QUI. - In viaggio con Lola

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QUI. - In viaggio con Lola
il bracco e il bastardo
di Fabio Baldrati
….e i suoi occhi d'ambra mi parlavano:
“ puoi chiedermi qualunque cosa, ma non di lasciarti"
Konrad Lorenz
(E l'uomo incontrò il cane)
Eccolo! Accidenti a lui…ho cercato questo foglietto fino a stancarmi. Era celato fra
un risvolto all'interno della borsa-serbatoio. E' sbucato fuori come un furetto, sopra
annotato quel famigerato numero di targa: CK42… . Ma ormai è trascorso troppo
tempo. Quegli occhi d'ambra che chiedevano disperatamente aiuto ancora mi
perseguitano. Potevo salvarlo e non l'ho fatto, maledetto il "buonsenso"…
A casa mia abbiamo sempre goduto della compagnia di un cane, il suo allegro
scodinzolare ci allieta le giornate. Lo sguardo apparentemente sonnacchioso di Lillo
mi "segue" mentre pulisco la moto in garage con la radio accesa. Quando leggo in
giardino all'ombra del prugno lui è sempre lì, a un metro da me, attento ad ogni
movimento; se accenno ad alzarmi dalla sedia di bambù balza sù il capo con gli occhi
accesi: "Ehi! Dove vai? Vengo anch'io!".
Hai mai guardato negli occhi di un breton, un bracco, mentre scodinzolando ti
festeggia? Oh!....quanta tenerezza.
L'amicizia che il cane ci regala è quanto di più onesto e leale esista a questo mondo,
la meschinità con cui alcuni nostri simili contraccambiano "il miglior amico
dell'uomo" dovrebbe farci arrossire di vergogna. Su certe brutte storie di aggressività
canina pesano come accuse le parole di colui che sussurrava agli animali, Konrad
Lorenz: "il cane esprime il suo padrone". C'è del vero. Una volta un “pastore”
maremmano mi ha inseguito con intenzioni tutt’altro che amichevoli, ma in fondo
faceva solamente il suo dovere: difendere il gregge.
Amico mio, posso immaginare la tua logica curiosità: "ma che centra la moto col
cane?". Bè, in quel giorno torrido di fine luglio ero in moto......e se anche tu nutri la
convinzione che il rispetto per gli animali contempli pure la loro difesa, allora spero
vorrai perdonarmi. Io ancora non ho perdonato me stesso.
C’è chi divide la passione per la moto assieme al proprio amico a quattro zampe.
TuTuTuTuTuTuTuTu....... il vecchio sidecar monociclindrico spuntò fuori dalle
nebbie del "mio" Delta e un bracco con le orecchie al vento vacillava nel carrozzino,
la sua gioia di vivere faceva il paio con quella del suo cavaliere al fianco giustamente
orgoglioso di una motocicletta storica. Un amico, Eugenio, con un sidecar ben più
moderno ha viaggiato in tutta Europa accompagnato dal suo cane nel carrozzino: un
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bastardino spelacchiato, però con gli occhi del bracco, un po malinconici e tanto
luminosi. Un altro caro amico, Domenico, con la cocker Lola nella borsa-serbatoio
(creata appositamente) della sua Honda Varadero ha viaggiato in mezza Europa, Lola
è diventata una ambasciatrice “motociclista” del rispetto per gli animali. Qualcuno
un po critico potrà asserire che questo “viaggiare” non è roba per cani, può essere, ma
quando Domenico scopre la moto….Lola inizia ad arrampicarla.
Forse Eugenio e Domenico avrebbero trovato il coraggio, quel giorno, di scagliare
quel sasso......invece di lasciarlo cadere in un tonfo fra la polvere.
Amico mio, non essere mai vileeeeeee..... perché un piccolo-grande rimorso potrebbe
perseguitarti a lungo.
non in luglio e agosto
Un inflazionato luogo comune impone alla moto una collocazione esclusivamente
estiva: immane sciocchezza. Luglio e agosto sono i mesi peggiori per viaggiare in
moto: il caldo è opprimente, nelle ore centrali della giornata diventa quasi
insopportabile. Inoltre devi subire altre circostanze: il “tutto esaurito”, il traffico
intenso, gli imbranati alla guida che scoprono la macchina quattro volte all’anno: l’
“automobilistus-vacanzorum” è una vera calamità. E poi il casco che ad ogni breve
fermata sotto il sole ti fa detestare certe leggi coercitive; se malauguratamente ti
imbatti in un ingorgo da traffico diventa uno strumento di tortura. C’è da crepare.
Già, il casco. Per me è più di un “salvatesta” e lo considero parte integrante dell’etica
motociclante, ho sempre portato il casco anche quando nessun Decreto Legge ne
imponeva l’uso (l’obbligo risale al 1986), poiché mi sembra ridicolo un motociclista
in sella alla sua moto privo del casco. Ma l’obbligo di infilarci dentro la testa sempre
e comunque, e guai a te se sgarri, è un dispotismo al quale fatico ad abituarmi.
Sei forse un minorato che non sa pensare a se stesso? Perché non puoi essere
padrone della tua incolumità? E’ commovente come si preoccupano per la tua
persona, vero? Non cascarci, amico mio, in realtà la tua testa arriva dopo le finanze
della sanità (!): meno teste ammaccate da medicare, meno deficit sanitario. A quando
una tuta da palombaro?
Così nel solleone estivo devi subire quel “coso” in testa in nome di una malcelata
“sicurezza” che non esito a definire paternalistica e un po ipocrita, finisci col
maledire anche chi lo ha progettato…...il quale si è impegnato in ogni sorta di “test”
in laboratorio trascurando sciaguratamente il confort, diversamente non si spiegano
certe asfittiche “prese d’aria” in cui di aria ne entra ben poca…se non corri almeno ai
140! Sbaglierò, ma ho l’impressione che chi concepisce i caschi non vada in moto.
No, in luglio e agosto non progetto viaggi in moto. Se posso cerco di distribuire le
mie ferie in periodi dell’anno più tranquilli, ……e se non posso? Mi adeguo come i
molti “obbligati” all’esodo estivo e cerco itinerari alternativi ben distanti dai deliri
balneari.
Estate. Gli impegni lavorativi mi hanno rapinato maggio e giugno, i mesi che
prediligo, e anche gli ottimi settembre e ottobre sono ipotecati. Pazienza. Nell’ultima
settimana di luglio decido di riportare le ruote in un “classico” fra i miei preferiti: il
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Parco Nazionale d’Abruzzo. Scarso traffico, paesaggi straordinari, anche il caldo a
quelle latitudini è meno aggressivo (forse).
Oh! Vecchio parco ti voglio bene
“I parchi nazionali sono uno dei segni della civiltà di un popolo”. Così ha scritto
Guido Piovene nel suo “Viaggio in Italia” del 1956. Ancora oggi difficilmente
possiamo trovare un’opera letteraria così illuminante dedicata a quella che fu la prima
meraviglia al mondo: il Paesaggio Italiano.
Ho una sorta di venerazione per il Parco d’Abruzzo. Ogni volta in cui leggo o rileggo
qualcosa dedicato a quei luoghi dalla bellezza incorrotta i miei pensieri volano a
lambire panorami montuosi, aspri ma gentili. Paesini arroccati come fortezze a
sfidare la fisica, e zuccherosi percorsi in cui più volte le ruote della mia Guzzona mi
hanno guidato animate da una misteriosa energia propria.
Prediligo un itinerario in particolare. Dopo una lunga e noiosa sgroppata in autostrada
sempre esco dalla A25 a Cocullo, poi percorro la Gola del Sagittario: un incredibile
cordone ombelicale d’asfalto incastonato nella roccia come la spada di Re Artù.
Rhurhurhurhurhu……il pulsare del bicilindrico si aggrappa alla roccia scabra e
rimbomba quando entro in buie grotte come un orso nella tana. Laggiù, a strapiombo,
il “buco” blu del lago artificiale del Sagittario nelle cui acque turchesi vivono trote
che muoiono di vecchiaia. E’ questo il cuore della Marsica Abruzzese.
In seguito davanti al manubrio il “cippo” che scandisce i confini storici del Parco col
simbolo dell’orso bruno marsicano. Nessuno può negarmi una sosta al centro-visite di
Pescasseroli, sede dell’Ente Parco, e in seguito una sosta nel negozio di souvenir di
Civitella Alfedena: quì sono in vendita tante belle cosette con tematiche dedicate a
questo mitico parco naturale fra i più antichi al mondo.
Rhurhurhurhurhu……curva dopo curva davanti ai pugni chiusi sui manubri il
teatro di una bellezza imperiosa come ormai non se ne trova più: le selvagge e infinite
montagne del versante nord del Parco Nazionale d’Abruzzo. Vi sono ampie praterie
cinte da foreste “canadesi” di pini neri, selve cupe e misteriose ricoprono questi
monti degradando fino ad estinguersi verso le cime scabre di roccia nuda e cruda mai
sottomessa al volere del vento, del sole, delle nuvole così veloci, lassù, dove osano
l’aquila e il camoscio bramosi di cielo libero. Come me.
Oh! Vecchio parco ti voglio bene. Torneremo sempre a trovarti io e la mia moto.
una vittoria
Questa mirabile conservazione non è dovuta al caso, e nemmeno alla fortuna, ma a
vincoli paesaggistici ben precisi, e vige una certa severità: oltre ad edificare col
contagocce si devono rispettare i canoni architettonici abruzzesi. Così si dovrebbe
fare in ogni pregevole zona d’Italia. Quì si è rivelato anche un buon affare: in questi
caratteristici paesini c’è un reddito che in alcuni casi sbalordisce, infatti ogni anno
arriva un esercito di visitatori (anche troppi per l’ecosistema del parco) attratti dal
magnetismo del lupo e dell’orso…..che mai potranno vedere in libertà, ma poco
importa.
Il paesaggio resta la cosa più bella che abbiamo e potrebbe essere il nostro “petrolio”,
qualcosa che gli asiatici non potranno mai scimmiottarci; sarebbe un nostro dovere
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civile e morale difenderlo coi denti, invece di assistere quasi impotenti a troppe
brutture da “Premio Attila”.
Il Parco d’Abruzzo simboleggia una vittoria in cui pochi “folli” credevano: la
prosperità raggiunta con il rispetto e la valorizzazione della bellezza che ci circonda.
Un sentimento più che mai condiviso da chi ha scelto la moto per scoprire il mondo:
il nostro carburante non è la benzina, ma il bel paesaggio. Il solo pensiero della
bellezza davanti al manubrio esercita su di noi un potere irresistibile, ci spinge in
sella a sfidare tutto: caldo, freddo, pioggia, fatica, leggi idiote, a volte angoscia per
chi viaggia solo. Solo come un lupo.
un ultimo grido di vita selvaggia
E’ uno dei parchi naturali più storici al mondo. L’antica tenuta di caccia dei Reali
d’Italia divenne “area protetta” nel lontano 1923 grazie all’interessamento di un
uomo colto e lungimirante: il filosofo e senatore Benedetto Croce, nativo proprio di
Pescasseroli. Un grande italiano. Scopo di una simile “bizzarria”, per l’epoca,
conservare il paesaggio, la flora, ma soprattutto la fauna selvatica dell’appennino
marsicano, unica al mondo, già allora decimata (diciamo pure sterminata) e
sopravvissuta nei punti più remoti fra queste montagne.
Attraversando questi paesaggi un sella alla tua moto puoi ancora avvertire qualcosa di
mirabilmente raro: un ultimo grido di vita selvaggia.
I pochissimi lupi scampati hanno lentamente ripreso a ripopolare l’appennino proprio
dall’Abruzzo, qui sopravvivono gli ultimi orsi marsicani. Animali elusivi, sfuggenti,
terrorizzati al solo odore del “bipede”. E come dargli torto…..
Stampato su una T-schirt acquistata a Civitella Alfedena per mia nipote Beatrice di
dodici anni:
“Non fuggire, almeno tu. Sì, proprio tu che ieri hai ascoltato la solita favola del lupo
cattivo, e in fondo non ci hai creduto. E’ bello fissare negli occhi un cucciolo d’uomo
e non avvertire ostilità verso la mia gente, rifugiata sui monti di questo appennino
per scampare allo sterminio. Sento che non ci temi, ma i miei cuccioli domani
potranno fidarsi di te?”
Il lupo.
Davvero bello, complimenti agli autori.
eppure lo sapevo, accidenti……
Nella frescura dell’alba esco dal camping in meravigliosa solitudine e mi dirigo verso
Bisegna: questo paesino rugginoso circondato da una corona di nuvole costituisce una
delle vedute più belle della zona. E’ il mio ultimo giorno di permanenza, sul
portapacchi la tenda e il sacco a pelo sono fissati con cura. Voglio godermi ancora un
bel percorso nel primo mattino prima che il caldo afoso di questo fine luglio prenda il
sopravvento.
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Rhurhurhurhu…… solo il borbottare rotondo dei due pistoni a -V-, il vento
addosso, il “grigio-argento” sfuggente un palmo sotto alle pedane poggiapiedi; come
al solito. Stringo gli occhi per i bagliori del sole nascente ormai vittorioso sulle vette
rocciose, le brune foreste si illuminano come se il buon Dio avesse messo il dito
sull’interruttore. Sono vivo! Sì, vivo. Il cuore mi pulsa in petto in un tutt’uno con il
bicilindrico.Tutti dovrebbero vivere l’intima gioia di un’alba in moto attraversando
un bel panorama, come quello marsicano d’Abruzzo: aspro ma gentile, selvaggio ma
benevolo. A me tanto caro.
Amico mio, ridi pure di questo viaggiatore sognatore un po romantico che ancora si
emoziona al cospetto di un bel paesaggio…..; nel mio “andare in moto” si annida
qualcosa di infantile che non saprei spiegarti.
Sono in terza marcia e non voglio innestare la quarta, sarebbe un peccato
“consumare” in fretta questa strada garbata. Per me la terza resta sempre la miglior
combinazione d’ingranaggi del cambio, è il “rapporto” dei pensieri. E penso che
probabilmente mai vedrò un orso o un lupo in libertà, fa lo stesso, mi basta sapere che
quì ancora vivono e cacciano come accadeva all’alba dei tempi. Forse la notte scorsa
proprio un orso ha attraversato questo asfalto gentile, accade qualche volta, oppure
poco fà due lupi nascosti mi hanno osservato passare. Forse mia nipote Beatrice, i
nostri figli, potranno vedere domani i loro “figli”, potranno ancora trovare quì una
porzione di paesaggio corrispondente al “Viaggio in Italia” di Guido Piovene.
Come mi aspettavo nella tarda mattinata il caldo arriva implacabile. Le cronache
codificheranno queste giornate fra le più calde dell’anno in una delle estati più torride
della storia. Al camping le cicale hanno “strillato” a tutta forza anche di notte. Sul
volgere del mezzogiorno il sole dardeggia impietoso e riflette bagliori accecanti sulle
rocce, i bruni boschi in “evaporazione” sono orlati dalla foschia. Non c’è un filo di
brezza e nel mio procedere in moto vorrei almeno abbracciare il sollievo del
vento….ma non ne arriva. Il vento? Che roba è ? Lassù, nel profondo blu privo di
nuvole, l’inconfondibile sagoma di un falco volteggia in cerca di frescura senza un
battito d’ali. Davanti a me un desolato asfalto emette ingannevoli bagliori
“acquitrinosi”, gli stessi che hanno fatto impazzire gli esploratori nei deserti.
Uff! Eppure lo sapevo, accidenti….mai più in luglio e agosto.
Sono fra Bisegna e Pescasseroli. Prima di intraprendere la via di casa devo riflettere
qualche istante sulla carta stradale. Approfitto di un’ampia ansa ghiaiosa e della tenue
ombra di un albero. Wrummmm…mm. Spengo il motore e col tacco apro l’asta
laterale, scendo dalla moto con la smaniosa impazienza di togliermi il casco….e lo
lascio cadere a terra quasi schifato: uff! Maledetto te e chi mi costringe a sopportarti!
Sei una tortura medievale! Perché lorsignori non pensano alla loro, di testa, che alla
mia provvedo da me? E chi ti ha progettato? Perché non prova lui a sopportarti in
luglio? Egli si accorgerebbe di quale capolavoro ha realizzato…..
“aiutamiiiiii….”
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Il coro delle cicale è incessante, il motore rovente della mia Guzzi California emette
esalazioni tremolanti. Mentre cerco la carta stradale in una borsa laterale avverto un
flebile lamento, è un tremolante “hiiiiiiiii….” . Ma no, saranno le cicale, oppure il
caldo mi ha un pò rintronato. Eppure…….”hiiiiiiiiii…….” . Proviene dal lato opposto
dello spiazzo ghiaiato dove vi sono alcune macchine posteggiate (forse di
escursionisti). Mentre mi avvicino ad un monovolume scuro quei lamenti crescono,
sembrano i guaiti di un cane. Per la miseria è proprio un cane! Lì, nel baule! Fra il
ripiano posteriore e la parte bassa del vetro posso intravvedere gli occhietti disperati
di un condannato a morte, e che morte orribile…..mio Dio, quel deficiente ha lasciato
il cane chiuso nel baule nel solleone di luglio! Sembra un bracco, o forse è un
bastardino, i suoi occhietti invocano aiuto e mi seguono disperati quando “provo” una
per una le maniglie, ovviamente chiuse a chiave. Quasi mi ustiono tanto sono roventi,
figurarsi là dentro…..un forno crematorio! La bestiola capisce che voglio aiutarla e i
suoi guaiti aumentano: “hiiiiihiiiiiiii…..aiutamiiiiiii…..” . E’ quasi soffocato dalla sua
disidratazione e la parte bassa del vetro è madida di condensa. Ne avrà per poco:
presto tirerà le cuoia. Povera bestia. Ma non è lui la bestia, NO, non è lui il bastardo
ma il suo padrone-carnefice. DEFICIENTE!
Il sudore mi ha inzuppato la camicia, comprese le bretelle, e non a causa del caldo,
ma per la rabbia. Chi maltratta gli animali per incuria, stupidità, o molto peggio per
godimento, mi manda in bestia (!!).
Prendo un grosso sasso e indugio soppesandolo nella mano, lui ha capito benissimo
che vorrei sfondare il vetro, e gli animali sarebbero stupidi?
“hiiiiihiiiiiiii…..daiiiiiiii…….rompiloooooo…..fammirespirareeeeeeeeee…….”. E che
ci vuole? Basta un attimo, e daiiiiiii. Ma queste cose le fanno i teppisti e io non lo
sono, il “buonsenso” vince. Tunf! Il sasso cade ai miei piedi in una nuvoletta di
polvere. Memorizzo il numero di targa e mi dirigo verso la moto. “Dove
vaiiiiiii…..aiutamiiiiiiiii……”. Dio che strazio. Nella borsa-serbatoio trovo un
foglietto e ci annoto sopra CK42…. . Sì, lo denuncio, non la passerà liscia.
Ho la penna in mano quando il bastardo a due zampe torna al monovolume: è un
piccoletto mingherlino, porta pantaloncini corti tipo bermuda e un cappellino
sgargiante da baseball.
“Apri quel baule santo dio quel cane sta crepando!”. Il tipo non è nemmeno sorpreso,
anzi, mi risponde sprezzante: “che cazzo voi?! Fatti li cazzi tua!”. Forse non è
nemmeno italiano. “Fallo respirare!”. E lui: “vai a farti fottere! Pezo de
meeeeerda!”.
Non è il suo linguaggio offensivo infarcito di “cazzi” ad urtarmi, ma il modo
spocchioso e sprezzante. E va bene: “adesso lo apro io quel baule!”.
Sono un tipo tranquillo e rifuggo ogni sorta di zuffa, non ho mai fatto a pugni in vita
mia. Questa sarà la prima volta. Appoggio con calma gli occhiali da vista sulla sella e
mi strofino le nocche. Diceva un tale: “Bisogna temere l’ira dell’uomo tranquillo”, e
aveva ragione, gli farò davvero male. Giro attorno alla moto e gli vado incontro a
nervi tesi, sono furente. Il bastardello a due zampe raccoglie il “guanto di sfida” e
accenna ad affrontarmi, quando però valuta l’entità dell’avversario (sono alto 1,80 e
ben piantato) sputa fra i denti un “cazz….!” e sgattaiola in macchina, mette in moto
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con foga, quando arrivo ad impugnare la portiera il monovolume parte rabbiosamente
con la portiera aperta, scaglio un pugno cattivo sul vetro. Rimango avvolto in un
vortice di polvere. Scappi eh? Schifoso! Vigliacco! Sono tentato di inseguirlo, ma il
caldo e la spossatezza mi scoraggiano, e poi sarà andato a destra o a sinistra?
Comunque ho la sua targa e non la passerà liscia.
Quando raccolgo il casco alcune macchie rosse lo sporcano….da una nocca ferita
della mano destra sanguino copiosamente. Non me ne ero accorto. Ah sì….il pugno
che ho scagliato sul vetro.
un piccolo (grande) rimorso
Rhurhurhurhurhurhu……..in autostrada il pulsare gagliardo della Guzzona a 5000
giri mi accompagna per lunghe ore sulla via del ritorno. Non il caldo mi ha rovinato
queste vacanze nel Parco d’Abruzzo, ma un bastardo a due zampe. Potevo salvare
quel povero cane ma non l’ho fatto, maledetto il “buonsenso”. Mi è mancato il
coraggio, la forza, la forza del coraggio….innanzi ad uno stupido vetro. Quegli occhi
scuri, languidi e disperati mi punzecchiano la coscienza. Perché non ho sfondato quel
vetro? In fondo era per una giusta causa…. . Sarà sempre un piccolo-grande rimorso.
Nella mia testa un chiodo fisso: denunciare quel verme. Sì, ho la sua targa, chiederò
aiuto e assistenza alla Protezione Animali. Telefonerò ad Eugenio, a Domenico, ne
sanno più di me di queste cose e mi daranno qualche “dritta”. Ultimamente sono state
varate leggi più severe a tutela degli animali e non la passerà liscia.
Giunto a casa cerco quel foglietto disperatamente…..eppure era qui! L’avevo messo
lì! Rivolto tutto il bagaglio come un calzino….niente. Svanito. La frustrazione mi
tormenta.
A distanza di molti mesi quel foglietto sbuca fuori come un furetto, era celato fra un
risvolto nella borsa-serbatoio. Eccolo! CK42…. . Ma è trascorso troppo tempo e quel
povero cane non avrà giustizia (sempre che sia sopravvissuto), potrà mai perdonarmi?
Forse sì: gli animali non conoscono il rancore e sovente sono meno bestie di noi.
Amico mio, non essere mai vile, perché un piccolo (forse grande) rimorso potrebbe
seguirti a lungo.
Fabio Baldrati
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