Dal 4 dicembre 2004 all`8 gennaio 2005

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Dal 4 dicembre 2004 all`8 gennaio 2005
COMUNICATO STAMPA
Testimonianze dal giacimento Margraf
Via Marmi, 3
36072 - Chiampo – (Vi)
sul Monte Avanza
tel. +39.0444.47.59.00
fax +39.0444.47.59.47
STORIE DI CAVE E
CAVATORI
In un volume ottant’anni di vita nella cava
di Fior di Pesco Carnico di Forni Avoltri
Ufficio Stampa
Studio Dal Cero
Comunicazione
Via Luxardo 32 int.5
35129 – Padova
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e-mail:
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Daniela Dal Cero
335.635 85 21
“Il lavoro in cava è molto duro e, purtroppo, anche poco considerato.
Perciò trovo molto importante la realizzazione di questo libro che ricorda
tutte le persone di Forni Avoltri che hanno sofferto e faticato,
anche insieme alle loro famiglie, in questa e in altre cave della MARGRAF„
(Massimo Romanin, attuale responsabile cava – pag. 106)
Quelle venature avorio così straordinariamente originali su tonalità che
variano dal grigio, al rosa, al bianco non si possono dimenticare. Non le può
scordare chi ancora oggi si trova di fronte alle imponenti opere ricavate dal
Fior di Pesco Carnico, ma soprattutto rimarranno indelebili nella mente di
chi dagli anni Venti ad oggi ha messo piede nella cava in località Pierabech
di Forni Avoltri, in provincia di Udine, per estrarre quei blocchi così
preziosi di marmo marchiato Margraf. Quasi una miniera d’oro scoperta
nel lontano 1923 dall’ “illuminato” ragionier Rinaldo Colledan che per
primo comprese la potenzialità del sito posto in località Pierabech, ad est
del monte Avanza. Qualche anno dopo, precisamente nel 1927, ci pensò
l’Industria Marmi Vicentini – attuale Margraf di Chiampo (Vi) – a
continuare, assieme allo scopritore, l’attività di estrazione di una qualità di
marmo unica al mondo. Ancora oggi la società con alle spalle oltre cento
anni di vita possiede in esclusiva la concessione dei diritti di escavo della
cava di Fior di Pesco Carnico.
Come sottolinea Carlo Montani, de Il sole 24 Ore Divisione Pietre naturali,
il patrimonio compreso nel massiccio di Pierabech «nella sua lunga storia
ha prodotto 250 mila tonnellate di materiale grezzo, al netto degli sfridi, con
una resa lorda nell’ordine dei quattro milioni di metri quadrati (allo
spessore convenzionale di 2 centimetri) ed ha comportato investimenti
finalizzati ad implementare costantemente produttività e sicurezza, come si
conviene ad un settore avanzato, che nel periodo in questione ha visto
crescere di almeno venti volte, in Italia, il volume estratto pro-capite».
Margraf nel corso dei decenni, pur migliorando costantemente in tecnologia
e sicurezza del lavoro, ha sempre rispettato la montagna e l’equilibrio
ambientale. Pur aumentando la domanda, l’azienda della Valchiampo, ha
sempre anteposto il rispetto del giacimento e dell’ambiente circostante alle
tentazioni di un’escavazione massiva. Un principio che accomuna tutti i
giacimenti Margraf e che qui, a Forni Avoltri, ha un ulteriore significato:
preservare i caratteri geologici originali che fanno del Fior di Pesco
Carnico un armonico insieme cromatico introvabile nel resto del mondo.
Dalle strade della provincia di Udine i blocchi hanno preso la via
dell’America e dell’Oriente, i mercati emergenti. Il lavoro oggi continua
grazie ai sei operatori che controllano e implementano i macchinari, arrivati
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nel corso delle stagioni, ad aiutare il cavatore e a rendere meno pesante e
più sicure le complesse fasi.
La fatica, la gioia provata nel momento di riuscita della “varata” (quando si
fa brillare l’esplosivo posto in alcuni fori fatti appositamente nella roccia
per staccarne la materia), il dolore per chi ha perso la vita all’interno della
cava ora hanno voce: vivono in STORIE DI CAVE E CAVATORI, il
volume di testimonianze a cura di Novella Del Fabbro e Tullio Ceconi,
realizzato con il contributo di Margraf, con il patrocinio della Regione
Autonoma Friuli Venezia Giulia, della Provincia di Udine, del Comune di
Forni Avoltri, della Fondazione Crup, della Società Filologica Friulana,
della Comunità Montana della Carnia.
In 160 pagine trovano spazio racconti del vissuto di chi ha lavorato in cava,
fotografie, passaggi storici, nonché delucidazioni scientifiche
sull’originalità del Fior di Pesco Carnico e i passaggi tecnici dall’estrazione
al trasporto.
Doppia la valenza del libro: dare un volto e un nome a chi ha dato la
possibilità a Margraf di far conoscere nel mondo tale marmo e celebrare la
“grandezza” di un prodotto regalato dalla natura. Tra le pieghe delle
testimonianze, si legge l’importanza di un giacimento di tale portata a Forni
Avoltri. Molti dei lavoratori che hanno partecipato alla stesura, nel
raccontarsi non dimenticano di osservare come la scoperta della cava abbia
dato ossigeno ad una zona che sembrava non offrire nessuna possibilità
d’impiego. Il tesoro custodito nel ventre dell’Avanza ha fatto fiorire
l’economia locale di Forni Avoltri, ridando speranza ai numerosi
uomini e donne che hanno trovato lavoro, riuscendo ad evitare
l’espatrio. Emergono, così, figure “storiche” che hanno lasciato il segno.
Cuoche succedutesi negli anni, addetti che, anche a distanza di decenni,
sono in grado di trasmettere le loro emozioni al lettore. In tutto si sono
succeduti 150 dipendenti.
Si ritrovano, inoltre, le quattro tragedie che hanno segnato tutta la comunità.
L’opera vuole essere un tributo a FRANCESCO CECONI, sorpreso nel
1936, a soli 26 anni, da un sasso vagante rimbalzato dopo un’esplosione,
prima vittima della cava. A MARIO ROMANIN, il ventiquattrenne che nel
1945 rimase schiacciato sotto un masso. A ETTORE D’AGARO di 32 anni
che nel 1959 morì in un drammatico incidente lavorativo. Ad ANGELO
EDER, il ventiseienne che nel 1988 precipitò con la ruspa che stava
manovrando. «Nei loro confronti – scrive Carlo Montani – permane un
debito incancellabile, ma che si vuole continuare a riconoscere, e per quanto
possibile, onorare».
Ora che le mine continuano ad esplodere e il Fior di Pesco Carnico è ancora
il vanto della Margraf, in tanti sentono l’esigenza di fare un passo indietro
per ritrovare le origini.
Estratto da pagina 46: «La prima notizia da cui si evince una relazione con
la cava di Pierabech, proviene da una lettera che Rinaldo Colledan scriveva
ad un cliente e riguardava l’erezione del monumento ai Caduti a
Comeglians, per iniziativa di un comitato promotore, la cui realizzazione
era stata affidata ad un artista di Venezia: il pittore scultore Italo Bondi.
L’artista non era convinto dei tipi di marmo esaminati e nel proporne altri,
Rinaldo Colledan, per inciso, scrive testualmente: “… il cimitero di Forni
Avoltri é una superba raccolta di marmi. Ve ne sono tre qualità
semplicemente meravigliose... Io me ne sono interessato, si trovano nel rio
sopra Forni e gli scalpellini utilizzano i massi discreti e i giacimenti si
dovrebbero trovare un po’ più in su…”. Così inizia il lungo, tenace e
appassionato lavoro, affrontando e superando difficoltà di tipo logistico,
ambientale e tecnico, fino ad arrivare all’estrazione del Fior di Pesco
Carnico, del Cipollino Rosso Antico Carnico, del Nero Carnico, del
Madreperla delle Alpi, del Conglomerato Carnico. Rinaldo Colledan
capisce che il giacimento è molto consistente. Inizia allora il lavoro per
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accertare le potenzialità; esegue la prova per stabilire la qualità e la
lavorabilità; inizia lo studio per verificare la convenienza dello
sfruttamento. L’impegno é ininterrotto, prudente, lungo e costoso. I contatti
con la proprietà, con il Comune di Forni Avoltri, con il Consorzio Boschi
Carnici, con il Corpo Reale delle Miniere di Padova scandiscono il
cammino che via, via, permettono di arrivare all’estrazione e vendita dei
primi blocchi. Fino a tutto il 1927 Rinaldo Colledan gestisce da solo la
cava; alla fine del 1927 si associa con l’Industria Marmi Vicentini di
Chiampo, ma rimane responsabile e dirigente della cava». La gestione
totale verrà ceduta nel 1935.
Se Margraf possiede tutt’ora i diritti di estrazione dalla cava, molte sono le
ragioni. Già citate quelle inerenti il rispetto ambientale, ma altrettanta
importanza ha avuto il rapporto con i lavoratori.
Certamente l’intuito e la competenza della società vicentina si sono rivelate
armi indispensabili per la diffusione a livello mondiale di tale marmo. Se
Colledan si era accorto del valore di quelle striature che facevano del Fior
di Pesco Carnico una “pietra raffinata”, Marmi Vicentini (oggi Margraf)
riuscì a determinare il grado di resistenza elevata alle basse temperature ed
individuare l’utilizzo appropriato : in monumenti ed edifici rilevanti per
l’umanità. «Si pensi - spiega Montani - al suo impiego nella Stazione
centrale di Firenze, realizzata negli anni trenta dal genio di Michelucci,
tuttora esemplare anche dal punto di vista dell’idoneità ad impegnativi
impieghi esterni; o al celebre Winter Garden di Nuova York,
Realizzato in tempi più recenti dalla vivace fantasia progettuale di Cesar
Pelli. Sono due esempi, fra i tanti che arricchiscono la documentazione
iconografica del volume, e che dimostrano, senza eccezioni, la fantastica
versatilità espressiva del Fior di Pesco Carnico, e la sua idoneità a farsi,
come avrebbe detto il Poeta, “sostanza delle forme eterne”».
L’ultimo capitolo è dedicato alle opere in cui è presente il marmo di
Pierabech di Forni Avoltri. Una “miniera” ancora ricca.
Con gentile preghiera di diffusione
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