Marco Severini I notabili, la città, il Parlamento

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Marco Severini I notabili, la città, il Parlamento
Marco Severini
I notabili, la città, il Parlamento
Estratto da: Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia, XL-XLI 2007-2008, Macerata, eum,
2011, pp. 369-379.
Marco Severini
I notabili, la città, il Parlamento1
La storia politica delle Marche in età contemporanea difetta ancora di una
ricostruzione d’insieme, ancorché sintetica, per una serie di ragioni: l’artificiosità del concetto di regione – comune sotto diversi punti di vista a numerose
altre compagini regionali, benché le Marche siano rimaste l’unica ad essere
declinata al plurale2 – non ancora attenuata dal ruolo politico-amministrativo
assolto dall’ente a partire dal 1970; i molteplici ostacoli di carattere storico,
geografico e culturale (le difficoltà di comunicazione3; di conservazione e fruizione del patrimonio archivistico e documentario4; di scambio e confronto tra
i circuiti culturali e scientifici) che rafforzano una vocazione secolare alla perifericità, confermata dall’ignoranza pressoché totale del territorio marchigiano
al viaggiatore del Grand Tour5; la consistente influenza del municipalismo e
del localismo sull’organizzazione della vita politica e civile a partire dall’unificazione italiana6; la modesta considerazione che enti e istituzioni pubbliche
mantengono nei confronti della cultura e della ricerca storico-politica, in conseguenza di una maggiore attenzione verso altri settori7.
1 Pubblico in questa sede il testo, rivisto e ampliato, della conferenza «I notabili, la città, il Parlamento», tenuta ad Ancona il 5 giugno 2008 nell’ambito del secondo ciclo di incontri e itinerari Sovversivi e Notabili ad Ancona, promosso dal Museo della Città dorico.
2 Sull’identità marchigiana, Giorgio Mangani, Il carattere delle Marche. Genesi di un’identità regionale, in L’idea delle Marche, a cura di Giorgio Mangani, Ancona, il lavoro editoriale, 1989, pp. 31-65;
Id., Fare le Marche. L’identità regionale fra tradizione e progetto, Ancona, il lavoro editoriale, 1999.
3 In relazione al problema ferroviario si veda ora il volume collettaneo A 140 anni dalla OrteAncona. La ferrovia nello sviluppo dei territori umbro-marchigiani, Atti del convegno di Foligno, 21
ottobre 2006, a cura di Fabio Bettoni, Quaderni di «Proposte e ricerche», n. 34, 2008.
4 Si veda, ad esempio, Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea “M. Morbiducci”, Tra
tutela e ricerca: stato e consultabilità delle fonti archivistiche per la storia contemporanea, Atti della giornata
di studi tenutasi a Macerata il 26 ottobre 2001, a cura di Sara Spreca e Roberta Tartuferi, Pollenza 2002.
5 Attilio Brilli (a cura di), Le Marche e l’Europa. Viaggiatori stranieri fra il XIX e il XX secolo,
Cinisello Balsamo (Mi), Amilcare Pizzi-Fondazione Cassa di Risparmio di Fano, 1997, pp. 9-19; Id., Il
viaggio in Italia. Storia di una grande tradizione culturale, Bologna, Il Mulino, 2006.
6 Marco Severini, La rete dei notabili. Clientele, strategie ed elezioni politiche nelle Marche in età
giolittiana, Venezia, Marsilio, 1998, pp. 13-20.
7 Secondo i dati proposti nel 2006 dell’Osservatorio regionale per i Beni culturali della Regione
Marche, l’incidenza della spesa per la cultura sulla spesa marchigiana complessiva per il periodo 1995-
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In questa persistente assenza ci dobbiamo accontentare delle storie di singole città, e di qualche tentativo di ricostruzione del tessuto provinciale8, con
risultati geograficamente eterogenei perché la memoria del passato e lo studio
delle comunità continua a latitare in molti dei principali centri regionali.
Ad Ancona, la presenza di un importante ateneo, di propositivi istituti
culturali e di innovative tendenze di ricerca ha contribuito al rinnovamento
dell’antica tradizione storiografica, giunta fino all’opera di monsignor Natalucci9, attraverso il confronto con le nuove correnti: l’uscita, all’inizio degli
anni novanta del secolo scorso, di due volumi10, di diverso taglio e mole, sulla
storia post-unitaria del capoluogo, cui hanno fatto seguito altre significative
pubblicazioni su argomenti collaterali11, lo attesta chiaramente.
Mentre siamo informati sul ruolo degli organismi sindacali e sulle lotte
operaie12, sulla vicenda della massoneria dorica13, su alcuni tornanti poco esplorati14 e sui principali esponenti del repubblicanesimo novecente-
2005 risultava costantemente diminuita in termini percentuali – essendo passata dallo 0, 59% del 1995
(pari a 10, 762 milioni di euro su un totale di spesa di 1,828 miliardi di euro) allo 0, 19% del 2005 (pari
a 6,373 milioni di euro su un totale di spesa di 3,765 miliardi di euro) –, mentre la spesa pro-capite
delle famiglie marchigiane per la cultura appariva decisamente inferiore nei confronti sia della media
nazionale sia di quella dell’Italia centrale. I dati su www.cultura.marche.it.
8 La provincia di Ancona. Storia di un territorio, a cura di Sergio Anselmi, Roma-Bari, Laterza,
1987; Provincia di Pesaro e Urbino, La Provincia di Pesaro e Urbino nel Novecento. Caratteri, trasformazioni, identità, a cura di Angelo Varni, Venezia, Marsilio, 2003, 2 voll.
9 Mario Natalucci, Ancona attraverso i secoli, volume III, Dal periodo napoleonico ai nostri giorni,
Città di Castello, Unione Arti Grafiche, 1960; dello stesso autore, La vita millenaria di Ancona, Città di
Castello, Unione Arti Grafiche, 1975, e Storia di Ancona. Dalla sua fondazione ai giorni nostri, Ancona,
il lavoro editoriale, 2000. La storiografia ha avuto ad Ancona, dall’Unità in poi, cultori apprezzabili in
Carisio Ciavarini, Ernesto Spadolini, Michele Maroni e Palermo Giangiacomi.
10 Mario Ciani, Ercole Sori, Ancona contemporanea 1860-1940, Ancona, Clua, 1992; Comune
di Ancona, Ankon, una città, una regione. 1860-1945, Castel Maggiore-Bologna, Adriatica Editrice,
1994.
11 Mi limito a ricordare Mario Ciani, Storia dell’Avvocatura anconetana, Ancona, il lavoro editoriale, 1999; Donne e diritti. Dalla sentenza Mortara del 1906 alla prima avvocata italiana, a cura di
Nicola Sbano, Bologna, Il Mulino, 2004; Arturo Vecchini e l’eloquenza, a cura di Nicola Sbano, Ancona, il lavoro editoriale, 2004.
12 Roberto Lucioli, Il martello e la prua. Lotte operaie al cantiere navale di Ancona dalla liberazione al passaggio all’Iri (1944-1970), Ancona, il lavoro editoriale, 1995; Roberto Lucioli, Massimo Papini
(a cura di), Il Sindacato Ferrovieri nelle Marche, Loreto, Estremi, 1997; Andrea Senigalliesi, Dalle
miniere ai cantieri. La Fillea Cgil nell’Anconetano (1945-1970), Ancona, il lavoro editoriale, 1999;
Roberto Giulianelli, Arsenalotti. Il cantiere navale di Ancona dalla barriera gregoriana alla seconda
guerra mondiale, Ancona, il lavoro editoriale, 2000; Pietro Neglie, Le stagioni del sindacato. Storia
della Camera del lavoro di Ancona, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2000; Cgil territoriale di Ancona,
1900-2000. Cento anni di lavoro per il lavoro, Ancona, Tecnoprint, 2001; Dizionario biografico del
movimento sindacale nelle Marche 1900-1970, a cura di Roberto Giulianelli e Massimo Papini, presentazione di Gianni Venturi, Roma, Ediesse, 2006.
13 Luca Guazzati, L’Oriente di Ancona. Storia della Massoneria dorica (1815-1914), Ancona, affinità elettive, 2002.
14 Ruggero Giacomini, Ancona durante il fascismo. Resistenza e repressione negli anni Trenta dalle
carte di polizia, Ancona, il lavoro editoriale, 1994.
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sco15, molto c’è ancora da indagare sulla storia politica della città, sulla
storia dei movimenti e dei partiti, sulle lotte amministrative e le dinamiche elettorali e sugli stessi esponenti del lungo periodo liberale, compreso
tra 1861 e 1922; viceversa, per altri tornanti essenziali hanno supplito
alcune ricostruzioni generali di storia marchigiana16.
Negli ultimi anni del Novecento è venuta in soccorso una nuova tipologia
di analisi che coniuga la ricerca biografica con quella prosopografica, la storia politica con quella sociale, l’indagine del contesto territoriale con quello
nazionale.
Ci riferiamo al filone, praticato con apprezzabili risultati nella penisola,
dello studio dei notabili17. In realtà, quella sui notabili non è ancora propriamente una categoria storiografica, vista la varietà delle tipologie notabilari e
delle loro realtà territoriali di riferimento; e così il termine viene spesso confuso e sovrapposto alle élites, ai ceti egemoni, alla borghesia.
Partendo dalle note indicazioni di Max Weber18, il notabile è un detentore
di un’autorità sociale, un uomo che vive di politica, esercita funzioni amministrative e tiene una condotta di vita in cui il prestigio è segno di potere;
il notabile eletto in Parlamento investe quest’autorità nel settore politico, la
conferma e la amplia.
Il caso marchigiano rappresenta un campione decisamente interessante.
Tra 1860 e 1861 si compie nelle Marche non solo un processo di piemontesizzazione, cioè di estensione di leggi e istituti dello Stato liberale piemontese al resto della regione, ma anche un’opera di selezione della nuova classe
dirigente, cioè di dirigenti che avrebbero governato la nuova regione in nome
del governo costituzionale di Vittorio Emanuele II; a questi nuovi dirigenti
15 Da ultimo, Archivio di Stato di Ancona-Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nelle Marche, Una vita per l’ideale l’impegno politico e sociale di Oddo Marinelli nell’Ancona
della prima metà del Novecento attraverso il suo archivio, a cura di Giovanna Giubbini, Ancona, affinità elettive, 2006.
16 Negli ultimi anni sono comparsi, sui primi due decenni del Novecento, Lidia Pupilli (a cura
di), Le Marche in età giolittiana (1900-1914), Ancona, Deputazione di storia patria per le Marche,
2007, e Gilberto Piccinini (a cura di), Le Marche e la Grande Guerra (1915-1918), Ancona, Assemblea
Legislativa delle Marche-Istituto per la storia del Risorgimento italiano-Comitato provinciale di Ancona, 2008; sul primo dopoguerra, Massimo Papini, Le Marche tra democrazia e fascismo 1918-1925,
Ancona, il lavoro editoriale, 2000; sulla Resistenza, Ruggero Giacomini, ribelli e partigiani la resistenza
nelle Marche 1943-1944, Ancona, affinità elettive, 2008 (1° edizione, 2005), e Sergio Sparapani (a
cura di), La guerra nelle Marche 1943-1944, Ancona, il lavoro editoriale, 2005; sulla rappresentanza
parlamentare Marco Severini, Protagonisti e controfigure. I deputati delle Marche in età liberale (18611919), Ancona, affinità elettive, 2002, e Id., Notabili e funzionari. I deputati delle Marche tra crisi dello
Stato liberale e regime fascista (1919-1943), Ancona, affinità elettive, 2006; utile, inoltre, il Dizionario
Biografico dei Marchigiani, Ancona, il lavoro editoriale, 2007 (3° edizione).
17 Un primo contributo storiografico in Luigi Ponziani (a cura di), Le Italie dei notabili: il punto
della situazione, in «Abruzzo contemporaneo», 10-11, 2000.
18 Max Weber, Economia e società, a cura di Pietro Rossi, Milano, Comunità, 1980 (1° edizione,
1961).
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viene richiesto patriottismo, lealismo monarchico, tutela delle libertà politiche
e civili, difesa della tradizione laica e moderata del Risorgimento, in contrapposizione con i principi della democrazia repubblicana e radicale19.
In poche parole, si chiede di rappresentare e tutelare, in un sistema gerarchico, accentrato ed elitario, i diritti dei vincitori: la repentina conclusione
delle lotte risorgimentali porta alla ribalta un ceto di notabili che, costituito
da un ristretto gruppo di proprietari terrieri e professionisti cittadini, dunque
di estrazione in parte aristocratica e in parte borghese, si impadronisce delle
amministrazioni locali e del governo della cosa pubblica, estromette gli uomini del Partito d’azione e si impossessa delle ex proprietà ecclesiastiche.
Questi notabili vantano spesso trascorsi patriottici e democratici, costituiscono un gruppo sicuramente eterogeneo e differente da città a città, ma
sanno individuare un comune denominatore nella lunga gestione del potere e
nella difesa dell’autorità costituita; l’Unità rappresenta un indubbio spartiacque storico, ma se si osservano più da vicino le caratteristiche di questo ceto di
notabili – fisionomia conservatrice; orientamento politico moderato e filoministeriale; assenza di una piattaforma programmatica all’infuori della tutela
della proprietà terriera e, dunque, degli interessi dell’aristocrazia fondiaria – si
comprende come alcuni studiosi abbiano sostenuto che forte sia la continuità
tra Stato pontificio e Stato italiano20.
Queste linee di fondo si saldano, dopo il 1876 e l’avvento al potere della
Sinistra, con il trasformismo21 di Depretis e di Crispi, rivelano le prime crepe
con l’affermazione elettorale della principale forza di opposizione, cioè di quel
repubblicanesimo che si presenta come sintesi delle idealità mazziniane e delle
aspirazioni democratiche (suffragio universale; estensione dei diritti politici;
anticlericalismo; repubblica, etc.), e poi di socialisti, radicali e anarchici; in età
giolittiana, il liberalismo anconetano e marchigiano si distingue per un prevalente orientamento filo-sonniniano, conservatore e alternativo ai programmi
del leader di Dronero22.
19 Per i dati biografici e le vicende elettorali ho fatto ricorso ai miei La rete dei notabili, cit., e
Protagonisti e controfigure, cit., e a Dizionario degli Avvocati di Ancona, a cura di N. Sbano, Ancona,
il lavoro editoriale, 2009.
20 Paola Magnarelli, Società e politica dal 1860 a oggi, in Storia d’Italia. Le regioni dall’Unità a
oggi. Le Marche, a cura di Sergio Anselmi, Torino, Einaudi, 1987, pp. 121-205.
21 Vasto è stato il dibattito sul trasformismo in questi ultimi anni. Si vedano, in particolare, Alfio
Mastropaolo, Notabili, clientelismo e trasformismo, in Storia d’Italia, “Annali 17”, Il Parlamento,
a cura di Luciano Violante, Torino, Einaudi, 2001, pp. 773-816, e per una ricostruzione generale,
Giovanni Sabbatucci, Il trasformismo come sistema, Roma-Bari, Laterza, 2003.
22 Su Giolitti si veda Aldo Alessandro Mola, Giolitti. Lo statista della nuova Italia, Mondadori,
Milano, 2006 (1° edizione, 2003). A livello marchigiano, sono stati recentemente studiati i casi di
Fano e Senigallia, analogo, il primo, e opposto, il secondo, a quello anconetano. Si veda La soglia della
modernità. Fano antigiolittiana [1900-1914], a cura di Paolo Giannotti, quaderno di «Nuovi Studi
Fanesi», 5, 1998; Alessandro Baldelli, La “tregua amministrativa” di Senigallia (1905-1910), Ancona,
affinità elettive, 2008.
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La Grande Guerra avrebbe rimescolato le carte in gioco, mentre il primo
dopoguerra avrebbe posto fuori gioco i notabili, non senza alcune possibilità
di reinserimento nel regime fascista.
Torniamo a questi ultimi. Uno dei maggiori problemi della storiografia
italiana ed europea dell’ultimo ventennio è stato quello di definire i notabili.
Un recente Seminario internazionale, svoltosi a Verona e intitolato Notabili e storia d’Italia. Caratteri e geografia del notabilato italiano (1861-1922),
ha fissato alcuni punti fermi da cui far ripartire una nuova stagione di studi: la
definizione di fondo del notabile; il forte legame con il territorio; il riferimento
ad un determinato periodo della storia d’Italia; la necessità di confrontarsi
con le coeve ricerche europee23.
Il notabile è pertanto un personaggio che sviluppa una lunga carriera politica, a livello centrale e locale; spesso abbandona, per la politica, attività
preesistenti; occupa spazi e posizioni preminenti in campo amministrativo e
culturale; inoltre, assume il ruolo di cemento dell’ordine sociale, svolgendo
un’inestricabile mediazione tra centro e periferia, tra pubblico e privato, ricorrendo altresì a pratiche particolaristiche e clientelari, in una continua attività
di relazione e di controllo del territorio; è un grande controllore del mercato
politico e dei serbatoi elettorali, sa gestire spazi pubblici e controllare informazione e opinione pubblica, utilizzando spesso una struttura verticistica di
dipendenti e collaboratori; riveste un ruolo importante, di cerniera e di mediazione, nei rapporti tra Stato e Chiesa24.
Esaurita questa premessa metodologica, focalizziamo la situazione di Ancona.
Subito dopo il 1861 la città pare acquistare notevole importanza sia per il
suo ruolo strategico-militare sia per la sua designazione a capoluogo regionale: negli anni sessanta, diventa piazzaforte militare di prima classe, il sovrano
e i principi di casa Savoia vi compiono frequenti visite, le colline circostanti
vengono fortificate; inoltre viene promosso uno straordinario ampliamento
urbanistico e già nell’ottobre 1861 il Consiglio comunale, eletto nel gennaio
precedente, vara il primo di una serie di Piani urbanistici che cambieranno il
volto della città25.
Tuttavia, l’annessione di Venezia nel 1866 declassa il porto dorico che cessa di essere la base della flotta militare, con la pessima spedizione navale di
Lissa dell’ammiraglio Persano che parte proprio da Ancona; l’epidemia di colera del 1865, importata dall’Egitto, paralizza la vita cittadina e causa 1.500
23 Sul convegno veronese, cfr. Augusto Ciuffetti, Notabili e storia d’Italia, in «Proposte e ricerche»,
61, 2008, pp. 183-188.
24 Marco Severini, I notabili: ruolo storico e bilancio storiografico, in «Pesaro città e contà», n. 27,
2008, pp. 65-72.
25 Fabio Mariano, Dalla città del Positivismo alla città del Fascismo, in Ankon, cit., pp. 27-44.
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vittime; l’abolizione del porto franco riporta in auge una recessione economica che non si è mai fermata, ma che comporta pesanti ripercussioni sociali: nel
1869 la popolazione dorica, esacerbata dall’aumento sulle tasse e sui generi
di consumi decretato dalle autorità comunali, si raccoglie indignata sotto le
finestre del Palazzo municipale e invade il pianterreno, interrompendo una
riunione di Giunta e minacciando di gettare della finestra il sindaco Francesco
Matteucci; sono necessari due reggimenti di linea per ristabilire l’ordine e a
ciò seguono una serie di arresti e la promessa dell’abolizione del vituperato
dazio consumo.
L’età della Destra storica (1861-76) è dunque per Ancona un periodo di
instabilità e inquietudine, ma anche di riconquistata prevalenza della vita
civile su quella militare: il capoluogo viene dotato dei servizi essenziali tipici
di una città moderna, statalista negli strumenti e positivista nell’ideologia. La
classe dirigente coglie in queste trasformazioni una profonda occasione per
rafforzare il proprio ruolo e stringere nuovi contatti con il contesto nazionale: personaggi «eclettici»26 e di maggiore visibilità nazionale come Augusto
Elia gettano le basi per sviluppare una carriera politico-parlamentare di lungo periodo.
In Parlamento vengono eletti, nel primo quindicennio unitario, personalità
come Cavour nel 1861 e Nino Bixio nel 1865, ma entrambi optano per altri
collegi. Deputati effettivi risultano Annibale Ninchi, Giovanni Bonomi, Augusto Riboty, Michele Fazioli, Edoardo D’Amico e Giuseppe Guerrini: tranne
Riboty e D’amico, extra-marchigiani, si tratta di personalità di secondo ordine, che hanno fatto scomparire in fretta i loro trascorsi cospirativi e democratici per aderire alla causa liberal-monarchica.
Vanno segnalati Ninchi, un ex amministratore della pontificia Banca romana e brillante avvocato, fautore di un liberalismo laico e radicale che alla
Camera si impegna su questioni giuridiche e finanziarie e sui rapporti StatoChiesa, e Fazioli, eroico difensore della Repubblica Romana del 1849, poi
transitato tra le file moderate, sindaco della città a metà degli anni settanta.
In sostanza, due ex radical-democratici che hanno conosciuto un processo
di notabilizzazione, senza peraltro conoscere i riflettori della ribalta politica
nazionale.
Se nel primo periodo post-unitario la città viene rappresentata in Parlamento da sei figure di secondo piano, per tutta l’età della Sinistra, cioè dal
1876 al 1897, c’è invece un solo deputato, un notabile di tutto rispetto come
Augusto Elia27.
26 Pietro Rinaldo Fanesi, La classe dirigente anconetana dall’unità alla Repubblica, in ibidem, pp.
50 sgg.
27 Si veda le voci biografiche di Vladimiro Satta su Antonio, Augusto e Leopoldo Elia in Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Roma 1993, 42, pp. 465-471, e in Dizio-
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È questi il rampollo di una famiglia anconetana di radici popolari, molto
conosciuta in città, di acclarati sentimenti patriottici e dedita alla marineria,
figlio di quell’Antonio eroe della Repubblica Romana, condannato a morte
nel 1849 senza aver commesso alcun reato. Ventenne, Augusto partecipa ai
combattimenti e alle azioni navali in difesa della Repubblica, ma dopo la
tragica fine del padre ripara a Malta dove intraprende la carriera navale conseguendo il diploma di capitano di lungo corso; mantenendo uno sguardo
vigile sulla situazione italiana, trascorre diversi anni negli Stati Uniti e rientra
in Italia nel 1859. Raggiunto a Como Garibaldi, per il quale nutre una profonda ammirazione e che lo ricambia in termini di affetto e stima anche per la
memoria del padre, Elia combatte tra i Cacciatori delle Alpi nel Bresciano e, in
seguito, segue il nizzardo a Modena e Rimini, svolgendo delicate missioni. Nel
1860 prende parte attiva alla Spedizione dei Mille, militando come secondo
di Bixio sul «Piemonte» e salvando a Calatafimi Garibaldi da una scarica di
fucileria: vedendo il generale esposto al fuoco borbonico, Augusto non esita a
far scudo con il proprio corpo, rimediando una grave ferita alla bocca; prontamente soccorso dallo stesso Garibaldi, l’anconetano rimane a lungo tra la
vita e la morte e, dopo dolorose cure, si ristabilisce completamente solo nel
1863. Negli anni successivi mantiene contatti con l’entourage patriottico e
cospirativo, e con Bixio in particolare, e torna a combattere nella guerra del
1866, comandando una flottiglia sul Garda e ricevendo la promozione a colonnello; nel 1867 partecipa alla campagna nell’Agro romano28, dopo di che
si dedica alla carriera politica e imprenditoriale.
Divenuto uno dei principali esponenti del Partito d’azione nelle Marche,
Elia si avvicina alla Sinistra costituzionale, accetta le istituzioni monarchiche
e viene per questo vivacemente attaccato dai repubblicani intransigenti. La
sua elezione in Parlamento – supera in ballottaggio, il 12 novembre 1876, l’ex
deputato Ninchi – è un evidente segno della svolta trasformista e della sua
evoluzione notabilare: in venti anni, dieci dei quali con lo scrutinio di lista,
nessuno riesce concretamente a contendergli il posto in Parlamento, posto che
diventa una sorta di vitalizio.
Del resto, l’ex patriota si batte alla Camera per gli interessi della città natale e ciò rassicura l’elettorato moderato che lo ha scelto: si impegna a fondo per
lo sviluppo della cantieristica e della marina mercantile e militare; in Ancona
è consigliere ed assessore comunale, membro del Consiglio provinciale (di cui
nario Biografico dei Marchigiani, il lavoro editoriale, Ancona, 2002 (2° edizione), pp. 194-195; per
l’attività parlamentare rinvio a Severini, Protagonisti e controfigure, cit., ad nomen, mentre per l’attività
liberomuratoria del «massone più conosciuto del capoluogo», si veda Guazzati, L’Oriente di Ancona
cit., ad nomen.
28 Marco Severini, I ricordi del garibaldino Augusto Elia, in Per Garibaldi, a cura di S. Mogliani,
V. Pizzo, Arrone, Thyrus, 2009, pp. 129-141.
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è pure vicepresidente), presidente della Camera di commercio e di altre associazioni; poi si trasferisce a Roma.
Divenuto imprenditore economico di successo costituisce, grazie al banchiere Tanlongo e all’interessamento del premier Depretis, una Società per lo
sfruttamento delle risorse agricole ed ittiche delle isole Tremiti la quale, pur
avviando una radicale trasformazione di un’area particolarmente arretrata, lo
trascina in guai giudiziari dai quali si salva con una transazione non proprio
favorevole. Le sue fortune politiche tramontano negli ultimi anni del secolo
allorché viene coinvolto nello scandalo della Banca romana, dal quale esce
però pulito. Ritiratosi nel 1897 a vita privata, Elia, insignito di onorificenze
e medaglie, si dedica alla stesura delle sue memorie, viene accolto con venerazione ogni qual volta torna ad Ancona29 e le sue ultime posizioni politiche,
dopo il 1910, vanno a favore della guerra libica, del nazionalismo e del dannunzianesimo.
La lunga carriera parlamentare, il forte radicamento territoriale, la larga
influenza esercitata sugli equilibri di potere locale, le altolocate aderenze con
gli ambienti politici e governativi della capitale, le relazioni con gli ambienti
economici nazionali, attestano la fisionomia notabilare di Elia.
Gli ultimi anni dell’Ottocento ribaltano la situazione politica e generale di
Ancona.
Il repubblicanesimo ha abbandonato l’astensionismo elettorale di eredità
mazziniana e combatte alacremente per conquistare spazi e visibilità nel contesto politico; la massoneria è sempre più radicata nel tessuto cittadino e lo stesso Elia risulta affiliato dal 1872 alla Loggia Giuseppe Garibaldi, costituitasi in
Ancona nel 1862 e seconda in ordine cronologico, dopo quella di Livorno, ad
essere intestata all’eroe dei due mondi, il «Primo massone d’Italia»30; nascono
e si diffondono i circoli socialisti e anarchici e la rivolta per il caroviveri del
1898 scoppia in Ancona con quattro mesi d’anticipo rispetto al resto della
penisola31; anche i cattolici si fanno sempre più sentire, prima subalterni ai
liberali nel quadro dell’alleanza clerico-moderata, ma poi sempre più sensibili
29 Si veda, ad esempio, «L’Ordine-Corriere delle Marche», 28-29 settembre 1912, che lo celebra
«fulgido canto dell’epopea italiana» e «paladino di Garibaldi».
30 Nel 2007, nella ricorrenza del bicentenario della nascita di Giuseppe Garibaldi, sono usciti diversi lavori sul personaggio, sulla sua epoca e sul suo mito. Rassegne dei principali studi sull’argomento
in Marco Severini, ‘The Disciplined Revolutionary: Garibaldi and his Myth’: a survey of bicentennial
publications in Italy, in «Journal of Modern Italian Studies», vol. 13, n. 4, 2008, pp. 532-535, e Id.,
Studi e ricerche su Garibaldi nella ricorrenza bicentenaria, in Le relazioni tra Stati Uniti e Italia nel
periodo di Roma capitale, a cura di Daniele Fiorentino e Matteo Sanfilippo, Roma, Gangemi, 2008,
pp. 167-185.
31 Sergio Anselmi, Ancona e la provincia nella crisi di fine secolo. I moti per il carovita, Urbino,
Argalia, 1969. Forti i riflessi dei moti sull’Anconetano: per il caso senigalliese si veda Roberto Giulianelli, Un eretico in Paradiso Ottorino Manni: anticlericalismo e anarchismo nella Senigallia del primo
Novecento, Pisa, Bfs, 2007, pp. 28-37.
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alla predicazione di un sacerdote di Monte San Pietrangeli che per la prima
volta reclama, anche per i cattolici, il diritto di partecipare alla vita politica e
per questo viene posto ai margini della Chiesa e scomunicato; Romolo Murri
trascorre i primi anni del Novecento proprio nel capoluogo dorico, protetto
fino al 1907 dal cardinal Achille Manara32.
Il riflesso di questi cambiamenti lo si vede anche nella deputazione anconetana che lungo l’intera età giolittiana viene rappresentata in Parlamento da tre
esponenti repubblicani: l’ex garibaldino e fervente mazziniano Giovanni Battista Bosdari, di famiglia comitale ragusea, denunciato e arrestato per attentato
alla sicurezza dello Stato, poi sindaco per pochi mesi nel 1876, è la voce che
nel 1898 si leva dalle colonne del «Lucifero» per denunciare la condizione di
estrema povertà di Ancona e appoggiare le rivolte popolari. Alla morte di Bosdari, avvenuta il 4 dicembre 1900, una consultazione suppletiva designa come
rappresentante alla Camera del capoluogo marchigiano il veneto Domenico
Barilari, combattente nella seconda guerra d’indipendenza e ferroviere, trasferitosi ad Ancona dove diventa un politico di professione, arrestato nel 1874 a
Villa Ruffi, particolarmente tenace nell’impegno politico nel quale concilia la
visione mazziniana e le convinzioni irredentistiche: Barilari è soprattutto il primo direttore del «Lucifero», il foglio storico della democrazia repubblicana e
dunque il leale avversario de «L’Ordine» di Giacomo Vettori; nel 1909 Ancona elegge Domenico Pacetti, un brillante avvocato che ha avuto come maestri
Saffi e Carducci e mantiene il seggio parlamentare fino al 1919.
Pacetti è massone, ma soprattutto appartiene alla corrente conservatrice e
nazionalista di un partito, il Pri, che si spacca di fronte al conflitto libico e vive la successiva lacerazione in maniera drammatica: al «Lucifero», affidato a
Pietro Nenni, un focoso romagnolo sceso nelle Marche per portare passione e
slancio rivoluzionari33, l’ala pacettiana contrappone un altro giornale «Il Vecchio Lucifero» per rimarcare il presunto tradimento dei valori originari. Figlio
di un capitano marittimo, a seguito della morte del padre e del dissesto del patrimonio familiare, a ventidue anni Pacetti diventa impiegato ferroviario per
sostenere la numerosa famiglia, poi si distingue come avvocato e docente di
scuola media e compie l’intero cursus politico-amministrativo (consigliere, assessore e, dal 1920 al 1922, sindaco); viene confermato alla Camera nel 1913,
pur avendo contro la maggioranza del partito e della direzione politica.
32 Un recente profilo biografico su Murri è proposto da Giuseppe Rossi in Id. (a cura di), Le città di
Romolo Murri, Fermo, Andrea Livi Editore, 2007, pp. 7-23; l’ultimo corposo volume sul personaggio
cui ha preso parte il suo maggiore studioso, Lorenzo Bedeschi (scomparso nel 2006), è Romolo Murri e
i murrismi in Italia e in Europa cent’anni dopo, a cura di Ilaria Biagioli, Alfonso Botti e Rocco Cerrato,
Urbino, QuattroVenti, 2004. Una recente rassegna storiografica in M. Severini, Alcuni studi recenti su
Romolo Murri, in «Ricerche di storia politica», 3, 2008, pp. 347-353.
33 Sul triennio marchigiano del futuro leader socialista rinvio a Marco Severini, Nenni il sovversivo.
L’esperienza a Jesi e nelle Marche (1912-1915), Venezia, Marsilio, 2007.
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marco severini
Ad Ancona scoppia la Settimana rossa che porta momenti di panico collettivo in tutta Italia in quel famoso giugno 1914, ma solo nelle Marche e
in Romagna il moto assume una valenza insurrezionale: nel paese isolato si
rincorrono allarmismi infondati e notizie clamorose come quelle dell’abdicazione del sovrano e della proclamazione della repubblica34.
Con la prima guerra mondiale la città subisce una nuova militarizzazione:
ripetutamente esposta ai bombardamenti della flotta, alle incursioni aeree e,
addirittura, nell’aprile 1918, anche ad una terrestre da parte degli austroungarici, Ancona diviene base di una flottiglia di sommergibili, sede di un
Comando marittimo di difesa e del comando VII Corpo d’Armata; protetta da una consistente squadra di idrovolanti, ospita lavori di potenziamento
portuale e assume, con il prolungarsi del conflitto, una importanza strategica
maggiore. Di fatto, la vita della città risulta subordinata alle esigenze militari,
l’attività politica si riduce al lumicino (la stessa sezione dorica del potente Sindacato ferrovieri chiude i battenti nel gennaio 1915, riapre nell’agosto 1916,
ma subisce nuovi e pesanti contraccolpi nel periodo successivo alla disfatta di
Caporetto) e in funzione della guerra vengono organizzati servizi sociali ed
assistenziali da parte dei gruppi patriottici e interventisti e dei ceti dirigenti35.
Il dopoguerra disegna anche ad Ancona scenari politici completamente
mutati: l’ostilità popolare alla guerra, l’antimilitarismo politico e rivoluzionario, i moti per il caroviveri e le nuove consultazioni popolari assestano un
colpo mortale al potere dei notabili36.
Pacetti si divincola bene nel mutato contesto e grazie a quel moderatismo
che non gli ha impedito di assumere decisioni controcorrente e discusse –
membro della Giunta delle elezioni, il 3 marzo 1916 dà a sorpresa il suo voto
in favore della convalida a deputato di Fano del liberale-moderato Ruggero
Mariotti, contrapposto al radico-massone Giovanni Ciraolo37 –, diventa nel
1920 sindaco di Ancona, rende omaggio nel 1922 alle camicie nere che hanno
preso possesso della città, si segnala nel 1923 tra gli scissionisti repubblicani
di destra38 e sostiene nel 1924 il listone governativo-fascista39.
34 Una ricostruzione degli eventi nelle Marche in La Settimana Rossa nelle Marche, a cura di
Gilberto Piccinini e Marco Severini, Ancona, Istituto per la storia del movimento democratico e repubblicano nelle Marche, 1996.
35 Marco Severini, L’Anconetano, in Le Marche e la Grande Guerra (1915-1918), cit., pp.
129-152.
36 Papini, Le Marche tra democrazia e fascismo, cit., pp. 13-106.
37 Marco Severini, Vita da deputato. Ruggero Mariotti 1853-1917, Venezia, Marsilio, 2000, pp.
94-97.
38 Nel gennaio 1923 nasce la Federazione repubblicana autonoma della Romagna e delle Marche,
scissione che mise a dura prova il Pri: Giovanni Conti politico, costituente, storico, a cura di Lidia
Pupilli, Ancona, il lavoro editoriale, 2010, pp. 28 sgg.
39 Sul listone si rinvia a Marco Severini, Il listone e le elezioni del 1924. Contributo per uno studio
sulla formazione della classe dirigente fascista, in «Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia», Universi-
i notabili, la città , il parlamento
379
Cavalca, dunque, esperienze politiche diverse, si mantiene ai vertici della
vita pubblica dorica per circa un ventennio, vanta appoggi e frequentazioni
trasversali: un autentico notabile, che però muore proprio nel 1924.
Se con l’avvento del regime un nuovo ceto politico si insedia ai vertici del
capoluogo, non pochi notabili dimostrano capacità di adattamento al nuovo
ordine di cose e si ritagliano posti di una certa responsabilità durante il ventennio.
Ma con questo si esula dai confini periodizzanti ricordati all’inizio della
trattazione e, del resto, manca ancora una storia delle Marche sotto il regime
fascista.
Un motivo in più per sperare, dalle ricerche già predisposte e dai progetti
in corso, nuova luce sul ruolo storico dei notabili.
tà di Macerata, XXVII, 1994, pp. 199-223; Id., Percorsi infranti. Studi sull’Italia del primo Novecento,
Ancona, affinità elettive, 2006, pp. 57-65; Alessandro Visani, La conquista della maggioranza. Mussolini il PNF e le elezioni del 1924, prefazione di Giovani Sabbatucci, Genova, Frilli, 2004.
Università di Macerata
Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia
XL-XLI 2007-2008
Direttore:
Comitato di redazione:
Comitato di lettura:
Gianfranco Paci
Roberto Mancini (coordinatore), Luciana Gentilli, Claudio
Micaelli, Michele Millozzi
Luigi Alici, Rosa Marisa Borraccini, Carla Danani, Luciana
Gentilli, Roberto Lambertini, Roberto Mancini, Laura
Melosi, Claudio Micaelli, Michele Millozzi
Sommario
Prima sezione: Archeologia
9 Silvia Maria Marengo, Lapide paleocristiana nel Palazzo Piersanti di Matelica; 17 Roberto Perna,
Attività della missione archeologica dell’Università degli Studi di Macerata ad Hadrianopolis e nella
valle del Drino (Albania). Relazione preliminare anno 2007.
Seconda sezione: Filologia e letterature classiche
39 Giuseppe Flammini, La strofe alcaica dopo Orazio; 61 Maria Chiara Paparelli, Un aspetto
strutturale della Consolatio boeziana: la collocazione del carme IX del III libro tra quadrivium e
geometrica medietas.
Terza sezione: Filosofia
107 Emilio De Dominicis, Il fine ultimo dell’uomo in Tommaso D’Aquino; 161 Michele Feliziani, La
filosofia spaziale del pensiero politico di Carl Schmitt; 179 Silvia Pierosara, Dalla genesi storica del
sé all’etica narrativa. Un confronto fra Charles Taylor e Paul Ricoeur.
Quarta sezione: Psicologia
211 Paola Nicolini, Tamara Lapucci, L’Università per la formazione. Il contributo della psicologia
nelle facoltà umanistiche.
Quinta sezione: Storia
235 Francesca Bartolacci, Tra terzieri, contrade e computer: riflessioni sulle modalità di ricostruzione
del tessuto urbano di Cingoli nel XIV secolo; 245 Monica Bocchetta, Un diario tra le pagine. La
raccolta libraria del magister e predicatore Giuseppe Paci da Sarnano OFMConv (1629-1697); 281
Donatella Fioretti, Chiesa, società e vita religiosa nell’Italia dell’Ottocento; 315 Paola Ciarlantini,
Storia e Mito nei libretti italiani d’opera seria tra il 1825 e il 1850; 357 Michele Millozzi, Il
“secondo” Novecento; 369 Marco Severini, I notabili, la città, il Parlamento; 381 Luana Montesi,
Risorse on line per la ricerca storica contemporanea.
eum > edizioni università di macerata