GIORNO DELL`ERRORE (DI CALCOLO) Giovedì

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GIORNO DELL`ERRORE (DI CALCOLO) Giovedì
Giovedì
GIORNO DELL’ERRORE
(DI CALCOLO)
QUEL CATINO DI ACQUA SPORCA
(don Giuseppe Salvioni)
Accanto al fonte della vita nuova, la Pasqua ci consegna anche un
catino d'acqua sporca. ne ha fatto uso il maestro e nessuno ancora lo
ha tolto dalla a tavola curandosi di svuotarlo. I discepoli intimoriti,
tornando al cenacolo, si sono abbracciati attorno a questa icona del
servizio lasciandola lì nel bel mezzo delle loro incerte discussioni.
Anche noi potremmo immaginare quel recipiente sul nostro altare tra
le tovaglie ben stirate, i fiori freschi e il cero pasquale: è la memoria
dell'ultimo gesto stravagante del nostro giovane Rabbi.
Quando mi domando come sia possibile far innamorare un giovane a
Gesù Cristo mi viene in mente la reliquia del catino...
Quel catino è la freschezza di un uomo che quando è a tavola non ce
lo si può trattenere seduto a lungo. L'ultima cena non si è risolta
nell'ultima abbuffata: quell'Eucarestia ha nutrito i cuori ma non ha
appesantito i corpi perché Gesù si è alzato per lavare i piedi come un
servo. Il catino con l'acqua sporca ci invita chiaramente a metterci
scomodi prendendoci cura degli altri senza indugiare alla "tavola delle
lunghe discussioni", senza intrattenerci in quei festeggiamenti dello
"stiamo bene tra noi" che odorano di tradimento.
Solo chi è scattante e sa alzarsi da tavola impara a lasciare il posto ad
altri, ai più giovani perché è convinto che di pane ce n'è per tutti.
Quel catino è la scioltezza e l'equilibrio di mani allenate ad
accarezzare. Ad uno ad uno tutti i piedi dei discepoli hanno provato il
ristoro di quel tratto di cui solo l'artista che li ha plasmati è capace.
Un corpo agile e disinvolto quello del maestro abituato a nutrire di
intelligenza le sue parole ma anche di armoniosa sapienza i suoi
movimenti.
Questo equilibrio ci vuole nel chinarsi e rialzarsi senza rovesciare a
terra il contenuto di quella bacinella. Il catino con l'acqua sporca ci
racconta di poche parole e di tanti piccoli gesti precisi e geniali...
insomma un bene fatto bene senza le lentezze e gli appesantimenti
delle abitudini. Solo chi è allenato alla scioltezza e alla fermezza
dell'amore incondizionato impara ad accarezzare senza trattenere, a
ristorare senza possedere... in una danza gioiosa fatta di genuflessioni
e umili abbracci.
Quel catino è il coraggio di smascherare la propria bellezza. Sotto la
crosta polverosa della sporcizia Gesù ha ridato vigore e candore ai
piedi dei suoi messaggeri. Il Cristo ha confermato ad uno ad uno i
suoi lavandone i piedi. Il catino con l'acqua sporca ci risveglia alla
straordinaria potenza del perdono che non fa conto dell'inadeguatezza
ma riporta il cuore allo splendore originario.
Solo chi guarda in faccia all'acqua sporca smette di giudicare e ritrova
quel coraggio che non confonde. Solo chi vede il maestro piegato sui
propri piedi non ha più dubbi.
La paura di sbagliare non è l'ultima parola, perché ciò che da bellezza
è il perdono e l'accoglienza.
Spesso i ragazzi che crescono accanto a noi mettono a fuoco
domande, slanci, dubbi, provocazioni... forse ci invitano ad essere una
comunità di discepoli che va per il mondo col catino in mano.
PECCATO E PENITENZA
(Giovanni Paolo I)
Qualcuno dirà: ma se io sono povero peccatore? Gli rispondo come
risposi a una signora sconosciuta, che s'era confessata da me molti
anni fa. Essa era scoraggiata, perché - diceva - aveva avuta una vita
moralmente burrascosa. Posso chiederle - dissi - quanti anni ha? Trentacinque. - Trentacinque! Ma lei può viverne altri quaranta o
cinquanta e fare ancora un mucchio di bene. Allora, pentita com'è,
invece che pensare al passato, si proietti verso l'avvenire e rinnovi,
con l'aiuto di Dio, la sua vita. Citai in quell'occasione S. Francesco di
Sales, che parla delle «nostre care imperfezioni». Spiegai: Dio detesta
le mancanze, perché sono mancanze. D'altra parte, però, in un certo
senso, ama le mancanze in quanto danno occasione a Lui di mostrare
la sua misericordia e a noi di restare umili e di capire e compatire le
mancanze del prossimo.
PECCARE
(Michel Quoist, Preghiere)
Sono caduto, Signore.
Ancora.
Non ne posso più, mai ce la farò.
Ho vergogna di me, non oso più guardarTi.
Pure, ho lottato, Signore, perché Ti sapevo vicino a me, chino su di
me, attento.
Ma la tentazione si è scatenata come una tempesta,
ed ho voltato il capo,
e mi sono allontanato,
mentre Tu restavi, silenzioso e dolorante,
come un fidanzato tradito che vede il suo amore allontanarsi nelle
braccia del rivale.
Quand'è cessato il vento, caduto di colpo come di colpo s'era
scatenato,
quando s'è spento il fulmine dopo aver fieramente illuminato la
penombra,
in un momento, mi son ritrovato solo, vergognoso, disgustato, con il
mio peccato nelle mani.
Quel peccato che mi nausea,
inutile oggetto che vorrei gettar via;
quel peccato che ho voluto e che non voglio più,
quel peccato che infine ho raggiunto allontanandoTi freddamente,
Signore,
quel peccato che ho colto, poi consumato, avido.
Ora lo posseggo, anzi mi possiede, come la tela del ragno tiene
prigioniero il moscerino.
E' mio,
mi sta attaccato,
è entrato in me,
non posso disfarmene.
/.../
Mi pare che si veda,
ho vergogna di stare in piedi, vorrei strisciare per sfuggire gli sguardi,
ho vergogna di comparire davanti al mio amico,
ho vergogna di comparire davanti a Te, o Signore,
perché Tu mi amavi ed io Ti ho dimenticato.
Ti ho dimenticato perché ho pensato a me.
Signore, non guardarmi così.
Perché sono nudo,
sono sporco,
sono a terra,
lacero,
non ho più forze,
non oso più promettere nulla,
non posso che restare là, curvo, innanzi a Te.
Via, piccolo, rialza il capo.
Non è soprattutto il tuo orgoglio ferito?
Se mi amassi, avresti dispiacere, ma avresti fiducia.
Credi che l'amor di Dio abbia limiti?
Credi che un solo momento Io abbia cessato di amarti?
Ma fai ancora affidamento su di te, piccolo,
non devi fare affidamento che su di Me.
Chiedimi perdono
e poi rialzati vivamente,
perché, vedi, la cosa più grave non è cadere,
ma restare a terra.
SIGNORE, HO PECCATO
(P. Maior)
Signore, ho peccato,
ho fatto quello che è male
ai tuoi occhi,
ho mancato alla legge dell'amore.
Tu conosci la mia debolezza,
il bene mi attrae ma il male mi trascina.
Tu che conosci il mio presente
e il mio futuro,
aiutami a dire ogni giorno
il sì della verità,
ad evitare il no della facilità.
Sono qui davanti a te, o Signore,
povero e senza valore,
debole e sconvolto
nel corpo e nello spirito.
Il peccato mi ha reso triste,
l'amicizia con te si è indebolita,
la comunicazione con gli altri
si è resa difficile.
Sono qui davanti a te,
perché tu mi ami ancora;
nel peccato non mi abbandoni,
e mi dai il tuo perdono.
Ridonami, o Signore,
la gioia della speranza
e mostrami il cammino
sicuro che porta a te.
A VOLTE SIAMO NOI
A volte siamo noi che ci complichiamo la vita,
rendendola confusa e caotica,
infelice e depressa,
grigia ed ottusa.
Siamo noi,
che abbiamo smarrito la luce della semplicità
che abbiamo buttato all'aria il vento dell'intuizione profonda,
il vento forte dell'amore,
il vento dolce della tenerezza,
il vento impetuoso del coraggioso essere se stessi.
Siamo noi,
che una volta smarrito il contatto con il nostro vero sé ci
ingrovigliamo in strade tortuose ed infangate,
dove invece di salire scivoliamo sempre più in basso
in una voragine dove solo l'angoscia dà la misura
del nostro essersi persi e smarriti.
Siamo noi,
che ci facciamo del male,
che incominciamo a non ascoltare più
la saggia voce della coscienza
e proprio per questo ci danniamo l'anima,
in una dolorosa sensazione di non esistenza.
Siamo noi,
che abbiamo paura di vivere,
anzi d’amare,
perché è solo amando che si vive,
e ciò si realizza quando la passione accende d’ardore
i nostri spiriti e li trascina via lontano
facendoci sognare un mondo migliore
con un tale desiderio di rinnovamento
che non è più possibile resistere
e non decidere di iniziare a sporcarsi le mani,
purché esso si realizzi;
non importa se sarà solo un frammento o una goccia
quello che verrà realizzato,
quello che conta è aver lasciato
il proprio frammento dipinto con i colori più belli
e la propria goccia colma d'acqua pura e trasparente,
affinché anche un altro essere umano
possa credere nella forza
e nella potenza straordinaria dell'amore....