Il significato dell`Epifania

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Il significato dell`Epifania
Guido Cossard Il significato dell’Epifania Il significato dell’Epifania Questo breve testo nasce da una domanda che sorge spontanea: perché è considerata così importante l'Epifania? Questa ricorrenza cade in prossimità di feste apparentemente ben più significative. Il Natale rappresenta la nascita di Gesù ed è carico di profonde espressioni simboliche e religiose; il Capodanno, pur nella sua natura di festa laica, è di estrema rilevanza considerato che segna il termine di un ciclo e l’inizio dell'anno successivo. Se paragonata a feste di questa portata, l'Epifania sembra ricoprire un ruolo decisamente secondario. È pur vero che, nella tradizione, in quella data tre re giungono da lontano per rendere omaggio e riconoscere la divinità di Gesù. È anche vero che gli portano dei doni simbolici come a volerne ribadire l’essenza divina. Però la solennità e la rilevanza dell’Epifania non sembrano affatto giustificate da un evento di questo tipo; anzi, sotto un certo aspetto, bisogna ricordare che tutti gli insegnamenti evangelici sono nell’ottica dell’esaltazione della povertà: i primi a visitare Gesù sono dei pastori, gente estremamente modesta e abituata a vivere semplicemente, quindi è persino da considerarsi contraddittoria l'esaltazione del fatto che dei re vengano a adorare il bambino. Allora, deve esistere un significato simbolico e religioso ben più profondo, tale da giustificare il motivo per il quale l’Epifania venga considerata una festa fondamentale. Queste righe vogliono introdurre un’ipotesi totalmente diversa, proprio per spiegare tale fatto. Vediamo di approfondire l’origine della festa. Innanzi tutto partiamo da un punto fermo: la tradizione celebra l’avvento dei Tre Re Magi: va subito detto che forse non erano tre, probabilmente non erano re, ma sicuramente erano Magi. I testi del Vangelo Le righe che ci informano sui Magi, e sulla stella, si trovano nel Vangelo di Matteo: Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo. All'udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s’informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia. Gli risposero: a Betlemme di Giudea perché così è scritto per mezzo del profeta: E tu Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda: da te uscirà infatti un capo che pascerà il mio popolo, Israele. Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella, e li inviò a Betlemme esortandoli: “Andate, informatevi accuratamente del bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo.” Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre e, prostatisi, lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Questo il testo del Vangelo: non si parla di re, non se ne specifica il numero e men che meno i nomi. I testi apocrifi L'Infanzia del Salvatore è un apocrifo scoperto in due versioni e databile intorno al sesto secolo. Il testo riporta: “Ecco un’enorme stella che splendeva sulla grotta dalla sera al mattino; una stella così grande che non era mai stata vista dall'inizio del mondo”. Nel prosieguo l'autore fornisce una interpretazione dello scritto e afferma che quella stella è la parola di Dio. Sempre nello stesso apocrifo, è ancora più significativo un monologo di Giuseppe. Mentre è intento a osservare da lontano i Magi, egli afferma: “Mi pare che siano àuguri: non stanno fermi un momento, osservano e discutono tra loro. Sono sicuramente forestieri: il loro vestito è diverso dal nostro, la veste è amplissima e scura, hanno berretti frigi e alle gambe portano sarabare (gambali) orientali.” Il particolare del berretto frigio è fondamentale e lo commenteremo in seguito. Lo pseudo Matteo del sesto -­‐ settimo secolo riporta: “i Magi offrirono ciascuno una moneta d’oro al bambino, ma ognuno di essi aggiunse anche un dono personale: Gaspare portò la mirra, Melchiorre l'incenso e Baldassarre l’oro.” Sulla base dello pseudo Matteo, i Magi vennero anche identificati l’uno come un bianco, l'altro come un giallo è il terzo come un moro. Le loro ipotetiche reliquie sarebbero arrivate a Milano e a Colonia. Il Vangelo Arabo dell'Infanzia, composto nel quinto -­‐ sesto secolo, considera i Magi come discepoli di Zaratustra, e qui incominciamo a scorgere la luce. Tale testo riporta un brano significativo: “La Signora Maria prese una delle fasce del bambino e la diede loro (ai Magi) in ricordo. Essi si sentirono onoratissimi di prenderla dalle sue mani. Rientrati nel paese, durante una festa in onore del Fuoco Sacro essi gettarono quella fascia nelle fiamme del grande falò liturgico. Ma, spento il fuoco, ecco riapparire tra le ceneri la fascia intatta. Presero allora a baciarla e a imporsela sulla testa e sugli occhi.” I nomi dei Magi I primi riferimenti ai Magi sono ben più antichi e si trovano in Geremia e in Ezechiele. Secondo il primo un Rab Mag, un capo dei Magi, faceva parte dell'ambasciata inviata a Gerusalemme da Nabucodonosor. Ezechiele parla dei Magi raccontando di circa 25 uomini i quali, con le spalle rivolte al tempio e lo sguardo diretto al Sole, lo adoravano portando al naso un ramoscello, chiamato baresman. Secondo Dinone, attorno al 350 avanti Cristo, gli indovini medi si servivano di bacchette per divinizzare, confermando così il brano di Ezechiele. I nomi dei Magi, completamente ignoti al Vangelo, appaiono solo negli apocrifi. In un frammento del Vangelo degli Ebrei, riconducibile alla prima parte del secondo secolo, i Magi sono indovini dal colorito scuro e dai calzoni alle gambe; sono un vero e proprio stuolo, guidato da una terna di capi: Melco, Caspare e Fadizarda. Un’altra testimonianza dei nomi dei Magi è dovuta a una missione svizzera (Università di Ginevra) di archeologia copta in Egitto. Gli archeologi impegnati in questa campagna di scavi hanno studiato i circa 1600 insediamenti monastici posti nel deserto delle Celle, a ovest del delta del Nilo. In questa zona, la missione ha trovato, scritti su un muro, i nomi Gaspare, Belchior, Bathesalsa dipinti in rosso, senz'altra aggiunta. Tale scritta è databile alla fine del settimo e l'inizio dell'ottavo secolo. La stella dei Magi Il lungo dibattito sulla stella è molto interessante, ma ha eclissato altri aspetti non meno importanti. Ignazio di Antiochia scrisse, nel 107, nella sua Lettera ai cristiani di Efeso: “ Una stella brillò in cielo oltre ogni stella, la sua luce fu oltre ogni parola e la sua novità destò stupore. Tutte le altre stelle, insieme al Sole e alla Luna, formarono un coro attorno a quella stella che tutte sovrastava in splendore” Anche il proto vangelo di Giacomo, scritto nel terzo secolo, fissa l'attenzione sulla stella: “Abbiamo visto -­ testimoniano i Magi -­ una stella grandissima che splendeva tra tutte le altre stelle e le oscurava, tanto che le stelle non apparivano più. La stella poi si è arrestata proprio in cima alla grotta.” Nel capitolo 24 del libro dei numeri si trova questa frase: “Una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele.” Le parole si possono leggere nel più famoso dei quattro oracoli del mago Balaam. La versione aramaica della Bibbia, il cosiddetto Targum, traduce il testo ebraico in questo modo: “Il Messia spunta da Giacobbe e il re sorge da Israele” Vediamo dunque le varie possibilità circa la “stella” Cometa Secondo alcuni autori antichi, l’apparizione di una cometa coincideva con la nascita di personalità importanti. Il moto di una cometa corrisponde abbastanza bene alla descrizione che viene fornita dai testi sacri. Qualche autore sostiene che potesse trattarsi della cometa di Halley, ma questa è apparsa nel 12 a.C e quindi troppo presto rispetto alla probabile data di nascita di Gesù, che la maggior parte degli autori pone tra il 7 e il 4 a.C. La tradizione della cometa venne introdotta da Giotto: testimone diretto dal passaggio della cometa di Halley del 1301, il geniale pittore ne restò profondamente impressionato. Quando, pochi anni dopo, realizzò L’adorazione dei Magi dipinse sullo sfondo l’immagine di una cometa. Da quel momento quest’astro divenne un elemento classico della natività. Poco tempo prima, San Francesco aveva introdotto l’usanza del presepe. Iniziarono quindi a diffondersi presepi sormontati da una cometa e il loro schema divenne un modello fisso, riprodotto ancora oggi. Nova o Supernova Nelle ultime fasi della loro vita, le stelle di grande massa possono produrre gigantesche esplosioni e diventare delle Nove o delle Supernove. Stelle di questo tipo aumentano la loro luminosità in modo repentino e spropositato, tanto da poter rendersi visibili in pieno giorno. Secondo alcune Cronache Cinesi nel marzo del 5 a.C. vi fu l’apparizione di una nova visibile per settanta giorni tra le costellazioni dell’Aquila e del Capricorno. Tripla congiunzione Questo è il fenomeno che il maggior numero di autori ritiene essere l’evento descritto da Matteo. Nel 7 a.C. vi fu una spettacolare congiunzione tra Giove e Saturno, nella costellazione dei Pesci, ripetuta tre volte nell’arco di breve tempo. L’evento si verificò nelle date del 5 dicembre, del 29 settembre e del 29 maggio. Successivamente si avvicinò alla coppia di pianeti anche Marte. Un fenomeno di questo tipo si verifica ogni 800 anni circa. Se si aggiunge che Giove era considerato l’immagine degli dei, ecco che appare evidente l’importanza astrale del fenomeno. Oltretutto, alcune tavolette di argilla testimoniano che gli astronomi Caldei avevano previsto il fenomeno un anno prima. Questo particolare è importante: non dimentichiamo che i lunghi spostamenti, in quel periodo, richiedevano di essere pianificati con ampio anticipo. Il viaggio dei Magi dall’Oriente era sicuramente lungo e dunque andava organizzato molto tempo prima: fenomeni astronomici improvvisi o imprevisti non lo avrebbero consentito. Conclusione Ma tutto questo non risponde alla domanda di fondo: chi erano i tre Re Magi? Per cercare la soluzione dobbiamo approfondire alcuni aspetti relativi a un’antichissima religione: il culto di Mitra. Il culto di Mitra Ritorniamo a discutere i testi sacri: da nessuna parte si trova la testimonianza che i Magi fossero in numero di tre, non è assolutamente sicuro che fossero dei re, l'unica cosa certa è che fossero appunto dei Magi. La tradizione ha enfatizzato la regalità dei tre personaggi proprio per testimoniare l'importanza e la divinità di Gesù anche in funzione del fatto che venissero a inginocchiarsi di fronte a lui dei sovrani. Il fatto che potessero essere dei re aumenta sicuramente l’importanza simbolica dell’evento, però non è assolutamente questo l'aspetto determinante. L’elemento chiave è invece la parola Magi. Andiamo a approfondire chi fossero i Magi. Nello stesso periodo in cui nasceva Gesù, vi era un'altra religione estremamente diffusa su tutto il territorio europeo e in oriente. Si trattava del culto di Mitra, divinità originariamente orientale, adorata in India e in Persia, con diversi aspetti e anche con delle sfumature che col trascorrere del tempo sono mutate. Anche senza entrare nei dettagli della religione, bisogna però dire che esistono almeno due aspetti principali legati alle figure di Mitra: uno è quello originario, venerato in India e in Persia, l'altro è quello, più tardo, ellenizzato e romanizzato. Di quello originario troviamo traccia nei più antichi testi indiani, i Veda e l’Avesta, e anche qui vi sono diverse sfumature. Il primo ad apparire è il Mitra vedico. Sappiamo che in un trattato del 1380 avanti Cristo, sottoscritto dal re ittita Suppiluliuma e dal sovrano mitanno Mattivaza, venivano chiamati a testimoni alcuni dei, tra i quali Mitra e Varuna. Gli dei Mitra e Varuna nella versione vedica rappresentano le due facce antitetiche e complementari della sovranità. Il secondo aspetto è rappresentato dal Mitra avestico, legato alla riforma di Zoroastro fondata su un monoteismo morale. La divinità, Ahura Mazdah diventa unica, ma sono venerate anche sei entità, fra le quali si situa il duo Mitra-­‐Varuna. Al di là degli aspetti legati alle più antiche manifestazioni di culto di Mitra, a noi interessa soprattutto un aspetto: dalla religione originaria orientale, il culto di Mitra si trasforma completamente per arrivare alla nuova versione che si diffonde soprattutto presso le legioni romane. I soldati diffondono in quasi tutta l’Europa il culto del dio che promette l’immortalità dell’anima. Il mitraismo si espande in tutto l'impero romano e numerosi sono i templi a lui dedicati che sorgono nei territori intorno al Mar Mediterraneo e in Europa. Il culto di Mitra è un culto a carattere astrale. Il dio è rappresentato sempre nell'atto di uccidere il toro. Questo fatto è probabilmente legato a un preciso fenomeno astronomico, cioè al passaggio del Punto Gamma (o Punto di Primavera) dalla costellazione del Toro alla costellazione dell'Ariete, fenomeno che è avvenuto intorno al 2220 a.C. Il Toro, dunque, non era più la sede del punto di primavera e andava quindi sacrificato. Il discorso è molto importante, ma non è questa la sede in cui approfondire. Per cogliere il nesso con l'Epifania è necessario esaminare i tratti salienti della religione mitraica. Innanzitutto bisogna sottolineare che si trattava di una religione iniziatica, i cui adepti passavano attraverso sette gradi diversi di iniziazione, che erano: Corvo, Fidanzato (o Ninfo), Soldato, Leone, Perso, Corriere del Sole (Eliodromo) e infine Padre. Ognuno di questi gradi si riteneva che fosse posto direttamente sotto la protezione di uno specifico astro: Mercurio era nume tutelare dei Corvi, Venere dei Ninfi, Marte dei Soldati, Giove dei Leoni, la Luna dei Persi, il Sole degli Eliodromi e Saturno dei Padri. Al vertice vi erano i sacerdoti, appunto i Magi. Ci sono tante affinità fra il culto di Mitra e la religione cristiana, anche se è difficile stabilire quanto appartenga al culto di Mitra originale e quanto invece sia dovuto a una successiva contaminazione proprio da parte della religione cristiana (o viceversa); tuttavia sono numerosi gli aspetti che vanno sottolineati. Elenchiamo le principali similitudini: La nascita di Mitra è celebrata il 25 dicembre, giorno della festa del Sol Invictus, il Sole che vince l’oscurità e riprende a salire nel cielo. La data era sicuramente legata al solstizio d'inverno. Mitra nasce da una vergine, Anahita, che in iranico antico significa “l'Immacolata”. Mitra nasce in una grotta; sempre in una grotta il dio uccide il toro. Gli adepti erano sottoposti a un battesimo che invece di essere effettuato con acqua era effettuato con sangue di toro. Il rito mitraico è un rito di comunione, durante il quale i fedeli mangiavano e bevevano simbolicamente in comune. Mitra è vestito all’orientale e porta un tipico copricapo a punta, il berretto frigio. Anche i Magi, nella descrizione di Giuseppe, tratta dall’Infanzia del Salvatore, di cui si è detto, portavano un berretto frigio a punta. Tra i vari copricapo dei nostri vescovi, ne esiste uno dalla caratteristica forma a punta: è un caso che si chiami mitra? Allora, le affinità con la religione cristiana sono troppe e troppo importanti, per non pensare che i Magi abbiano identificato il Cristo nel loro dio. Significato dell’Epifania Ecco allora che l'Epifania diventa una festa di straordinaria importanza sotto tutti gli aspetti e risulta ampiamente giustificata la risonanza che le è stata data e la significatività riconosciutale da parte dei padri della Chiesa. Peccato che questa straordinaria importanza si sia un po' perduta nell'arco del tempo. È importante quindi ricollocare l’Epifania nella sua giusta luce. Secondo la nostra idea, l'Epifania celebra un evento straordinario: i credenti di un’altra religione, diffusa e antichissima, quella mitraica, attraverso i loro massimi esponenti, riconoscono Gesù come loro dio, ne identificano la concezione del loro dio e vengono ad adorare Gesù riconoscendone la natura divina. Anche se la devozione popolare continuerà a erigere mitrei per alcuni secoli, tuttavia la versione originaria del culto mitraico s’identifica nella religione cristiana. Questa interpretazione è di una straordinaria importanza dal punto di vista teologico e attesta come il cristianesimo sia riuscito ad assorbire la più importante religione presente sul territorio con il consapevole assenso da parte dei suoi massimi rappresentanti. Il significato vero dell'Epifania dunque è molto più profondo: il fatto che i massimi sacerdoti di un'altra religione vengano ad inginocchiarsi di fronte al nuovo Dio rappresenta un fatto molto, molto più importante rispetto all'omaggio di qualche sovrano, per quanto estremamente potente e per quanto giunto da terre molto lontane. In quest’ottica l’Epifania rappresenta la centralità del Cristo e della religione cristiana che, assorbendo elementi di più antichi culti, diventa il faro della Fede nell’ecumene del periodo. Breve bibliografia Robert-­‐Alain Turcan, Mithra et le Mithriacisme, Presses Universitaires de France, 1981 A cura di Puech, Le religioni in Egitto, Mesopotamia e Persia, Biblioteca Universale Laterza, 1988 A cura di Gianfranco Ravasi, I Vangeli di Natale, ed. Famiglia Cristiana, Società San Paolo, Gruppo Periodici s.r.l., 1992