Leggi l`articolo - L` euro è di tutti, il libro di Roberto Sommella

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Leggi l`articolo - L` euro è di tutti, il libro di Roberto Sommella
CULTURA
__Venerdì 19 settembre 2014__
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Un pamphlet socio-economico
«L’euro è di tutti»
Sommella alla ricerca
dell’unione monetaria
Roberto Sommella è il direttore della relazioni esterne dell'Antitrust ed è stato il condirettore di Milano Finanza. Ha una tesi oggetto
di altodibatto. «L'euro è di tutti ma ancora
nessuno lo sa. E' questo il vulnus principale
di un'Unione monetaria che non può ancora
dirsi completa. La fine della crisi finanziaria
ha messo in luce tutti i ritardi del processo di
unificazione del più grande progetto economico e sociale del dopoguerra. E ora chi vuole abbandonare la moneta unica sembra
librerie (Ed. Fioriti), con prefazione di Matteo Renzi. L'analisi è corredata da dati macroeconomici inediti e da tabelle sul confronto
dei prezzi prima e dopo la nascita dell'euro.
E si sofferma su ciò che è accaduto in Germania, Francia, Spagna e Grecia, per affrontare
i problemi in Italia e nell'Unione Monetaria.
L'euro ha dodici anni di vita, è una moneta
unica ma non unita. Sommella lo indaga senza pregiudizi. Ai primi di ottobre sarà presentato al Movimento Federalisti Europei.
aver argomenti più forti degli altri. E a sinistra non c'è piena consapevolezza che, se in
cinque anni il debito pubblico dei Paesi europei è aumentato di 5.000 miliardi di euro e i
disoccupati sono arrivati a quota 25 milioni,
non è solo colpa degli errori dei governi o
dell'austerity imposta dall'asse Berlino-Bruxelles». E' questa la tesi centrale del suo saggio L'euro è di tutti. Istruzioni per cambiare
l'Europa e ridurre le diseguaglianze, scaricabile dal web su europaquotidiano.it e nelle
Toni Laudadio
ATTORE, REGISTA
E CANTASTORIE
A sinistra
l’attore e autore
Toni Laudadio.
Sopra, il libro
«Come un
chiodo nel
muro»
Quel penalista che perse l’anima
negli inferni della malagiustizia
Nel noir dell’attore-scrittore si scandaglia il tema del dubbio processuale
«Amo i russi e Calvino, indago la rabbia e reciterò la morte di Pasolini»
::: SIMONE PALIAGA
PORDENONE
con intenti simbolisti, come
avviene nell'ultima fase, è incidentale, quasi fastidiosa.
Nell'Angelus di Millet i due
contadini sono il centro del
quadro. Nell'Ave Maria a
trasbordo diSegantini la presenza della donna che prega
è meno importante di un filo
d'erba.
Allo stesso modo saranno
sembrati fastidiosi i passanti
che interrompevano quella
solitudine che l'artista era andato a cercare nella capanna
sullo Schafberg.
Anche quando aveva dipinto la città Segantini era
stato grande. Un suo quadro
del 1880, Il Naviglio a Ponte
San Marco, è coronato da
un cielo blu intenso, così diverso dalle fumosità alla Turner in cui tanti piccoli dilettanti meneghini hanno avvolto e continuano a impacchettare i Navigli. Un cielo
così felice che verrebbe voglia di fare delle cartoline di
questo dipinto e mandarle a
tutti i soliti convinti che Milano sia solamente una città
grigia e piovosa.
Prima di farne dei simboli,
Segantini dipinse le figure
umane più semplici. Pastori
tirolesi, zampognari briantei, lavoratori. Anche qual-
■■■ Un avvocato penalista, fanatico del-
che grande dama è passata
sulle sue tele, ma sono signore lombarde molto dignitose, sobrie. Davvero Segantini è l'anti Boldini, non c'è
una sola concessione alla
mondanità,allusso,all'apparenza. Tutto torna nell’opera
omnia di Segantini. Anche
l'abbigliamento che pare folle nella sua casualità della pittrice sulla metropolitana è
così segantiniano nel suo essere reale.
Soprattutto se raffrontato
alle sue coetanee fresche di
parrucchiere che spingono i
loro carrelli della spesa con
lo stesso sussiego snob delle
dame piumate ritratte da
Boldini.
la giustizia, in meno di una settimana arriverà a un segreto che ne getterà in frantumi l’ identità. In un mondo dove criminalità e male scuotono dall'innocenza, si
ambienta Come un chiodo nel muro
dell'attore e scrittore Tony Laudadio da
oggi in libreria per Bompiani (pp.364,
euro 17,50), e che sarà presentato a Pordenonelegge domenica 21 alle ore 11
presso il Palazzo Badini con Francesco
Mari e Francesco Durante.
Il suo libro Laudadio può definirsi
un giallo?
«Detesto la distinzione di genere. Il
mio,se così si può dire, è un noir .E'un'indagine su un panorama umano particolare dove mi sforzo di mostrare come i
personaggi lavorano su se stessi».
Qual è questo panorama umano?
«Mi interessa scandagliare quella zona grigia che si estende tra il male e il
bene a cui sono abituate le persone per
bene. Insomma provo a portare allo scoperto quello spazio descritto bene in Gomorra da Roberto Saviano…».
Quale rapporto c'è tra le due sue attività,attore escrittore?
«Non ho mai risolto questo rapporto.
Fare l'attore mi impone di entrare nella
testa dei personaggi che interpreto. E
questa capacità la uso anche quando
scrivo. Teatro e letteratura sono come
compagni di merenda».
E in cosa invece si distinguono?
«La differenza è nell'uso del corpo.
Quando sono sulla scena mi muovo,
cammino, agito le mani. Il mio corpo è in
azione. Accade il contrario quando mi
trovo dinanzi a una tastiera. Lì sono co-
stretto invece a stare immobile».
La letteratura ha un ruolo civile?
«Se lei con ruolo civile intende un lavoro di denuncia di situazioni degradate, di
scandali, di corruzione allora le dico di
no. La letteratura non ha certo come scopo primario questo. Non è il suo ruolo
essere engagée, come si diceva un tempo. Se invece con l'idea di ruolo civile si
intende occuparsi di temi alti allora certamente sì… essi sono il suo pane».
Sta lavorando a un film su Pasolini?
«Di David Grieco. Sulla morte dello
scrittore, che propone una visione nuova e inquietante della sua fine. Reciterò
la parte dell'avvocato, del cattivo».
Pasolini è un autore che ama?
A «PORDENONELEGGE»
Il duo Miska Ruggeri/Canfora
tra Grossman, Eco e Mancuso
Pordenonelegge è arrivata alla sua
15a edizione attestandosi tra le più
influenti manifestazioni culturali
della penisola. Ospiterà quest’anno
363 autori, 250 eventi , 15 percorsi
espositivi e 33 anteprime letterarie.
Nel fine settimana tra le vie del capoluogo della Bassa friulana sfileranno autori del calibro di David
Grossman, Jamaica Kincaid, Hanif
Kureishi, Umberto Eco, Vittorio
Sgarbi, Giulio Giorello e Vito Mancuso. Tra gli appuntamenti di sabato si segnala alle ore 11.30 il dialogo
tra la nostra firma Miska Ruggeri e
Luciano Canfora su L’antichità dimenticata. Filosofi, maghi e profeti
S.PAL.
«Non è stata una lettura adolescenziale. L'ho scoperto da adulto. Mi affascina
di lui è il suo essere cross over, la capacità
che aveva di muoversi tra i confini, tra
cinema e letteratura.Ne ammiro la capacità di leggere le trasformazioni sull'Italia
di quegli anni».
Quali sono gli scrittori che più l'hanno influenzata?
«Due su tutti. Sicuramente Fedor Dostoevskij e Italo Calvino. Naturalmente
nemmeno mi sfiora l'idea di paragonarmi a loro. Di entrambi però ammiro degli aspetti. Del russo mi affascina la sua
capacità di indagare l'anima degli uomini; dell’italiano la sua abilità nel muoversi dentro il gioco della narrazione».
Ci sono degli autori italiani che sente particolarmente affini?
«Le mentirei se le dicessi di sì. Stimo
Francesco Piccolo, Antonio Pascale, Roberto Saviano ma ho sempre deciso di
distanziarmene. I miei lavori, per esempio, non sono ambientati in Campania e
preferisco battere la mia strada.
Che cos'è la rabbia che nel suo romanzo è così centrale?
«E' un ingrediente civile. A Giustino
Salvato, il protagonista del mio libro,
sgorga dal cuore. Nasce nel momento in
cui si entra in contraddizione con se stessi, come capita al mio protagonista. La
rabbia diventa così la sintesi di tutte le
inclinazione di un uomo».
E in quella zona grigia che lei ci racconta come si sopravvive?
«Non esiste una regola universale .Certo se uno è onesto di suo sa già cosa fare.
Ma se qualcuno si trova per sua indole
tra il bene e il male la sola soluzione che
gli rimane è seguire la sua natura, essere
fedele a se stesso. E' la sola ricetta per
non tradire noi stessi».