CLUB ALPINO ITALIANO VAL NATISONE

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CLUB ALPINO ITALIANO VAL NATISONE
CLUB ALPINO ITALIANO
Sezione “Monte Nero” – Cividale del Friuli - Sottosezione
VAL NATISONE
30 agosto 2015
Escursione in pullman al
Monte PIANA 2.324 mt.
Dolomiti di Sesto - Alpi Orientali
Monte Piana
Il Monte Piana, (o monte Piano come lo ricordano le fonti austriache[1]), è una montagna delle
Dolomiti di Sesto alta 2.324 m s.l.m.. Alla sua sommità passa il confine amministrativo tra la
Regione Veneto e la Regione Autonoma Trentino Alto Adige che in pratica coincide con la
frontiera che nel 1753 separava la Repubblica di Venezia con l'Impero austriaco. Ad oggi la
maggior parte del monte è situata nella Provincia di Belluno[2].
Descrizione
Il rilievo è all'interno del Parco Naturale Tre Cime tra le Tre Cime di Lavaredo ed il lago di
Misurina. Il monte Piana fu teatro durante la prima guerra mondiale di uno scontro durato oltre due
anni tra l'esercito italiano e l'esercito austro-ungarico, ed oggi è un vero e proprio "Museo
all'aperto" dove è possibile visitare il campo di battaglia situato in tutta la sua sommità[3]. Questo è
stato in parte riadattato e ricostruito grazie al lavoro degli Alpini e di alcune associazioni di
volontari, che grazie ad un lungo lavoro hanno ricostruito buona parte delle trincee e restaurati o
almeno in parte liberato dai detriti, molti punti d'osservazione, ricoveri e alcune gallerie[4].
Inquadramento topografico
Il Monte Piana si erge tra l'estremo nord della provincia di Belluno e quella di Bolzano,
precisamente tra il comune di Auronzo di Cadore e il comune di Dobbiaco[1]. Le sue coerenze di
rilevanza topografica o relative agli avvenimenti legati al conflitto sono svariate. Il monte ha una
forma squadrata e tozza che incombe a nord sulla valle della Rienza, ad ovest sulla val di Landro a
sud sulla val Popena Bassa e a est sulla val Rimbianco. Il lato occidentale sovrasta perfettamente il
lago di Landro, ricevente del Rio val Fonda che nasce ad ovest nella val di Landro[5].
Questa cima morfologicamente non presenta le caratteristiche tipiche delle montagne dolomitiche
che lo circondano, la sua sommità è praticamente pianeggiante e presenta due piccole cime, una a
nord (2.324 m) denominata monte Piana ed una a sud (2.320 m) denominata monte Piano, che
durante la Grande Guerra era occupata dagli austriaci, unite dalla Forcella dei Castrati (2.201 m)
che unisce idealmente le due metà del monte[6]. Dalla sommità la vista spazia a 360° sulle
montagne circostanti; a nord il monte Rudo e le sue pendici della Croda dei Rondoi sono divise dal
Monte Piana dalla forra della valle di Rienza; ad est la val Rimbianco bassa separa il Piana dal
Sasso Gemello e dalla Croda dell'Arghena. Mentre nel tratto sud/est i Cadini di Misurina separano il
Piana da tre colli, quello delle Saline, quello della Selva e dei Tocci; a sud infine il lago di Misurina
lo separa dal monte Cristallino e da monte Fumo[7].
Geografia
Il Monte Piana fa parte della sottosezione alpina delle Dolomiti di Sesto, di Braies e d'Ampezzo
nelle Alpi orientali, è circondato da alcune delle più belle montagne delle Dolomiti, come le Tre
Cime di Lavaredo, monte Cristallo, Croda dei Rondoi e l'altopiano di Prato Piazza. La sua struttura
orografica è semplice, interamente dolomitica, con una stratificazione quasi del tutto orizzontale, il
Monte Piana è isolato da tutti i lati da pareti ripide e dirupi che rivelano la sua origine tettonica dei
profondi solchi circostanti rappresentati dalle valli sopra citate. L'unico versante facilmente
accessibile è quello rivolto a sud-est, anch'esso decisamente ripido ma raccordato alla zona del col
delle Saline mediante declivi pietrosi ricoperti di mughi[8].
La sommità dell'acrocoro è occupata da un pianoro allungato verso nord lungo quasi due chilometri
e largo nel punto massimo circa 700 metri, diviso in due settori ben distinti da un avvallamento
detto "Forcella dei Castrati" da dove scende verso la val Rimbianco l'omonimo vallone[9].
L'ambiente è quasi totalmente roccioso, scabro e carsico, completamente privo di fonti d'acqua e
quasi completamente spoglio di vegetazione se si escludono i rari mughi e le piante alpine che ogni
anno regalano una breve fioritura primaverile[9].
Vista sulle Tre Cime di Lavaredo dal Monte Piana.
Il pianoro meridionale è globalmente più ampio e più comodamente accessibile di quello
settentrionale; questo culmina a 2.324 m in un cucuzzolo poco marcato situato nei pressi della
Piramide Carducci, singolare monumento dedicato al poeta compositore dell'Ode al Cadore
distrutto durante la guerra e ricostruito nel 1923[9]. Il pianoro settentrionale è leggermente più
basso, a picco sul lago di Landro e circondato da tre lati da vere e proprie pareti a strapiombo;
munitissimo di trincee e gallerie, fu teatro di combattimenti furiosi in un teatro non molto più ampio
di un campo da calcio. Durante la guerra, per distinguerli, i due pianori erano rispettivamente
chiamati "monte Piana", quello meridionale occupato dalle truppe italiane, e "monte Piano", quello
settentrionale occupato dagli austriaci[9].
Storia
Il nome del monte, evidentemente dovuto alla sua forma, è antico; Monteplana è citato fra i beni
attribuiti al monastero di Campo Gelau (San Candido) dall'Imperatore Ottone II in un diploma
datato attorno al 970 d.C. che ribadirebbe una più antica donazione del duca bavarese Tessilone[8].
Nel 1866, dopo la conclusione della terza guerra d'indipendenza, l'Austria fu costretta dai trattati a
cedere il Veneto, ma non volle però cedere nella delimitazione dei confini, conservando così il
pieno dominio sulle creste e sui punti più alti lungo tutta la frontiera, garantendosi un vantaggio
sotto il punto di vista militare[10]: la commissione paritaria italo-austriaca decise che sul monte
Piana la frontiera sarebbe coincisa con il vecchio tracciato del 1753, che divideva la Repubblica di
Venezia dall'Impero austriaco, lasciando all'Austria la val Rienza. Questo fu, lungo tutta la
frontiera, l'unico punto in cui l'Italia aveva un vantaggio dal punto di vista militare; il pianoro
sommitale era per i 2/3 in possesso italiano, le pendici meno scoscese erano tutte a favore del
territorio italiano e il monte stesso rappresentava un vero e proprio cuneo sulla val di Landro
(Höhlensteinertal, Dürrental) e quindi una posizione vantaggiosa per un'eventuale avanzata militare
verso la sella di Dobbiaco (Toblacher Sattel) e quindi la val Pusteria (Pusteral)[10].
Nel periodo dal 1792 al 1815, durante le guerre napoleoniche, tutta la val Pusteria fu teatro di
scontri e Dobbiaco passò per un breve periodo (1809–1814) sotto il dominio italiano. Dalla seconda
metà dell'Ottocento, con l'unità d'Italia e una tranquillità diplomatica generalizzata in tutta Europa
dopo la fine della guerra franco-prussiana, Dobbiaco divenne una meta turistica grazie all'apertura
della linea ferroviaria Vienna-val Pusteria ("Südbahnlinie"). Nel 1871, con la costruzione di un
albergo della medesima "Südbahngesellschaft" (oggi centro culturale e congressi Grand Hotel), la
fama di Dobbiaco come luogo di cura e soggiorno aumentò considerevolmente[11].
Gli austriaci non abbassarono mai l'attenzione sul monte Piana, nonostante fosse ormai soprattutto
una meta turistica, e fin dai primi anni sbarrarono completamente l'accesso alla valle di Landro
subito dopo l'abitato di Carbonin (Schluderbach), con un'opera fortificata supportata da artiglierie in
caverna posizionate su monte Rudo (Rautkofel) e su monte Specie (Strudelkopfe)[10]. Inoltre,
questo apparente vantaggio italiano, era contrastato anche negli eventuali movimenti di truppe sulla
sommità del Piana, in quanto tutto il tavolato era controllato dalle posizioni d'osservazione sul
monte Cristallo (Cristallkopf) e di cima Bulla (Bullkopfe) e tenute sotto il costante controllo delle
artiglierie piazzate nei forti di Landro a nord e Prato Piazza (Platzwiese) ad ovest e dalle bocche da
fuoco situate a torre dei Scarperi (Schwabenalpenkopf) e su torre di Toblin (Toblingerknoten)[10];
l'accesso a Dobbiaco era praticamente sigillato. Oggi gli avvenimenti per cui il monte Piana è meta
di migliaia di turisti risalgono a poco meno di cento anni fa, durante la prima guerra mondiale[9].
La Grande Guerra
Alla dichiarazione di guerra dell'Italia all'Austria-Ungheria il 24 maggio 1915, al monte Piana e
nelle sue valli furono mandati sette/otto battaglioni dei trentacinque di stanza tra San Candido e lo
Stelvio. Il monte Piana rientrava nel settore operativo della IV Armata comandata dal tenente
generale Luigi Nava[12], le cui unità erano divise in due settori, Cordevole e Cadore, il primo di
competenza del IX Corpo d'armata e il secondo, di cui faceva parte il settore di monte Piana, di
competenza del I Corpo d'armata comandato dal tenente generale Ottavio Ragni[12]. Il 24 maggio il
Piana fu occupato da due plotoni di alpini della 96a compagnia, battaglione Pieve di Cadore, del 7º
reggimento. Altri alpini della 67a compagnia intorno alle 08:30 vennero colpiti da una scarica
d'artiglieria sparata da monte Rudo mentre stavano lavorando sulla strada da Misurina per monte
Piana[12]; furono i primi caduti italiani su una montagna che in meno di due anni fece circa 14.000
vittime da entrambi gli schieramenti[11]. Alla resa dei conti i due anni di guerra sul monte Piana
portarono sostanzialmente ad un nulla di fatto, i due contendenti per due lunghi anni si
combatterono su un fazzoletto di terra, senza mai riuscire a sovvertire le forze nemiche, e il 3
novembre 1917 le postazioni sul Piana vennero abbandonate dai reparti italiani per ripiegare e
schierarsi sulla linea del Grappa nel tentativo di resistere all'offensiva austro-ungarica di
Caporetto[13].
Il dopoguerra
Nasce il Museo all'Aperto
Tra il 1977 e il 1981, su iniziativa del Colonnello austriaco Walther Schaumann, venne istituito il
"Museo Storico all'aperto di Monte Piana"[3] visitabile da tutti, gratuitamente. I lavori per la
risistemazione della trincee fu effettuata dal gruppo "Amici delle Dolomiti" (Dolomitenfreunde) con
la ricostruzione dei camminamenti, delle trincee, delle gallerie e delle scalinate dell'epoca. Ogni
anno dal 1983 il lavoro di ripristino delle trincee viene effettuato durante i primi quindici giorni di
agosto, dal lavoro della "Fondazione Monte Piana" e degli "Amici delle Dolomiti" (che per
l'occasione hanno costituito il "Gruppo Volontari Amici del Piana")[14].
"Associazione Amici del Monte Piana"
Un VM 90 degli Alpini mentre trasporta materiale nell'ambito degli aiuti dell'esercito
all'associazione Amici del Monte Piana
Nel 1981, durante l'incontro usuale della prima domenica di settembre, dedicato alla
commemorazione dei caduti di Monte Piana, avvenne la consegna del Museo Storico all'aperto alla
"Fondazione Monte Piana", da parte degli "Amici delle Dolomiti", che cambiarono quindi zona di
lavoro. Nel 1983, il neo costituito "Gruppo Volontari Amici del Piana" inizia la sua paziente opera
di intervento su quegli elementi che ogni anno risultano danneggiati dalle intemperie e dal
disgelo[3].
Da quell'anno i volontari si impegnano nel ricostruire fedelmente i tratti di muro a secco crollati
durante l'inverno; recuperano ciò che resta dei vecchi ricoveri, ripristinano le struttura in legno e
attuano una radicale pulizia della montagna dai rifiuti, in rispetto del fatto che tale sito è divenuto
area protetta. Vengono, inoltre, manutenzionati i sentieri di accesso dalle valli circostanti e curata la
relativa segnaletica attualmente coadiuvati dal colonnello a riposo Elio Scarpa[3].
Nel 1986 il Gruppo dedica il suo nome all'appena scomparso vicepresidente della "Fondazione
Monte Piana", Elio Scarpa, a cui venne così reso il merito di aver reso possibile l'avvio di tale
iniziativa. Ma un sostegno al lavoro avvenne anche da parte dell'esercito italiano per mano del
Comando Truppe Alpine, per cui il gruppo di volontari può usufruire, durante lo svolgimento dei
lavori, di un mezzo fuoristrada, di tende e diversi materiali, oltre al valido aiuto del personale
militare posto a propria disposizione, per una collaborazione che perdura ancora oggi[3].
La Campana dell'Amicizia
Alcuni resti di baraccamenti austriaci sulla parete nord di monte Piana
Nel 1988, in occasione del 70º anniversario della fine della Grande Guerra, sulla vecchia linea del
fronte, lungo la forcella dei Castrati, è stata costruita la "campana dell’amicizia e della concordia".
La sua costruzione si deve all'alpino e successivamente poeta, Sergio Paolo Sciullo della Rocca. Nel
giorno della sua inaugurazione la campana fu benedetta da don Michele D'Auria, che fu cappellano
militare degli Arditi durante la campagna di Russia.
La campana fu realizzata in memoria delle vittime, ma soprattutto come monito per le nuove
generazioni. Vicino all'opera, si trova una targa commemorativa, che ricorda la visita del re Vittorio
Emanuele III su questo fronte della guerra.
Il rifugio Maggiore Angelo Bosi
La facciata del rifugio Angelo Bosi
Nel 1962 il Cavalier[15] Giovanni De Francesch acquistò un complesso di numerose baracche che
durante la Grande Guerra costituivano il comando italiano in questa zona del fronte e vi costruì
quello che ancora oggi è l'unico posto di ristoro di monte Piana, il rifugio Angelo Bosi dedicato al
maggiore che nel 1915 perse la vita durante uno scontro su questa montagna[16]. Ad oggi il rifugio
presenta nelle pareti esterne alcuni lapidi commemorative che ricordano i cruenti scontri che il
Regio Esercito affrontò in quel fazzoletto di fronte[16].
A fianco al rifugio venne inoltre costruita una piccola "Cappella degli Eroi" dedicata ai caduti di
monte Piana. All'interno del Rifugio si può visitare un piccolo museo privato che racchiude alcuni
reperti, fotografie e documenti della Grande Guerra[17].
Gli accessi
Le vie d'accesso alla cima del Monte Piana sono molteplici, lungo sentieri di diversa difficoltà.
•
Dalla strada Misurina - Tre Cime di Lavaredo (con navetta circa 20', a piedi ore
1/1.30, dislivello 450 metri, difficoltà E):
La cima è raggiungibile su una comoda strada parzialmenete asfaltata, la quale però è stata
chiusa al traffico dal 1998, anche per le biciclette, e porta direttamente al rifugio Angelo
Bosi. È comunque disponibile un servizio navetta che dal lago di Misurina, risale la tortuosa
ex-strada militare italiana, che nel tratto finale è stata addirittura scavata nella roccia. Questa
strada è lunga 6 chilometri, con un dislivello di 565 metri[17].
La serpentina del Pionerweg e sullo sfondo Landro
•
Da Landro (circa 3 ore, dislivello circa 900 m, difficoltà EE):
Il primo accesso a piedi è la strada militare sul vecchio versante austriaco che prevede di
partire dalla sponda nord del lago di Landro e risalire per il sentiero dei Pionieri
(Pionerweg). Superato il torrente Rienza si segue il sentiero dei Pionieri e in circa 45' si
arriva alla base del monte Piano, da qui parte un sentiero a serpentine che porta ai primi
baraccamenti austriaci. A circa 200 m dalla sommità si incontra un bivio: sulla sinistra è
presente l'attacco per la via ferrata "Colonnello Bilgeri" che si può percorrere in alternativa
al sentiero militare, che invece continua sulla destra e conduce al comando del battaglione
austriaco, e continuando a salire lungo una scalinata scavata nella roccia si giunge alla
sommità dove si diramano diversi sentieri[18].
•
Da Carbonin (circa 2.50 ore, dislivello circa 900 metri, difficoltà EE):
Un secondo accesso è presso la sponda del lago di Landro meridionale, risalendo il sentiero
dei Turisti n°6 (Touristensteig), più semplice, ma comunque lungo e in alcuni tratti in
cattive condizioni. È consigliabile l'uso del set da ferrata. Partendo dalla strada che collega
Carbonin a Misurina prima del ponte sul torrente Maronga, si incontra una mulattiera che
sale sul ciglione ovest di monte Piana. Dopo aver superato un tratto leggermente esposto in
ferrata, si arriva ad un bivio, prendendo la sinistra si arriva fino alla forcella dei Castrati, poi
alla Piramide Carducci e quindi al rifugio Bosi[19].
Ricettività
Sul monte Piana l'unica struttura ricettiva è il rifugio Angelo Bosi ma la non eccessiva difficoltà di
accesso al monte e al suo "Museo all'aperto" permette ai visitatori di sostare e pernottare anche in
strutture presenti tutt'intorno al rilievo. Vicino al lago di Landro sono presenti due alberghi mentre a
valle, prima di giungere alla strada militare di accesso al rifugio Bosi, è presente anche il rifugio L.
d'Antorno e poco distante un campeggio da cui parte il servizio navetta verso il rifugio Bosi[20].
Monte Piana
Monte Piano (a sinistra) e Monte Piana (a destra) visti da Carbonin
Ferrata Capitano Bilgeri
Monte Piano, 2305 m
Dolomiti di Sesto
Difficoltà tecniche della ferrata: media
Valutazione complessiva del percorso: media complessitá
Tipologia del percorso: 95 % cavo d’acciaio, 5 % sentiero esposto
Tempo complessivo: ca. 5 ½ ore
Dislivello salita e discesa, rispettivamente: 1000 m
Tempo d‘accesso: ca. 2 ore
Tempo per la ferrata: ca. 1 ora – 130 m di dislivello
Tempo in discesa: ca. 2 ½ ore
Orientamento: nordovest
Cartine: TABACCO, foglio 010, Dolomiti di Sesto
Difficoltà e informazioni generali:
ferrata facile e breve lungo la parete nord del Monte Piano. L’intero percorso si snoda attraverso un
territorio particolarmente interessante dal punto di vista storico. Già durante l’ascesa al Monte Piano
ci si imbatte in ruderi della Prima Guerra Mondiale. La stessa vasta cupola della montagna è stata
trasformata in un museo all’aperto, e la veduta circolare su questo luogo teatro di aspri
combattimenti è da sola una notevole esperienza. Mentre al Monte Piano i turisti si accalcano, la
Ferrata Capitano Bilgeri resta ancora un “affare” tranquillo!La discesa dal Monte Piano è lunga e
ripida!
Accesso stradale e punto di partenza:
si percorre la Val Pusteria fi no a Dobbiaco, lì si svolta in Val di Landro (direzione Cortina) e si
continua fi no all’Hotel Tre Cime, alla sinistra del quale c’è un grande parcheggio, dove inizia
anche il sentiero N. 6, che porta all’attacco.
Accesso:
dal parcheggio (1406 m), si segue il sentiero ghiaioso che porta in Val di Rienza. Dopo ca. 300 m si
devia verso destra e si segue il sentiero N. 6. Si attraversa il letto del torrente Rienza e si arriva così
ai piedi del Monte Piano, dove il sentiero sale con molti tornanti (segnaletica “Monte Piano” o
“Pioniersteig” – N. 6). Sopra un pianoro (piccolo cimitero militare) si trova la deviazione che porta
alla ferrata (qui proseguire fi no ad un cartello con la scritta “ferrata”).
Informazioni sul percorso:
giro relativamente lungo con notevole dislivello e discesa lunga e ripida. La ferrata vera e propria
costituisce solo un tratto relativamente breve del percorso. Nel complesso, sicuramente più
un’escursione bella e impegnativa che non una scalata!I punti esposti della via di accesso sono
assicurati con funi d’acciaio, ma è comunque richiesto piede assolutamente fermo.