Parere n. 163 – Interventi in area a rischio idrogeologico

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Parere n. 163 – Interventi in area a rischio idrogeologico
Parere n. 163 – Interventi in area a rischio idrogeologico. Variante al P.R.G.
Il quesito posto attiene alla assentibilità di un impianto idroelettrico; in particolare il
Comune richiedente riferisce che è stata presentata domanda di permesso di costruire
per la riattivazione del salto idrico già in passato sfruttato da una carderia, ipotizzando
due diverse ed alternative soluzioni progettuali, che si differenziano in sostanza per il
posizionamento della turbina-generatore.
Premesso che i terreni oggetto dei richiesti interventi rientrano secondo le cartografie
del PAI nella zona I – Area a rischio idrogeologico molto elevato (RME), che il Comune
non ha ancora proceduto al perfezionamento della Variante di adeguamento del proprio
P.R.G. al PAI e che detti terreni rientrano in forza del P.R.G. vigente in parte in zona E
(agricola) ed in parte in area C8 (residenziale-artigianale), si richiede parere in ordine ai
seguenti aspetti:
- se sia legittimo il rilascio di un Permesso di costruire un impianto idroelettrico
in area RME;
- se detto Permesso di costruire sia rilasciabile anche in assenza di adeguamento
del P.R.G. al PAI;
- se le due ipotesi progettuali proposte siano compatibili con la pianificazione
comunale e di bacino.
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Prima di venire alla specifica considerazione dei quesiti proposti, occorre ricordare che questo
Servizio si è già espresso in diverse occasioni in merito a problematiche attinenti gli impianti
relativi a fonti rinnovabili di energia: la materia è di attualità, posto che l’installazione di tali
impianti risulta interessare un numero sempre maggiore di utenti. Conseguentemente, aumentano
le istanze rivolte agli enti competenti al rilascio del titolo abilitativo tese ad ottenere chiarimenti
in ordine al procedimento da seguire.
Si richiamano, in particolare, i pareri n. 116/2009, 122/2009 e 135/2009 che hanno oggetti
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diversi, ma comunque attinenti la medesima materia, e possono essere utili per un quadro
completo delle varie problematiche emerse sul campo.
Nel caso specifico, si ritiene di dover enunciare quanto segue.
Venendo a considerare i primi due aspetti critici proposti occorre rilevare che, come noto, la
normativa del Piano Stralcio per l'Assetto Idrogeologico prevede che i Comuni, in sede di
formazione e adozione degli strumenti urbanistici generali e loro varianti, sono tenuti a
conformare le loro previsioni alle delimitazioni e alle relative disposizioni normative, sulla base
di una verifica di compatibilità idraulica e idrogeologica delle previsioni contenute negli
strumenti urbanistici vigenti con le condizioni presenti o potenziali rilevate anche nella
cartografia del PAI.
Nella Regione Piemonte questo processo è stato regolato dalle DGR n. 31-3749 del 6 agosto
2001, n. 45-6656 del 15 luglio 2002, n. 1-8753 del 18 marzo 2003.
La delibera del Comitato Istituzionale dell’Autorità di Bacino del Po n. 18 del 26 aprile 2001,
come modificata dalla delibera C.I. n. 6 del 25 febbraio 2003, statuisce quanto segue:
""Per le aree in dissesto non rientranti tra quelle di cui al precedente articolo 4 le
Regioni, entro il 31 dicembre 2003, trasmettono all’Autorità di bacino eventuali proposte di
aggiornamento dell’Elaborato n. 2 del PAI (“Atlante dei rischi idraulici e idrogeologici –
Inventario dei centri abitati montani esposti a pericolo”), risultanti dalle varianti di
adeguamento adottate dai Comuni ai sensi dell’art. 18, commi 2 e 3 delle Norme Tecniche di
Attuazione del PAI medesimo.
I Comuni che adottino le varianti di adeguamento di cui al comma precedente sono
tenuti alla pubblicazione dei relativi atti di adozione mediante affissione degli stessi all’Albo
Pretorio.
Fino alla data di pubblicazione dell’atto di adozione della variante ai sensi del
comma precedente, nelle aree di cui al primo comma non possono essere rilasciate
concessioni, autorizzazioni, nullaosta o atti equivalenti, relativi ad attività di trasformazione
ed uso del territorio, in assenza di una previa documentata valutazione della compatibilità
dell’intervento con le condizioni di dissesto, effettuata a cura del richiedente, sulla base di
idonea documentazione tecnica. Di tale valutazione terrà conto il Comune competente in sede
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di rilascio dei provvedimento suddetti, in modo da garantire la sicurezza dei singoli interventi
edilizi ed infrastrutturali e il non aggravio del dissesto idrogeologico e del rischio presente.
Del rilascio di detti provvedimenti il Comune dà altresì comunicazione alla Regione.
Dalla data del 1° ottobre 2003, i Comuni che non abbiano provveduto alla
pubblicazione dell’atto di adozione delle varianti di adeguamento di cui al primo comma
sono comunque tenuti a rispettare le prescrizioni di cui all’art.9 delle Norme Tecniche di
Attuazione."".
E’ utile rilevare che la DGR n. 1-8753 del 18 marzo 2003 riporta la sopra indicata modifica
apportata dal Comitato Istituzionale nella seduta del 25.2.2003 e tra il resto delibera al punto
11 “”di precisare che sulle aree in dissesto (…) comprese le aree a rischio molto
elevato(RME), si applicano le relative prescrizioni del PAI fino all’approvazione della
variante di adeguamento del piano regolatore allo stesso PAI.””.
Ne consegue quindi che deve essere fatta applicazione dell’art. 9 (per le aree in dissesto) e
dell’art. 50 (per le aree RME) delle Norme di Attuazione del PAI.
L’art. 9 delle NdA del PAI, in particolare, classifica le aree interessate da fenomeni di dissesto
idrogeologico secondo le loro caratteristiche morfologiche e la loro pericolosità ed in
particolare identifica tra quelle soggette a ““esondazioni e dissesti morfologici di carattere
torrentizio lungo le aste dei corsi d’acqua”” le “”aree coinvolgibili dai fenomeni con
pericolosità molto elevata”” (Ee); all’art. 9 comma 5 si elencano i soli interventi realizzabili in
tali aree:
““Fatto salvo quanto previsto dall’art. 3 ter del D.L. 12 ottobre 2000, n. 279,
convertito in L. 11 dicembre 2000, n. 365, nelle aree Ee sono esclusivamente consentiti:
- gli interventi di demolizione senza ricostruzione;
- gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di restauro e di
risanamento conservativo degli edifici, così come definiti alle lettere a), b) e c) dell’art. 31
della L. 5 agosto 1978, n. 457;
- gli interventi volti a mitigare la vulnerabilità degli edifici e degli impianti esistenti
e a migliorare la tutela della pubblica incolumità, senza aumenti di superficie e volume, senza
cambiamenti di destinazione d’uso che comportino aumento del carico insediativo;
- gli interventi necessari per la manutenzione ordinaria e straordinaria di opere
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pubbliche e di interesse pubblico e di restauro e di risanamento conservativo di beni di
interesse culturale, compatibili con la normativa di tutela;
- i cambiamenti delle destinazioni colturali, purché non interessanti una fascia di
ampiezza di 4 m dal ciglio della sponda ai sensi del R.D. 523/1904;
- gli interventi volti alla ricostituzione degli equilibri naturali alterati e alla
eliminazione, per quanto possibile, dei fattori incompatibili di interferenza antropica;
- le opere di difesa, di sistemazione idraulica e di monitoraggio dei fenomeni;
- la ristrutturazione e la realizzazione di infrastrutture lineari e a rete riferite a
servizi pubblici essenziali non altrimenti localizzabili e relativi impianti, previo studio di
compatibilità dell’intervento con lo stato di dissesto esistente validato dall'Autorità
competente. Gli interventi devono comunque garantire la sicurezza dell’esercizio delle
funzioni per cui sono destinati, tenuto conto delle condizioni idrauliche presenti;
- l’ampliamento o la ristrutturazione degli impianti di trattamento delle acque
reflue;
- l’esercizio delle operazioni di smaltimento e recupero dei rifiuti già autorizzate ai
sensi del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (o per le quali sia stata presentata comunicazione di
inizio attività, nel rispetto delle norme tecniche e dei requisiti specificati all’art. 31 dello
stesso D.Lgs. 22/1997) alla data di entrata in vigore del Piano, limitatamente alla durata
dell’autorizzazione stessa. Tale autorizzazione può essere rinnovata fino ad esaurimento
della capacità residua derivante dalla autorizzazione originaria per le discariche e fino al
termine della vita tecnica per gli impianti a tecnologia complessa, previo studio di
compatibilità validato dall'Autorità competente. Alla scadenza devono essere effettuate le
operazioni di messa in sicurezza e ripristino del sito, così come definite all’art. 6 del suddetto
decreto legislativo””.
Va precisato che nelle aree soggette ad esondazione ma caratterizzate da minore pericolosità
rispetto alle “Ee” – denominate “Eb” ed “Em” – i commi 6 e 6-bis dell’art. 9 consentono di
realizzare interventi ulteriori rispetto a quelli indicati dall’art. 9 comma 5 per le aree “Ee”.
L’art. 50 delle Norme di Attuazione del PAI disciplina poi le possibilità edificatorie relative
alle aree RME ubicate in territorio collinare o montano e prevede unicamente la realizzazione
dei seguenti interventi:
““- gli interventi di demolizione senza ricostruzione;
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- gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro, risanamento
conservativo, così come definiti alle lettere a), b), c) dell’art. 31 della L. 5 agosto 1978, n.
457, senza aumenti di superficie e volume, salvo gli adeguamenti necessari per il rispetto
delle norme di legge;
- le azioni volte a mitigare la vulnerabilità degli edifici e degli impianti esistenti e a
migliorare la tutela della pubblica incolumità con riferimento alle caratteristiche del
fenomeno atteso. Le sole opere consentite sono quelle rivolte al consolidamento statico
dell’edificio o alla protezione dello stesso;
- gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria relativi alle reti
infrastrutturali;
- gli interventi volti alla tutela e alla salvaguardia degli edifici e dei manufatti
vincolati ai sensi del D.Lgs. 29 ottobre 1999 n. 490 e successive modifiche e integrazioni,
nonché di quelli di valore storico-culturale così classificati in strumenti di pianificazione
urbanistica e territoriale vigenti;
- gli interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico e idraulico presente e per
il monitoraggio dei fenomeni;
- la ristrutturazione e la realizzazione di infrastrutture lineari e a rete riferite a
servizi pubblici essenziali non altrimenti localizzabili, previo studio di compatibilità
dell’intervento con lo stato di dissesto esistente validato dall'Autorità competente. Gli
interventi devono comunque garantire la sicurezza dell’esercizio delle funzioni per cui sono
destinati, tenuto conto delle stato di dissesto in essere””.
Così configurandosi la disciplina delle aree soggette a dissesto idrogeologico ed in particolare
delle aree RME in assenza di adeguamento della strumentazione urbanistica comunale al PAI
e sulla base di tale disciplina soltanto, l’assentibilità della realizzazione di un impianto
idroelettrico in tali aree apparirebbe veramente dubbia; un intervento siffatto sembra invero
difficilmente riconducibile alle tipologie di interventi elencati, in via tassativa, dall’art. 9,
comma 5, e dall’art. 50 delle Norme di Attuazione del PAI.
Occorre però dare conto di una recente determinazione assunta dal Comitato Istituzionale
dell’Autorità di Bacino del Po (delibera n. 10/2009 assunta nella seduta del 22.7.2009) che ha
testualmente ad oggetto la “”Compatibilità delle istanze di concessione di derivazione d'acqua
pubblica per uso idroelettrico corredate da progetti di opere da realizzarsi in aree individuate e
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classificate dal "Piano stralcio per l'Assetto Idrogeologico del bacino del fiume Po" (PAI)
come "aree in dissesto" o "aree a rischio idrogeologico molto elevato" e sottoposte a vincoli
dalle Norme di Attuazione di tale Piano stralcio””.
Nella premessa – ampia ed articolata – di tale delibera si enunciano tra il resto le seguenti
considerazioni:
““- tra le aree suddette il PAI ha individuato e delimitato cartograficamente,
nell'ambito dei propri elaborati, sia quelle caratterizzate da fenomeni di dissesto idraulico ed
idrogeologico (per la parte collinare e montana del bacino), sia quelle caratterizzate dalla
presenza di rischio idrogeologico elevato e molto elevato (presenti sia nella parte collinare e
montana, sia nell'ambito della rete idrografica di pianura e nei fondovalle);
- con riferimento a tali aree, le NA del PAI hanno previsto una regolamentazione
degli usi del suolo che comporta l'adozione di disposizioni normative (dichiarate di efficacia
immediatamente vincolante ai sensi dell'art. 17, comma 5 della legge n. 183/1989)
specificamente finalizzate a limitare, per tali aree, le attività di trasformazione ed uso del
suolo;
- tra le suddette disposizioni di vincolo assumono rilievo quelle stabilite dagli articoli
9 (Limitazioni alle attività di trasformazione e d'uso del suolo derivanti dalle condizioni di
dissesto idraulico e idrogeologico) e 50 (limitazioni inerenti alle aree a rischio molto elevato
in ambiente collinare e montano) delle citate NA;
- in particolare, l'articolo 9 stabilisce che nelle aree interessate da fenomeni di
dissesto a pericolosità molto elevata ed elevata di cui ai commi 2, 3, 5, 6, 7 e 8 sono
consentite solamente determinate tipologie di interventi, tra i quali figura la ristrutturazione e
la realizzazione di infrastrutture lineari e a rete riferite a servizi pubblici essenziali non
altrimenti localizzabili e relativi impianti, previo studio di compatibilità dell’intervento con lo
stato di dissesto esistente validato dall’Autorità competente. La norma aggiunge che gli
interventi devono comunque garantire la sicurezza dell'esercizio delle funzioni per cui sono
destinati, tenuto conto (a secondo della tipologia di fenomeno) dello stato di dissesto in essere
o delle condizioni idrauliche presenti;
- analogamente l'art. 50 NA, ai commi 1 e 3, prevede che la suddetta ristrutturazione
e realizzazione di infrastrutture lineari e a rete riferite a servizi pubblici essenziali non
altrimenti localizzabili e relativi impianti sia ammissibile anche nelle porzioni di territorio
collinare e montano a rischio idrogeologico molto elevato contrassegnate come Zona 1 e Zona
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2 (sempre previo studio di compatibilità dell'intervento con lo stato di dissesto esistente
validato dall'Autorità competente e sempre che l'intervento garantisca comunque la sicurezza
dell'esercizio delle funzioni per cui sono destinati, tenuto conto dello stato di dissesto in
essere); (…)
- negli ultimi tempi, a seguito dell'esame di un certo numero di domande, presentate
alle Pubbliche Amministrazioni competenti, per concessioni di derivazione d'acqua finalizzate
alla produzione di energia elettrica accompagnate da progetti di massima delle opere
necessarie a tale derivazione, è emerso che le opere così progettate sarebbero destinate ad
essere realizzate in aree classificate dagli elaborati del PAI come aree Fa, Fq, Ee, Eb, Ca e Cb,
oltre che come Zona 1 e Zona 2;
- a seguito di tale accertamento, le Amministrazioni competenti al rilascio dei
provvedimenti necessari per la realizzazione delle opere di derivazione e per l'esercizio
dell'attività di produzione di energia idroelettrica si sono rivolte a questa Autorità
sottoponendo ad essa un quesito interpretativo volto a di chiarire se tali opere possano o meno
essere ricondotte alla fattispecie delle infrastrutture lineari e a rete riferite a servizi pubblici
essenziali non altrimenti localizzabili ed ai relativi impianti, di cui agli artt. 9 e 50 delle NA
del PAI e se, pertanto, esse debbano considerarsi ammissibili (previo accertamento della
sussistenza di tutti gli ulteriori requisiti richiesti dalle norme di vincolo sopra citate) anche
con riferimento alle aree in esame;
- i quesiti proposti, in particolare, vertono sulla riconducibilità dell'attività di
produzione di energia idroelettrica alla fattispecie più generale del "servizio pubblico
essenziale", sul fatto che le opere necessarie per la derivazione dell'acqua da un corpo idrico
superficiale a fini di produzione di energia elettrica (con particolare riguardo alle traverse)
possono essere equiparate alle "infrastrutture lineari e a rete non altrimenti localizzabili" ai
sensi delle NA del PAI e, infine, sull’accertamento delle soluzioni e dei requisiti tecnici (e
delle relative verifiche, da eseguire in sede di procedimento di rilascio dei provvedimenti di
autorizzazione) che, qualora venga accertata l’ammissibilità della realizzazione di opere di
derivazione nelle suddette aree in dissesto, dovranno in ogni caso venire posti in essere, al
fine di garantire che le singole opere di derivazione non incrementino in alcun modo le
condizioni di criticità (pericolosità e/o rischio) rilevate dal PAI con riferimento alle aree in
dissesto su cui le opere medesime sono destinate ad insistere; (…)
- sul problema relativo alla natura di servizio pubblico essenziale dell'attività di
produzione dell'energia elettrica, questa Autorità aveva già richiesto un parere
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dell’Avvocatura Generale dello Stato (…) nel febbraio 2007, l'Avvocatura si è espressa in
senso favorevole a qualificare la produzione di energia elettrica come servizio pubblico
essenziale, sostenendo che per stabilire se un'attività rientri o meno del novero dei servizi
pubblici essenziali occorre fare riferimento alla definizione generale di cui al comma 1 dell'art
1 della legge 12 giugno 1990 n. 146, in base al quale sono considerate alla stregua di servizi
pubblici essenziali quelle attività volte a garantire il godimento dei diritti della persona
costituzionalmente tutelati, con riguardo, in particolare, alla vita, alla salute, alla libertà ed
alla sicurezza della persona, dell’ambiente e del patrimonio storico-artistico. In particolare,
l’Avvocatura ha osservato che “”non può non rilevarsi che anche ai fini dell'erogazione
dell'energia elettrica sono indispensabili tutte le attività propedeutiche di produzione,
trasmissione e distribuzione che sono dunque necessariamente da ricomprendere nella
definizione di servizio pubblico essenziale”". L'Avvocatura ha concluso che “”si ritiene
pertanto che l'attività dì produzione dell'energia elettrica possa rappresentare un servizio
pubblico essenziale ai fini dell'applicazione degli artt. 9, comma 5 e 38 delle norme di
attuazione del PAI.””; (…)
- allo scopo di consentire un'applicazione il più possibile uniforme delle disposizioni
del PAI in tutto l'ambito territoriale di riferimento di tale piano stralcio e di agevolare le
Pubbliche Amministrazioni, competenti allo svolgimento del suddetto procedimento unico ed
all'adozione dei provvedimenti conclusivi dello stesso, nelle valutazioni necessarie al fine di
stabilire la compatibilità delle istanze di derivazione finalizzate alla produzione di energia
idroelettrica con le Norme di Attuazione del PAI, con particolare riguardo a quelle relative
alle aree in dissesto e a rischio idrogeologico molto elevato richiamate in precedenza, questo
Comitato Istituzionale ritiene quindi opportuno adottare una specifica interpretazione delle
norme, per assicurare un'applicazione delle stesse coerente con le finalità del Piano ed il più
possibile omogenea su scala di bacino, tenendo altresì conto dei rilevanti interessi pubblici
che la produzione di energia elettrica è rivolta a soddisfare e della necessità di pervenire a
quell'equo ed imparziale contemperamento di tutti gli interessi in gioco che costituisce uno
dei fini principali di tutta l'attività amministrativa pubblica””.
Conseguentemente, il Comitato Istituzionale assume la seguente “”DELIBERA
ARTICOLO 1
l. Le opere finalizzate alla produzione di energia idroelettrica possono essere
ricomprese nelle fattispecie di cui agli artt. 9, comma 5, 38 e 50 delle Norme di Attuazione
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del PAI.
2. Si dà mandato al Comitato Tecnico di predisporre una specifica Direttiva tecnica
per la valutazione della compatibilità degli interventi rispetto alle condizioni di dissesto
esistenti e per la valutazione delle possibili alternative di localizzazione degli impianti
stessi””.
Con riferimento ai primi due quesiti formulati, si può dunque segnalare che, a seguito della
delibera n. 10/2009 assunta dal Comitato Istituzionale dell’Autorità di Bacino del Po nella seduta
del 22.7.2009, le opere finalizzate alla produzione di energia idroelettrica, in quanto ricomprese
nelle fattispecie di cui all’art. 9, comma 5, ed all’art. 50 delle Norme di Attuazione del PAI,
possono essere realizzate nelle aree in dissesto e nelle aree RME.
Quanto sopra indicato vale proprio in assenza di adeguamento del P.R.G. al PAI: come afferma
la DGR n. 1-8753 del 18 marzo 2003 al punto 11: “”… sulle aree in dissesto (…) comprese le
aree a rischio molto elevato(RME), si applicano le relative prescrizioni del PAI fino
all’approvazione della variante di adeguamento del piano regolatore allo stesso PAI.””.
Non pare che la parziale diversità dei due interventi progettati sia rilevante ai fini della loro
assentibilità: in forza della citata delibera n. 10/2009 del Comitato Istituzionale, infatti, essi
vanno comunque ricondotti a “”la ristrutturazione e la realizzazione di infrastrutture lineari e a
rete riferite a servizi pubblici essenziali non altrimenti localizzabili e relativi impianti, previo
studio di compatibilità dell’intervento con lo stato di dissesto esistente validato dall’Autorità
competente””.
In ordine al terzo quesito, non è possibile e congruo rendere oggetto della presente consulenza il
giudizio circa la conformità o meno, al vigente P.R.G. dello specifico Comune richiedente, degli
interventi progettati; può invece essere utile formulare alcune precisazioni in ordine alla
- legittimità della realizzazione di impianti idroelettrici nelle zone agricole;
- assentibilità della realizzazione di impianti idroelettrici che presentino difformità
rispetto al Piano Regolatore comunale.
Quanto al fatto che i terreni sui quali verrebbe installato l’impianto sono classificati come “aree
agricole”, l’art. 12, comma 7, del D.lgs. 387/03 così dispone: “gli impianti di produzione di
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energia elettrica, di cui all’articolo 2, comma 1, lettere b) e c), possono essere ubicati anche in
zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici. Nell’ubicazione si dovrà tenere conto
delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla
valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del
patrimonio culturale e del paesaggio rurale di cui alla legge 5 marzo 2001, n. 57, articoli 7 e 8,
nonché del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, articolo 14”.
In linea generale, dunque, gli impianti possono sempre essere installati anche in zona agricola,
senza che sia necessario prevedere preventivamente tale localizzazione a livello di strumento
urbanistico. Consegue che, laddove il Comune nulla preveda in tema di installazione di impianti
alimentati da fonti rinnovabili, la loro localizzazione in area agricola è sempre legittima e
consentita.
Inoltre, dal tenore del quesito pare che il soggetto richiedente abbia presentato domanda
unicamente con riferimento al Permesso di costruire, e non abbia invece azionato lo speciale
procedimento autorizzatorio previsto e disciplinato dall’art. 12 D.Lgs. 387/03.
La procedura delineata da questa norma è caratterizzata da un procedimento unico che si svolge
in conferenza di servizi e che si conclude con il rilascio di una “autorizzazione unica”.
Il soggetto competente alla convocazione della conferenza di servizi, al coordinamento dei
relativi lavori ed al rilascio del provvedimento finale è la Regione che, però, può delegare detta
funzione alla Provincia; in Piemonte, il procedimento è di competenza della Provincia a cui tale
delega è stata effettivamente affidata dalla legge regionale.
La conferenza di servizi viene svolta nel contraddittorio delle sole Amministrazioni che hanno
poteri di controllo sull’impianto, ossia di quei soggetti che, anteriormente all’entrata in vigore
del d. lgs. 387/2003, avrebbero dovuto rilasciare un’autorizzazione; il procedimento è regolato
dalle norme procedurali contenute nella L. 241/90, in particolare dalle prescrizioni che
disciplinano la conferenza di servizi.
Nell’ambito del procedimento unico viene svolta, ove necessaria, anche la verifica di conformità
dell’impianto alla disciplina urbanistico – edilizia. L’autorizzazione unica, dunque, esenta dal
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richiedere il rilascio del titolo abilitativo edilizio.
Dal momento che la verifica sulla compatibilità urbanistica viene svolta nell’ambito della
conferenza di servizi, l’autorizzazione unica di cui all’art. 12 d. lgs. 387/2003 sostituisce il titolo
abilitativo edilizio. Ciò conseguentemente comporta che l’atto conclusivo del procedimento
debba, comunque, contenere esso stesso il termine di inizio e di fine lavori e l’eventuale
indicazione dell’importo del contributo di costruzione, laddove necessario (si ricorda, infatti, che
quest’ultimo non è più richiesto per gli impianti che producono energia da fonti rinnovabili in
base all’art. 17 co. II lett. e DPR 380/2001, mentre è ancora dovuto per gli impianti ibridi per la
sola parte non alimentata da fonti rinnovabili).
Si noti che la previsione dell’autorizzazione unica ex art. 12 D.Lgs. 387/03 – conseguente ad un
procedimento semplificato ed unitario – può conferire alla ordinaria procedura di cui al DPR
380/2001, cioè al procedimento edilizio che si aggiunge all’attività della conferenza, un carattere
di “indebito aggravamento” del procedimento, vietato dalla medesima L. 241/90.
In tale senso si è, del resto, anche pronunciata in più occasioni la giurisprudenza:
- “Ai sensi dell'art. 12 d.lg. 29 dicembre 2003, n. 387, la costruzione e l'esercizio
degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi
di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla
normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla
costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, è soggetta ad un'autorizzazione unica,
rilasciata dalla regione o altro soggetto istituzionale delegato dalla regione, nel rispetto delle
normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio
storico-artistico e a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano tutte le
amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le
modalità stabilite dalla l. 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni; in
tal senso, ogni atto amministrativo inerente alla costruzione e all'esercizio dei detti impianti
ovvero alle opere ad esso connesse ed alle infrastrutture indispensabili, qualunque sia
l'autorità amministrativa ordinariamente competente, è sostituito ex lege dall'autorizzazione
unica rilasciata dalla regione o dall'autorità da questa eventualmente delegata” (Trib. S.
Maria Capua Vetere, sez. II, sent. 3.04.2007);
- “In caso di d.i.a. per il conseguimento del titolo sotto il profilo urbanistico per la
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realizzazione di un impianto fotovoltaico e della recinzione delimitante l'ambito interessato
dalla struttura, è legittimo il provvedimento con il quale il Comune oppone il diniego,
ostativo alla realizzazione delle opere denunciate, dichiarando la propria incompetenza a
rilasciare l'autorizzazione richiesta, in quanto detta competenza appartiene, in base al
disposto dell'art. 12 d.lg. n. 387 del 2003, alla regione” (TAR Veneto, sez. II, sent.
874/2006).
Si segnala infine che una rilevante modifica normativa introdotta dalla L. 244/2007 (cd.
Finanziaria 2008), ha innovato il co. III dell’art. 12 D.Lgs. 387/03 prevedendo, diversamente dal
testo originario, che il rilascio dell’autorizzazione unica costituisce variante al PRGC le cui
prescrizioni siano incompatibili con l’installazione dell’impianto. Consegue che, nel vigente
quadro normativo, la difformità del progetto rispetto al PRGC non è più di per sé elemento
preclusivo al rilascio dell’autorizzazione.
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