L`industria chimica in cifre
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L`industria chimica in cifre
L'industria chimica in cifre L'obiettivo della pubblicazione è di rendere disponibili in forma semplice le informazioni necessarie alla descrizione dell’industria chimica e dei suoi trend evolutivi nel Mondo e in Italia. Considerate la complessità dell’industria chimica e l’intensità delle sue interazioni con l’ambiente circostante, si è costruito un percorso che, affiancando alle statistiche commenti qualitativi, faciliti la comprensione del suo ruolo nell’economia, ma anche nella società e delle sfide che è chiamata ad affrontare. A causa delle crescenti differenze delle caratteristiche strutturali e dei fattori di crescita, si è ritenuto opportuno distinguere la chimica dalla farmaceutica. Di conseguenza, qualora non espressamente specificato, i dati si riferiscono alla sola industria chimica. Alla luce del recente allargamento dell’Unione europea, quando possibile, sono stati inseriti anche i dati relativi ai nuovi Paesi membri. La pubblicazione è anche disponibile sul sito Internet di Federchimica (http://www.federchimica.it) alla sezione Dati e Analisi. Indice A cura della Direzione Centrale Analisi Economiche-Internazionalizzazione di Federchimica, telefono 02-34565.337, email: [email protected]. Chimica e qualità della vita Dimensioni e ruolo della chimica europea Le sfide globali Il volto della chimica in Italia PMI: realtà importante in Europa e in Italia Imprese estere: una grande risorsa La performance sui mercati internazionali Un ruolo centrale per ricerca e innovazione Nella chimica un’occupazione di qualità L’importanza di giovani chimici ben formati Un forte impegno per ambiente e sicurezza Energia, zavorra per la competitività Logistica e trasporti Aggiornato nel mese di dicembre 2007 1 pag. 2 pag. 8 pag. 14 pag. 22 pag. 28 pag. 30 pag. 32 pag. 38 pag. 44 pag. 48 pag. 52 pag. 56 pag. 60 Chimica e qualità della vita Tanta chimica in quello che facciamo Economia di un barile di petrolio La chimica incorporata nei consumi e nei servizi carburante per un viaggio di 1000 Km (incidenza diretta e indiretta sul valore di beni e servizi) Vernici Pavim. In laminato e vinilici Moquette Servizi di veterinaria Pneumatici Calze da donna Lenti a contatto e occhiali Istituti di bellezza Fotografia Servizi ospedalieri Giocattoli Tende Spazzole e scope Pannolini CD, videocassette e DVD Articoli sportivi Elettrodomestici 100 77 68 65 62 55 47 46 45 43 38 38 37 37 34 31 30 Batterie Calzature Libri Attrezzature mediche Divani Materassi Giornali e riviste Piatti e posate Servizi di lavanderia Lampadine Imbarcazioni Mobili Cinema e teatro Manutenzione auto Case Cucine Auto e moto 27 26 25 25 24 24 21 21 20 18 17 17 16 15 15 14 14 260 m di tubi di protezione per cavi elettrici polietilene 240 bottiglie per detersivo (2L) 2 paraurti per auto Vestire polipropilene 2 valigie 3 sedie da giardino propilene Divertirsi 21 maglioni acrilonitrile 5 coperte Conoscere 1 pneumatico da auto butadiene buteni Muoversi Star bene 21 magliette poliestere etilene Abitare 72 litri di virgin naphta 13 pneumatici da bici elastomeri 17 camere d’aria da bici aromatici caprolattame 500 paia di collant Fonte: Federchimica, BP chemicals anno 2006 Fonte: American Chemistry Coucil, anno 2005 glicoletilenico Spesso il valore della chimica e della sua industria non viene percepito in quanto non utilizziamo direttamente i suoi prodotti. In realtà essi sono incorporati nella stragrande maggioranza degli oggetti a noi familiari o che presto lo diventeranno: televisori, telefoni cellulari, elettrodomestici, lenti a contatto, solo per fare alcuni esempi. La pervasività della chimica emerge chiaramente se si considera tutta la varietà di prodotti che si può ottenere trasformando un barile di petrolio usato come materia prima; ciò è possibile attraverso diversi passaggi che, a valle della petrolchimica, coinvolgono molte sostanze di chimica fine e specialità. La chimica migliora continuamente i suoi prodotti. In un’auto, ad esempio, i prodotti chimici sono tantissimi, sempre di più e tutti fondamentali per garantire maggiori prestazioni, sicurezza e rispetto ambientale. Un’auto europea contiene chimica per un valore compreso tra 800 a 2500 euro, a seconda del modello considerato. Il contenuto di chimica di un’automobile BATTERIA CAVI Vernici (pigmenti e coloranti) Elettroliti Plastificanti Materiali polimerici Cere per rivestimento Prodotti antirombo TRATTAMENTO METALLI Additivi Acidi e solventi Gas tecnici CARROZZERIA MARMITTA CATALITICA Catalizzatori Materiali ceramici PNEUMATICI Elastomeri Nero di carbonio Ausiliari per gomma Fibre artificiali Gas tecnici GUARNIZIONI Gomme siliconiche Fluoropolimeri Poliolefine CINTURE DI SICUREZZA SEDILI Fibre sintetiche Poliuretano espanso Ausiliari per cuoio e pelle Totale: 800-2500 euro VETRI FARI Sali silicati Soda Film polimerici Adesivi per il fissaggio Detergenti Gas tecnici FRENI E MOTORE Liquidi refrigeranti Liquidi di lavoro Lubrificanti CARBURANTE Additivi Gas tecnici speciali Antidetonanti AIRBAG Inneschi Polimeri Gas tecnici Fibre sintetiche PARAURTI GRIGLIE VOLANTE CRUSCOTTO ARREDO INTERNO Plastiche Fibre sintetiche Tecnopolimeri Poliuretano Additivi Vernici per plastiche Fonte: Federchimica, anno 2006 2 3 Chimica e qualità della vita Chimica significa anche competitività Composizione delle vendite dell’industria chimica I settori che attivano la domanda chimica Chimica: sempre protagonista nei processi di sviluppo economico e sociale Oggi e domani - Nanotecnologie Costruzioni 4% Altre industrie 11% Carta e stampa 6% Legno 3% Tessile 9% Alimentare 4% Consumi finali 20% Servizi e salute 13% Agricoltura 5% - Biotecnologie - Nuovi materiali Terza ondata (1970-2000) Chimica fine e specialità Gomma e plastica 23% Industria 32% Mezzi di trasporto 5% Prodotti in metallo e macchine 14% Vendite interne alla chimica 30% Agricoltura 8% Petrolchimica Servizi 13% Note: chimica e farmaceutica Fonte: elaborazioni su dati Cefic (Federazione europea dell’industria chimica), anno 2006 Seconda ondata (1940-1970) La chimica offre essenzialmente beni intermedi che trovano impiego in praticamente tutti i settori industriali. Essendo basata sulla scienza, la chimica è votata all’innovazione. In questo modo, trasferisce tecnologia e innovazione ai suoi clienti e sostiene in modo decisivo la competitività dell’industria, in particolare italiana ed europea, e - di conseguenza - la difesa dei posti di lavoro. La chimica è motore di progresso perché come scienza offre confini sempre nuovi da raggiungere e superare. Le imprese chimiche trasformano conoscenze e scoperte in tecnologie e prodotti. Tra le aree più promettenti figurano le biotecnologie e le nanotecnologie, ma anche i nuovi materiali. La chimica ha un ruolo di primo piano anche nel promuovere lo Sviluppo Sostenibile. Il suo impegno va innanzitutto nella direzione di migliorare la compatibilità ambientale non solo dei suoi prodotti, ma anche dei processi sottostanti. Il suo contributo però va ben al di là di questo perché la chimica è in grado di fornire soluzioni che migliorano la sostenibilità dei settori a valle: in termini di minore impatto ambientale dei prodotti e dei processi, di risparmio energetico e di risorse in generale, di salute e sicurezza. 4 Prima ondata (1850-1910) Chimica del carbone Chimica, motore di progresso 5 - Sviluppo Sostenibile Chimica e qualità della vita La chimica per la casa del futuro Efficienza energetica nel trasporto turbina eolica Materiali compositi di plastica e carbonio sistema di circolazione dell’aria pannelli solari Vernici antivegetative sistema di recupero del calore nuovi materiali isolanti isolamento delle finestre sistemi di trasformazione dell’energia (da cinetica a elettrica) sensori per accendere/spegnere luce o riscaldamento finestre e vernici autopulenti OLED materiali bianchi per la luce a cambiamento di fase vernici di facciata foto-voltaiche e autopulenti fornitura locale di calore idrogeno o altra fonte di energia celle a combustibile o altri sistemi di immagazzinamento e conversione dell’energia finestre elettrocromiche (fotovoltaiche) Fonte: Cefic, anno 2007 Fonte: Cefic, anno 2007 Una delle maggiori sfide che deve affrontare il pianeta è quella del riscaldamento globale e della disponibilità limitata di risorse energetiche. Abitazioni e trasporti sono i maggiori responsabili dell’emissione di gas serra e, in entrambi questi ambiti, le imprese chimiche stanno investendo in R&S al fine di offrire soluzioni a costi accessibili. L’industria chimica ha sviluppato una vasta gamma di tecnologie in grado di ridurre drasticamente il consumo energetico delle abitazioni. Ad esempio: − pannelli solari e celle fotovoltaiche utilizzano la chimica sia nel processo di trasformazione dell’energia solare in elettricità e riscaldamento, sia nel suo trasporto. 6 L’industria chimica contribuisce in modo decisivo anche al miglioramento dell’efficienza energetica dei trasporti. I casi sono innumerevoli e quelli riportati sono solo alcuni esempi. − I nuovi aerei utilizzano sempre più materiali compositi di plastica e carbonio che ne riducono il peso e quindi il consumo di carburante. Nell’Airbus A380 questi materiali rappresentano ormai il 25% del peso complessivo. − Le vernici antivegetative ad elevata prestazione riducono l’attrito durante la navigazione e, di conseguenza, le emissioni di anidride carbonica del 30% circa. − nuovi materiali isolanti sono in grado di ridurre il consumo di olio combustibile da 25 a 7 litri per metro quadro, − i materiali a cambiamento di fase agiscono come termoregolatori accumulando o cedendo calore all’ambiente circostante, Lubrificanti sintetici e additivi per carburanti − Lubrificanti sintetici ad elevata prestazione e additivi per carburanti migliorano l’efficienza della combustione interna del motore. Di conseguenza, nell’affrontare il tema del riscaldamento globale è necessario essere pienamente consapevoli che la chimica non costituisce tanto un problema quanto piuttosto una parte della soluzione. 7 Dimensioni e ruolo della chimica europea Distribuzione geografica della produzione chimica mondiale (miliardi di euro) Produzione chimica europea per paese - 2006 476 25 Ue10 Totale Mondo 2006 1641 miliardi di euro 417 Quota sul totale miliardi di euro Altri 10,9% 231 451 Ue15 Germania 26,1% Ue-10 5,2% 169 Belgio 6,8% 146 87 Spagna 7,2% 83 32 Ue25 Nafta Resto Asia Giappone Europa America non Ue Latina Cina Francia 13,0% Paesi Bassi 7,6% Altri Note: Ue25 = Unione europea escluse Romania e Bulgaria Ue10 = Paesi membri dell’Ue25 appartenenti all’Europa centro-orientale Nafta (North american free trade area) = USA, Canada e Messico Resto Asia = Asia esclusi Cina e Giappone Europa non Ue = Svizzera, Norvegia, Russia, Turchia Italia 11,5% 124,1 61,8 55.9 54,7 36,1 34,3 32,4 451,2 9,2 4,7 4,0 4,0 476,1 Germania Francia Regno Unito Italia Paesi Bassi Spagna Belgio Ue15 Polonia Rep. Ceca Ungheria Slovenia Ue25 Regno Unito 11,7% Fonte: Cefic, anno 2007 Fonte: Cefic, anno 2007 L’industria chimica europea nel 2006 ha realizzato un fatturato pari a 476 miliardi di euro, confermandosi leader con una quota pari a circa un terzo della produzione mondiale. Rapidamente la Cina si è affermata quale terzo Paese produttore dopo Europa e Stati Uniti. L’Italia è il quarto produttore europeo dopo Germania, Francia e Regno Unito. I nuovi Paesi membri, pur avendo un peso ancora limitato (complessivamente il 5,2%), mostrano un forte dinamismo. Al suo interno la chimica vede tre grandi comparti che presentano caratteristiche e dinamiche piuttosto diverse, mentre la farmaceutica va ormai considerata un settore distinto. − La chimica di base ha grandi impianti per sfruttare le economie di scala e vende i suoi prodotti ad altre imprese chimiche. Includendo anche le fibre, copre il 53% della produzione chimica europea. − La chimica fine e specialistica offre una grande varietà di prodotti a praticamente tutti i settori industriali. I volumi produttivi sono più ridotti, le possibilità di differenziazione ampie ed è essenziale garantire al cliente la performance desiderata. Il comparto riveste una quota pari al 34% della produzione chimica europea. − La chimica per il consumo, che rappresenta il restante 14% circa, non produce beni intermedi ma destinati al consumatore finale. 8 Produzione chimica europea per settore - 2006 (Ue, quota percentuale) Chimica per il consumo 13,5% Saponi e detergenti 5,9% Profumi e cosmetici 7,6% Plastica e gomma sintetica 22,5% Agrofarmaci 1,8% Fertilizzanti 3,2% Chimica di base e fibre 53,0% Intermedi farmaceutici 3,4% Vernici, adesivi e inchiostri 7,8% Petrolchimica 17,2% Chimica fine e specialità 33,5% Inorganici di base 5,4% Chimica fine e specialità 20,5% Fibre chimiche 2,4% Gas tecnici 2,3% Fonte: Cefic, anno 2007 9 Dimensioni e ruolo della chimica europea Andamento del saldo commerciale europeo (Ue25, miliardi di euro) Saldo commerciale della chimica europea per settore 160 140 125 120 100 117 120 86 98 41 105 2000 74 88 59 80 19 20 28 0 18 22 1995 1996 26 1997 chimica 22 1998 1999 12 34 2000 37 41 41 41 39 2001 11,0 7,7 Inorganici di base -1,5 -2,7 3,8 5,8 2002 2003 2004 2005 Fibre -1,0 1,1 Chimica fine e specialità 13,3 15,3 Chimica per il consumo 8,7 13,4 34,3 40,6 Totale chimica 30 2006 2006 Petrolchimica Plastiche 60 40 (Ue25, miliardi di euro) 92 Fonte: Cefic, anno 2007 altri settori industriali Fonte: Cefic, anno 2007 L’industria chimica contribuisce in modo significativo al saldo commerciale europeo: nel 2006 l’avanzo ha raggiunto i 41 miliardi di euro. Tale surplus è cresciuto molto nella seconda metà degli anni Novanta, ma successivamente sembra essersi stabilizzato. In effetti, negli ultimi 5 anni la crescita media annua delle esportazioni (+3,8%) è stata inferiore a quella delle importazioni (+5,0%). Tutti i comparti chimici, tranne gli inorganici di base, risultano in attivo. Particolarmente rilevante e in crescita è il contributo della chimica fine e specialistica (15,3 miliardi di euro) e di quella per il consumo (13,4 miliardi di euro). La competitività della chimica europea è testimoniata anche dal fatto che risulta in attivo rispetto a tutte le aree del Mondo. Tuttavia, il surplus con l’Asia si sta progressivamente riducendo e nei confronti della Cina l’Europa si trova ormai in deficit (670 milioni di euro nel 2006). 10 Saldo commerciale della chimica europea per area geografica (Ue25, miliardi di euro) 2000 2006 Europa non Ue25 2,5 8,8 Nafta 7,0 13,6 America Latina e Caraibi 3,7 5,2 Asia 7,4 3,5 Africa 3,4 4,7 Oceania 1,4 3,7 34,3 40,6 Totale chimica Fonte: Cefic, anno 2007 11 Dimensioni e ruolo della chimica europea Parametri caratteristici nell’industria europea Valore aggiunto per addetto Deposito di brevetti in chimica (quota percentuale, anno 2005) Altri 10% Ue25 38% USA 26% Giappone 26% Note: stima basata su EPPATENT e WOPATENT Fonte: Fraunhofer-Institute (ISI), anno 2006 Spese per il personale per addetto (indice chimica e farmaceutica=100) (indice chimica e farmaceutica=100) Chimica e farmaceutica Chimica Mezzi di trasporto Carta e stampa Elettronica Ind. manifatturiera Meccanica Minerali non metalliferi Metalli Alimentare Gomma e plastica Legno Tessile e abbigliamento Pelle e concia Chimica e farmaceutica Chimica Mezzi di trasporto Elettronica Meccanica Carta e stampa Ind. manifatturiera Metalli Gomma e plastica Minerali non metalliferi Alimentare Legno Tessile e abbigliamento Pelle e concia 100,0 95,1 62,1 61,2 60,6 54,8 54,6 54,6 50,7 50,3 48,8 35,5 28,6 28,4 100,0 96,2 90,0 77,7 76,4 72,2 66,4 63,4 61,7 60,9 52,0 43,1 37,2 36,8 Note: Ue25 Fonte: elaborazioni su dati Eurostat, anno 2004 La peculiarità forse maggiore della chimica è di essere un’industria basata sulla scienza. Storicamente la ricerca industriale è nata proprio in questo settore. La chimica europea è leader non solo in termini di produzione, ma anche di innovazione: sono, infatti, di origine europea il 38% dei brevetti depositati riguardanti la chimica. Centralità dell’innovazione, forti investimenti e risorse umane qualificate sono alla base dell’elevato valore aggiunto della chimica. Dopo la farmaceutica, è il settore che, rapportati al numero di addetti, ha il più alto valore aggiunto e le maggiori spese per il personale. Un’industria chimica europea forte e competitiva è in grado di garantire posti di lavoro altamente qualificati. Escludendo la farmaceutica, il settore occupa 1 milione e 300 mila addetti. Considerando anche l’occupazione attivata indirettamente, si arriva a stimare che ben 4 milioni di europei hanno un impiego collegato alla chimica. Negli ultimi 10 anni l’occupazione chimica è diminuita significativamente. Una parte del calo si spiega, però, con l’outsourcing di attività prima svolte all’interno delle imprese chimiche con conseguente miglioramento dell’efficienza operativa. La riduzione degli addetti riflette anche il peso crescente, nelle economie avanzate, dei servizi a scapito delle attività manifatturiere. 12 . Numero di occupati nella chimica europea Occupazione attivata dall’industria chimica (Ue25, migliaia, chimica e farmaceutica) (n° di addetti ogni 100 addetti dell’industria chimica) 0 2100 25 50 75 100 Servizi, trasporti e comunicazioni 2050 2000 Input industriali 1950 1900 Investimenti 1850 1800 1750 1700 Nel 2006 - Chimica : 1 milione e 300 mila - Farmaceutica : 600 mila Altri Attivati 182 addetti indiretti ogni 100 diretti Occupazione chimica diretta e indiretta : 4 milioni 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 Note: l’occupazione attivata è calcolata misurando l’impatto degli acquisti diretti, di quelli indiretti (ovvero dei settori che vendono alla chimica) e degli investimenti necessari per sostenere la produzione dell’industria chimica Fonte: elaborazioni su dati Cefic, anno 2007 13 Le sfide globali Crescita dei consumi mondiali di chimica Rapporto tra crescita della produzione chimica ed evoluzione del PIL negli USA (var. % media annua, 1995-2005) 1950 1960 1970 1980 1990 2000 2010 Chimica di consumo 2,7 1,8 1,4 0,3 0,5 0,9 0,7 Chimica di base 3,5 2,8 0,9 0,9 2,7 -0,2 0,3 Chimica per l’agricoltura 4,5 2,5 1,5 0,6 -0,2 -0,1 0,2 Chimica fine e specialità 2,7 4,2 0,9 0,7 0,7 0,6 0,8 Ue 10 Nord America Ue 15 4,1 3,2 9,1 3,8 2,3 4,1 6,5 Europa: crescita media annua nei periodi 1995-2000 e 2001-2006 (%) 3,6 4,2 2,6 1,5 2,2 1,5 8,0 6,0 Medio Oriente 4,4 2,3 2,8 Asia escluso Giappone America Latina 1995-2000 2001-2006 PNL 14 Produzione chimica mondiale per area geografica (%) (var. % media annua, 1996-2006) 100% 18 16 90% 15,7 80% 14 70% 11,4 12 10,8 9,7 10 8 6 60% 9,2 8,1 7,6 7,5 Media mondo 5,5% 50% 7,4 40% 4,6 20% 2 0,4 0 10% in a Ru ss ia Sv izz er a Br as ile Re p Co re a US A Ue 2 5 Gi ap po ne Uc ra nt e ia io Or ie hi a 0% In d 10,5 10,9 10,7 26,4 26,4 21,9 16,7 10,9 13,8 23,5 30,6 32,6 30,4 27,1 1995 2005 2015 9,7 30% 4,3 4 ed Crescita della produzione nell’industria chimica Ue25 Giappone Nord America altri M In Europa, così come negli Usa, la domanda di chimica ha perso la sua capacità di crescere più dell’economia in generale. Nei Paesi sviluppati, infatti, i consumi sono concentrati soprattutto nel settore dei servizi e nei beni ad alto contenuto tecnologico che incorporano poca chimica. A livello mondiale, invece, la chimica continua ad essere molto dinamica. Nei Paesi che hanno da poco tempo avviato un processo di industrializzazione si assiste, infatti, ad un’esplosione della domanda di chimica poiché questa è strettamente connessa a tali processi. La domanda di chimica è ulteriormente stimolata dal fatto che molti di questi Paesi si stanno affermando quali leader mondiali in numerosi settori tradizionali a forte contenuto di chimica. Negli ultimi dieci anni la produzione chimica a livello mondiale è cresciuta mediamente del 5,5% annuo. L’Europa, in questo periodo, ha segnato un ritmo di crescita medio annuo del 4,3%, inferiore anche a quello registrato dagli Stati Uniti (4,6%). Se i ritmi di crescita che le diverse aree del mondo hanno vissuto negli ultimi 10 anni si riproponessero invariati per i prossimi dieci, l’Europa perderebbe la sua leadership mondiale a favore dei Paesi asiatici. Fonte: VCI (Associazione dell’industria chimica tedesca), Cefic, Global Insight (Istituto di analisi economica), anno 2007 Ci na Note: Ue15 Fonte: elaborazioni su Cefic, American Chemistry Council, anno 2007 Consumi di chimica Totale economia rc Industria Tu Chimica Asia escl. Giappone Fonte: Cefic, Federchimica, anno 2007 15 Le sfide globali 16 Asia-Pacifico 12 10 2003 2010 40 60 30 50 40 20 6 Nord America Ue25 2 30 20 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 Note. inclusa farmaceutica; ** Paesi dell’Asia Orientale e Australia 10 5 0 0 Ue-15 Fonte: Cefic, American Chemistry Council, anno 2007 Gli investimenti nell’industria chimica premiano i Paesi dell’Asia Orientale che crescono più velocemente a conferma di un trend iniziato negli anni Novanta. E’ invece in lento ma continuo calo la quota di investimenti sulle vendite in Europa e nei paesi del Nord America. Nella petrolchimica sono in atto forti aumenti della capacità produttiva in Asia e nel Medio Oriente. Nell’area asiatica questi sono diretti a soddisfare la crescente domanda interna. Nell’area mediorientale, che offre preziosi vantaggi di costo derivanti dalla prossimità ai pozzi petroliferi, la nuova capacità istallata è destinata a soddisfare anche la domanda estera. Il petrolio è la materia prima fondamentale della filiera petrolchimica. Recentemente la crescente domanda e l’offerta limitata hanno causato una forte crescita del prezzo. Date le tecnologie esistenti, considerando non solo i costi di produzione ma anche l’impatto ambientale, non esistono ad oggi fonti realmente alternative al petrolio. L’unica eccezione è l’etanolo da mais che però in termini quantitativi è marginale rispetto alla domanda di energia. USA Medio Oriente Asia 2005 2006 2007 2008 Fonte: ICIS Chemical Business, BASF, anno 2007 Costi di produzione e emissioni di gas serra delle principali fonti energetiche alternative al petrolio Emissioni di gas serra (% in relazione alle emissioni da produzione di petrolio) Fonte: American Chemistry Council, anno 2007 16 2004 Costo di produzione 1997 Qatar Altri ($ per barile equivalente di petrolio) 1992 Arabia Saudita Iran 15 10 4 35 25 8 (milioni di tonnellate) (milioni di tonnellate/anno) Media annua 1996-2006 Asia – Pacifico** 12,0% Nord America 5,1% Ue25 4,8% 14 Esportazioni di petrolchimica dal Medio Oriente Nuova capacità produttiva istallata di etilene Investimenti nell’industria chimica (% sulle vendite) 17 Le sfide globali Spese in ricerca e sviluppo (in % del valore della produzione) Sviluppo della quota di specialità, semi-specialità e commodities nel mercato mondiale 6 5 4,8 4,7 4,9 4,7 4,8 4,9 4,8 4,6 4,9 4,5 4 9 26% 3 2,5 2,5 2,4 Commodities 8 40% 7 3,0 3,0 2,4 2,2 2,3 2,6 2,5 2,4 14% 2,5 2,0 2 2,0 2,01,9 2,1 1,8 6 Semi-specialità 1,7 1,8 5 20% 4 3 1 60% Specialità 2 40% 0 1995 1996 Giappone 1997 1998 Europa 1999 2000 2001 2002 2003 1 2004 USA 0 2000 1990 Note: Europa comprende Ue11 dal 1995 al 1999 e Ue25 dal 2000 in poi Fonte: OCSE, VCI (Associazione tedesca dell’industria chimica), anno 2007 Nuovi polimeri introdotti per decade L’industria chimica europea, ma anche quella americana, assiste ad un calo dell’intensità di ricerca e sviluppo. Diverse aree della chimica faticano più che in passato a generare innovazioni radicali e - allo stesso tempo - un crescente numero di prodotti, anche nella chimica fine e specialistica, tende a diventare commodity. Il rischio è che non sempre gli sforzi di innovazione riescano a produrre risultati percepiti dai clienti e tali da giustificare un prezzo più elevato. La chimica non può essere comunque considerata un settore maturo. Concentrando gli sforzi su ricerca e innovazione, le imprese chimiche possono offrire nuove soluzioni in grado di rivitalizzare i prodotti dei loro clienti industriali e - al tempo stesso - il loro vantaggio competitivo. Solo l’innovazione consente di sfuggire a una logica in cui l’eccessiva attenzione ai fattori di costo trasforma l’intermedio chimico in una commodity. Tra i campi di ricerca maggiormente promettenti figurano certamente le bio e le nanotecnologie che per le loro potenzialità attraggono investimenti dai principali attori della chimica mondiale. In entrambe queste aree, però, l’Europa non ricopre una posizione di leadership, che è saldamente detenuta dagli Stati Uniti. 18 2010 '00 '10 '20 '30 '40 '50 '60 '70 '80 '90 Fonte: Cefic, American Chemistry Council, anni 2006-2007 Brevetti in Biotecnologie presentati all’EPO* 10,2 13,8 39,9 USA Ue15 Giappone Altri 34,5 * European Patent Office, anno 2002 Spese di ricerca e sviluppo nelle nanotecnologie (milioni di euro, 2005) 5000 4000 3000 2000 1000 0 Ue25 Investimenti statali USA Giappone Investimenti privati Fonte: Commissione Europea, OCSE anno 2006 19 Altri Fondi dall’Ue25 o dal Governo Federale Le sfide globali Fusioni e acquisizioni nell’industria chimica mondiale Ristrutturazione dell’industria chimica Numero di transazioni 120 100 80 60 40 20 0 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 Valore delle transazioni (miliardi di dollari) 70 60 50 40 30 20 10 0 Fonte: BASF, anno 2007 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 Fonte: David Ingles Consulting, KPMG International analysis, anno 2007 Negli anni Ottanta numerose imprese chimiche erano contemporaneamente presenti in molte aree. La globalizzazione ha fatto sì che i vantaggi della specializzazione e di una leadership sul mercato mondiale superassero quelli derivanti dalla diversificazione. Oggi, i fattori di successo delle singole aree della chimica sono diversi, è perciò difficile operare efficacemente su tutte. Le imprese chimiche negli ultimi anni hanno dato vita a significative operazioni di fusione e acquisizione per due ragioni principali: − acquisire efficienza operativa in una situazione di crescente costo delle materie prime; − concentrare la propria attività su quelle aree altamente specifiche sulle quali l’impresa gode di vantaggi competitivi forti. La classifica delle principali imprese chimiche nel mondo segnala il primato dell’industria europea con 8 fra le prime 17 aziende. Rispetto al 1992 tale leadership sembra tuttavia meno assoluta: sono entrate in classifica imprese statunitensi e giapponesi, ma anche nuovi player provenienti da Paesi emergenti come la Sinopec (Cina) e la Sabic (Arabia Saudita). 20 Le prime società chimiche nel mondo Fatturato 2006 Fatturato 1992 (miliardi di euro) (miliardi di ecu) BASF 87,2 Hoechst 22,7 Dow Chemicals 61,7 BASF 22,0 ExxonMobil Bayer Shell 61,4 48,0 45,6 Bayer DuPont ICI 20.4 16,8 16,4 INEOS Sinopec 45,2 36,7 Dow Ciba-Geigy 14,6 12,2 DuPont Total 34,4 31,7 Rhone-Poulenc Elf Aquitaine 11,9 10,2 SABIC Lyondell Chemical Mitsubishi Chemical 28,9 27,9 27,7 Sandoz Shell Merck & Co Akzo Nobel 22,8 Akzo 7,2 Sumitomo Chemical Air Liquide Degussa 18,9 18,2 18,1 Mitsubishi Kasei Roche 7,2 7,1 Mitsui Chemical 17,8 Exxon Enichem 7,0 7,0 Note: esclusa farmaceutica, in rosso le aziende europee Fonte: Cefic, Chemical Insight, anno 2007 21 7,9 7,8 7,5 Il volto della chimica in Italia Produzione chimica in Italia per settore Incidenza della chimica sull’industria manifatturiera Dimensione della chimica italiana, anno 2007 Industria Chimica Chimica e farmaceutica Produzione 58,3 81,3 Esportazioni 21,9 34,3 miliardi di euro (salvo diversa indicazione) 32,5 46,8 -10,6 -12,5 Domanda Interna 68,9 93,8 Importazioni Saldo commerciale Occupati (.000) 126 194 Investimenti (*) 1,6 2,3 R&S (*) 0,4 0,8 R&S/fatturato (%) 0,7 1,0 Industria Chimica Chimica e farmaceutica Fatturato 5,9% 8,5% Valore aggiunto 4,4% 7,4% Addetti 2,8% 4,3% (quota percentuale) Chimica per il consumo 17,5% Profumi e cosmetici 8,0% Saponi e detergenti 9,5% Plastica e gomma sintetica 27,4% Agrofarmaci 1,7% Fertilizzanti 2,2% Investimenti 5,5% 7,8% R&S (*) 6,6% 13,6% Note: (*) R&S intra muros strutturata Chimica di base e fibre 45,7% Principi attivi e int. farmaceutici 5,4% Chimica fine e specialità 36,8% Fonte: Federchimica su dati Istat, anno 2005 Petrolchimica 6,8% Vernici, adesivi e inchiostri 11,2% Inorganici di base 3,4% Gas tecnici 5,4% Note: (*) anno 2005 R&S intra muros strutturata Fibre 2,8% Chimica fine e specialità 16,3% Fonte: Federchimica su dati Istat, anno 2007 Fonte: Federchimica su dati Istat, anno 2005 In Italia la chimica, con una produzione superiore ai 58 miliardi di euro, rappresenta il 6% circa dell’industria manifatturiera. Il mercato italiano dei prodotti chimici sfiora i 69 miliardi di euro. Il settore impiega 126 mila addetti (2,8% dell’occupazione industriale). Nel 2005 la chimica ha realizzato investimenti per 1,6 miliardi di euro e spese di R&S per 373 milioni di euro (il doppio se si considerano anche le forme meno strutturate). La chimica è un settore ad alta intensità di ricerca: la sua incidenza sulle spese di R&S totali dell’industria (6,6%) è superiore al peso in termini di fatturato (5,9%). L’Italia è attiva su tutte le aree della chimica. Nel confronto con la chimica europea, emerge una maggiore specializzazione nella produzione di gas tecnici, vernici, inchiostri e adesivi, principi attivi farmaceutici e detergenti. La struttura del conto economico evidenzia significative differenze tra comparti. Nella chimica di base è maggiore l’incidenza del costo delle materie prime e dell’energia. Quest’ultima in generale incide per l’8% circa, ma raggiunge il 13% nella chimica di base e punte altissime in produzioni quali il cloro-soda o i gas tecnici. Detergenti e cosmetici, destinati al consumatore finale, vedono una maggiore rilevanza delle spese di marketing e comunicazione. 22 Conto economico della chimica in Italia (% sulla produzione) Valore Spese per aggiunto personale MOL Altre spese Energia e mat. prime Spese generali Produzione Chimica di base 14,8 9,1 5,8 85,2 65,7 19,4 100,0 Fibre chimiche 13,8 12,3 1,5 86,2 60,8 25,4 100,0 Vernici e adesivi 25,1 15,0 10,1 74,9 56,7 18,3 100,0 Agrofarmaci 21,4 12,7 8,6 78,6 51,0 27,7 100,0 Altri chimici 23,2 13,5 9,8 76,8 60,9 15,8 100,0 Detergenti e cosmetici 22,4 12,1 10,3 77,6 48,0 29,6 100,0 INDUSTRIA CHIMICA 19,0 11,3 7,8 81,0 59,8 21,2 100,0 Fonte: elaborazioni su dati Istat, anno 2005 23 Il volto della chimica in Italia Le principali imprese chimiche italiane Distribuzione della produzione in Italia Piccole e Medie Imprese Italiane 40% Risultati 2006 (milioni di euro) Imprese Multinazionali 36% Medio-Grandi Imprese Italiane 24% Nota: come imprese medio-grandi si sono considerate quelle con vendite mondiali superiori ai 100 milioni di euro Fonte: stime Federchimica, anno 2006 vendite mondiali produzione in Italia Polimeri Europa 6823,0 5036,0 Gruppo Mossi & Ghisolfi 1687,0 426,0 Mapei Radici Group 1461,0 1073,0 630,0 676,0 Syndial-Attività diversificate 815,0 815,0 Gruppo P & R 586,0 415,0 Gruppo Bracco Polynt 553,2 500,5 433,8 464,9 Colorobbia Italia 453,0 256,0 Gruppo C.O.I.M. 435,0 253,0 Montefibre 407,5 255,0 SOL Group Gruppo Lamberti 393,6 360,0 259,6 288,0 Gruppo Aquafil 357,0 196,0 Gruppo Sapio 341,0 333,0 IVM Group 325,0 228,0 vendite produzione mondiali in Italia Siad SIPCAM-OXON Group ACS Dobfar Zobele Industrie Chimiche Intercos Group Mirato Italsilva 320,0 290,0 273,0 241,0 208,0 172,8 172,0 190,0 150,0 225,0 75,0 140,0 172,8 172,0 Indena 3V Partecipazioni Industriali Gruppo Isagro Polyglass Sinterama F.I.S. Esseco Group 170,0 163,6 156,1 151,0 130,8 125,4 124,0 148,0 100,7 130,0 83,4 86,4 125,4 82,0 Gruppo Snia Gruppo Boero Colori Giovanni Bozzetto 122,6 115,0 114,2 76,6 100,0 53,5 Nota: imprese con capitale a maggioranza italiano; i valori si riferiscono ai prodotti chimici (al netto dei farmaci) Fonte: Federchimica, anno 2007 L’industria chimica in Italia vede la presenza di tre tipologie di attori, tutti molto importanti. − Le imprese medio-grandi italiane rappresentano il 24% della produzione, − le imprese a proprietà estera ricoprono il 36%, − le piccole e medie imprese italiane, il restante 40%. Tra le principali imprese italiane figurano grandi realtà della chimica di base, ma anche imprese medie e medio-grandi in forte espansione normalmente caratterizzate da un’elevata specializzazione e spesso leader, a livello mondiale o europeo, nel loro segmento. Sempre più spesso queste imprese vantano una presenza internazionale non solo dal punto di vista commerciale ma anche produttivo. In Italia sono presenti diversi poli petrolchimici. Non bisogna tuttavia pensare che tutta l’industria chimica ruoti attorno a tali poli. La distribuzione dell’occupazione mostra che la chimica è una realtà radicata su tutto il territorio nazionale con una presenza particolarmente significativa in Lombardia. Nella regione, infatti, lavora quasi la metà degli addetti chimici. 24 Distribuzione geografica dei principali Poli chimici Distribuzione dell’occupazione chimica (%) 1,0 0.0 48,8 6,8 1,0 6,7 6,9 1,5 6,3 1,7 0,8 1,2 12,1 0,2 0,8 1,8 0,5 0,2 0,4 Quota % Nord Centro Sud Chimica e farmaceutica Fonte: Federchimica, Istat, anno 2005 ITALIA 25 72,2 22,6 5,3 100,0 1,4 Il volto della chimica in Italia Quota della Lombardia sull’Italia (%) Principali regioni chimiche europee CHIMICA In Europa 50 regioni su 116 con più di 10 mila addetti 75 regioni su 116 con più di 100 unità locali Le prime 15 regioni sono diffuse in molte nazioni - 7 in Germania - 2 in Italia (Lombardia e Lazio) - 2 in Francia - 2 nel Regno Unito - 1 in Spagna - 1 in Belgio In Italia 388 comuni con più di 100 addetti Fonte: Eurostat, anno 2005 addetti chimici 1. Renania-Westfalia (GER) 2. LOMBARDIA (*) % sulla popolazione 111 678 0,62 95 949 1,02 3. Ile de France (FR) 81 189 0,71 4. Catalogna (SPA) 62 188 0,92 5. Baviera (GER) 60 248 0,48 6. Assia (GER) 59 572 0,98 7. Baden-Wuttemberg (GER) 57 818 0,54 8. Palatinato (GER) 55 464 1,37 9. North West (GB) 46 522 0,68 44 803 0,74 10. Fiandre (BE) Imprese Addetti 26 20,4 25.6 Indice di specializzazione della Lombardia nei settori industriali Note: chimica e farmaceutica (*) La Lombardia è prima regione chimica per numero di imprese, più di 900 escludendo quelle con meno di 10 addetti Tutta Europa vede una forte presenza chimica: in più di 50 regioni l’industria chimica occupa più di 10 mila addetti. Il settore garantisce posti di lavoro altamente qualificati e deve quindi essere considerato una risorsa per lo sviluppo e il benessere europeo. Una presenza diffusa sul territorio favorisce anche il dialogo e l’interazione con tutto il tessuto industriale europeo. Le imprese chimiche operanti in Italia condividono, infatti, la cultura dei loro clienti, sanno interpretarne al meglio le esigenze e fornire loro input innovativi. Una regione in cui questo rapporto è particolarmente vivace è la Lombardia che rappresenta la seconda regione chimica europea per numero di addetti e addirittura la prima per numero di imprese. In Lombardia circa 1 persona su 100 lavora nell’industria chimica, una quota anche superiore rispetto alla Renania-Westfalia. INDUSTRIA 33,1 48,8 Chimica Gomma e plastica Elettrotecnica 1,91 1,40 1,22 Metalli Carta, stampa Meccanica Tessile, abbigliamento Altri Legno 1,17 1,13 1,12 1,11 0,73 0,67 Alimentare Mezzi di trasporto Minerali non metalliferi Cuoio, calzature 0,65 0,58 0,51 0,33 Note: chimica e farmaceutica Indice di specializzazione calcolato come il rapporto tra la quota di addetti che lavorano in un certo settore in Lombardia e la stessa in Italia Fonte: Federchimica su dati Eurostat, anno 2005 La chimica per sua natura non si organizza sotto forma di distretto ma in Lombardia ha una presenza talmente forte e radicata da poter essere considerata un “distretto tecnologico”, vale a dire un network costituito dalle imprese del settore e da altri attori – quali le Università e le imprese di servizi e impiantistica – che insieme creano le condizioni ottimali per lo sviluppo di attività sofisticate e ad elevato contenuto tecnologico. Una parte rilevante del tessuto produttivo italiano si concentra in questa regione, ma tale concentrazione è ancora più marcata con riferimento alla chimica. Ciò vale in termini di imprese (33% contro 20%) e, ancor di più, di addetti (49% contro 26%). A conferma della vera e propria vocazione chimica della Lombardia, l’indice di specializzazione risulta addirittura superiore rispetto a settori da sempre considerati di punta come la meccanica strumentale. 27 PMI: realtà importante in Europa e in Italia Incidenza delle PMI nella chimica italiana (%) Totale chimica Peso delle PMI sull’occupazione dei settori chimici in Europa e in Italia (%) Europa Italia Chimica di base e fibre 27,6 40,9 Chimica fine e specialità 50,0 74,9 Chimica per il consumo 42,4 57,2 Totale Chimica 37,6 59,3 Nota: si considerano PMI le imprese con meno di 250 addetti Fonte: Eurostat, anno 2004 per l’Europa e 2005 per l’Italia Chimica Chimica fine e specialità per il consumo Valore aggiunto 52,7 68,2 Investimenti 58,7 58,0 40,3 74,8 Export 55,0 69,7 58,5 Rapporti caratteristici per dimensione d’azienda (migliaia di euro per addetto, salvo diversa indicazione) Totale CHIMICA Produzione Valore aggiunto Spese per il personale PMI CHIMICA INDUSTRIA INDUSTRIA 405,7 72,7 43,0 187,3 45,3 33,1 333,8 64,6 36,4 150,4 40,1 23,5 Investimenti 12,6 6,5 12,5 5,1 Export/fatturato (%) 28,7 27,6 32,3 22,4 Nota: si considerano PMI le imprese con meno di 250 addetti Fonte: Federchimica su dati Istat, anno 2005 Normalmente si pensa alla chimica come a un settore costituito solo da grandi imprese. In realtà, in Europa le PMI rappresentano circa il 38% dell’occupazione e quasi la metà degli addetti attivi nei settori della chimica fine e specialistica e per il consumo. In Italia rappresentano una quota persino maggioritaria dell’occupazione, del valore aggiunto, degli investimenti e delle esportazioni settoriali (le statistiche ufficiali però considerano tra le imprese con meno di 250 addetti anche alcune filiali di grandi imprese estere). Le PMI chimiche italiane sono imprese di qualità. Rispetto alle imprese industriali di dimensioni analoghe: − la produttività è circa il doppio (in termini di produzione e di valore aggiunto per addetto); − gli investimenti per addetto sono il triplo; − le spese per il personale e la quota di fatturato derivante da esportazioni sono decisamente maggiori. Sempre più spesso si parla delle medie imprese italiane come elemento di dinamismo del sistema industriale italiano. In questo ambito figurano certamente anche le medie imprese chimiche, che nel periodo 1996-2003 hanno ottenuto performance superiori rispetto alle grandi realtà chimiche europee. 28 Indici di sviluppo delle medie imprese chimiche, 1996-2003 (var. %) Medie chimiche italiane Grandi imprese chimiche europee Fatturato 45,1 21,3 Esportazioni 69,6 30,2 Valore aggiunto 40,1 24,1 Dipendenti 22,6 -4,2 Nota: sono considerate “medie” le imprese che realizzano un fatturato compreso fra i 13 e i 260 milioni di euro, occupando tra 50 e 499 addetti export delle grandi imprese chimiche europee calcolato sul fatturato realizzato al di fuori della casa madre chimica e farmaceutica Fonte: Mediobanca-Unioncamere, “Le medie imprese industriali italiane”, 2006 R&S, “Multinationals 2005” 29 Imprese estere: una grande risorsa Addetti delle imprese estere per settore chimico (%) Incidenza delle imprese estere sulla chimica in Italia Imprese con produzione in Italia Valore della produzione in Italia (miliardi di euro) Export (miliardi di euro) Spese di R&S (milioni di euro) Investimenti (milioni di euro) Addetti (migliaia) Fertilizzanti 2,1% Agrofarmaci 0,5% Fibre 3,9% Imprese estere Quota su totale chimica in Italia 288 16,8 8,3 206,0 494,0 39,5 16% 36% 44% 37% 39% 31% Gas tecnici 6,1% Chimica di base e plastiche 28,9% Vernici, adesivi e inchiostri 13,7% Detergenti e cosmetici 17,6% Chimica fine e specialità 18,9% Note: anno 2005, spese di R&S e investimenti anno 2004 Fonte: Istat, Reprint Note: i dati sovrastimano la presenza estera nella chimica di base e nelle plastiche in quanto riflettono le attività anche solo commerciali e una classificazione basata sull’attività prevalente dell’impresa. Fonte: Reprint, anno 2005 Nella chimica le imprese estere dotate di una presenza produttiva in Italia sono 288 per un valore della produzione pari a quasi 17 miliardi di euro nel 2005. Si tratta di una parte molto significativa della chimica italiana: queste imprese ricoprono il 36% della produzione complessiva e una quota anche maggiore dell’export settoriale (44%, il dato però comprende anche le ri-esportazioni). In molti casi, infatti, la produzione italiana non soddisfa solo il mercato interno ma è in parte rilevante destinata all’export. L’incidenza sulle spese di R&S settoriali è pari al 37%, ma raggiunge il 58% se si considerano le forme di ricerca più strutturata. Le imprese estere sono attive in tutti i settori della chimica italiana, ma rivestono una quota relativamente più importante nei gas tecnici e nella chimica fine e specialistica. Per lo più si tratta di realtà di grandi dimensioni, anche in termini di addetti impiegati in Italia. In effetti buona parte delle grandi imprese chimiche operanti in Italia sono a proprietà estera. Rappresentano, infatti, il 49% dell’occupazione complessiva nelle imprese sopra i 250 addetti. Inoltre, della quarantina di imprese chimiche con un valore della produzione realizzata in Italia superiore ai 200 milioni di euro, ben il 60% sono estere. 30 Occupazione delle imprese chimiche estere per classi di addetti 1-49 addetti 50-249 addetti 250 addetti e più Totale Distribuzione % delle imprese estere Quota % sugli addetti chimici totali 2,9 20,5 76,6 6,1 17,8 49,0 100,0 31,2 Nota: imprese facenti capo alla stessa casa madre considerate unitariamente Fonte: Reprint, anno 2005 31 La performance sui mercati internazionali Principali partner commerciali della chimica in Italia (%) Anno 2006 Saldo commerciale Evoluzione del saldo commerciale normalizzato (anno 2006, milioni di euro) Chimica di base Fibre chimiche Vernici e adesivi -10497 -214 530 Agrofarmaci -92 Altri chimici -1028 Detergenti e cosmetici 1234 Industria chimica -10067 Chimica e farmaceutica -11891 Paesi di provenienza 0,05 0,00 -0,05 -0,10 Chimica fine e specialità -0,15 Germania 22,5 Francia 14,4 Belgio 13,1 Olanda 8,6 Regno Unito 5,2 Ue15 -0,20 75,2 -0,25 Paesi di destinazione -0,30 Chimica di base -0,35 -0,40 1992 1994 1996 1998 2000 2002 2004 2006 Fonte: Istat, anno 2006 Germania 13,2 Francia 10,7 Spagna 8,3 Stati Uniti 5,8 Regno Unito 4,4 Ue15 52,8 Fonte: Istat, anno 2007 La chimica normalmente non viene considerata un settore di specializzazione forte dell’industria italiana a causa del suo deficit commerciale, pari a 10 miliardi di euro nel 2006. In realtà, esso si concentra nella chimica di base (non a caso, il comparto che soffre di più delle inefficienze del Sistema Paese), mentre i settori della chimica fine e specialistica sono prossimi al pareggio e la chimica per il consumo è in significativo avanzo (1,2 miliardi di euro). L’Italia, inoltre, detiene la leadership mondiale nella produzione di principi attivi per farmaci. A partire dagli anni Novanta, il saldo normalizzato della chimica a valle ha mostrato un continuo miglioramento. I principali partner commerciali sono i maggiori Paesi europei (prima la Germania, seguita dalla Francia sia nell’export che nell’import). I Paesi emergenti (inclusi i nuovi membri dell’Ue) sono una grande opportunità di crescita in quanto, a fronte di una presenza manifatturiera in espansione, non riescono a soddisfare localmente il loro fabbisogno di prodotti chimici. Nel 2006 il saldo extra-Ue15 ha superato i 2 miliardi di euro e, nella chimica a valle, risulta in forte espansione. Nel comparto vernici, adesivi e inchiostri i Paesi BRIC (Brasile, Russia, Cina e India) coprono ormai il 10% dell’export complessivo con un aumento di 4 punti percentuali in 6 anni. 32 Saldo commerciale per area Evoluzione del saldo extra Ue15 (milioni di euro) (milioni di euro) Anno 2006 Mondo Intra Ue15 Chimica di base e fibre Extra Ue15 -10711 -9880 -830 Chimica fine e specialità -590 -2431 1842 Chimica per il consumo 1234 86 1148 -10067 -12226 2159 -1824 -2171 347 Industria chimica Farmaceutica Chimica e farmaceutica -11891 -14397 2506 2.000 Chimica fine e specialità 1.500 1.000 500 Chimica per il consumo 0 -500 -1.000 Chimica di base e fibre 1992 1994 1996 1998 2000 2002 2004 2006 Fonte: Istat, anno 2007 33 La performance sui mercati internazionali Evoluzione della quota di mercato sul commercio mondiale della chimica italiana (valutata in euro, %) Propensione all’export (%) 2000 40 37.8% 35 30 25 20 15 1992 1994 1996 1998 2000 2002 2004 2006 Fonte: Istat, anno 2007 2006 var. ass. var. media annua commercio mondiale 2,6 2,1 -0,5 +6,9 Fibre chimiche 4,8 5,0 +0,2 -1,9 Vernici e adesivi 5,4 6,1 +0,7 +3,7 Agrofarmaci 3,1 3,2 +0,2 +1,8 Altri chimici 2,8 2,8 0,0 +4,9 Detergenti e cosmetici 6,1 6,3 +0,2 +6,0 Industria chimica 3,1 2,8 -0,3 +4,7 Totale Italia 4,5 3,5 -1,0 +5,1 Chimica di base Fonte: ICE – Istat, anno 2007 Le imprese chimiche sono consapevoli dell’importanza di catturare la domanda mondiale: tra il 1992 e il 2006 la propensione all’export è aumentata di 19 punti percentuali portandosi al 38%. Tale orientamento non riguarda solo le grandi realtà ma anche le PMI: la chimica è il primo settore italiano per incidenza delle imprese esportatrici (45%). Nel 2006 la quota sul commercio mondiale di chimica era pari al 2,8%. Quote di mercato maggiori emergono in detergenti e cosmetici (6,3%), vernici, adesivi e inchiostri (6,1%) e fibre (5,0%). Se si considera che la quota mondiale dell’industria italiana è pari al 3,5%, si deve concludere che queste sono aree di specializzazione non solo della chimica, ma dell’industria italiana. L’Italia detiene la leadership mondiale nei principi attivi farmaceutici per farmaci, con produzioni destinate per più dell’80% ai mercati esteri. Nel periodo 2000-2006 la quota della chimica si è ridotta di 0,3 punti percentuali, in misura inferiore rispetto all’industria (-1,0). In alcune aree ha invece guadagnato quote (0,8 nelle vernici, adesivi e inchiostri e 0,4 nei detergenti e cosmetici). Nel complesso la performance all’export è sostanzialmente in linea con la media europea, meno positiva della Germania ma migliore di Francia e UK. 34 Andamento delle esportazioni chimiche italiane e dei principali produttori europei (in valore, indice 2000=100) 150 145 Germania 140 135 130 125 Italia 120 115 Francia 110 UK 105 100 95 90 2000 2001 2002 2003 2004 2005 Fonte: elaborazioni Federchimica su dati Eurostat, anno 2007 35 2006 La performance sui mercati internazionali Internazionalizzazione nell’industria chimica italiana Partecipazioni Totale di controllo partecipazioni Anno 2005 Imprese con attività produttive all’estero Addetti all’estero (migliaia) Fatturato delle filiali estere 79 12,4 22,2 Ripartizione degli addetti delle partecipate estere dell’industria chimica per area geografica (%) 97 19,6 23,1 Ue15 Europa centro-orientale Altri Paesi europei Nord America America Latina Asia Africa Oceania Andamento nel periodo 2000-2005 (indici 2000=100, solo partecipazioni di controllo) 125 120 Imprese 115 110 Fatturato 105 100 38,0 21,5 2,2 11,8 11,3 14,0 1,0 0,2 Addetti 95 Fonte: Reprint, anno 2007 90 85 80 2000 2001 2002 2003 2004 2005 Fonte: Reprint, anno 2007 L’internazionalizzazione è una strategia chiave per essere presenti nei mercati più dinamici, sfruttare vantaggi di costo, difendersi dalle oscillazioni dei cambi, acquisire tecnologie e competenze. Nell’industria chimica le imprese internazionalizzate a livello produttivo sono quasi 100. Il 75% di tali partecipazioni è di controllo. Le filiali estere occupano 20 mila addetti per un fatturato pari a 23 milioni di euro circa. Considerando solo le partecipazioni di controllo, il numero delle imprese internazionalizzate è aumentato del 20% rispetto all’anno 2000. Lo stesso ritmo ha sperimentato il fatturato delle filiali estere, mentre l’occupazione è cresciuta più moderatamente (+3,6%). I Paesi dell’Ue15 sono la principale area di destinazione degli investimenti diretti delle imprese chimiche italiane (38,0%). L’Europa centro-orientale ha attirato investimenti consistenti (21,5%). Segue il continente asiatico (14,0%) che supera per incidenza anche il Nord America. Il grado di internazionalizzazione della chimica risulta inferiore rispetto alla media dell’industria italiana. Il settore sembrerebbe quindi in ritardo su questo fronte. 36 Grado di internazionalizzazione attiva nell’industria italiana (rapporto tra i dipendenti delle imprese partecipate all’estero e quelli in Italia di imprese non a proprietà estera) Partecipazioni di controllo Totale partecipazioni Partecipazioni di controllo Totale partecipazioni Autoveicoli e componenti 53,5 69,2 Tessile e maglieria 17,6 24,0 Carta e prodotti in carta 52,4 53,1 Elettronica e tlc 17,2 82,3 Farmaceutica 44,0 47,3 Meccanica di precisione 16,8 26,1 Elettrotecnica 38,2 41,3 Cuoio, pelli e calzature 15,7 22,5 Metallurgia 30,9 40,0 Chimica 15,1 24,0 Minerali non metalliferi 30,0 34,7 Macchine per ufficio 13,4 14,5 Gomma e plastica 29,2 31,3 Legno e prodotti in legno 10,0 13,0 Petrolio e derivati 29,0 115,9 Altri mezzi di trasporto 7,9 21,7 Abbigliamento 22,8 26,5 Altre ind. manifatturiere 7,4 8,5 Apparecchi meccanici 21,9 26,7 Editoria e stampa 5,8 9,2 Alimentari e bevande 19,7 23,5 Prodotti in metallo Totale ind. manifatturiera 19,7 25,5 Totale ind. manifatturiera Fonte: Reprint, anno 2007 37 5,1 6,4 19,7 25,5 Un ruolo centrale per ricerca e innovazione Spese di innovazione e ricerca (anno 2005, milioni di euro) Imprese innovative e tipologia di innovazione spese di innovazione spese di R&S spese di R&S strutturata intra muros 1649 711 373 chimica (% sul totale imprese) imprese innovative di cui innovazione di prodotto di cui solo innovazione di processo chimica 51,1 82,0 18,0 altri high tech 58,0 87,0 13,0 totale industria 37,4 50,0 50,0 Note: altri high tech comprende farmaceutica, macchine per ufficio, telecomunicazioni, apparecchi di precisione Fonte: Istat, Community Innovation Survey, anno 2005 % chimica su industria 8,1% 9,1% 6,6% % su fatturato chimico 3,2% 1,4% 0,7% % spese di R&S % acquisto tecnologia immateriale % acquisto macch. innovativi chimica 43,1 25,2 26,0 altri high tech 55,3 1,4 33,7 totale industria 38,4 4,9 46,4 Note: il dato Istat segue una definizione restrittiva di R&S e riflette le spese di R&S strutturata, trascurando quindi le forme meno formalizzate tipiche delle piccole imprese Fonte: Federchimica su dati Istat e Eurostat, Community Innovation Survey, anno 2005 Le imprese chimiche sono più innovative della media delle imprese manifatturiere in Italia: il 51% ha introdotto innovazioni nel periodo 2002-2004 a fronte di una media pari al 37%. La chimica può essere considerata un settore high tech. Infatti, la presenza di imprese innovative è prossima a quella dei settori altamente tecnologici (farmaceutica, macchine per ufficio, telecomunicazioni, apparecchi di precisione). Un altro aspetto accomuna la chimica agli altri settori high tech: fare soprattutto innovazione di prodotto. In tal senso è impegnato l’82% delle imprese chimiche innovative, si limita a fare innovazione di processo solo il restante 18%. Nel 2005 le spese di innovazione hanno superato gli 1,5 miliardi di euro. Le spese di R&S, incluse quelle extra-muros, ammontano a circa 700 milioni di euro circa (1,4% del fatturato). Si occupano di R&S più di 4 mila chimici, pari al 3,3% degli addetti del settore e all’8% del totale degli addetti di R&S nell’industria italiana. L’innovazione nella chimica è più fortemente basata sulla ricerca: l’incidenza della chimica sulle spese di innovazione in Italia è pari all’8%, ma raggiunge il 9% se si considera solo la R&S. Nel resto dell’industria italiana si innova soprattutto acquistando dall’esterno macchinari innovativi. 38 Personale dedicato alla R&S nell’industria chimica personale dedicato alla R&S - di cui ricercatori 4206 1864 - di cui tecnici 1786 % con età inferiore a 35 anni 38% % su addetti R&S ind. manifatturiera 8,2% % su addetti chimici 3,3% Fonte: Istat, anno 2005 39 Un ruolo centrale per ricerca e innovazione Intensità dell’attività di R&S nelle imprese chimiche italiane ed europee Europa Italia Spese in R&S/fatturato (%) Chimica di base 0,8 2,1 Agrofarmaci 1,0 2,7 Vernici, adesivi, inchiostri 1,0 1,6 Chimica fine e specialità 0,4 2,2 Detergenti e cosmetici 0,7 1,8 Fibre chimiche 0,2 0,9 10-49 addetti 31,9 Industria chimica 0,7 2,0 50-249 addetti 55,9 40,9 Farmaceutica 1,8 5,7 Chimica e farmaceutica 250 addetti e oltre 64,8 65,5 Totale 38,4 17,3 1,0 3,1 Personale R&S/addetti (%) Industria chimica Chimica e farmaceutica 3,2 3,9 5,2 6,7 Chimica e farmaceutica Spese di innovazione/fatturato (%) Fatturato da prodotti nuovi (%) 3,4 8,4 6,7 6,7 Imprese innovative con R&S per classi di addetti (%) Industria Chimica Totale industria 13,5 Fonte: Istat, Community Innovation Survey, 2000 Note: spese di R&S strutturate intra muros Europa = Germania, Francia, Regno Unito Italia anno 2005, Europa anno 2004 Fonte: Federchimica su dati Istat ed Eurostat Rispetto ai maggiori produttori europei, la chimica italiana ha minore intensità di ricerca in termini sia di addetti, sia di spese. Tale divario si riduce, anche se non si annulla, considerando più in generale le spese di innovazione. La chimica in Italia risulta però altrettanto innovativa sulla base della quota di fatturato derivante da prodotti nuovi. Ciò significa che in Italia le imprese chimiche innovano ma in una forma poco strutturata, basandosi su creatività ed esperienza. Diversamente dal resto dell’industria italiana, nella chimica la ricerca non coinvolge soltanto le imprese di grandi dimensioni ma anche tante PMI. La quota di imprese innovative con attività di R&S è, infatti, maggiore soprattutto nelle classi dimensionali meno elevate. Da un’indagine di Federchimica sulla chimica fine e specialistica, emerge che nell’84% dei casi è presente un laboratorio di R&S non destinato semplicemente al controllo qualità. Nel 35% delle imprese, però, controllo qualità e R&S non sono pienamente distinti con il rischio che l’attività di routine sottragga tempo e risorse alla vera e propria ricerca. La dimensione ridotta delle imprese pone problemi di massa critica, soprattutto se la ricerca è molto avanzata. Solo il 18% del campione dispone di almeno 10 addetti dedicati alla R&S, solo il 22% ha progetti di ricerca su orizzonti temporali di 2 anni e più. 40 Laboratori di R&S e controllo qualità nella chimica Totale chimiche (% di imprese) Meno di 50 addetti 53 Distinti 65 Non distinti 35 47 - prevale controllo qualità 16 23 Personale dedicato e durata dei progetti di R&S (% di imprese) Più di 10 addetti nella R&S 18 Progetti di R&S su orizzonte di due anni e più 22 Fonte: Federchimica, Indagine “Innovare nelle imprese di chimica fine e specialistica”, anno 2006 41 Un ruolo centrale per ricerca e innovazione Fonti di informazione esterne per l’innovazione (% di imprese innovative che le considera di importanza media o elevata) chimica totale industria fornitori 63,4 68,1 clienti 47,2 43,2 riviste scientifiche 44,9 26,8 fiere, conferenze 41,4 41,2 consulenti, ist. ricerca privati 39,1 33,4 imprese del settore 35,7 24,4 associazioni di categoria 25,1 19,7 università 21,5 7,8 ist. di ricerca pubblici 11,1 3,7 Collaborazione con la ricerca pubblica nella chimica fine e specialistica (% di imprese) Meno di 50 addetti Totale Continuativa 29 Occasionale 31 37 Nessuna 41 50 13 Fonte: Federchimica, Indagine “Innovare nelle imprese di chimica fine e specialistica” anno 2006 Fonte: Istat, Community Innovation Survey, 2004 La chimica è un’industria basata sulla scienza, è quindi chiaro che ricerca pubblica e riviste scientifiche, quali fonti di informazione per l’innovazione esterne all’impresa, un ruolo più importante rispetto alla media dell’industria. D’altro canto, anche nella chimica viene evidenziato come centrale il rapporto con i fornitori e con i clienti. In realtà sono poche le imprese chimiche in Italia che hanno rapporti di collaborazione formalizzati e continuativi con la ricerca pubblica (29% nei settori della chimica fine e specialistica). Le difficoltà di dialogo sono legate allo scarso interesse della ricerca pubblica verso il mondo applicativo, la lunghezza e l’incertezza dei tempi sia decisionali sia di realizzazione, oltre a possibili problemi con riferimento alla tutela della proprietà intellettuale. Emerge in modo evidente che il problema è anche di tipo culturale e organizzativo. Infatti, le imprese chimiche dotate di un responsabile della ricerca dedicato e con forti competenze manageriali sono più soddisfatte della collaborazione con la ricerca pubblica e ottengono più facilmente finanziamenti. Solo nel 16% delle imprese di chimica fine e specialistica è presente una figura di questo tipo in grado di dare continuità e visione strategica all’attività di ricerca. 42 Responsabile della ricerca nella chimica fine e specialistica (% di imprese) Non presente 8 Non dedicato 49 Dedicato e tecnico 24 Dedicato e manager 16 Soddisfacente collaborazione con la ricerca pubblica e ottenimento di finanziamenti pubblici alla ricerca Ricerca (% di imprese) Finanziamenti Imprese con responsabile della ricerca dedicato e manager 62 100 Altre imprese 21 15 Fonte: Federchimica, Indagine “Innovare nelle imprese di chimica fine e specialistica” anno 2006 43 Nella chimica un’occupazione di qualità Addetti nell’industria chimica e farmaceutica migliaia quota sull’Europa 126 194 11% 11% Chimica Chimica e farmaceutica Andamento dell’occupazione chimica in Italia e in Europa (indici 2000=100) 105 Imprese che nel 2006 hanno utilizzato contratti temporanei (% imprese) Dip. tempo determinato Apprendisti Chimica Chimica e farmaceutica Totale industria 35,8 38,1 24,6 Lavoratori Collaboratori interinali a progetto 19,3 18,6 24,2 29,3 30,4 12,4 23,2 24,7 10,9 Lavoratori stagionali 3,1 2,8 2,2 Assunzioni di giovani previste nel 2007 100 (% assunzioni) 95 90 85 2000 2001 2002 2003 2004 Italia -8% Ue25 -11% 2005 2006 Senza esperienza lavorativa Con meno di 30 anni Chimica 47,4 46,3 Chimica e farmac. 49,8 47,7 Totale industria 39,6 33,2 Fonte: Unioncamere, anno 2007 Note: dato sull’occupazione chimica europea disponibile solo fino all’anno 2006 Fonte: Federchimica, Istat, Cefic anno 2007 In Italia l’industria chimica impiega 126 mila addetti, l’11% del totale europeo. Tra il 2000 e il 2006 si è assistito a un calo pari all’8%, inferiore alla media europea (-11%). Sono le imprese piccole e medie quelle che mostrano una maggiore tenuta. Bisogna però tenere conto che parte del calo è legato all’esternalizzazione di attività prima svolte all’interno delle imprese chimiche. Fermo restando che oltre il 95% degli addetti chimici ha un contratto a tempo indeterminato anche in virtù delle necessarie competenze professionali, la maggioranza delle imprese del settore (63%) utilizza anche forme contrattuali flessibili. Nel complesso dell’industria la quota di imprese che ricorrono a contratti temporanei è inferiore. Ciò è legato alla maggiore dimensione aziendale media delle imprese chimiche. D’altro canto, l’industria chimica assume molti più giovani senza esperienza lavorativa e quindi con necessità di ulteriore formazione. Nel 2007 il 47% delle assunzioni riguarda persone con meno di 30 anni e il 46% coinvolge giovani privi di precedenti esperienze lavorative. In Italia e in Europa la chimica si caratterizza per la qualità elevata della sua forza lavoro. Rispetto all’industria in generale, mostra una maggiore presenza di figure altamente qualificate (39% contro 27%). 44 Occupazione per livello di qualifica (%) operai impiegati direttivi, quadri Chimica italiana 42,9 17,8 39,4 Chimica europea (*) 43,5 13,9 42,6 Industria italiana 62,8 10,1 26,7 Occupazione per settore chimico e livello di qualifica (%) operai impiegati direttivi, quadri 45,0 12,2 42,7 6,5 33,6 60,0 Vernici, adesivi, inchiostri 47,6 13,9 38,4 Detergenti e cosmetici 48,4 24,5 27,1 Altre specialità 35,7 20,9 43,3 Fibre 32,4 15,0 52,6 Chimica di base Agrofarmaci (*) dati disponibili per Germania, Francia, Italia, Spagna e Paesi Bassi Fonte: Eurostat, Indagine sulla forza lavoro, anno 2005 45 Totale temporanei 62,5 63,5 48,4 Nella chimica un’occupazione di qualità Incidenza dei laureati sugli addetti e sulle nuove assunzioni Laureati/addetti Laureati/assunzioni - di cui laureati scientifici/assunzioni Chimica Totale industria Chimica europea 18% 25% 14% 7% 9% n.d 26% n.d. n.d. Imprese che ospitano stage per classi di addetti PMI 250 addetti e oltre Totale chimica 43% 79% 45% Note:media anni 2004-2006 Fonte: Federchimica, anno 2007 Note: si considerano neo assunti coloro che hanno meno di 30 anni media anni 2004-2006 Fonte: Federchimica, Istat, Unioncamere, anno 2007 Nella chimica il 18% degli addetti è laureato, una quota molto al di sopra della media dell’industria italiana (7%). D’altro canto, la chimica europea mostra una presenza di laureati ancora maggiore, con una quota pari al 26%. Bisogna, tuttavia, tenere presente che in Europa le lauree triennali sono presenti da molto più tempo. Al fine di innalzare il suo patrimonio di conoscenze e il contenuto tecnologico dei prodotti, la chimica italiana si rivolge sempre di più ai laureati. La loro incidenza sulle nuove assunzioni (25%) è, infatti, superiore a quella sul totale degli addetti (18%). Tra i laureati il 56% circa ha una preparazione scientifica. L’interesse ad avvicinare giovani e acquisire nuove competenze è testimoniato anche dalla quota considerevole di imprese (45%) che ospitano stage. In media il settore attiva due mila stage all’anno. Le imprese chimiche sono molto attive nella formazione, anche alla luce del loro impegno in materia di sicurezza e salute sul lavoro e di tutela dell’ambiente. Nel 2006 il 66% delle imprese ha svolto corsi di formazione coinvolgendo il 32% dei collaboratori. Tali attività vedono protagoniste anche buona parte delle imprese piccole e medie. Tra le imprese con meno di 250 addetti, il 21% dei dipendenti ha seguito corsi di formazione a fronte di una media per l’industria ferma al 9%. 46 Imprese che hanno svolto corsi di formazione nel 2006 (% imprese) Totale PMI Chimica Chimica e farmaceutica Totale industria 65,7 40,6 67,8 37,7 15,3 12,2 Dipendenti che hanno partecipato a corsi di formazione nel 2006 (% dipendenti) Totale PMI Chimica Chimica e farmaceutica Totale industria 32,1 20,9 33,9 21,9 17,0 8,9 Fonte: Unioncamere, anno 2007 47 L’importanza di giovani chimici ben formati Rapporto tra gli studenti delle scuole medie e superiori e le materie scientifiche Indagine PISA 2003: punteggi conseguiti in matematica e scienze (Indice Educazione Fisica=100) Matematica Scienze Giappone 534 548 Francia 511 511 Educazione fisica Lingue straniere 100,0 55,7 Germania 503 502 Media OECD 500 500 Matematica 47,1 USA 483 491 Arte 42,9 Italia 466 486 Italiano 42,9 Educazione civica 40,0 Fisica 32,9 Fonte: OCSE, anno 2004 55,7 47,1 Biologia 31,4 Chimica 25,7 Fonte: Sasol Olefins & Surfactants L'industria chimica, in quanto industria basata sulla scienza, ha bisogno di giovani ben formati nelle materie scientifiche. Tuttavia per queste i giovani italiani mostrano un scarso interesse. La scarsa cultura scientifica presente nel nostro Paese e la maggiore attrattività di altre aree in ambito scientifico hanno contribuito al calo significativo delle immatricolazioni avvenuto nella seconda metà degli anni '90. A partire dal 2001 le nuove iscrizioni risultano in ripresa. La recente riforma ha però aumentato il numero dei corsi di laurea caratterizzati da percorsi didattici a volte molto specifici. Spesso tali offerte didattiche rispondono a specifiche esigenze territoriali. Tuttavia, quando ciò non si verifica, rischia di risultare più difficile l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. La riduzione dei laureati causata dal calo delle immatricolazioni nei primi anni Duemila è stata solo in parte compensata dai laureati triennali, la maggior parte dei quali prosegue con il biennio di specializzazione. In questo contesto è ancora più importante la rispondenza della loro formazione alle esigenze delle imprese. 48 4500 4000 Chimica, chimica industriale 3500 3000 Storia Geografia L’indagine ha coinvolto 250 mila studenti quindicenni di 41 Paesi (vecchio ordinamento o triennali) Italia: indice di gradimento delle materie scolastiche Note: Pisa = Programma per la valutazione internazionale degli studenti Immatricolazioni in corsi di laurea chimici 2500 2000 1500 Ing. chimica 1000 500 0 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 Chimica Ch. industriale Ing. chimica Totale chimica 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2032 825 1444 4301 1652 652 1250 3554 1308 615 1151 3074 1098 471 994 2563 933 425 967 2325 891 349 975 2215 1119 347 821 2287 1233 270 836 2339 1594 275 943 2812 2068 279 948 3295 2404 390 1074 3868 2747 311 1218 4276 Note: Ingegneria chimica include anche Ingegneria dei materiali Fonte: Miur, anno 2007 Laureati in corsi chimici che entrano nel mercato del lavoro 3000 2500 2000 triennali in cerca di lavoro 1500 ing. chimica 1000 500 0 scienze chimiche ‘90 ‘91 ‘92 ‘93 ‘94 ‘95 ‘96 ‘97 ‘98 ‘99 2000 ‘01 ‘02 ‘03 ‘04 ‘05 ‘06 Scienze chimiche Ing. chimica Lauree triennali Totale sul mercato del lavoro 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 1604 1485 1659 1639 2015 1708 1728 1530 1440 1346 1012 770 548 593 648 754 775 777 828 783 723 655 785 790 - - - - - - 47 251 637 1013 1262 1490 2307 2393 2468 2485 2603 2564 2256 2153 1986 1709 2152 2078 Note: si stima che l’85% dei laureati triennali prosegua gli studi con il biennio di specializzazione o un master Fonte: Miur, anno 2007 49 L’importanza di giovani chimici ben formati Distribuzione geografica dell’offerta di laureati chimici e dell’occupazione nell’industria chimica (%) Laureati chimici Impiego dei laureati chimici nel settore privato (%) Meccanica e mezzi di trasporto 12% Occupazione chimica Nord di cui Nord Ovest 40,6 25,1 70,6 54,0 Centro 23,8 20,6 Sud e isole di cui Campania 35,5 13,8 8,7 2,3 Servizi 29% Tessile e abbigliamento 8% Alimentare 6% Altri settori industriali 32% Gomma e plastica 9% Metalli 14% Note: laureati in chimica, chimica industriale e ingegneria chimica nel 2006 Fonte: Miur, Istat, anno 2007 Minerali non metall. 5% Preferenza per laureati triennali o quinquennali nelle imprese chimiche Carta e stampa 5% (% delle assunzioni previste) Costruzioni 34% 74% 26% Altri 12% Necessità di maggiore formazione nelle diverse aree aziendali di un’impresa chimica (% imprese) Più cultura di base Area laboratori Area produzione Area vendite e marketing 24 24 26 Più conoscenze specialistiche 65 54 50 Fonte: Federchimica, Indagine sui fabbisogni formativi nell’industria chimica, 2004 Significativi disequilibri esistono nell’offerta e nella domanda di laureati chimici per aree geografiche, che diventano un problema se i laureati presentano una scarsa mobilità sul territorio. Le imprese chimiche preferiscono i laureati quinquennali. Tuttavia, in molti casi le imprese non conoscono ancora bene le competenze dei laureati triennali. Non va quindi sottovalutato il 26% di preferenze per le lauree brevi, espresso soprattutto da imprese di piccole dimensioni. Una laurea in ambito chimico offre opportunità di impiego anche nei settori utilizzatori di chimica, nei servizi (gestione ambientale e degli impianti) e nel settore pubblico (Università, scuole, ASL, ARPA). Le opportunità professionali sono migliori che per altri corsi di studi: − a 3 anni dalla laurea l’86% dei laureati chimici lavora contro una media dell’80%; − l'80% dei laureati chimici ha un impiego per cui è richiesta la laurea a fronte di una media del 68%. Risulta però inferiore alla media l'utilizzo delle conoscenze acquisite, a segnalare un possibile disallineamento tra insegnamento universitario ed esigenze delle imprese. 50 Chimica e farmaceutica 39% Note: laureati in chimica, chimica industriale e ingegneria chimica L’esclusione dei laureati in CTF e Farmacia consente di evitare che la domanda imputata alla chimica e farmaceutica sia in effetti soprattutto espressa da quest’ultima Si stima che un ulteriore terzo sia impiegato nel settore pubblico (scuola, università, Pubblica Amministrazione) Fonte: Federchimica su Unioncamere-Ministero del Lavoro, Sistema Informativo Excelsior, anno 2006 Qualità degli sbocchi professionali nei diversi corsi di laurea Utilizzo delle conoscenze acquisite (*) Laureati quinquennali Laureati triennali 80 75 Medicina Insegnamento 70 65 Psicologico Ingegneria Economico-statistico Media laureati Linguistico 60 Letterario 55 50 Scientifico Giuridico Architettura Agrario Geo-biologico Chimicofarmaceutico Politico-sociale 45 30 40 50 60 70 80 90 100 Necessità della laurea (**) Note: (*) percentuale di laureati che dichiarano di utilizzare le conoscenze acquisite durante gli studi (**) percentuale di laureati il cui impiego richiede la laurea posseduta o in specifiche aree disciplinari Necessità della laurea Chimica 80% CTF 97% Farmacia 99% I dati trovano conferma nell’indagine sull’inserimento professionale dei laureati del 2001 nel 2004 che tuttavia non offre il dettaglio per singolo corso chimico sull’utilizzo delle conoscenze acquisite Fonte: Istat, Indagine sull’inserimento professionale dei laureati del 1998 nel 2001 51 Un forte impegno per ambiente e sicurezza Evoluzione e struttura delle spese in sicurezza, salute e ambiente della chimica in Italia 1092 Infortuni sul lavoro INVESTIMENTI 21,6% 2005 Ambiente 61,0% Sicurezza e salute 39,0% Ambiente 85,3% Sicurezza e salute 14,7% 2006 Unità produttive e/o logistiche certificate ISO 14001 e OHSAS 18001 nell’industria chimica 345 327 274 ISO 14001 204 2003 OHSAS 18001 62 40 27 19 2004 2005 2006 Note: ripartizione delle spese in sicurezza, salute e ambiente riferita alle imprese aderenti a Responsible Care® Fonte: Federchimica - XIII Rapporto Responsible (numero per milioni di ore lavorate) 1381 1280 COSTI OPERATIVI 78,4% 2004 Malattie professionali (numero per milioni di ore lavorate) Metalli 36,4 Mezzi di trasporto 1,68 Ind. trasformazione 32,6 Ind. trasformazione 1,67 Legno 32,2 Metalli 1,11 Gomma e plastica 27,8 Legno 0,99 Mezzi di trasporto 27,2 Media ind. manifatturiera 0,86 Alimentare 23,8 Meccanica 0,84 Media ind. manifatturiera Meccanica Carta 22,6 22,4 15,6 Pelli e calzature 0,77 Gomma e plastica 0,74 Alimentare 0,72 Tessile e abbigliamento 13,3 Tessile e abbigliamento 0,71 Pelli e calzature 13,0 Petrolifera 0,54 Elettrotecnica 12,3 Chimica 10,1 Elettrotecnica Chimica 0,46 0,43 Carta - Imprese Responsible Care® 0,42 0,13 - Imprese Responsible Care® 9,9 Petrolifera 7,1 Note: media degli anni 2004-2005-2006 Fonte: Federchimica - XIII Rapporto Responsible Care® 2006, elaborazioni su dati Inail Care® 2006 Lo sforzo economico sostenuto dalle imprese chimiche nelle aree di sicurezza, salute e ambiente è notevole. Nel 2006 l’industria chimica nel suo complesso ha speso 1,4 miliardi di euro con un’incidenza sul fatturato pari al 2,5%. Una parte rilevante delle spese è stata destinata ad operazioni di bonifica (150 milioni di euro). L’impegno è testimoniato anche dal crescente numero di certificazioni ottenute: ben 345 unità produttive o logistiche hanno ottenuto la ISO 14001, 62 la più recente OHSAS 18001. L’attenzione ai temi della comunicazione e della trasparenza è testimoniata anche dai 50 Bilanci Ambientali e Sociali redatti nel 2006 dalle imprese aderenti a Responsible Care®. L’impegno delle imprese chimiche ha permesso di ridurre significativamente la frequenza degli infortuni (più che dimezzata in 15 anni) e la loro gravità. Questo fa della chimica il comparto più sicuro tra i grandi settori industriali in base alle statistiche Inail. L’industria chimica ha anche ridotto drasticamente le emissioni in acqua e in aria. Ciò è stato possibile grazie a nuovi processi produttivi a ridotto impatto ambientale e ad una crescente capacità di ridurre i carichi inquinanti a valle dei processi chimici attraverso impianti di trattamento. 52 Emissioni della chimica in Italia (anno 2006, indice 1989=100) In acqua 0 20 40 In aria 60 80 Metalli Pesanti - 16% Azoto - 58% Domanda chimica di ossigeno 0 100 - 70% 40 60 80 100 Anidride solforosa - 94% Ossidi di azoto - 81% Polveri - 95% Composti organici volatili - 90% Fonte: Federchimica - XIII Rapporto Responsible Care® 2006 53 20 Un impegno forte per ambiente e sicurezza Imprese aderenti a Responsible Care® Numero cumulato di provvedimenti legislativi comunitari in materia ambientale - Produzione di rifiuti (kt) 894 861 - Utilizzo dell’acqua (Mmc) 867 Rifiuti da attività industriale di cui pericolosi 352 2004 2005 2056 635 Fiume 13% 2006 501 (t rifiuti/ M€ fatturato) Mare 74% 34,2 33,0 30,7 2004 2005 2006 19 1990 2005 44 64 1992 92 125 1994 147 180 220 258 315 377 Sostanze pericolose (37%) 427 Sicurezza (28%) 1996 1998 2000 2002 2004 2006 Lug ‘07 2006 Nota: i prodotti risultanti da operazioni di bonifica non sono considerati rifiuti Fonte: Federchimica - XIII Rapporto Responsible Care® 2006 Inq. atmosferico (16%) 725 Pozzo 11% 333 Inq. Idrico (5%) Rifiuti (14%) 833 Acquedotto 2% - Intensità della produzione di rifiuti 2004 Aree di intervento 972 2459 2019 57% 354 1045 La realizzazioni degli obiettivi di Sviluppo Sostenibile passa anche per la gestione dei rifiuti industriali, in costante calo se rapportati al fatturato e per l’utilizzo accorto di risorse scarse quali l’acqua (solo il 2% proviene da acquedotti). L’impegno delle aziende non è però adeguatamente riconosciuto dalle Istituzioni. In ambito comunitario, il numero dei provvedimenti legislativi in materia ambientale ha raggiunto quota 1045. E’ chiaro che questa iper-regolamentazione, accompagnata dalla scarsa attenzione alla competitività industriale, produce un effetto cumulato drammatico sulle imprese europee. In Italia, la situazione è aggravata dalla tendenza a recepire le direttive europee in modo restrittivo e dall’inefficienza della burocrazia. Le 30 autorizzazioni necessarie all’apertura di un impianto chimico sono un esempio. Un altro caso è quello dell’Autorizzazione Integrata Ambientale introdotta a livello europeo dalla direttiva IPPC. Tra i Paesi Membri, lasciati liberi di scegliere la durata dell’autorizzazione, l’Italia ha fissato la scadenza più breve con conseguente appesantimento degli oneri burocratici. Questi hanno la forma di costi fissi, sono cioè indipendenti dalla dimensione aziendale, e pesano in particolar modo sulle tante PMI chimiche presenti in Italia in numero superiore agli altri Paesi dell’Ue. 54 Fonte: Federchimica, anno 2007 Durata dell’Autorizzazione Integrata Ambientale introdotta dalla Direttiva IPPC Paese Anni Italia 5 Spagna 8 Francia 10 Germania 10/15 Belgio 15/20 Note: Direttiva 96/61/CE Fonte: Federchimica, anno 2007 55 Energia, zavorra per la competitività Sensibilità dei settori industriali al fattore energia Esposizione alla concorrenza internazionale (quota % esportata) 60 Meccanica 50 Tessile/Abbigliamento Confronto tra i prezzi medi per le utenze industriali Andamento del differenziale di prezzo tra Italia e resto d’Europa (indice Italia=100, anno 2006) (utenze industriali, centesimi di euro/KWh ) Imposte incluse 100 100 Resto d’Europa 71 67 - Germania 87 89 - Belgio 81 80 0.0 - Regno Unito 76 70 -0.5 - Spagna 68 63 -1.0 - Francia 53 53 -1.5 Italia 30 Metallurgia 20 Min. non metalliferi Estrattivo Alimentare 10 Costruzioni 0 0 10 20 30 40 50 60 Intensità energetica (GWh per unità di fatturato) 3.0 Imposte escluse Chimica e farmaceutica 40 2.5 2.0 1.5 1.0 0.5 1991 1993 1995 1997 1999 2001 2003 2005 Note: consumi superiori ai 10 GWh Europa = Ue15 Fonte: Eurostat, anno 2007 Fonte: Federchimica su dati ISTAT e Ministero dello Sviluppo Economico, anno 2004 La chimica è un settore energivoro: consuma il 16% del fabbisogno energetico di tutta l’industria italiana. L’incidenza dell’energia sui costi totali è particolarmente elevata nella chimica di base in quanto costituisce spesso una vera e propria materia prima. In produzioni quali la cloro-soda e i gas tecnici è una delle voci di costo predominanti. Il costo dell’energia si ripercuote poi sulla chimica a valle che acquista e trasforma i prodotti della chimica di base. Rispetto ad altri settori energivori, la chimica presenta una più elevata quota di export sul fatturato. E’ quindi più esposta alla concorrenza internazionale e particolarmente danneggiata quando il costo dell’energia supera quello pagato negli altri Paesi. In Italia le imprese chimiche pagano l’elettricità il 33% in più della media europea. Negli ultimi anni il divario è andato ampliandosi e raggiunge addirittura il 50% nei confronti della Francia. L’energia costa di più in praticamente tutte le sue componenti. − I costi di generazione sono connessi al mix energetico sbilanciato verso i combustibili fossili, con l’olio combustibile via via sostituito con il gas naturale il cui prezzo riflette l’andamento del petrolio; − le infrastrutture di trasporto e stoccaggio sono insufficienti; − gravano consistenti extra-oneri impropri e imposte. 56 Composizione della tariffa elettrica media nazionale 10,0% 100,0% Imposte Totale 10,8% 15,6% 0,2% Reti Vendita 63,3% Generazione Costi di produzione Costo combustibili Trasmissione 2.3% Distribuzione 11.6% Misura 1.7% Extra-oneri Commercia- Oneri di sistema, lizzazione sussidi a rinnovabili, CIP6, Certificati Verdi Nucleari Stranded cost Fonte: Confindustria, anno 2007 57 Imposte erariali, provinciali e comunali 2007 Energia, zavorra per la competitività Consumi di energia nell’industria chimica Emissioni di anidride carbonica derivante da combustibili fossili nell’industria chimica (kilo tonnellate equivalenti di petrolio) (milioni di tonn. CO2 equivalenti) 10993 10437 10377 Obiettivo Kyoto 20,1 9864 18,7 100,0 95,4 -39,3% 91,9 86,9 5578 1990 -6,5% 4116 4157 4116 2003 2004 2005 -13% 14,6 12,2 Indice dei consumi specifici (1990=100) Totali di cui combustibili per produzione termica 1990 Fonte: Istat, Ministero dello Sviluppo Economico, anno 2007 1995 2012 2005 Note: escluse emissioni da processi industriali Fonte: APAT, 2007 L’industria chimica ha fortemente migliorato la sua efficienza energetica. I consumi specifici di energia (cioè per unità di prodotto) tra il 1990 e il 2005 sono stati ridotti del 13%. Rispetto al 1990, la chimica ha ridotto le emissioni di anidride carbonica del 39%, molto di più di quanto corrisponderebbe all’obiettivo del Protocollo di Kyoto. Nello stesso periodo, le emissioni complessive di anidride carbonica in Italia sono aumentate, soprattutto a causa dei trasporti e delle abitazioni. L’incidenza dell’industria chimica è passata dal 5,1 al 2,7%. Il ruolo della chimica su questo tema va comunque ben al di là di tali performance virtuose. La chimica, in particolare i suoi settori più energivori come i gas tecnici o le plastiche, sono in grado di fornire soluzioni che favoriscono la sostenibilità anche dei settori utilizzatori. I primi, ad esempio, hanno permesso di ridurre il consumo di energia per la produzione dell’acciaio; le plastiche hanno sostituito le bottiglie di vetro, consentendo minori consumi energetici per la produzione e il trasporto. Altre aree in cui la chimica riveste un ruolo centrale sono l’isolamento termico degli edifici e l’efficienza energetica nei mezzi di trasporto, grazie alla messa a punto di materiali più leggeri. 58 Incidenza dell’industria chimica sulle emissioni di anidride carbonica (%) 100,0% 100,0% 100,0% Incidenza industria manifatturiera di cui incidenza industria chimica 26,7% 5,1% 1990 24,2% 22,1% 2,7% 2005 3,1% 2000 Note: incluse emissioni da processi industriali Fonte: Federchimica - XIII Rapporto Responsible Care® 2005 59 Logistica e trasporti Confronto tra le modalità nel trasporto di prodotti chimici nelle imprese aderenti a Responsible Care® e del totale di merci trasportate, in Italia (valori in %) Imprese aderenti a RC® Italia 0,1 8,4 11,6 18,6 18,8 0,5 Legenda: Strada Navigazione Pipeline Ferrovia Aria Andamento degli incidenti stradali che hanno richiesto l’intervento dei Vigili del Fuoco e coinvolgenti merci pericolose dell’industria chimica (numero incidenti) 231.740 229.156 225.078 Totale Merci pericolose dell’industria chimica 4,8 0,2% 23,8 64,3 44,4% 49,4 49,3 49,1 2004 2005 2006 Fonte: Federchimica – XIII Rapporto Responsible 479 493 2006 Care® 2006; Ministero dei Trasporti, anno 2007. La movimentazione delle merci su strada, che in Italia è ancora la modalità più diffusa, è la più rischiosa poiché presenta un elevato numero di incidenti (circa 225 mila sinistri stradali nel 2005). L’industria chimica garantisce invece una gestione più equilibrata delle diverse modalità di trasporto. Nel 2005 le merci dell’industria chimica, considerate pericolose ai sensi della normativa ADR, rappresentavano solo il 5,2% delle merci totali trasportate su strada. Sulla base dei dati forniti dal Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco relativi al numero di incidenti per i quali si è reso necessario un loro intervento, risulta che solo nello 0,2% dei casi si è trattato di prodotti chimici. L’area funzionale della logistica è un fattore strategicamente importante per l’industria chimica, con un’incidenza di costo sul fatturato variabile tra il 10 e il 15%. L’Italia è il Paese europeo con il maggiore costo della logistica principalmente a causa di deficienze infrastrutturali e di un elevato carico fiscale. Ciò ne penalizza la competitività a livello internazionale. 60 2003 499 2004 2005 Fonte: Istat, Vigili del Fuoco, anno 2006 Confronto dei costi della logistica in Europa (indice Italia=100) 2006 Var. % 05/06 100,0 5,8 Francia 93,5 4,1 Germania 90,0 2,5 Austria 85,8 6,3 Slovenia 79,0 7,4 Spagna 75,2 7,4 Ungheria 66,5 9,8 Polonia 59,0 6,1 Italia Fonte: Ministero dei Trasporti, anno 2007 61