Foglio n. 357 - Parrocchia Sant`Angela Merici

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Foglio n. 357 - Parrocchia Sant`Angela Merici
Natale 2006
Prendiamoci il tempo in questi giorni
per guardare il cammino fatto,
non per adombrarci nella nostalgia,
ma per tornare un poco sulla nostra vita
e costatare che Dio era là con noi,
malgrado le nostre ferite,
le nostre solitudini e le nostre sofferenze.
Rileggere così la vita è senza dubbio un buon mezzo
per resistere alla mancanza di fede
e potremmo trovarci a dire a Dio,
che, più frequentemente di quanto potremmo pensare,
Tu eri là e io non lo sapevo!
Il Verbo si è fatto carne
per rivelare
ciò che c’è di più prezioso in noi:
il nostro cuore vulnerabile,
la nostra sete di essere amati
e la nostra capacità di amare.
Vieni,
luminoso chiarore di Natale,
vieni Cristo, stella del mattino
ad illuminare la nostra notte.
Vieni a sollevare i nostri sguardi
appesantiti dalla stanchezza.
Vieni e donaci di inginocchiarci
davanti a te
Figlio della divina Speranza.
Che sia per tutti un Santo Natale!
p.Giuseppe
p.Guglielmo, p.Cirillo e la comunità dei Sacramentini
Dalla periferia al cuore della città
dal discorso dell’Arcivescovo alla città
per la vigilia di S.Ambrogio
Carissimi,
è nel nome di sant’Ambrogio che a tutti e a ciascuno di voi rivolgo il mio saluto sincero e affettuoso. […] Mi aiuti il nostro Patrono perché le riflessioni che
voglio condividere con voi possano essere davvero utili alla Città, al suo cammino di fede e di rettitudine, di giustizia
e di fraternità, di vera e matura libertà.
Ho pensato di affrontare il tema della
“periferia”, sollecitato in questo da diversi interventi che ne hanno sottolineato, talvolta allarmati, il degrado e la
difficile qualità di vita, legata tra l’altro
all’insicurezza e all’esperienza di alienazione e di violenza. Nessuna pretesa
da parte mia di aggiungere un’analisi di
tipo sociologico alle tante già esistenti,
ma solo il desiderio di offrire alcuni
spunti nati nel mio cuore di Vescovo,
pensando alle tante persone che abitano le nostre diverse periferie e, insieme,
pensando all’intera Città come a un corpo che ha bisogno di essere sano e vitale in ogni sua parte.
L’idea centrale del mio intervento è questa: se la città ha un cuore ed un’identità non ci sono più “periferie”. E l’intento che mi muove è di rendere più forte il nostro impegno – direi la nostra
passione - per mantenere vivo e pulsante il cuore di questa città.
La città e le sue tante periferie
Inizio con un interrogativo semplice,
ma dalla risposta complessa: che cos’è
periferia?
In realtà il termine riveste un significato ambivalente, se non addirittura paradossale. Da un lato, etimologicamente
parlando, la periferia rimanda a un’idea
di perfezione, al cerchio, alla rotondità,
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e quindi a un’idea di accoglienza, quasi un abbraccio: e così siamo ricondotti anche all’idea di un insieme che si sviluppa e che domanda attenzione, cura,
disponibilità a creare legami più stretti.
Dall’altro lato, la periferia esprime distanza: è ciò che sta intorno, ciò che è
lontano dal centro, e quindi non è vicino al cuore, non è nella mente e nel pensiero, non rientra in quello che interessa. Si crea così la marginalità dei luoghi
e delle persone.
Questa è la periferia. E il centro? Il centro non è tanto un punto geometrico,
quanto il cuore pulsante, l’anima della
città.
Di qui la domanda di fondo: ma noi possiamo essere lontani, staccati, dall’anima della nostra città? E la nostra città ci
può allontanare dalla sua anima? Ma la
domanda si fa più inquietante: può morire l’anima della città e con lei può morire la città?
Sì, questo è possibile, anche se non accade d’improvviso. Accade quando
ognuno di noi, ogni cittadino si è chiuso in se stesso, si è fatto centro e assoluto per sé, ha troncato le relazioni, ha
abbandonato uno sguardo attento sull’altro e, giorno dopo giorno, ha continuato diritto su una strada che lo allontanava dal suo compito di costruire il
bene della città e dal suo impegno di
edificare insieme agli altri una comunità civile.
Nasce allora la “periferia” come allontanamento, emarginazione, isolamento, dove prevalgono la solitudine, la
paura, la reazione triste e violenta. In
particolare nei giovani sorge la richiesta di un perché, che riecheggiando
senza trovare risposta si sfoga in una
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violenza cieca e rinchiusa in se stessa.
Sono situazioni che, purtroppo, in questo anno abbiamo spesso vissuto sotto differenti forme.
Come si vede, la “periferia” è da intendersi non solo in senso spaziale in rapporto a una certa area urbana, ma anche in senso tipicamente umano. E il
pensiero allora va ad altre “periferie”
che sono di volta in volta le diverse etnie, i vari gruppi sociali, determinate e
chiuse categorie di persone.
Per la verità, esiste una periferia ancora più radicale, che coinvolge l’intimo
dell’uomo stesso. Sì, è l’uomo come
uomo, ossia nella sua umanità, che può
diventare “periferia a se stesso”. E tale
diviene quando è senza identità e senza radici; quando smarrisce il suo centro interiore, anzi si separa da esso;
quando perde la capacità di riconoscere l’altro, di stabilire una relazione, di
farsi prossimo, di essere cittadino.
[…] Proprio questa periferia umana così radicale ci deve profondamente
preoccupare non meno delle periferie
spaziali o geografiche. Infatti, la crisi dell’uomo che si chiude in se stesso e non
si fa prossimo agli altri non è mai solo
una crisi solitaria, individuale, e perciò
circoscritta. È come un contagio, che si
diffonde e raggiunge tutti e ciascuno.
Siamo allora sollecitati a una rinnovata
attenzione e a un rinnovato amore all’uomo, anche se si trova ad essere senza identità e senza radici e persino quando si trova ad essere “senza cuore”.
[…] pensando alla città, l’esperienza ci
insegna che, se un uomo si sente estraneo, lontano, scacciato, non amato,
condannato senza appello, se non sente più pulsare il cuore della sua città,
spesso finisce per diventare un “uomo
contro”. E lo dimostrano fenomeni come il bullismo, la violenza cieca e irresponsabile del branco, l’aggressività in
tutte le sue manifestazioni, in partico3
lare verso coloro che vengono ritenuti
più deboli: i disabili, le donne, gli anziani. Più sale il senso di estraneità e di
alienazione, più la violenza trova alimento e dilaga.
Ma ritorniamo alle periferie della città.
[…] Pensiamo alla gente che fugge dalla periferia della grande città. Anche la
nostra città di Milano è andata spopolandosi negli anni. Adesso però sembra
ripopolarsi. Ma questo fenomeno chiede di essere considerato con attenzione, perché la ripopolazione della città
può nascondere e generare una nuova
disperazione e un nuovo “allontanamento” dall’identità e dal cuore. I nuovi venuti – in particolare coloro che vengono chiamati extracomunitari - sono
troppo spesso costretti ad “accontentarsi”, a ripopolare i luoghi e gli spazi di
chi è riuscito a fuggire, senza però che
nessuno si sia preoccupato di risolvere
la questione precedente che aveva causato la fuga, perpetuando così, in termini a volte più drammatici, i problemi.
Questo determinerà una nuova alienazione, probabilmente ancora peggiore,
e il rischio di una violenza ancora più distruttiva.
La gente fugge dalla periferia della
grande città verso “nuovi luoghi” a misura d’uomo (o, forse, semplicemente
ritenuti tali), alla ricerca di ciò che la città non può dare o non riesce più a dare. Questo genera un piccolo, apparente, sollievo.
La periferia si fa però gigantesca, smisurata. La città diventa infinita non solo nelle reti e nella conurbazione, ma
anche nella periferia immensa, che minaccia sempre più il “cuore”, il centro:
è una periferia che rischia di inghiottire
la persona.
E in questo modo veniamo di nuovo traditi: fuggiamo dalla città pensando che
la nostra ricerca di senso e di nuova
identità trovino compimento, ma queParrocchia
S. Angela Merici
sto compimento non avviene. Non avviene perché si sviluppa una nuova frenesia, non solo di tipo edificatorio, ma
anche e non meno di tipo esistenziale:
ci si muove in continuazione, si esce
dalla città, ma poi ci si ritorna per lavoro o per acquisti o per trovare momenti di svago, si passa da un centro commerciale all’altro, si vive e ci si muove
insieme, ma isolati. E così anche queste nuove periferie rischiano di diventare cerchi concentrici di egoismo, di
solidarietà frantumata, di socialità offesa, di violenza.
[…] Abbiamo sì cambiato l’area geografica, ma abbiamo riprodotto lo stesso modello sociale, quello consumistico, fatto di un frenetico correre tra il lavoro e gli acquisti, antica raffinata schiavitù secondo un nuovo modello. Il consumismo non può essere un progetto
di vita e di futuro: ci può dare un attimo
di piacere, ci può far vivere una gioia fugace, ma non ci può dare il senso vero
del nostro essere uomini e donne, della nostra autentica umanità. Ci conduce lontani da noi stessi e ci fa estranei a
noi stessi e, di conseguenza, estranei gli
uni agli altri. In un simile contesto nessuno riesce a ritrovare la gioia dell’appartenenza alla comunità sociale; pochi
si sentono di assumere la responsabilità degli altri e di farsi carico dei problemi collettivi; rinascono la paura e l’avarizia di sé; si affievolisce o scompare
l’idea di un impegno civile; le relazioni
tra le persone e i gruppi divengono inconsistenti e segnate dalla diffidenza e
dalla superficialità.
Ma anche nelle situazioni più difficili e
complesse l’uomo rimane uomo. Anzi
proprio queste situazioni diventano
una sfida per l’uomo: lo sollecitano a ritrovare dentro di sé la propria “possibilità di ritorno” e a rendere questa possibilità una “realtà concreta” con l’im-
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pegno a vivere la propria umanità profonda e per la dignità umana di ogni
persona. Per l’uomo è impossibile non
porsi - presto o tardi, in un modo o in un
altro - l’interrogativo circa il senso della vita e quindi circa il progetto per dare senso alla vita.
Quale progetto per dare
un senso alla vita?
[…] È necessario, innanzitutto, non dimenticare e non oscurare la domanda
di senso che sta nel nostro cuore. Ritorniamo allora alle domande profonde, alla ricerca del senso autentico dell’esistenza umana e della nostra vita
personale. Ma ciò esige di “custodire la
dimensione dell’interiorità”, di ricomprendere l’importanza di un “silenzio
abitato” che consente di scendere in
profondità, di riscoprire la nostra umanità “buona”, di capire chi siamo e, se
lo vogliamo, nella libertà piena, di trovare Dio e di affidarci a lui.
Ancora una volta sant’Ambrogio ci è
maestro, con il suo prezioso avvertimento a coltivare come primo il “dovere interiore”. Così scrive: «La tua ricchezza è la tua coscienza; il tuo oro è il tuo
cuore…Custodisci l’uomo che è dentro
di te. Non trascurarlo, non averlo a noia
come se non avesse valore, perché è un
possesso prezioso» (De officiis 1, 11).
Certo, questo vale per ciascuno di noi.
Ma vale anche per la città e per la società. C’è un impegno nella costruzione
della città che è attento alla dimensione dell’interiorità, perché l’interiorità ha
pure una valenza civile: persino una società lontana da Dio è diversa se ricca
di dimensione interiore rispetto ad una
società votata alla superficialità. C’è da
chiederci allora: quale modello di città
consente l’interiorità, quale modello di
società non la tradisce, quale cultura la
incontra, quale economia non la di-
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strugge, quale politica non la avvelena?
L’interiorità restituisce l’anima alla città: l’interiorità costruisce il nostro futuro, non solo il nostro futuro personale
o spirituale, ma anche quello dell’intera comunità civile e, aggiungerei, quello della cultura dell’occidente europeo
nel suo complesso.
Solo l’interiorità assicura un’identità vera, ossia un’identità che non ha paura
dell’altro, che non si chiude in se stessa, che non va allo scontro, ma all’incontro, in una prospettiva radicalmente diversa rispetto a quella che spesso
in questi anni stiamo vivendo.
Dobbiamo volere e amare un’identità
collettiva ed individuale che non sia
“contro”, perché non mi costruisco e
non costruisco nulla sul “contro”, ma
sul riconoscimento reciproco: io “riconosco” l’altro e l’altro “riconosce” me.
E questo non può essere solo un impegno personale. È una questione anche
sociale, culturale e politica. In particolare, quanto alla politica si deve rilevare
che essa non può continuare a dibattersi tra emergenze, che pure ci sono, ma
deve impegnarsi a produrre un’azione
leggibile ed univoca per chi si riconosce
nella nostra identità e per chi non vi si riconosce. Certo senza negare una storia,
la nostra, che a partire da valori condivisi ha creato una cultura giuridica ed
istituzionale definite, e, nello stesso
tempo, cercando la via del dialogo, che
è via faticosa ma necessaria.
Se vogliamo una convivenza civile dobbiamo uscire da uno schema di contrapposizione di identità, di culture, di
religioni. In realtà, non potrà mai avere
un’anima una città, nella quale convivono senza incontrarsi, ma si ghettizzano, rendendole “periferia” le une alle altre, comunità diverse, da quella italiana, la nostra, a quella islamica, a quella cinese, a quella rumena, albanese,
bielorussa e tante altre ancora.
Il futuro della nostra comunità civile non
sta in una “ordinata ghettizzazione” rispettosa di alcune norme di convivenza
più per necessità che per convinzione.
Le diverse identità devono essere messe in condizione di non temersi reciprocamente, bensì di aprirsi alla reciproca
stima e conoscenza. E questo è necessario per preparare un futuro nel quale
i figli di queste comunità si potranno
sentire, tutti insieme, appartenenti ad
un’unica città e da cittadini potranno costruire la città del domani.
[…] Ancora una volta, più che mai, è necessario rendere possibile “l’essere persona” e condurre ciascuno, per costruire tale possibilità, ad affrontare le proprie responsabilità individuali, sociali,
civili, politiche. Il senso della politica sta
qui: nel creare tutte le condizioni che
rendano possibile essere persona in
pienezza, che non tradiscano la persona, che ne ricollochino la dignità e il valore al centro della moderna civiltà.
[…] Preghiamo perché per la realizzazione di questi compiti non ci manchino mai la grazia e la forza che vengono
dall’amore di Dio.
+ Dionigi card. Tettamanzi,
Milano, 6 dicembre 2006
Il Santo Padre Benedetto XVI, alla vigilia della sua partenza per il viaggio
apostolico in Turchia, ha nominato mons. Diego Coletti, attuale vescovo di
Livorno, vescovo di Como. Di seguito il saluto che mons. Coletti, nostro
parrocchiano, ha rivolto alla sua nuova diocesi.
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Parrocchia
S. Angela Merici
AI CRISTIANI DELLA DIOCESI DI COMO
Livorno 2 dicembre 2006
VENGO PER SERVIRE LA VERITÀ E LA COMUNIONE
Care sorelle e cari fratelli in Cristo,
grazia e pace a voi da Dio Padre nostro
e dal Signore Gesù Cristo.
Da pochi momenti è stata resa pubblica la scelta del santo Padre che mi invia a voi per il servizio del Vangelo e la
cura della comunione ecclesiale, come
vostro Vescovo.
Un saluto speciale riservo al vescovo
Alessandro, al quale esprimo affetto e
prometto un particolare ricordo nella
preghiera. Ai presbiteri, diaconi e seminaristi, primi collaboratori della fatica apostolica, l’augurio di guardare al
nostro cammino futuro con speranza
e generoso impegno.
Potete immaginare la varietà e l’intensità dei sentimenti e dei pensieri che si
agitano dentro di me in queste ore. Mi
è venuta in mente più volte un’espressione della lettera di san Paolo ai Romani che mi sembra esprimere in verità qualcosa di quello che provo per
voi. Scrive l’Apostolo: “Ho un vivo desiderio di vedervi per comunicarvi
qualche dono spirituale perché ne siate fortificati, o meglio, per rinfrancarmi con voi e tra voi mediante la fede
che abbiamo in comune, voi e io”.1
Mi sembra importante pensare così alla vita di chi è chiamato a servire “come gli Apostoli”: siamo posti a servizio della verità e della bellezza del Vangelo, e per questo siamo impegnati a
condividere con tutti la gioia del nostro incontro con il Signore. Come ci
ha ricordato il Papa nella sua Enciclica:
“… all’inizio dell’essere cristiano non
c’è una decisione etica o una grande
idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla
vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva”2. Il mio lavoro per
voi e con voi non può avere altro scopo se non quello di propiziare e sviluppare questo incontro. Il mondo ne
ha bisogno più di ogni altro bene. Anche se non sempre è cosciente di questo bisogno. Sta a noi servire questa
verità con coraggio, con dolcezza e rispetto, per riaccendere nel cuore di
tanti nostri contemporanei una speranza che non delude.
Dalla verità del Vangelo e dalla grazia
di Dio nasce la Chiesa: una nuova comunione di donne e uomini, radunati
dallo Spirito del Risorto, perché il mondo creda. Sei anni fa scelsi come motto del mio servizio episcopale le parole del Vangelo di Giovanni “consummati in unum”3, per indicare con queste parole “… che siano perfetti nell’unità” la cura suprema che tutti dobbiamo avere per la comunione fraterna e
la testimonianza di carità che in essa si
esprime.
Nei giorni che ci separano dal nostro
incontro mi piacerebbe che meditassimo a lungo tutto il capitolo diciassette del vangelo di Giovanni. La grande preghiera di Gesù al Padre, che per
certi aspetti è a lui riservata e per altri
può essere fatta propria da ogni battezzato, suscita nel cuore di un successore degli apostoli risonanze specifiche e profonde. Aiutatemi a renderla vera con voi e per voi. Infatti tutti sapranno che siamo discepoli di Ge-
Rm 1,11-12.
Lettera Enciclica Deus Caritas Est, 1.
3
Gv 17,23.
1
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sù dall’amore che avremo gli uni per
gli altri4. Ritengo che questa sia sollecitudine primaria del Vescovo e premessa indispensabile per dare il sapore cristiano, il vero sale della terra,
a tutte le altre mansioni e ministeri
che il Signore mi concederà di svolgere per voi.
Tornando alla lettera di Paolo ai Romani, trovo scritto: “Chiedo sempre
nelle mie preghiere che per volontà
di Dio mi si apra una strada per veni4
5
re fino a voi”5. La strada che l’obbedienza al santo Padre mi ha aperto
verso di voi non è fatta di pietre o di
asfalto. È la strada del cuore. È la strada della condivisione di verità e di misericordia, di giustizia e di pace, sulla
quale lo Spirito di Gesù ci farà camminare, per condurci insieme verso
l’abbraccio del Padre.
Il vostro Vescovo
+ Diego
Gv 13,35.
Rm 1,10.
SACRAMENTINI
www.eymard.org
Il 5 dicembre 2006, presso il Centro Convegni Matteo Ricci della Pontificia Università Gregoriana in Roma, è stata presentata l’edizione integrale, tipica ed elettronica degli scritti di San Pier Giuliano Eymard, apostolo dell’Eucarestia e fondatore dei Padri Sacramentini. A questo avvenimento, che da un relatore del
convegno, è stato definito “epocale”, era presente un forte gruppo di sacerdoti,
religiosi, laici, tra cui il consiglio generale della Congregazione del SS.Sacramento e delle Ancelle del SS. Sacramento, una 50 di religiosi sacramentini italiani
e di diverse nazionalità, una parte del consiglio generale dei Padri Maristi.
Il Superiore Generale della Congregazione del SS. Sacramento Padre Fiorenzo
Salvi scrivendo ai religiosi sacramentini ha detto che “questo evento costituisce
un momento straordinario per la storia della nostra Congregazione e per la Chiesa, e risponde al desiderio di tutti coloro che vogliono conoscere meglio San
Pier Giuliano Eymard.
Il Padre Eymard non avrebbe mai immaginato che un giorno i suoi appunti e le
sue prediche sarebbero stati pubblicati. Ma il fatto che queste testimonianze siano state conservate e siano giunte fino a noi, costituisce un dono provvidenziale che non possiamo non valorizzare e condividere con tutti.
Questi scritti ci trasmettono il suo pensiero e il cammino spirituale che si è sviluppato lungo il corso della sua vita, e che sbocca, negli ultimi anni, nel dono di
sé per amore.
Se ora questi testi sono accessibili per nutrire la vita di ciascuno, la comunità resta il luogo privilegiato per far crescere questo carisma che è la nostra eredità nel
cuore della Chiesa. Le nostre comunità eucaristiche sono il luogo privilegiato
per ascoltare e accogliere la Parola di Dio che ha plasmato in Pier Giuliano l’uomo nuovo, ogni giorno all’ascolto del Signore.
Contemplando l’opera mirabile dello Spirito che, giorno dopo giorno, lo trasformava nell’immagine del Figlio prediletto, anche noi siamo attirati in questo me7
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S. Angela Merici
desimo dinamismo che converte e rigenera la vita delle nostre comunità. La sua
fede nell’Eucarestia, che lo fa vivere al Suo cospetto nell’amore (cf. Ef 1, 4) e lo
spinge a rispondere alle attese del suo tempo, ci stimola a vivere la nostra vocazione come dono inseparabile a Dio e al mondo, e ad esprimere la nostra missione eucaristica con coraggio e creatività”.
Il 9 dicembre 1962, alla fine della prima sessione del Concilio Vaticano II, alla presenza di una immensa folla di Padri conciliari e di fedeli, papa Giovanni XXIII
iscriveva Pier Giuliano Eymard (La Mure d’Isère, Grenoble, 1811-1868), sacerdote e fondatore di Congregazioni dedicate all’Eucarestia, nella lista dei Santi con
queste parole “Insieme con Vicenzo de’ Paoli, san Giovanni Eudes ed il Curato
d’Ars, Pier Giuliano Eymard ha oggi un posto nella falange degli astri luminosi che
sono la gloria e il vanto del Paese che li ha visti nascere”.
Al termine di un intenso cammino di ricerca che l’aveva condotto prima tra il clero secolare e poi tra i Maristi, colui che fu chiamato l’Apostolo dell’Eucarestia
aveva fondato a Parigi in Francia, il 13 maggio 1856 – centocinquant’anni or sono – la Congregazione del SS. Sacramento (Sacramentini) cui farà seguito quella delle Ancelle del SS. Sacramento. Ora, la totalità dei suoi scritti e della sua predicazione è accessibile a tutti.
Per realizzare questo sogno, ritenuto impossibile fino a pochi anni or sono, sono stati necessari sei anni di intenso lavoro che hanno coinvolto, ciascuno nel
proprio ambito specifico e in dialogo permanente, la Commissione di Studio
del Fondatore e la sua Opera (CEFO) composta da religiosi e religiose del SS: Sacramento e l’équipe Informatique & Bible del monastero benedettino di Maredsous, in Belgio.
L’opera completa del Padre Eymard – per un totale di oltre 44 milioni di caratteri
equivalenti a più di 10 mila pagine di testo in formato A4 – è ora disponibile in maniera completa e affidabile. L’edizione è stata realizzata sulla base di 43.000 foto
digitali dei manoscritti (circa 75 mila pagine). A partire da queste immagini, sono stati trascritti tutti i testi inediti e verificati quelli finora pubblicati.
Digitando www.eymard.org si può liberamente consultare la grande banca dati
contenente la corrispondenza del Santo, le sue note personali, gli scritti giuridici
e normativi riguardanti le congregazioni da lui fondate e, infine, l’immensa produzione della sua predicazione.
Altra novità: oltre all’ edizione integrale, tipica ed elettronica, degli scritti di San
Pier Giuliano Eymard, è allo studio anche una edizione integrale a stampa (circa
12.000 pagine) che valorizza e completa tutto il grande lavoro compiuto.
Come conclusione riportiamo ancora alcune righe della lettera del Superiore Generale sopracitata: “questa nuova edizione è un invito a conoscere meglio l’esperienza del Padre Eymard. È una opportunità per ravvivare il suo carisma che
ora abita in noi e in tutti coloro che lo Spirito orienta verso l’Eucarestia”.
p.Venceslao Dal Cero
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ECUMENISMO E DIALOGO
Verso Sibiu (III)
Proponiamo il terzo tema di riflessione, dopo quelli presentati sui bollettini precedenti, in preparazione alla 3^ Assemblea Ecumenica Europea che si terrà a Sibiu (Romania) dal 4 al 9 settembre 2007. Riportiamo integralmente il testo del capitolo 3 della Carta Ecumenica di Strasburgo.
III La nostra comune responsabilità in Europa
“Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio”. (Mt 5,9)
7. CONTRIBUIRE A PLASMARE L’EUROPA
Nel corso dei secoli si è sviluppata un’Europa caratterizzata sul piano religioso e culturale prevalentemente dal cristianesimo. Nel contempo, a causa delle deficienze
dei cristiani, si è diffuso molto male in Europa ed al di là dei suoi confini. Confessiamo la nostra corresponsabilità in tale colpa e ne chiediamo perdono a Dio e alle persone. La nostra fede ci aiuta ad imparare dal passato e ad impegnarci affinchè la fede cristiana e l’amore del prossimo irraggino speranza per la morale e l’etica, per l’educazione e la cultura, per la politica e l’economia in Europa e nel mondo intero. Le
Chiese promuovono una unificazione del continente europeo. Non si può raggiungere
l’unità in forma duratura senza valori comuni. Siamo persuasi che l’eredità spirituale
del cristianesimo rappresenti una forza ispiratrice arricchente l’Europa. Sul fondamento
della nostra fede cristiana ci impegniamo per un’Europa umana e sociale, in cui si facciano valere i diritti umani ed i valori basilari della pace, della giustizia, della libertà, della tolleranza, della partecipazione e della solidarietà. Insistiamo sul rispetto per la vita, sul valore del matrimonio e della famiglia, sull’opzione prioritaria per i poveri, sulla disponibilità al perdono ed in ogni caso sulla misericordia.
In quanto Chiese e comunità internazionali dobbiamo contrastare il pericolo che l’Europa si sviluppi in un Ovest integrato ed un Est disintegrato. Anche il divario NordSud deve essere tenuto in conto. Occorre nel contempo evitare ogni forma di eurocentrismo e rafforzare le responsabilità dell’Europa nei confronti dell’intera umanità, in particolare verso i poveri di tutto il mondo.
Ci impegniamo:
• ad intenderci tra noi sui contenuti e gli obbiettivi della nostra responsabilità sociale
ed a sostenere il più possibile insieme le istanze e la concezione delle Chiese di
fronte alle istituzioni civili europee;
• a difendere i valori fondamentali contro tutti gli attacchi;
• a resistere ad ogni tentativo di strumentalizzare la religione e la Chiesa a fini etnici o nazionalistici.
Il testo riportato è breve, ma estremamente denso. Ogni singola frase potrebbe essere
meditata, approfondita, discussa. Noi ne sottolineiamo una soltanto: “Non si può raggiungere l’unità in forma duratura senza valori comuni.” È una grande sfida, perché si tratta di cercare e di costruire valori comuni anche con chi ha fede diversa oppure non ne
ha alcuna. Forte è la tentazione non solo di voler vedere riconosciuti i propri valori, ma
di volerli chiaramente “firmati”. Confrontiamo ad esempio la Costituzione italiana, così
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Parrocchia
S. Angela Merici
permeata dai valori cristiani della nostra tradizione italiana, senza la necessità di dichiararli, e la proposta Costituzione europea, dove molti cristiani lamentavano non fosse esplicitamente riconosciuta l’eredità del cristianesimo. È meglio essere cristiani senza dirlo,
che dirlo senza esserlo, ci ha recentemente ammonito il nostro arcivescovo. Quando
vediamo le prostitute dell’Est Europa sulle nostre strade, faremmo bene a ricordarcelo.
Roberto Bonato - Commissione Ecumenismo e Dialogo
Laici e laicità nella Chiesa
Un ciclo di serate con Fulvio De Giorgi
Nel mese di gennaio lo storico Fulvio De
Giorgi ci guiderà in un percorso di approfondimento su laici e laicità nella Chiesa:
vuole essere un’occasione importante, non
soltanto per gli operatori pastorali ma per
la comunità tutta, per crescere nella propria coscienza di cristiani adulti, desiderosi di vivere in prima persona la partecipazione alla vita ecclesiale e la testimonianza della fede. Per introdurci a questo
cammino di riflessione riportiamo, qui si
seguito, il brano introduttivo di una meditazione tenuta da De Giorgi nel maggio
scorso, in occasione del ventennale della
morte di Giuseppe Lazzati.
Prendo la parola con una premessa che
è anche un chiedervi scusa. Non tratterò e me ne scuso la dibattuta questione
teologica su laici e laicità nella e della Chiesa: non ho la competenza per farlo. Non
darò neppure a questo intervento un taglio scientifico, né teologico né storico.
La mia sarà una comunicazione nella condivisione di fede: tra testimonianza personale e tentativo di discernimento del
comune vissuto ecclesiale di oggi.
[…] L’intonazione di fondo della mia riflessione è data da due brani della Parola
di Dio: il primo tratto dal Vangelo di Giovanni e l’altro, quasi come commento al
Vangelo, dalla seconda Lettera ai Corinzi:
Gesù allora disse a quei Giudei che avevano creduto in lui: «Se rimanete fedeli
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alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi
farà liberi. […] In verità, in verità vi dico:
chiunque commette il peccato è schiavo
del peccato. Ora lo schiavo non resta per
sempre nella casa, ma il figlio vi resta sempre; se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero». [Gv 8, 31.34-36]
Il Signore è lo Spirito e dove c’è lo Spirito
del Signore c’è libertà. E noi tutti, a viso
scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine,
di gloria in gloria, secondo l’azione dello
Spirito del Signore. Perciò, investiti di questo ministero per la misericordia che ci è
stata usata, non ci perdiamo d’animo; al
contrario, rifiutando le dissimulazioni vergognose, senza comportarci con astuzia
né falsificando la parola di Dio, ma annunziando apertamente la verità, ci presentiamo davanti a ogni coscienza, al cospetto di Dio. [2 Cor 3, 17-18; 4, 1-2]
Ecco: i laici, o meglio i discepoli, cioè i fedeli alla Parola, sono fatti liberi e sono liberi davvero. Per questa misericordia che
è stata loro usata, sono investiti di un ministero di testimonianza, aperto e franco, che non ha timore e non ricorre perciò ad astuzie umane o a manipolazioni
del Vangelo, ma si rivolge con rispetto
alle coscienze: un ministero mite, umile,
forse anche minoritario e perfino inascoltato, ma glorioso, secondo l’azione
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dello Spirito del Signore. E dove c’è lo
Spirito del Signore c’è libertà.
La traduzione pastorale fondamentale di
questa prospettiva, nella situazione del mondo contemporaneo, è stata data dal Concilio Vaticano II. Ricordare figure di laici cristiani come Giuseppe Lazzati […] significa,
necessariamente, riferirsi al Concilio.
Vi è un’evidenza di interpretazione storiografica: figure come quella di Lazzati hanno una grande importanza storica solo se
il Concilio ha una grande importanza storica. In altri termini, l’interpretazione storiografica, il giudizio storico e la valutazione
del peso di queste figure sono indissolubilmente legati al giudizio storico che si dà
del Concilio: se cioè lo si considera decisivo sui lunghi periodi o limitato al valore episodico di una parentesi breve.
Ma vi è anche e soprattutto un’evidenza
ecclesiale pastorale: e qui esprimo un primo orientamento netto. La via pastorale
per la Chiesa contemporanea, la via che
incarna nella storia di oggi il Vangelo, nella fedeltà al Signore, è quella che ci viene
dal magistero conciliare. Non voglio dire
che la via del Concilio è la più importante, voglio dire che è l’unica e sola. Si possono provare percorsi diversi, in modo più
o meno dissimulato, ma allora - nella migliore delle ipotesi - si perde tempo.
Pur senza minimamente indulgere ad atteggiamenti rivendicativi, controversistici,
sempre lamentosi rispetto allo spazio dato ai laici nella Chiesa, tuttavia mi sforzerò di individuare, con disarmata e mite franchezza, quelle che vorrei indicare, con una
- spero non stucchevole - parafrasi rosminiana, le Cinque piaghe della laicità nella
Chiesa o, forse meglio, quelli che a me paiono i crinali critici principali, ma anche più
essenziali per il futuro della Chiesa.
Fulvio De Giorgi
“Abbiamo creduto all’amore” (1Gv 4,16)
Incontri con i fidanzati 2007
coppie animatrici: Andreozzi-Cipolla-Colli Lanzi-Franco-Grazioli
11
ven 12 gennaio
“Maschio e femmina li creò” (Genesi 2,27)
ven 21 gennaio
“Quello che Dio ha congiunto” (Matteo 19,6)
ven 26 gennaio
“Perché il Signore è testimone tra te e la donna
della tua giovinezza… essa la tua compagna, la
donna dell’alleanza” (Malachia 2, 14)
ven 2 febbraio
“E commosso gli corse incontro, gli si gettò al
collo e lo baciò” (Luca 15, 20)
ven 9 febbraio
“Disposti ad accogliere con amore i figli che Dio
vorrà donarci e a educarli secondo la legge di
Cristo e della sua chiesa” (dal Rito)
ven 16 febbraio
“… Ed essa non cadde, perché era fondata sopra
la roccia” (Matteo 7,25)
Parrocchia
S. Angela Merici
CALENDARIO
DELLE CELEBRAZIONI
Natale 2006 – Anno nuovo 2007
domenica 24 dicembre
orario festivo
ORE 18.00 Celebrazione vespertina di Natale
LUNEDÌ 25 DICEMBRE
NATALE DEL SIGNORE
ore 00.00: Eucaristia nella notte del Natale del Signore
Celebrazione dell’Eucaristia: 8.30 10.00 11.30 18.00
26 DICEMBRE, s.Stefano primo martire
Celebrazione dell’Eucaristia ore 8.00 e 18.00
DOMENICA 31 DICEMBRE
orario festivo
ORE 18.00: EUCARISTIA DI RINGRAZIAMENTO DI FINE ANNO
Vespri solenni, adorazione e canto del “Te Deum”
MARTEDÌ
1 GENNAIO 2007
Giornata della pace
Celebrazione dell’Eucaristia: 8.30 10.00 11.30 18.00
LUNEDÌ
SABATO 6 GENNAIO
EPIFANIA DEL SIGNORE
Celebrazione dell’Eucaristia: 8.30 10.00 11.30 18.00
ore 17.00: adorazione comunitaria
7 GENNAIO
BATTESIMO DEL SIGNORE
Celebrazione dell’Eucaristia: 8.30 10.00 11.30 18.00
ore 16.00: celebrazione dei battesimi
DOMENICA
Nei giorni feriali la celebrazione dell’Eucaristia è alle ore 8.00 e 18.00
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Giuseppe Dossetti, nella chiesa e nella storia
nel decimo anniversario della morte
Bologna, 15 dicembre 1996: scompare don Giuseppe Dossetti, ispiratore e interprete di grandi vicende politiche ed ecclesiali dal dopoguerra ai giorni nostri. Il bel
profilo tracciato dallo storico Giuseppe Alberigo e dalla moglie ci aiutano ad inquadrarne l’opera sul versante religioso e civile.
Non vi è dubbio che un amore generoso, ma anche esigente e sofferto, alla Chiesa come comune cristiano prima, come sacerdote poi è il filo conduttore che attraversa tutta la vita di Giuseppe Dossetti, così ricca per la varietà delle esperienze
vissute sempre al massimo grado di intensità e sulle frontiere più avanzate. La scelta, che risale ai tempi dell’università (1933), di impegnare la propria eccezionale capacità di ricerca nell’ambito del diritto canonico, cioè del diritto interno alla Chiesa, la ricerca di un più intenso impegno cristiano con l’adesione (1936) a un Istituto secolare - allora il modo più nuovo, ancora sperimentale, per un laico di impegnarsi religiosamente - sono soltanto gli atti più evidenti della fase iniziale di questo cammino. Per amore di cronaca, ma anche per dare la misura di come Dossetti abbia sempre vissuto ogni evento da protagonista, si può qui ricordare che la Memoria storico-giuridica sulle Associazione dei laici consacrati a Dio nel mondo, da
lui stesa nel 1939, sarà la base degli atti ufficiali di Pio XII per l’ordinamento degli
Istituti secolari.
Oltre i blocchi
È però negli anni’50, quando conclude con le dimissioni la sua rapida e intensa
esperienza politica, che egli sposta completamente il suo impegno e i suoi interessi
in ambito ecclesiale. Questo avviene anche sulla base di un giudizio storico: infatti la contrapposizione dei due blocchi (occidentale e sovietico) ha prodotto, a suo
avviso, una situazione di totale immobilismo (la guerra fredda) e di fronte a ciò egli,
nella primavera del 1953, parla esplicitamente di catastrofe civile e crisi della Chiesa. Ed è appunto per l’uscita da questa crisi ecclesiale che Dossetti si impegna nella convinzione che se qualche cosa si metterà in movimento nella Chiesa ciò non
potrà che avere riflessi positivi sulla situazione dell’umanità. Egli individua uno dei
punti nodali del processo di rinnovamento nel rimettere in moto con serietà e rigore scientifico da parte di studiosi laici quella ricerca nel campo delle scienze religiose che sembrava non avere più cittadinanza in Italia. Ciò doveva avvenire con
un lavoro di équipe che rispondeva da un lato alle esigenze più avanzate della ricerca scientifica e da un altro al bisogno di “comunità” fortemente sentito in quella stagione.
Il forte vincolo di preghiera e di fede che univa i primi compagni di strada di quell’esperienza e la quotidiana lettura della Bibbia testimoniavano la volontà di recuperare alcuni elementi essenziali, come la signoria della Parola nella vita della Chiesa e del cristiano. Ma egli per questa sua esperienza scelse anche un punto geografico: Bologna. Nodo importante per i rapporti con l’Europa, e Dossetti sa che bisogna guardare oltre i confini, la città ha una lunga tradizione culturale e soprattutto, dal giugno 1952, ha un vescovo, Giacomo Lercaro, che pare disponibile a da13
Parrocchia
S. Angela Merici
re fiducia a laici decisi a impegnarsi con la loro ricerca nell’ambito delle scienze religiose, il che in quel momento è del tutto eccezionale. Questo vescovo fortemente coinvolto nella riforma liturgica, dalla marcata sensibilità pastorale, condivide
l’esigenza di rinnovamento che occhieggia nelle proposte di Dossetti. Nasce così
(1952-53), con il nome più anodino che era riuscito ad inventare, il Centro di Documentazione, poi dal 1961 Istituto per le scienze religiose.
Ma Dossetti pensa ad altre frontiere: la povertà più assoluta, che testimonia alloggiando in una camera in affitto presso una famiglia nelle cosiddette case “minime” della periferia bolognese ed entrando così nel cuore della realtà umana della città, e poi la famiglia religiosa. Ispirata alla grande tradizione monastica dell’oriente e dell’occidente la Piccola Famiglia dell’Annunziata si caratterizza, oltre
che per la povertà, per l’obbedienza al proprio vescovo, collocandosi così all’interno della Chiesa locale, cioè di una realtà la cui riscoperta e valorizzazione avrebbe segnato uno dei punti forti della riforma conciliare. Espressione di questa obbedienza sarà anche la sua candidatura alle elezioni amministrative del 1956, che
alla fine ha ulteriormente rinsaldato il legame con la città.
Sacerdozio e Concilio
Nell’Epifania del 1959 Dossetti, che ne aveva espresso il desiderio a Lercaro due
anni prima, viene ordinato sacerdote. Per una di quelle coincidenze che egli leggeva come interventi provvidenziali, il 25 gennaio dello stesso anno Giovanni XXIII
annuncia la convocazione di un Concilio. Così il suo sacerdozio esordisce in uno
dei momenti cruciali della vita della Chiesa. Il cuore di Dossetti ha ragione di accelerare i battiti. Quella che era stata per lui una radicata speranza, almeno a partire dai primi anni ‘50, sembra divenire realtà. Ai giovani studiosi del Centro di Documentazione infatti, fin dall’inizio, egli aveva proposto come argomento prioritario di studio e di ricerca la storia e il significato dei Concili nella vita della Chiesa.
Il Vaticano II rappresenta quindi ai suoi occhi un’occasione di intenso coinvolgimento nel processo di “aggiornamento”, iniziato da Giovanni XXIII, al servizio di
quella Chiesa che continua ad essere la passione centrale della sua vita.
Dopo avere ispirato la preparazione di un’edizione in latino delle decisioni di tutti i Concili precedenti, offerta a papa Giovanni pochi giorni prima dell’apertura del
Vaticano II (oggi con traduzione italiana a fronte presso le EDB), all’inizio del novembre 1962 Dossetti è chiamato a Roma come esperto personale dal suo vescovo, Giacomo Lercaro. Quella profonda sintonia spirituale che era andata crescendo tra i due personaggi esplode in un reciproco totale coinvolgimento nella
grande avventura conciliare. Dossetti mette al servizio del cardinale il suo eccezionale intuito storico, unito a una singolare cultura teologica e canonistica. La
partecipazione da protagonista all’Assemblea costituente del 1947 gli aveva dato
un’esperienza assembleare che mancava agli altri membri del Concilio. Dossetti
collabora alla stesura di quasi tutti gli interventi di Lercaro: da quello sulla Chiesa
dei poveri del 1962 a quelli sulla struttura della Chiesa, sui rapporti con gli Ebrei,
sulla attenzione alla storia umana e alla pace.
Nell’estate del 1963 Dossetti, per volontà di Paolo VI, si impegna nella riforma del
Regolamento che dovrà guidare il Concilio nei successivi periodi. Nascono così i
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quattro Moderatori, che da quel momento avranno la direzione dei lavori; tra loro é Lercaro. Dossetti fungeva da segretario. Egli svolgerà questo compito per brevissimo tempo, ma abbastanza per formulare e ottenere che i Moderatori proponessero ai Padri alcune domande fondamentali su temi cruciali, come la sacramentalità e la collegialità dell’episcopato e il ripristino del diaconato come ministero permanente. Per Dossetti l’ultima settimana dell’ottobre 1963 fu una settimana di passione, ma ne valse la pena. Da quel momento il mondo seppe che l’episcopato cattolico nella stragrande maggioranza voleva per la Chiesa una svolta epocale. Dossetti collaborò inoltre alla elaborazione della formula con la quale
Paolo VI avrebbe espresso la propria approvazione alle decisioni conciliari, associandosi alla volontà dei Padri: era un delicato snodo tra autorità del Concilio e autorità papale. L’ultimo periodo del Concilio è dominato dalla discussione della Costituzione sulla Chiesa nel mondo contemporaneo e Lercaro e Dossetti ne identificano il nodo cruciale nel capitolo sulla guerra e la pace, pace totale come “segno
dei tempi”, nella prospettiva aperta dalla Pacem in terris di Giovanni XXIII.
Certamente la passione per la pace è una delle consapevolezze più acute con cui
entrambi tornano dal Concilio. Nel 1966-67 Dossetti è totalmente coinvolto nell’applicazione delle decisioni conciliari, che Lercaro vuole immediata nella sua
Chiesa. Con la nomina a provicario l’1 gennaio 1967 si realizza il suo massimo coinvolgimento istituzionale nella diocesi. Ma alla destituzione di Lercaro nel febbraio 1968, Dossetti lascia tutti gli incarichi diocesani.
Perdonare senza dimenticare
Da questo momento la predicazione della Sacra Scrittura, la crescita della propria
famiglia monastica, la testimonianza continua e personale per la pace sono le linee più evidenti del suo impegno cristiano. E tutto si lega: in un commento alle
letture domenicali nel settembre 1970 pronuncia un famoso discorso critico della visita di Nixon in Italia e in Vaticano mentre infuria ancora la guerra in Vietnam.
Nel 1972 va ad abitare con alcuni confratelli a Gerico, uno dei punti più caldi della lotta tra arabi ed ebrei, e fin che la salute glielo consente tiene fede, con un massacrante pendolarismo tra Gerico e Bologna, a quella sua presenza. Nel 1985 realizza l’insediamento della propria famiglia monastica a Montesole, dove una Chiesa distrutta ricorda la più assurda carneficina perpetrata nel nostro Appennino. È
quello che egli definisce la “diaconia di Montesole” per perdonare senza dimenticare. Ancora una volta coglie e interpreta uno dei momenti più sofferti della gente di queste terre. Fino alla fine, stanco e ammalato, nel suo abito scolorito e sdrucito, è stato capace di levare la voce per difendere, vigile sentinella, quelle intuizioni di libertà, di giustizia, di umanità che aveva introdotto e affidato alla Costituzione.
Proprio per questa trasparente fedeltà al suo Signore, a cui non ha mai sostituito
gli idoli correnti del potere e della ricchezza, ma insieme per questo suo impegno
appassionato a fianco degli uomini del suo tempo, alla sua morte Bologna tutta
l’ha salutato con tanta commozione. S. Petronio pieno, le serrande abbassate, gli
autobus fermi e il suono dello storico campanone per un vecchio monaco a cui
tutti sapevano di dovere qualcosa.
Angelina e Giuseppe Alberigo
15
Parrocchia
S. Angela Merici
ORATORIO
Gruppo ‘90-‘91: solo una sfida tra lasagne?
Il 18 e 19 novembre siamo andati in ritiro alla ‘Baita di Flavio’, sperduta su un
monte in Selvasecca a Valbondione, provincia di Bergamo. Abbiamo camminato a lungo su per il bosco al buio e con le torce per raggiungerla e, appena arrivati, ci siamo fiondati su un invitante vassoio di biscotti riscaldandoci al calore del
camino.
Poi abbiamo fatto dei giochi, tra cui twister, per sciogliere un po’ il clima e sviluppare il senso della collaborazione tra noi.
Domenica, dopo colazione, abbiamo inventato delle scenette riguardanti il mondo dei giovani, sul modo di affrontare le situazioni della vita e le abbiamo confrontate con alcuni brani del Vangelo. Poi a pranzo abbiamo mangiato le favolose lasagne preparate dai genitori di Bene e Luca, oltre a tutte le altre prelibatezze di cui siamo stati riforniti. Infine, nel pomeriggio, abbiamo “costruito” una casa che simboleggia l’unione che dovrebbe essere presente nel nostro gruppo e
il posto che ognuno di noi occupa al suo interno. Dopo aver celebrato la messa
siamo rientrati a Milano, stanchi ma contenti.
Luca
Ritiro gruppo ‘92
Noi, gruppo 92 siamo andati in ritiro il 2 e il 3 dicembre alla baita di Selvasecca
in Valbondione accompagnati dai nostri animatori Anna, Francesca e Josef, con
noi sono venute anche Diana ed Elena.
Durante il nostro soggiorno abbiamo ragionato sulla figura di Gesù cercando di
attribuirgli aggettivi che, secondo noi, facevano parte della sua personalità per
comprendere ciò che noi in realtà conosciamo di lui. In seguito abbiamo fatto
una caccia al tesoro in notturna: nei bigliettini c’erano dei passi del vangelo dai
quali, durante il dibattito, siamo riusciti a trovare nuovi aspetti di Gesù. Alla sera, dopo aver mangiato le buone cose portate da casa, abbiamo fatto dei giochi
stupendi a squadre e non senza qualche difficoltà siamo riusciti a dormire!
Il giorno dopo abbiamo rivisto meglio i brani del vangelo e li abbiamo confrontati con la nostra vita, vedendo se riuscivamo a fare quello che faceva Gesù;
spesso però, abbiamo compreso che è molto difficile vivere e comportarci come lui. Questi due giorni vissuti insieme ci hanno aiutato a riflettere sui momenti
della vita in cui ci comportiamo in modo errato, a cercare insieme nuove strade
da percorrere e a far crescere l’amicizia tra noi.
Chiara, Simona, Miriam
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GEMELLAGGIO ECUMENICO
36 ore a Bucarest
Se siete nel bresciano e dovete andare a Orio al Serio, prendete l’autostrada direzione Milano. È quello che è successo a me il 6 dicembre: a quanto sembra, la mia strada verso Bucarest doveva cominciare con un ritorno verso casa. È stato l’inizio di un
viaggio con molte motivazioni, accumulatesi un po’ con il lavoro (poco) fatto insieme agli amici della Commissione Ecumenica, un po’ con la curiosità (tanta) suscitata
dai racconti di chi ci é stato. Un paese dell’Est, che dal prossimo gennaio entra nell’Unione Europea, e i suoi abitanti, cristiani dell’Ortodossia e nostri “gemelli”.
Insieme con Giovanna, Letizia, Ester e Massimo accompagniamo padre Giuseppe
per vivere la festa di S. Ambrogio, che ormai è anche il santo patrono della locale
parrocchia, insieme a padre Mircea e ai suoi.
Il volo dura poco meno di due ore, come previsto, ma veniamo dirottati all’aeroporto
di Otopeni; poco male: scopro presto che si tratta dell’aeroporto principale di Bucarest e che i nostri amici sono venuti a prenderci. Riusciranno per tutto il nostro
soggiorno a farci sentire davvero importanti, colmandoci di attenzioni degne di una
delegazione ufficiale. Non mi rimane che cercare di darmi un tono…
Bucarest è una città in rapido cambiamento: la popolazione ufficiale è di circa 2 milioni di persone, ma dubito che le statistiche siano adeguate in un periodo come questo, in cui le persone si spostano moltissimo dalla campagna in città, di città in città,
e da un paese all’altro. Il traffico è come il nostro, un po’ più inquinato, e le Dacia
Logan (praticamente auto occidentali) si affiancano a scassatissime vetture di 15-20
anni. Arriviamo nella chiesa (biserica, dal latino basilica), che rientra un po’ al margine di un vialone; non è molto grande, ma è tutta affrescata, piena di persone e chiusa sul fondo dall’iconostasi: una specie di barriera con tre porte, attraverso le quali
l’assemblea dei fedeli osserva la celebrazione, che si svolge nel presbiterio al di là.
Appena arriviamo tutti ci accolgono con un sorriso e si fanno in quattro per farci
accomodare su sedie che vengono prontamente collocate nei posti migliori. La intera celebrazione è completamente cantata, non ci sono parti recitate. Al celebrante risponde un coro di voci maschili al quale si unisce tutta l’assemblea. Per ogni cosa nuova, ce ne sono altre che ci sembra di riconoscere e che ci fanno subito ritrovare in un ambiente familiare.
Assistiamo al vespro, al termine del quale è gia pronta una tavola apparecchiata con
tartine, succo di frutta e crepes. Non c’è alcun alimento di origine animale, dato
che per gli ortodossi l’avvento è periodo di digiuno. Lo osservano strettamente: non
solo non mangiano carne, ma neppure latte o formaggi. In serata padre Mircea e alcuni dei suoi giovani ci portano fuori e abbiamo modo di sederci tutti insieme intorno ad un tavolo per una pizza (vegetariana). Siamo di nuovo tra amici, e ho modo di conoscere meglio Auriel, che studia teologia e dipinge, padre Aurelian, Monica e tutti gli altri, alcuni dei quali sono già venuti a farci visita in Italia.
Dormiamo nella foresteria del Patriarcato. Il giorno 7, la Divina Liturgia (così gli ortodossi chiamano la celebrazione dell’Eucaristia) inizia con la recita di un inno che
narra la vita e le opere di Ambrogio: sapremo poi che Sorin, un giovane di circa 18
anni che spera di diventare sacerdote, lo ha scritto appositamente dopo un lungo
17
Parrocchia
S. Angela Merici
lavoro. Al termine della celebrazione, dopo circa 2 ore, non ci sembra neppure che
sia passato tanto tempo.
Dopo pranzo, padre Mircea (principalmente a mio beneficio: sono l’unico a non
esserci mai stato) ci porta in visita al Patriarcato. Visitiamo l’aula del Santo Sinodo,
dove si riuniscono i vescovi della Chiesa di Romania. A loro spetta il potere decisionale e il Patriarca ha solo un compito esecutivo.
Ci salutiamo con la promessa di rivederci presto.
In aeroporto, dopo la coda al check-in, abbiamo la brutta sorpresa di un ritardo di
due ore. Arrivo a casa a notte fonda. Sull’autostrada, mentre guido, ripenso alle
parole dette da Giuseppe all’assemblea, a nome di tutti noi: “Siamo venuti a celebrare la Festa di S. Ambrogio qui con voi perché qui ci sentiamo a casa”.
Stefano Chiesa
Con il banco vendita parrocchiale del 25-26 novembre
sono stati raccolti per la Caritas € 2.200,00.
Un grazie di cuore a Giovanna Spallanzani
e a tutti coloro che, con il loro impegno, hanno contribuito
alla buona riuscita dell’iniziativa.
“Pigotte” per la salute dei bambini
Anche quest’anno l’UNICEF ci ha chiesto di collaborare alla confezione delle “pigotte”, le bambole di stoffa che vengono vendute il giorno di Sant’Ambrogio davanti alla Basilica e in Galleria. Il ricavato è destinato alle
vaccinazioni dei bambini dei paesi più poveri.
Abbiamo così confezionato queste “pigotte” lavorando in amicizia.
il gruppo Terza età della parrocchia
ARTE E FEDE
IL CICLO DEI MIRACOLI DI SAN CARLO
(Seconda parte)
Nell’imminenza della canonizzazione del Santo, la Fabbrica del Duomo, sempre
sotto la vigile presidenza del canonico Mazenta, avviò nel 1609 un secondo ciclo di
grandi quadri (m 3,60x2,40, sempre tempera su tela) dedicati ai miracoli di san Carlo. Essi erano destinati ad essere appesi sul retro dei più grandi della Vita.
I nuovi venti teleri vennero realizzati, a tempo di record, entro il 4 novembre 1610 ed
esposti per la solenne memoria del santo.
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Il nuovo ciclo si distanzia sostanzialmente dalla comunque sostenuta oratoria e ufficialità della serie della Vita. Qui l’esperienza del miracolo è tradotta in tono più intimo e quotidiano, facendo appello all’esperienza di vita del singolo fedele, nella spontaneità dell’ex-voto, in un’esaltata fiduciosa speranza che prorompe fra le miserie e le malattie.
La pittura sa farsi silenzio e preghiera, grido di domanda ed invocazione, stupore e
venerazione per la gratitudine del miracolo avvenuto.
I quadri vennero affidati a Cerano (sei), a Giulio Cesare Procaccini (sei), al Duchino
(sei), a Carlo Buzzi (tre), aa Alessandro Vaiani (uno) e a Giovanni Noyers (due), altri
sei ne vennero aggiunti successivamente.
Certamente le tele piú significative vennero eseguite dal Cerano, del quale giá abbiamo scritto e da Giulio Cesare Procaccini (1574-1625). Il Procaccini si allontana dalla
drammaticità del Cerano, profondamente penitenziale e ansiosa di gravi problemi morali, instaurando una pittura sciolta, ariosa, non più sostanziata di verità esistenziali,
ma spinta a crescere con libertà immaginativa, immettendo nei drammi delle singole storie, un gusto prezioso ed aristocratico per la favola e per l’esecuzione elegante,
tra languori e ferite amorose. In tal modo, oltre a creare un’alternativa alla pittura grande e severa del Cerano, il Procaccini agevolò la trasformazione della cultura milanese del suo tempo: fu trionfalmente liturgico, ma senza enfasi, sempre intento a temi
intimi, secondo la sua più connaturale poetica.
I miracoli dipinti da Cerano sono: Miracolo di Aurelia degli Angeli (1610),Miracolo
di Giovanna Marone nata deforme (1610), Miracolo di fra Sebastiano da Piacenza
(1610), Guarigione di Margherita Vertua da febbre mortale (1610), Guarigione di
Beatrice Crespi malata di cancro al seno (1610).
I teleri dei miracoli dipinti dal Procaccini invece sono: Miracolo di Marta de Vighi, inferma negli occhi (1610), Miracolo del paralitico Girolamo Baio (1610), Miracolo di
suor Paola Giustina Casati (1610), Miracolo del bambino Carlo Nava, nato cieco (1610),
Miracolo del fanciullo Giovanni Tirone (1610), Miracolo di Domenico Brusadore (1610).
Anna Maria Roda
Agenda della comunità
Domenica 17 dicembre
• Alle ore 17 Concerto di Natale del maestro Andrea Friggi.
Lunedì 18 dicembre
• Alle ore 16 e alle ore 21 liturgia penitenziale.
Domenica 7 gennaio
• Alla celebrazione eucaristica delle ore 10 sono invitati i genitori dei bambini battezzati nel 2006.
Lunedì 8 gennaio
• Alle ore 21, presso la nostra parrocchia, si riunisce il Consiglio Pastorale Decanale.
• Sempre alle ore 21 si riunisce la Commissione Giustizia e Pace.
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Parrocchia
S. Angela Merici
Martedì 9 gennaio
• Alle ore 21, primo appuntamento del ciclo di incontri di formazione su Laici e
laicità nella Chiesa. Relatore Fulvio De Giorgi.
Mercoledì 10 gennaio
• Alle ore 21 incontro per i catechisti del Battesimo.
Domenica 14 gennaio
• Alle ore 16 celebrazione eucaristica per i genitori dei bambini battezzati nel
2001, 2002, 2003.
Martedì 16 gennaio
• Alle ore 21, prosegue il ciclo di incontri di formazione su Laici e laicità nella
Chiesa. Relatore Fulvio De Giorgi.
Mercoledì 17 gennaio
• Alle ore 21 si riunisce la Commissione Famiglia.
Sabato 20 e domenica 21 gennaio
• La comunità festeggia il 5° anniversario del gemellaggio ecumenico con la parrocchia della Dormizione di Bucarest.
Incontri pomeridiani per la terza età
Questo il calendario degli incontri promossi dal Movimento Terza età (ore 15.30)
giovedì 19 dicembre festa di Natale decanale presso la parrocchia di S. Maria alla Fontana
giovedì 21 dicembre catechesi guidata da p. Cirillo sul nuovo libro Abbiamo creduto all’Amore. In conclusione scambio degli
auguri natalizi e festeggiamento dei compleanni di dicembre.
giovedì 4 gennaio
tombola in allegria e merenda
giovedì 11 gennaio secondo incontro con AGER, presso la parrocchia di S.
Maria Goretti, sul tema: Apri il cuore alle emozioni
martedì 16 gennaio incontro biblico con Roselia Mazza sulle Lettere di Pietro
giovedì 18 gennaio catechesi guidata da p. Cirillo sul libro Abbiamo creduto all’Amore.
giovedì 25 gennaio terzo incontro con AGER, presso la parrocchia di S. Maria Goretti, sul tema: Libera il corpo dalle tensioni
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Centro culturale
VISITE GUIDATE
- lunedì 8 gennaio – alle ore 18 presentazione della mostra di Mantenga a cura della professoressa Roda nei locali del Centro culturale.
- mercoledì 10 gennaio – alle ore 7.45 partenza dal piazzale della chiesa per
Verona per la visita guidata alla mostra di Mantegna.
- giovedì 18 gennaio – alle ore 15 ritrovo all’ingresso del monastero di San Simpliciano (via Garibaldi) e visita guidata dalla professoressa Roda.
CORSI
Restano aperte le iscrizioni per corsi di computer.
TEATRO INSIEME
Presso il Centro è possibile prenotare spettacoli teatrali a prezzi ridotti.
Informazioni ed iscrizioni: lunedì dalle ore 16 alle 18, martedì/mercoledì/giovedì
dalle 18 alle 19.30 nei locali del Centro culturale.
In decanato
Giovedì 18 gennaio
• Alle ore 21, presso la parrocchia di S.Maria alla Fontana, lectio divina per gli
adulti promossa dall’Azione Cattolica decanale e guidata da don Andrea Meregalli. Brano di riferimento della serata sarà Es 3,16-22 e 6,9-13.
In città
Giovedì 11 gennaio
• Alle ore 21, in piazza San fedele 4, nell’ambito degli incontri promossi dal Centro giovani coppie, la dottoressa Laura Formenti, docente di psicopedagogia
della famiglia all’Università degli studi Milano – Bicocca, interverrà sul tema Figli, genitori, nonni in equilibrio sul filo delle generazioni.
Mercoledì 17 gennaio
• Alle ore 19, presso la Sala della Trasfigurazione, piazza San Fedele, lettura a due
voci (ebraica e cristiana) dedicata al libro di Giobbe. Intervengono G. Borgonovo e il rabbino Sciunnach.
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Parrocchia
S. Angela Merici
domenica 17 dicembre - ore 16
Compagnia teatrale Sentichestoria
Fata Mata Azzurrra in Ma a che servono le fate?
testo e regia : M. Cristina Ceresa
con Roberta Mandelli e Laura Formenti - Età : 3-10 anni
domenica 7 e sabato 13 gennaio - ore 16
Compagnia teatrale Sentichestoria
Tombola Fata Mata!
testo e regia : M. Cristina Ceresa
Con Roberta Mandelli e Laura Formenti - Età : 3-10 anni
sabato 20 gennaio - ore 21
Compagnia degli Evasi di La Spezia
ALBERGO A ORE
da un’idea di Alberto Cariola - Scritto e diretto da Marco Balma
con Anselmo, Alberto Cariola, Laura Passalacqua, Marco Balma,
Marilena Bertonati, Carlo Pelini, Elena Mele, Simone Tonelli,
Nicoletta Croxatto, Matteo Ridolfi - Musiche di Renè Aubry
domenica 21 gennaio - ore 21
FRED RIGHETTI
Fred Righetti è uno dei migliori interpreti della canzone americana e internazionale
Prenotazioni gratuite: www.teatroblu.org
Pensieri e Colori Coop. Sociale - tel. 02 3705 0694 (dal lunedì al venerdì 9-13 / 14-18)
Grazie, grazie, grazie!
Se d’ora in poi stare in chiesa e sedersi a pregare risulterà, come dire, un
po’ più comodo e piacevole… dobbiamo ringraziare alcune persone che in
questi giorni di avvento hanno lavorato ‘notte e giorno’ in maniera febbrile
alla realizzazione dei cuscini posti sui banchi.
Anzitutto il nostro grazie va al sig. Leonardo Montini che ci ha offerto gratuitamente tutto il materiale (stoffa e gommaspugna);
poi a Enrica Gilardoni che ha infaticabilmente cucito e organizzato il lavoro, grazie anche all’aiuto di: Ica Andronache, Livia Camerlengo, Franca
Cardinale, Gaetana Fiorentini, Maria Luisa Mapelli, Grazia Moro, Mimma Polenghi e Paola Spadafora.
A tutti un grazie di cuore!
p.Giuseppe
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Nella comunità parrocchiale
SONO ENTRATI
Marvin Andrea Murcia - 10 dicembre 2006
Chiara Longobucco - 10 dicembre 2006
Nicholas Pozoli - 10 dicembre 2006
Alessandro Camillo Pigoni - 10 dicembre 2006
Jefferson Andres Celorio Mendoza - 10 dicembre 2006
Camilla Corina Freitas Neto - 10 dicembre 2006
Gabriel Antonio Freitas Neto - 10 dicembre 2006
Clarissa Antonina Freitas Neto - 10 dicembre 2006
Josephine Aurora Freitas Neto - 10 dicembre 2006
SI SONO UNITI IN MATRIMONIO
Davide Grimaldi e Ester Leopardi - 2 dicembre 2006
Marco Bedogni e Alessandra Alfieri - 16 dicembre 2006
CI HANNO LASCIATO
Francesco Colnaghi - 20 novembre 2006 (anni 56)
Vanda Cian - 20 novembre 2006 (anni 95)
"Giovanna Colnaghi e Marina insieme a tutti i loro cari
ringraziano per la manifestazione di affetto al caro Francesco".
S. Angela foglMerici
o
Parrocchia
nformativo
Direttore responsabile – p. Giuseppe Bettoni
Capo Redattore – Tata Tanara
Impaginazione – Pensieri e Colori
Stampa – Francesco Canale
Un ringraziamento particolare
a tutti coloro che collaborano
con gli articoli, alla fascicolatura e
alla diffusione del Foglio Informativo
Trovate il Foglio Informativo anche su:
www.americisss.it
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