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marzo 2011 / no.31 ISSN 2039-540X Press Tariffa R.O.C.: “Poste Italiane Spa” - Spedizione in abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) - art. 1, comma 1, DCB Milano Professione Economica e Sistema Sociale Contro le mafie Il nostro obiettivo? Sconfiggere tutte le mafie Istituzioni e mondo produttivo contro i patrimoni illeciti Confisca alle mafie, restituire i beni è scelta di giustizia Press Sommario/marzo PRIMO PIANO 36 Antonino Dattola e Maurizio Occhiuto 37 Renato Bissi CNDCEC REPORT 38 L’attività di febbraio Don Luigi Ciotti: “Contro le mafie, ma non solo” - Pag. 12 DIAMO I NUMERI Mantovano: “Il nostro obiettivo? Sconfiggere tutte le mafie” - Pag. 4 40 Beni confiscati EDITORIALE INTERNAZIONALE 3 Maria Luisa Campise 42 Pmi, la crisi non è del tutto alle spalle PEOPLE 4 Alfredo Mantovano 8 Mario Morcone 12 Don Luigi Ciotti L’INTERVENTO Morcone: “Istituzioni, società civile e mondo produttivo assieme contro i patrimoni illeciti” - Pag. 8 16 18 26 30 Felice Ruscetta Giuliana Merola Enrico De Mita Vincenzo Giglio FUORICAMPO 32 Giannetti So(p)PRESSato 35 Marcello Febert ORDINI TERRITORIALI 44 Milano PROFESSIONE E TEMPO LIBERO 47 Letti per voi Ruscetta: “Una gestione manageriale dei beni confiscati” - Pag. 16 Contro le mafie M olti anni sono trascorsi dalla legge “Rognoni-La Torre”, ossia dal primo provvedimento normativo in cui lo Stato diede per la prima volta il segnale di aver capito che un contrasto davvero efficace delle organizzazioni criminali non può prescindere dall’aggressione dei patrimoni che esse accumulano grazie agli illeciti profitti che realizzano. Cosa significa però aggredire i patrimoni delle mafie al fine di distruggerle? Di certo non può significare procedere a mere operazioni di sequestro, perché, tanto più quanto i beni sequestrati producono ricchezza non soltanto per chi li possiede, come ad esempio nel caso dei complessi aziendali, la pura e semplice apposizione dei sigilli sortisce l’effetto perverso di rafforzare le organizzazioni criminali, anziché indebolirle, agli occhi di chi vive sul territorio. È assai concreto il rischio che in questi casi si possa instillare nel cittadino più debole e bisognoso di aiuto il germe del dubbio: se le organizzazioni criminali avviano attività economiche e lo Stato le chiude, cosa alla fine è peggio, in questo peggio che non sembra avere mai fine? La consapevolezza di questo pericolo, maturata nel corso degli anni, sta alla base del nuovo fronte su cui lo Stato si è da ultimo molto impegnato: la custodia e l’amministrazione dei beni sottratti alle organizzazioni criminali, di modo che non si deteriorino e non smarriscano la loro destinazione economica. Si è compreso, in pratica, che se si fosse prestata più attenzione a questi aspetti, non solo non si sarebbe distrutta ricchezza nazionale, ma ancor di più si sarebbe definitivamente sconfessata la fraudolenta idea che la mafia dà lavoro, mentre lo Stato lo distrugge. Da qui arrivano le importanti misure che, specie nel corso dell’ultimo anno, hanno ulteriormente ampliato lo strumento delle misure di prevenzione patrimoniale, modificato la normativa dell’amministrazione dei beni e ridisegnato, con l’istituzione dell’Agenzia nazionale per la gestione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati, la fase dell’amministrazione e della loro destinazione. Ovviamente il quadro non è ancora completo e rimangono ancora da definire o perfezionare alcuni istituti e situazioni: si va dai rapporti con il Fisco a quelli coi portatori di interessi economici diffusi, dai rapporti tra professionista ed Agenzia, dalle competenze ripartite tra sezione fallimentare e quelle delle misure di prevenzioni. La strada intrapresa è però quella giusta. Ripristinare la legalità e rendere ai territori la ricchezza che è stata loro sottratta, è una lezione di crescita e un concreta opportunità di rilancio per il Paese. In quanto tale, è una sfida che coinvolge le istituzioni, la magistratura, le associazioni di promozione sociali e, infine, ma non certo per ultima, la nostra categoria. Quanto questo tema stia a cuore al Cndcec è dimostrato anche dallo spazio ad esso riservato nell’ambito del Congresso napoletano dello scorso ottobre e dal proficuo lavoro della Commissione nazionale dedicata allo studio dei profili giuridici ed operativi della materia. Per altro, questo numero di Press esce a pochi giorni di distanza dalla sottoscrizione di un importante protocollo d’intesa tra il Cndcec e l’Agenzia che porterà alla stesura di norme di comportamento degli amministratori giudiziari, a tutt’oggi invocate ed attese dai molti colleghi che si occupano di questa attività che, meglio di altre, seppur non sola tra tutte, richiede e valorizza nel migliore dei modi il possesso di competenze multidisciplinari, la professionalità nell’organizzazione del lavoro e la tensione morale all’impegno civile. La testa, il cuore e l’anima della nostra amata professione. Maria Luisa Campise Direttore Press Mantovano: “Il nostro obiettivo? Sconfiggere tutte le mafie” La confisca dei beni dei clan alla base delle iniziative di contrasto alla criminalità. E ad aprile, annuncia il Sottosegretario all’Interno, saranno operativi i regolamenti per garantire la piena funzionalità delle norme emanate di Mauro Parracino People L’aggressione ai patrimoni mafiosi è una delle priorità del Governo. Quali sono, nello specifico, gli interventi legislativi che state portando avanti? Fin dal suo insediamento il Governo ha individuato nella lotta alla criminalità organizzata una delle priorità dell’intera Legislatura, a partire dal primo Consiglio dei Ministri del 21 maggio 2008, allorché si è avviato quello che nei mesi e negli anni successivi è diventato il “pacchetto sicurezza”: un insieme di norme finalizzate ad una più efficace applicazione delle misure di prevenzione patrimoniale. Come è noto, la legge 125/2008 ha rafforzato in materia le competenze delle procure distrettuali e della Dia, e ha definitivamente affermato il principio di reciproca autonomia tra le misure di prevenzione personali e quelle patrimoniali, con la conseguente applicabilità di queste ultime anche nei casi di decesso dell’indiziato e di cessazione della sua pericolosità sociale individuale; al tempo stesso esso ha portato al passaggio da un modello di amministrazione statica (finalizzata essenzialmente alla conservazione dei beni) a uno di amministrazione dinamica, che mira a mantenere sul mercato i beni sequestrati, in particolare le aziende. A questo primo provvedimento sono seguite la legge 133/2008, che ha istituito il Fondo unico giustizia, e la legge 94/2009, che ha tra l’altro ridefinito la procedura di assegnazione dei beni confiscati accelerando i tempi di destinazione per finalità sociali. La legge 94/2009 ha inoltre riconosciuto un’autonoma professionalità ai tanti dottori commercialisti che da anni si occupano di amministrazioni giudiziarie, attraverso l’istituzione dell’Albo nazionale degli Amministratori giudiziari; al suo interno, un’apposita sezione è dedicata alla gestione delle aziende sottoposte a misure di prevenzione per le quali si richiedono particolari competenze manageriali. Sono state inoltre introdotte importanti agevolazioni per le aziende e le società sequestrate alla mafia prevedendo la sospensione delle procedure esecutive, dei pignoramenti e dei provvedimenti cautelari intrapresi dai concessionari di riscossione e l’estinzione dei crediti erariali per confusione in caso di confisca di beni, aziende o società. Per completare il quadro normativo occorre, infine, far riferimento alla legge 50/2010, che ha istituito l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata: una vera e propria cabina di regia delle misure di prevenzione patrimoniale, col compito di seguire i problemi dei beni di provenienza illecita, dal momento del sequestro alla definitiva destinazione per finalità sociali. 5 “I commercialisti offrono da sempre un importante contributo nell’ambito delle procedure di prevenzione. Con l’istituzione dell’Albo nazionale si valorizzerà ancora di più la loro esperienza” A che punto sono i regolamenti attuativi? I regolamenti attuativi di competenza del Ministero dell’Interno sono già in vigore e, al massimo entro aprile, saranno operativi anche quelli previsti dalla legge 50/2010 per garantire la piena funzionalità dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati. Quali sono i risultati conseguiti alla luce delle modifiche introdotte? Le disposizioni introdotte per potenziare l’attività di contrasto alle organizzazioni criminali hanno portato da maggio 2008 al 31 dicembre 2010 - rispetto all’analogo periodo precedente - a un aumento dei sequestri di prevenzione del 302% (30.561 beni di cui 1.732 aziende, per un valore complessivo di € 15.110 milioni) e delle confische del 520% (più di 6.029 di cui 223 aziende per un valore complessivo di € 3.096 milioni). Questi dati sono ancor più incoraggianti se si tiene conto che dall’insediamento dell’Agenzia Nazionale fino allo scorso 31 dicembre sono già stati destinati 359 immobili: tra essi alcuni beni di particolare valore simbolico come la “casa dei cento passi” assegnata alla Fondazione Peppino Impastato, la Villa “Gloriette” a Napoli appartenuta a Michele Zaza, oggi centro per ragazzi disabili, e la casa di Bernardo Provenzano a Corleone, oggi sede della “Bottega dei saperi e dei sapori” dell’Associazione Libera. 6 People Come vengono utilizzati i proventi derivanti dai beni sequestrati e confiscati alla mafia? L’istituzione del Fondo unico giustizia ha consentito una gestione unitaria e omogenea dei proventi derivanti dai beni sequestrati e confiscati da parte di Equitalia Giustizia SpA, e soprattutto una redistribuzione degli stessi tra i ministeri dell’Interno, della Giustizia e dell’Economia. Tale destinazione è, peraltro, finalizzata alla tutela della sicurezza pubblica e del soccorso pubblico e al funzionamento e al potenziamento degli uffici giudiziari e degli altri servizi istituzionali, ossia a tutto ciò che può favorire e potenziare gli organi preposti alla prevenzione e al contrasto della criminalità organizzata. Qual è il contributo che la categoria dei commercialisti può dare per trasformare l’Utile mafioso in Utile legale? La categoria dei commercialisti offre da sempre un importante contributo nell’ambito delle procedure di prevenzione. Con l’istituzione dell’Albo nazionale si valorizzerà ancor di più l’esperienza maturata nell’ambito delle amministrazioni giudiziarie, con particolare riferimento alla gestione e amministrazione di aziende. La collaborazione che si è sempre più perfezionata tra i commercialisti, gli organi giudiziari e oggi anche l’Agenzia Nazionale si è dimostrata una carta vincente, tanto che anche sul piano normativo si è deciso di estendere al processo penale le disposizioni in tema di amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati nel procedimento di prevenzione. Per questa ragione sono state adottate delle norme che regolano in modo più omogeneo le procedure di nomina, revoca, e liquidazione degli amministratori giudiziari nonché dei loro collaboratori; si è previsto un termine ordinatorio di 15 giorni per le decisioni emesse dalla Corte d’appello sui ricorsi proposti avverso le decisioni del tribunale in materia di liquidazioni o rimborsi e si è introdotto un termine di 5 giorni entro il quale il tribunale su richiesta dell’Agenzia e sentito il giudice delegato dispone acconti sul compenso finale dell’amministratore giudiziario. Sarà, poi, altrettanto importante il ruolo che i commercialisti potranno svolgere come consulenti dell’Agenzia Nazionale per la soluzione delle problematiche di natura tributaria e finanziaria che attengono i patrimoni sottoposti a sequestro o confisca giudiziaria. Morcone: “Istituzioni, società civile e mondo produttivo assieme contro i patrimoni illeciti” Ad un anno dalla nascita dell’Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati, il Direttore traccia un bilancio della sua attività e sottolinea il contributo che può venire dai commercialisti di Maria Luisa Campise People Il 31 marzo 2010 è nata l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Quali sono i poteri e in che modo opera l’Agenzia? Mi piace ricordare che l’Agenzia è nata da un voto unanime del Parlamento italiano, così come mi piace sottolineare che la sua nascita ha segnato una scelta di profonda innovazione, perché, concretizzando in essa l’attività di amministrazione e quindi di valorizzazione e destinazione dei beni, si è voluto rafforzare l’opera dell’Autorità giudiziaria. L’Agenzia è posta sotto l’alta vigilanza del Ministro dell’Interno e registra la presenza al vertice decisionale di un Consiglio Direttivo, presieduto da un Prefetto e composto da un rappresentante del Ministero dell’Interno, da un magistrato designato dal Ministro della Giustizia, da un magistrato designato dal Procuratore nazionale antimafia e dal Direttore dell’Agenzia del demanio o da un suo delegato. Tra i suoi compiti, l’Agenzia, con delibera del Consiglio direttivo, adotta gli atti di indirizzo e le linee guida in materia di amministrazione, assegnazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati; programma l’assegnazione e la destinazione dei beni in previsione della confisca; approva piani generali di destinazione dei beni confiscati, anche attraverso la nomina, ove necessario, di commissari ad acta. I compiti affidati all’Agenzia delineano la cornice di un ente a metà tra organo di alta amministrazione e organo ausiliario degli uffici di giustizia. Nei prossimi giorni sarà presentato il primo Rapporto Annuale. Quale il bilancio di un anno di attività? Il Consiglio direttivo si è riunito, nell’anno trascorso, diciotto volte. Tra le tematiche più importanti affrontate mi piace segnalare quelle connesse ai profili regolamentari ed all’organizzazione logistica ed operativa della struttura - oltre alla sede centrale di Reggio Calabria, abbiamo messo a regime la sede secondaria di Roma, cui seguiranno a breve quella di Palermo, Napoli e Milano -; le decisioni inerenti la destinazione o la revoca dei beni, assunte anche in situazioni particolarmente delicate relative alla gestione di importanti aziende confiscate; la sottoscrizione di convenzioni e protocolli con Pubbliche amministrazioni, Regioni, Enti locali, Università, Ordini professionali come quello dei commercialisti ed Associazioni del Terzo Settore. Riteniamo che una delle politiche strategiche per un efficace contrasto ai patrimoni illecitamente costituiti è quella di una condivisione di una rete di rapporti che investa le migliori energie delle istituzioni del mondo produttivo e della società 9 “Ci stiamo impegnando affinché vada sconfitto il luogo comune che l’azienda sequestrata possa continuare a vivere solo nelle condizioni di illegalità e che nel momento in cui venga superata questa condizione essa sia destinata alla liquidazione” civile. In questa direzione, un interlocutore strategico è stato e sarà, anche nel prossimo futuro, oltre l’Autorità giudiziaria, l’Agenzia del Demanio che ha maturato una lunga esperienza sul campo. Insieme ad essa, anche attraverso specifiche convenzioni, stiamo realizzando progetti importanti. Questi alcuni dati: dal 1996 ad oggi, degli 11.153 beni confiscati il 12% si trova al Nord (1.357), il 5,3% al Centro (592), l’82,5% al Sud (9.203). Solo in Sicilia è stato confiscato alle mafie il 44,57% dei beni di tutto il territorio nazionale, ma anche Calabria e Campania sono ai primi posti in questa classifica. La prima con il 13,85%, la seconda con il 15,6%. In Campania il maggiore numero di beni tolti alla camorra è a Napoli e provincia: 915 tra immobili e aziende, segue la provincia di Caserta con 486. Sono stati destinati agli enti pubblici il 70% dei beni confiscati, solo il 30% resta ancora incedibile per criticità evidenti, situazioni di contenziosi, immobili spezzettati, aziende difficilmente cedibili. Quale futuro per le aziende sequestrate? Il problema delle aziende è tra i maggiori posti alla nostra attenzione, tra i più delicati ed importanti. Ho sempre detto e voglio confermarlo anche in questa sede che il primo obiettivo che ci dobbiamo porre è quello di proteggere il posto di lavoro di chi si è trovato inconsapevolmente in una situazione delicata; il secondo obiettivo è quello di adottare tutte le iniziative per consentire alle aziende di continuare 10 People bene da parte degli enti pubblici. Altri problemi sono legati al momento di difficoltà economica complessiva che sta vivendo il Paese: ad esempio, chiedere nuovi fondi per l’Agenzia non è una operazione propriamente agevole. Tuttavia, vi è la prospettiva dell’autofinanziamento che certamente potrà aiutarci per questo aspetto e noi siamo decisi a batterci perché si possa procedere in questa direzione. Il nostro impegno è quello di far sì che con tenacia e passione si possano affrontare e risolvere tutti questi nodi. Il percorso è ancora lungo e dobbiamo stare attenti perché le mafie sono tentacolari: ecco perchè da tempo chiediamo a Bruxelles una normativa europea che possa aiutarci a riutilizzare anche i beni confiscati all’estero e che sia un faro per gli altri Paesi dell’Unione. Credo che l’incoraggiamento più importante per il nostro lavoro ci sia venuto dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che nel dicembre scorso ha fatto visita all’Agenzia mostrando particolare interesse al tema strategico della lotta alla criminalità organizzata, ricordando come il percorso sia iniziato con l’impegno civile di Pio La Torre, segnato, poi, da tanti sacrifici di uomini delle Istituzioni e delle Forze dell’ordine. Il Presidente ha voluto, quindi, sottolineare l’impegno comune in questa partita difficile, che vede il nostro Paese protagonista di una normativa nuova ed incisiva in ambito europeo ed internazionale. Quali caratteristiche giudiziario? ad operare rimanendo nel rispettivo mercato in condizioni competitive. E in questo senso ci stiamo impegnando affinché vada sconfitto il luogo comune, lo stereotipo, che l’azienda sequestrata possa continuare a vivere solo nelle condizioni di illegalità e che nel momento in cui venga superata questa condizione essa sia destinata alla liquidazione. È un retaggio contro il quale ci stiamo battendo con forza. Per mettere a pieno regime l’attività dell’Agenzia quali sono i nodi ancora da sciogliere? Abbiamo senz’altro bisogno di superare alcune vischiosità e macchinosità dovute anche alla stessa burocrazia. Spesso, ad esempio, la difficoltà più grande è quella dell’utilizzo del deve avere l’amministratore Questo è un tema davvero importante anche perché credo sia necessario un cambio di passo. L’esperienza che abbiamo maturato ci dice che a noi non serve più l’amministratore giudiziario che amministri diligentemente i conti, cioè che sia una sorta di amministratore statico. A noi serve un amministratore che abbia una propensione e una sensibilità imprenditoriale. Una figura che abbia la fantasia di rappresentare al Giudice in fase di sequestro e a noi, in fase di confisca di primo grado o definitiva, anche una prospettiva e un piano industriale per l’azienda che sta amministrando. Se non è in grado di fare questo potrà essere certamente un grande professionista ma non un buon amministratore giudiziario. Serve, in sintesi, una figura come quella del commercialista che, oltre alla conoscenza professionale nel suo settore, abbia anche qualcosa in più: una sensibilità verso l’amministrazione in chiave imprenditoriale del bene che gli viene affidato. E che, animato da passione civile, sia consapevole di compiere anche una importante missione sociale. Don Ciotti: contro le mafie, ma non solo Nella vita privata come in quella professionale, il fondatore di Libera ricorda ai nostri lettori che la chiave è la difesa della dimensione etica di Umberto Lombardi / Foto Massimilliano Verdino - Imagoeconomica People Nel 1995 si costituisce l’Associazione “Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie”. Può illustrarci le caratteristiche e le finalità dell’Associazione? Libera è un “noi”, un progetto che mette insieme le forze, le capacità e i percorsi di tante persone. È una rete di associazioni, nomi e numeri che non rappresentano solo la quantità - più di 1.600 realtà in tutta Italia, 4.300 scuole in rete, una media di sei incontri pubblici organizzati ogni giorno - ma la qualità, l’anima stessa di un impegno che non può che essere plurale. E che non è solo impegno contro ogni forma d’illegalità, corruzione e violenza mafiosa, desiderio di rafforzare il grande lavoro dei magistrati e delle forze di polizia. Ma un più generale sforzo a costruire diritti e giustizia sociale, a trasformare da “carta” in “carne” i principi della democrazia e della Costituzione. Non è semplice allora “riassumere” Libera, le sue attività. Ci sono i percorsi educativi nelle scuole, nelle università e nei centri di aggregazione giovanile e il lavoro quotidiano, tenace, per trasformare i beni confiscati alle mafie in opportunità per tante persone. C’è la presenza accanto ai famigliari delle vittime delle mafie e ci sono le reti di sostegno contro il pizzo e l’usura. C’è la lotta contro la tratta e lo sfruttamento delle persone migranti e la denuncia delle illegalità e complicità che favoriscono i giochi mafiosi. Fino all’investimento culturale - nella ricerca, nell’informazione e nella dimensione internazionale, attraverso la rete europea “Flare”. Nello statuto di “Libera” si legge che l’Associazione ha lo scopo di “promuovere una cultura della legalità, della solidarietà e dell’ambiente…”. Come si promuove, soprattutto nei giovani, una cultura fondante i temi della legalità, della giustizia e della corresponsabilità sociale? La legalità comincia appunto dalla corresponsabilità, e in questo senso la prima educazione dev’essere alla relazione, alla socialità. I bambini, anche a scuola, vanno accompagnati all’incontro con l’altro, va insegnato loro che soltanto in quello scambio possono conoscere se stessi, possono crescere e quindi realizzarsi. Ecco perché educare alla legalità deve diventare un educarci insieme ai rapporti umani, un mettersi in gioco, un incontrarsi. Ogni iniziativa che, in questa prospettiva, punti a suscitare nei giovani l’amore per la democrazia e per la giustizia sociale merita incoraggiamento e sostegno. Ben vengano allora anche le ore dedicate all’educazione civica o allo studio della Costituzione, purché la cosiddetta “educazione alla legalità” non si risolva in formalismi, in freddi e distaccati passaggi di 13 “Libera non è solo impegno contro ogni forma d’illegalità, corruzione e violenza mafiosa, ma un più generale sforzo a costruire diritti e giustizia sociale” nozioni, norme, regole. Presentare la legalità in un’ottica solo formale, come un sistema di divieti e prescrizioni, significa perdere un’occasione preziosa d’incontro con i giovani. In questi anni di attività, quali progetti e risultati sono stati raggiunti da “Libera”? Non mi piace parlare di “risultati”, piuttosto di percorsi da continuare a costruire insieme, di tappe lungo il cammino dell’impegno, della corresponsabilità, del “noi”. Fra le attività più importanti di Libera c’è stato certo il lavoro sui beni confiscati, reso possibile da quella legge 109/96 che è stata la nostra prima scommessa: per sostenerne l’approvazione, 15 anni fa, raccogliemmo oltre un milione di firme in tutta Italia. Le cooperative del circuito Libera Terra, che danno un lavoro vero a tanti giovani e portano sulla tavole degli italiani prodotti dal gusto di legalità e responsabilità, sono oggi forse il simbolo più visibile di quanto è stato possibile realizzare grazie a quella norma. Ma altrettanto importante è per noi il discorso educativo avviato in tante scuole e università, e il rapporto di affetto e collaborazione stretto insieme ai famigliari delle vittime, che oggi sono riuniti in un coordinamento di circa 5mila persone. Come si integra l’impegno di “Libera” con il lavoro perseguito dall’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata? L’Agenzia è uno strumento che Libera ha sempre auspicato, e siamo molto contenti che sia finalmente operativo. La 14 People nostra speranza è che renda sempre più rapido e incisivo tutto il percorso che va dal sequestro, alla confisca, all’assegnazione e all’effettivo riutilizzo dei beni. E che riesca a sbloccare le situazioni critiche: i beni ancora occupati, ma anche quelli sottoposti a ipoteca bancaria, che sono una percentuale significativa. Da parte nostra, continueremo a spenderci, a immaginare progetti sempre più concreti ed efficaci per trasformare le ricchezze esclusive frutto d’illegalità e violenza in beni condivisi, pubblici, realtà che contribuiscono al progresso etico, culturale, economico, civile del Paese. E per rinsaldare quel “noi” dei territori - fatto di Associazioni, enti locali, sigle imprenditoriali, sindacati ecc. - che è chiamato a realizzare, nella quotidianità quei progetti. Qual è, secondo Lei, il contributo che i commercialisti italiani possono dare per far sì che l’utile mafioso si trasformi in utile legale? Al “noi”, anche “voi” potete certamente dare concretamente una mano. Le realtà dell’associazionismo e del volontariato, infatti, alle quali spesso è attribuita la responsabilità di gestire i beni confiscati, sono ricche di generosità e passione, ma non sempre hanno in sé tutte le competenze “tecniche” necessarie. Come è importante il ruolo che potete offrire sul piano della prevenzione, della denuncia di tutti quei segnali di un’illegalità strisciante, diffusa, che alimenta i giochi criminali. La corruzione, oltre ad essere una tassa occulta che pesa soprattutto sulle fasce più deboli - in termini di risorse sottratte alle politiche sociali - è spesso il “grimaldello” attraverso il quale le mafie riescono a infiltrare l’economia legale. Anche per questo è fondamentale riuscire a colpirla, come lo è individuare e perseguire quelli che sono i suoi “reati spia”: i reati finanziari, societari e di abuso d’ufficio. Non è un caso che, come Libera, da qualche mese abbiamo lanciato una raccolta firme - siamo già a 800mila - per sollecitare la politica a ratificare e dare concreta attuazione alle normative internazionali in materia. Prima fra tutte la “Convenzione di Strasburgo sulla corruzione” (del 1999), che introduce reati come il traffico di influenze illecite e l’autoriciclaggio. Ognuno deve sentirsi coinvolto in questo impegno. Nella vita privata come in quella professionale, la chiave è la difesa della dimensione etica. Il nostro lavoro è “etico” quando non presta il fianco ai compromessi, alle scorciatoie, alle prepotenze di chi vuole calpestare i diritti in nome del privilegio. Poco tempo fa sono stato a Modena, dove il mondo dei professionisti ha voluto dare un segnale forte in tal senso, sottoscrivendo un codice etico di riferimento. “Etica” però non può significare solo enunciazione di regole e di prescrizioni, per quanto giuste e condivise. L’etica chiama in causa le nostre coscienze, la nostra responsabilità, le nostre piccole e grandi scelte quotidiane. Chiede a ciascuno di noi di contribuire perché la vita sociale sia per tutti libera e dignitosa, perché i diritti abbiano la meglio sui privilegi, e le aspirazioni dell’“io” confluiscano nelle speranze del “noi”. 16 Una gestione manageriale dei beni confiscati Felice Ruscetta Consigliere CNDCEC con delega all’Area “Funzioni giudiziarie” I commercialisti hanno tutti i requisiti per svolgere questa funzione. Ora al lavoro su linee guida e principi di comportamento degli amministratori l D.lgs. 4 febbraio 2010, n. 14 (“Istituzione dell’Albo degli amministratori giudiziari, a norma dell’articolo 2, comma 13, della legge 15 luglio 2009, n. 94”), entrato in vigore il 3 marzo dello scorso anno, ha provveduto ad istituire presso il Ministero della Giustizia l’Albo degli amministratori giudiziari dei beni sequestrati. Questo provvedimento si inserisce nell’ambito di un più ampio piano di azione portato avanti dal Governo volto a potenziare la lotta alla criminalità organizzata, all’interno del quale rientrano anche altre importanti misure, prima tra tutte l’istituzione dell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (d.l. 4 febbraio 2010, n. 4, convertito in l. 31 marzo 2010, n. 50), cui è demandato il compito di custodire, amministrare e gestire i beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata allo scopo di massimizzarne il rendimento in favore dello Stato. L’esigenza di disciplinare in modo organico la materia dell’amministrazione giudiziaria dei beni sottoposti a sequestro o confisca nasce dalla constatazione che le disposizioni di legge fino ad oggi I dettate sul punto consistevano in mere direttive di ordine generale, che lasciavano sostanzialmente al giudice delegato il compito di valutare caso per caso i criteri e i limiti dell’amministrazione dei beni. In questa delicata attività di valutazione il giudice delegato era certamente supportato dall’amministratore giudiziario, ma proprio a causa dell’inadeguatezza dell’impianto normativo di riferimento e della totale assenza di regole procedurali, l’attività stessa dell’amministratore giudiziario risultava particolarmente difficoltosa. L’effetto più evidente della mancanza di riferimenti normativi è stato quello della creazione di una diversificazione delle procedure adottate nei diversi tribunali e, all’interno dello stesso tribunale, nei diversi procedimenti. Tali problemi sono poi esplosi in tutta la loro consistenza nel corso degli ultimi anni, in parte per l’estensione dell’applicazione degli strumenti di prevenzione patrimoniale ad indiziati appartenenti ad associazioni con caratteristiche simili ma diverse rispetto all’organizzazione mafiosa in senso stretto; in altra parte, per l’aumento degli interessi e delle relazioni dei soggetti coinvolti nel procedimento cautelare correlato all’aumento del valore dei patrimoni sequestrati. Al fine di porre rimedio a tali situazioni patologiche, la nuova normativa, tra le altre previsioni, stabilisce che l’amministratore giudiziario sia scelto tra i soggetti iscritti nell’Albo degli amministratori giudiziari, mediante criteri di trasparenza che assicurino la rotazione degli incarichi, la corrispondenza tra i profili professionali e la natura dei beni sequestrati. Tale passaggio da una scelta fiduciaria dell’amministratore giudiziario ad una scelta una vincolata a specifici requisiti professionali e a criteri legislativi di assegnazione dell’incarico predeterminati, segna la vera e propria “nascita” di un nuovo identikit dell’amministratore dei beni sequestrati o confiscati alla mafia, oggi dunque chiamato dal legislatore ad assumere il ruolo di manager dotato di competenze giuridiche ed economiche, ma anche antropologiche, sociologiche, di procedura penale e soprattutto di gestione aziendale, come più volte sottolineato anche dal Direttore dell’Agenzia Nazionale dei beni L’intervento 17 sequestrati, il Prefetto Mario Morcone. È indubbio che in questo campo i commercialisti posseggono tutti i requisiti per svolgere questa così importante e delicata funzione, grazie, in primo luogo, alla formazione aziendalistica che li contraddistingue rispetto alle altre professioni legali, nonché alla consolidata esperienza di consulenti di impresa, che consente loro di poter garantire elevati livelli di efficienza e correttezza nella gestione di aziende e beni sequestrati. Nell’ottica di mettere al servizio del Paese il know-how dei commercialisti ed instaurare così un proficuo rapporto di collaborazione, il Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili in questi giorni ha stipulato con l’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata una convenzione che si pone la precipua finalità di divulgare e formare professionisti che svolgono l’importante funzione di amministratori giudiziari, anche mediante l’organizzazione di giornate di studio e conferenze. Per il raggiungimento dell’obiettivo, è stato inoltre istituito un tavolo tecnico, cui viene demandato l’importante compito di elaborare delle linee guida e dei principi di comportamento che gli amministratori giudiziari possano seguire nello svolgimento delle funzioni loro assegnate, documento che si è certi sarà di indubbia utilità per tutti i colleghi vista la perdurante assenza dei regolamenti attuativi del D.lgs. 14/2010 relativi all’iscrizione e alla gestione dell’Albo degli amministratori giudiziari. 18 Misure di contrasto patrimoniali Giuliana Merola Consigliere Corte d’Appello di Milano - 3° Sez. Penale Il sequestro penale, probatorio conservativo e preventivo, ed il sequestro di prevenzione. La funzione del Custode ed Amministratore giudiziario ell’ordinamento giuridico italiano l’azione di contrasto patrimoniale alla criminalità organizzata si svolge essenzialmente in due fasi. La prima è quella relativa all’aggressione dei patrimoni e attiene alle indagini per l’individuazione, il sequestro e la confisca delle ricchezze delle mafie. La seconda attiene alla destinazione dei beni e dei patrimoni delle organizzazioni criminali che vengono restituiti alla collettività attraverso il loro riutilizzo sociale, produttivo e pubblico, come stabilito dalla l. 7 marzo 1996 n. 109, legge unica nel suo genere nel panorama internazionale. Le misure di prevenzione, in particolare, sono state considerate dal legislatore come una forma particolarmente efficace di tutela delle esigenze di sicurezza pubblica in quanto non presuppongono un accertamento di penale responsabilità, come per le altre forme di confisca, e si applicano ai soggetti indiziati di appartenenza ad associazioni criminali. Inoltre, l’apprensione dei beni viene percepita dal proposto in termini forse superiori alla custodia cautelare o alla condanna penale, per la conseguente perdita di prestigio sociale e di potere di fronte agli N associati, riacutizzata dalla destinazione dei beni alla collettività. Rispetto alle ipotesi particolari di confisca, previste dall’art. 12 sexies legge 356/92, poi, al di là della differenza dei presupposti (sentenza di condanna per i reati previsti dall’art. 12sexies; indizi di appartenenza ex art. 1, l. 575/65), va ricordato che i tempi tecnici dei tre gradi di giudizio penali appaiono decisamente più lunghi rispetto al procedimento di prevenzione e che i beni sequestrati in sede penale sovente non sono affatto gestiti, anche a causa della mancata previsione di un unico Giudice Delegato che segua tutta l’amministrazione. Le misure di prevenzione costituiscono un istituto unico nel sistema giuridico europeo proprio perché hanno come presupposto non la prova del reato di cui il soggetto è ritenuto responsabile, ma l’accertamento ed il riconoscimento di una pericolosità sociale del proposto, desumibile da ogni elemento sintomatico indicativo di pericolosità la frequenza delle condotte criminose poste in essere, l’allarme sociale destato dai suoi comportamenti criminali, anche ed indipendentemente dalle sentenze di condanna riportate. La confisca a sua volta, prima della l. 125/08, era necessariamente collegata alla misura di prevenzione personale; ora si è previsto che le misure di prevenzione personali e patrimoniali possono essere richieste ed applicate disgiuntamente e, come aggiunto dalla l. 15 luglio 2009, n. 94, le misure patrimoniali possono essere disposte anche in caso di morte del soggetto proposto per la loro applicazione e, nel caso la morte sopraggiunga nel corso del procedimento, esso prosegue nei confronti degli eredi o comunque degli aventi causa. La l. 575/65 “Disposizioni contro le organizzazioni criminali di tipo mafioso, anche straniere” disciplina, agli artt. 1 e 2ter, il sequestro, finalizzato alla confisca, dei beni di cui dispongono, direttamente o indirettamente, coloro che sono indiziati di appartenere ad associazioni di stampo mafioso, alla camorra o ad altre associazioni comunque localmente denominate che perseguono finalità o agiscono con metodi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso, nonché ai soggetti indiziati di uno dei reati previsti dall’art. 51 comma 3 bis del codice di procedura penale “quando il loro valore risulta sproporzionato al reddito dichiarato o all’attività economica svolta ovvero quando si ha motivo di ritenere che gli L’intervento stessi siano il frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego”, con ciò anticipando la nozione “provento di reato” di cui alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale, approvata a Palermo il 16 dicembre 2000. La confisca dei beni sequestrati è, poi, disposta quando la persona non può giustificare la legittima provenienza dei beni di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulti essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo. Se la persona disperde, distrae, occulta o svaluta i beni al fine di eludere l’esecuzione dei provvedimenti di sequestro o di confisca, è possibile sequestrare e confiscare denaro o altri beni di valore equivalente. Gli ultimi interventi normativi in materia di prevenzione hanno introdotto le seguenti novità: La legge 15 luglio 2009, n. 94: ha espressamente esteso tutte le disposizione della l. 575/65 sia relative alla gestione sia alla destinazione alle ipotesi di confisca di cui all’art. 12sexies; ha, modificando l’art. 104 delle norme di attuazione del cpp, disciplinato le modalità di esecuzione del sequestro preventivo; ha previsto un Albo nazionale degli Amministratori Giudiziari, articolato in una sezione ordinaria ed in una sezione di esperti in gestione aziendale (ancora da istituire). La legge 31 marzo 2010, n. 50 (conversione d.l. 4 febbraio 2000, n. 4): - ha istituito l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata; - prevede che l’Agenzia coadiuvi l’autorità giudiziaria nell’amministrazione e custodia dei beni sequestrati nei procedimenti penali includendovi tutti quelli rientranti nella competenza della DDA (per i delitti ex art. 51 c. 3bis cpp e 12sexies) e di prevenzione rispettivamente fino alla conclusione dell’udienza preliminare e fino al decreto di confisca emesso in primo grado; allo stato, l’Agenzia amministra solo i beni confiscati in via definitiva, provvedendo alla loro destinazione in quanto, per il disposto dell’art. 7, legge 50/2010, assumerà l’amministrazione dei beni durante il procedimento, penale e/o di prevenzione, a far data dall’entrata in vigore dell’ultimo dei regolamenti organizzativi previsti dall’art. 4 citata legge; - è stata disciplinata per gli immobili sequestrati in quota indivisa o gravati da diritti reali o di godimento la possibilità dei titolari dei diritti stessi di intervenire nel procedimento di prevenzione per l’accertamento del diritto, della loro buona fede e dell’inconsapevole affidamento nella loro acquisizione; - è stata regolamentata la destinazione dei beni con l’introduzione di particolari cautele per l’ipotesi di vendita per evitare che rientrino nella disponibilità della criminalità organizzata (parere obbligatorio del Prefetto, avviso di vendita con prezzo pari alla stima, divieto di vendita per i successivi 5 anni). Nella legge delega “Piano straordinario contro le mafie” (l. 13 agosto 2010, n. 136) è disciplinata la delega al Governo per adottare entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge un decreto legislativo recante il codice delle leggi antimafia e della misure di prevenzione, realizzando una ricognizione della normativa penale, processuale e amministrativa vigente in materia di contrasto della criminalità 19 organizzata, ivi compresa quella contenuta nei codice penale e di procedura penale, l’armonizzazione ed il coordinamento della normativa in materia e l’adeguamento alle disposizioni adottate dall’UE. Tutta la materia dei sequestri e delle confische è quindi in continuo divenire. Nel quadro legislativo nazionale sono previste ulteriori ipotesi particolari di confisca come di seguito elencate: A) Confisca disciplinata all’art. 12sexies, l. 7 agosto 1992 n. 356, “Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa”, c.d. “confisca allargata” che presuppone, a differenza della confisca di prevenzione, una condanna o un patteggiamento; è misura di sicurezza patrimoniale, applicabile quindi anche per i reati commessi nel tempo in cui non era legislativamente prevista e può essere richiesta anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza. La norma riguarda i delitti di peculato, concussione, corruzione, associazione per delinquere di tipi mafioso, riduzione in schiavitù, estorsione, sequestro di persona, usura, riciclaggio, trasferimento fraudolento di valori, detenzione e cessione di stupefacenti, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. E prevede “... la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica”. Tali disposizioni si applicano anche in caso di 20 L’intervento condanna e di applicazione della pena su richiesta, a norma dell’art. 444 cpp, per taluno dei delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine costituzionale, ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dall’art. 416 cpc, nonché a chi è stato condannato per un delitto in materia di contrabbando, nei casi di cui all’art. 295, secondo comma, del testo unico approvato con Dpr 23 gennaio 1973, n. 43. A sensi, poi, del 2ter “Nel caso previsto dal comma 2, quando non è possibile procedere alla confisca in applicazione delle disposizioni ivi richiamate, il giudice ordina la confisca delle somme di denaro, dei beni e delle altre utilità delle quali il reo ha la disponibilità, anche per interposta persona, per un valore equivalente al prodotto, profitto o prezzo del reato”. Il comma 4 prevede che, in caso di sequestro preventivo disposto ex art. 321, c. 2, cpp, si applicano al custode le disposizioni del comma 3 sulla nomina dell’amministratore e cioè con il compito di provvedere alla custodia, alla conservazione e all’amministrazione dei beni confiscati. B) Sequestro conservativo previsto dall’art. 316 cpp che recita: “1. Se vi è fondata ragione di ritenere che manchino o si disperdano le garanzie per il pagamento della pena pecuniaria, delle spese di procedimento e di ogni altra somma dovuta all’erario dello Stato, il pubblico ministero, in ogni stato e grado del processo di merito chiede il sequestro conservativo dei beni mobili o immobili dell’imputato o delle somme o cose a lui dovute,nei limiti in cui la legge ne consente il pignoramento. 2. Se vi è fondata ragione di ritenere che manchino o si disperdano le garanzie delle obbligazioni civili derivanti dal reato, la parte civile può chiedere il sequestro conservativo dei beni dell’imputato o del responsabile civile, secondo quanto previsto dal comma 1”. Tale sequestro presuppone l’accertamento del periculum in mora, cioè una fondata ragione da cui desumere il rischio della perdita delle garanzie patrimoniali e del fumus boni iuris, che vi sia pendente un processo penale ed un’imputazione, senza che sia necessaria motivazione sugli indizi di colpevolezza. C) Sequestro preventivo previsto dall’art. 321 cp “1. Quando vi è pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati, a richiesta del pubblico ministero il giudice competente a pronunciarsi nel merito ne dispone il sequestro con decreto motivato. 2. Il giudice può altresì disporre il sequestro delle cose di cui è consentita la confisca”. Tale sequestro prescinde dalla liceità o meno delle cose, tendendo ad impedire che la disponibilità dei beni possa costituire un pericolo di reiterazione di reato o di aggravamento delle conseguenze del reato o, ancora, di agevolazione della commissione di altri reati (esempi: sequestro di immobile abusivo ecc.). D) Sequestro probatorio, previsto dagli artt. 253 e ss., cpp è un mezzo di ricerca della prova dei fatti costituenti reato; art. 253 cpp “1. L’autorità giudiziaria dispone con decreto motivato il sequestro del corpo del reato e delle cose pertinenti al reato necessarie per l’accertamento dei fatti. 2. Sono corpo del reato le cose sulle quali o mediante le quali il reato è stato commesso nonché le cose che ne costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo” (esempi: sequestro conseguente a perquisizione, sequestro di corrispondenza o di droga, ecc.). E) Confisca penale disciplinata dall’art. 240 cp, istituto che si applica con la sentenza di condanna ed è diretta ad evitare che rimangano nella disponibilità del condannato cose che per loro natura sono illecite (esempio: droga, arma clandestina, targa falsificata) o che per la loro attinenza al reato (esempio: autovettura con doppio fondo utilizzata per il trasporto di droga; denaro derivante dallo spaccio…) servirono o furono destinate a commettere il reato. Art. 240 cp “1. Nel caso di condanna il giudice può ordinare la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prodotto o il profitto”. È sempre ordinata la confisca: 1) delle cose che costituiscono il prezzo del reato; 2) delle cose, la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione delle quali costituisce reato, anche se non è stata pronunciata sentenza di condanna. Le disposizioni della prima parte e del n.ro 1 del capoverso precedente non si applicano se la cosa appartiene a persona estranea al reato. La disposizione del n.ro 2 non si applica se la cosa appartiene a persona estranea a reato e la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione possono essere consentiti mediante autorizzazione amministrativa. F) Numerosi interventi legislativi hanno, nell’ultimo decennio, ampliato e previsto le ipotesi di confisca, con possibilità di disporre, nel corso del L’intervento procedimento, sequestro preventivo ex art. 321 cpp finalizzato all’eventuale confisca. Esemplificativamente, e senza alcuna pretesa di completezza, si pensi: alla confisca obbligatoria di cui all’art. 644 u.c. - usura - cp (modificato dalla l. 108/96), estesa anche al denaro, ai beni ed altre utilità di cui il condannato abbia la disponibilità per interposta persona; al nuovo testo dell’art. 301 del T.U. in materia doganale, come sostituito dall’art. 11, c. 19 della l. 413/91 che prevede la confisca obbligatoria dei mezzi di trasporto adattati o modificati e la previsione della destinazione dei beni sequestrati o confiscati a seguito di operazioni anticontrabbando ex art. 310bis T.U.; alla destinazione dei beni e dei valori confiscati a seguito di operazioni antidroga ex artt. 100 e 101 Dpr 309/90, sequestrati ai sensi dell’art. 240 cp e assegnati agli organi di polizia; alla confisca obbligatoria ex art. 240 cp dei beni (o per valore corrispondente al profitto conseguito) prevista dall’art. 600septies cp (inserito dalla l. 269/98 come modificato dalla l. 228/2003) nel caso di condanna per i delitti contro la personalità individuale previsti dagli artt. da 600 a 600sexies cp - riduzione in schiavitù, prostituzione minorile, pornografia minorile. G) Il D.lgs. 8 giugno 2001, n. 231 “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica”, prevede, quale sanzione per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato, tra le altre, anche la confisca, in caso di condanna dell’ente, del prezzo o del profitto del reato, ma ricordo tale disciplina solo di sfuggita, trattandosi di campo del tutto particolare e di sanzione diversa con caratteristiche peculiari. Amministrazione beni Proprio l’amministrazione dei beni sequestrati è sempre stato un argomento problematico: occorre assicurare l’effettiva individuazione ed apprensione dei beni e garantirne la gestione secondo criteri di efficienza ed economicità, salvaguardando la prosecuzione dell’impresa, ove esistente e perseguendo il fine di incrementare la redditività dei beni medesimi (ex art. 2sexies l. 575/65). È altresì necessario evitare che i provvedimenti adottati possano pregiudicare i diritti dell’indagato/imputato o di qualunque altro soggetto passivo essendo possibile una revoca dei provvedimenti cautelari; vanno altresì tutelati i diritti dei terzi sui beni oggetto di sequestro.Mentre per il sequestro di prevenzione l’art. 2sexies prevedeva l’immissione nel possesso dei beni sequestrati da parte dell’amministratore anche con l’ausilio della polizia giudiziaria, numerosi problemi erano sorti per l’esecuzione del sequestro preventivo. Innovativo il nuovo art. 104 in quanto le norme hanno ridisegnato completamente l’esecuzione del sequestro preventivo. Con riferimento alle modalità di esecuzione del sequestro preventivo l’art. 104 delle norme di attuazione del cpp, come modificato dalla l. 94/09, ora recita che è eseguito: a) sui beni mobili e sui crediti, secondo le forme prescritte dal cpc per il pignoramento presso il debitore o presso il terzo in quanto applicabili; sugli immobili o mobili registrati con la trascrizione del provvedimento presso i competenti uffici; 21 b) sui beni aziendali organizzati per l’esercizio di un’impresa, oltre che con le modalità previste per i singoli beni sequestrati, con l’immissione in possesso dell’amministratore, con l’iscrizione del provvedimento nel registro delle imprese presso il quale è iscritta l’impresa; c) sulle azioni e sulle quote sociali, con l’annotazione nei libri sociali e con l’iscrizione nel Registro delle imprese; d) sugli strumenti finanziari dematerializzati, ivi compresi i titoli del debito pubblico, con la registrazione nell’apposito conto tenuto dall’intermediario ai sensi dell’art. 34 D.lgs. 213/98. Si applica l’art. 10, c. 3 del D.lgs. 170/04. Si applica altresì la disposizione dell’art. 92 (trasmissione dell’ordinanza che dispone la misura cautelare all’organo che deve provvedere all’esecuzione ovvero, nel corso delle indagini preliminari, al PM che ne ha fatto richiesta che ne cura l’esecuzione). Dalla predetta l. 94/09 è stato introdotto anche l’art. 104bis: Amministrazione dei beni sottoposti a sequestro preventivo “Nel caso in cui il sequestro preventivo abbia per oggetto aziende, società ovvero beni di cui sia necessario assicurare l’amministrazione, esclusi quelli destinati ad affluire nel FUG, l’Autorità Giudiziaria nomina un Amministratore Giudiziario scelto nell’Albo di cui all’art. 2 sexies c. 3 L. 575/65. Con decreto motivato dell’autorità giudiziaria la custodia dei beni suddetti può tuttavia essere affidata a soggetti diversi da quelli indicati al periodo precedente”. Ciò premesso, va evidenziata la rilevante differenza tra i poteri dell’amministratore e quelli del custode previsti dall’art. 259 cpp 22 L’intervento perché solo la gestione è finalizzata all’incremento della redditività che non deve entrare in contrasto con il fine conservativo (stante il carattere cautelare del sequestro). Il comma 4 bis dell’art. 12sexies prevede che le disposizioni in materia di amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati previsti dagli artt. 2quater e da 2sexies a 2duodecies l. 575/65 si applicano ai casi di sequestro e confisca previsti dai commi da 1 a 4 del presente articolo nonché agli altri casi di sequestro e confisca di beni adottati nei procedimenti relativi ai delitti di cui all’art. 51, c. 3bis cpp. In tali casi l’Agenzia coadiuva l’Autorità giudiziaria nell’amministrazione e nella custodia dei beni sequestrati sino al provvedimento conclusivo dell’udienza preliminare e, successivamente a tale provvedimento, amministra i beni medesimi. Le medesime disposizioni si applicano, in quanto compatibili, anche nei casi di sequestro e confisca di cui ai commi da 1 a 4 del presente articolo per delitti diversi da quelli di cui all’art. 51 c. 3bis cpp. In tali casi il tribunale nomina un amministratore (e sembrerebbe non subentrare l’Agenzia). Sostanzialmente, quindi, si può dire che le norme sull’amministrazione dei beni stabilite dalla l. 575/65 sono applicabili a tutti i casi di confisca ex art. 12sexies, ai reati di competenza della DDA, coprendo la maggior parte dei sequestri considerato che, anche per il sequestro preventivo ex art. 321 cpp, il comma 4 ha equiparato il custode all’amministratore giudiziario, applicandosi al custode le disposizioni del comma 3 sulla nomina dell’amministratore e cioè con il compito di provvedere alla custodia, alla conservazione e all’amministrazione dei beni confiscati. Va quindi evidenziata la complessità dell’attività svolta dal Giudice delegato e dall’Amministratore giudiziario che ha il compito di provvedere alla custodia, alla conservazione e all’amministrazione dei beni sequestrati anche al fine di incrementarne la redditività (è stato eliminato dalla legge istitutiva dell’Agenzia l’inciso “sotto la direzione del giudice delegato” art. 2sexies l. 575/65). Si passa quindi da un modello di amministrazione statica, finalizzata essenzialmente alla conservazione dei beni tipica del custode ad un modello di amministrazione dinamica, del tutto diversa anche da quella fallimentare, finalizzata alla redditività della gestione, a mantenere sul mercato le aziende sequestrate in vista, in caso di confisca definitiva, di una destinazione e di un riutilizzo sociale, produttivo e pubblico, restituendo così alla collettività i patrimoni delle organizzazioni criminali. È chiaro che le scelte di gestione adottate dal Giudice Delegato e dall’Amministratore Giudiziario nella fase iniziale (anche coadiuvato dall’Agenzia nazionale che, a regime, potrà proporre al Tribunale l’adozione dei provvedimenti necessari per l’utilizzazione migliore del bene in vista della destinazione o assegnazione o, anche, chiedere la revoca o la modifica dei provvedimenti di amministrazione adottati dal Giudice delegato quando ritenga possano recare pregiudizio alla destinazione o all’assegnazione del bene) incidono e segnano, per così dire, l’utilizzo e la futura destinazione del bene. Si pensi solo alla scelte gestionali sui diritti soggettivi dei terzi (pagamento dei creditori, esecuzione di preliminari di compravendita; pagamento di condoni edilizi...), tenuto conto che la gestione è fatta “per conto di chi spetta”, e cioè anche della persona a cui i beni sono stati sequestrati nel caso di revoca della misura cautelare o in vista della destinazione ad uso sociale in caso di confisca definitiva. In tal senso, andrà valutata, già nella fase iniziale, la possibilità, ex art. 2sexies l. 575/65, applicabile, come visto anche ai casi di sequestro preventivo, la possibilità per il Giudice delegato di adottare i provvedimenti indicati dall’art. 47 l.f., in particolare, oltre al sussidio alimentare, l’autorizzazione a permanere nell’immobile adibito ad abitazione dal proposto e dalla sua famiglia, quando sussistano i presupposti. I Giudici delegati della Sezione Autonoma misure di prevenzione del Tribunale di Milano autorizzano la permanenza subordinatamente al pagamento delle spese condominiali o delle rate di mutuo, con espressa rinuncia ad ogni azione di regresso; autorizzazione temporanea fino alla definitività del procedimento, ciò anche per poter avviare, in caso di confisca definitiva, la procedura di sfratto esperibile in via di autotutela amministrativa ex art. 823 cc. Appare fondamentale l’attività iniziale dell’Amministratore Giudiziario in quanto consente: - la ricognizione dei beni sequestrati per verificarne lo stato di fatto e di diritto, volta ad assicurare altresì lo spossessamento dei beni, richiedendo al G.D. anche l’autorizzazione ad avvalersi dell’ausilio della F.P.; - l’individuazione di altri beni segnalati nella relazione iniziale con conseguente emissione di nuovo decreto di sequestro; - una precisa analisi e ricostruzione, si L’intervento pensi ai sequestri di società, dei rapporti e degli interessi gravitanti intorno ai patrimoni illeciti che possono essere valutati anche per la decisione sulla confisca; - la direzione costante da parte del Giudice Delegato, che deve autorizzare ogni provvedimento di gestione, diminuisce possibili rischi di intimidazione dell’A.G.. I rapporti tra G.D. ed A.G. sono, allo stato, caratterizzati da un costante confronto per individuare le soluzioni ritenute ottimali avuto riguardo alla gestione, effettuata “per conto di chi spetta” in un’ottica di redditività della stessa. Finora i Giudici delegati hanno cercato di risolvere problemi connessi alla gestione di tipo pratico, spesso individuando, anche unitamente all’A.G., soluzioni giuridiche o prospettando soluzioni diverse a seconda della sensibilità e della collocazione “ambientale” dei beni e delle situazioni da affrontare, utilizzando principi di diritto civile, amministrativo, societario. Penso, esemplificativamente, sulla base dell’esperienza presso la SAMP: ai contratti di locazione stipulati, in deroga alla attuale disciplina, per la durata di anni 1 o sottoposti alla condizione risolutiva della definitività della procedura: ai provvedimenti di sgombero; ai contratti di affitto di azienda, ai rapporti con il Monopolio dello Stato in caso di sequestro di tabaccherie; alle decisioni prese in ordine ad offerte di vendita a prezzi ribassati per pagare i dipendenti; alla possibilità di scalare dai canoni opere di ristrutturazione dell’immobile per adeguarsi alla normativa europea per gli impianti elettrici o del gas; alla vendita di pacchetti azionari o obbligazionari per investire il ricavato in titoli non aleatori; alla vendita di autovetture, quando si decida di non affrontare le spese di custodia ed il deprezzamento rapido del bene in attesa della definitività della confisca; alla tutela dei terzi - creditori chirografari - ed alle ipotesi di vendita di azienda al proposto con patto di riservato dominio; alla tenuta del conto di gestione in previsione della verifica della regolarità del conto ed all’udienza di rendicontazione: agli incidenti di esecuzione, revoca ex art. 7, l. 1423/56 ed accertamento della buona fede dei terzi alla luce della sentenza delle Sezioni Unite del 19 dicembre 2006 (57/07 Auddino). Si pensi ancora ai problemi di interferenza e di eventuale conflitto tra misure patrimoniali antimafia e procedure esecutive ed ai difficili rapporti tra procedimento di prevenzione e procedure concorsuali risolti con il criterio della prevenzione temporale o con la prevalenza in ogni caso del sequestro antimafia o della prevalenza in ogni caso del fallimento ovvero del criterio della coesistenza dei procedimenti, criteri succedutisi e determinati dalle pratiche difficoltà di gestione incontrate da tutti coloro che si sono dovuti confrontare in concreto con i problemi di gestione. L’elenco potrebbe continuare con casi pratici, essendo molteplici le situazioni da affrontare. Delicata quindi la figura dell’Amministratore essendovi numerosi, concreti problemi di gestione determinati da una carenza normativa di fondo. In questo senso sarà importante l’emanazione del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione di cui alla già citata l. 13 agosto 2010, n. 136: il decreto 23 legislativo disciplinerà anche la materia dei rapporti dei terzi. Compito delicato quello dell’A.G, da svolgere con correttezza, ragionevolezza, buon senso e diligenza, potendo essere revocato in caso di incapacità o inosservanza dei doveri per effettuare una gestione efficace ed efficiente, soprattutto nel caso di sequestro di aziende: entro 6 mesi dalla nomina deve presentare al Tribunale una relazione particolareggiata sullo stato e consistenza dei beni aziendali sequestrati e sullo stato dell’attività aziendale; il Tribunale, sentito P.M. e A.G., ove vi siano reali e concrete prospettive di prosecuzione delle imprese, approva il programma e impartisce direttive per la gestione; l’A.G. provvede agli atti di ordinaria amministrazione, intendendosi per tali quelli rientranti nel limite di valore indicato dal giudice delegato sulla base dell’attività economica, della forza lavoro, del mercato (2sexies l. 575/65); per gli altri beni (art. 2septies l. 575/65): relazione particolareggiata al GD ed all’Agenzia entro un mese su consistenza e stato dei beni e successivamente con la frequenza indicata dal GD, relazioni importanti anche perchè sulla base della stima del valore risultante dalla relazione e da altri atti giudiziari verrà fatta la destinazione da parte dell’Agenzia, segnalando altresì l’esistenza di altri beni che potrebbero essere oggetto di sequestro, di cui sia venuto a conoscenza. Inoltre l’A.G. provvede alle spese necessarie o utili per la conservazione e l’amministrazione dei beni, prelevandole dalle somme riscosse a qualunque titolo ovvero sequestrate o comunque nella disponibilità del procedimento. 26 Masse amministrate nell’ingorgo fiscale Enrico De Mita Professore emerito nell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano Diversi sono gli orientamenti sul regime fiscale dei beni sequestrati e sugli obblighi degli amministratori giudiziari che andrebbero definitivamente chiariti dal legislatore a complessità dell’argomento di cui trattiamo deriva oggettivamente da una disciplina normativa del tutto carente. Sul regime fiscale dei beni sottoposti a sequestro di prevenzione e sugli obblighi fiscali degli amministratori giudiziari si riscontrano diversi orientamenti che espongono coloro che hanno ricoperto il ruolo di amministratore giudiziario, a difendersi innanzi alle Commissioni Tributarie. Da alcuni si invoca uno “statuto fiscale speciale” per i patrimoni sequestrati / confiscati alle organizzazioni criminali, soprattutto per garantire il custode / amministratore giudiziario da insidiose problematiche, qual è, per esempio, il mancato adeguamento, in sede di dichiarazione dei redditi, allo strumento accertativo degli studi di settore in presenza di sequestro antimafia, totalitario delle quote e dell’intero patrimonio di una società di capitali o di persone. Tra i riferimenti normativi preferiti dall’Amministrazione Finanziaria c’è l’art. 187 del Tuir in materia di eredità giacente. L Da una parte l’orientamento dei Tribunali (sono note le direttive del Tribunale Ordinario di Napoli): l’assenza di disciplina espressa sugli eventuali obblighi dell’amministratore giudiziario porterebbe ad escludere che l’amministratore giudiziario debba adempiere ad alcun obbligo di carattere fiscale, non detenendo la veste di soggetto passivo d’imposta. Il punto di partenza è che, in caso di confisca definitiva, i beni sequestrati in sequestro penale preventivo ex art. 321 cpp e 12 sexies L. n. 356/1992, nonché in sequestro di prevenzione ex L. n. 575/1965 (beni sequestrati ai mafiosi), entrano a fare parte del patrimonio dello Stato, con effetto retroattivo e conseguente esenzione ab origine delle imposte ex art. 74 Tuir: il Tribunale di Napoli, II sez. Penale, con la direttiva di gestione del 24 giugno 2005 ha osservato che l’attuale normativa non prevede alcuna specifica disposizione legislativa in ordine al regime fiscale dei beni sottoposti a sequestro di prevenzione. Del resto, lo stesso legislatore, quando ha ritenuto di dovere porre a carico di soggetti terzi specifici adempimenti ed obblighi di natura fiscale, ha dettato espresse disposizioni come risulta, in particolare, per gli obblighi del curatore del fallimento di cui all’art. 74 bis Dpr 633/72; sempre il Trib. di Napoli, III sez. Penale, con direttiva di gestione 17 luglio 2008, ha stabilito che le imposte di carattere personale devono essere assolte con le disponibilità economiche del sottoposto o terzo intestatario e non dalla custodia giudiziaria. Egli non è tenuto, quindi, a richiedere l’attribuzione di codice fiscale per l’amministrazione giudiziaria; non è tenuto agli obblighi e attività del curatore dell’eredità giacente. La Dottrina del Fisco, con circolari e risoluzioni, porta una lettura restrittiva e penalizzante per la posizione e le responsabilità dell’amministratore giudiziario. Per quanto (v. Cass. SSUU 23031/2007) la cd. interpretazione ministeriale, la “Dottrina del Fisco”, non vincoli né contribuenti né interpreti né costituisce fonte di diritto, comunque, gli Uffici tendono a sovrapporre e confondere la figura dell’amministratore giudiziario con quella del curatore fallimentare, del commissario liquidatore o amministratore giudiziario di nomina L’intervento 27 civilistica, o ancora del curatore dell’eredità giacente. Linee operative del Ministero dell’Economia e delle Finanze e dell’Agenzia delle Entrate Secondo la circolare n. 156/E del 2000, i redditi derivanti dall’amministrazione dei beni sequestrati sono soggetti a tassazione, non potendosi ritenere esclusi detti redditi dalla tassazione ex art. 14, comma 4°, L. 537/1993. Nella risoluzione n. 195/E, in data 13 ottobre 2003, l’Agenzia delle Entrate sottolinea che, fiscalmente, la custodia giudiziaria non configura una mera detenzione cautelare dei beni. Il custode/amministratore giudiziario, infatti, non si limita a preservare l’integrità dei beni soggetti al sequestro, sotto la diretta sorveglianza del Giudice competente. Il custode/amministratore giudiziario è, pertanto, tenuto a presentare, nei termini ordinari, le dichiarazioni dei redditi relative ai periodi d’imposta interessati dalla custodia giudiziaria / amministrazione giudiziaria, con il conseguente obbligo di effettuare i versamenti dei tributi ivi liquidati. Soggetto passivo d’imposta sarebbe colui che ha assunto, con effetto retroattivo, la titolarità dei beni sequestrati e, quindi, il soggetto passivo d’imposta individuato a posteriori, con effetto ex tunc sarebbero le persone fisiche “spogliate” degli immobili e che dovessero tornare nel loro pieno godimento. Nella risoluzione n. 62/E del 2007 l’Agenzia delle Entrate considera i beni sequestrati come un patrimonio separato, in cui il custode giudiziario esercita in via provvisoria l’amministrazione di un patrimonio, Foto Imagoeconomica nell’attesa che lo stesso sia devoluto ad un soggetto che, in costanza di sequestro, non è individuato a titolo definitivo e che, pertanto, non ne ha la disponibilità. La Legge delega La disciplina fiscale delle masse in misura di prevenzione patrimoniale (con rito dell’esecuzione penale) è oggetto di nuova disciplina da parte del legislatore L. 13 agosto 2010 n. 136 (Piano straordinario contro le mafie, nonché delega al Governo in materia di normativa antimafia, in G.U. 196/2010). Ex art. 1, comma 3, numero 6) lettera h) di tale legge, che ha fissato principi e criteri direttivi, il Governo dovrà emanare decreti legislativi con cui disciplinare la tassazione dei redditi derivanti dai beni sequestrati, prevedendo che: la tassazione stessa sia effettuata con riferimento alle categorie reddituali previste dal Tuir; la 28 L’intervento tassazione medesima sia effettuata in via provvisoria, in attesa dell’individuazione del soggetto passivo d’imposta a seguito della confisca o della revoca del sequestro; sui redditi soggetti a ritenuta alla fonte derivanti dai beni sequestrati, sia applicata, da parte del sostituto d’imposta, l’aliquota stabilita dalle disposizioni vigenti per le persone fisiche. Non trova ancora disciplina il caso di dissequestro di masse patrimoniali avulse, durante la gestione giudiziaria in incertam personam, dalle persone fisiche che ne sono proprietarie. La DRE Lombardia si è di recente pronunciata su un’istanza di interpello ordinario di un custode giudiziario di beni soggetti a sequestro penale preventivo - ex artt. 321 cpp, 12 sexies, d.l. 8 giugno 1992 n. 306, convertito nella L. n. 356/1992, 104 D. Att. cpp, disposto con decreti di un Gip presso il Tribunale Ordinario di Milano, beni successivamente dissequestrati, che non aveva versato l’IRES se non in fase iniziale. Anche secondo la DRE Lombardia 22 luglio 2010 bisogna richiamare l’istituto dell’eredità giacente: l’art. 12-sexies, comma 4 bis del DL 306/1992 ha esteso ai casi di sequestro e confisca previsti dai commi da 1 a 4 del medesimo articolo, relativi a procedimenti per determinati delitti – le disposizioni in materia di amministrazione dei beni sequestrati e confiscati previste dagli articoli 2-quater e da 2sexies a 2duodecies della Legge 575 del 1965: i beni sequestrati, in attesa di confisca o di restituzione al proprietario, sono assimilabili ad un patrimonio separato, come l’eredità giacente (art. 187 Tuir); il soggetto passivo sarà individuato solo a posteriori ma con effetto retroattivo ex tunc nello Stato o nell’indiziato, a seconda che il procedimento si concluda con la confisca oppure con la restituzione dei beni; l’amministratore giudiziario opera come rappresentante in incertam personam; curando la gestione del patrimonio per conto di un soggetto non ancora individuato e nei suoi confronti possono essere applicate le regole generali e gli stessi obblighi previsti per il curatore dell’eredità giacente; confisca: il rapporto provvisorio si consolida in modo definitivo per confusione tra soggetto passivo e attivo ex art. 74 Tuir nello Stato; dissequestro: soggetto passivo di imposta, con effetto ex tunc, sono le persone fisiche proprietarie dei fabbricati, a carico delle quali andrebbero applicate le relative imposte; i fabbricati soggetti alla misura di prevenzione andrebbero tassati secondo le regole di determinazione dei redditi di fabbricati (art. 36 Tuir); sarebbero dovute sanzioni tributarie per omesso o ritardato versamento di acconti di imposta, tenuto conto che l’Agenzia, con le sue circolari, avrebbe fornito indicazioni relativamente ai sequestri penali preventivi; con riferimento all’anno d’imposta in cui viene a cessare la misura di prevenzione patrimoniale, i redditi dei beni sottoposti a sequestro verrebbero inclusi nella dichiarazione presentata dai soggetti a cui gli stessi sono stati restituiti; per gli esercizi antecedenti l’anno d’imposta in cui viene a cessare la misura di prevenzione patrimoniale dovrebbe avere luogo la liquidazione definitiva delle imposte ad opera dell’Amministrazione finanziaria. Conclusioni L’art. 1, n. 6, lett. h), L. 136/2010, sopra richiamato, delega il Governo per disciplinare la tassazione dei redditi derivanti dai beni sequestrati, pone alcuni riferimenti normativi alla nostra discussione: la tassazione dovrà essere effettuata con riferimento alle categorie reddituali previste dal Tuir e in via provvisoria, in attesa dell’individuazione del soggetto passivo d’imposta a seguito della confisca o della revoca del sequestro; sui redditi soggetti a ritenuta alla fonte derivanti dai beni sequestrati, dovrà essere applicata, da parte del sostituto d’imposta, l’aliquota stabilita dalle disposizioni vigenti per le persone fisiche. Alla luce di quanto esposto non è condivisibile la lettura delle circolari dell’Agenzia delle Entrate. Sul piano teorico, non si possono applicare all’amministratore giudiziario (sequestro anti-mafia) o al custode giudiziario (sequestro giudiziario) le norme previste per il curatore fallimentare o per il curatore dell’eredità giacente, trattandosi di ricchezze provvisoriamente immobilizzate e destinate, comunque, ad essere distribuite. Sul piano pratico, è consigliabile, mediante interpello, interrogare le Direzioni delle Entrate territorialmente competenti, al fine di concordare le modalità operative. Di certo bisogna escludere l’applicabilità delle sanzioni amministrative tributarie per obiettive condizioni di incertezza (art. 6, comma 2°, D.lgs. 472/97), comunque per difetto dell’elemento soggettivo (art. 5, D.lgs. 472/97). 30 Cambio di passo nella gestione e destinazione dei patrimoni illeciti Vincenzo Giglio Presidente Sezione Misure di Prevenzione - Tribunale di Reggio Calabria Messi in campo dallo Stato nuovi strumenti per contrastare il fenomeno. Da sempre determinante il contributo del commercialista l secondo Congresso nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili italiani, tenutosi a Napoli nell’ottobre del 2010, è stato animato dall’idea che questa importante categoria professionale operi “per un Paese migliore”. Che anche i commercialisti avessero un’anima lo si diceva tanti anni fa in una brillante piece teatrale. Che vogliano metterla al servizio del loro Paese è una scoperta un po’ più recente e naturalmente non può che far piacere per varie ragioni: perché dei professionisti rivendicano il diritto di agire non solo come mera corporazione ma come vera e propria classe sociale, perché così facendo contribuiscono al recupero di un’identità comunitaria che mai come in questi anni è stata così fragile e perché mettono a disposizione del bene comune un patrimonio di conoscenze e di tecniche davvero invidiabile. Esistono naturalmente vari contesti in cui questa rivendicazione identitaria può manifestarsi. La mia funzione professionale responsabile della sezione delle misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria - mi rende testimone I di qualcosa che è già avvenuto e continua ad avvenire con crescente intensità e che, dal mio punto di vista, rende profondamente vera l’idea congressuale. Mi riferisco alla collaborazione, ma sarebbe più corretto parlare di condivisione, che ormai da un ventennio si è instaurata tra magistratura ed esperti contabili nella gestione dei beni sequestrati e confiscati agli indiziati di appartenenza ad organizzazioni criminali. Quando cominciai ad occuparmi di questa funzione giurisdizionale erano i primi anni Novanta - la legge “Rognoni - La Torre” e dunque l’introduzione delle misure preventive patrimoniali erano parte del nostro sistema normativo da circa dieci anni. Erano già stati sequestrati e di seguito confiscati importanti patrimoni a boss di ogni rango eppure la loro amministrazione aveva una patina di staticità e l’idea di fondo, almeno quella prevalente, era che le imprese dovessero esser chiuse, i fondi agricoli al massimo ripuliti dalle erbacce, gli immobili al più ritinteggiati periodicamente. La visione retrostante, non esplicitata con chiarezza ma fermamente sostenuta nei fatti, era che i beni già appartenuti a mafiosi dovessero essere tenuti in una specie di limbo, che ci si potesse contaminare già solo a toccarli, che l’unica cosa che ci si potesse fare era quella di sterilizzarli per evitare che generassero mali tremendi. Poi è iniziata una stagione di segno totalmente diverso. Si è compreso che quelle prassi dovevano essere accantonate non solo perché frustravano vari precetti legislativi e disperdevano o impoverivano beni che spettavano alla collettività ma anche, forse soprattutto, perché contribuivano a contrabbandare l’idea che, mentre la mafia dava lavoro e salari e pace sociale, lo Stato li distruggeva nello spazio di un mattino. I miei colleghi ed io comprendemmo subito che il cambio di passo che avevamo in mente richiedeva la selezione in tempi rapidissimi di un’ampia schiera di professionisti cui affidare gli incarichi di amministrazione giudiziaria; si trattava, si badi bene, non solo e non tanto di trovare singole persone cui assegnare specifici incarichi quanto L’intervento piuttosto di individuare e formare un vero e proprio ceto, prima inesistente, di soggetti che, al di là delle mere funzioni custodiali, avrebbero dovuto assumere compiti di amministrazione attiva fino al punto di trasformarsi talvolta in capitani d’azienda; esigenza, quest’ultima, tanto più difficile da soddisfare in una terra come la mia che solo di recente e con difficoltà si è avvicinata alla cultura d’impresa. I dottori commercialisti furono tra i protagonisti di quella nuova stagione e seppero interpretarla nel migliore dei modi. Da allora sono passati molti anni, quasi venti come dicevo, e nel frattempo sono successe molte cose. La ‘ndrangheta’ si è consolidata al punto da essere unanimemente riconosciuta come la più pericolosa mafia italiana e le sue ricchezze complessive ed il suo giro di affari hanno raggiunto livelli ormai stimabili in percentuali del Pil. Lo Stato, sia pure con qualche non trascurabile ritardo, ha finalmente compreso l’entità del fenomeno ed ha messo in campo strumenti di ogni tipo per fronteggiarlo adeguatamente, consegnando alla magistratura un potere di intervento che non ha pari nella storia repubblicana. I sequestri e le confische si susseguono incessanti, in parallelo ai 31 più importanti ed attuali procedimenti penali. Continuano ad essere aperte amministrazioni giudiziarie di beni sottratti a criminali ed i giudici penali e della prevenzione continuano ad avere commercialisti tra i loro interlocutori più affidabili ed esperti. Molte questioni sorte sul campo sono state individuate e risolte grazie a questa costante collaborazione e si sono formate e consolidate importanti prassi applicative e veri e propri protocolli che costituiscono un aiuto prezioso per gli operatori. In questo contesto si è di recente inserita come protagonista di primo piano l’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata. Le funzioni di questo organismo e le sue prime attività lasciano ben sperare che la collaborazione tra magistratura e categorie professionali non solo non sia destinata ad impoverirsi, ma anzi possa trovare nuova linfa e nuovi spazi. In conclusione: le mafie sono ancora vive e vegete e fortemente pericolose per la sicurezza ed il benessere della comunità nazionale; lo Stato tuttavia non sta nell’angolo, non si limita ad incassare colpi ma, al contrario, reagisce con nuovi e più avanzati strumenti, con una maggiore consapevolezza, cercando ed ottenendo ancora più che in passato la collaborazione e l’intelligenza dei soggetti sociali che hanno titolo di partecipare a questa lotta di liberazione dallo strapotere mafioso. I dottori commercialisti e gli esperti contabili sono scesi in campo e stanno fornendo un contributo impareggiabile, lavorando davvero per un Paese migliore. Fuori Campo Ma quanto è bello lavorare per il tribunale Giannetti Per dare a tutti più possibilità mettiamo un bel limite al cumulo degli incarichi e ponderiamolo pure con le quote di genere ’attività per conto del tribunale, in qualità di ausiliari o delegati del giudice, è una delle più qualificanti tra quelle che caratterizzano l’operatività tipica dei commercialisti italiani. Non tutti se ne occupano, perché è una materia da specialisti in cui non ci si può improvvisare, ma quelli che lo fanno ne traggono grandi soddisfazioni. Il rapporto con i magistrati, tanto per cominciare. Per nulla consapevoli del potere che possono esercitare sotto forma di distribuzione di incarichi, che a volte sono estremamente interessanti ed a volte sono dei veri e propri service gratuiti alla collettività, i magistrati tendono a instaurare con il commercialista un rapporto assolutamente paritario. L’aspetto però ancora più importante e che fa onore alla nostra professione, è che, prima ancora, è il commercialista a non prendere in considerazione altro modo di rapportarsi con il magistrato, rifuggendo da forme di captatio benevolentiae che ne degraderebbero il prestigio e l’autostima. È vero, si hanno notizia di commercialisti che, in giornate L particolarmente uggiose, si sono distesi in tutta la loro lunghezza per consentire a magistrati di attraversare indenni fastidiose pozzanghere all’uscita del tribunale. Così come è vero che, durante alcune occasioni conviviali interprofessionali, se un magistrato a un tavolo di commercialisti racconta una barzelletta, fosse anche la barzelletta più patetica che mai sia stata concepita, si sentono fragorose risate con tanto di convulsioni, scompisciamenti annessi e richiamo dell’attenzione presso i tavoli vicini, affinché nessuno perda la possibilità di ascoltare la strepitosa facezia magistralmente raccontata (anzi: magistratamente raccontata). Si tratta però di comportamenti senza secondi fini che fanno parte della innata e squisita cortesia che è propria del Dna di qualsiasi commercialista. Fosse anche un praticante di studio a raccontare quella stessa barzelletta un po’ passatella nello stesso modo un po’ noioso, non vi è dubbio alcuno che il dominus riderebbe comunque con la stessa amabile cortesia. Dopodiché, ovviamente, suggerirebbe al giovine di darsi al cabaret e lo caccerebbe fuori dallo studio a calci nel sedere, salvo trovarselo alcuni anni dopo in tribunale, fresco del superamento dell’esame per entrare in magistratura e assegnato alla sezione fallimentare del locale tribunale. Sai allora le risate fino alle lacrime? Perché la vita è dura, quando devi lottare incarico su incarico ogni santo giorno. Al Sud, poi, questo tipo di tensione è ancora maggiore, perché la minore vivacità del tessuto economico tende a far diventare il lavoro con il tribunale da una delle possibili strade che un commercialista può intraprendere, all’unica vera strada che gli può consentire di fare un vero cammino. Una cosa che però nessuno è ancora riuscito a spiegare è come mai, se nel Sud le imprese da seguire come consulenti o sindaci sono molte di meno che al Nord, i fallimenti da seguire come curatori sono invece in numero ragguardevole. Come diavolo fanno a fallire queste imprese se manco ci sono? Vengono costituite già fallite per fare prima? Meglio non farsi certe domande. Chiediamoci allora piuttosto se non sarebbe il caso di prevedere un limite al cumulo degli incarichi assegnati dai tribunali, magari con una strizzatina d’occhio alle quote di genere, temi entrambi che ultimamente vanno 33 molto forte nel dibattito interno alla categoria. Si potrebbe pensare a qualcosa tipo: se il magistrato che assegna l’incarico è un uomo e il commercialista cui è assegnato l’incarico è un uomo pure lui, l’incarico pesa 5; se però il magistrato che assegna l’incarico è una donna e il commercialista cui è assegnato l’incarico è una donna pure lui, l’incarico pesa zero e non ci sono limiti. Naturalmente, bisognerebbe poi prevedere dei pesi anche nei casi in cui il magistrato che assegna l’incarico è un uomo e il commercialista cui è assegnato l’incarico è una donna, o viceversa. In questi casi transgenici, però, più che un vero e proprio limite inderogabile al cumulo degli incarichi sarebbe forse più opportuna una soglia di criticità derogabile, lasciando poi al Consigliere nazionale Luciano Berzè, già estensore delle norme di comportamento del collegio sindacale, il compito di spiegare come una soglia di criticità derogabile possa in realtà essere ancora più stringente di una limite al cumulo inderogabile. Sembra infatti che, degnamente supportato dal Consigliere nazionale Andrea Bonechi, abbia cercato di spiegare questo lapalissiano concetto in occasione di una cena con la Giunta nazionale dell’Unione giovani dottori commercialisti ed esperti contabili. Per altro, molti dei partecipanti a quella cena non hanno ancora capito se i due ci credevano veramente o stavano solo facendo esercizi di supercazzola, in stile Tognazzi nel film “Amici miei”, per prepararsi a future e più impegnative sfide di convincimento dell’impossibile. La verità è che probabilmente non lo hanno ancora capito nemmeno loro. 35 Marcello Febert Reggio Calabria 25 febbraio 2011: il grande evento Evoluzione e futuro della professione: funzioni giudiziarie, revisione legale e previdenza Ospiti i massimi vertici della categoria (presidente e segretario del Cndcec), i presidenti delle due Casse previdenziali e tutti i Sindacati di categoria, con in prima fila la sempreverde Vilma. Con queste premesse, redigere un articolo sulle nostre funzioni di ausiliario del giudice, poteva sembrare come tirare un calcio di rigore a porta vuota. Si parte. Affronto i saluti con un’evidente emozione, cerco di essere più rapido che mai, non voglio rubare spazio ai numerosi relatori che l’amico Tony ha invitato a partecipare alla tavola rotonda. La partenza è sciolta, il must reggino ormai è famoso in tutta Italia; i relatori lo sanno, nel loro intervento devono inserire delle parole astruse che diabolicamente vengono rilasciate solo al fischio di inizio. Questa volta si va a tema! Per tutti l’argomento è unico “L’unità d’Italia”, si passa dal Buonarroti a Pisacane, dalla Giovine Italia ai moti carbonari; le premesse per un convegno “sereno” ci sono. Tutto sembra filare liscio, fin quando, incalzati dal bravo Ignazio Marino, si inizia a toccare il tema della previdenza. FUSIONE SI’, FUSIONE NO… la terra dei cachi Apriti cielo! Ai più anziani colleghi è sembrato di rivivere i moti del ’70. Si è passati dal convegno “pubblicità pasta Barilla” al convegno spumeggiante modello “Ballarò”, con i colleghi presidenti arroccati nelle loro posizioni. Saltarelli «Siamo oggetto di insolenze, basta con le bugie» ed a tal fine ha rac- colto ben 10 milioni di firme da inviare al collega Anedda dal testo: I nostri conti sono a posto! Primo firmatario Geppetto, secondo… omissis. La risposta di Anedda non si fa attendere «Il problema non è un problema; restiamo separati a costo di essere insolenti», e via con la raccolta di 20 milioni di firme: Non ci avrete mai!! Primo firmatario il collega Gregge, il secondo… omissis. E così dopo mesi e anni di discussioni son bastati pochi minuti per far perdere al presidente Siciliotti il proverbiale aplomb: «Siamo un’unica categoria di professionisti, tecnici competenti in bilanci e gestioni, inoltre ci proponiamo all’esterno come abili mediatori, ed in questa vicenda stiamo fallendo come tecnici e come mediatori». Ed ancora il segretario Sganga «Il fallimento è sancito dal fatto che dei nostri iscritti, quali sono gli esperti contabili, siano costretti a versare i contributi previdenziali all’INPS». Come se, aggiungo io, quell’EC alla fine di ogni acronimo che accompagna le nostre sigle sia destinato a diventare un banale ecc… eccetera… eccetera. Tra il dire e il fare Ah, dimenticavo, le funzioni giudiziarie. Beh, per quanto riguarda il nostro ruolo ci misuriamo sul campo (anche con altre professioni) e, come testimoniano in questo numero le autorevoli personalità che ospitiamo, riusciamo ad emergere quotidianamente, grazie alla nostra multidisciplinarità, alla nostra versatilità, al nostro intuito ed alla nostra ecletticità; il tutto rimboccandoci le maniche creando, anche delle prassi virtuose, contornando la nostra azione di poche parole e di molti fatti… per il resto: io speriamo che me la cavo. 36 Primo Piano L’economia criminale, un fenomeno né nuovo né circoscritto di Antonino Dattola Tesoriere UNGDCEC, Ordine di Reggio Calabria Maurizio Occhiuto Ordine degli Avvocati di Reggio Calabria Analizzando le relazioni tra l’economia reale e le imprese criminali e le modalità di come queste si manifestano e condizionano l’ambiente socio-economico di riferimento, si possono delineare i tratti strutturali ed organizzativi della criminalità organizzata dal punto di vista economico. L’esperienza maturata dagli operatori del settore consente di tratteggiare nuovi concetti e nuove categorie, di matrice aziendalistica con i quali è bene confrontarsi e che sarebbe auspicabile fossero trattati scientificamente, per essere adeguatamente analizzati. Concetto cardine è quello di impresa criminale, che presenta dei tratti esclusivi rispetto alle imprese legali che operano sul territorio. Si tratta di imprese che non perseguono fonti di profitto tramite la libera concorrenza ma ricorrono a fonti di rendita attraverso l’esercizio del potere c.d. militare, assicurandosi il monopolio del territorio in cui operano con alleanze strategiche, che si concretizzano nell’esercizio di una attività militare. Le imprese criminali esercitano attività formalmente legali con l’utilizzo di capitali di provenienza illecita, alimentando un sistema che garantisce il controllo assoluto non solo dell’economia illegale, ma condizionando anche quella legale nel tessuto economico di riferimento. Fra i punti di forza delle imprese criminali si annovera l’avviamento mafioso, le cui peculiarità sono l’assenza del prezzo della legalità ed il privilegio di operare in un mercato ristretto, c.d. filiera criminale, in regime di monopolio o di oligopolio. L’avviamento mafioso è conseguenza dell’opera di controllo che le consorterie criminali operano sul territorio e sull’economia legale. Paradossalmente, in alcuni casi, l’impresa criminale è considerata più affidabile dello Stato tant’è che ove soffrisse di una carenza di liquidità non avrebbe difficoltà ad ottenere credito dal circuito bancario senza dover prestare particolari garanzie reali o personali. Essa non necessita di investire in ricerca e ristrutturazioni per essere competitiva sul mercato grazie alla sua forza intimidatoria, e non ha concorrenti sul mercato, se non quelli dalla stessa accettati. Non sopporta i costi imposti dalla legalità quali, ad esempio, la regolarizzazione dei dipendenti, il pagamento dei contributi previdenziali, il versamento delle imposte, il rispetto e l’adeguamento alle normative in materia di sicurezza del lavoro, di tutela della salute, del territorio, dell’ambiente. Le collusioni ed infiltrazioni a vari livelli negli apparati amministrativi, giudiziari e di controllo ne preservano, inoltre, l’esposizione ad accertamenti ed ispezioni garantendone l’impunità. Il comportamento illegale delle imprese criminali determina un sensibile vantaggio anche in termini di politica generale dei costi. Il potere economico del crimine rischia di ridurre il libero mercato e la libera concorrenza ad una semplice illusione, alterando i meccanismi del libero scambio, togliendo alle imprese legali risorse per investimenti produttivi, sviluppando le imprese prestanome che non creano ricchezza e sono capaci di drogare i mercati con i capitali illegali. Di non trascurabile importanza è, poi, il fenomeno della filiera criminale che porta l’impresa mafiosa ad acquisire beni e servizi rivolgendosi ad imprese della filiera anch’esse di natura criminosa, ed alimentando un mercato criminale a 360° gradi. L’azione di contrasto al potere economico della criminalità organizzata richiederebbe l’ulteriore sforzo dell’autorità governativa per attuare programmi che alimentino la sana crescita delle attività imprenditoriali, soprattutto in quelle aree geografiche definite ad alta densità criminale, e riempire così il vuoto lasciato dalle imprese illegali con la ricchezza prodotta da quelle legali. Necessita maturare la consapevolezza civile che per contrastare la criminalità organizzata non è sufficiente porre in essere solo degli episodici atti collettivi di resistenza, ma serve, che ciascuno di noi nell’adottare le scelte quotidiane del proprio vivere, compia “atti individuali di coerenza” per isolare ed isolarsi dal fenomeno delle mafie, per non cedere alle lusinghe dei suoi tanti equivoci ammiccamenti, per affermare il principio che ciò che spetta di diritto non può essere considerato un favore elargito e che non può esistere un libero mercato, una libera impresa senza la presenza di uomini che possano considerarsi autenticamente liberi. 37 Primo Piano Sequestro preventivo d’azienda, modalità di esecuzione di Renato Bissi ODCEC di Milano Il sequestro di prevenzione beni se non con un esperto di nomina giudiziaria. di cui alla legge n. Di incerta applicazione è, invece, il sequestro dei crediti, 575/1965 ed il sequestro penale preventivo ex art. 321 cpp come risultanti dall’attivo dell’impresa, all’atto di azienda impongono all’amministratore giudiziario dell’esecuzione. Tali crediti vanno da subito interessati al l’individuazione dei beni all’atto della sua immissione in sequestro nelle forme del pignoramento. Tuttavia l’ufficiale possesso. Nel procedimento di prevenzione l’art. 2 quater giudiziario e l’amministratore giudiziario non possono legge n. 575/1965 richiama, per l’esecuzione della misura conoscerne il presumibile valore di realizzo all’atto patrimoniale, l’art. 104 D.Att. cpp. Secondo tale disposto dell’esecuzione della misura cautelare. Per cui l’ufficiale il sequestro penale preventivo va eseguito sui mobili e sui giudiziario procede ad una loro ricognizione e descrizione crediti, secondo le forme prescritte dal cpc per il a verbale sulla base delle scritture contabili disponibili. pignoramento presso il debitore o presso il terzo in L'art. 492 cpc è norma generale che si riferisce a tutti i quanto applicabili. tipi di pignoramento, qualunque ne sia l'oggetto. Da esso Da notare che la formula oltre che di cui alla lettera c, emerge che il pignoramento è costituito, significa in aggiunta. Quindi sui mobili e sempre, dall’ingiunzione che l'ufficiale sui crediti relativi all’azienda occorre l’intervento dell’ufficiale giudiziario. Nei “... il mancato intervento giudiziario rivolge al debitore di astenersi loro decreti i Tribunali di prevenzione ed i dell’ufficiale giudiziario dal compiere qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito i beni GIP, per il sequestro penale preventivo, non investe solo aspetti pignorati ed i loro frutti. In ogni caso trascurano tale profilo. Con questo formali. Esso può l’amministratore giudiziario deve esprimere ponendo gli amministratori giudiziari e determinare una ridotta all’ufficiale giudiziario formale riserva di gli organi di polizia giudiziaria, incaricati dell’esecuzione delle misure, nella garanzia dei crediti verifica dell’ammontare dei crediti in vista necessità di vicariare le funzioni dell’azienda in sequestro, delle sue successive analisi ed attività gestorie. In tale contesto il mancato dell’ufficiale giudiziario, spesso assente. se non la mancata intervento dell’ufficiale giudiziario non L’ufficiale giudiziario, col suo intervento, possibilità di realizzo investe solo aspetti formali. descrive i beni assoggettati alla misura dei crediti medesimi” Esso, in un quadro di gestione redditiva del cautelare, redigendo un verbale dal quale complesso aziendale, può determinare una risultano le operazioni eseguite e nel ridotta garanzia dei crediti dell’azienda in sequestro, se quale dà atto dell’ingiunzione fatta al proposto o indagato non la mancata possibilità di realizzo dei crediti di astenersi dal disporre dei beni in sequestro. Inoltre, medesimi. giusta l’art. 518 cpc e l’art. 161 D.Att. cpc, l’ufficiale Va poi ricordato che l’eventuale esercizio, da parte degli giudiziario nel suo verbale descrive le cose pignorate, amministratori giudiziari, delle funzioni dell’ufficiale nonché il loro stato, mediante rappresentazione giudiziario per il pignoramento, è da ritenersi contra fotografica, determinandone, approssimativamente, il legem. Esso può dare luogo a responsabilità civile per presumibile valore di realizzo con l’assistenza, se ritenuta danni ex art. 2043 cc; disciplinare per atti contrari ai utile, di un esperto stimatore da lui scelto. doveri della professione; amministrativa per eventuale Sotto altro profilo, va considerato che gli amministratori danno all’Erario. giudiziari, essendo tendenzialmente commercialisti o Per cui, all’atto della nomina, il professionista incaricato avvocati, non sono esperti in valutazione di beni mobili. deve chiedere e concordare l’intervento dell’ufficiale Per cui essi non possono procedere ad inventario giudiziario. (ovvero alla quantificazione di valori numerari) di detti CNDCEC-Report L’attività di febbraio a cura di Francesca Maione, Direttore del CNDCEC Informativa di sostenibilità nella comunicazione obbligatoria d’impresa Approvato dal Consiglio Nazionale il documento “Informativa di sostenibilità nella comunicazione obbligatoria d’impresa”, a cura della Commissione “Consulenza ambientale” del Cndcec. Il lavoro analizza il livello di recepimento nelle principali società italiane quotate alla Borsa italiana delle indicazioni, emanate dal Consiglio Nazionale, in materia di informativa sull’ambiente e sul personale presente nella relazione sulla gestione 2009. L’analisi riguarda, in particolare, il grado di articolazione e di approfondimento delle informazioni obbligatorie e volontarie presenti nella relazione sulla gestione, facendo specifico riferimento a quanto previsto dall’Allegato III, “Informazioni attinenti all’ambiente e al personale”, del documento “La relazione sulla gestione - art. 2428, codice civile - La relazione sulla gestione dei bilanci d’esercizio alla luce delle novità introdotte dal d.lgs. n. 32/2007”, approvato il 14 gennaio 2009 dal Cndcec. Nella ricognizione del grado di applicazione del documento sono evidenziate le best practice individuate nell’ambito del campione d’indagine. L’informativa relativa all’ambiente e al personale presente in tali best practice rappresenta non soltanto un buon livello di applicazione del documento citato, ma anche un punto di partenza per l’evoluzione della disclosure in tema di informativa Environmental, Social, Governance (ESG). Il testo del documento è consultabile sul sito Internet del Consiglio Nazionale (http://www.commercialisti.it) nella sezione “Informative del Cndcec” dell’Area “Servizi agli Ordini e Iscritti”. Trust e Immobili ICI Approvato dal Consiglio Nazionale il documento “Trust e Immobili I.C.I. - Agevolazioni Esenzioni”, a cura della Commissione “Il Trust” del Cndcec. Il lavoro pone l’attenzione sul trattamento degli immobili, ai fini dell’imposta comunale Ici, qualora tali beni siano compresi in un Trust. In particolare, si analizza la possibilità di applicare a tali immobili le agevolazioni previste per la prima casa o altre agevolazioni di tipo soggettivo. Il documento illustra, in premessa, le caratteristiche dell’imposta e dei regimi agevolati, con particolare riferimento agli enti non commerciali. Il testo del documento è consultabile sul sito Internet del Consiglio Nazionale nella sezione “Informative del Cndcec” dell’Area “Servizi agli Ordini e Iscritti”. Cessioni di unità abitative in esenzione da IVA tra rettifica della detrazione specifica e pro-rata generale Pubblicato sul sito del Consiglio Nazionale il documento “Cessioni di unità abitative in esenzione da IVA tra rettifica della detrazione specifica e pro-rata generale”, a cura della Commissione “Iva ed altre imposte indirette” del Cndcec. Nel lavoro vengono affrontate e commentate, anche alla luce della risoluzione della Agenzia delle entrate n. 112/E del 28 marzo 2008, le conseguenze della disposizione inserita dall’articolo 35, comma 8, lettera a), n. 1) del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, che ha introdotto la previsione di esenzione per le cessioni di fabbricati o porzioni di essi, a destinazione abitativa, effettuate dalle imprese costruttrici e dalle imprese che vi hanno eseguito gli interventi di cui all’articolo 31, comma 1, lettere c), d) ed e) della legge 5 agosto 1978, n. 457, entro quattro anni (cinque, dopo le modifiche introdotte dalla legge di stabilità per il 2011) dalla CNDCEC Report data di ultimazione della costruzione o dell’intervento. Il testo del documento è consultabile sul sito Internet del Consiglio Nazionale nella sezione “Informative del Cndcec” dell’Area “Servizi agli Ordini e Iscritti”. IFRS-2 e ISA 11 Sono stati approvati dal Consiglio Nazionale i documenti “IFRS-2 Pagamenti basati su azioni” e “ISA 11 Commesse a lungo termine”, curati dalla Commissione “Imposte Dirette, Reddito d’Impresa e Operazioni Straordinarie” dell’Odcec di Roma e successivamente approvati dalla Commissione “Imposte dirette e reddito d’impresa” del Cndcec. Nel primo documento viene riportata una sintesi delle principali criticità derivanti dalle possibili divergenze tra le regole dettate dall’IFRS 2 Pagamenti basati sulle azioni e le norme sul reddito d’impresa contenute nel Tuir. Il lavoro tiene conto delle nuove disposizioni introdotte per i soggetti IAS adopter dalla legge 244/2007 (Finanziaria 2008) ed integrate dal d.m. 1° aprile 2009, n. 48 (Decreto IAS). Nel secondo documento vengono illustrati i maggiori profili applicativi del principio contabile internazionale IAS n. 11 e le connesse conseguenze di ordine fiscale. Il testo del documento è consultabile sul sito Internet del Consiglio Nazionale nella sezione “Informative del Cndcec” dell’Area “Servizi agli Ordini e Iscritti”. Principi di revisione Il Consiglio nazionale ha approvato il documento interpretativo “L’applicazione dei principi di revisione dopo il recepimento della direttiva 2006/43/CE”. Il decreto n. 39/2010, entrato in vigore il 7 aprile 2010, ha profondamente modificato il quadro normativo previgente sulla revisione contabile, raccogliendolo in un unico testo normativo. 39 Il provvedimento normativo disciplina i diversi aspetti della revisione legale dei conti: dai soggetti legittimati all’esercizio dell’attività, alla tenuta del registro, alle modalità di svolgimento della revisione, al sistema di vigilanza pubblica, al sistema sanzionatorio di natura amministrativa e penale. Il documento approvato analizza il particolare aspetto connesso alle modalità di svolgimento della revisione, con specifico riferimento ai principi da utilizzare nell’esecuzione dell’incarico. Il documento è consultabile sul sito Internet del Consiglio Nazionale nella sezione “Informative del Cndcec” dell’Area “Servizi agli Ordini e Iscritti”. Moratoria leasing ex legge 3 agosto 2009, n. 102 La Commissione “Norme e principi contabili” del Cndcec ha curato l’elaborazione del documento “La moratoria leasing ex L. 3 agosto 2009 n. 102: le implicazioni contabili nel bilancio del locatario”, approvato dal Consiglio Nazionale. Il documento prende in esame gli effetti contabili relativi alla sospensione del pagamento delle quote di capitale implicite nei canoni di leasing finanziario. Vengono, inoltre, illustrate le principali soluzioni suggerite dalla dottrina e dalla prassi professionale per individuare l’impostazione contabile ritenuta preferibile sulla base della vigente disciplina codicistica del bilancio. L’analisi è limitata alla sola impresa utilizzatrice non IAS nell’ipotesi che la sospensione del pagamento delle quote di capitale venga concessa in piena conformità al disposto dell’Avviso comune e delle indicazioni fornite dall’ABI. Il documento è consultabile sul sito Internet del Consiglio Nazionale nella sezione “Informative del Cndcec” dell’Area “Servizi agli Ordini e Iscritti”. 40 Diamo i Numeri Beni confiscati: migliora sensibilmente il tasso di destinazione degli immobili di Tommaso Di Nardo, IRDCEC A partire dal 2008, grazie al 6.482 beni confiscati. tasso di destinazione degli stessi per Commissario straordinario di Tra settembre 2005 e giugno 2008 il singola regione e per macroarea Governo che ha operato tra il 2007 e il dato migliora di 12 punti percentuali territoriale. L’articolazione territoriale 2009 e all’Agenzia nazionale per portandosi al 57,6%, mentre a fine del dato mostra come la performance l’amministrazione e la gestione dei 2009 si registra un ulteriore in questione sia molto evidente nelle beni sequestrati e confiscati alla miglioramento di circa 5 punti Isole e in particolare in Sicilia, regione criminalità organizzata che opera a percentuali sul mese di giugno dove nel 2010 si concentra il 45% di partire dal 2010, la gestione dei beni dell’anno precedente. Nel corso del tutti gli immobili confiscati in Italia. confiscati alla criminalità organizzata 2010 il tasso di destinazione degli La Sicilia, infatti, passa da un tasso di è sensibilmente migliorata. immobili confiscati continua a destinazione degli immobili confiscati I dati della tabella 1, ricostruiti sulla mostrare una straordinaria del 36,7% nel settembre 2005 al 42,1% base delle prime due relazioni performance raggiungendo a fine del giugno 2008 fino ad arrivare al pubblicate dal Commissario anno il 66%, con un miglioramento 55,9% di fine 2010. Ciò mentre tutte le straordinario e del primo rapporto complessivo, rispetto al dato riportato altre macroaree presentano valori annuale curato dall’Agenzia, mostrano del 2005, di 20 punti percentuali. superiori alla media nazionale. In in particolare l’evoluzione del tasso di Una performance ancora più particolare, si segnala il dato del destinazione degli immobili confiscati straordinaria se si pensa che la quasi Nordest che a fine 2010 raggiunge il dal 2008 al 2010. Alla tabella è stato totalità dei restanti beni confiscati da valore di 81%, anche se si tratta aggiunto il dato relativo al 2005 che ci destinare, pari a 3.347 a fine 2010, dell’area in cui il fenomeno è meno consente di effettuare ulteriori presentano criticità (ipoteche, quote diffuso: 197 beni immobili confiscati a significativi confronti sull’andamento indivise, incidenti d'esecuzione, fine 2010 su 9.857 in tutta Italia, dei beni confiscati e delle relative occupazioni senza titolo, affitti iscritti appena il 2%. destinazioni. durante il sequestro o ante sequestro Se consideriamo le quattro regioni più Il dato di partenza, riferito al 27 e ancora in vita, ecc.) tali di fatto da coinvolte nel fenomeno, vale a dire settembre 2005, è di un tasso di impedirne la destinazione. Sicilia, Campania, Calabria e Puglia, destinazione del 45,7%, ottenuto dal Nella tabella 1 sono riportati i dati che insieme ricoprono l’83% del totale rapporto tra 2.962 beni destinati su relativi agli immobili confiscati e al di immobili confiscati in Italia, dato 41 Tabelle Tabella 1. Immobili confiscati e Tasso di destinazione degli immobili confiscati. Anni 2005-2010 REGIONI 27.09.2005 30.06.2008 30.06.2009 31.12.2009 31.12.2010 peraltro costante negli ultimi anni e Imm. Conf. Tasso Imm. di dest. Conf. Tasso di dest. Imm. Conf. Tasso di dest. Imm. Conf. 15 73,3% 24 58,3% 42 38,1% BASILICATA 9 88,9% 11 81,8% 11 81,8% CALABRIA 1.097 56,2% 1.169 77,3% 1.300 75,8% 1.325 78,1% 1.443 75,3% CAMPANIA 1.005 54,2% 1.213 71,5% 1.323 69,2% 1.348 69,5% 1.417 67,7% di destinazione segua in realtà quella della Sicilia, pur presentando nel ABRUZZO Tasso Imm. di dest. Conf. Tasso di dest. leggermente in diminuzione rispetto al 44 56,8% 44 90,9% 2005 (84,5%), vediamo come la somma 11 81,8% 11 81,8% delle rispettive performance del tasso EMILIA ROMAGNA 53 50,9% 57 52,6% 66 53,0% 81 58,0% 83 68,7% FRIULI VENEZIA GIULIA 11 0,0% 14 78,6% 15 73,3% 17 64,7% 18 83,3% LAZIO 272 40,1% 329 67,8% 358 68,7% 363 73,8% 399 69,7% complesso valori medi più elevati, LIGURIA 10 10,0% 27 63,0% 27 70,4% 29 65,5% 32 68,8% passando dal 44% del 2005 al 64% del LOMBARDIA 377 55,4% 587 68,8% 655 80,0% 665 84,2% 767 77,6% 2010. MARCHE 0 4 25,0% 10 50,0% 11 54,5% 10 70,0% MOLISE 0 2 0,0% 2 0,0% 2 100,0% 2 100,0% Campania e Calabria presentano, però, un andamento un po’ diverso PIEMONTE 74 54,1% 100 76,0% 121 66,9% 121 69,4% 123 80,5% PUGLIA 424 40,6% 612 65,0% 722 67,3% 764 73,0% 820 77,9% SARDEGNA 68 88,2% 83 81,9% 84 92,9% 86 90,7% 86 95,3% rispetto a Sicilia e Puglia. La loro migliore performance in termini di SICILIA 36,6% 3.783 41,2% 4.075 46,3% 4.200 47,1% 4.466 55,9% TOSCANA 2.953 24 50,0% 28 75,0% 29 79,3% 37 62,2% 40 90,0% TRENTINO ALTO ADIGE 15 93,3% 15 100,0% 15 100,0% 16 93,8% 16 100,0% UMBRIA 0 VALLE D’AOSTA 0 VENETO 75 0 0 0 76,0% 71 0 0 94,4% 88,5% 78 confiscati è concentrata, infatti, nel 0 0 78 0 91,0% 80 tasso di destinazione degli immobili periodo tra il 2005 e il 2008. Nel 88,8% triennio successivo, la Campania vede NORDOVEST 461 54,2% 714 69,6% 803 77,7% 815 81,3% 922 77,7% NORDEST 154 63,6% 157 78,3% 174 74,7% 192 75,0% 197 80,7% CENTRO 296 40,9% 361 67,9% 397 69,0% 411 72,3% 449 71,5% 4 punti, mentre la Calabria vede arretrare il proprio tasso di MERIDIONE 2.550 53,0% 3.031 72,3% 3.400 71,0% 3.494 73,4% 3.737 73,2% ISOLE 3.021 37,8% 3.866 42,1% 4.159 47,3% 4.286 48,0% 4.552 56,6% ITALIA 6.482 45,7% 8.129 57,6% 8.933 60,5% 9.198 62,3% 9.857 66,0% Fonte: Elaborazione Irdcec su dati tratti da “Rapporto sui beni confiscati alla criminalità organizzata” Anni 2005, 2008, 2009 e 2011. Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. peggiorare la propria performance di destinazione di quasi 2 punti. La Puglia, invece, fa registrare un miglioramento nell’ultimo triennio di quasi 13 punti percentuali. Un ultimo dato riguarda, infine, il AZIENDE CONFISCATE PER SETTORI DI ATTIVITÀ AZIENDE CONFISCATE numero di aziende confiscate e la loro distribuzione per settore. I grafici 1.808 1.052 1.185 Altri 34% Costruzioni 28% mostrano come le aziende sottoposte a confisca nel triennio considerato siano in forte aumento, fenomeno 1.223 molto evidente nel corso del 2010, con un incremento percentuale rispetto a un anno prima del 48%, e siano per lo 30.06.08 30.06.09 31.12.09 31.12.10 Alberghi e ristoranti 10% più concentrate nei settori delle Commercio 28% costruzioni e del commercio, che insieme coprono il 56% del totale. 42 Pmi, la crisi non è del tutto alle spalle Una indagine internazionale, svolta su più di 1.750 piccole e medie imprese, dimostra come ancora non si possa parlare di vera e propria ripresa. Molte imprese non potrebbero sopravvivere ad un’altra recessione a cura di Giancarlo Attolini, Consigliere CNDCEC con delega agli Affari Internazionali S ono stati due anni impegnativi per le piccole imprese in tutto il mondo, ma ancora non si può parlare di vera e propria ripresa. Un numero preoccupante di piccole imprese ritiene di non disporre di liquidità sufficiente a sopravvivere ad un’altra recessione economica: questo il risultato di uno studio di Forbes Insights svolto in collaborazione con l’Association of Chartered Certified Accountants (ACCA), la Certified General Accountants Association of Canada (CGA-Canada) e il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC). Lo studio si basa su una ricerca svolta su più di 1.750 piccole e medie imprese (Pmi) aventi sede in Canada, Cina, Italia, Regno Unito, Singapore e Sud Africa, di cui 30% micro imprese con meno di 10 dipendenti. Il Cndcec ha collaborato allo sviluppo del progetto scientifico, nonché all’elaborazione dell’indagine, e ha successivamente curato la traduzione in italiano del report. Dall’indagine emerge che, mentre la maggior parte delle Pmi intervistate ritiene che sia ormai passato il momento peggiore della recessione, un numero sorprendentemente elevato di imprese - tra il 31% ed il 54% nei singoli Paesi, e pari a circa il 45% in Italia, incluse quelle che hanno sperimentato elevati tassi di crescita e sono quindi state interessate in misura minore dalla crisi globale - afferma di non disporre di liquidità sufficiente a sopravvivere ad un’altra crisi finanziaria. Le Pmi coinvolte nell’indagine affermano che la recessione le ha indotte a migliorarsi e che assumono ora solo rischi che sono in grado di gestire. Le imprese in espansione, prevalentemente nelle economie maggiormente dinamiche e non in Italia, stanno, inoltre, affrontando una concorrenza più dura e costi crescenti, che ne comprimono i margini di profitto. Secondo gli intervistati, sembra che i finanziatori, nel destinare i propri fondi, privilegino le Pmi di dimensioni maggiori e le grandi società piuttosto che le micro e piccole imprese. Si rileva, anche, che il credito non è utilizzato per finanziare il capitale circolante ma piuttosto per aumentare la capacità produttiva e tende sempre più a essere garantito dai beni personali o dell’impresa, mentre l’investimento nel capitale delle imprese è destinato alle acquisizioni e al finanziamento dell’espansione dell’impresa a livello locale ed internazionale. Poiché gli intermediari finanziari sono ormai poco propensi a finanziare il capitale circolante, ad assumere il rischio di credito dei clienti o a rifinanziare il debito, le aspettative delle Pmi si sono spostate sugli azionisti e sul credito di fornitura. Lo studio rileva che le imprese che si avvalgono maggiormente dei consulenti professionali o degli esperti hanno avuto una migliore performance: la consulenza professionale ha conferito alle Pmi, che hanno saputo metterla a frutto, maggiore fiducia nelle proprie possibilità di sopravvivenza, riducendo le necessità di finanziamenti in situazioni di emergenza e facilitando l’accesso al credito. Da qui le diverse raccomandazioni: nel definire piani di sviluppo e politiche di gestione del rischio, le Pmi devono tenere conto di fattori quali gli aumenti dei tassi di interesse, la volatilità dei tassi di cambio e l’inflazione; i governi possono aiutare a ridurre l’incertezza impegnandosi seriamente e in tempi brevi sul versante fiscale e della spesa pubblica, sulla politica monetaria e la relativa regolamentazione; i governi dovrebbero dedicarsi al rafforzamento dei sistemi di garanzie al credito per le Pmi, per offrire delle soluzioni laddove non sia possibile fornire sufficienti garanzie; un maggior numero di imprese dovrebbe sfruttare meglio le opportunità di finanziamento offerte dai rapporti di fornitura: i clienti di maggiori dimensioni offrono già opportunità di finanziamento ai propri piccoli fornitori Internazionale attraverso l’anticipo delle proprie fatture con società di factoring, mentre i governi, solitamente i clienti più solvibili delle Pmi, dovrebbero valutare l’offerta di modalità di finanziamento simili per i propri fornitori; i consulenti d’impresa e le agenzie pubbliche per lo sviluppo delle imprese devono dare la priorità a migliorare la capacità delle Pmi di accedere al credito e agli investimenti, dando informazioni chiare sulle esigenze informative dei finanziatori e proponendo altre fonti di finanziamento, quali ad esempio i business angels; i finanziatori devono specificare con chiarezza i criteri adottati per la concessione di prestiti o investimenti, nonché valutare la necessità di garanzie personali o su titoli in modo flessibile, caso per caso; le imprese dovrebbero fare uso delle informazioni finanziarie e sul credito relative ai propri clienti e assicurarsi a loro volta che le proprie informazioni finanziarie siano a disposizione dei potenziali partner commerciali; i governi dovrebbero riconoscere l’importanza cruciale del credito di fornitura quale componente rilevante del mercato finanziario, assicurando che le informazioni sul credito siano ampiamente disponibili e che i creditori possano ricorrere a strumenti efficaci per far valere i loro diritti (in Italia, per recuperare il credito per vie legali, occorrono circa 1.210 giorni, un dato che ci colloca al 157° posto nella classifica stilata dalla Banca Mondiale in “Doing Business 2011” ); i consulenti d’impresa e le agenzie pubbliche per lo sviluppo delle imprese dovrebbero individuare le Pmi sottocapitalizzate, e spronarle con forza a prendere provvedimenti, se necessario; i finanziatori dovrebbero riconoscere, nei loro contatti con le Pmi, il valore della consulenza professionale e considerare di invitare le imprese che non hanno ottenuto ciò che richiedevano a rivolgersi a professionisti per una consulenza. Il Cndcec ha, proprio in questa prospettiva, presentato all’ultimo Congresso Nazionale di Napoli dell’ottobre 2010, il progetto “La certificazione della capacità di credito” e il conseguente protocollo “Banche-imprese: ABI - Commercialisti - Unioncamere insieme per l’accesso al credito delle imprese”. I professionisti possono avere un ruolo fondamentale nel quadro dell’attuale crisi finanziaria, fornendo alle Pmi un valido supporto nell’effettuare scelte di finanziamento e nel business planning. Per sopravvivere alla crisi si sono rivelate decisive una buona pianificazione delle risorse finanziarie e la capacità di garantire l’accesso al capitale di terzi. Lo studio indica che le 43 modalità di finanziamento devono cambiare, in base alle necessità delle imprese e alla loro collocazione geografica. Per le micro e le piccole imprese, che costituiscono i clienti principali di moltissimi professionisti, è stato estremamente difficile ottenere finanziamenti durante la stretta creditizia: le competenze e la consulenza dei professionisti possono fornire a queste imprese un supporto adeguato per l’accesso al finanziamento e per la gestione dei propri flussi di cassa. ********* L’indagine “Small and Medium-Sized Enterprises: Rebuilding a Foundation for Post-Recovery Growth” (“Piccole e Medie Imprese: ricostruire le premesse per una nuova crescita”) pubblicata da Forbes, corredata delle 6 schede paese (Canada, Cina, Italia, Regno Unito, Singapore e Sud Africa) è consultabile gratuitamente, nelle versioni inglese e italiana, su www.commercialisti.it seguendo il percorso: area istituzionale, area internazionale, pubblicazioni ed eventi. ACCA ACCA (Association of Chartered Certified Accountants) è un organismo globale che riunisce i professionisti contabili. Mira ad offrire qualifiche professionali finalizzate ad un proficuo inserimento lavorativo nei settori contabilità, finanza e management. Sostiene 140.000 membri e 404.000 tirocinanti in 170 paesi, aiutandoli a sviluppare il loro percorso professionale nelle materie contabili ed aziendali, con le competenze effettivamente richieste dai datori di lavoro. Opera mediante un network internazionale di oltre 80 uffici e centri e più di 8.000 “Approved Employers” (iniziativa rivolta a “certificare” i datori di lavoro) che forniscono elevati livelli di sviluppo e formazione del loro staff. Si dedica inoltre a promuovere lo sviluppo della regolamentazione nell'ambito della contabilità, conducendo anche ricerche che contribuiscono alla crescita della reputazione e dell’immagine della professione. CGA-CANADA Istituita nel 1908, l’Associazione dei professionisti contabili del Canada (Certified General Accountants Association of Canada) riunisce 75.000 commercialisti e tirocinanti in Canada ed in altri 90 paesi. Professionisti in contabilità e gestione finanziaria, i commercialisti canadesi sono attivi nell’industria, nella finanza, nelle pubbliche amministrazioni e nella libera professione. CGACanada definisce i requisiti per ottenere la qualifica professionale e i principi cui i professionisti devono attenersi nell'esplicazione delle loro attività; offre inoltre formazione professionale continua, conduce attività di ricerca e rappresenta gli associati a livello nazionale ed internazionale. Ordini territoriali Milano: “Professionisti in prima linea nella gestione di beni sequestrati” di Fabio Pisani Rispondere all’esigenza di avviare uno scambio di esperienze professionali e di promuovere un accrescimento culturale su una materia - quella della gestione di masse patrimoniali in sequestro penale od in sequestro di prevenzione - che assume sempre più un’importanza centrale nell’ambito delle moderne strategie di contrasto alla criminalità. Sono i motivi che hanno indotto l’Ordine di Milano a promuovere un Convegno, organizzato dalla Commissione ausiliari del Giudice: “Il commercialista nella custodia giudiziaria e nell’amministrazione giudiziaria di beni in materia penale e di prevenzione”. Tra i relatori del convegno i magistrati milanesi Giuliana Merola e Alberto Nosenzo, il prefetto Mario Morcone, direttore dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, il professor Enrico De Mita, e i commercialisti Franco Novelli e Renato Bissi, entrambi componenti della Commissione ausiliari del Giudice dell’Ordine di Milano. In cifre Iscritti: 7669 di cui 2181 donne Età media: 49 Tirocinanti: 1187 di cui 437 donne Iscritti di età inferiore ai 40 anni: 1852 Iscritti Elenco speciale: 97 di cui 23 donne Un argomento di estrema attualità, anche per le recenti novelle legislative, che tocca pure la regione Lombardia, ora improntate ad esigenze di difesa sociale, ora ispirate a principi di garantismo. Dei dati offerti dall’Agenzia si rileva, infatti, che nel novembre 2010 la Lombardia era al 4° posto tra le regioni interessate a tali misure ablative, preceduta da Sicilia, Campania e Calabria. Il Tribunale di Milano è, tra l’altro, l’unico Tribunale del Nord Italia in cui è costituita una Sezione Autonoma Misure di Prevenzione. Mentre la Direzione Distrettuale Antimafia di Milano, anche di recente, ha disarticolato organizzazioni criminali applicando rilevanti sequestri penali preventivi. Inoltre, la vicinanza con le frontiere favorisce certamente condotte di riciclaggio, fondamentale reato di cerniera. “Questa attività di contrasto comporta, necessariamente - ha affermato il presidente dell’Ordine, Alessandro Solidoro, aprendo il Convegno -, la gestione di patrimoni o di aziende durante la fase giudiziaria. Gestione nella quale i commercialisti sono chiamati ad assumere incarichi di amministratore giudiziario o custode giudiziario. Compiti che richiedono specifiche competenze professionali e capacità di decisioni ragionevoli e concludenti. La materia Milano Solidoro: “Non vogliamo essere impiegati del Fisco” Per questo il presidente dell’Ordine lombardo auspica che il Consiglio Nazionale insista sulla campagna tesa alla semplificazione degli adempimenti Quali sono le principali peculiarità ed i problemi specifici che la categoria incontra nell’ambito territoriale dell’Ordine da te presieduto? Siamo una comunità di colleghi molto ampia con 7.800 iscritti a cui si aggiungono 1.200 tirocinanti. Ci muoviamo in un territorio importante dal punto di vista economico. Il nostro cliente è il singolo contribuente persona fisica, ma anche la Spa e la multinazionale. È un contesto sfidante, interessante ma esigente. Dobbiamo seguire a tutto tondo la vita di persone e aziende. Per questo il nostro sforzo in tema di formazione è assiduo, ma lo consideriamo indispensabile oltre che qualificante. L’Ordine è tenuto a mantenere alta l’attenzione sulle esigenze dei propri iscritti e non solo a livello formativo. Non possiamo non registrare il malessere derivante dal numero sempre più elevato di adempimenti da svolgere per conto della Pubblica Amministrazione. Sono vissuti come un mero aggravio di burocrazia, senza riconoscimenti di sorta e non remunerato. Abbiamo, sostanzialmente, la sensazione di fare da cuscinetto tra aziende e Pubblica Amministrazione. Inoltre, come tutti, dobbiamo fare i conti con la crisi: il professionista incontra spesso problemi nella riscossione delle parcelle come nella stessa gestione del proprio studio (in particolare quelli di medie dimensioni). Come pensi di sviluppare sul territorio i rapporti con le altre professioni? La nostra intenzione è evidenziare gli aspetti di vicinanza piuttosto che quelli di contrapposizione. Con avvocati e consulenti del lavoro abbiamo in essere accordi per il reciproco riconoscimento dei corsi di formazione e l’assegnazione dei crediti. Spero a breve di definire un analogo accordo con i notai. Ciò non toglie che siamo consapevoli delle differenze. Per legge non siamo titolari di riserve normative, ma abbiamo soltanto il riconoscimento di alcune competenze specifiche. Per questo il nostro atteggiamento mentale verso il mercato dev’essere di maggior apertura e ci ha portato a essere tra i primi a consentire forme di pubblicità degli studi e a parlare di derogabilità di minimo tariffario. Cosa ti aspetti dal rapporto con il Cndcec e quali sono le forme di collaborazione che pensi di suggerire ai vertici nazionali? Per prima cosa auspico un maggior coinvolgimento nei processi decisionali. Occorre, a mio parere, prestare più attenzione alle istanze dei territori e condividere alcune scelte importanti della gestione operativa. Penso per esempio al sistema sanzionatorio degli inadempimenti degli iscritti riguardo alla formazione obbligatoria: le ricadute sul rapporto con i colleghi sono poi prevalentemente a livello locale. Peraltro è vero che molti temi vanno affrontati su scala nazionale. Auspico che il Consiglio Nazionale insista sulla campagna tesa alla semplificazione degli adempimenti: oggi quasi il 50% dei rapporti tra fisco e cittadini passa attraverso il commercialista. Ma noi non vogliamo essere impiegati del Fisco. Come si colloca la categoria nei rapporti con le Istituzioni locali, quali Tribunali, Camere di Commercio ed Enti locali? A Milano li definirei eccellenti. Condividiamo tavoli di lavoro su temi di interesse comune con tutte le istituzioni. Diamo loro supporto in termini organizzativi e culturali, facendo spesso leva sugli studi delle nostre commissioni. Manteniamo insomma un atteggiamento positivo con le istituzioni locali, che è rafforzato dalla nostra scelta di mettere a disposizione della comunità alcuni servizi gratuiti. Di recente abbiamo collaborato per un mese con il Conservatorio, fornendo assistenza gratuita ai musicisti, e stiamo attivando iniziative dello stesso tipo con altre categorie. Anche le tre Università milanesi – Bocconi, Cattolica e Bicocca rappresentano un interlocutore importante dell’Ordine: da tempo collaboriamo proficuamente attraverso un’intensa attività convegnistica ed editoriale della nostra SAF, Scuola di Alta Formazione. Stiamo inoltre stipulando convenzioni per il tirocinio universitario al fine di favorire l’accesso alla professione dei giovani. Quali sono le istanze locali su cui ritieni sia opportuno un intervento del Consiglio Nazionale? Vorrei un maggiore supporto per quanto riguarda la tutela del singolo professionista nell’ambito dei rapporti con la Pubblica Amministrazione, per tutti quegli aspetti che non possono trovare composizione sul territorio. Inoltre auspicherei da parte del Consiglio un riconoscimento delle specializzazioni, in quanto la nostra professione va ormai in tante direzioni. A mio avviso vale la pena evidenziare che molti colleghi hanno acquisito competenze specifiche molto forti. Infine promuoverei interventi normativi volti ad agevolare le aggregazioni professionali, anche per consentire a molti colleghi di affrontare al meglio la congiuntura economica. 45 46 Milano Milano: la Chiesa di Santa Maria delle Grazie sicuramente risveglia una passione civile. Ed il professionista chiamato a tali incarichi esercita, di fatto, una rilevante funzione sociale in quanto l’amministrazione dei beni è svolta in incertam personam, ovvero per conto del soggetto cui il bene spetta all’esito della definitiva decisione giudiziaria (proposto/indagato/imputato oppure lo Stato)”. Assai delicate, come è stato sottolineato nei diversi interventi al Convegno, sono le gestioni di azioni o quote minoritarie unite alla gestione di corrispondenti frazioni di immobili e non accompagnate dal sequestro del complesso aziendale. Tra le novelle recenti vanno ricordati il d.l. 4 febbraio 2010, n. 4 convertito con Superficie (Kmq) 1.984 Popolazione (01.01.2010) 3.963.916 Imprese attive (2009) 349.254 Occupati (2009) 1.767.253 Valore aggiunto* (2008) 140.139 Fallimenti dichiarati (2007) 592 *VALORE AGGIUNTO AI PREZZI BASE AL LORDO SIFIM – VALORI A PREZZI CORRENTI IN MILIONI DI EURO legge 31 marzo 2010, n. 50 cha ha istituito l’Agenzia per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, il D.lgs. 4 febbraio 2010, n. 14 per l’istituzione dell’Albo degli Amministratori Giudiziari, non ancora operativo, e le modifiche agli artt. 104 e 104 bis disp.att. cpp, intervenute nel luglio 2009. La sintesi dei lavori del Convegno è stata affidata a Renato Bissi che ha sottolineato come i lavori abbiano messo in luce dei profili che sono legati essenzialmente ad un quadro normativo per certi versi ancora da definire anche per evitare prassi divergenti tra i vari tribunali. “Soprattutto - ha detto - nei rapporti tra esecuzione fallimento e tra fallimento e prevenzione, tra sequestro preventivo e sequestro di prevenzione e la tutela dei terzi in buona fede”. Concorde la richiesta di una professionalità crescente dei commercialisti soprattutto per quanto riguarda la nuova frontiera della criminalità internazionale e le nuove strategie di contrasto al crimine organizzato. “Piace sottolineare - ha detto ancora Bissi - e vale la pena ripeterlo, che quella dell’amministratore giudiziario è una funzione sociale. Dal Convegno è emersa anche l’opportunità investigativa di applicare contemporaneamente sia la misura penale in senso stretto sia la misura di prevenzione tentando poi di dare a un unico professionista il compito di gestire le masse patrimoniali in sequestro. Ultimo aspetto sono i profili fiscali sui quali mancano ancora i necessari chiarimenti da parte del Ministero delle Finanze”. Letti per Voi GLI STRUMENTI DI TUTELA DEL PATRIMONIO L. Cacciapaglia, L. De Angelis, C. Feriozzi, V. Pozzi. 47 Tempo libero (Eutekne, 2011) Imprenditori, professionisti, amministratori e sindaci, a norma dell’art. 2740 del c.c. rispondono delle obbligazioni derivanti dall’attività con tutti i propri beni, presenti e futuri. Tuttavia, lo stesso articolo prevede specifiche deroghe nei casi espressamente previsti: fondo patrimoniale tra coniugi, atti di destinazione e Trust. Ognuno dei citati istituti è utile, seppure sulla base di presupposti diversi, a garantire la finalità della tutela del patrimonio, a vantaggio di coniugi e figli il primo, nell’interesse di persone con vincolo affettivo (famiglia di fatto, figli, nipoti, ecc.) il secondo, per patrimoni articolati e complessi il terzo. Il volume analizza ognuno dei suddetti istituti, illustrando le diverse opportunità in chiave del tutto operativa. Sono trattati gli aspetti civilistici e fiscali alla luce della prassi notarile e di tutta la più recente giurisprudenza civile e tributaria, riportata in appendice. Particolare attenzione è dedicata agli effetti segregativi dei tre istituti a fronte di azioni esecutive da parte dei creditori sui beni vincolati, con particolare riferimento alla posizione dell’amministrazione finanziaria per imposte non pagate nell’ambito di attività di impresa o di lavoro autonomo. Opportunità da cogliere e cautele da adottare per non vanificare, con incauti comportamenti illegittimi, gli effetti segregativi sui beni e dare così al titolare degli stessi e ai propri cari le necessarie garanzie per poter svolgere con consapevolezza e serenità il proprio lavoro. L’ultimo inverno Paul Harding (Neri Pozza, 2011) Romanzo d'esordio di rara potenza espressiva, sull’America di ieri e di oggi. La storia di un uomo che ripercorre la propria vita e che parla dell'amore tra un padre e un figlio, della fierezza della natura, del ricordo e della fantasia. Premio Pulitzer 2010. Il comune sentire PERFORMANCE E CONTROLLO DI GESTIONE Il controllo di gestione a supporto della misurazione della performance negli enti locali Ciro D'Aries, Alessandro Nonini (Il Sole 24 Ore Pirola, 2011) Il tema delle performance ha assunto un ruolo centrale nell'ambito della riforma dell'intera amministrazione pubblica, sia centrale sia periferica. Tuttavia l'aspetto più delicato è come misurare la performance, che concettualmente vuole esprimere la prestazione a posteriori dell'azienda nel suo complesso e di quella individuale dei dirigenti/responsabili rispetto agli obiettivi definiti all'inizio del ciclo di pianificazione/programmazione dell'ente di riferimento. Il libro affronta in maniera teorico-legislativa e operativa i vari aspetti della misurazione della performance attraverso l'esposizione di un modello di controllo di gestione che deriva dal processo di pianificazione e programmazione, assicurando così un quadro di insieme unitario dei sistemi interni di controllo, ed in particolare, creando il collegamento tra il controllo di gestione con il controllo strategico e con il processo di valutazione del personale. Lo strumento del controllo di gestione deve consentire di misurare la performance dell'Ente, verificando la capacità dell'ente di assicurare o meno - attraverso il consumo di risorse pubbliche - un processo continuo di creazione di valore per la collettività. Il libro cerca di dare concrete risposte agli operatori e agli studiosi del processo di programmazione-gestione-controllo della pubblica amministrazione. IL BILANCIO DI PREVISIONE 2011 Elisabetta Civetta (Maggioli, 2011) L’opera, in due volumi, è dedicata al tema del bilancio di previsione 2011 e finalizzata all’analisi delle problematicità del bilancio nella sua fase di redazione e in quella successiva di gestione. Il volume “Il bilancio di previsione 2011. Note tecniche per la redazione” affronta le tematiche e le considerazioni che il ragioniere comunale deve effettuare nella fase di redazione e approvazione del bilancio e relativi allegati. Le varie leggi finanziarie e, dal 2008, le varie manovre estive hanno reso più complessa la procedura di redazione del principale documento di programmazione dell’ente. Il manuale, partendo dai vari titoli di entrata e di spesa del bilancio, analizza le problematicità con riferimento al quadro normativo vigente, accompagnando il ragioniere comunale “passo dopo passo” alla redazione e approvazione del bilancio di previsione. L’opera offre un servizio on-line di aggiornamento fino al 31 dicembre 2011. CONCORDATO PREVENTIVO E ACCORDI DI RISTRUTTURAZIONE. ARTT. 160-186 L. FALL. AA.VV. (Giappichelli, 2011) Il volume offre un quadro della disciplina del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione aggiornata alla legge 30/07/2010, n. 122. La trattazione per articoli consente un immediato riferimento alle tematiche di interesse. Il contenuto di ciascuna norma viene illustrato, commentato ed approfondito alla luce della più aggiornata dottrina, nonché corredato delle più recenti decisioni della giurisprudenza. Hanno dato il proprio contributo autorevoli specialisti della materia delle procedure concorsuali, quali docenti universitari, magistrati, avvocati, notai e commercialisti, realizzando un quadro d’insieme ad un tempo efficace e stimolante. Carlo Maria Martini (Rizzoli, 2011) Le risposte alle domande cruciali dell’esistenza umana e del nostro tempo nelle parole di una delle personalità più autorevoli della Chiesa. Risposte per disporci con autenticità al cammino di ricerca che ciascuno di noi deve compiere, nel mondo e dentro di sé. Gran Circo Taddei e altre storie di Vigàta Andrea Camilleri (Sellerio, 2011) “Una sorta di campionario di uomini e donne di Sicilia. Non c’è che l’imbarazzo della scelta”(A. Camilleri). Sono otto i racconti che compongono il libro e non una semplice raccolta. Sono cronache e quasi apologhi, non si sa fino a che punto sempre e veramente d’altri tempi… Altri turismi Ezio Marra, Elisabetta Ruspini (FrancoAngeli, 2010) Come cambiano i “turismi”? Quali scenari aprono media e nuove tecnologie per un arricchimento dell'esperienza del viaggio? Una riflessione sociologica, storica e demografica sulle nuove tendenze culturali in ambito turistico. A cura di Maria Pia Parenti Press Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili Presidente Claudio SICILIOTTI Vice Presidente Francesco DISTEFANO Segretario Giorgio SGANGA Tesoriere Giuliano BOND Consiglieri Giancarlo ATTOLINI Luciano BERZÈ Claudio BODINI Giosuè BOLDRINI Andrea BONECHI Roberto D’IMPERIO Marcello DANISI Flavio DEZZANI Enricomaria GUERRA Stefano MARCHESE Massimo MELLACINA Paolo MORETTI Giovanni Gerardo PARENTE Domenico PICCOLO Giulia PUSTERLA Felice RUSCETTA Emanuele VENEZIANI Piazza della Repubblica, 59 00185 - ROMA Tel +39 06.47863322 Fax +39 06.47863640 Sito internet: www.cndcec.it e-mail: [email protected] VARIAZIONI INDIRIZZI SEDI A seguito delle numerose segnalazioni pervenute a questa Redazione, si precisa che la rivista viene inviata a tutti gli iscritti all’Albo utilizzando il database predisposto dagli Ordini territoriali ed inserito sul portale del Consiglio Nazionale. Pertanto, essendo la gestione degli Albi di esclusiva competenza degli Ordini territoriali, a norma dell’art. 12, comma 1, lett.c) del d.lgs. 139 del 28 giugno 2005, la Redazione non può apportare alcuna modifica all’archivio iscritti. Ogni tipo di variazione o rettifica deve essere comunicata al proprio Ordine di appartenenza, che provvederà, attraverso una apposita procedura informatica, ad aggiornarli direttamente sul sito internet del Consiglio Nazionale. Professione economica e sistema sociale Rivista del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili Direttore Responsabile Maria Luisa Campise Capo Redattore Enrico Zanetti Comitato di Redazione Alessio Berardino Alessandro Cotto Marcello Febert Umberto Lombardi Marilena Nasti Gianfrancesco Padoan Amedeo Sacrestano Segreteria di Redazione Maria Pia Parenti Editore PRESS Srl Piazza della Repubblica, 59 00185 Roma Tel 06.478631 Progetto grafico e art direction Giuseppe Antonucci Impaginazione Hedrarte sas di Angelo Mastria Concessionaria pubblicità db Consulting srl events & advertising via Leopoldo Gasparotto, 128 21100 Varese Tel 0332.282160 Fax 0332.282484 e-mail: [email protected] Sito internet: www.db-consult.it Stampa ROTO 2000 S.p.A. 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