Le figlie di Clio: storiche inglesi del XVIII secolo Henry Bolingbroke
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Le figlie di Clio: storiche inglesi del XVIII secolo Henry Bolingbroke
SANDRA PLASTINA Le figlie di Clio: storiche inglesi del XVIII secolo Qual è dunque la vera utilità della storia? In qual senso essa può servire a renderci migliori e più saggi? E quale metodo si deve seguire nello studio di essa per poter raggiungere questi grandi scopi? Vi risponderò citando ciò che ho letto da qualche parte in Dionigi di Alicarnasso: penso che la storia sia una filosofia che insegna mediante gli esempi. La scuola degli esempi è il mondo, e i maestri di questa scuola sono la storia e l’esperienza. Lord Bolingbroke, Letters on the Study and Use of History (1735)1. I. «Women will learn that love is not the only passion» (D. Hume) Henry Bolingbroke (1678-1751), deista in filosofia, vicino ai circoli illuministici francesi ed esponente dell’opposizione conservatrice al governo Walpole, poco incline alle forzature sistematiche, in virtù della sua cultura empiristica, insiste nelle Lettere sull’ampliamento dell’esperienza, reso possibile dallo studio della storia, e sull’efficacia pedagogica di un insegnamento morale condotto attraverso esempi concreti e non mediante massime astratte. Senza tralasciare comunque un uso più politico della storia, nel quale fa consistere il significato della lettura “filosofica” di essa. Alla storia che ci insegna non cosa, ma come pensare, attiene l’acquisizione della saggezza più che l’accumulo delle conoscenze, e ad essa il politico inglese riconosce oltre che un attivo ruolo morale anche una spiccata attitudine politica. Nella sua analisi il ricorso alla narrazione storica per puntellare le strutture sociali, economiche e politiche già esistenti è controbilanciato dal suo utilizzo volto ad indebolire e scalzare le posizioni accreditate e stabilite, mostrando tutte le alternative possibili, così da accrescere la libertà di scelta: «Men find it easy, and government makes it profitable, to concur in 1 H. ST. JOHN, LORD VISCOUNT BOLINGBROKE, Letters on the Study and Use of History, Letters II Concerning the true use and advantages of it, Cadell, London 1779, pp. 14 e sgg.: «to ask me, what then is the true use of history? In what respects it may serve to make us better and wiser? And what method is to be pursued in the study of it, for attaining these great ends? I will answer you by quoting what I have read some where or other, in Dionysius Halicarn, I think, that history is philosophy teaching by examples». Bollettino Filosofico 27 (2011-2012): 445-459 ISBN 978-88-548-6064-3 ISSN 1593-7178-00027 DOI 10.4399/978885486064328 445 446 Sandra Plastina established system of speculation and practise (…) but the conduct of the understanding in all along neglected, and free exercise of it is, in effect, forbiden in all places»2. Non a caso, qualche anno prima, lo stesso Bolingbroke nei Remarks on the History of England (1730) aveva insistito sulla propensione del potere agli abusi e alla corruzione, mostrando i pericoli cui può trovarsi esposta la libertà, persino in un sistema costituzionale come quello inglese, rimarcando la necessità di esercitare sempre lo spirito critico e le appropriate azioni di controllo sul potere3. La scrittrice e utopista Sarah Robinson Scott (1720-1795), nel 1758, qualche anno prima della pubblicazione di The History of Gustavus Ericson, King of Sweden (1761), che ricostruisce la vicenda del re svedese del sedicesimo secolo Gustavus Vasa, fautore della conversione degli svedesi al protestantesimo, aveva letto Bolingbroke e, nella corrispondenza con sua sorella, la bluestocking4 femminista Elizabeth Robinson Montagu, aveva mostrato di apprezzare le sue argomentazioni5. Scott, che nell’opera A Description of Millennium Hall (1762) descrive l’utopia delle piccole comunità, facendo sentire la sua voce fortemente critica nei confronti della struttura patriarcale, nell’arco di un decennio, si dedica alla composizione di altre due opere storiche: The History of Mecklenburgh (1762) e The life of Theodore Agrippa d’Aubigné (1772), lavori che la scrittrice considerò tra le sue «better things». Essi risultano «more interesting in light of the period’s lively debates about the nature and role of history and its contiguous genres […] Her preface to Gustavus Ericson, for example, includes a comparative and detailed analysis of the pitfalls of writing history and Ivi, p. 403: Of the true Use of Retirement and study: Letters II too the Right Honourable Lord Bathurst. 3 IDEM, Remarks on the History of England, Tourneisen, Basil 1794, pp. 12 e sgg, in cui lo storico difende la necessità di un’opposizione al Governo stabile e legalizzata e il bilanciamento e l’indipendenza dei poteri. Fu infatti grazie ai suoi scritti che il dibattito sul ruolo dei partiti e dell’opposizione divenne ineludibile nella dottrina costituzionalista inglese britannica successiva, come documentano anche le Note inglesi di Montesquieu, testimonianza della sua esperienza inglese negli anni 1729-31; su queste discussioni cfr. J. VARALA SUANZES-CARPEGNA, Governo e partiti nel pensiero britannico 1690-1832, Giuffrè, Milano 2007, pp. 18 e sgg. 4 Sul movimento delle bluestockings si legga ora E. EGER, Bluestockings: Women of reason from Enlightenment to Romanticism, Palgrave Macmillan, Basingstoke 2010. 5 S. Scott to Montagu, May 21 (1758), The Huntington Library, Montagu collection, mo5275, che leggiamo anche in B. A. SCHELLENBERG, The Professionalization of Women Writers in Eighteenth-century Britain, Cambridge University Press, Cambridge 2005, p. 205. 2 Le figlie di Clio: storiche inglesi del XVIII secolo 447 biography»6. La preferenza accordata al genere biografico, rispetto alla narrazione storica convenzionale, invertendo la tradizionale gerarchia, risulta di notevole interesse alla luce di quanto Scott scrive nella stessa prefazione, in cui fornisce precise motivazioni alla sua scelta: subordinare la storia alla biografia permette di entrare più direttamente nella mente dei protagonisti per seguirne lo snodarsi dei pensieri, evitando le false rappresentazioni della storia ‘generale’, «whereby great actions appear to arise from great motives, even though actions may in reality have been inconsistent and motives contraries»7. Nelle mani della scrittrice la storia della vita del re svedese si trasforma in una biografia filosofica, nel momento in cui la ricostruzione biografica diventa uno strumento più flessibile della storia tradizionale, per organizzare i materiali di storia religiosa, politica e sociale che la narratrice ha a disposizione. D’altra parte Scott era ben consapevole dei cambiamenti avvenuti negli ultimi anni, che avevano profondamente mutato la tradizionale visione della storia. Il pubblico dei lettori si era ampliato e il racconto storico si era andato adattando alle esigenze della moderna e commerciale middle-class. L’attenzione alla realtà sociale in movimento contraddistingue in Inghilterra la nuova storiografia della metà del XVIII secolo, che incorpora due tipi di indagine: all’analisi delle condizioni morali e materiali di vita dei soggetti storici studiati si aggiunge anche il ruolo giocato dalle passioni, dai sentimenti e dai costumi nelle loro vite8. Era in un certo senso quanto auspicato da Fontenelle alla fine del XVII secolo: l’affermarsi di una storiografia che illustrasse gli errori dello spirito umano e gli effetti delle passioni, capace cioè di ricostruire i meccanismi che spingono gli esseri umani ad agire «in modo da mostrare in dettaglio l’uomo che la morale illustra all’ingrosso»9. Cfr. Ivi, p. 85. Ibidem. 8 M. S. PHILLIPS, Society and Sentiment: Genres of Historical Writings in Britain 1740-1820, Princeton University Press, Princeton 2000, p. XII. 9 B. LE BOVIER DE FONTENELLE, Sur l’histoire, in Oeuvres, Bastien, Paris 1790, vol. v., pp. 432-433: «Elle nous fera voir, pour ainsi dire, l’homme en détail, après que la morale nous l’aura fait voir en gros; et ce qui sera peut-être échappé à nos réflexions générales, des exemples et des faits particuliers nous le rendront. Je conçois donc que l’histoire n’est bonne à rien, si elle n’est alliée avec la morale. Son utilité n’est pas dans tous ces faits différens qu’elle nous présente, mais dans l’âme de ces faits qu’elle nous laisse le plus souvent à découvrir. Ce n’est point l’histoire des révolutions des Etats, des guerres et des mariages des Princes, qu’il faut étudier; mais sous cette histoire il faut développer celle des erreurs et des passions humaines qui y est cachée, et donner tous ses soins à l’apprendre exactement ». 6 7 448 Sandra Plastina In concomitanza con la revisione delle prospettive storiografiche era aumentato considerevolmente il numero di scrittori che si rivolgevano espressamente ad un pubblico femminile, promuovendo la lettura delle opere storiche da parte delle donne, sulla scorta di Hume che nel saggio Of the Study of History, aveva affermato, che è «an unpardonable ignorance in persons, of whatever sex or condition, not to be acquainted with the history of their own country, together with the histories of ancient Greece and Rome»10. Il filosofo scozzese, nei due paragrafi introduttivi del suo breve scritto, attacca le lettrici per la loro «aversion to matters of fact», la loro disaffezione nei confronti letture storiche, in opposizione al loro insaziabile appetito per le finzioni letterarie, in forma di novelle, romanzi, e storie segrete: «in favor of their appetite for novels and romances». Hume distinguendo «masculined history from feminised romance», introduce la questione del genere nello scrivere di storia e «creates of women a special case»11. Non è un caso, infatti, che in quegli stessi anni, il letterato inglese Peter Whalley in Essay on the Manner of Writing History12 (1746), aveva sentito il bisogno di ribadire che scrivere storia è un affare da uomini, ricorrendo a Luciano di Samosata che, in Quomodo istoria conscribenda sit, paragona la storia, abbellita da fronzoli e inutili orpelli letterari, in fin dei conti femminilizzata, ad Ercole, ridicolo in abiti femminili, costretto a servire la regina Omfale. Ma, come acutamente è stato messo in rilievo nell’analisi condotta da Temple, in Feminist Interpretation of Hume, l’operazione che Hume porterà a termine nella sua popolarissima History of England tra il 1754 e il 1762, nel tentativo di costruzione dell’immagine di un’identità e di una cultura nazionale, lo condurrà solo in parte a seguire Whalley nella 10 D. HUME, Essays, moral and political, Essays VII Of the study of History, Fleming and Alison, Edinburgh 1741, p.69: «There is nothing I would reccommend more earneftly to my female Readers than the study of History, as the occupation. Of all others, the best suited both to their Sex and Education; much more instructive than their ordinary Books of Amusement, and more entertaining than those serious Compositions, which are usually to be found in their closets»; le lettrici a parere di Hume, trarrebbero gran beneficio dalla lettura della storia, che contribuirebbe inoltre a fornire loro una visione più realistica dei rapporti umani: «women will learn that love is not the only passion, which governs the male-world but is often overcome by avarice, ambition, vanity and a thousand other passions». 11 Cfr. K. TEMPLE, “Mainly Composition”: Hume and the History of England, in Feminist Interpretation of David Hume, ed. by A. J. Jacobson, Pennsylvania State University Press, University Park 2000, p. 268. 12 P. WHALLEY, An Essays on the manner of Writing History, M. Cooper, at Globe, London 1746, 10, 22. Le figlie di Clio: storiche inglesi del XVIII secolo 449 sua difesa del genere storico al maschile, distinguendo nettamente «history by romance». Se infatti «progressive historical narrative is masculinized», d’altra parte, «historical moments that defy progressive explanation are contained in a feminized simultaneonsly seductive and easily dismissed»13, e come è stato ampiamente messo in risalto il grande successo di pubblico dell’opera storica di Hume è da attribuirsi non da ultimo al suo «appealing narrative style». II. «Men have had every advantage of us in telling their own story» (J. Austen) In Writing Womens’s History Since the Renaissance14, Mary Spongberg, seguendo l’affermarsi di una sempre più forte consapevolezza femminista attraverso le opere storiche scritte da donne nel XVIII secolo, riconosce l’importanza del genere come strumento d’indagine, che, mentre offre una pluralità di categorie interpretative per la storia delle donne, permette di recuperare e valorizzare anche la precoce tradizione storica al femminile. Le scrittrici, infatti, svolsero in quegli anni un importante ruolo trasformativo nello sviluppo della coscienza storica in Inghilterra. La produzione di Catherine Macaulay, Mary Hays, Jane Austen, Lucy Aikin, Charlotte Smith, Hester Piozzi, Helen Maria Williams, Hannah More e Anna Jameson, tra le altre, darà vita, nella seconda metà del secolo, a un’incredibile varietà di lavori storici che si impegnano in una serrata critica della politica dei governi Tory, delle istituzioni aristocratiche e dei codici sociali del patriarcato. Hannah More (1745-1833), con particolare vigore si contrappone a «‘the disingenuous’ and ‘injurious’ practices of Hume’s mascoline historicism» e formula la sua revisione delle teorie storiche in una serie di saggi sulla studio e l’uso della storia15. Nelle sue Hints toward forming the character of a young K. TEMPLE, “Mainly Composition”, cit., p. 265. M. SPONGBERG, Writing Women’s History Since the Renaissance, Palgrave, Basingstoke 2002, p. 5; cfr. inoltre A Companion to Women’s Historical Writing, ed. by M. Spongberg, A. Curthoys, B. Caine, Palgrave, Basingstoke 2005, dove le autrici aprono un ampio spazio di analisi entro cui esplorare una varietà di relazioni tra genere e contesti sociali, dalle narrazioni storiche alle biografie, dai romanzi alla letteratura di viaggio. 15 Sull’affermarsi di una storiografia femminista si veda G. KUCICH, “This Horrid Theatre of Human Suffering”: Gendering the Stages of History in Catherine Macaulay and Percy Bysshe Shelley, in Lessons of Romanticism. A critical Companion, ed. by T. Pfau and R. F. Gleckner, Duke University, Durham 1998, pp. 448-465, in part. p. 450. 13 14 450 Sandra Plastina princess16, la scrittrice critica le opinioni che Hume esprime sulla politica e la religione, contenute nella pur formalmente elegante History of England, che dal suo punto di vista risultano viziate da un forte pregiudizio. More definisce Hume «a serpent under a bed of roses» e raccomanda le giovani lettrici e i giovani lettori di stare in guardia nei confronti delle sottili insinuazioni fatte dal filosofo nei confronti della religione17. Anche Lucy Aikin (1781-1864), nelle Epistles on Women18, critica, con convinzione la natura astratta della storiografia tradizionale e scrive molte opere in cui si intrecciano la ricostruzione delle vicende personali e dell’attività politica di Elisabetta I, Giacomo I e Carlo I. Nel 1791 una giovanissima Jane Austen, appena quindicenne, lanciava i suoi strali ironici contro il modo tradizionale di fare storia nella sua parodistica History of England. Nella vivace parodia la scrittrice si prende gioco dei manuale scolastici “standard” dell’epoca, e in particolare dei quattro volumi della popolare History of England from the Earliest Times to the Death of George II (1771) di Oliver Goldsmith. Dichiarando di essere una «partial, prejudiced and ignorant Historian», Austen cita opere di letteratura, come ad esempio i drammi di Shakespeare, conferendo loro lo statuto di autorevoli fonti storiche accanto a riferimenti e testimonianze tratte dalla propria storia familiare. Alla sorella maggiore Cassandra spetta il compito di corredare lo scritto con illustrazioni e ritratti di fantasia dei monarchi inglesi19. Ma la polemica di Austen nei confronti della scarsa attendibilità delle fonti storiche a disposizione delle lettrici e dei lettori non si limita agli anni giovanili: a tale proposito nel cap. 23 di Persuasione (1818) leggiamo: «Men have had every advantage of us in telling their own story. Education has been theirs in so much higher a degree; the pen has been in their hands. I will not allow books 16 H. MORE, Hints toward forming the character of a young princess: in a two volumes, T. Cadell W. Davies, London 1805. 17 Le critiche di Hannah More alle tesi humeane sulla storia si leggono ora in Early Responses to Hume’s History of England, 2 vols, 1745-1833, (7-8) ed. by J. Fieser, Thoemmes Continuum, Bristol 2003, vol. 8 pp. 210 e sgg. 18 L. AIKIN, Epistles on Women and others works, ed. by A.K. Mellor and M. Levy, Broadview Editions, Peterborough (Ontario) 2011. 19 Qualche anno più tardi, Jane raccolse i suoi lavori giovanili in una collected edition, copiandoli in tre notebooks, che chiamò Volume the first, the second and the third. Il Volume secondo contiene la History of England e diversi altri scritti che furono acquistati dalla British Library nel 1977 (British Library Add. MS 59874, ora anche consultabili nella Online Library, Virtual Books della stessa British Library). Le figlie di Clio: storiche inglesi del XVIII secolo 451 to prove anything». Gli esempi tratti dai libri non valgono nulla: si pensi ad esempio alla presunta volubilità ed incostanza delle donne, topos ricorrente nei libri scritti dagli uomini. Gli uomini hanno sempre avuto ogni vantaggio sulle donne nel raccontare la loro storia, a differenza delle donne hanno potuto godere del privilegio dell’istruzione e la penna è sempre stata nelle loro mani. «Non ammetto che i libri possano essere considerati prova di alcunché». In termini ancora più consapevoli il rapporto tra le donne e la storia ritorna anche in Northanger Abbey (pubblicato nel 1818, ma composto nel 1813). «Her letters and a piece from her Juvenilia, The History of England help show how she positioned her texts in relation to historiographical trends and to historical novels. Northanger Abbey, arguably the most fruitful text for discovering Austen’s philosophy of history, has been perceived by many critics as a response and a corrective to the sentimental or gothic novel of 1790s»20. Catherine Morland, una delle protagoniste del romanzo, è la più convinta sostenitrice dell’illegibilità dei libri di storia, e difende le sentimental fictions, ammettendo di non provare alcun interesse per la solenne e noiosa narrazione storica, in cui si ritrovano solo vessazioni e violenze e «the quarrels of popes and kings, with war or pestilences, in every page». La sua posizione è in netto contrasto con quella assunta dalla sensibile Eleonor Tilney, che, traendone piacere e arricchimento intellettuale, legge e apprezza le opere di Willian Robertson e di David Hume, di cui Eleanor illustra gli argomenti: la storia «acquainted women with human affairs, without disminishing in the least from the most delicate sense of virtue». Qualche anno più tardi Jane Austen rifiuterà la proposta di James Stanier Clarke, bibliotecario del principe reggente (il futuro Giorgio IV) di scrivere a ‘Historical Romance’, sulla casata Sassonia Coburgo, rimarcando la dicotomia tra il suo scrivere novels, ritratti di domestic life e il genere del romanzo storico, l’epic poem, due generi di scrittura completamente diversi, l’uno femminile, l’altro maschile21. Sebbene per le autrici citate non si possa parlare di una precisa agenda politica e ancor meno di un chiaro programma femminista, si può tuttavia notare che le 20 Cfr. D. LOOSER, British Women Writers and the Writing of History 1670-1820, Johns Hopkins University Press, Baltimore 2000, pp. 178 e sgg: Reading Jane Austen and Rewriting “Herstory”. J. RANDALL, Women and the Enlightenment in Britain c. 1690-1800 in Women’s History: Britain 1700-1850. An Introduction, ed. by H. Barker, E. Chalus, Routledge, New York 2005. 21 Jane Austen to James Stanier Clarke, 1 April 1816, in Jane Austen’s Letters, ed. by D. Le Faye, Oxford University Press, Oxford 1997, p. 312. 452 Sandra Plastina loro opere presentano un significativo cambiamento rispetto alle strutture della ‘verità’ storica declinata al maschile, e solennemente celebrata22. La questione del nesso tra storia delle donne e storia generale, che qui non affronteremo, è stata posta ormai in termini chiari e precisi, in grado di evidenziare pienamente i cambiamenti irreversibili che la storia delle donne ha prodotto sui lineamenti della storia generale23. Donne e uomini, che nel XVIII scrissero di storia, contribuirono a modificare in modo significativo il paradigma classico che aveva concepito la storia come un’impresa al maschile, scritta dagli uomini, per gli uomini. Il grande triumvirato degli storici inglesi costituito da David Hume, Edward Gibbon e William Robertson, si rivolse espressamente alle donne, spostando proficuamente l’asse dell’impostazione storiografica delle loro narrazioni dagli eventi politici e militari a quelle di temi e soggetti di più ampio interesse sociale e culturale. III. Catherine Macaulay e il repubblicanesimo inglese L’immagine della moderna storia costituzionale inglese si presenta anche come sviluppo di un processo di divaricazione tra le ragioni della corona, alimentate nel senso dell’assolutismo e del diritto divino dei re da una cultura cortigiana e servile, e le ragioni della nazione, sempre più animata da “liberal ideas of government” e da nuove nozioni di felicità pubblica, tendenti ad affermare l’interesse della collettività su quello del sovrano. Un aspetto particolare del mutamento ideologico che avveniva in quegli anni è dato dalle trasformazioni interne della rappresentazione Cfr. L. KASMER, Novel Histories. British Women Writing History, 1760-1830, Fairlleigh Dickinson University Press, Madison-Teaneck 2012, p. 9: In the mid-eighteenth century, history and biography began to incorporate components of the private sphere into public sphere of history writing through the use of letters, opinions from contemporaries, gossip, innuendo, and private papers. La studiosa è in accordo con quanto scrive M. S. PHILIPS, Society and Sentiment: Genres of Historical Writings in Britain, cit., p. 17 e sgg., a proposito di un ampliamento, durante il lungo Settecento, dei confini della narrazione storica non più ristretta alla ricostruzione di eventi e azioni politiche ma estesa fino ad includere «material and moral life of humankind and the play of the passions and the sentiments in the individual mind». 23 Cfr. G. POMATA, Close-ups and long shots: combining particolar and general in writing the histories of women and men, in Geschlechtergeschichte und Allgemeine Geschichte, (Hg.) H. Medick und A.C. Trepp, Wallstein Verlag, Göttingen 1998, p. 123: «Invece di porre la domanda: come integrare la storia delle donne nella storia generale – come se la storia generale fosse qualcosa di stabile e dato una volta per tutte –, propongo che invece chiediamo: come la storia delle donne sta cambiando i lineamenti della storia generale?». 22 Le figlie di Clio: storiche inglesi del XVIII secolo 453 della storia nazionale, un tema che emerge nella cultura radicale dell’età di Giorgio II attraverso l’analisi dell’opera storica di Catharine Macaulay (1731-1791). Il discorso sulla storia nazionale e sulla dinamica costituzionale inglese, intesi come forma del linguaggio politico sono, infatti, forme determinanti per l’intera cultura politica inglese del ‘700. La cultura radicale inglese di fine ‘700 fa largo uso del linguaggio della storia; le torsioni estremistiche introdotte nel discorso sul modello repubblicano, il tema della continuità costituzionale inglese, il problema della rigenerazione politica, tutte tematiche sviluppate attraverso l’analisi della rivoluzione puritana, messe in risalto da Catharine Macaulay. È in gioco il linguaggio della storia come forma di argomentazione politica, e si tratta per la cultura inglese del XVIII di una dimensione concreta ed importante. L’acutizzarsi della crisi sociale e politica interna, le ripercussioni della rivoluzione francese, le persecuzioni contro i friends of liberty, determinano spostamenti significativi anche sul piano dell’argomentazione politica. La storia costituisce sempre meno il linguaggio comune del dibattito tra governo e opposizione, tra difensori dell’establishment e sostenitori delle riforme istituzionali, e sempre più si profila, parallelamente alla radicalizzazione dello scontro politico, una divaricazione di linguaggi; da un lato l’argomentazione storica tende a divenire l’arsenale privilegiato della conservazione, dall’altro il linguaggio astratto dei diritti naturali tende a farsi largo prepotentemente nell’ideologia radicale24. Macaulay è autrice della History of England from Accession of James I to that of Brunswick Line, opera di vasta mole e grande impegno, a cui si affincherà nel 1778, durante il lungo intervallo intercorso tra la pubblicazione del V volume (1771) e del VI (1781) dell’opera maggiore, un’altra opera storica, la History of England from the Revolution to the Present. In a Series of Letters to a Friend che avrebbe dovuto analizzare la storia inglese fino all’età contemporanea. Il lavoro della storica risulta più frequentemente citato per la curiosità suscitata dall’impresa storiografica di una bluestocking di fine ‘700 che non per l’attenzione suscitata dai temi di una riflessione storica e politica radicale di notevole originalità. L’opera al contrario aveva ricevuto molto consenso nella cultura di fine ‘700, riscuotendo un grande successo, ed era stata presentata da Joseph Priestley come il miglior Su questi temi offre un analisi ampia e molto documentata l’unico saggio in italiano dedicato a Catharine Macaulay ad opera di R. MINUTI, “Il problema storico della libertà inglese nella cultura radicale dell’età di Giorgio III. Catharine Macaulay e la rivoluzione puritana”, Rivista storica italiana XCVIII (1986), pp. 793-860. 24 454 Sandra Plastina antidoto a Hume: «A good antidote to what is unfavourable to liberty in Mr Hume will be found in the very masterly history of Mrs Macaulay»25. La notorietà che il suo lavoro storico conquistò è legata all’interpretazione repubblicana della guerra civile e all’approvazione del regicidio all’epoca di Cromwell; la sua History, animata dalla volontà di far rivivere l’antica libertà politica inglese, che la scrittrice considerava seriamente compromessa sotto il regno di Giorgio III, fu letta anche come una ricca miniera da cui attingere argomenti per l’opposizione radicale: una Old Whig che cerca di mostrare come l’aristocrazia Whig alla fine del’700 si fosse ormai pericolosamente allontanata dai principi originari e dagli ideali ispiratori della sua azione politica. La nozione di libertà, che le proveniva dalla riscoperta e dallo studio degli autori politici classici, Tacito e Plutarco in primis, sinonimo di esercizio di sovranità da parte della nazione, non più incarnata nella vita istituzionale inglese, «si configura come un patrimonio politico e morale antico» e il valore esemplare della rivoluzione puritana si esprime, nella sua prospettiva, nella valorizzazione di quella élite virtuosa, «in grado di resuscitate un’ideale etico e politico di libertà dalle ceneri del passato, di riscattare il valore dell’utopia contro la realtà della storia, ed i recenti sommovimenti (…) soprattutto la rivoluzione francese, lasciavano sperare in un ripetersi di quelle condizioni»26. I diritti della nazione, la volontà del popolo (p. 817). A differenza della Gloriosa Rivoluzione, che subiva nella pagine di Macaulay un drastico ridimensionamento della sua portata storica, dal momento che, sulla base di una nuova ideologia conservatrice, era naufragata nella tirannia di Cromwell, la Rivoluzione francese era stata colta da Macaulay con manifestazioni di «virtuous enthusiasm» e celebrata come l’evento che aveva portato al trionfo dei semplici ed evidenti diritti dell’uomo27. Nella History of England, la storica inglese ricostruisce le vicende del regno di Carlo I e gli avvenimenti della rivoluzione puritana, soffermandosi sul ruolo che le donne svolsero in quelle drammatiche circostanze, a cui parteciparono animate da patriottismo e amore per la libertà. Tra le azioni collettive ad opera di donne, Catharine ricorda un episodio, tra gli altri, che vide protagoniste nel Febbraio del 1642 un gruppo di donne patriote 25 J. PRIESTLEY, Lectures on History and General policy: to which is prefixed, an Essay on a Corse of Liberal Education for civil and active Life, L. White, Dublin 1788, p. 811. 26 R. MINUTI, “Il problema storico della libertà inglese”, cit., p. 806. 27 Sul cosmopolitismo delle donne inglesi impegnate in politica, “cittadine del mondo”, che discutono i principi della Rivoluzione francese, cfr. A. CRACIUM, British Women Writers and French Revolution, Palgrave Macmillan, Basingstoke 2005. Le figlie di Clio: storiche inglesi del XVIII secolo 455 che presentarono in parlamento una petizione per denunciare i soprusi del clero papista e chiedere protezione all’assemblea. La richiesta fu accolta dallo stesso John Pym, ma gli storici in seguito, denuncia Catharine, trattarono l’episodio con disprezzo, Macaulay spiega: «[Parliament's] complaisance to a company of decent, virtuous matrons, acting under the influence of conscience, expressing their fears and hopes on matters in which they were greatly interested, in a modest application to the representative assembly of the people, has been highly ridiculed by those who scoff at the conduct of these sensible times»28. Hume aveva difatto deriso le donne che avevano presentato la petizione appellandole «female zealots», mentre lo storico Clarendon le aveva liquidate come plebaglia arrabbiata. Macaulay paragona loro alle virtuose matrone romane, contrapponendo il corrotto governo monarchico degli Stuart al modello repubblicano dell’antica Roma. La storica sottolinea: «The government of Rome, when in its state of highest virtue, though never influenced by the low cabals and intrigues of loose and vicious women, which is ever the consequence of those effeminate manners which prevail in monarch-ies, failed not to pay high marks of esteem, and granted many immunities to that sex, on their exhibiting any symptom of public virtue»29. La celebrità di Macaulay e l’influenza che la scrittrice esercitò non si limitarono alla corrente di pensiero radicale e giacobina inglese, ma si estesero al di là dell’oceano, nella cultura americana “rivoluzionaria” e anche nell’Europa continentale, soprattutto in Francia, dove il conte di Mirabeau promosse la traduzione francese della History. Negli studi d’area anglosassone è stata ampiamente messa in risalto la funzione di riferimento per le donne americane svolta da Macaulay30: le sue opere agirono sulla tradizione repubblicana d’oltreoceano, la modificarono, rimarcando l’uguaglianza dei sessi, sia dal punto di vista intellettuale che morale ricorrendo ai valori repubblicani come validi argomenti contro la subordinazione delle donne. In The History of England, Catharine Macaulay, nel ribadire che la sua opera è fondata sull’uso di una corretta metodologia storica che privilegia l’analisi dei documenti per l’individuazione della verità, non manca di allineare verità, virtù e cuore, esplicitamente associate nella ricostruzione e narrazione degli eventi dalla sua sensibilità ‘femminile’. Catharine si C. MACAULAY, History of England, cit., vol. III, pp. 196-198. Ivi, pp. 198-199. 30 L. K. KERBER, Toward an Intellectual History of Women, University of Carolina Press, Chapel Hill 1997, p. 28 28 29 456 Sandra Plastina presenta nella Preface della History come «female historian», richiamandosi alla causa della libertà e della virtù, convinta di procedere «in a path of literature rarely trodden by my sex»31. From my early youth I have read with delight those histories that exhibit Liberty in its most exalted state, the annals of the Roman and the Greek republics. Studies like these excite that natural love of freedom which lies latent in the breast of every rational being, till it is nipped by the frost of prejudice, or blasted by the influence of vice. The effect which almost constantly attends such reading operated on my inclinations in the strongest manner, and Liberty became the object of a secondary worship in my delighted imagination32. Nel prendere le mosse dalla sua personale esperienza di donna, la scrittrice enuncia l’intenzione di voler imprimere un cambiamento a quello che definisce the «tedious character of mascoline historiography» e fare pubblica dichiarazione del suo obiettivo, in quanto «femal opposer» alla storiografia dominante del suo tempo. Pur nella grande varietà di strategie narrative messe in atto dagli storici del XVIII secolo e nella diversità dello loro visioni politiche predomina una comune tendenza: subordinare gli uomini e le loro azioni a forme generale e astratte, ai modelli di crescita e declino, in una tensione che si concretizza anche nell’uso di categorie dicotomiche. In opposizione ad una razionalità analitica che si esprime nella tendenza a inquadrare i fatti nelle forme di un’indagine storica astratta, che Macaulay riscontra in Godwin e in Hume, la storica rivelando «a mind inclined to sympathing tenderness», come è detto nella Preface, privilegia la tendenza a rendere prioritari «the affectionate ties of communal relations», valorizzandone gli aspetti emotivi e prestando attenzione ad una storia legata agli aspetti più personali e psicologici. Macaulay's own life exemplified her belief that as "rational" creatures women possessed a "natural love of freedom." Her testimony also belied the commonplace view that women were not supposed to have political interests or benefit from classical learning. From the opening lines of the History, quoted above, Macaulay thrust herself forward as living proof that a woman could be profoundly committed to the public good. She professed to be "animated with the love of liberty, and an enthusiastic regard to English patriotism," and even had herself en-graved as the 31 C. MACAULAY, The History of England from the Accession of James I to the Brunswick Line, 8 vols, J. Nourse, London 1763–91, vol. I, p. X. 32 Ivi, p. VII. Le figlie di Clio: storiche inglesi del XVIII secolo 457 Roman goddess of liberty in the frontispiece to volume33. Partecipe delle grandi questioni delle vita politica non solo nazionale, nutrita dalle letture sui valori patriottici delle repubbliche antiche, studiosa autodidatta34, la sua intera esperienza intellettuale coincide con l’elaborazione ventennale della grande impresa storiografica della History, che comunque non assorbì completamente la sua riflessione politica. Altri scritti e pamphlets testimoniano infatti la sua tensione nei confronti del mutamento politico e costituzionale, la sua volontà di intervento politico diretto e a meglio definire la natura dei giudizi politici presenti nell’opera storica. Nel Loose Remarks del 1767 la critica ai fondamenti antropologici del contrattualismo hobbesiano e la riaffermazione dell’antico principio della sociabilità naturale dell’uomo, forniva gli elementi per un attacco diretto all’assolutismo monarchico e per un’apologia del modello classico della repubblica democratica. Lo Short Sketch of a Democratic Form of Government, in a Letter to Signor Paoli, con cui lady Macaulay interveniva nel vivace dibattito sulla rivoluzione in Corsica, presentava il modello democratico come il solo che potesse garantie «the virtue, liberty, and happiness of society». La rotazione delle cariche ad ogni livello della vita politica e il bilanciamento della proprietà terriera, come nella utopia della Repubblica di Oceana (1656) di James Harrington, si presentavano come i meccanismi vitali per il corretto funzionamento di un organismo rappresentativo articolato in due rami (il senato e l’assemblea popolare), e per la stabilità dell’intero sistema; e la storia delle repubbliche antiche, soprattutto quella romana, insegnava come proprio la deroga a questi due fondamentali criteri fosse alla base della loro rovina. Il problema della riforma e l’atteggiamento da assumere di fronte alla crisi degli istituti tradizionali risultavano in primo piano nelle Observations on a pamphlet, pubblicate nel 1770 33 P. HICKS, “Catharine Macaulay’s civil War. Gender, History and Republicanism in Georgian Britain”, The Journal of British Studies 41-42 (2002), pp. 170-198, in part. p. 186. 34 Per la bibliografia su Macaulay, si veda B. HILL, The Republican Virago. The Life and Times of Catharine Macaulay, Historian, Clarendon Press, Oxford 1992; B. HILL - C. HILL, “Catharine Macaulay’s History and Her Catalogue of Tracts”, The Seventeenth Century 8 (1993), pp. 269–285; B. HILL, “The Links between Mary Wollstonecraft and Catharine Macaulay: New Evidence”, Women’s History Review 4 (1995), pp. 177–192; J. G. A. POCOCK, Catharine Macaulay: Patriot Historian, in Women Writers and the Early Modern British Political Tradition, edited by H. Smith, Cambridge University Press, Cambridge 1998, pp. 243–258; S. HUTTON, Liberty, Equality and God. The Religious Roots of Catherine Macaulay’s Feminism, in Women, Gender and Enlightenment, edited by S. Knott and B. Taylor, Palgrave, London 2004; K. DAVIS, Catharine Macaulay and Mercy Otis Warren: the Revolutionary Atlantic and the Politics of Gender, Oxford University Press, Oxford 2005. 458 Sandra Plastina e dirette contro Edmund Burke35. Già queste Observations contenevano il forte ridimensionamento della portata storica della Rivoluzione Gloriosa, che nel corso del ’600 aveva travolto la dinastia Tudor: al di fuori di ogni esaltazione retorica Macaulay individuava in questo momento cruciale l’inizio di un nuovo sistema di servitù e corruzione. La convinta esaltazione delle virtù repubblicane da parte di Macaulay e la sua female authorship rappresentarono agli occhi di molti critici un doppio atto sovversivo; Edmund Burke la definì sprezzatamene un’“Amazzone” e liquidò i suoi scritti come «the patriotick scolding of our republican Virago». Le loro profonde e incolmabili divergenze non riguardarono solo il diverso modo di vivere la comune militanza nel partito Whig, ma anche e soprattutto i giudizi espressi sulla natura delle donne: Burke in A Philosophical Enquiry into the Origin of Our Ideas of the Sublime and Beautiful (1757) aveva associato le sublime e nobili virtù della forza, della giustizia e della saggezza alla natura degli uomini, gli unici legittimati ad occuparsi di politica, in contrasto con virtù belle, ma certo di minore importanza, come la compassione, la gentilezza e la generosità, prettamente ‘femminili’, che le donne esercitano nella conduzione della loro vita domestica e nei rapporti familiari. Utilizzando l’epistemologia lockiana, nelle Letters on Education (1790), il suo scritto più dichiaratamente femminista, Macaulay contestando le tradizionali opposizioni di genere, riduce radicalmente le differenze sessuali e pone invece l’accento sul problema dell’istruzione, ritenuta l’elemento fondamentale per la formazione della persona umana. Facendo appello alla ragione e alla natura, «ai diritti naturali della specie femminile», e a «una provvidenza saggia e giusta», Macaulay rifiuta il concetto di inferiorità innata delle donne, soprattutto nella formulazione di che Rousseau ne da nell’Emile. I filosofi da tempo hanno abbandonato la fede in idee innate, afferma la scrittrice, ma hanno continuato a supporre che i tratti morali delle donne siano innati. Le circostanze storiche, e soprattutto la mancanza di un’adeguata educazione, hanno indebolito le donne, e «all those vices and imperfections which have been generally regarded as inseparable from the female character, do not in any manner proceed from sexual causes, but are entirely the effects of situation and 35 C. MACAULAY, Observations on a pamphlet, entitled, Thought on the Cause of the Present Discontents, Faulkner, Dublin 1770; un ventennio dopo la storica interviene a proposito delle Reflections on the Revolution in France di Burke con le Observations on the Reflections of the Right Honourable Mr Edmund Burke on the Revolution in France, Thomas and Andrews, Boston 1791. Le figlie di Clio: storiche inglesi del XVIII secolo 459 education»36. Per questo, anticipando di qualche anno la Vindication of Rights of Woman (1792) di Mary Wollstonecraft 37, la storica inglese indica l’obiettivo della lotta delle donne che dovranno essere in grado di trasformare la supposta fragilità fisica in forza morale e intellettuale, prendendo parte attiva alla vita civile e politica. 36 EADEM, Letters on education, with observations on religious and metaphysical subjects, Dilly, London 1790, p. 46. 37 B. HILL, “The Links between Mary Wollstonecrafta nd Catharine Macaulay:New Evidence”, Women's History Review 4 (1995) 2, pp. 177-192. Sull’atteggiamento critico di Wollstonecraft nei confronti della pedagogia di Rousseau cfr. R. MODUGNO, Mary Wollstonecraft diritti umani e Rivoluzione francese, Rubbettino, Soveria Mannelli 2002.