. È utilizzabile a partire dai 3 anni. Le
storie sono
costruite in modo da richiamare problematiche classiche evidenziate dalla teoria psicoanalitica. La
Duss
sostiene che le particolari stimolazioni proposte provocano nel soggetto delle reazioni che possono
essere
“normali” o invece indice di un “complesso” collegato ad una o più delle storie raccontate: in
quest'ultimo
caso il soggetto si esprimerà con delle risposte “sintomatiche” o “patologiche”, oppure attraverso
modalità
specifiche di comportamento, quali rifiuto a rispondere ad una delle tavole, silenzio e resistenza
dell'iniziare
la risposta, ma anche con risposta immediata ed inattesa, espressa rapidamente o bisbigliata. Per
quanto
riguarda la somministrazione, esse vengono lette in forma diretta e viene chiesto ai bambini di
indovinare il
seguito.
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37. Il disegno come strumento di conoscenza psicologica
Le abilità grafiche si sviluppano con l'età, ed il significato attribuito ai singoli tratti da un punto di
vista
proiettivo non può trascurare questo fatto.
Luquet individua le seguenti fasi nello sviluppo della capacità di disegnare:
realismo fortuito (fino a 3 anni): il bambino inizia a guardare le proprie produzioni grafiche
cercando una
analogia con qualcosa di reale, fino a che non trova una somiglianza, anche vaga o soggettiva. La
somiglianza è scoperta a posteriori. Comincia però qui la fase delle aggiunte deliberate.
realismo mancato (3-5 anni): il bambino decide prima dell'esecuzione quale oggetto rappresentare,
ma
spesso ne risultano disegni incomprensibili anche a lui.
realismo intellettuale (5-7/8 anni): riesce ad eseguire disegni somiglianti alla realtà. Per il bambino
il
disegno deve contenere tutti gli elementi reali dell'oggetto, non c'è preoccupazione per la
prospettiva.
realismo visivo (8/9 anni): si rende conto a poco a poco, delle contraddizioni tra i suoi disegni e la
realtà, e
cerca di adottare un'unica prospettiva.
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38. Il test della Goodenough
Secondo l'autrice, gli studi sul disegno infantile mettono in evidenza che: vi è una correlazione fra
l'evoluzione grafica del bambino ed il suo sviluppo mentale; fino ai 10 anni il disegno spontaneo
eseguito di
preferenza è l'immagine della figura umana; i disegni dei bambini deboli di mente sono simili ai
disegni dei
bambini normali di età inferiore; l'evoluzione del disegno della figura umana è costante anche in
bambini di
ambienti socioculturali diversi. A partire da questi presupposti, l'autrice pensa di poter considerare
la
quantità e la ricchezza degli elementi presenti nel disegno della figura umana come indici di
intelligenza.
Viene riscontrata una correlazione soddisfacente con altre prove di intelligenza, che però tende ad
abbassarsi
con l'aumentare dell'età dei soggetti. Dopo i 12 anni il test non è più valido.
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39. I test grafici
Sotto questa denominazione vengono compresi tutti i test che esigono da parte del soggetto
l'esecuzione di
un disegno e che vengono successivamente interpretati da un punto di vista proiettivo.
Hammer ha posto alla base del disegno come strumento proiettivo alcuni postulati teorici: 1) esiste
una
tendenza dell'uomo a vedere il mondo in modo antropomorfico, e questo facilita gli aspetti
proiettivi; 2) alla
base della visione antropomorfica dell'ambiente vi è il meccanismo della proiezione; 3) le
distorsioni
entrano nel processo di proiezione nella misura in cui la proiezione ha una funzione difensiva,
vengono
ascritte all'oggetto qualità la cui presenza il soggetto nega in se stesso, aspetti tangenziali, parziali o
superficiali derivati dall'oggetto vengono investiti con significati soggettivi che non corrispondono
al quadro
reale o totale dell'oggetto.
Lo stesso autore, nell'interpretazione dei disegni, distingue aspetti: strutturali ed espressivi; di
contenuto;
collegati all'atteggiamento che il soggetto assume nell'eseguire il compito. Gli aspetti espressivi e
strutturali
sono tutte quelle caratteristiche relative alla struttura del disegno ed alla sua espressività
(dimensione del
soggetto, pressione della linea, posizione del disegno ecc.). Gli aspetti di contenuto sono diversi per
ciascun
test.
Diversi autori concordano nel parallelismo fra caratteristiche strutturali ed espressive e tratti di
personalità.
In particolare si tiene conto della sequenza con cui è realizzato di disegno, della dimensione che
sembra
correlata con i sentimenti di adeguatezza che prova il soggetto nei riguardi di se stesso, della
pressione che è
indice del livello di energia del soggetto, del tratto la cui lunghezza è indicativa di comportamento
più o
meno controllato (tratto lungo = controllato, inibito; tratto corto = incontrollato, eccitabile; tratto
rettilineo =
assertività; tratto curvilineo = dipendenza, emotività; tratto interrotto, indeciso = ansia, incertezza;
linee a
forma di schizzo = ansietà, timidezza, esitazione nel comportamento e nell'affrontare situazioni
nuove).
Inoltre il disegno ben eseguito dovrebbe contenere un numero adeguato di dettagli; dettagli carenti
=
soggetti con tendenza al ritiro; eccessivi dettagli = l'ambiente o il mondo interno vengono sentiti
come
incerti, impredittibili o pericolosi. Mancanza di simmetria = sentimenti inadeguati di sicurezza;
troppa
simmetria = eccessivo controllo emotivo ed intellettualizzazione. La capacità di disegnare al centro
del
foglio è indice di elevata sicurezza; l'uso della parte alta del foglio è stato interpretato in 3 modi:
tendenza a
mirare a scopi irraggiungibili, tendenza a cercare soddisfazione nella fantasia invece che nella
realtà,
tendenza ad essere inaccessibile; la scelta della parte bassa del foglio = inadeguatezza, insicurezza,
ancoraggio alla realtà, orientamento verso il concreto; lato sinistro = introversione, dipendenza,
attaccamento al passato; lato destro = estroversione, tendenza al futuro, autonomia; vicino all'orlo
della
pagina = insicurezza. Il movimento è raro e presente soprattutto nei bambini e sembra essere indice
comunque di bisogni infantili. Disegni confusi e disordinati = problemi emotivi gravi.
Nelle diverse tecniche, non sono presenti aspetti di fedeltà e validità secondo in approccio
psicometrico,
pertanto bisogna stare particolarmente attenti: la facilità del compito non deve far pensare che questi
disegni
siano altrettanto facilmente interpretabili.
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40. Test della figura umana
Secondo Hammer, tende a sollecitare principalmente 3 tipi di rappresentazione: autoritratto, sé
ideale,
modalità di percezione di altre persone significative. La consegna è di disegnare una figura umana,
o una
persona; dopo l'esecuzione si fa disegnare una persona di sesso opposto. Alla fine dei disegni, viene
eseguita
un'inchiesta per indagare sull'età, sesso, ecc. Si annotano il tempo di esecuzione, i commenti
spontanei,
l'ordine in cui sono disegnate le parti del corpo, e la successione con cui sono disegnate le figure.
Da un punto di vista evolutivo, la faccia è la prima parte della figura umana ad essere rappresentata,
successivamente acquisiscono importanza gli arti: verso i 3 anni abbiamo l' “omino testone”,
composto di
faccia, gambe e braccia attaccate alla testa. Le mani e le dita compaiono verso i 6 anni. Verso i 7
scompare
la tendenza a disegnare le braccia come estensione della testa. A 4-5 anni appare un largo tratto al
centro del
corpo identificato come l'ombelico: ad esso sembrano associati significati collegati con la nascita, il
legame
con la madre, la dipendenza, e il problema della separazione. A 6 anni scompare l'ombelico,
sostituito da file
di bottoni, che continuano ad apparire fino agli 8 anni per poi diminuire sempre di più. A 8 anni
compare
anche la separazione fra testa e corpo, con il collo: quanto più esso è sottolineato o allungato, tanto
più il
soggetto si sente minacciato dai propri impulsi e cerca di controllarli con la mente. A partire dagli 8
anni
fino alla pubertà c'è la tendenza ad attribuire prestigio e sicurezza al proprio corpo con simboli di
forza e
importanza (pistole, cappelli/cesti, nastri ecc.). In adolescenza il corpo e l'immagine di sé
acquistano
notevole importanza: da una parte vi sono omissioni, imprecisioni, sproporzioni, indicative di
conflitti
riguardanti identità e tensioni relative alle modificazioni corporee; dall'altra si dà molta attenzione
alle
differenze, ai ruoli, agli attributi sessuali.
Per quel che riguarda l'interpretazione, il compito permette di rilevare come il soggetto combini, nel
suo
disegno, il conflitto fra realtà obiettiva e realtà soggettiva: compito dello psicologo è quello di
cercare di
individuare da che cosa sia risultata la produzione. La prima cosa da guardare è la figura così com'è
rappresentata nel suo complesso. Si procede poi ad un'analisi delle caratteristiche generali delle
figure, per
poi passare all'analisi dei significati simbolici attribuibili alle varie parti del corpo. Bisogna
procedere con
cautela: i loro significati diventano tali solo se in accordo con altri indici; inoltre essi sono
sovradeterminati,
cioè non hanno un significato univoco.
Abraham propone un'analisi del test della figura umana atta ad identificare problemi collegati
all'identità
psicosessuale. Koppitz, per cercare di ovviare al problema della contemporanea presenza nel
disegno di
componenti affettive e cognitive, propone di valutare il disegno rispetto a 2 scale che valutano i 2
differenti
aspetti a partire dallo stesso disegno: la prima scala viene definita di “indicatori dello sviluppo
mentale” e
dovrebbe essere correlata con l'età e la maturazione intellettiva del soggetto, la seconda di
“indicatori
emotivi” e dovrebbe essere correlata con situazioni di conflitto e ansia e dovrebbe risultare
indipendente
dall'età e dallo sviluppo mentale.
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41. Test dell'albero
Può essere somministrato in età evolutiva o in età adulta.
L'ipotesi di base su cui si fonda il test è che, a causa della sua posizione eretta, l'albero può
simboleggiare
l'uomo: esso andrebbe a simboleggiare la persona che lo disegna, ed eventuali disarmonie nel
disegno
dovrebbero essere indice di disarmonie nell'esecutore del disegno. Secondo Hammer, il test
dell'albero
sembra riflettere sentimenti relativamente molto profondi ed inconsci, mentre quello della figura
umana
sembra far emergere una visione più cosciente del soggetto su sé stesso.
La consegna è di disegnare un albero qualsiasi, ad eccezione di un abete. Per quanto riguarda
l'interpretazione, dal punto di vista dello sviluppo, si tratterà di tener presenti quelle che Koch
chiama forme
primarie, cioè i primi modi in cui un bambino disegna l'albero: tali tratti sono normali dai 3 ai 7
anni ma, se
presenti nell'adulto, potrebbero essere indici di aspetti problematici quali regressioni o ritardi.
Relativamente
al contenuto, la prima cosa da fare è considerare l'albero nella sua totalità e cercare di “sentire”
l'impressione
che comunica; solo dopo questo primo esame globale si può passare allo studio di aspetti più
particolari.
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42. Test della famiglia
Può essere applicato a partire dai 6 anni ed è proponibile fino ai 15.
In realtà, sotto questa denominazione sono compresi diversi tipi di test: 1) il disegno della propria
famiglia;
2) il disegno di una famiglia; 3) il disegno di una famiglia incantata; 4) il disegno della famiglia
trasformata
in animali. I diversi tipi di consegna danno adito a diversi livelli di messa in atto del compito
proiettivo: la
consegna “disegna la tua famiglia” è maggiormente legata al livello di realtà, mentre la richiesta di
trasformare i personaggi della propria famiglia ed ancor di più trasformarli in animali, consente al
soggetto
di lasciarsi andare più liberamente alle sue fantasie, e quindi di poter meglio indagare questi aspetti
della sua
personalità. Al disegno viene di solito fatta seguire un'inchiesta in cui in primo luogo si chiede al
soggetto
“Parlami della famiglia che hai disegnato”. Di ciascun personaggio si chiedono ruolo, sesso ed età.
Si
aggiungono domande tipo chi è il più/meno simpatico, il più/meno felice, e perchè, chi vorresti
essere e chi
non vorresti essere. È importante annotare le varie reazioni affettive ed i mutamenti di umore nel
corso della
prova.
Per l'interpretazione si tiene conto, come per tutti gli altri test grafici, del livello grafico, formale e
di
contenuto. Per i primi due vale quanto già detto in precedenza. Per quel che riguarda il livello di
contenuto,
il referente teorico è la teoria psicoanalitica. Corman propone di procedere secondo 3 dimensioni:
composizione della famiglia reale, posizione in cui si colloca il soggetto in relazione agli altri
familiari,
valorizzazione/svalorizzazione dei personaggi.
La Composizione della famiglia fornisce informazioni su come il soggetto vive i rapporti con i
diversi
membri. Nella rappresentazione della famiglia reale, tutti i membri dovrebbero essere rappresentati.
L'eliminazione di un familiare rappresenta un caso estremo di svalorizzazione. Se il soggetto non si
rappresenta all'interno della famiglia, questo può essere indice del fatto che non si sente ben
adattato
all'interno di essa.
Il Posto in cui si colloca il soggetto in rapporto ai familiari esprime come il soggetto vive i propri
legami
affettivi con gli altri componenti della famiglia
Valorizzazione/Svalorizzazione dei personaggi, la valorizzazione è indice di rapporti ed
investimenti
affettivi particolarmente significativi del soggetto con la persona valorizzata. Il personaggio
valorizzato
viene spesso disegnato per primo. La valorizzazione può tuttavia anche essere rilevata
dall'accuratezza con
cui la figura è disegnata, dalla ricchezza di particolari e/o accessori della figura, dal fatto che tutti
gli sguardi
siano rivolti verso tale figura. Se il personaggio più valorizzato è il soggetto stesso, questo può
essere indice
di un'impossibilità d'investire le immagini parentali. La svalorizzazione viene invece attuata verso il
personaggio più indifferente o verso cui si nutrono sentimenti più ostili. Il personaggio svalorizzato
può
essere disegnato più piccolo, messo per ultimo, situato in disparte, al di sotto degli altri, disegnato
meno
bene, con particolari importanti mancanti, con cancellature, come caso estremo eliminato.
Possono essere rilevati i problemi che più preoccupano il soggetto. I più tipici sono la rivalità
fraterna ed il
conflitto edipico. La rivalità fraterna si manifesta: 1) come reazione aggressiva con svalorizzazione
del
rivale o eliminazione, 2) come reazione aggressiva dove il bambino manifesta la volontà di
regredire al
tempo in cui il rivale non era ancora nato (identificazione col lattante), 3) come reazione depressiva
in casi
estremi a causa dei sensi di colpa provenienti dal Super-Io può portare all'autoesclusione.
Relativamente ai conflitti edipici essi possono manifestarsi col collocarsi vicino al genitore di sesso
opposto
e lontano a quello dello stesso sesso, o mediante la svalorizzazione o l'esclusione del genitore dello
stesso
sesso.
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43. Test della casa
Applicabile sia in età evolutiva che in età adulta.
La casa richiama nel soggetto associazioni collegate alle relazioni familiari. Può essere utilmente
utilizzato
al posto del test della famiglia che non è applicabile in tarda adolescenza o in età adulta.
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44. Nevrosi
Le nevrosi sono il risultato di un conflitto fra impulsi sessuali, libidici e aggressivi, e forse dell'Io
che
cercano di controllarli e limitarne l'espressione. Questa lotta non si basa su una percezione realistica
della
situazione attuale, né su una ragionevole restrizione imposta da un normale Super-Io, bensì ha
origine in
fantasie e tracce di ricordi collegati ad esperienze infantili, quando esistevano situazioni pericolose
caratteristiche delle differenti fasi dello sviluppo psicosessuale. L'Io reagisce alla possibile
emergenza nella
coscienza di questi derivati con lo sviluppo di angoscia, un segnale di pericolo che stimola
rimozione ed altri
meccanismi di difesa, inappropriati a causa dell'energia connessa agli istinti. Si verificano quindi
sintomi
che rappresentano una formazione di compromesso, delle espressioni mascherate sostitutive degli
istinti,
combinate con l'operato del Super-Io. Questi sintomi sono sperimentati dal paziente come
egodistonici.
Nelle nevrosi la relazione con la realtà vengono mantenute: il soggetto mantiene un senso di sé
abbastanza
evoluto e coeso, ha un adeguato esame di realtà, usa prevalentemente meccanismi di difesa maturi.
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45. Psicosi
E' presente una disorganizzazione grave della personalità ed una marcata regressione sia dell'Io che
libidica.
Lo psicotico è inconsciamente fissato ad un livello di sviluppo primitivo, la fase narcisistica. Questo
determina una delle più importanti caratteristiche della psicosi: il cambiamento nella relazione con
le
persone e gli oggetti del mondo attorno a lui; gli individui vengono visti come ritirati e staccati,
spesso con
un forte atteggiamento ostile. Lo psicotico presenta un grave disturbo nella propria identità, nella
differenziazione tra rappresentazione di sé e dell'oggetto, nella capacità di tollerare la separatezza; il
suo
esame di realtà è seriamente compromesso; i meccanismi di difesa sono molto primitivi. Sono
caratterizzati
da comportamenti bizzarri, idee deliranti, reazioni affettive inappropriatamente labili e intense,
ritiro,
disturbo significativo nel contatto con la realtà e nel senso di realtà. Caratteristiche preminenti sono
esperienze allucinatorie, difficoltà di comunicazione.
Mentre nella nevrosi la lotta è soprattutto tra istinti dell'Es e processi difensivi dell'Io, nelle psicosi
l'Es
sopraffà le difese dell'Io e viene in conflitto con una realtà frustrante, e può essere gestito solo con
la
restituzione distorta e allucinata.
Originariamente si riteneva che non si potesse sviluppare una relazione di transfert con gli psicotici
a causa
del loro elevato grado di narcisismo; tuttavia è più corretto affermare che si sviluppano transfert
intensi e
distorti, che devono essere gestiti e risolti con grande cura perchè spesso rappresentano gli sforzi
iniziali per
ristabilire una genuina relazione oggettuale con un altro essere umano.
Stato Borderline
Termine applicato a personalità che manifestano fenomeni sia nevrotici che psicotici senza rientrare
univocamente nell'una o nell'altra categoria diagnostica. In questi stati esiste una certa capacità di
adattarsi
superficialmente all'ambiente, di mantenere relazioni oggettuali, e molte funzioni dell'Io possono
risultare
relativamente intatte. Si osservano, tuttavia, debolezza nelle difese contro gli impulsi primitivi,
interferenze
nella valutazione generale della realtà, nel pensiero logico, nell'adattamento all'ambiente ed in altri
aspetti
del funzionamento dell'Io. Sotto tensione possono manifestarsi aspetti psicotici.
I pazienti di questo tipo sono spesso incapaci di riconoscere le loro difficoltà come sintomi e non
hanno una
motivazione profonda a chiedere aiuto se non sulla base dell'emergenza.
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46. Disturbi del carattere
Il carattere si struttura con modalità permanenti che influiscono sul grado ed il modo di scarica,
sulle difese,
gli affetti, la specificità delle relazioni oggettuali ed il funzionamento adattivo in generale, allo
scopo di
armonizzare i bisogni interni e le domande del mondo esterno. Il fatto che i tratti del carattere siano
sani o
patologici dipende dalla capacità dell'Io di raggiungere quel grado di flessibilità, mobilità ed anche
reversibilità all'interno di un riferimento costante, che gli consenta un funzionamento mentale
ottimale. Per
disturbi del carattere si intende un gruppo eterogeneo di problemi che hanno in comune una rigidità
abituale
di modalità di comportamenti senza un marcato disagio soggettivo. Quando si sviluppano dei
disturbi del
carattere è avvenuta una risoluzione del conflitto intrapsichico attraverso modalità stabili di
reazione che
permettono una gratificazione parziale dei desideri istintuali, ma con limitazioni o addirittura
attraverso la
rinuncia totale a cui si accompagnano grosse inibizioni nel divertimento e nel lavoro. Queste
formazioni
rigide servono per mantenere una difesa costante contro impulsi, affetti ad essi connessi,
specialmente
angoscia e colpa, ma anche bisogno di amore, sicurezza, innalzamento della stima di sé. Essendo i
tratti del
carattere egosintonici, c'è inizialmente poca motivazione al cambiamento. Tuttavia, un'esposizione
ripetuta
alle conseguenze sociali e personali delle proprie azioni può fare si che il soggetto venga a chiedere
un
trattamento. In questo caso è necessaria l'analisi delle distorsioni del carattere, ma ciò dà origine ad
angosce
ed a forti resistenze.
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47. Processo diagnostico in caso di pazienti affetti da malattia
fisica
Scopo specifico della consultazione in questi casi è in primo luogo verificare se e come significati
patologici
si sono associati al sintomo fisico: si tratta, in altre parole, di verificare come questa menomazione
venga o
meno integrata nella personalità del soggetto. Bisogna indagare se l'esame di realtà viene
mantenuto, quali
meccanismi di difesa vengono messi in atto nei confronti della malattia, se alcuni di tali meccanismi
vengono usati in modo massiccio, se ne viene usato prevalentemente uno solo o invece l'uso sia più
variegato. È importante comprendere quanto i meccanismi di difesa messi in atto colludano o meno
con la
possibilità di convivere in modo più o meno adeguato con la malattia.
Importante anche valutare gli effetti della malattia sull'equilibrio libidico, se permane un
investimento
narcisistico del sé con un'adeguata autostima, o se questa di abbassa.
Naturalmente, è fondamentale stabilire se prima dell'instaurarsi della malattia lo sviluppo raggiunto
dalla
personalità fosse normale o invece ci fossero distorsioni, arresti, strutturazioni nevrotike o
psicotiche.
Discorso a parte vale per le malattie a stadi terminali, come può essere il caso dei tumori: in questi
casi
bisogna in primo luogo valutare la possibilità o meno del paziente di accettare di conoscere la realtà
della
malattia. Se si pensa che il paziente non sia in grado di affrontare la realtà, il sostegno deve essere
dato ai
familiari o all'equipe medica che si occupa del caso.
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48. Tecnica della concordanza degli indicatori diagnostici
Si fonda sull'analisi di ciascuno degli strumenti, sulla formulazione di ipotesi relativamente a
ciascuno di
essi, infine sulla ricerca sistematica di conferme reciproche alle ipotesi.
Ciò che allo psicologo interessa evidenziare è quanto il soggetto sia in grado di funzionare
adattivamente, e
quali aree della personalità risultano disturbate o disadattive.
Il profilo metapsicologico e le linee evolutive proposti da A. Freud
A. Freud sottolinea che, durante lo sviluppo, i sintomi, le inibizioni, le ansie non hanno
necessariamente lo
stesso significato che assumeranno più tardi.
Un'altra difficoltà riguarda il criterio di adattamento a compiti vitali. Per l'adulto, come criteri di
normalità,
viene considerata la capacità di gestire compiti vitali quali il lavoro e quelli affettivi-sessuali. Se è
vero che
anche il bambino deve assolvere a compiti appropriati all'età, il successo o il fallimento in questi
non ha lo
stesso significato che assume nell'adulto: il criterio sarà quindi quello della capacità del bambino di
progredire lungo le linee evolutive, o il danno a tale capacità.
Prerogativa di tale approccio è quindi che considerazioni evolutive sono prioritarie rispetto a
considerazioni
sulla sintomatologia e il comportamento anomalo manifesto. Per soddisfare queste esigenze A.
Freud
individua 2 tipi di strumenti: le linee evolutive, e il profilo metapsicologico.
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49. Le linee evolutive
Si propongono di individuare le interazioni fondamentali fra Es, Io e Super-Io, i vari livelli di
evoluzione, la
loro reazione alle influenze ambientali, e le loro sequenze collegate all'età.
Le principali linee evolutive studiate hanno investigato, per esempio, il graduale passaggio
dall'egocentrismo alla socievolezza ed alla capacità di stringere rapporti con i coetanei visti come
oggetti
autonomi; lo sviluppo dal gioco autoerotico sul proprio corpo, all'oggetto transizionale, alla capacità
di
giocare con gli oggetti; il passaggio dall'attività di gioco all'impegno nel lavoro. Altre linee
evolutive
riguardano l'indipendenza fisica e quindi il passaggio dall'allattamento all'alimentazione razionale;
l'acquisizione del controllo sfinteriale; la conquista della responsabilità verso l'integrità e la salute
del
proprio corpo. Ancora è di fondamentale importanza la linea evolutiva che segue lo sviluppo del
bambino
dall'originaria dipendenza dalla madre fino al conseguimento dell'autonomia.
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50. Il profilo metapsicologico
Si propone 3 settori di applicazione: 1) in relazione allo scopo originario, si prefigge una diagnosi
psicoanalitica del bambino: non si tratta di raccogliere elementi, segni e sintomi per formulare una
categoria
nosografica, ma di illustrare gli aspetti del funzionamento mentale e le reciproche interconnessioni,
i modi di
adattamento interno alla realtà esterna, le difficoltà o i fallimenti di tale adattamento, come sta
procedendo
lo sviluppo psicologico in rapporto all'età. 2) l'uso del profilo può mirare ad evidenziare ed a
comprendere le
differenze significative fra quadri nevrotici, psicotici, e di malattia fisica. 3) un terzo settore
riguarda
l'estensione del profilo a diverse età.
Nel profilo, sono considerati i punti di vista della psicoanalisi classica. Devono essere accertati
conflitti,
punti di fissazione, sviluppo delle strutture, regressioni, l'ampiezza delle difese e l'area dell'Io libera
da
conflitti. Devono inoltre essere valutate le caratteristiche generali dello sviluppo, la tolleranza alla
frustrazione, l'atteggiamento generale circa l'ansia, la comparazione fra forze progressive e
regressive.
Nel profilo vanno indicati: 1) La proposizione preliminare del problema, cioè come il problema è
visto
teoricamente dallo psicologo. 2) I motivi della segnalazione, motivi esterni portati da genitori o
insegnanti,
ma anche la motivazione personale e non sempre conscia del soggetto. 3) Descrizione del paziente,
l'impressione generale che il paziente ci ha dato, riguarda sia l'aspetto fisico, sia l'atteggiamento e le
modalità espressive. 4) Situazione familiare e storia personale, dati anamnestici e situazione
familiare. 5)
Possibili fattori significativi e conclusioni preliminari, una prima serie di riflessioni relative alle
informazioni esterne sul paziente, per ipotizzare alcuni eventi significativi che possono aver avuto
rilievo nel
promuovere il suo disturbo.
Si passa poi ad un'analisi della situazione interna, che si propone un accertamento dello sviluppo
pulsionale
(libidico e aggressivo) dello sviluppo dell'Io e del Super-Io: 6) Sviluppo pulsionale, si considera se
il
paziente ha proceduto lungo le fasi libidiche in modo adeguato all'età. Ci si chiede poi se il paziente
sia
capace di funzionare al più elevato livello raggiunto o se invece ci siano degli arresti o delle
regressioni. Si
passa poi all'esame del tipo di relazione oggettuale, i livelli evolutivi delle relazioni oggettuali
passano
attraverso quello narcisistico, analitico o di oggetto parziale (l'oggetto non è riconosciuto in sé, ma
per la
funzione che svolge al servizio del bisogno), di costanza oggettuale, ambivalente, edipico, di
latenza, e poi
attraverso le fasi adolescenziali e di genitalità: si guarderà alla corrispondenza fra il livello
oggettuale, età
del soggetto e fase libidica raggiunta. Importante investigare le rappresentazioni mentali degli
oggetti
(oggetti interni). Per quanto riguarda l'investimento del sé, si guarderà a come il paziente si
valorizza o si
denigra, come investe le sue risorse ed acquisizioni. Relativamente all'aggressività, se essa è
presente nel
quadro manifesto, se le pulsioni di base, libidiche e aggressive, si manifestano ordinariamente
combinate in
qualche modo. È pure importante esaminare le difese contro l'aggressività. 7) Sviluppo dell'Io e del
SuperIo, particolare importanza assumono l'esame di realtà, la capacità di sintesi, ed il processo
secondario. Si può
quindi valutare quali sono le situazioni di pericolo alle quali l'Io reagisce: disintegrazione,
separazione,
perdita dell'oggetto, castrazione, colpa; se inoltre il pericolo è sperimentato come dovuto alle
pulsioni,
all'ambiente esterno, al Super-Io. Si considera a questo punto l'organizzazione delle difese contro le
pulsioni,
l'angoscia e la colpa: si valuta se l'azione delle difese è adeguata all'età, equilibrata ed efficace; se il
prezzo
pagato all'azione difensiva incide sulle acquisizioni dell'Io; infine la qualità delle difese. Riguardo
gli stati
affettivi, si tratta di vedere quale gamma di affetti il soggetto ha a disposizione, le situazioni in cui
compaiono, quanto sono appropriati nell'intensità e nel tipo di stimolo che li provoca. Importante
valutare
quanto il soggetto sia consapevole dei suoi affetti, e quanta distanza pone nei loro confronti. Si
valutano poi
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le identificazioni dell'Io. Nell'esame del Super-Io invece, si terrà presente il processo evolutivo che
porta
dalla proibizione esterna e dal timore della punizione, al sentimento di colpa conseguente alla
proibizione
interna. 8) Si volge l'attenzione all'accertamento dinamico, i conflitti fra Io, Es e realtà esterna: essi
perseverano solo se c'è stato un fallimento o una deviazione nello sviluppo edipico e post-edipico.
9)
Accertamento di alcune caratteristiche generali, come tolleranza alla frustrazione, potenziale di
sublimazione, atteggiamento generale verso l'ansia, confronto fra forze progressive e tendenze
regressive.
Queste considerazioni sono di grande valore prognostico perchè permettono di prevedere le
possibili
capacità del soggetto di una certa ripresa spontanea, o di reagire positivamente al trattamento
psicoanalitico.
10) Diagnosi. Essa può essere riassunta nelle categorie seguenti: a) il soggetto è collocabile
nell'ambito della
normalità e della normale evoluzione, b) è una situazione reattiva allo stress evolutivo ed alle
interferenze
ambientali, c) i conflitti sono interiorizzati e contribuiscono a formazioni nevrotiche, d) si tratta di
disturbi
atipici, borderline, e di gravi disarmonie e psicosi, e) disturbi in cui la componente organica è
prevalente,
mentre il disagio psicologico è secondario o è in risposta alla malattia organica.
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Indice
1. Psicologia clinica: concetti generali 1
2. La segnalazione del caso clinico 2
3. L'approccio iniziale al caso 4
4. Approccio ai familiari di un paziente adulto 6
5. Il primo approccio psicologico al bambino 7
6. Il primo approccio psicologico all'adolescente 8
7. Il colloquio e l'osservazione psicologica 10
8. Il colloquio 11
9. Colloquio con l'adulto 12
10. Colloquio col bambino 13
11. Colloquio con l'adolescente 14
12. L'osservazione 15
13. Osservazione nei primi anni di vita 16
14. Osservazione della comunicazione non verbale 17
15. L'utilizzazione dei test 18
16. Teoria dei test 20
17. I test di intelligenza: Scale Wechsler 21
18. Matrici di Raven 22
19. I test di sviluppo - Scala Stanford-Binet 23
20. Bayley Scale 24
21. Scale di Utzigiris e Hunt 25
22. Gesell preschool test 26
23. Miller assessment for preschooler 27
24. Battelle developmental inventory 28
25. Scala di sviluppo del pensiero logico – Longeot 29
26. British ability scales 30
27. Bender test 31
28. Vineland Adaptive Behavior Scales 32
29. Test strutturali e tematici - Il test di Rorschach 33
30. Il TAT di Murray 35
31. L'ORT di Phillipson 36
32. Il CAT di Bellak 37
33. Il test PN di Louis Corman 38
34. Le Blacky Pictures 39
35. Robert Apperception Test for Children 40
36. Le favole di L. Duss 41
37. Il disegno come strumento di conoscenza psicologica 42
38. Il test della Goodenough 43
39. I test grafici 44
40. Test della figura umana 45
41. Test dell'albero 46
42. Test della famiglia 47
43. Test della casa 48
44. Nevrosi 49
45. Psicosi 50
46. Disturbi del carattere 51
47. Processo diagnostico in caso di pazienti affetti da malattia fisica 52
48. Tecnica della concordanza degli indicatori diagnostici 53
49. Le linee evolutive 54
50. Il profilo metapsicologico 55