Una volta le acque minerali erano poche e beneficio

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Una volta le acque minerali erano poche e beneficio
ACQUE MINERALI E ACQUE POTABILI
(Luigi Ferrari – AREA AMBIENTE – Provincia di Rovigo)
Fino a qualche decennio fa, le acque minerali erano poche e quasi sempre
associate al beneficio, quasi esclusivo, delle persone con problemi di salute. Poi qualcuno
ha scoperto che anche con le acque si possono fare montagne di quattrini, e così sono
iniziate denigrazioni e sottovalutazione degli acquedotti delle acque potabili e pubbliche,
salvo occupare, in questi giorni, il tema di come fare diventare un business la gestione
privata degli acquedotti pubblici.
Più che in altri settori, nel mercato delle acque minerali, pubblicità è davvero la
parola magica.
Grazie ad un bombardamento mediatico, il consumatore è indotto a ritenere che
bere acqua minerale in bottiglia sia meglio per la salute, e così scompare la brocca di
acqua di rubinetto, spesso di qualità superiore e con meno controindicazioni di quella
imbottigliata, dalla tavola degli italiani.
E' stato accertato (studio diffuso in occasione della Giornata mondiale dell’acqua)
che in Italia si consuma più acqua minerale che in qualsiasi altro Paese nel mondo: circa
170 litri pro capite l’anno, di cui il 35 per cento si consuma al ristorante. E nemmeno ci si
scandalizza troppo del prezzo: le bottigliette d’acqua hanno un costo da 0,20 a 0,75
centesimi (al ristorante anche 3-4 volte più care) per un giro di affari di parecchi miliardi di
euro.
E' davvero curioso che queste aziende paghino concessioni pubbliche irrisorie per
l’imbottigliamento e che i controlli sulle acque potabili pubbliche (quelle che provengano
dal rubinetto) sono probabilmente più frequenti e più sicuri di quelle a cui sono sottoposte
le minerali.
Dalla sottovalutazione delle reti idriche, i cittadini ricavato un aumento dei costi, il
peggioramento della qualità delle acque, aumenti dei consumi energetici e
dell’inquinamento dovuto alla produzione, allo smaltimento e al trasporto delle bottiglie in
giro per il mondo.
Sembra proprio che l’acqua abbia smesso di essere “elemento” ed abbia
cominciato ad essere “bene di consumo”.
I consumi di acque imbottigliate (84 miliardi di litri al 2000, con un ritmo di crescita
costante di circa il 7 % all'anno) hanno raggiunto oggi livelli che un tempo sarebbero
risultati inimmaginabili: cosa spinge il consumatore medio, cosa ci spinge a fare uso di
acqua in bottiglia? Chi c’è dietro il mercato delle acque minerali? E soprattutto: che
significa, in termini ambientali, questo uso sfrenato di acque in bottiglia? Un rapido
sguardo al mondo delle acque minerali, può forse dare una mano a capirci qualcosa in più.
Il mercato mondiale dell’acqua in bottiglia (dato al 2008) vale circa 140 miliardi di
litri (circa 23 lt di acqua in bottiglia bevuti a persona all’anno e l’Europa, con solo il 6 %
della popolazione, ne è la maggiore consumatrice assorbendone da sola circa un terzo).
Tra questi europei, gli italiani hanno il primato mondiale del consumo dell’acqua in
bottiglia, consumando in media quasi 170 lt per abitante all’anno, con una produzione di
1
circa 12 miliardi di litri di cui 1 miliardo destinato alla esportazione; consumo che è, inoltre,
in crescita esponenziale.
Bere minerale è un lusso del mondo dei ricchi, specie se si considera che un
miliardo e mezzo di esseri umani, il 25 per cento della popolazione del pianeta, non ha
accesso all’acqua. È un business per le multinazionali e per le più grandi società che
controllano spesso più marchi, in barba alle più evidenti norme sulla concorrenza.
Ecco perché si fa tanta pressione affinché la gestione delle acque sia privatizzata,
considerando l’acqua non un diritto dell’umanità, ma una merce.
Dati riferiti all'inizio del 2009, vedono la NESTLE’ WATER quale la numero 1 al
mondo nel mercato delle acque minerali (circa il 25 %), con il 90 % del prodotto trasportato
su strada; detiene i marchi delle acque CLAUDIA, GIARA, GIULIA, LEVISSIMA, LIMPIA,
LORA RECOARO, PANNA, PEJO, TERRIER, PROCASTELLO, S. BERNARDO, S.
PELLEGRINO, SANDALI, TIONE, ULMETA, VERA.
Seconda è la DANONE (circa il 9 % del mercato), le cui marche italiane
controllate sono: ACQUA DI NEPI, BOARIO, EVIAN, FERRARELLE, FONTE VIVA,
NATIA, SANTAGATA, VITASNELLA.
Circa il 25 % della produzione di acque minerali in bottiglia viene consumata
lontano dai luoghi di produzione. Ad es. l’acqua VOLVIC, la più consumata in Germania, è
prodotta in Francia ed è la più importata in Giappone, Taiwan e Tainlandia, mentre la
TALLIANS prodotta in Italia, ma qui sconosciuta, sembra essere la più consumata in
Francia.
Negli ultimi 15 anni, in Italia, le bottiglie per acqua in plastica hanno raggiunto il 65
% del totale della produzione di acqua minerale, di cui il PET (polietilene tereftalato) fa la
parte del leone con circa 320-350 mila tonnellate di cui circa il 34 % riciclato (124.000 ton
dal CONAI-COREPLA). A livello mondiale, invece, i 140 miliardi di litri di acqua minerale
imbottigliati valgono circa 2,5 milioni di tonnellate di plastica per fare le bottiglie.
Da un punto vista energetico, questo mercato è anche molto energivoro. Basti
pensare che per la produzione di 1.000 litri di bottiglie in PET, sono necessari 5,9 GJ
(circa 0,14 TEP) che, commisurati al consumo mondiale di 140 miliardi di litri, il 65-70 %
confezionato in PET, corrisponde ad un consumo di energia pari a circa 13-14 milioni di
TEP (tonnellate equivalenti di petrolio). Per quanto riguarda l’Italia, la produzione di circa
7,5 miliardi di litri in bottiglie di PET, vale un consumo di circa 1 milione di TEP.
In Italia, solo il 6 % circa dei prodotti alimentari è trasportato per ferrovia mentre
l’acqua minerale si attesta intorno al 18 %; l’82 % è comunque trasportato su gomma. Ne
consegue che una bottiglia di acqua minerale, per arrivare sulla tavola, deve percorrere
mediamente 600 km ed ogni anno 12.000 Tir attraversano le Alpi carichi di acqua
minerale.
Vi è inoltre il problema dello smaltimento dei vuoti in plastica che comporta un
costo molto elevato: nella sola Regione Lombardia tale costo si aggira intorno a 25 milioni
di €.
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In ogni caso, la spesa annua complessiva degli italiani per l’acquisto di acqua
minerale si aggira intorno a 2,8 miliardi di € e più del 50 degli italiani beve abitualmente
acqua minerale, nonostante la differenza di prezzo con quella di rubinetto sia intorno a 200
- 500 volte (l’acqua minerale in bottiglia costa circa 20-50 c€/lt mentre quella di rubinetto
costa intorno a 1 €/m3).
Il quadro annuale di una famiglia media di 4 persone che consumano acqua
minerale in bottiglie di plastica, nella misura di 1 lt/giorno x persona, è il seguente:






consumo acqua ………………………………………..
costo medio di acquisto dell’acqua: …………………
consumo petrolio per fare le bottiglie: ……………...
consumo di acqua per fare le bottiglie: ……………..
acqua sprecata per le varie fasi di lavorazione: ……
consumo di carburante per il trasporto: ……………..
1.500
500
32
560
3.360
32
lt
€;
lt;
lt;
lt;
lt;
Spesso siamo portati a pensare che l’acqua in bottiglia sia più sicura, più buona,
più controllata di quella del rubinetto. Leggendo con attenzione la normativa, e
soffermandoci con attenzione sulle etichette di alcune marche, si può scoprire che non
sempre questo è vero.
Se si confrontano i parametri che caratterizzano un acqua minerale con quelli
dell’acqua di rete, spesso si scopre che la qualità non è privilegio indiscusso delle acque
minerali. Nella tabella che segue, vengono confrontati i valori di alcune famose acque
minerali con quelli dell’acqua distribuita nell’acquedotto di Fano.
Parametri
Residuo fisso (mg/l)
pH
Conducibilità µS/cm
Cloruri (mg/l)
Nitrati (mg/l)
Solfati (mg/l)
Calcio (mg/l)
Magnesio (mg/l)
Acqua Ferrarelle Lete
San
Alpi
di Rete
Benedetto Bianche
(Fano)
(Auchan)
426
7.6
594.8
35.8
11
77
84
19.8
1279
6.1
1740
23
5
6
380
21
915
6.09
1335
7.64
4.20
8.65
321
17.5
250
7.68
400
2.8
6.8
4.9
46
30
49
7.5
85.0
n.i
a s s en t i
9.0
14
n.i.
Acqua Conad
204
n.i.
n.i.
5.3
2.4
2.2
71
1.0
Le acque minerali non sono né più pure né più sane dell’acqua di rubinetto. Infatti
la legge tollera nelle acque imbottigliate, delle concentrazioni di sostanze nocive superiori
a quelle non accettate, e quindi vietate, per l’acqua di acquedotto.
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Ecco alcuni esempi:
Elemento
Limite acquedotto (mg/lt)
Limite acque minerali (mg/lt)
antimonio
5
Nessun limite
arsenico
10
50
boro
1
5
nichel
20
Nessun limite
vanadio
50
Nessun limite
alluminio
200
Nessun limite
ferro
200
Nessun limite
manganese
50
2000
ione fluoruro
1,5
Nessun limite
Si noti anche che, nella maggioranza dei casi, non si trovano indicati in etichetta i
risultati dei seguenti elementi: cianuri, fenoli, tensioattivi,oli minerali, idrocarburi pesticidi, policlorurati,
bario, cadmio, cromo, mercurio, piombo, rame, selenio.
Un’ulteriore curiosità. E’ di comune conoscenza il ricorso della pubblicità alla
così detta “presenza di sodio nell’acqua minerale”, nel senso che viene stimolato l’uso e
l’acquisto di acque minerali in bottiglia che presentino un basso tenore di sodio (si pensi
alla pubblicità dell’acqua LETE).
Senza entrare nel merito dell’aspetto sanitario della presenza di sodio nell’acqua
che si beve (certamente meno sodio si ingerisce e meglio è!), ci si dovrebbe porre la
seguente domanda: “Ci si preoccupa del sodio che con il cibo si ingerisce
quotidianamente?”. Si tenga presente che il fabbisogno quotidiano di sodio è di circa 2 gr
al giorno; anche supponendo di bere un’acqua poco buona (da questo punto di vista)
contenente un residuo fisso di circa 900 mgr/lt, a cui può essere associato un tenore di
sodio di circa 90 mgr/lt, per raggiungere la dose di 2 gr/giorno bisognerebbe bere più di
200 lt/giorno di acqua: situazione chiaramente impossibile.
E’ quindi un falso problema cercare acque minerali a basso tenore di sodio, al fine
di evitare di ingerire questo elemento chimico: probabilmente sarà più opportuno limitare
l’uso di sale da cucina durante la cottura dei cibi.
Rovigo, aprile 2010
Ing. Luigi Ferrari
Rif.: Grren Blog – Salviamo Gaia
www.ares2000.net
www.terrelibere.it
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