rotazioni ed avvicendamenti

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Rotazioni ed avvicendamenti
- Una scelta imprescindibile d'importanza strategica
Le affermazioni assolute che portano a dire: "L’agricoltura biologica si fa così" sono in
generale da rifuggire, perché l'agricoltura biologica è un metodo che è tanto più
efficace per quanto riesce ad entrare in equilibrio con l'ambiente in cui si opera.
Pertanto, tutte le soluzioni tecniche, anche se provenienti da risultati sperimentali,
vanno valutate ed eventualmente rielaborate, in funzione delle condizioni
pedoclimatiche, delle attrezzature presenti in azienda e dell'organizzazione della
stessa. Tenuto conto che molta della bibliografia corrente proviene ancora da paesi
con caratteristiche pedoclimatiche e strutturali molto diverse da quelle mediterranee,
questa accortezza è ancor più necessaria.
Come per tutte le regole, c'è l'eccezione che la conferma. Nel caso delle rotazioni è,
infatti, possibile fare un'affermazione che non ammette deroghe: "Non è possibile
praticare correttamente e convenientemente il metodo d’agricoltura biologica se non si
praticano avvicendamenti agronomicamente efficienti".
Lo stesso Ivo Lotti, indiscutibile quanto impagabile maestro dell’agricoltura biologica
italiana, quando interveniva in un’azienda che voleva convertire le superfici al metodo
biologico, faceva partire ogni ragionamento dalle aspettative e dalle capacità
dell'operatore, per impostare una rotazione equilibrata, sulla quale s’inserivano le
soluzioni tecniche per ottimizzare la produzione.
Con sintesi brutale ma inequivocabile, il messaggio chiaro che deve passare, per chi
vuole iniziare bene e capire il metodo d’agricoltura biologica è: "O si fanno rotazioni
efficienti o non si fa agricoltura biologica".
Ad ulteriore sottolineatura dell’imprescindibilità delle rotazioni in agricoltura biologica, si
può dire che se si dovessero applicare indicatori per il riconoscimento del livello di
attuazione del metodo biologico, senza ombra di dubbio, la rotazione è, per le
coltivazioni erbacee, il primo e più determinante, perché riguarda la gestione del suolo
nel senso più ampio del termine, influenzando: stabilità e fertilità del suolo, controllo
delle infestanti, biodiversità e caratteristiche produttive.
Un utile aiuto all’orientamento ed al miglioramento della tecnica praticata dalle aziende
biologiche, dovrebbe venire dall’azione degli organismi di controllo che, sin dalla
valutazione di conformità aziendale, dovrebbero dare il giusto peso alla correttezza
della tecnica agronomica messa in praticata, piuttosto che alla documentazione
cartacea. In tal senso la formazione agronomica dei tecnici ispettori è determinante,
rispetto ad una efficace azione di controllo e garanzia.
Per quanto riguarda la conversione, è proprio la riflessione sulla migliore rotazione
praticabile, con le relative opzioni tecniche collegate alle colture, la prima e più
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importante scelta dell'operatore per affrontare questa delicata fase di passaggio. Con
la scelta della rotazione e la sua entrata a regime, si determinano tempi e modi della
conversione aziendale.
Prima di entrare nel merito dell’argomento, è utile sottolineare una volta ancora
l'importanza determinante di questo principio agronomico per un corretto approccio al
metodo biologico.
Va precisato che si parla per convenzione di rotazione ma sarebbe più corretto dire
rotazioni e/o avvicendamenti colturali, anche perché l'avvicendamento, che comunque
nella successione delle colture, segue gli stessi principi e criteri di valutazione della
rotazione, è più frequente perché di più semplice realizzazione e più rispondente della
rotazione, alle esigenze tecniche ed economiche dell'azienda. In questa trattazione,
per facilità di lettura, i due termini vanno considerati come equivalenti anche quando
non sono continuamente affiancati o specificatamente citati.
- I motivi della rotazione
L'avvicendamento è indispensabile per evitare quell’effetto “stanchezza” che indica
condizioni negative di abitabilità per determinate specie, causato dalle cattive
condizioni dello stato igienico sanitario del terreno. Generalmente queste condizioni
negative sono dovute a presenza di tossine, specializzazione di patologie,
impoverimento dei nutrienti, selezione negativa per la flora microbica presente nel
terreno, peggioramento della struttura, impoverimento della sostanza organica.
I motivi che spingono a sottolineare l'importanza della rotazione sono riconducibili alle
azioni di natura fisica, chimica e microbiologica, alle potenzialità di copertura e
protezione del suolo, alle capacità di competizione con le essenze spontanee, che ogni
specie ha, cioè alle interazioni di ogni pianta con l’ambiente e la fertilità del suolo,
anche e soprattutto, in funzione della tecnica colturale ad essa collegata.
Ogni pianta, infatti, ha una sua azione specifica sul terreno per le diverse proprietà
d’esplorazione di strati superficiali e profondi con l'apparato radicale e per la tipologia
di residui colturali che lascia. Questi, opportunamente interrati, contribuiscono in modo
determinante al bilancio umico, alla stabilità strutturale e sono substrato vitale per i
microrganismi, così come gli stessi residui radicali.
Le diverse specie hanno esigenze nutrizionali specifiche, diversa capacità di
mobilizzare elementi nutritivi ed instaurare rapporti particolari con la microfauna e la
microflora del terreno.
Ogni tipo di coltura, poi, ha una sua capacità coprente, un periodo di permanenza
legata al ciclo produttivo e una capacità di competizione con le infestanti data dalle
caratteristiche biologiche. Oltre al controllo delle infestanti la capacità coprente intesa
per quantità e periodo influisce sulla stabilità e la capacità di limitare i fenomeni erosivi.
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Nella scelta della successione delle colture ci sono, quindi, tutte le premesse per fare
bene o non fare agricoltura biologica. Ad essa si collegano le scelte del piano di
fertilizzazione, la valutazione dell'indirizzo di mercato che l'azienda vorrà intraprendere,
la necessità di mezzi tecnici e la stima dei contributi che potrà ricevere.
- Rotazione per la gestione della fertilità e della diversità
E’ noto a tutti che con la precessione colturale si creano condizioni favorevoli per le
colture di maggior interesse aziendale. Meno attenzione spesso si pone nell’incrociare
la fertilità residua, con la capacità coprente e la diversificazione delle essenze che si
succedono sul terreno, anch'essi fattori che influenzano in modo rilevante l’efficienza
agronomica. Nel caso di un'azienda con zootecnia al suo interno o inserita in aree a
spiccata vocazione zootecnica, le possibilità di fare avvicendamenti ad elevata
efficienza agronomica sono decisamente superiori che per un'azienda senza o lontana
da allevamenti.
Alla facilità con cui possono essere inseriti erbai poliennali, leguminose foraggiere e da
granella, altrimenti di non facile commercializzazione, si aggiunge la disponibilità di S.
O. pregiata.
Nonostante ciò, anche queste condizioni di vantaggio, richiedono attenta riflessione sul
programma di rotazione per evitare soluzioni troppo semplificate, sulla biodiversità, a
cui un'azienda zootecnica ad indirizzo cerealicolo foraggiero può essere soggetta.
Per esempio l'inserimento di Leguminose annuali, quando i prati poliennali sono fuori
rotazione, va curato con molta attenzione poiché, alcuni appezzamenti rischierebbero
di essere investiti con Leguminose, solo dopo anni che, assommati al periodo più o
meno lungo della fase precedente, rende difficilmente sostenibile la gestione della
fertilità di quell’appezzamento.
In questa situazione, e ancor di più in aziende senza zootecnia, sono di grande aiuto
gli erbai da sovescio e le colture di copertura, quando prevedono Leguminose in
purezza o consociate. Gli erbai da sovescio inseriti stabilmente in rotazione,
consentono di abbreviare, fino a dimezzarlo, il tempo necessario al passaggio di
almeno una leguminosa annuale su tutti gli appezzamenti dell’azienda biologica.
La diversificazione delle specie che si avvicendano sul terreno, è importante per i tanti
motivi citati ma, oltre all'azione degli apparati radicali sulla struttura e sui
microrganismi, al contributo al bilancio umico proveniente dall'interramento di residui a
diverso rapporto C/N, alla capacità di copertura e competizione, si deve aggiungere il
contributo alla diversità ambientale.
Con l’inserimento in rotazione d’erbai da sovescio, si ha altra occasione di esaltarla ma
si può addirittura rischiare di deprimerla. Ciò può accadere quando le essenze
seminate per sovescio, sono le stesse inserite in rotazione per la produzione di gra o
altri nellausi economici.
Per esempio un'azienda zootecnica che ha parati polifiti di Leguminose e Graminacee
e in rotazione ha Cereali e leguminose da granella e per sovescio usa, per esempio
Orzo e Favino, rischia di avere per ampie superfici solo la presenza di due specie.
Nelle prime fasi di conversione è una condizione giustificabile, per ridurre i tempi di
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passaggio sugli appezzamenti delle Leguminose e contenere i costi ma, una volta
raggiunto l'obbiettivo, sarà importante prestare attenzione ad utilizzare per sovescio,
anche specie completamente diverse, sia in purezza, sia in consociazione. Questa
attenzione è molto importante per la ricaduta che ha sul controllo delle infestanti che si
specializzano in rotazioni instaurate sull'alternanza di poche specie a ciclo simile, sulla
capacità di mobilizzazione di alcuni elementi nutritivi, sulla presenza di insetti e sulla
specializzazione di patologie.
Relativamente al controllo delle erbe spontanee, non ci può essere contenimento
soddisfacente, senza una rotazione diversificata e coprente, cioè capace di competere
costantemente con la flora infestante caratteristica delle diverse fasi colturali e periodi
stagionali. Innumerevoli lavori dimostrano come rotazioni brevi, favoriscano la
specializzazione delle infestanti e un lungo intertempo di terreno scoperto tra coltura e
coltura, favorisca l’accumulo di semi potenzialmente germinabili.
Per esempio, come evidenzia un lavoro del Prof. Bonciarelli dell’Istituto di Agronomia di
Perugia, una successione Frumento - Girasole, ottiene risultati peggiori, relativamente
al numero di infestanti, rispetto ad una che prevede Girasole – Frumento. Infatti il
periodo di terreno scoperto passa da otto, nove mesi a circa due.
Insieme alla competizione, la copertura determina anche la capacità di protezione del
suolo, che è un altro elemento importante per valutare l’efficienza agronomica di una
rotazione.
Diminuire il periodo in cui il terreno resta scoperto, soprattutto quando si opera in
terreni scoscesi, è un altro obbiettivo tecnico che l’azienda biologica si deve dare per
proteggere il terreno dai fenomeni erosivi, al fine di non dilapidare, in poche ore di
pioggia battente, il patrimonio di sostanza organica faticosamente accumulato in anni
di lavoro. L'azione erosiva del vento e, soprattutto dell'acqua è inversamente
proporzionale alla presenza di cotico erboso.
La paura di limitare le riserve potenziali di acqua per la presenza di altre colture, non è
poi così giustificata. Infatti, la presenza di un cotico erboso è in grado di evitare i
ruscellamenti che danneggiano la struttura e non permettono accumulo di riserve
idriche, favorendo invece dannosi ristagni, nel fondovalle. La fessurazione del terreno
operata dalle radici favorisce la penetrazione mentre le essenze presenti ne limitano la
velocità di caduta a valle utilizzando appieno la capacità assorbente del terreno. Ma la
copertura del suolo non ha ancora finito i suoi compiti, perché l’attività svolta dagli
apparati radicali delle colture di copertura, ha un'importantissima funzione di protezione
delle falde, limitando i fenomeni di lisciviazione dell’azoto che invece rimane a
disposizione per la coltura successiva.
La scelta delle colture di una rotazione, evidenzia una volta di più come una singola
scelta possa avere valore polivalente. L'inserimento di colture di copertura, per
esempio, influisce su fertilità, gestione del suolo, controllo delle infestanti e protezione
della falda.
L’effetto di contenimento della lisciviazione e conseguente disponibilità di Azoto per la
coltura che succede, che l’agricoltore biologico deve fare proprio, è rimarcato da
numerosi lavori sperimentali e risponde alla necessaria attenzione auspicata dai
manuali di buona pratica agronomica, che ogni stato membro della Comunità Europea
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ha prodotto per ottemperare al dettato della “direttiva nitrati”. Una ulteriore conferma
che il metodo di agricoltura biologica è naturalmente rispondente agli indirizzi di tutela
e gestione del territorio, abbondantemente proclamati negli indirizzi di politica agricola
dell’Unione Europea.
- Fattori che condizionano le scelte tecniche
Nella definizione di un piano di rotazione, per le implicazioni prima enunciate e per i
riflessi che queste hanno sull'azienda, si deve tenere conto di una complessità di fattori
che possono essere contenuti schematicamente in tre punti:
A.Efficienza agronomica - intesa come rispondenza ai principi di fertilità e gestione del
suolo, fin qui elencati;
B.Organizzazione aziendale - intesa come capacità, possibilità e tempo di
realizzazione delle soluzioni tecniche previste;
C.Bilancio economico - inteso come capacità di investimento sulle colture, possibilità di
collocazione e valorizzazione sul mercato delle produzioni realizzate e contributi legati
alle azioni ed alle colture previsti dalla PAC e dai PSR.
Non sottovalutando mai l'importanza del fattore commerciale e dei contributi che, è
risaputo, sono oggi parte sostanziale del bilancio, le scelte operative non devono
andare sempre a penalizzare l'efficienza agronomica, perché nel breve periodo se ne
pagherebbero pesanti conseguenze, proprio in termini economici.
Ne scaturisce che la prima fase, quella conosciuta come conversione, è una vera e
propria fase di investimento. La difficoltà per l'operatore e, allo stesso tempo, la sua
bravura, sta proprio nel realizzarla limitando un impatto, in termini di costi e risultati
tecnici, eccessivamente oneroso per l’azienda, senza mai derogare ai principi
agronomici fondamentali.
- Economicità ed efficienza agronomica della rotazione
Quando si imposta un piano di rotazione che modifica le abitudini aziendali o, peggio,
mette in discussione le certezze dettate dai contributi, è necessario offrire all'operatore
una valutazione ampia su costi e benefici delle scelte per far comprendere che fare
biologico significa investire sulla fertilità, anche ma non solo, con il supporto dei
contributi.
Fino a che il Girasole aveva premi altissimi, nel centro Italia e non solo lì, molte
aziende affrontavano la conversione, pretendendo di mantenere la rotazione Frumento
- Girasole, già praticata nel convenzionale, perché di facile realizzazione, anche per i
fornitori di servizi in conto terzi e sostenuta da abbondanti contributi a cui aggiungere
quelli previsti dalle misure agroambientali. Oggi, probabilmente, lo stesso
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ragionamento viene fatto verso il Mais o il Frumento duro e domani per qualsiasi altra
coltura “ricca” dal punto di vista dei contributi PAC, subordinando qualsiasi regola di
buona pratica agronomica al rastrellamento di risorse economiche.
E’ un ragionamento su vecchi parametri ma ad oggi, non avendo ancora certezze
sull’applicazione del disaccoppiamento a livello regionale, risultano validi per
comprendere il concetto.
Bisogna anche dire che molti hanno potuto continuare e purtroppo continueranno, con
una rotazione tanto stretta quanto poco efficiente, dal punto di vista agronomico,
perché quasi mai, alcuni organismi di controllo, si oppongo a rotazioni difficilmente
definibili tali, nonostante i dettami dell’allegato primo del Reg. CEE 2092/91 siano
molto chiari.
Una rotazione stretta come ad esempio quella citata: Frumento - Girasole, ha
controindicazioni per qualsiasi agricoltura si pratichi ma certamente inconciliabili con il
metodo biologico.
Gli elementi a sostegno di una scelta più sostenibile, devono partire proprio da una
valutazione di: efficienza agronomica, praticabilità aziendale ed economicità, come
specificato al paragrafo precedente. E' l'unico modo per far comprendere, a chi vuole
fare seriamente agricoltura biologica, che il contributo non può essere l'unico
parametro di riferimento altrimenti, in poco tempo, sarà l'unico reddito possibile al
prezzo di danni enormi alla fertilità del suolo ed alla credibilità aziendale.
Ragionando sul caso specifico, il Girasole è coltura estremamente esigente e lascia il
terreno particolarmente stressato, come tutte le oleaginose, soprattutto in annate
siccitose. Per questi motivi, come suggerisce il Prof. Bonciarelli nel suo libro
“Coltivazioni erbacee”, non dovrebbe ritornare sullo stesso terreno prima di quattro
anni. Quindi in rotazione biennale, richiederebbe, per risolvere almeno il problema
nutrizionale, investimenti economicamente improponibili, creando comunque altri
problemi.
Se poi, come spesso capita, si pensa che per valorizzare i contributi si deve
risparmiare anche sui fertilizzanti, la "frittata" è perfetta. In situazione di deficit
nutrizionale, oltre ad una resa scarsa, si va incontro ad una situazione in cui, sia l’olio
del Girasole, sia la farina o la semola del Frumento, difficilmente potranno definirsi
prodotti di qualità, prestando il fianco ai detrattori del biologico, a cui, in questo caso, ci
sarebbe veramente poco da obbiettare.
Anche qualora fosse conveniente, il problema dell'inefficienza di tale rotazione, non si
risolverebbe con una fertilizzazione abbondante perché, quello proposto, è
avvicendamento che non ha capacità coprente e quindi scarsa capacità di protezione
del suolo e altrettanto scarsa competizione con le infestanti. Dalla raccolta del
Frumento alla semina del Girasole passano circa nove mesi in cui il terreno è scoperto
e, oltre al problema della flora infestante, c'è da mettere in conto l'esposizione ai
fenomeni erosivi. Inoltre il Girasole rischia di diventare l'infestante di se stesso.
Non è caso raro, in biologico come in convenzionale, che, nella logica di incassare
senza investire, quando il prodotto ottenuto è ovviamente scarso, si ritiene non
conveniente spendere soldi per raccoglierlo, lasciando che i semi cadano sul terreno
per riproporsi ai primi tepori, accumulando ai problemi, nuovi problemi, così da rendere
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improbabile ogni possibilità di diventare azienda biologica.
Eppure fare qualcosa di meglio non è impossibile e certamente più utile per l'economia
aziendale. Anche tenendo conto che spesso non è facile inserire erbai poliennali per
assenza di zootecnia in azienda e nel comprensorio, si potrebbe però inserire un
erbaio da sovescio prima del Girasole e far precedere il Cereale da una Leguminosa
da granella. Valutando poi, che ad eccezione del sovescio, nessuna coltura è
particolarmente rinettante, sarebbe opportuno chiudere la rotazione con una coltura più
rustica e più capace di competizione con le infestanti quale il Farro o l'Orzo. Con
questo ragionamento si arriva ad una rotazione che appare molto più equilibrata e in
linea con i principi del metodo biologico e della buona pratica agronomica: Favino Frumento - erbaio da sovescio e Girasole - Farro.
Alla maggiore complicazione portata dalla gestione annuale di quattro colture in campo
più un sovescio, invece delle due previste, si oppongono una serie di fattori positivi che
giustificano ampiamente la scelta.
Nel quadriennio si dimezza il periodo in cui il terreno rimane scoperto, con influenza
positiva su mineralizzazione e protezione del suolo. Viene inserita una Leguminosa
come il Favino che è ottima precessione per i cereali ed inoltre presenta vantaggi di
facile realizzazione: elevata richiesta sul mercato con conseguente buon prezzo di
vendita e, ben venga, un buon contributo PAC. Con la Leguminosa inserita nel
miscuglio da sovescio ed una leguminosa da granella, si garantisce poi, in due soli
anni il passaggio di una Leguminosa su tutta la superficie aziendale.
Con queste soluzioni il Girasole prima o il Mais oggi, è inserito in rotazione
quadriennale ed è preceduto da quattro diverse colture. Il Farro o altro cereale minore
messo a chiusura, oltre ad essere colture apprezzate dal mercato biologico, sono
generalmente più rustiche, con maggiore capacità rinettante, addirittura eccezionale
nel caso del Farro che ha anche una abbondantissima produzione di paglia, che
contribuisce significativamente al bilancio umico.
A questo punto è prevedibile che buoni apporti di ammendanti e fertilizzanti siano
ripagati dalle migliori rese e dall'efficienza complessiva del sistema.
In fondo tutto il cambiamento ha comportato una sola innovazione che è il sovescio e,
ad eccezione della trinciatura, nessuna complicazione di attrezzatura, perché quelle
utilizzate per la coltivazione del frumento, tornano utili anche per Favino, Farro e
semina del sovescio.
Volendo continuare a semplificare l'organizzazione aziendale, si può anche impostare
la rotazione in modo che sullo stesso appezzamento ruotino tutte le colture nei quattro
anni ma per ogni annata agraria se ne gestiscono solo due, al fine di mantenere la
stessa organizzazione dell’azienda, tenendo presente però che a questo beneficio, si
contrappone un'offerta discontinua di prodotti vendibili sul mercato.
Facendo dei calcoli si potrebbero presentare all'operatore anche dei valori indicativi,
confrontando contributi, costi di fertilizzazione e possibile PLV, nonché periodo di
terreno scoperto e bilancio umico. In una ipotetica azienda di circa 20 ettari, si
configurerebbe :
• un prevedibile aumento del costo di fertilizzazione quantificabile tra i 45 ed i 55 Euro/
Ha, rispetto ad un preventivato intervento minimale;
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• una diminuzione di poco superiore ai 52 Euro/Ha per i minori contributi PAC
contro:
• un potenziale aumento della PLV ai normali prezzi di mercato, anche mantenendo
improbabili, per la rotazione più stretta, rese uguali;
• il dimezzamento del tempo, da 22 a 12 mesi, in cui la terra resta scoperta nel
quadriennio.
• un prevedibile migliore contenimento delle essenze infestanti
• un bilancio umico che passa da un inaccettabile passivo ad un leggero attivo. (stimato
su condizioni medie quali: terreno argilloso con S.O. pari al 1.5%, un coefficiente di
mineralizzazione di 1.8% e continuando ad ipotizzare, diverso il contributo fertilizzante
ma uguali, nonostante tutto, le rese medie per entrambi le soluzioni, cioè uguali
restituzioni di residui al terreno)
Nel primo caso da cui si è partiti, l'azienda con bilancio umico in perdita, anche se
probabilmente certificata perché non ha mai usato prodotti non conformi, non sta
facendo agricoltura biologica e, nel breve periodo, dovrà affrontare diversi problemi
tecnici ed economici. Nel secondo caso, un piccolo sforzo di fantasia e conoscenza
agronomica, ha permesso di orientare l'azienda verso l'applicazione del metodo di
agricoltura biologica, con la valorizzazione della propria risorsa terra e, probabilmente,
il miglioramento delle rese e della qualità dei prodotti, creando anche presupposti per
ulteriori miglioramenti ed investimenti futuri.
Il ragionamento proposto, ben lungi dall'aver prescritto la ricetta della migliore
rotazione, è fatto solo per dimostrare che è possibile, anzi doveroso, rendere
compatibili le scelte economiche con quelle agronomiche. Le soluzioni possibili sono
infinite, vanno ragionate e modellate alle condizioni pedoclimatiche e di mercato
dell'area in cui si opera.
Quando poi, le condizioni aziendali e pedoclimatiche, permettono l'inserimento di
colture più ricche, come ortive o altre colture irrigue, impostare rotazioni efficienti ed
economicamente interessanti, è ancora più semplice, così come diventerà sempre più
"normale" ottenere risultati tecnici convincenti.
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