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n° 367 - novembre 2014 © Tutti i diritti sono riservati Fondazione Internazionale Menarini - è vietata la riproduzione anche parziale dei testi e delle fotografie Direttore Responsabile Lorenzo Gualtieri - Redazione, corrispondenza: «Minuti» Edificio L - Strada 6 - Centro Direzionale Milanofiori I-20089 Rozzano (Milan, Italy) www.fondazione-menarini.it Natura e metafora di una forma perfetta Simbolo generatore di bellezza o struttura derivante da rapporti di armonia, la conchiglia è presente con ruoli molteplici in miti, leggende e arte attraverso i secoli Lo stretto legame col mare, nel quale prende forma, e la straordinaria capacità di generare qualcosa di immenso valore come la perla, inserisce immediatamente la conchiglia (bivalve) nel simbolismo generativo dell’acqua intesa come origine della creazione. La sua particolare conformazione inoltre, ricordando l’organo sessuale femminile, la fa diventare sinonimo di sessualità, fecondità e amore. Da tutto questo il legame col mito di Venere, che, nascente dalla schiuma del mare, giunge a riva presso Cipro proprio su una conchiglia. Una delle più antiche raffigurazioni della divinità è del I secolo a.C. e si trova a Pompei, qui la dea, accompagnata da due amorini, è vestita solo di gioielli e regalmente adagiata in una conchiglia. La più celebre rappresentazione però, è senz’altro quella dipinta da Botticelli: una pudica Venere al centro della scena, in piedi su una valva, sta per approdare sulla spiaggia sospinta dal soffio di Aura e Zefiro. In altre raffigurazioni la conchiglia non è così in evidenza e a volte diventa una semplice citazione. Nell’accademica tela di fine Ottocento di W. A. Bouguereau (Nascita di Venere), nonostante la composizione di memoria botticelliana, l’attenzione si concentra sulla nudità. Alla conchiglia è tolto il ruolo di protagonista dall’esuberanza dei putti e dei tritoni che ne coprono buona parte, anche se ricompare in veste di strumento annunciante l’arrivo della Primavera-Venere. Davvero solo una citazione invece, è nell’opera di Tiziano, la Venere Anadiomene, dove uno schema compositivo completamente diverso propone l’immagine di un nudo femminile ideale. La dea, in posa classica leggermente sopra Pompei: Casa della Venere sotto a sinistra W.A. Bouguereau: Nascita di Venere - Parigi, Musée d’Orsay a destra Bestiario medievale flessa in avanti, sta uscendo dall’acqua e la Pecten maximus, pur perfettamente riconoscibile, galleggia in un angolo come memoria mitologica. L’interpretazione simbolista invece, la riporta al centro della scena. Nella Nascita di Venere di Redon, in primo piano, immersa in una dimensione di pag. 2 Tiziano: Venere Anadiomene - Edimburgo, National Galleries of Scotland sogno fatta di vapori colorati, la dea incastonata nella madreperla è appena una percezione creata da una vibrazione cromatica che si distingue dall’altra vibrazione che è la conchiglia. «… è un pesce di mare chiuso in un guscio come un gambero, ed è tutta rotonda; ma apre il guscio e lo chiude quando vuole, e la sua dimora è in fondo al mare. Ma viene in superficie al mattino e la sera raccoglie la rugiada dentro di sé. Le gocce di rugiada sono alquanto indurite dai raggi del sole… […] Ma se le si toglie dal mare e le si apre e se ne traggono fuori le gocce indurite, subito diventano pietre bianche piccole e preziose che si chiamano perle…» Questa è l’ostrica, e per estensione la conchiglia, secondo i bestiari medievali. Nella visione, o revisione, cristiana del simbolo questa diventa metafora della Vergine fecondata dalla rugiada celeste, lo Spirito Santo, che mette al mondo qualcosa di perfetto: la perla-Gesù Cristo. Un atto sopran- Piero della Francesca: Pala Montefeltro - Milano, Pinacoteca di Brera naturale che dall’imperfezione della conchiglia e in modo puro, senza sessualità, genera la perfezione. Così la conchiglia entra nell’iconografia cristiana. Questa particolare declinazione è perfettamente raffigurata da Piero della Francesca nella Pala di Montefeltro. Piero, figura pienamente rinascimentale, crea realtà distillate dalla mente umana e qui, la ricca composizione è magistralmente e simbolicamente completata dalla copertura dell’abside a forma di conchiglia. La Vergine osserva il figlio addormentato, sa di poterlo proteggere proprio come un guscio, finché lo tiene in grembo, ma già la sua espressione tradisce un presagio di sofferenza. La conchiglia, che allo stesso modo genera e protegge la perla con sofferenza, completa la scena diventando allegoria dell’arrivo del dono di Dio. La simbologia è evidente e si fa anche più complessa quando dalla conchiglia, messo in evidenza dall’ombra di una luce intellettual- pag. 3 in senso orario dall’alto a sinistra Lorenzo Lotto: Ritratto di Lucina Brembati Bergamo, Accademia Carrara El Greco: Battesimo di Cristo - Toledo, Hospital Tavera Caravaggio: Cena in Emmaus Londra, National Gallery Jørn Utzon: Opera House di Sydney Frank Lloyd Wright: Solomon R. Guggenheim Museum di New York mente gestita, pende un perfetto e immacolato uovo di struzzo simbolo di vita e perfezione del Cristo. Sia nella scultura, sia nella pittura, la conchiglia è così spesso chiamata a raffigurare il mistero della generazione del figlio di Dio che a volte se ne dimentica il reale significato. Diversamente, diventa anche semplice simbolo di maternità e augurio di fecondità, come accade, per esempio, nel Ritratto di Lucina Brembati di Lorenzo Lotto dove apparentemente è solo un gradevole motivo decorativo sulla veste della nobildonna. Come elemento creatore di nuova vita e portatore di salvezza, la conchiglia è chiamata a rappresentare anche la rinascita intesa come purificazione dal peccato. È così che bisogna leggerla quando è raffigurata tra le mani del Battista intento a versare l’acqua del Giordano sulla testa di Gesù (El Greco, Murillo) o nella forma delle acquasantiere nelle antiche chiese. Una purificazione che avviene attraverso il passaggio dal “buio” alla “luce”. Così si può comprendere anche il legame con i riti funerari e l’immagine della tombaguscio che accoglie l’uomo in attesa della resurrezione. Emblema di nascita e morte allo stesso tempo, un controsenso solo apparente perché in realtà in entrambi i casi, quando si crede nell’aldilà, si tratta di fasi di passaggio. In vita, tuttavia, questa sorta di rinascita (spirituale) può essere raggiunta attraverso un percorso di espiazione e crescita interiore, col pellegrinaggio per esempio, ed è per questo che la conchiglia diventa anche attributo dei pellegrini. Ne La cena in Emmaus di Caravaggio (quella a Londra) sul petto di uno dei discepoli, sicuramente un pellegrino, compare infatti, una conchiglia: si tratta dell’attestato di un pag. 3 raggiunto stato di rinascita. Varie e leggendarie sono le versioni che legano la conchiglia a uno dei più famosi pellegrinaggi, quello del Cammino di Santiago di Compostela, ma tutte all’origine si riferiscono proprio a quel lavoro interiore che permette alla mente di aprirsi e San Giacomo, verso la cui tomba porta il cammino, assume perciò come attributo proprio il Pecten (Dürer). Anche l’architettura, e non solo quella dipinta, si è ispirata alle forme delle conchiglie. La struttura di alcune di queste creature (le spiraliformi) è riconducibile al concetto di rapporto aureo, nello specifico alla spirale euclidea. Ecco perciò che di nuovo ci si avvicina all’idea di perfezione da sempre tanto cara al genere umano e la sto- ria ci dimostra quanto questi esseri abbiano guidato e ispirato gli architetti di sempre: Leonardo, Wright, Gaudì, Le Corbusier e poi Jøhn Utzon e Zaha Hadid sono solo alcuni esempi. Accostare una conchiglia all’orecchio è un atto che risponde a un antico legame tra l’uomo e il mare, tra la terra e l’acqua. Sia in veste di simbolo generatore di perfezione, sia come struttura derivante da rapporti di armonia perfetta, è un elemento che continua ad affascinare e comparire negli ambiti più disparati delle nostre forme espressive, dal sacro al profano, dalla pittura alla scultura, dall’architettura alla letteratura, dalla pubblicità al design. francesca bardi