Foglio n. 357 - Parrocchia Sant`Angela Merici
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Foglio n. 357 - Parrocchia Sant`Angela Merici
Natale 2006 Prendiamoci il tempo in questi giorni per guardare il cammino fatto, non per adombrarci nella nostalgia, ma per tornare un poco sulla nostra vita e costatare che Dio era là con noi, malgrado le nostre ferite, le nostre solitudini e le nostre sofferenze. Rileggere così la vita è senza dubbio un buon mezzo per resistere alla mancanza di fede e potremmo trovarci a dire a Dio, che, più frequentemente di quanto potremmo pensare, Tu eri là e io non lo sapevo! Il Verbo si è fatto carne per rivelare ciò che c’è di più prezioso in noi: il nostro cuore vulnerabile, la nostra sete di essere amati e la nostra capacità di amare. Vieni, luminoso chiarore di Natale, vieni Cristo, stella del mattino ad illuminare la nostra notte. Vieni a sollevare i nostri sguardi appesantiti dalla stanchezza. Vieni e donaci di inginocchiarci davanti a te Figlio della divina Speranza. Che sia per tutti un Santo Natale! p.Giuseppe p.Guglielmo, p.Cirillo e la comunità dei Sacramentini Dalla periferia al cuore della città dal discorso dell’Arcivescovo alla città per la vigilia di S.Ambrogio Carissimi, è nel nome di sant’Ambrogio che a tutti e a ciascuno di voi rivolgo il mio saluto sincero e affettuoso. […] Mi aiuti il nostro Patrono perché le riflessioni che voglio condividere con voi possano essere davvero utili alla Città, al suo cammino di fede e di rettitudine, di giustizia e di fraternità, di vera e matura libertà. Ho pensato di affrontare il tema della “periferia”, sollecitato in questo da diversi interventi che ne hanno sottolineato, talvolta allarmati, il degrado e la difficile qualità di vita, legata tra l’altro all’insicurezza e all’esperienza di alienazione e di violenza. Nessuna pretesa da parte mia di aggiungere un’analisi di tipo sociologico alle tante già esistenti, ma solo il desiderio di offrire alcuni spunti nati nel mio cuore di Vescovo, pensando alle tante persone che abitano le nostre diverse periferie e, insieme, pensando all’intera Città come a un corpo che ha bisogno di essere sano e vitale in ogni sua parte. L’idea centrale del mio intervento è questa: se la città ha un cuore ed un’identità non ci sono più “periferie”. E l’intento che mi muove è di rendere più forte il nostro impegno – direi la nostra passione - per mantenere vivo e pulsante il cuore di questa città. La città e le sue tante periferie Inizio con un interrogativo semplice, ma dalla risposta complessa: che cos’è periferia? In realtà il termine riveste un significato ambivalente, se non addirittura paradossale. Da un lato, etimologicamente parlando, la periferia rimanda a un’idea di perfezione, al cerchio, alla rotondità, fogl onformativo - n. 357 - dicembre 2006 e quindi a un’idea di accoglienza, quasi un abbraccio: e così siamo ricondotti anche all’idea di un insieme che si sviluppa e che domanda attenzione, cura, disponibilità a creare legami più stretti. Dall’altro lato, la periferia esprime distanza: è ciò che sta intorno, ciò che è lontano dal centro, e quindi non è vicino al cuore, non è nella mente e nel pensiero, non rientra in quello che interessa. Si crea così la marginalità dei luoghi e delle persone. Questa è la periferia. E il centro? Il centro non è tanto un punto geometrico, quanto il cuore pulsante, l’anima della città. Di qui la domanda di fondo: ma noi possiamo essere lontani, staccati, dall’anima della nostra città? E la nostra città ci può allontanare dalla sua anima? Ma la domanda si fa più inquietante: può morire l’anima della città e con lei può morire la città? Sì, questo è possibile, anche se non accade d’improvviso. Accade quando ognuno di noi, ogni cittadino si è chiuso in se stesso, si è fatto centro e assoluto per sé, ha troncato le relazioni, ha abbandonato uno sguardo attento sull’altro e, giorno dopo giorno, ha continuato diritto su una strada che lo allontanava dal suo compito di costruire il bene della città e dal suo impegno di edificare insieme agli altri una comunità civile. Nasce allora la “periferia” come allontanamento, emarginazione, isolamento, dove prevalgono la solitudine, la paura, la reazione triste e violenta. In particolare nei giovani sorge la richiesta di un perché, che riecheggiando senza trovare risposta si sfoga in una 2 violenza cieca e rinchiusa in se stessa. Sono situazioni che, purtroppo, in questo anno abbiamo spesso vissuto sotto differenti forme. Come si vede, la “periferia” è da intendersi non solo in senso spaziale in rapporto a una certa area urbana, ma anche in senso tipicamente umano. E il pensiero allora va ad altre “periferie” che sono di volta in volta le diverse etnie, i vari gruppi sociali, determinate e chiuse categorie di persone. Per la verità, esiste una periferia ancora più radicale, che coinvolge l’intimo dell’uomo stesso. Sì, è l’uomo come uomo, ossia nella sua umanità, che può diventare “periferia a se stesso”. E tale diviene quando è senza identità e senza radici; quando smarrisce il suo centro interiore, anzi si separa da esso; quando perde la capacità di riconoscere l’altro, di stabilire una relazione, di farsi prossimo, di essere cittadino. […] Proprio questa periferia umana così radicale ci deve profondamente preoccupare non meno delle periferie spaziali o geografiche. Infatti, la crisi dell’uomo che si chiude in se stesso e non si fa prossimo agli altri non è mai solo una crisi solitaria, individuale, e perciò circoscritta. È come un contagio, che si diffonde e raggiunge tutti e ciascuno. Siamo allora sollecitati a una rinnovata attenzione e a un rinnovato amore all’uomo, anche se si trova ad essere senza identità e senza radici e persino quando si trova ad essere “senza cuore”. […] pensando alla città, l’esperienza ci insegna che, se un uomo si sente estraneo, lontano, scacciato, non amato, condannato senza appello, se non sente più pulsare il cuore della sua città, spesso finisce per diventare un “uomo contro”. E lo dimostrano fenomeni come il bullismo, la violenza cieca e irresponsabile del branco, l’aggressività in tutte le sue manifestazioni, in partico3 lare verso coloro che vengono ritenuti più deboli: i disabili, le donne, gli anziani. Più sale il senso di estraneità e di alienazione, più la violenza trova alimento e dilaga. Ma ritorniamo alle periferie della città. […] Pensiamo alla gente che fugge dalla periferia della grande città. Anche la nostra città di Milano è andata spopolandosi negli anni. Adesso però sembra ripopolarsi. Ma questo fenomeno chiede di essere considerato con attenzione, perché la ripopolazione della città può nascondere e generare una nuova disperazione e un nuovo “allontanamento” dall’identità e dal cuore. I nuovi venuti – in particolare coloro che vengono chiamati extracomunitari - sono troppo spesso costretti ad “accontentarsi”, a ripopolare i luoghi e gli spazi di chi è riuscito a fuggire, senza però che nessuno si sia preoccupato di risolvere la questione precedente che aveva causato la fuga, perpetuando così, in termini a volte più drammatici, i problemi. Questo determinerà una nuova alienazione, probabilmente ancora peggiore, e il rischio di una violenza ancora più distruttiva. La gente fugge dalla periferia della grande città verso “nuovi luoghi” a misura d’uomo (o, forse, semplicemente ritenuti tali), alla ricerca di ciò che la città non può dare o non riesce più a dare. Questo genera un piccolo, apparente, sollievo. La periferia si fa però gigantesca, smisurata. La città diventa infinita non solo nelle reti e nella conurbazione, ma anche nella periferia immensa, che minaccia sempre più il “cuore”, il centro: è una periferia che rischia di inghiottire la persona. E in questo modo veniamo di nuovo traditi: fuggiamo dalla città pensando che la nostra ricerca di senso e di nuova identità trovino compimento, ma queParrocchia S. Angela Merici sto compimento non avviene. Non avviene perché si sviluppa una nuova frenesia, non solo di tipo edificatorio, ma anche e non meno di tipo esistenziale: ci si muove in continuazione, si esce dalla città, ma poi ci si ritorna per lavoro o per acquisti o per trovare momenti di svago, si passa da un centro commerciale all’altro, si vive e ci si muove insieme, ma isolati. E così anche queste nuove periferie rischiano di diventare cerchi concentrici di egoismo, di solidarietà frantumata, di socialità offesa, di violenza. […] Abbiamo sì cambiato l’area geografica, ma abbiamo riprodotto lo stesso modello sociale, quello consumistico, fatto di un frenetico correre tra il lavoro e gli acquisti, antica raffinata schiavitù secondo un nuovo modello. Il consumismo non può essere un progetto di vita e di futuro: ci può dare un attimo di piacere, ci può far vivere una gioia fugace, ma non ci può dare il senso vero del nostro essere uomini e donne, della nostra autentica umanità. Ci conduce lontani da noi stessi e ci fa estranei a noi stessi e, di conseguenza, estranei gli uni agli altri. In un simile contesto nessuno riesce a ritrovare la gioia dell’appartenenza alla comunità sociale; pochi si sentono di assumere la responsabilità degli altri e di farsi carico dei problemi collettivi; rinascono la paura e l’avarizia di sé; si affievolisce o scompare l’idea di un impegno civile; le relazioni tra le persone e i gruppi divengono inconsistenti e segnate dalla diffidenza e dalla superficialità. Ma anche nelle situazioni più difficili e complesse l’uomo rimane uomo. Anzi proprio queste situazioni diventano una sfida per l’uomo: lo sollecitano a ritrovare dentro di sé la propria “possibilità di ritorno” e a rendere questa possibilità una “realtà concreta” con l’im- fogl onformativo - n. 357 - dicembre 2006 pegno a vivere la propria umanità profonda e per la dignità umana di ogni persona. Per l’uomo è impossibile non porsi - presto o tardi, in un modo o in un altro - l’interrogativo circa il senso della vita e quindi circa il progetto per dare senso alla vita. Quale progetto per dare un senso alla vita? […] È necessario, innanzitutto, non dimenticare e non oscurare la domanda di senso che sta nel nostro cuore. Ritorniamo allora alle domande profonde, alla ricerca del senso autentico dell’esistenza umana e della nostra vita personale. Ma ciò esige di “custodire la dimensione dell’interiorità”, di ricomprendere l’importanza di un “silenzio abitato” che consente di scendere in profondità, di riscoprire la nostra umanità “buona”, di capire chi siamo e, se lo vogliamo, nella libertà piena, di trovare Dio e di affidarci a lui. Ancora una volta sant’Ambrogio ci è maestro, con il suo prezioso avvertimento a coltivare come primo il “dovere interiore”. Così scrive: «La tua ricchezza è la tua coscienza; il tuo oro è il tuo cuore…Custodisci l’uomo che è dentro di te. Non trascurarlo, non averlo a noia come se non avesse valore, perché è un possesso prezioso» (De officiis 1, 11). Certo, questo vale per ciascuno di noi. Ma vale anche per la città e per la società. C’è un impegno nella costruzione della città che è attento alla dimensione dell’interiorità, perché l’interiorità ha pure una valenza civile: persino una società lontana da Dio è diversa se ricca di dimensione interiore rispetto ad una società votata alla superficialità. C’è da chiederci allora: quale modello di città consente l’interiorità, quale modello di società non la tradisce, quale cultura la incontra, quale economia non la di- 4 strugge, quale politica non la avvelena? L’interiorità restituisce l’anima alla città: l’interiorità costruisce il nostro futuro, non solo il nostro futuro personale o spirituale, ma anche quello dell’intera comunità civile e, aggiungerei, quello della cultura dell’occidente europeo nel suo complesso. Solo l’interiorità assicura un’identità vera, ossia un’identità che non ha paura dell’altro, che non si chiude in se stessa, che non va allo scontro, ma all’incontro, in una prospettiva radicalmente diversa rispetto a quella che spesso in questi anni stiamo vivendo. Dobbiamo volere e amare un’identità collettiva ed individuale che non sia “contro”, perché non mi costruisco e non costruisco nulla sul “contro”, ma sul riconoscimento reciproco: io “riconosco” l’altro e l’altro “riconosce” me. E questo non può essere solo un impegno personale. È una questione anche sociale, culturale e politica. In particolare, quanto alla politica si deve rilevare che essa non può continuare a dibattersi tra emergenze, che pure ci sono, ma deve impegnarsi a produrre un’azione leggibile ed univoca per chi si riconosce nella nostra identità e per chi non vi si riconosce. Certo senza negare una storia, la nostra, che a partire da valori condivisi ha creato una cultura giuridica ed istituzionale definite, e, nello stesso tempo, cercando la via del dialogo, che è via faticosa ma necessaria. Se vogliamo una convivenza civile dobbiamo uscire da uno schema di contrapposizione di identità, di culture, di religioni. In realtà, non potrà mai avere un’anima una città, nella quale convivono senza incontrarsi, ma si ghettizzano, rendendole “periferia” le une alle altre, comunità diverse, da quella italiana, la nostra, a quella islamica, a quella cinese, a quella rumena, albanese, bielorussa e tante altre ancora. Il futuro della nostra comunità civile non sta in una “ordinata ghettizzazione” rispettosa di alcune norme di convivenza più per necessità che per convinzione. Le diverse identità devono essere messe in condizione di non temersi reciprocamente, bensì di aprirsi alla reciproca stima e conoscenza. E questo è necessario per preparare un futuro nel quale i figli di queste comunità si potranno sentire, tutti insieme, appartenenti ad un’unica città e da cittadini potranno costruire la città del domani. […] Ancora una volta, più che mai, è necessario rendere possibile “l’essere persona” e condurre ciascuno, per costruire tale possibilità, ad affrontare le proprie responsabilità individuali, sociali, civili, politiche. Il senso della politica sta qui: nel creare tutte le condizioni che rendano possibile essere persona in pienezza, che non tradiscano la persona, che ne ricollochino la dignità e il valore al centro della moderna civiltà. […] Preghiamo perché per la realizzazione di questi compiti non ci manchino mai la grazia e la forza che vengono dall’amore di Dio. + Dionigi card. Tettamanzi, Milano, 6 dicembre 2006 Il Santo Padre Benedetto XVI, alla vigilia della sua partenza per il viaggio apostolico in Turchia, ha nominato mons. Diego Coletti, attuale vescovo di Livorno, vescovo di Como. Di seguito il saluto che mons. Coletti, nostro parrocchiano, ha rivolto alla sua nuova diocesi. 5 Parrocchia S. Angela Merici AI CRISTIANI DELLA DIOCESI DI COMO Livorno 2 dicembre 2006 VENGO PER SERVIRE LA VERITÀ E LA COMUNIONE Care sorelle e cari fratelli in Cristo, grazia e pace a voi da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo. Da pochi momenti è stata resa pubblica la scelta del santo Padre che mi invia a voi per il servizio del Vangelo e la cura della comunione ecclesiale, come vostro Vescovo. Un saluto speciale riservo al vescovo Alessandro, al quale esprimo affetto e prometto un particolare ricordo nella preghiera. Ai presbiteri, diaconi e seminaristi, primi collaboratori della fatica apostolica, l’augurio di guardare al nostro cammino futuro con speranza e generoso impegno. Potete immaginare la varietà e l’intensità dei sentimenti e dei pensieri che si agitano dentro di me in queste ore. Mi è venuta in mente più volte un’espressione della lettera di san Paolo ai Romani che mi sembra esprimere in verità qualcosa di quello che provo per voi. Scrive l’Apostolo: “Ho un vivo desiderio di vedervi per comunicarvi qualche dono spirituale perché ne siate fortificati, o meglio, per rinfrancarmi con voi e tra voi mediante la fede che abbiamo in comune, voi e io”.1 Mi sembra importante pensare così alla vita di chi è chiamato a servire “come gli Apostoli”: siamo posti a servizio della verità e della bellezza del Vangelo, e per questo siamo impegnati a condividere con tutti la gioia del nostro incontro con il Signore. Come ci ha ricordato il Papa nella sua Enciclica: “… all’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva”2. Il mio lavoro per voi e con voi non può avere altro scopo se non quello di propiziare e sviluppare questo incontro. Il mondo ne ha bisogno più di ogni altro bene. Anche se non sempre è cosciente di questo bisogno. Sta a noi servire questa verità con coraggio, con dolcezza e rispetto, per riaccendere nel cuore di tanti nostri contemporanei una speranza che non delude. Dalla verità del Vangelo e dalla grazia di Dio nasce la Chiesa: una nuova comunione di donne e uomini, radunati dallo Spirito del Risorto, perché il mondo creda. Sei anni fa scelsi come motto del mio servizio episcopale le parole del Vangelo di Giovanni “consummati in unum”3, per indicare con queste parole “… che siano perfetti nell’unità” la cura suprema che tutti dobbiamo avere per la comunione fraterna e la testimonianza di carità che in essa si esprime. Nei giorni che ci separano dal nostro incontro mi piacerebbe che meditassimo a lungo tutto il capitolo diciassette del vangelo di Giovanni. La grande preghiera di Gesù al Padre, che per certi aspetti è a lui riservata e per altri può essere fatta propria da ogni battezzato, suscita nel cuore di un successore degli apostoli risonanze specifiche e profonde. Aiutatemi a renderla vera con voi e per voi. Infatti tutti sapranno che siamo discepoli di Ge- Rm 1,11-12. Lettera Enciclica Deus Caritas Est, 1. 3 Gv 17,23. 1 2 fogl onformativo - n. 357 - dicembre 2006 6 sù dall’amore che avremo gli uni per gli altri4. Ritengo che questa sia sollecitudine primaria del Vescovo e premessa indispensabile per dare il sapore cristiano, il vero sale della terra, a tutte le altre mansioni e ministeri che il Signore mi concederà di svolgere per voi. Tornando alla lettera di Paolo ai Romani, trovo scritto: “Chiedo sempre nelle mie preghiere che per volontà di Dio mi si apra una strada per veni4 5 re fino a voi”5. La strada che l’obbedienza al santo Padre mi ha aperto verso di voi non è fatta di pietre o di asfalto. È la strada del cuore. È la strada della condivisione di verità e di misericordia, di giustizia e di pace, sulla quale lo Spirito di Gesù ci farà camminare, per condurci insieme verso l’abbraccio del Padre. Il vostro Vescovo + Diego Gv 13,35. Rm 1,10. SACRAMENTINI www.eymard.org Il 5 dicembre 2006, presso il Centro Convegni Matteo Ricci della Pontificia Università Gregoriana in Roma, è stata presentata l’edizione integrale, tipica ed elettronica degli scritti di San Pier Giuliano Eymard, apostolo dell’Eucarestia e fondatore dei Padri Sacramentini. A questo avvenimento, che da un relatore del convegno, è stato definito “epocale”, era presente un forte gruppo di sacerdoti, religiosi, laici, tra cui il consiglio generale della Congregazione del SS.Sacramento e delle Ancelle del SS. Sacramento, una 50 di religiosi sacramentini italiani e di diverse nazionalità, una parte del consiglio generale dei Padri Maristi. Il Superiore Generale della Congregazione del SS. Sacramento Padre Fiorenzo Salvi scrivendo ai religiosi sacramentini ha detto che “questo evento costituisce un momento straordinario per la storia della nostra Congregazione e per la Chiesa, e risponde al desiderio di tutti coloro che vogliono conoscere meglio San Pier Giuliano Eymard. Il Padre Eymard non avrebbe mai immaginato che un giorno i suoi appunti e le sue prediche sarebbero stati pubblicati. Ma il fatto che queste testimonianze siano state conservate e siano giunte fino a noi, costituisce un dono provvidenziale che non possiamo non valorizzare e condividere con tutti. Questi scritti ci trasmettono il suo pensiero e il cammino spirituale che si è sviluppato lungo il corso della sua vita, e che sbocca, negli ultimi anni, nel dono di sé per amore. Se ora questi testi sono accessibili per nutrire la vita di ciascuno, la comunità resta il luogo privilegiato per far crescere questo carisma che è la nostra eredità nel cuore della Chiesa. Le nostre comunità eucaristiche sono il luogo privilegiato per ascoltare e accogliere la Parola di Dio che ha plasmato in Pier Giuliano l’uomo nuovo, ogni giorno all’ascolto del Signore. Contemplando l’opera mirabile dello Spirito che, giorno dopo giorno, lo trasformava nell’immagine del Figlio prediletto, anche noi siamo attirati in questo me7 Parrocchia S. Angela Merici desimo dinamismo che converte e rigenera la vita delle nostre comunità. La sua fede nell’Eucarestia, che lo fa vivere al Suo cospetto nell’amore (cf. Ef 1, 4) e lo spinge a rispondere alle attese del suo tempo, ci stimola a vivere la nostra vocazione come dono inseparabile a Dio e al mondo, e ad esprimere la nostra missione eucaristica con coraggio e creatività”. Il 9 dicembre 1962, alla fine della prima sessione del Concilio Vaticano II, alla presenza di una immensa folla di Padri conciliari e di fedeli, papa Giovanni XXIII iscriveva Pier Giuliano Eymard (La Mure d’Isère, Grenoble, 1811-1868), sacerdote e fondatore di Congregazioni dedicate all’Eucarestia, nella lista dei Santi con queste parole “Insieme con Vicenzo de’ Paoli, san Giovanni Eudes ed il Curato d’Ars, Pier Giuliano Eymard ha oggi un posto nella falange degli astri luminosi che sono la gloria e il vanto del Paese che li ha visti nascere”. Al termine di un intenso cammino di ricerca che l’aveva condotto prima tra il clero secolare e poi tra i Maristi, colui che fu chiamato l’Apostolo dell’Eucarestia aveva fondato a Parigi in Francia, il 13 maggio 1856 – centocinquant’anni or sono – la Congregazione del SS. Sacramento (Sacramentini) cui farà seguito quella delle Ancelle del SS. Sacramento. Ora, la totalità dei suoi scritti e della sua predicazione è accessibile a tutti. Per realizzare questo sogno, ritenuto impossibile fino a pochi anni or sono, sono stati necessari sei anni di intenso lavoro che hanno coinvolto, ciascuno nel proprio ambito specifico e in dialogo permanente, la Commissione di Studio del Fondatore e la sua Opera (CEFO) composta da religiosi e religiose del SS: Sacramento e l’équipe Informatique & Bible del monastero benedettino di Maredsous, in Belgio. L’opera completa del Padre Eymard – per un totale di oltre 44 milioni di caratteri equivalenti a più di 10 mila pagine di testo in formato A4 – è ora disponibile in maniera completa e affidabile. L’edizione è stata realizzata sulla base di 43.000 foto digitali dei manoscritti (circa 75 mila pagine). A partire da queste immagini, sono stati trascritti tutti i testi inediti e verificati quelli finora pubblicati. Digitando www.eymard.org si può liberamente consultare la grande banca dati contenente la corrispondenza del Santo, le sue note personali, gli scritti giuridici e normativi riguardanti le congregazioni da lui fondate e, infine, l’immensa produzione della sua predicazione. Altra novità: oltre all’ edizione integrale, tipica ed elettronica, degli scritti di San Pier Giuliano Eymard, è allo studio anche una edizione integrale a stampa (circa 12.000 pagine) che valorizza e completa tutto il grande lavoro compiuto. Come conclusione riportiamo ancora alcune righe della lettera del Superiore Generale sopracitata: “questa nuova edizione è un invito a conoscere meglio l’esperienza del Padre Eymard. È una opportunità per ravvivare il suo carisma che ora abita in noi e in tutti coloro che lo Spirito orienta verso l’Eucarestia”. p.Venceslao Dal Cero fogl onformativo - n. 357 - dicembre 2006 8 ECUMENISMO E DIALOGO Verso Sibiu (III) Proponiamo il terzo tema di riflessione, dopo quelli presentati sui bollettini precedenti, in preparazione alla 3^ Assemblea Ecumenica Europea che si terrà a Sibiu (Romania) dal 4 al 9 settembre 2007. Riportiamo integralmente il testo del capitolo 3 della Carta Ecumenica di Strasburgo. III La nostra comune responsabilità in Europa “Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio”. (Mt 5,9) 7. CONTRIBUIRE A PLASMARE L’EUROPA Nel corso dei secoli si è sviluppata un’Europa caratterizzata sul piano religioso e culturale prevalentemente dal cristianesimo. Nel contempo, a causa delle deficienze dei cristiani, si è diffuso molto male in Europa ed al di là dei suoi confini. Confessiamo la nostra corresponsabilità in tale colpa e ne chiediamo perdono a Dio e alle persone. La nostra fede ci aiuta ad imparare dal passato e ad impegnarci affinchè la fede cristiana e l’amore del prossimo irraggino speranza per la morale e l’etica, per l’educazione e la cultura, per la politica e l’economia in Europa e nel mondo intero. Le Chiese promuovono una unificazione del continente europeo. Non si può raggiungere l’unità in forma duratura senza valori comuni. Siamo persuasi che l’eredità spirituale del cristianesimo rappresenti una forza ispiratrice arricchente l’Europa. Sul fondamento della nostra fede cristiana ci impegniamo per un’Europa umana e sociale, in cui si facciano valere i diritti umani ed i valori basilari della pace, della giustizia, della libertà, della tolleranza, della partecipazione e della solidarietà. Insistiamo sul rispetto per la vita, sul valore del matrimonio e della famiglia, sull’opzione prioritaria per i poveri, sulla disponibilità al perdono ed in ogni caso sulla misericordia. In quanto Chiese e comunità internazionali dobbiamo contrastare il pericolo che l’Europa si sviluppi in un Ovest integrato ed un Est disintegrato. Anche il divario NordSud deve essere tenuto in conto. Occorre nel contempo evitare ogni forma di eurocentrismo e rafforzare le responsabilità dell’Europa nei confronti dell’intera umanità, in particolare verso i poveri di tutto il mondo. Ci impegniamo: • ad intenderci tra noi sui contenuti e gli obbiettivi della nostra responsabilità sociale ed a sostenere il più possibile insieme le istanze e la concezione delle Chiese di fronte alle istituzioni civili europee; • a difendere i valori fondamentali contro tutti gli attacchi; • a resistere ad ogni tentativo di strumentalizzare la religione e la Chiesa a fini etnici o nazionalistici. Il testo riportato è breve, ma estremamente denso. Ogni singola frase potrebbe essere meditata, approfondita, discussa. Noi ne sottolineiamo una soltanto: “Non si può raggiungere l’unità in forma duratura senza valori comuni.” È una grande sfida, perché si tratta di cercare e di costruire valori comuni anche con chi ha fede diversa oppure non ne ha alcuna. Forte è la tentazione non solo di voler vedere riconosciuti i propri valori, ma di volerli chiaramente “firmati”. Confrontiamo ad esempio la Costituzione italiana, così 9 Parrocchia S. Angela Merici permeata dai valori cristiani della nostra tradizione italiana, senza la necessità di dichiararli, e la proposta Costituzione europea, dove molti cristiani lamentavano non fosse esplicitamente riconosciuta l’eredità del cristianesimo. È meglio essere cristiani senza dirlo, che dirlo senza esserlo, ci ha recentemente ammonito il nostro arcivescovo. Quando vediamo le prostitute dell’Est Europa sulle nostre strade, faremmo bene a ricordarcelo. Roberto Bonato - Commissione Ecumenismo e Dialogo Laici e laicità nella Chiesa Un ciclo di serate con Fulvio De Giorgi Nel mese di gennaio lo storico Fulvio De Giorgi ci guiderà in un percorso di approfondimento su laici e laicità nella Chiesa: vuole essere un’occasione importante, non soltanto per gli operatori pastorali ma per la comunità tutta, per crescere nella propria coscienza di cristiani adulti, desiderosi di vivere in prima persona la partecipazione alla vita ecclesiale e la testimonianza della fede. Per introdurci a questo cammino di riflessione riportiamo, qui si seguito, il brano introduttivo di una meditazione tenuta da De Giorgi nel maggio scorso, in occasione del ventennale della morte di Giuseppe Lazzati. Prendo la parola con una premessa che è anche un chiedervi scusa. Non tratterò e me ne scuso la dibattuta questione teologica su laici e laicità nella e della Chiesa: non ho la competenza per farlo. Non darò neppure a questo intervento un taglio scientifico, né teologico né storico. La mia sarà una comunicazione nella condivisione di fede: tra testimonianza personale e tentativo di discernimento del comune vissuto ecclesiale di oggi. […] L’intonazione di fondo della mia riflessione è data da due brani della Parola di Dio: il primo tratto dal Vangelo di Giovanni e l’altro, quasi come commento al Vangelo, dalla seconda Lettera ai Corinzi: Gesù allora disse a quei Giudei che avevano creduto in lui: «Se rimanete fedeli fogl onformativo - n. 357 - dicembre 2006 alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi. […] In verità, in verità vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Ora lo schiavo non resta per sempre nella casa, ma il figlio vi resta sempre; se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero». [Gv 8, 31.34-36] Il Signore è lo Spirito e dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà. E noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore. Perciò, investiti di questo ministero per la misericordia che ci è stata usata, non ci perdiamo d’animo; al contrario, rifiutando le dissimulazioni vergognose, senza comportarci con astuzia né falsificando la parola di Dio, ma annunziando apertamente la verità, ci presentiamo davanti a ogni coscienza, al cospetto di Dio. [2 Cor 3, 17-18; 4, 1-2] Ecco: i laici, o meglio i discepoli, cioè i fedeli alla Parola, sono fatti liberi e sono liberi davvero. Per questa misericordia che è stata loro usata, sono investiti di un ministero di testimonianza, aperto e franco, che non ha timore e non ricorre perciò ad astuzie umane o a manipolazioni del Vangelo, ma si rivolge con rispetto alle coscienze: un ministero mite, umile, forse anche minoritario e perfino inascoltato, ma glorioso, secondo l’azione 10 dello Spirito del Signore. E dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà. La traduzione pastorale fondamentale di questa prospettiva, nella situazione del mondo contemporaneo, è stata data dal Concilio Vaticano II. Ricordare figure di laici cristiani come Giuseppe Lazzati […] significa, necessariamente, riferirsi al Concilio. Vi è un’evidenza di interpretazione storiografica: figure come quella di Lazzati hanno una grande importanza storica solo se il Concilio ha una grande importanza storica. In altri termini, l’interpretazione storiografica, il giudizio storico e la valutazione del peso di queste figure sono indissolubilmente legati al giudizio storico che si dà del Concilio: se cioè lo si considera decisivo sui lunghi periodi o limitato al valore episodico di una parentesi breve. Ma vi è anche e soprattutto un’evidenza ecclesiale pastorale: e qui esprimo un primo orientamento netto. La via pastorale per la Chiesa contemporanea, la via che incarna nella storia di oggi il Vangelo, nella fedeltà al Signore, è quella che ci viene dal magistero conciliare. Non voglio dire che la via del Concilio è la più importante, voglio dire che è l’unica e sola. Si possono provare percorsi diversi, in modo più o meno dissimulato, ma allora - nella migliore delle ipotesi - si perde tempo. Pur senza minimamente indulgere ad atteggiamenti rivendicativi, controversistici, sempre lamentosi rispetto allo spazio dato ai laici nella Chiesa, tuttavia mi sforzerò di individuare, con disarmata e mite franchezza, quelle che vorrei indicare, con una - spero non stucchevole - parafrasi rosminiana, le Cinque piaghe della laicità nella Chiesa o, forse meglio, quelli che a me paiono i crinali critici principali, ma anche più essenziali per il futuro della Chiesa. Fulvio De Giorgi “Abbiamo creduto all’amore” (1Gv 4,16) Incontri con i fidanzati 2007 coppie animatrici: Andreozzi-Cipolla-Colli Lanzi-Franco-Grazioli 11 ven 12 gennaio “Maschio e femmina li creò” (Genesi 2,27) ven 21 gennaio “Quello che Dio ha congiunto” (Matteo 19,6) ven 26 gennaio “Perché il Signore è testimone tra te e la donna della tua giovinezza… essa la tua compagna, la donna dell’alleanza” (Malachia 2, 14) ven 2 febbraio “E commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò” (Luca 15, 20) ven 9 febbraio “Disposti ad accogliere con amore i figli che Dio vorrà donarci e a educarli secondo la legge di Cristo e della sua chiesa” (dal Rito) ven 16 febbraio “… Ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia” (Matteo 7,25) Parrocchia S. Angela Merici CALENDARIO DELLE CELEBRAZIONI Natale 2006 – Anno nuovo 2007 domenica 24 dicembre orario festivo ORE 18.00 Celebrazione vespertina di Natale LUNEDÌ 25 DICEMBRE NATALE DEL SIGNORE ore 00.00: Eucaristia nella notte del Natale del Signore Celebrazione dell’Eucaristia: 8.30 10.00 11.30 18.00 26 DICEMBRE, s.Stefano primo martire Celebrazione dell’Eucaristia ore 8.00 e 18.00 DOMENICA 31 DICEMBRE orario festivo ORE 18.00: EUCARISTIA DI RINGRAZIAMENTO DI FINE ANNO Vespri solenni, adorazione e canto del “Te Deum” MARTEDÌ 1 GENNAIO 2007 Giornata della pace Celebrazione dell’Eucaristia: 8.30 10.00 11.30 18.00 LUNEDÌ SABATO 6 GENNAIO EPIFANIA DEL SIGNORE Celebrazione dell’Eucaristia: 8.30 10.00 11.30 18.00 ore 17.00: adorazione comunitaria 7 GENNAIO BATTESIMO DEL SIGNORE Celebrazione dell’Eucaristia: 8.30 10.00 11.30 18.00 ore 16.00: celebrazione dei battesimi DOMENICA Nei giorni feriali la celebrazione dell’Eucaristia è alle ore 8.00 e 18.00 fogl onformativo - n. 357 - dicembre 2006 12 Giuseppe Dossetti, nella chiesa e nella storia nel decimo anniversario della morte Bologna, 15 dicembre 1996: scompare don Giuseppe Dossetti, ispiratore e interprete di grandi vicende politiche ed ecclesiali dal dopoguerra ai giorni nostri. Il bel profilo tracciato dallo storico Giuseppe Alberigo e dalla moglie ci aiutano ad inquadrarne l’opera sul versante religioso e civile. Non vi è dubbio che un amore generoso, ma anche esigente e sofferto, alla Chiesa come comune cristiano prima, come sacerdote poi è il filo conduttore che attraversa tutta la vita di Giuseppe Dossetti, così ricca per la varietà delle esperienze vissute sempre al massimo grado di intensità e sulle frontiere più avanzate. La scelta, che risale ai tempi dell’università (1933), di impegnare la propria eccezionale capacità di ricerca nell’ambito del diritto canonico, cioè del diritto interno alla Chiesa, la ricerca di un più intenso impegno cristiano con l’adesione (1936) a un Istituto secolare - allora il modo più nuovo, ancora sperimentale, per un laico di impegnarsi religiosamente - sono soltanto gli atti più evidenti della fase iniziale di questo cammino. Per amore di cronaca, ma anche per dare la misura di come Dossetti abbia sempre vissuto ogni evento da protagonista, si può qui ricordare che la Memoria storico-giuridica sulle Associazione dei laici consacrati a Dio nel mondo, da lui stesa nel 1939, sarà la base degli atti ufficiali di Pio XII per l’ordinamento degli Istituti secolari. Oltre i blocchi È però negli anni’50, quando conclude con le dimissioni la sua rapida e intensa esperienza politica, che egli sposta completamente il suo impegno e i suoi interessi in ambito ecclesiale. Questo avviene anche sulla base di un giudizio storico: infatti la contrapposizione dei due blocchi (occidentale e sovietico) ha prodotto, a suo avviso, una situazione di totale immobilismo (la guerra fredda) e di fronte a ciò egli, nella primavera del 1953, parla esplicitamente di catastrofe civile e crisi della Chiesa. Ed è appunto per l’uscita da questa crisi ecclesiale che Dossetti si impegna nella convinzione che se qualche cosa si metterà in movimento nella Chiesa ciò non potrà che avere riflessi positivi sulla situazione dell’umanità. Egli individua uno dei punti nodali del processo di rinnovamento nel rimettere in moto con serietà e rigore scientifico da parte di studiosi laici quella ricerca nel campo delle scienze religiose che sembrava non avere più cittadinanza in Italia. Ciò doveva avvenire con un lavoro di équipe che rispondeva da un lato alle esigenze più avanzate della ricerca scientifica e da un altro al bisogno di “comunità” fortemente sentito in quella stagione. Il forte vincolo di preghiera e di fede che univa i primi compagni di strada di quell’esperienza e la quotidiana lettura della Bibbia testimoniavano la volontà di recuperare alcuni elementi essenziali, come la signoria della Parola nella vita della Chiesa e del cristiano. Ma egli per questa sua esperienza scelse anche un punto geografico: Bologna. Nodo importante per i rapporti con l’Europa, e Dossetti sa che bisogna guardare oltre i confini, la città ha una lunga tradizione culturale e soprattutto, dal giugno 1952, ha un vescovo, Giacomo Lercaro, che pare disponibile a da13 Parrocchia S. Angela Merici re fiducia a laici decisi a impegnarsi con la loro ricerca nell’ambito delle scienze religiose, il che in quel momento è del tutto eccezionale. Questo vescovo fortemente coinvolto nella riforma liturgica, dalla marcata sensibilità pastorale, condivide l’esigenza di rinnovamento che occhieggia nelle proposte di Dossetti. Nasce così (1952-53), con il nome più anodino che era riuscito ad inventare, il Centro di Documentazione, poi dal 1961 Istituto per le scienze religiose. Ma Dossetti pensa ad altre frontiere: la povertà più assoluta, che testimonia alloggiando in una camera in affitto presso una famiglia nelle cosiddette case “minime” della periferia bolognese ed entrando così nel cuore della realtà umana della città, e poi la famiglia religiosa. Ispirata alla grande tradizione monastica dell’oriente e dell’occidente la Piccola Famiglia dell’Annunziata si caratterizza, oltre che per la povertà, per l’obbedienza al proprio vescovo, collocandosi così all’interno della Chiesa locale, cioè di una realtà la cui riscoperta e valorizzazione avrebbe segnato uno dei punti forti della riforma conciliare. Espressione di questa obbedienza sarà anche la sua candidatura alle elezioni amministrative del 1956, che alla fine ha ulteriormente rinsaldato il legame con la città. Sacerdozio e Concilio Nell’Epifania del 1959 Dossetti, che ne aveva espresso il desiderio a Lercaro due anni prima, viene ordinato sacerdote. Per una di quelle coincidenze che egli leggeva come interventi provvidenziali, il 25 gennaio dello stesso anno Giovanni XXIII annuncia la convocazione di un Concilio. Così il suo sacerdozio esordisce in uno dei momenti cruciali della vita della Chiesa. Il cuore di Dossetti ha ragione di accelerare i battiti. Quella che era stata per lui una radicata speranza, almeno a partire dai primi anni ‘50, sembra divenire realtà. Ai giovani studiosi del Centro di Documentazione infatti, fin dall’inizio, egli aveva proposto come argomento prioritario di studio e di ricerca la storia e il significato dei Concili nella vita della Chiesa. Il Vaticano II rappresenta quindi ai suoi occhi un’occasione di intenso coinvolgimento nel processo di “aggiornamento”, iniziato da Giovanni XXIII, al servizio di quella Chiesa che continua ad essere la passione centrale della sua vita. Dopo avere ispirato la preparazione di un’edizione in latino delle decisioni di tutti i Concili precedenti, offerta a papa Giovanni pochi giorni prima dell’apertura del Vaticano II (oggi con traduzione italiana a fronte presso le EDB), all’inizio del novembre 1962 Dossetti è chiamato a Roma come esperto personale dal suo vescovo, Giacomo Lercaro. Quella profonda sintonia spirituale che era andata crescendo tra i due personaggi esplode in un reciproco totale coinvolgimento nella grande avventura conciliare. Dossetti mette al servizio del cardinale il suo eccezionale intuito storico, unito a una singolare cultura teologica e canonistica. La partecipazione da protagonista all’Assemblea costituente del 1947 gli aveva dato un’esperienza assembleare che mancava agli altri membri del Concilio. Dossetti collabora alla stesura di quasi tutti gli interventi di Lercaro: da quello sulla Chiesa dei poveri del 1962 a quelli sulla struttura della Chiesa, sui rapporti con gli Ebrei, sulla attenzione alla storia umana e alla pace. Nell’estate del 1963 Dossetti, per volontà di Paolo VI, si impegna nella riforma del Regolamento che dovrà guidare il Concilio nei successivi periodi. Nascono così i fogl onformativo - n. 357 - dicembre 2006 14 quattro Moderatori, che da quel momento avranno la direzione dei lavori; tra loro é Lercaro. Dossetti fungeva da segretario. Egli svolgerà questo compito per brevissimo tempo, ma abbastanza per formulare e ottenere che i Moderatori proponessero ai Padri alcune domande fondamentali su temi cruciali, come la sacramentalità e la collegialità dell’episcopato e il ripristino del diaconato come ministero permanente. Per Dossetti l’ultima settimana dell’ottobre 1963 fu una settimana di passione, ma ne valse la pena. Da quel momento il mondo seppe che l’episcopato cattolico nella stragrande maggioranza voleva per la Chiesa una svolta epocale. Dossetti collaborò inoltre alla elaborazione della formula con la quale Paolo VI avrebbe espresso la propria approvazione alle decisioni conciliari, associandosi alla volontà dei Padri: era un delicato snodo tra autorità del Concilio e autorità papale. L’ultimo periodo del Concilio è dominato dalla discussione della Costituzione sulla Chiesa nel mondo contemporaneo e Lercaro e Dossetti ne identificano il nodo cruciale nel capitolo sulla guerra e la pace, pace totale come “segno dei tempi”, nella prospettiva aperta dalla Pacem in terris di Giovanni XXIII. Certamente la passione per la pace è una delle consapevolezze più acute con cui entrambi tornano dal Concilio. Nel 1966-67 Dossetti è totalmente coinvolto nell’applicazione delle decisioni conciliari, che Lercaro vuole immediata nella sua Chiesa. Con la nomina a provicario l’1 gennaio 1967 si realizza il suo massimo coinvolgimento istituzionale nella diocesi. Ma alla destituzione di Lercaro nel febbraio 1968, Dossetti lascia tutti gli incarichi diocesani. Perdonare senza dimenticare Da questo momento la predicazione della Sacra Scrittura, la crescita della propria famiglia monastica, la testimonianza continua e personale per la pace sono le linee più evidenti del suo impegno cristiano. E tutto si lega: in un commento alle letture domenicali nel settembre 1970 pronuncia un famoso discorso critico della visita di Nixon in Italia e in Vaticano mentre infuria ancora la guerra in Vietnam. Nel 1972 va ad abitare con alcuni confratelli a Gerico, uno dei punti più caldi della lotta tra arabi ed ebrei, e fin che la salute glielo consente tiene fede, con un massacrante pendolarismo tra Gerico e Bologna, a quella sua presenza. Nel 1985 realizza l’insediamento della propria famiglia monastica a Montesole, dove una Chiesa distrutta ricorda la più assurda carneficina perpetrata nel nostro Appennino. È quello che egli definisce la “diaconia di Montesole” per perdonare senza dimenticare. Ancora una volta coglie e interpreta uno dei momenti più sofferti della gente di queste terre. Fino alla fine, stanco e ammalato, nel suo abito scolorito e sdrucito, è stato capace di levare la voce per difendere, vigile sentinella, quelle intuizioni di libertà, di giustizia, di umanità che aveva introdotto e affidato alla Costituzione. Proprio per questa trasparente fedeltà al suo Signore, a cui non ha mai sostituito gli idoli correnti del potere e della ricchezza, ma insieme per questo suo impegno appassionato a fianco degli uomini del suo tempo, alla sua morte Bologna tutta l’ha salutato con tanta commozione. S. Petronio pieno, le serrande abbassate, gli autobus fermi e il suono dello storico campanone per un vecchio monaco a cui tutti sapevano di dovere qualcosa. Angelina e Giuseppe Alberigo 15 Parrocchia S. Angela Merici ORATORIO Gruppo ‘90-‘91: solo una sfida tra lasagne? Il 18 e 19 novembre siamo andati in ritiro alla ‘Baita di Flavio’, sperduta su un monte in Selvasecca a Valbondione, provincia di Bergamo. Abbiamo camminato a lungo su per il bosco al buio e con le torce per raggiungerla e, appena arrivati, ci siamo fiondati su un invitante vassoio di biscotti riscaldandoci al calore del camino. Poi abbiamo fatto dei giochi, tra cui twister, per sciogliere un po’ il clima e sviluppare il senso della collaborazione tra noi. Domenica, dopo colazione, abbiamo inventato delle scenette riguardanti il mondo dei giovani, sul modo di affrontare le situazioni della vita e le abbiamo confrontate con alcuni brani del Vangelo. Poi a pranzo abbiamo mangiato le favolose lasagne preparate dai genitori di Bene e Luca, oltre a tutte le altre prelibatezze di cui siamo stati riforniti. Infine, nel pomeriggio, abbiamo “costruito” una casa che simboleggia l’unione che dovrebbe essere presente nel nostro gruppo e il posto che ognuno di noi occupa al suo interno. Dopo aver celebrato la messa siamo rientrati a Milano, stanchi ma contenti. Luca Ritiro gruppo ‘92 Noi, gruppo 92 siamo andati in ritiro il 2 e il 3 dicembre alla baita di Selvasecca in Valbondione accompagnati dai nostri animatori Anna, Francesca e Josef, con noi sono venute anche Diana ed Elena. Durante il nostro soggiorno abbiamo ragionato sulla figura di Gesù cercando di attribuirgli aggettivi che, secondo noi, facevano parte della sua personalità per comprendere ciò che noi in realtà conosciamo di lui. In seguito abbiamo fatto una caccia al tesoro in notturna: nei bigliettini c’erano dei passi del vangelo dai quali, durante il dibattito, siamo riusciti a trovare nuovi aspetti di Gesù. Alla sera, dopo aver mangiato le buone cose portate da casa, abbiamo fatto dei giochi stupendi a squadre e non senza qualche difficoltà siamo riusciti a dormire! Il giorno dopo abbiamo rivisto meglio i brani del vangelo e li abbiamo confrontati con la nostra vita, vedendo se riuscivamo a fare quello che faceva Gesù; spesso però, abbiamo compreso che è molto difficile vivere e comportarci come lui. Questi due giorni vissuti insieme ci hanno aiutato a riflettere sui momenti della vita in cui ci comportiamo in modo errato, a cercare insieme nuove strade da percorrere e a far crescere l’amicizia tra noi. Chiara, Simona, Miriam fogl onformativo - n. 357 - dicembre 2006 16 GEMELLAGGIO ECUMENICO 36 ore a Bucarest Se siete nel bresciano e dovete andare a Orio al Serio, prendete l’autostrada direzione Milano. È quello che è successo a me il 6 dicembre: a quanto sembra, la mia strada verso Bucarest doveva cominciare con un ritorno verso casa. È stato l’inizio di un viaggio con molte motivazioni, accumulatesi un po’ con il lavoro (poco) fatto insieme agli amici della Commissione Ecumenica, un po’ con la curiosità (tanta) suscitata dai racconti di chi ci é stato. Un paese dell’Est, che dal prossimo gennaio entra nell’Unione Europea, e i suoi abitanti, cristiani dell’Ortodossia e nostri “gemelli”. Insieme con Giovanna, Letizia, Ester e Massimo accompagniamo padre Giuseppe per vivere la festa di S. Ambrogio, che ormai è anche il santo patrono della locale parrocchia, insieme a padre Mircea e ai suoi. Il volo dura poco meno di due ore, come previsto, ma veniamo dirottati all’aeroporto di Otopeni; poco male: scopro presto che si tratta dell’aeroporto principale di Bucarest e che i nostri amici sono venuti a prenderci. Riusciranno per tutto il nostro soggiorno a farci sentire davvero importanti, colmandoci di attenzioni degne di una delegazione ufficiale. Non mi rimane che cercare di darmi un tono… Bucarest è una città in rapido cambiamento: la popolazione ufficiale è di circa 2 milioni di persone, ma dubito che le statistiche siano adeguate in un periodo come questo, in cui le persone si spostano moltissimo dalla campagna in città, di città in città, e da un paese all’altro. Il traffico è come il nostro, un po’ più inquinato, e le Dacia Logan (praticamente auto occidentali) si affiancano a scassatissime vetture di 15-20 anni. Arriviamo nella chiesa (biserica, dal latino basilica), che rientra un po’ al margine di un vialone; non è molto grande, ma è tutta affrescata, piena di persone e chiusa sul fondo dall’iconostasi: una specie di barriera con tre porte, attraverso le quali l’assemblea dei fedeli osserva la celebrazione, che si svolge nel presbiterio al di là. Appena arriviamo tutti ci accolgono con un sorriso e si fanno in quattro per farci accomodare su sedie che vengono prontamente collocate nei posti migliori. La intera celebrazione è completamente cantata, non ci sono parti recitate. Al celebrante risponde un coro di voci maschili al quale si unisce tutta l’assemblea. Per ogni cosa nuova, ce ne sono altre che ci sembra di riconoscere e che ci fanno subito ritrovare in un ambiente familiare. Assistiamo al vespro, al termine del quale è gia pronta una tavola apparecchiata con tartine, succo di frutta e crepes. Non c’è alcun alimento di origine animale, dato che per gli ortodossi l’avvento è periodo di digiuno. Lo osservano strettamente: non solo non mangiano carne, ma neppure latte o formaggi. In serata padre Mircea e alcuni dei suoi giovani ci portano fuori e abbiamo modo di sederci tutti insieme intorno ad un tavolo per una pizza (vegetariana). Siamo di nuovo tra amici, e ho modo di conoscere meglio Auriel, che studia teologia e dipinge, padre Aurelian, Monica e tutti gli altri, alcuni dei quali sono già venuti a farci visita in Italia. Dormiamo nella foresteria del Patriarcato. Il giorno 7, la Divina Liturgia (così gli ortodossi chiamano la celebrazione dell’Eucaristia) inizia con la recita di un inno che narra la vita e le opere di Ambrogio: sapremo poi che Sorin, un giovane di circa 18 anni che spera di diventare sacerdote, lo ha scritto appositamente dopo un lungo 17 Parrocchia S. Angela Merici lavoro. Al termine della celebrazione, dopo circa 2 ore, non ci sembra neppure che sia passato tanto tempo. Dopo pranzo, padre Mircea (principalmente a mio beneficio: sono l’unico a non esserci mai stato) ci porta in visita al Patriarcato. Visitiamo l’aula del Santo Sinodo, dove si riuniscono i vescovi della Chiesa di Romania. A loro spetta il potere decisionale e il Patriarca ha solo un compito esecutivo. Ci salutiamo con la promessa di rivederci presto. In aeroporto, dopo la coda al check-in, abbiamo la brutta sorpresa di un ritardo di due ore. Arrivo a casa a notte fonda. Sull’autostrada, mentre guido, ripenso alle parole dette da Giuseppe all’assemblea, a nome di tutti noi: “Siamo venuti a celebrare la Festa di S. Ambrogio qui con voi perché qui ci sentiamo a casa”. Stefano Chiesa Con il banco vendita parrocchiale del 25-26 novembre sono stati raccolti per la Caritas € 2.200,00. Un grazie di cuore a Giovanna Spallanzani e a tutti coloro che, con il loro impegno, hanno contribuito alla buona riuscita dell’iniziativa. “Pigotte” per la salute dei bambini Anche quest’anno l’UNICEF ci ha chiesto di collaborare alla confezione delle “pigotte”, le bambole di stoffa che vengono vendute il giorno di Sant’Ambrogio davanti alla Basilica e in Galleria. Il ricavato è destinato alle vaccinazioni dei bambini dei paesi più poveri. Abbiamo così confezionato queste “pigotte” lavorando in amicizia. il gruppo Terza età della parrocchia ARTE E FEDE IL CICLO DEI MIRACOLI DI SAN CARLO (Seconda parte) Nell’imminenza della canonizzazione del Santo, la Fabbrica del Duomo, sempre sotto la vigile presidenza del canonico Mazenta, avviò nel 1609 un secondo ciclo di grandi quadri (m 3,60x2,40, sempre tempera su tela) dedicati ai miracoli di san Carlo. Essi erano destinati ad essere appesi sul retro dei più grandi della Vita. I nuovi venti teleri vennero realizzati, a tempo di record, entro il 4 novembre 1610 ed esposti per la solenne memoria del santo. fogl onformativo - n. 357 - dicembre 2006 18 Il nuovo ciclo si distanzia sostanzialmente dalla comunque sostenuta oratoria e ufficialità della serie della Vita. Qui l’esperienza del miracolo è tradotta in tono più intimo e quotidiano, facendo appello all’esperienza di vita del singolo fedele, nella spontaneità dell’ex-voto, in un’esaltata fiduciosa speranza che prorompe fra le miserie e le malattie. La pittura sa farsi silenzio e preghiera, grido di domanda ed invocazione, stupore e venerazione per la gratitudine del miracolo avvenuto. I quadri vennero affidati a Cerano (sei), a Giulio Cesare Procaccini (sei), al Duchino (sei), a Carlo Buzzi (tre), aa Alessandro Vaiani (uno) e a Giovanni Noyers (due), altri sei ne vennero aggiunti successivamente. Certamente le tele piú significative vennero eseguite dal Cerano, del quale giá abbiamo scritto e da Giulio Cesare Procaccini (1574-1625). Il Procaccini si allontana dalla drammaticità del Cerano, profondamente penitenziale e ansiosa di gravi problemi morali, instaurando una pittura sciolta, ariosa, non più sostanziata di verità esistenziali, ma spinta a crescere con libertà immaginativa, immettendo nei drammi delle singole storie, un gusto prezioso ed aristocratico per la favola e per l’esecuzione elegante, tra languori e ferite amorose. In tal modo, oltre a creare un’alternativa alla pittura grande e severa del Cerano, il Procaccini agevolò la trasformazione della cultura milanese del suo tempo: fu trionfalmente liturgico, ma senza enfasi, sempre intento a temi intimi, secondo la sua più connaturale poetica. I miracoli dipinti da Cerano sono: Miracolo di Aurelia degli Angeli (1610),Miracolo di Giovanna Marone nata deforme (1610), Miracolo di fra Sebastiano da Piacenza (1610), Guarigione di Margherita Vertua da febbre mortale (1610), Guarigione di Beatrice Crespi malata di cancro al seno (1610). I teleri dei miracoli dipinti dal Procaccini invece sono: Miracolo di Marta de Vighi, inferma negli occhi (1610), Miracolo del paralitico Girolamo Baio (1610), Miracolo di suor Paola Giustina Casati (1610), Miracolo del bambino Carlo Nava, nato cieco (1610), Miracolo del fanciullo Giovanni Tirone (1610), Miracolo di Domenico Brusadore (1610). Anna Maria Roda Agenda della comunità Domenica 17 dicembre • Alle ore 17 Concerto di Natale del maestro Andrea Friggi. Lunedì 18 dicembre • Alle ore 16 e alle ore 21 liturgia penitenziale. Domenica 7 gennaio • Alla celebrazione eucaristica delle ore 10 sono invitati i genitori dei bambini battezzati nel 2006. Lunedì 8 gennaio • Alle ore 21, presso la nostra parrocchia, si riunisce il Consiglio Pastorale Decanale. • Sempre alle ore 21 si riunisce la Commissione Giustizia e Pace. 19 Parrocchia S. Angela Merici Martedì 9 gennaio • Alle ore 21, primo appuntamento del ciclo di incontri di formazione su Laici e laicità nella Chiesa. Relatore Fulvio De Giorgi. Mercoledì 10 gennaio • Alle ore 21 incontro per i catechisti del Battesimo. Domenica 14 gennaio • Alle ore 16 celebrazione eucaristica per i genitori dei bambini battezzati nel 2001, 2002, 2003. Martedì 16 gennaio • Alle ore 21, prosegue il ciclo di incontri di formazione su Laici e laicità nella Chiesa. Relatore Fulvio De Giorgi. Mercoledì 17 gennaio • Alle ore 21 si riunisce la Commissione Famiglia. Sabato 20 e domenica 21 gennaio • La comunità festeggia il 5° anniversario del gemellaggio ecumenico con la parrocchia della Dormizione di Bucarest. Incontri pomeridiani per la terza età Questo il calendario degli incontri promossi dal Movimento Terza età (ore 15.30) giovedì 19 dicembre festa di Natale decanale presso la parrocchia di S. Maria alla Fontana giovedì 21 dicembre catechesi guidata da p. Cirillo sul nuovo libro Abbiamo creduto all’Amore. In conclusione scambio degli auguri natalizi e festeggiamento dei compleanni di dicembre. giovedì 4 gennaio tombola in allegria e merenda giovedì 11 gennaio secondo incontro con AGER, presso la parrocchia di S. Maria Goretti, sul tema: Apri il cuore alle emozioni martedì 16 gennaio incontro biblico con Roselia Mazza sulle Lettere di Pietro giovedì 18 gennaio catechesi guidata da p. Cirillo sul libro Abbiamo creduto all’Amore. giovedì 25 gennaio terzo incontro con AGER, presso la parrocchia di S. Maria Goretti, sul tema: Libera il corpo dalle tensioni fogl onformativo - n. 357 - dicembre 2006 20 Centro culturale VISITE GUIDATE - lunedì 8 gennaio – alle ore 18 presentazione della mostra di Mantenga a cura della professoressa Roda nei locali del Centro culturale. - mercoledì 10 gennaio – alle ore 7.45 partenza dal piazzale della chiesa per Verona per la visita guidata alla mostra di Mantegna. - giovedì 18 gennaio – alle ore 15 ritrovo all’ingresso del monastero di San Simpliciano (via Garibaldi) e visita guidata dalla professoressa Roda. CORSI Restano aperte le iscrizioni per corsi di computer. TEATRO INSIEME Presso il Centro è possibile prenotare spettacoli teatrali a prezzi ridotti. Informazioni ed iscrizioni: lunedì dalle ore 16 alle 18, martedì/mercoledì/giovedì dalle 18 alle 19.30 nei locali del Centro culturale. In decanato Giovedì 18 gennaio • Alle ore 21, presso la parrocchia di S.Maria alla Fontana, lectio divina per gli adulti promossa dall’Azione Cattolica decanale e guidata da don Andrea Meregalli. Brano di riferimento della serata sarà Es 3,16-22 e 6,9-13. In città Giovedì 11 gennaio • Alle ore 21, in piazza San fedele 4, nell’ambito degli incontri promossi dal Centro giovani coppie, la dottoressa Laura Formenti, docente di psicopedagogia della famiglia all’Università degli studi Milano – Bicocca, interverrà sul tema Figli, genitori, nonni in equilibrio sul filo delle generazioni. Mercoledì 17 gennaio • Alle ore 19, presso la Sala della Trasfigurazione, piazza San Fedele, lettura a due voci (ebraica e cristiana) dedicata al libro di Giobbe. Intervengono G. Borgonovo e il rabbino Sciunnach. 21 Parrocchia S. Angela Merici domenica 17 dicembre - ore 16 Compagnia teatrale Sentichestoria Fata Mata Azzurrra in Ma a che servono le fate? testo e regia : M. Cristina Ceresa con Roberta Mandelli e Laura Formenti - Età : 3-10 anni domenica 7 e sabato 13 gennaio - ore 16 Compagnia teatrale Sentichestoria Tombola Fata Mata! testo e regia : M. Cristina Ceresa Con Roberta Mandelli e Laura Formenti - Età : 3-10 anni sabato 20 gennaio - ore 21 Compagnia degli Evasi di La Spezia ALBERGO A ORE da un’idea di Alberto Cariola - Scritto e diretto da Marco Balma con Anselmo, Alberto Cariola, Laura Passalacqua, Marco Balma, Marilena Bertonati, Carlo Pelini, Elena Mele, Simone Tonelli, Nicoletta Croxatto, Matteo Ridolfi - Musiche di Renè Aubry domenica 21 gennaio - ore 21 FRED RIGHETTI Fred Righetti è uno dei migliori interpreti della canzone americana e internazionale Prenotazioni gratuite: www.teatroblu.org Pensieri e Colori Coop. Sociale - tel. 02 3705 0694 (dal lunedì al venerdì 9-13 / 14-18) Grazie, grazie, grazie! Se d’ora in poi stare in chiesa e sedersi a pregare risulterà, come dire, un po’ più comodo e piacevole… dobbiamo ringraziare alcune persone che in questi giorni di avvento hanno lavorato ‘notte e giorno’ in maniera febbrile alla realizzazione dei cuscini posti sui banchi. Anzitutto il nostro grazie va al sig. Leonardo Montini che ci ha offerto gratuitamente tutto il materiale (stoffa e gommaspugna); poi a Enrica Gilardoni che ha infaticabilmente cucito e organizzato il lavoro, grazie anche all’aiuto di: Ica Andronache, Livia Camerlengo, Franca Cardinale, Gaetana Fiorentini, Maria Luisa Mapelli, Grazia Moro, Mimma Polenghi e Paola Spadafora. A tutti un grazie di cuore! p.Giuseppe fogl onformativo - n. 357 - dicembre 2006 22 Nella comunità parrocchiale SONO ENTRATI Marvin Andrea Murcia - 10 dicembre 2006 Chiara Longobucco - 10 dicembre 2006 Nicholas Pozoli - 10 dicembre 2006 Alessandro Camillo Pigoni - 10 dicembre 2006 Jefferson Andres Celorio Mendoza - 10 dicembre 2006 Camilla Corina Freitas Neto - 10 dicembre 2006 Gabriel Antonio Freitas Neto - 10 dicembre 2006 Clarissa Antonina Freitas Neto - 10 dicembre 2006 Josephine Aurora Freitas Neto - 10 dicembre 2006 SI SONO UNITI IN MATRIMONIO Davide Grimaldi e Ester Leopardi - 2 dicembre 2006 Marco Bedogni e Alessandra Alfieri - 16 dicembre 2006 CI HANNO LASCIATO Francesco Colnaghi - 20 novembre 2006 (anni 56) Vanda Cian - 20 novembre 2006 (anni 95) "Giovanna Colnaghi e Marina insieme a tutti i loro cari ringraziano per la manifestazione di affetto al caro Francesco". S. Angela foglMerici o Parrocchia nformativo Direttore responsabile – p. Giuseppe Bettoni Capo Redattore – Tata Tanara Impaginazione – Pensieri e Colori Stampa – Francesco Canale Un ringraziamento particolare a tutti coloro che collaborano con gli articoli, alla fascicolatura e alla diffusione del Foglio Informativo Trovate il Foglio Informativo anche su: www.americisss.it 23