The international financial crisis is affecting developed countries as
Transcript
The international financial crisis is affecting developed countries as
Position Paper L’industria manifatturiera nell’area subsahariana: le potenzialità per una partnership tra Sudafrica e Italia South Africa – Italy Summit Città del Capo, 2-3 ottobre 2014 I principali punti del Position Paper 1. Lo sviluppo del settore manifatturiero, sostenuto dai necessari investimenti infrastrutturali e di formazione, è una leva strategica per la trasformazione dell’economia dell’Africa Subsahariana e per garantire percorsi di sviluppo sostenibili. 2. L’area subsahariana offre un importante bacino di popolazione attiva giovane, una capacità industriale emergente, una domanda interna in robusta crescita e mercati di consumo in espansione, anche grazie al rafforzamento della classe media. 3. È possibile avviare produzioni locali, destinate ai mercati regionali e all’export, combinando vantaggi localizzativi (in primis costo del lavoro e accesso alle materie prime), con più alti standard qualitativi rispondenti alla nuova domanda. 4. Il manifatturiero sudafricano è diversificato ed integrato in alcune catene del valore globali; il Paese è anche l’hub logistico e distributivo per l’accesso a molti mercati subsahariani. L’Italia è il secondo Paese manifatturiero d’Europa, specializzato nei processi a media e alta tecnologia, con eccellenze diffuse in numerose produzioni complementari alla manifattura sudafricana, anche in termini di input intermedi. 5. Una partnership industriale tra i due Paesi, anche attraverso il lancio di aree di cooperazione industriale italo-sudafricane, può permettere di produrre in Sudafrica prodotti a valore aggiunto – nei beni durevoli e di consumo – destinati ai mercati Subsahariani, così come macchinari e impianti a sostegno dell’industrializzazione degli altri Paesi dell’area, attivando anche positivi effetti di import substitution. Lo sviluppo della manifattura nell’Africa Subsahariana, oggi circa il 10% del Prodotto Interno Lordo, è un fattore decisivo per realizzare un salto quali-quantitativo delle economie locali. 10% del Prodotto Interno Lordo (PIL). Nel complesso, tra 2003 e 2013 il Valore Aggiunto del settore nell’area è cresciuto da US$ 64 a 93 miliardi, ad un tasso medio annuo del 3,8%. Mozambico Senegal* Da un lato, l’area può contare sulla forza lavoro più giovane del mondo e su un tessuto industriale in progressiva crescita; dall’altro, sulla spinta dello sviluppo complessivo dell’area che sta guidando una delle domande di consumo a più alta crescita, grazie all’emersione della classe media su base continentale. Per consolidare queste opportunità, l’Africa Subsahariana deve proseguire nell’ammodernamento infrastrutturale, nell’ integrazione regionale e nella formazione della forza lavoro. Una partnership industriale tra Sudafrica e Italia può valorizzare le complementarietà dei sistemi manifatturieri – prodotti e tecnologie – per cogliere meglio e più velocemente le opportunità offerte dai mercati africani. Questo documento analizza le potenzialità per il settore manifatturiero sui mercati dell’Africa Subsahariana, individua i possibili ambiti di collaborazione tra i sistemi industriali di Sudafrica e Italia e propone la creazione di zone di Cooperazione Economico-Industriale italosudafricane in settori ad alto potenziale come automotive, tessile e abbigliamento, arredamento. Zimbabwe Namibia Lesotho* Sudafrica Tanzania Africa Subsahariana Uganda Zambia Angola Nigeria Botswana La creazione di una solida base manifatturiera è un fattore strategico per lo sviluppo delle economie subsahariane, favorendo la trasformazione degli attuali modelli labour-intensive e a basso valore aggiunto, dipendenti dall’approvvigionamento estero. La creazione di nuove e più integrate filiere manifatturiere può contribuire a trainare la crescita locale su base endogena, evitando i rischi di una crescita sostenuta, ma basata principalmente sull’export di materie prime. 2. Oggi l’industria manifatturiera è una componente in consolidamento in diversi Paesi subsahariani, contribuendo in media al 2 7% 7% 6% Figura 1 – Settore manifatturiero in alcuni Paesi subsahariani (% sul PIL), 2013 – (*) anno 2012 (Fonte: Banca Mondiale, 2014) 3. Il manifatturiero è tipicamente un settore ad alta intensità di manodopera e attiva rilevanti opportunità di lavoro. L’offerta di migliori condizioni di impiego e un buon salario sono elementi-chiave per aumentare la ricchezza pro-capite e ridurre la povertà e le disuguaglianze sociali. Ad oggi l’occupazione nell’area subsahariana si concentra per i 9/10 nell’agricoltura e nel terziario1: il potenziale di sviluppo è evidente. 1. Perché è importante? 1. 15% 14% 14% 13% 13% 12% 10% 10% 9% 8% 25,3% 26,3% 28,0% 29,5% 30,0% 30,4% 8,4% 8,1% 8,4% 8,8% 8,9% 9,2% 66,3% 65,5% 63,7% 61,7% 61,1% 60,4% 1995 2000 2005 2010 2012 2015e Industria Servizi Agricoltura Figura 2 – Ripartizione della forza lavoro nell’Africa Subsahariana, 1995-2015e (Fonte: International Labour Organization, 2014) 4. Nei Paesi subsahariani, la quota di popolazione in età lavorativa con una occupazione retribuita è bassa (13,7%) ed il tasso di occupazione vulnerabile è tra i più elevati2 (77,4% nel 2013, rispetto al 45,8% nell’Est Asiatico e al 35,6% nel Nord Africa). Sono pochi i Paesi con un peso rilevante degli addetti nell’industria, tra questi il Sudafrica (26%) rispetto al 20% in Congo, 14% in Namibia, 12% in Nigeria e Botswana 2 Tra 2013 e 2018 si prevede una crescita di lavoratori vulnerabili (auto-impiego e lavoro familiare) da 256 a 294 milioni. Fonte: ILO, “Global employment trends 2014”. 1 Rapporto occupati retribuiti-popolazione (%) Recenti studi mostrano che all’aumentare dell’occupazione nell’industria, la quota di lavoratori regolarmente inseriti nel mercato del lavoro aumenta. 50 Economie sviluppate e Unione Europea Europa (non-UE) e CIS 40 America Latina e Caraibi Mondo 30 Sud-Est asiatico e Pacifico Medio Oriente La regione può contare su uno dei più grandi bacini di forza lavoro potenziale, con più della metà dell’attuale popolazione sotto i 25 anni4 e oltre 11 milioni di giovani che nel prossimo decennio potranno entrare ogni anno nel mercato del lavoro5. Nord Africa Asia meridionale 10 7 14 21 28 Tra il 1995 e il 2012, le esportazioni dall’area sono cresciute ad un ritmo sostenuto3 (+11% medio annuo, da US$ 68 a oltre 400 miliardi); in questo l’export manifatturiero è quadruplicato da US$ 7 a oltre 29 miliardi, con un tasso medio annuo dell’8%. 9. Est asiatico 20 Africa Subsahariana 8. 35 Gruppi di età (anni) Occupazione nell’Industria sul totale (%) Figura 3 – Occupazione regolare ed occupazione nell’industria per macro-regioni, 2012 (Fonte: International Labour Organization, 2014) 5. L’economia a basso valore aggiunto e prevalentemente “informale” dell’Africa Subsahariana determina bassa produttività e l’incapacità di beneficiare di economie di scala, oltre a non favorire la crescita delle competenze della forza lavoro e rendere difficilmente sostenibili i bilanci pubblici. L’industrializzazione consente la riduzione del peso delle attività informali, favorendo la creazione di massa critica delle imprese locali, la promozione di auto-imprenditorialità e un maggior contenuto di lavorazioni nei prodotti (stimolando anche attività di ricerca industriale). 6. La manifattura subsahariana deve fronteggiare la forte concorrenza sia sulle merci importate che sui mercati di destinazione. Una maggior competitività per le imprese della regione può essere favorita da una maggiore diversificazione produttiva dell’economia che permetterà di superare la dipendenza da risorse minerarie e materie prime, sviluppando i mercati locali e regionali. 2. Perché l’industria manifatturiera subsahariana può crescere 7. Lo sviluppo dell’industria manifatturiera nell’Africa Subsahariana è sostenuto da una serie di fattori tra cui la disponibilità di risorse naturali, la migliorata stabilità politica e macro-economica, l’apertura agli investimenti stranieri e la progressiva espansione del mercato interno. Popolazione (milioni) Uomini (2015) Uomini (2035) Donne (2015) Donne (2035) Figura 4 – Struttura demografica nell’Africa Subsahariana, proiezioni al 2015 e 2035 (Fonte: World Bank, 2014) 10. L’Africa Subsahariana ha vissuto uno dei decenni di crescita migliori dal 1960: tra il 2001 e il 2012, il PIL è aumentato mediamente del 5,7% annuo (2,3% del periodo 1991-2000); le stime per il 2014-2015 indicano rispettivamente +5,8% e +5,9%6. Anche gli Investimenti Diretti Esteri sono cresciuti esponenzialmente ad una media di US$ 22 miliardi, più di cinque volte il valore medio del decennio 1990-1999. Sulla base di queste tendenze, la Banca Mondiale prevede che tra il 2020 e il 2030 la classe media locale raddoppierà, superando quella indiana (con circa il 70% localizzato nelle città) e la spesa per consumi sfiorerà US$ 1 trilione al 2020 (per circa il 43% concentrata nei Paesi del SADC)7, per raddoppiare al 2030. L’export di petrolio, minerali e metalli è cresciuto da US$ 38 a 300 miliardi nello stesso periodo. Fonte: Banca Mondiale, “Africa’s Pulse”, aprile 2014. 4 Nel 2013 il 43% della popolazione Subsahariana aveva meno di 14 anni (403 su 938 milioni di abitanti). 5 Fonte: Banca Mondiale, “Youth employment in SubSaharan Africa”, 2014. 6 Fonte: African Development Bank, OCSE e United Nations Development Programme, 2014 7 Fonte: Euromonitor Africa Consumer Spending, 2013. 3 3 3. Come sbloccare le potenzialità del “Made in Africa” 11. Il pieno consolidamento dell’industria manifatturiera nell’area subsahariana richiede la rimozione di alcuni vincoli che ad oggi ne frenano ancora lo sviluppo. 12. L’insufficiente dotazione infrastrutturale influisce su tempi e costi del trasporto delle merci, soprattutto per i Paesi privi di accesso diretto al mare. In generale, i governi stanno aumentando gli investimenti nelle infrastrutture per migliorare le condizioni per la produzione e l’attività del settore privato. Gli interventi più urgenti sono richiesti nella rete stradale e ferroviaria8, che presenta notevoli difficoltà e limita il potenziale di sviluppo commerciale interno e regionale. Anche le telecomunicazioni richiedono un potenziamento significativo soprattutto nella copertura della rete telefonica nelle zone rurali e nella penetrazione della banda larga. Secondo la Banca Mondiale si tratta di investimenti per oltre US$ 10 miliardi l’anno. Il costo dell’energia elettrica resta elevato, anche per l’inadeguata infrastruttura di produzione e distribuzione: ad esclusione del Sudafrica (84,7%), negli altri Paesi del Southern Africa Power Pool (SAPP), in media solo il 24% della popolazione ha accesso all’elettricità (ad es., 20% in Mozambico e 22% in Zambia) e in alcune aree rurali tale quota scende sotto il 5%9. 13. Ulteriori fattori di blocco riguardano l’accesso ai finanziamenti per acquistare terreni, macchinari e costruire stabilimenti industriali così come lo scarso accesso a terreni ad uso industriale (per avviare una nuova attività o espandere impianti preesistenti). 14. Per cogliere le opportunità derivanti dalla crescente espansione della forza lavoro, a partire dal SADC e dall’ECOWAS dove si stanno rafforzando cluster produttivi regionali, è anche centrale investire Solo il Sudafrica ha un sistema ferroviario strutturato. La Passenger Rail Agency ha destinato US$ 8 miliardi nei prossimi 10 anni per il suo ulteriore sviluppo. 9 I Paesi del SADC hanno pianificato investimenti per più di USD$ 200 miliardi nei prossimi 15 anni. nell’istruzione per fornire ai giovani diplomati e laureati le conoscenze necessarie per l’accesso ad un mercato del lavoro più qualificato e specializzato. Occorre inoltre promuovere la diffusione di competenze manageriali e tecniche per favorire nuova imprenditorialità. 4. I sistemi industriali di Sudafrica e Italia sono sinergici 15. L’industria manifatturiera sudafricana e italiana (rispettivamente il 12% e il 16% del PIL nazionale) mostra una struttura per vari aspetti simile e complementare (rif. fig. 5). 12% Sudafrica South Africa Settori chiave: 1.Alimentare 2.Chimica e Plastica 3.Metallurgia 4.Automotive 5.Arredo 6.TessileAbbigliamento 16% Settori chiave: 1.Metallurgia 2.Meccanica e componentistica 3.Alimentare 4.TessileAbbigliamento 5.Arredo 6.Chimica e Plastica 7.Automotive Italia Italy Figura 5 – Contributo dell’industria manifatturiera al PIL in Sudafrica e Italia (val. %) e principali produzioni per valore aggiunto, 2012 (Fonte: DTI e Istat, 2014) 16. Il manifatturiero sudafricano è integrato in quattro catene globali del valore (CGV): automotive, agro-alimentare, industria estrattiva e settore bancario-finanziario. L’accesso a una CGV offre la possibilità di eseguire la parte del processo produttivo in cui si detengono le migliori competenze, senza dover sviluppare l’insieme delle attività ed esternalizzando le altre lungo la filiera (con vantaggi di costo e differenziazione). 17. L’automotive è pienamente integrato nella relativa catena globale del valore: si tratta di uno dei settori più dinamici dell’economia sudafricana (6% del PIL, rispetto all’8,5% italiano) che rappresenta l’86% della produzione automobilistica africana, con l’Automotive Production and Development Programme (2013) 10 che punta a raggiungere una produzione di 1,2 milioni di vetture/anno entro il 2020 e a promuovere la crescita dell’industria della componentistica e 8 4 Il programma prevede diversi incentivi fiscali e di altro tipo (ad es., riduzione dei dazi) per l’aumento della capacità produttiva e delle esportazioni. 10 dei veicoli commerciali leggeri. Il comparto è un punto di forza dell’economia nazionale per: - Presenza delle maggiori multinazionali del comparto, che scelgono il Paese per l’approvvigionamento di componentistica e l’assemblaggio di veicoli destinati al mercato locale11 e come piattaforma per le esportazioni internazionali. - Forza lavoro, con 93.000 occupati diretti (quasi 169.000 in Italia), più 200.000 nella vendita al dettaglio e aftermarket, e 6.600 nella produzione di pneumatici. - Rapporti commerciali (12% dell’export sudafricano rispetto al 6% in Italia)12: l’Europa è il principale mercato di destinazione dell’industria locale (66.929 veicoli venduti in Europa e oltre 6.000 in Africa nel 2012). 18. L’industria agro-alimentare allargata (produzione primaria, trasformazione e input) contribuisce per circa il 15% al PIL e occupa 450.000 addetti13. La trasformazione alimentare è il secondo comparto manifatturiero del Paese, molto diversificata14 e con alti tassi di crescita. 19. Nel settore estrattivo (5° al mondo per incidenza sul PIL, pari al 18%, con circa un milione di posti di lavoro diretti e indiretti), il Sudafrica vanta importanti giacimenti minerari di carbone, platino, oro, ferro, nichel, manganese, uranio e cromo. La produzione mineraria sudafricana è pari al 45% della produzione totale africana. Le esportazioni verso l’Italia rappresentano il 19% del totale. 20. Il sistema bancario e finanziario non solo è un settore sviluppato15 che genera il 10% del PIL e occupa oltre 150.000 persone, ma è anche un elemento fondamentale per il supporto alle imprese che possono trovare piena copertura per tutte le loro esigenze16. Nel 2013 la produzione di automobili è cresciuta dell’1,2% a fronte di una riduzione del 2% in Italia. 12 Nel 2013 le esportazioni dell’Italia verso il Sudafrica sono aumentate del 7% negli autoveicoli e del 27% nella componentistica per automotive. Fonte: ANFIA e Istat, 2014. 13 Fonte: Dipartimento Commercio e Industria (DTI). 14 Ad es., acquacoltura, lavorazione delle carni, noci e frutta, produzione di vini e pasticceria. 15 Le 5 più grandi banche africane sono sudafricane e la Borsa di Johannesburg è la più grande del continente (20° al mondo per capitalizzazione di mercato). 16 Si sta sviluppando anche il mercato del capitale di rischio (tra il 1996 e il 2012, 7 delle prime 10 operazioni di 11 21. Altri settori distintivi, con la presenza di importanti multinazionali, sono Metallurgia (primo settore per export verso l’Italia, pari a circa il 60% del totale; il Sudafrica è anche il maggior produttore africano di acciaio e 8° al mondo per produzione di alluminio) e Chimica (200.000 posti di lavoro e 5% del PIL). Il Governo riconosce anche l’importanza di affiancare il Manifatturiero Avanzato ai settori tradizionali, attraverso l'integrazione della R&S e delle nuove tecnologie nella politica industriale. 22. Il Governo sudafricano – nel riconoscimento della centralità strategica del manifatturiero – ha recentemente lanciato il Manifacturing Competitiveness Enhancement Programme (MCEP)17, con una serie di investimenti mirati e incentivi per il settore. 23. L’Italia è la seconda potenza manifatturiera in Europa, con un Valore Aggiunto di US$ 287 miliardi e 4,4 milioni di occupati (18% dell’occupazione totale), il doppio rispetto a Regno Unito e Francia. Filiera Imprese (N°) Occupati (‘000) Fatturato (€ Mld) Export (€ Mld) Metalmeccanica 60.000 1.641 394 Legno-Arredo 72.000 382 32,1 10 Alimentare 55.000 385 132 27 Sistema Moda 50.000 430 51 45 Plastica 10.000 142 38 14 2.400 170 40 30 900 13,5 4 3 Automotive Packaging 190 Figura 6 – Principali filiere manifatturiere in Italia, 2013 (Fonte: associazioni di categoria e Istat, 2014) Ha inoltre un sistema capillare di quasi 30 mila PMI tra i 20 e 250 addetti (che potrebbero ben relazionarsi con le controparti sudafricane, che contano per circa il 50% del PIL nazionale) e una accentuata diversificazione delle produzioni sia sui prodotti finiti che sugli input per altre filiere industriali. 24. Il manifatturiero italiano ha un forte posizionamento con eccellenze a livello globale (rif. fig. 7), fortemente orientate all’export; molte di queste produzioni sono in potenza sinergiche con quelle sudafricane. private equity in Africa hanno interessato imprese sudafricane). 17 Tra gli investimenti finanziati dal MCEP sono incluse le attività di aggiornamento e miglioramento degli asset durevoli, l’adozione di modalità produttive eco-sostenibili ed efficienti dal punto di vista energetico e l’ottenimento di attestati di conformità qualitativa dei prodotti. 5 Posizionamento dell’Italia Numero di prodotti Fatturato (Mld €) Leader di mercato 235 63 2°posizione 390 74 3° posizione 321 45 Vini e spumanti Rubinetti e valvole Mobili in legno Parti di turbine a gas Trattori agricoli Macchine per imbottigliare Calzature Packaging Piastrelle Borse in pelle Occhiali da sole Pasta Cuoio Barche e yatch Conduttori elettrici Parti di macchine per packaging Navi da crociera Prodotti in alluminio Caffè torrefatto Lampadari Mobili in legno Polimeri di etilene Granito Figura 7 – Il primato dell’export del “Made in Italy” a livello globale: numero di prodotti leader e fatturato (Fonte: UNCTAD e WTO, 2013) 5. Partnership industriali italosudafricane per vincere sui mercati subsahariani 25. I rapporti commerciali tra Italia e Sudafrica sono consolidati (circa un terzo delle esportazioni italiane verso l’Africa Subsahariana è diretta in Sudafrica – oltre US$ 2,5 miliardi nel 2013)18, ma c’è il potenziale per una ulteriore e sostanziale espansione. Settore manifatturiero Export dal Sudafrica in Italia Export dall’Italia in Sudafrica Macchinari 16,5 732,2 Mezzi di trasporto 21,0 249,6 Apparecchiature elettriche 2,1 201,2 Coke e prodotti petroliferi 10,2 184,7 Prodotti chimici 44,6 165,9 Elettronica 7,6 158,2 Metallurgia 1.231,7 156,9 Industria alimentare Gomma-Plastica 121,3 153,7 7,3 131,6 79,0 100,7 Farmaceutica 0,7 99,6 Legno, Carta ed Editoria 18,9 51,5 Altre attiv. manifatt. 5,8 130,3 Sistema Moda TOT. MANIFATTURIERO 1.566,7 2.516,1 TOTALE ECONOMIA 2.054,6 2.528,1 Figura 8 – Rapporti commerciali tra Italia e Sudafrica (US$ milioni), 2013 (Fonte:Istat, 2014) 26. Da un lato, il Sudafrica è una piattaforma ideale dal punto commerciale e logistico per poter programmare l'ingresso in altri mercati africani (ad oggi, il SADC rappresenta l’86% dell’export del Sudafrica verso l’Africa e il 24% dell’export totale sudafricano19) e un partner produttivo privilegiato potenzialmente in grado di offrire prodotti di buona qualità a prezzi allineati ai poteri d'acquisto locali. L’Italia esporta verso il Sudafrica soprattutto macchinari e apparecchiature meccaniche (29%) e mezzi di trasporto (10%). Tra le importazioni dal Sudafrica (US$ 2,0 miliardi), i prodotti metallurgici ed estrattivi contano per circa l’80% del totale. Fonte: Istat, 2014. 19I primi tre partner commerciali del Sudafrica sono Botswana, Namibia e Mozambico (43% dell’export verso l’Africa). 18 6 27. Dall’altro lato, l’Italia - alla ricerca di nuovi mercati di destinazione - ha bisogno di accreditarsi e di accelerare il suo ingresso nel continente africano, anche attraverso partnership forti e già avviate nell’area australe, mettendo a disposizione importanti competenze. Il sistema economico-industriale italiano ha infatti caratteristiche di complementarietà in termini di prodotti, dimensione organizzativa e specializzazioni tecnologiche per realizzare joint venture con aziende sudafricane e sfruttare le molteplici opportunità offerte dalla crescita dell’Africa subsahariana: - nei settori “primari”, connessi in particolare alla filiera agro-industriale (produzione e trasformazione), delle costruzioni e dell’edilizia; - nei beni di consumo durevoli, come elettrodomestici, arredamento, illuminazione, abbigliamento e automobili (di cui il Sudafrica è l’hub per l’assemblaggio dell’Africa); - nei beni di consumo e grande distribuzione, in cui le opportunità anche nel retailing - sono notevoli grazie ad una domanda crescente e alla presenza di partner locali in grado di gestire attività chiave (ad es., catena del freddo per la distribuzione alimentare); - nei settori innovativi ad alto contenuto tecnologico, alla luce dei programmi nazionali per orientare investimenti e attrarre aziende estere in settori quali energie rinnovabili, aerospaziale, nucleare e nuovi materiali. La buona reputazione del modello manifatturiero italiano, la struttura industriale simile a quella auspicata dai Paesi africani (sistema di PMI) e, soprattutto, la coincidenza dei punti di forza delle imprese italiane con i settori in espansione dell’Africa Subsahariana aprono scenari profittevoli di collaborazione che consentono di cogliere le opportunità produttive e commerciali - sul mercato interno e verso l’Africa Subsahariana e il resto del continente africano. 28. Una prima possibilità deriva dalla crescente domanda di meccanica strumentale e di progetti di collaborazione industriale e di trasferimento tecnologico. Si propone, quindi, la realizzazione di forme di collaborazione tra Sudafrica e Italia sui mercati dell’Africa Subsahariana: - nei servizi di progettazione ed engineering per la realizzazione di progetti industriali e infrastrutturali di grandi dimensioni e di rilevante complessità; - nella produzione di meccanica strumentale (macchinari e componentistica per autotrasporto, agricoltura, attività di lavorazione e trasformazione alimentare, tessileabbigliamento, ecc.) che sarà sempre più richiesta dai settori emergenti nel Paese e nei mercati subsahariani per la produzione di beni semilavorati o finiti. L’Italia possiede solide competenze in tale ambito: ad es., è il 1° produttore mondiale di macchine per il confezionamento e l’imballaggio, con una forte capacità di personalizzazione dei prodotti, e il 3° produttore mondiale di macchine agricole. Già oggi il Sudafrica importa prodotti come componenti per trattori ed autoveicoli, strumenti e tecnologie applicabili al settore industriale ed alimentare: un’azione di import substitution – favorita dal trasferimento del know-how produttivo delle imprese italiane – potrebbe consentire al Paese di produrre localmente i macchinari da destinare al mercato interno e al resto dell’Africa. 29. Alla luce delle recenti politiche di sviluppo industriale promosse dal Governo sudafricano per rafforzare l’economia nazionale e attrarre capitali esteri, si presentano ampie opportunità anche per creare iniziative congiunte tra i due Paesi in termini di cluster manifatturieri in grado di generare vantaggi reciproci per entrambi i sistemi industriali. Il rilancio delle Zone Economiche Speciali (ZES)20 può essere uno strumento operativo per rafforzare la collaborazione industriale con l’Italia. Si propone di istituire delle Zone Speciali italosudafricane di Cooperazione EconomicoIndustriale per progetti comuni finalizzati ad attrarre e salvaguardare gli investimenti di multinazionali e PMI. 20Anche grazie allo Special Economic Zones Bill, sono stati investiti oltre € 600 milioni tra 2003-2013 nelle ZES e designate 5 aree di sviluppo industriale. La creazione di questi distretti produttivi può rappresentare la leva strategica per produrre in loco semilavorati e prodotti finiti da destinare tanto al mercato interno, quanto ai mercati emergenti dell’Africa Subsahariana, oltre che imprimere un forte stimolo all’industrializzazione e allo sviluppo del settore privato sudafricano creando nuova occupazione. I settori che potrebbero insediarsi in tali cluster sono comparti manifatturieri ad elevato potenziale sia per la domanda futura di questi beni sui mercati subsahariani che per le competenze distintive possedute da entrambi i Paesi: - Industria automobilistica e della relativa filiera della componentistica, mettendo a sistema le competenze dell’industria automotive italiana (una delle poche catene del valore integrate nel mondo, dalla R&S/progettazione, alla componentistica, fino all’assemblaggio e alla distribuzione). - Tessile-Abbigliamento, sfruttando le competenze delle PMI italiane e i settori emergenti in Africa Subsahariana (es. cotone e fibre sintetiche) per soddisfare la crescente domanda di beni e accessori di qualità. - Arredamento, alla luce dell’immagine di alta qualità del design dell’arredo italiano e dei vantaggi derivanti dall’aumento della domanda delle classi sociali emergenti e dallo sviluppo del settore immobiliare nei maggiori centri urbani nell’Africa Subsahariana (mobili e accessori per abitazioni private, uffici, settore terziario, strutture turistiche21); inoltre, il Governo Sudafricano è interessato allo sviluppo della filiera del legno per potenziarne l’occupazione e il relativo indotto. 30. La concretizzazione di queste partnership auspica l’impegno dei Governi di entrambi i Paesi al fine di favorire la realizzazione di centri di formazione e l’erogazione di programmi di aggiornamento professionale per i giovani laureati (tecnici ed ingegneri), anche attraverso collaborazioni tra il sistema industriale locale e i principali Atenei e Politecnici italiani e sudafricani. Oggi solo il 10% delle camere d’albergo disponibili nell’area (per il 50% in Sud Africa) soddisfano gli standard internazionali. Fonte: World Bank, 2013. 21 7 8