Henri Pirenne Le città del Medioevo 1927

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Henri Pirenne Le città del Medioevo 1927
Storia
Henri Pirenne
Le città del Medioevo
1927
PERCHÉ LEGGERE QUESTO LIBRO
Quest’opera, strettamente collegata all’altra grande opera pirenniana, Maometto e
Carlomagno, è fondamentale per capire l’evoluzione della città dal mondo antico all’epoca
moderna, un tema che accese il dibattito degli studiosi per le sue implicazioni riguardanti
il processo di civilizzazione dell’Occidente. Chiunque voglia affrontare le grandi tematiche
dell’Età di Mezzo, particolarmente le riflessioni sull’emergere della città, dei mercanti, dei
borghesi, non può esimersi dal conoscere questo grande classico della storiografia
medievale.
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PUNTI CHIAVE

Le invasioni barbariche non posero fine ai commerci, visto che i traffici nel
Mediterraneo proseguirono sino alla fine dell’VIII secolo.

Di fatto, il tramonto dei traffici e la decadenza commerciale ebbero inizio dal IX
secolo, con le invasioni islamiche e la formazione dell’impero carolingio.

In questo quadro le città cambiarono volto e si impose l’autorità religiosa
vescovile.

Dal X secolo il commercio riprese progressivamente quota e le città ritornarono ad
essere vitali.

Nei centri urbani si insediarono uomini nuovi, i mercanti ed i borghesi, che le
trasformarono radicalmente.

Le nuove città mercantili dell’Europa ebbero un ruolo decisivo nell’evoluzione
politica ed economica della civiltà occidentale.
RIASSUNTO
Gli effetti delle invasioni barbariche
Henri Pirenne ha voluto riprendere, nei primi due capitoli del libro, le linee portanti del
quasi contemporaneo lavoro su Maometto e Carlomagno, che rappresenta il suo
contributo più noto, introducendo fin da subito un suo tipico argomento: la centralità del
Mediterraneo per concepire con esattezza il carattere dell’impero romano. Lo storico
belga non nega la crisi in corso a partire dalla fine del III secolo d.C. e i numerosi fattori
che testimoniano un generale declino nelle condizioni dell’impero, ma è ben fermo
nell’affermare che questa crisi e questo declino non colpiscono di fatto il commercio, le cui
dimensioni rimangono pressoché inalterate.
Egli sottolinea al riguardo la differenza tra la parte continentale dell’Impero,
effettivamente colpita da una serie di gravissime problematiche endogene ed esogene, e
la parte litoranea, ancora attiva e capace di mantenere scambi commerciali con la parte
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più ricca dell’Impero, ossia l’Oriente. Ciò a cui assistiamo, secondo Pirenne, non è il
tentativo di distruggere l’impero da parte dei Barbari che ad ondate successive devastano
le regioni continentali, bensì il loro tentativo di giungere al mare, in quanto il possesso del
mare avrebbe significato per loro l’affrancamento, la possibile omologazione con i Romani,
la conquista dello status di cittadini a tutti gli effetti, la fine di un’esistenza di spoliazione
per accreditarsi finalmente come cives romani: una tesi che rappresenta davvero una
grande novità nel panorama interpretativo.
Le popolazioni barbariche coltivavano una forte ammirazione per l’impero Romano e
vagheggiavano tutte indistintamente di divenirne parte non come membri di
second’ordine, ma come alleati di primo piano. L’impero prova a resistere, ma dal V secolo
sopravvive solo la sua parte orientale, mentre in Occidente sorgono i Regni barbarici.
Questo non vuol dire, secondo Pirenne, che l’unità commerciale incentrata sul mare
nostrum Mediterraneo sia scomparsa o sia diventata meno importante di prima. Le guerre
per il predominio del grande lago interno che da Gibilterra si estende fino a Costantinopoli
ne sottolineano, al contrario, la perdurante vitalità economica e politica.
Il cataclisma cosmico
Pirenne definisce con chiarezza l’evento che ha rotto l’unità del mondo imperiale romano:
la conquista islamica, che dal 633 (accorpamento dell’impero persiano) al 711
(assorbimento delle terre spagnole) travolge e cambia la faccia della terra. Siria, Egitto,
Africa del Nord sono le tappe di un accerchiamento che viene fermato dalle mura di
Costantinopoli nel 717 e dalle truppe di Carlo Martello nel 732. Il nemico è stato fermato,
ma l’unità è stata spezzata. Il mar Mediterraneo diventa un bacino islamico ed Oriente ed
Occidente non hanno più rapporti. Lo storico belga non esita a definire questo come il
momento cruciale ed a parlarne come di una sorta di “cataclisma cosmico”.
La conquista islamica ha posto l’Occidente di fronte alla necessità, per la prima volta nella
sua storia, di fare a meno dell’Oriente e, quindi, di fare da solo. Il centro di gravità si
sposta verso il Nord ed i Carolingi raccolgono questa responsabilità. In questa prospettiva,
ancora una volta originale ed anomala, il ruolo dei Carolingi viene valutato con un giudizio
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meno lusinghiero rispetto alla tradizione. Il frutto degli sforzi politici e dottrinali di
Pipino il Breve e di Carlo Magno non rappresenta un rinnovamento dell’impero romano,
ma segna la fine irrimediabile dell’eredità antica. Il Sacro Romano Impero è un organismo
rurale e agricolo, privo di un dinamismo marittimo e commerciale.
Il Mediterraneo è in mano agli islamici, siano essi parte di flottiglie di califfati oppure pirati
che infestano persino l’entroterra. I Normanni razziano le coste atlantiche dal Mare del
Nord al Golfo di Guascogna, risalendo i fiumi e generando terrore e distruzione. Da un
punto di vista economico, finanziario, monetario, mercantile ed amministrativo, il periodo
carolingio, che sembra vivere nel firmamento dorato siglato dalla incoronazione della
notte di Natale dell’800 e che gode di una meritata fama da un punto di vista letterario e
culturale, non può certamente dirsi un progresso, almeno nella ricostruzione fatta da
Pirenne.
Le città ed i borghi del IX secolo
Nel IX secolo le città sono solo dei centri amministrativi o delle fortezze. Non sono ancora
abitate da popolazioni che vivono di commercio e industria (borghesia) o da comunità
provviste di personalità giuridica, con un diritto e con istituzioni proprie (municipi). Sono
scomparsi gli elementi caratteristici della civitas romana, i suoi amministratori, i suoi
funzionari, la stessa linfa vitale rappresentata dalla vita economica. Se le città non
muoiono lo si deve soprattutto all’opera dei vescovi. Si può dire con sufficiente grado di
certezza che la civiltà cittadina occidentale ha potuto sopravvivere grazie alla Chiesa.
Mentre il potere laico abbandonava le città, il vescovo vi risiedeva stabilmente,
acquisendo potere e prestigio agli occhi della popolazione rimasta.
La crisi del Sacro Romano Impero e l’emergere del feudalesimo, uniti ai persistenti pericoli
delle ricorrenti scorrerie di Saraceni, Normanni e Ungari, rendono impellente la necessità
di sicurezza. Ecco spiegata la nascita delle fortezze, cioè di borghi cinti di muraglie, fossati,
palizzate, con al centro un torrione di difesa ed all’interno una guarnigione stabile diretta
da un castellano. Questi borghi non possono, almeno in questa fase, essere considerati dei
centri urbani. Pirenne vi riconosce però un’importante funzione di raccordo.
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L’inversione della curva
Con l’abituale tendenza alla perentorietà (uno dei motivi del suo fascino, ma anche uno
dei fattori più discussi delle sue ricostruzioni), Pirenne definisce con esattezza il momento
più basso della curva dell’evoluzione economica occidentale (la fine del IX secolo) e l’inizio
della sua ripresa (l’inizio del X secolo), grazie all’insediamento dei Normanni in
Normandia, l’ascesa degli Ottoni e la loro vittoria militare sugli Slavi ad est, gli accenni di
ripresa demografica, la fine di un periodo di angoscioso terrore e la nuova fiducia che
pervade la Cristianità. L’opera di rinnovamento spirituale e morale del monachesimo di
Cluny fu altrettanto determinante, come pure un generale afflato di laboriosità
particolarmente evidente nelle rinascite commerciali delle zone di Venezia e delle Fiandre.
Questi movimenti significarono la riapertura degli sbocchi, il ritorno ad un’economia
definita sulle rotte marittime, il recupero di un ruolo perduto.
Pirenne tratteggia con maestria il mondo nuovo che emerge nell’XI e soprattutto XII
secolo, il mondo dei traffici e della riappropriazione, da parte dell’Occidente, del proprio
spazio vitale marittimo. Dall’Adriatico al Tirreno, dall’Egeo fino a Costantinopoli, la
Cristianità, anche in virtù delle Crociate, ritorna padrona dei propri mari e delle proprie vie
d’acqua. Venezia, Genova, Pisa, Amalfi, la Lombardia sono tutti esempi posti dall’Autore
per suffragare questa tesi. La rinnovata sicurezza e le ritrovate vie marittime consentono
di fecondare la rinascita commerciale, che non si limita al sud e all’Italia, ma che si
espande, sulla spinta dei Normanni e degli Scandinavi, verso le Fiandre, la Russia e le Isole
Britanniche.
I mercanti ed i borghesi
Il profilo dei mercanti e dei borghesi tracciato da Pirenne lascia chiaramente trasparire la
sua simpatia per questi uomini nuovi di una società in formazione. Egli evita però ogni
idealizzazione. Li descrive infatti come degli sradicati, degli avventurieri attenti ad ogni
minima possibilità di guadagno e pronti a rischiare per ricavare enormi profitti; degli
speculatori malvisti e di incerta provenienza, di improbabile moralità. Capaci di partire dal
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nulla, ma intraprendenti, comprendono che una delle vie per sopravvivere è
associarsi per dividere i rischi e per meglio difendersi. Il mercante aveva contro la vecchia
società agraria ed aristocratica nelle sue espressioni più retrive e statiche, e doveva
scontrarsi soprattutto con le diffidenze e gli ostacoli frapposti dalla Chiesa e dalle
gerarchie, che vedevano nel guadagno e nell’attività commerciale un pericolo.
L’affresco che Pirenne fornisce di questa umanità energica e vitale è davvero una delle
grandi pagine storiografiche della medievistica: il loro continuo viaggiare, il loro
strabiliante tentativo di incunearsi in un mondo ostile, la formazione di un proprio diritto,
di proprie tutele, di autonomie e persino di capacità politiche ci fanno apprezzare il
sorgere di questa borghesia come uno dei grandi fenomeni che hanno reso originale l’età
di mezzo.
Senza la rinascita commerciale ed industriale non si riesce a capire la rinascita urbana, sia
nella rivitalizzazione degli antichi centri romani sia nella creazione di nuovi insediamenti
accanto agli snodi strategici per gli scambi e per i traffici. La borghesia medievale è una
classe di uomini davvero nuova. La sua connotazione principale risiede proprio nel fatto di
essere urbana. Grazie a questi uomini il sobborgo commerciale soppianta il borgo feudale
accrescendo l’importanza e la vita stessa delle città.
L’intera opera dello storico belga è un peana alla ricchezza del commercio e all’importanza
della nuova economia. I borghesi sono il sale della ripresa e l’origine di tutta una serie di
fenomeni di rilevanza assoluta che sono alla base dell’evoluzione storica dell’Occidente. In
quest’ottica vengono presentate anche le complesse relazioni tra commercio ed industria,
le trasformazioni giuridiche e di proprietà, il variegato ed affascinante passaggio da un
universo chiuso e stagnante ad una società aperta e vulcanica. In questo quadro Pirenne
legge anche la trasformazione degli Ordini ecclesiastici, che dall’orientamento alle
campagne (Cluniacensi e Cistercensi) passano all’insediamento nelle città (Francescani e
Domenicani).
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Le città nella storia dell’Occidente
Pirenne tratteggia quindi gli scontri tra l’antico regime ed i nuovi ceti produttivi, i
magmatici conflitti che dalle città del Nord Italia vedono opporsi le borghesie nascenti
alleate ai movimenti riformatori contro i vescovi e l’imperatore, le fasi appassionanti che
portarono all’emersione del Comune in Italia e che per un benefico contagio si spostarono
in Provenza, nel nord della Francia e nelle Fiandre, le dinamiche che portarono ad alleanze
improbabili, ma che testimoniano una realtà davvero pulsante di vita e per certi versi
perfino brutale. Viene delineato un percorso che conduce alla nascita delle città come
soggetti collettivi, come persone giuridiche, come enti corporativi, come confraternite. In
queste realtà l’aspetto associativo è fondamentale. La necessità dell’affrancamento
giuridico e della creazione di un diritto urbano testimoniano la presenza di uno spazio
cittadino concepito come franchigia e come luogo di libertà della persona, del suolo e
della proprietà.
Nel momento in cui vengono tirate le somme dell’evoluzione della città dalla fine dell’età
antica fino al XII secolo, l’autore è esplicito nel parlare di nuova era rappresentata dalle
città medioevali e dalla loro classe dominante, la borghesia. Questo contributo si concreta
in una lunghissima serie di conseguenze che cambieranno definitivamente il volto
dell’Occidente. Perfino le parti che le sembrano più lontane, come la campagna, ricevono
un enorme giovamento dalla rinascita cittadina. Il contadino diventa libero, il lavoro stesso
diventa libero, in forza della potenza del commercio e dei traffici.
Il capitale, sia esso mobiliare che immobiliare, ritorna ad essere la misura dei valori. Nasce
l’intricato mondo che abbiamo sotto gli occhi anche oggi: banche, prestiti,
amministrazione pubblica e privata, finanze, tassazione, contabilità. Non meno importanti
sono le conseguenze sul piano politico. Le milizie cittadine trionfano ovunque, a Legnano
come a Bouvines, ed ad affiancare i baroni davanti al Re Giovanni ci saranno, per ottenere
la Magna Charta, rappresentanti delle città e dei borghesi.
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CITAZIONI RILEVANTI
Il carattere mediterraneo dell’impero romano.
«Se si volge uno sguardo di insieme sull’Impero romano si è colpiti dal suo carattere
mediterraneo ... Il mare, indubbiamente, assicura sia la sua unità politica che la sua unità
economica, poiché l’esistenza dei confini dipende dal dominio che l’Impero esercita sul
Mediterraneo. Senza questa grande via di comunicazione né il governo, né
l’amministrazione dell’orbis romanus sarebbero stati possibili. E’ interessante constatare
come, invecchiando, l’Impero accentui sempre più il suo carattere marittimo» (p. 5).
La tesi della continuità.
«Fin dalla fine del III secolo, la civiltà tradisce un indiscutibile declino … Tuttavia, questa
decadenza non sembra aver colpito sensibilmente il commercio marittimo del
Mediterraneo che continua attivo e ben sostenuto in contrasto con l’apatia che, a poco a
poco, s’impadronisce delle province occidentali» (p. 5).
La vera causa della rottura.
«In non più di cinquanta anni l’Islam si estende dal mar della Cina all’Oceano Atlantico.
Nulla gli resiste ... La sua spinta improvvisa ha distrutto il mondo antico … Ed ecco che, ad
un tratto, i paesi stessi dove era nata la civiltà gli sono strappati, il culto del profeta si
sostituisce alla fede cristiana, il diritto musulmano al diritto romano, la lingua araba alla
lingua greca ed alla lingua latina ... Il legame che univa ancora l’Impero bizantino ai regni
germanici dell’Ovest è spezzato» (p. 18-19).
Sul regno di Carlomagno.
«Si è così abituati a considerare il regno di Carlomagno come un’epoca di rinascita, che si
è inconsciamente portati a supporre in tutte le attività un identico progresso.
Disgraziatamente ciò che è vero per la cultura letteraria, per la religione, i costumi, le
istituzioni e la politica non lo è per la circolazione e per il commercio» (p. 31).
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La città del XII secolo in sintesi.
«La città del Medioevo, quale appare a partire dal XII secolo, è un Comune che vive al
riparo di una cinta fortificata, del commercio e dell’industria, che gode di un diritto, di
un’amministrazione e di una giurisprudenza eccezionale, che fanno di essa una personalità
collettiva privilegiata» (p. 142).
La borghesia medioevale.
«Laica e mistica insieme, la borghesia del Medioevo si trova singolarmente così ben
preparata alla funzione che avrà nei due grandi movimenti di idee dell’avvenire: il
Rinascimento, figlio dello spirito laico e la Riforma, verso la quale conduceva il misticismo
religioso» (p. 156).
L’AUTORE
Henri Pirenne è stato un grande storico belga, nato il 23 dicembre 1862 e morto il 25
ottobre 1935. La sua grande preparazione e l’arditezza delle sue tesi ne hanno fatto un
maestro della medievistica. I principali campi di indagine della sua ricerca sono: la studio
delle origini e dello sviluppo delle costituzioni urbane, la ricostruzione delle complesse
vicende che, di fatto, costituirono la traccia per un’identità nazionale belga ed, infine, il
lavoro di una vita sulle origini del Medioevo, in contrasto con la vulgata dominante che
vedeva nelle invasioni barbariche la causa della fine dell’Impero romano. Pirenne ha
intravisto nell’invasione islamica e nelle sue conseguenze sul commercio marittimo
mediterraneo la vera causa della fine dell’Impero romano. Questa decisiva intuizione post-
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data l’inizio del Medioevo al IX secolo, precisamente con l’affermarsi del Sacro
Romano Impero carolingio. La sua fama è dovuta anche alla sua posizione in merito
all’origine del capitalismo nelle istituzioni cittadine medioevali.
NOTA BIBLIOGRAFICA
Henri Pirenne, Le città del Medioevo, Laterza, Roma-Bari, 1995, introduzione di O.
Capitani, p. 163.
Un’altra edizione è: Henri Pirenne, Le città del Medioevo, Newton Compton, Roma, 2009,
introduzione di Ludovico Gatto, traduzione di Maurizio Grasso.
Titolo originale: Le ville du Moyen Age
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