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marzo 2011 / no.31
ISSN 2039-540X
Press
Tariffa R.O.C.: “Poste Italiane Spa” - Spedizione in abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) - art. 1, comma 1, DCB Milano
Professione Economica e Sistema Sociale
Contro le mafie
Il nostro obiettivo?
Sconfiggere tutte
le mafie
Istituzioni e mondo
produttivo contro
i patrimoni illeciti
Confisca alle mafie,
restituire i beni
è scelta di giustizia
Press
Sommario/marzo
PRIMO PIANO
36 Antonino Dattola
e Maurizio Occhiuto
37 Renato Bissi
CNDCEC REPORT
38 L’attività
di febbraio
Don Luigi Ciotti: “Contro le mafie,
ma non solo”
- Pag. 12
DIAMO
I NUMERI
Mantovano: “Il nostro obiettivo?
Sconfiggere tutte le mafie”
- Pag. 4
40 Beni confiscati
EDITORIALE
INTERNAZIONALE
3
Maria Luisa Campise
42 Pmi, la crisi non è
del tutto alle spalle
PEOPLE
4 Alfredo Mantovano
8 Mario Morcone
12 Don Luigi Ciotti
L’INTERVENTO
Morcone: “Istituzioni, società civile
e mondo produttivo assieme contro
i patrimoni illeciti”
- Pag. 8
16
18
26
30
Felice Ruscetta
Giuliana Merola
Enrico De Mita
Vincenzo Giglio
FUORICAMPO
32 Giannetti
So(p)PRESSato
35 Marcello Febert
ORDINI
TERRITORIALI
44 Milano
PROFESSIONE
E TEMPO LIBERO
47 Letti per voi
Ruscetta: “Una gestione manageriale
dei beni confiscati”
- Pag. 16
Contro le mafie
M
olti anni sono trascorsi dalla legge “Rognoni-La Torre”, ossia dal primo provvedimento
normativo in cui lo Stato diede per la prima volta il segnale di aver capito che un
contrasto davvero efficace delle organizzazioni criminali non può prescindere
dall’aggressione dei patrimoni che esse accumulano grazie agli illeciti profitti che realizzano. Cosa
significa però aggredire i patrimoni delle mafie al fine di distruggerle?
Di certo non può significare procedere a mere operazioni di sequestro, perché, tanto più quanto i
beni sequestrati producono ricchezza non soltanto per chi li possiede, come ad esempio nel caso
dei complessi aziendali, la pura e semplice apposizione dei sigilli sortisce l’effetto perverso di
rafforzare le organizzazioni criminali, anziché indebolirle, agli occhi di chi vive sul territorio. È
assai concreto il rischio che in questi casi si possa instillare nel cittadino più debole e bisognoso
di aiuto il germe del dubbio: se le organizzazioni criminali avviano attività economiche e lo Stato
le chiude, cosa alla fine è peggio, in questo peggio che non sembra avere mai fine? La
consapevolezza di questo pericolo, maturata nel corso degli anni,
sta alla base del nuovo fronte su cui lo Stato si è da ultimo molto
impegnato: la custodia e l’amministrazione dei beni sottratti alle
organizzazioni criminali, di modo che non si deteriorino e non
smarriscano la loro destinazione economica. Si è compreso, in
pratica, che se si fosse prestata più attenzione a questi aspetti, non
solo non si sarebbe distrutta ricchezza nazionale, ma ancor di più
si sarebbe definitivamente sconfessata la fraudolenta idea che la
mafia dà lavoro, mentre lo Stato lo distrugge. Da qui arrivano le
importanti misure che, specie nel corso dell’ultimo anno, hanno ulteriormente ampliato lo
strumento delle misure di prevenzione patrimoniale, modificato la normativa dell’amministrazione
dei beni e ridisegnato, con l’istituzione dell’Agenzia nazionale per la gestione e destinazione dei
beni sequestrati e confiscati, la fase dell’amministrazione e della loro destinazione. Ovviamente il
quadro non è ancora completo e rimangono ancora da definire o perfezionare alcuni istituti e
situazioni: si va dai rapporti con il Fisco a quelli coi portatori di interessi economici diffusi, dai
rapporti tra professionista ed Agenzia, dalle competenze ripartite tra sezione fallimentare e quelle
delle misure di prevenzioni. La strada intrapresa è però quella giusta. Ripristinare la legalità e
rendere ai territori la ricchezza che è stata loro sottratta, è una lezione di crescita e un concreta
opportunità di rilancio per il Paese. In quanto tale, è una sfida che coinvolge le istituzioni, la
magistratura, le associazioni di promozione sociali e, infine, ma non certo per ultima, la nostra
categoria. Quanto questo tema stia a cuore al Cndcec è dimostrato anche dallo spazio ad esso
riservato nell’ambito del Congresso napoletano dello scorso ottobre e dal proficuo lavoro della
Commissione nazionale dedicata allo studio dei profili giuridici ed operativi della materia. Per
altro, questo numero di Press esce a pochi giorni di distanza dalla sottoscrizione di un importante
protocollo d’intesa tra il Cndcec e l’Agenzia che porterà alla stesura di norme di comportamento
degli amministratori giudiziari, a tutt’oggi invocate ed attese dai molti colleghi che si occupano di
questa attività che, meglio di altre, seppur non sola tra tutte, richiede e valorizza nel migliore dei
modi il possesso di competenze multidisciplinari, la professionalità nell’organizzazione del lavoro
e la tensione morale all’impegno civile. La testa, il cuore e l’anima della nostra amata professione.
Maria Luisa Campise
Direttore Press
Mantovano: “Il nostro
obiettivo? Sconfiggere
tutte le mafie”
La confisca dei beni dei clan alla base delle iniziative
di contrasto alla criminalità. E ad aprile, annuncia
il Sottosegretario all’Interno, saranno operativi i regolamenti
per garantire la piena funzionalità delle norme emanate
di Mauro Parracino
People
L’aggressione ai patrimoni mafiosi è una delle priorità del
Governo. Quali sono, nello specifico, gli interventi legislativi
che state portando avanti?
Fin dal suo insediamento il Governo ha individuato nella
lotta alla criminalità organizzata una delle priorità dell’intera
Legislatura, a partire dal primo Consiglio dei Ministri del 21
maggio 2008, allorché si è avviato quello che nei mesi e negli
anni successivi è diventato il “pacchetto sicurezza”: un
insieme di norme finalizzate ad una più efficace applicazione
delle misure di prevenzione patrimoniale. Come è noto, la
legge 125/2008 ha rafforzato in materia le competenze delle
procure distrettuali e della Dia, e ha definitivamente
affermato il principio di reciproca autonomia tra le misure di
prevenzione personali e quelle patrimoniali, con la
conseguente applicabilità di queste ultime anche nei casi di
decesso dell’indiziato e di cessazione della sua pericolosità
sociale individuale; al tempo stesso esso ha portato al
passaggio da un modello di amministrazione statica
(finalizzata essenzialmente alla conservazione dei beni) a
uno di amministrazione dinamica, che mira a mantenere sul
mercato i beni sequestrati, in particolare le aziende.
A questo primo provvedimento sono seguite la legge
133/2008, che ha istituito il Fondo unico giustizia, e la legge
94/2009, che ha tra l’altro ridefinito la procedura di
assegnazione dei beni confiscati accelerando i tempi di
destinazione per finalità sociali.
La legge 94/2009 ha inoltre riconosciuto un’autonoma
professionalità ai tanti dottori commercialisti che da anni si
occupano di amministrazioni giudiziarie, attraverso
l’istituzione dell’Albo nazionale degli Amministratori
giudiziari; al suo interno, un’apposita sezione è dedicata alla
gestione delle aziende sottoposte a misure di prevenzione
per le quali si richiedono particolari competenze manageriali.
Sono state inoltre introdotte importanti agevolazioni per le
aziende e le società sequestrate alla mafia prevedendo la
sospensione delle procedure esecutive, dei pignoramenti e
dei provvedimenti cautelari intrapresi dai concessionari di
riscossione e l’estinzione dei crediti erariali per confusione
in caso di confisca di beni, aziende o società.
Per completare il quadro normativo occorre, infine, far
riferimento alla legge 50/2010, che ha istituito l’Agenzia
nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni
sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata: una vera
e propria cabina di regia delle misure di prevenzione
patrimoniale, col compito di seguire i problemi dei beni di
provenienza illecita, dal momento del sequestro alla
definitiva destinazione per finalità sociali.
5
“I commercialisti offrono
da sempre un importante
contributo nell’ambito delle
procedure di prevenzione.
Con l’istituzione
dell’Albo nazionale
si valorizzerà ancora di più
la loro esperienza”
A che punto sono i regolamenti attuativi?
I regolamenti attuativi di competenza del Ministero
dell’Interno sono già in vigore e, al massimo entro aprile,
saranno operativi anche quelli previsti dalla legge 50/2010
per garantire la piena funzionalità dell’Agenzia nazionale per
l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e
confiscati.
Quali sono i risultati conseguiti alla luce delle modifiche
introdotte?
Le disposizioni introdotte per potenziare l’attività di
contrasto alle organizzazioni criminali hanno portato da
maggio 2008 al 31 dicembre 2010 - rispetto all’analogo
periodo precedente - a un aumento dei sequestri di
prevenzione del 302% (30.561 beni di cui 1.732 aziende, per
un valore complessivo di € 15.110 milioni) e delle confische
del 520% (più di 6.029 di cui 223 aziende per un valore
complessivo di € 3.096 milioni).
Questi dati sono ancor più incoraggianti se si tiene conto che
dall’insediamento dell’Agenzia Nazionale fino allo scorso 31
dicembre sono già stati destinati 359 immobili: tra essi alcuni
beni di particolare valore simbolico come la “casa dei cento
passi” assegnata alla Fondazione Peppino Impastato, la Villa
“Gloriette” a Napoli appartenuta a Michele Zaza, oggi centro
per ragazzi disabili, e la casa di Bernardo Provenzano a
Corleone, oggi sede della “Bottega dei saperi e dei sapori”
dell’Associazione Libera.
6
People
Come vengono utilizzati i proventi derivanti dai beni
sequestrati e confiscati alla mafia?
L’istituzione del Fondo unico giustizia ha consentito una
gestione unitaria e omogenea dei proventi derivanti dai beni
sequestrati e confiscati da parte di Equitalia Giustizia SpA, e
soprattutto una redistribuzione degli stessi tra i ministeri
dell’Interno, della Giustizia e dell’Economia. Tale destinazione
è, peraltro, finalizzata alla tutela della sicurezza pubblica e del
soccorso pubblico e al funzionamento e al potenziamento
degli uffici giudiziari e degli altri servizi istituzionali, ossia a
tutto ciò che può favorire e potenziare gli organi preposti alla
prevenzione e al contrasto della criminalità organizzata.
Qual è il contributo che la categoria dei commercialisti può
dare per trasformare l’Utile mafioso in Utile legale?
La categoria dei commercialisti offre da sempre un
importante contributo nell’ambito delle procedure di
prevenzione. Con l’istituzione dell’Albo nazionale si
valorizzerà ancor di più l’esperienza maturata nell’ambito
delle amministrazioni giudiziarie, con particolare riferimento
alla gestione e amministrazione di aziende. La collaborazione
che si è sempre più perfezionata tra i commercialisti, gli
organi giudiziari e oggi anche l’Agenzia Nazionale si è
dimostrata una carta vincente, tanto che anche sul piano
normativo si è deciso di estendere al processo penale le
disposizioni in tema di amministrazione e destinazione dei
beni sequestrati e confiscati nel procedimento di
prevenzione. Per questa ragione sono state adottate delle
norme che regolano in modo più omogeneo le procedure di
nomina, revoca, e liquidazione degli amministratori giudiziari
nonché dei loro collaboratori; si è previsto un termine
ordinatorio di 15 giorni per le decisioni emesse dalla Corte
d’appello sui ricorsi proposti avverso le decisioni del
tribunale in materia di liquidazioni o rimborsi e si è
introdotto un termine di 5 giorni entro il quale il tribunale su
richiesta dell’Agenzia e sentito il giudice delegato dispone
acconti sul compenso finale dell’amministratore giudiziario.
Sarà, poi, altrettanto importante il ruolo che i commercialisti
potranno svolgere come consulenti dell’Agenzia Nazionale
per la soluzione delle problematiche di natura tributaria e
finanziaria che attengono i patrimoni sottoposti a sequestro
o confisca giudiziaria. Morcone: “Istituzioni,
società civile e mondo
produttivo assieme
contro i patrimoni illeciti”
Ad un anno dalla nascita dell’Agenzia nazionale dei beni
sequestrati e confiscati, il Direttore traccia un bilancio
della sua attività e sottolinea il contributo che può venire
dai commercialisti
di Maria Luisa Campise
People
Il 31 marzo 2010 è nata l’Agenzia nazionale per
l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e
confiscati alla criminalità organizzata. Quali sono i poteri e
in che modo opera l’Agenzia?
Mi piace ricordare che l’Agenzia è nata da un voto unanime
del Parlamento italiano, così come mi piace sottolineare che
la sua nascita ha segnato una scelta di profonda innovazione,
perché, concretizzando in essa l’attività di amministrazione
e quindi di valorizzazione e destinazione dei beni, si è voluto
rafforzare l’opera dell’Autorità giudiziaria.
L’Agenzia è posta sotto l’alta vigilanza del Ministro
dell’Interno e registra la presenza al vertice decisionale di un
Consiglio Direttivo, presieduto da un Prefetto e composto
da un rappresentante del Ministero dell’Interno, da un
magistrato designato dal Ministro della Giustizia, da un
magistrato designato dal Procuratore nazionale antimafia e
dal Direttore dell’Agenzia del demanio o da un suo delegato.
Tra i suoi compiti, l’Agenzia, con delibera del Consiglio
direttivo, adotta gli atti di indirizzo e le linee guida in materia
di amministrazione, assegnazione e destinazione dei beni
sequestrati e confiscati; programma l’assegnazione e la
destinazione dei beni in previsione della confisca; approva
piani generali di destinazione dei beni confiscati, anche
attraverso la nomina, ove necessario, di commissari ad acta.
I compiti affidati all’Agenzia delineano la cornice di un ente
a metà tra organo di alta amministrazione e organo ausiliario
degli uffici di giustizia.
Nei prossimi giorni sarà presentato il primo Rapporto
Annuale. Quale il bilancio di un anno di attività?
Il Consiglio direttivo si è riunito, nell’anno trascorso, diciotto
volte. Tra le tematiche più importanti affrontate mi piace
segnalare quelle connesse ai profili regolamentari ed
all’organizzazione logistica ed operativa della struttura - oltre
alla sede centrale di Reggio Calabria, abbiamo messo a
regime la sede secondaria di Roma, cui seguiranno a breve
quella di Palermo, Napoli e Milano -; le decisioni inerenti la
destinazione o la revoca dei beni, assunte anche in situazioni
particolarmente delicate relative alla gestione di importanti
aziende confiscate; la sottoscrizione di convenzioni e
protocolli con Pubbliche amministrazioni, Regioni, Enti
locali, Università, Ordini professionali come quello dei
commercialisti ed Associazioni del Terzo Settore.
Riteniamo che una delle politiche strategiche per un efficace
contrasto ai patrimoni illecitamente costituiti è quella di una
condivisione di una rete di rapporti che investa le migliori
energie delle istituzioni del mondo produttivo e della società
9
“Ci stiamo impegnando
affinché vada sconfitto
il luogo comune che
l’azienda sequestrata possa
continuare a vivere solo
nelle condizioni di illegalità
e che nel momento in cui
venga superata questa
condizione essa sia destinata
alla liquidazione”
civile. In questa direzione, un interlocutore strategico è stato
e sarà, anche nel prossimo futuro, oltre l’Autorità giudiziaria,
l’Agenzia del Demanio che ha maturato una lunga esperienza
sul campo. Insieme ad essa, anche attraverso specifiche
convenzioni, stiamo realizzando progetti importanti.
Questi alcuni dati: dal 1996 ad oggi, degli 11.153 beni
confiscati il 12% si trova al Nord (1.357), il 5,3% al Centro
(592), l’82,5% al Sud (9.203). Solo in Sicilia è stato confiscato
alle mafie il 44,57% dei beni di tutto il territorio nazionale,
ma anche Calabria e Campania sono ai primi posti in questa
classifica. La prima con il 13,85%, la seconda con il 15,6%. In
Campania il maggiore numero di beni tolti alla camorra è a
Napoli e provincia: 915 tra immobili e aziende, segue la
provincia di Caserta con 486. Sono stati destinati agli enti
pubblici il 70% dei beni confiscati, solo il 30% resta ancora
incedibile per criticità evidenti, situazioni di contenziosi,
immobili spezzettati, aziende difficilmente cedibili.
Quale futuro per le aziende sequestrate?
Il problema delle aziende è tra i maggiori posti alla nostra
attenzione, tra i più delicati ed importanti. Ho sempre detto
e voglio confermarlo anche in questa sede che il primo
obiettivo che ci dobbiamo porre è quello di proteggere il
posto di lavoro di chi si è trovato inconsapevolmente in una
situazione delicata; il secondo obiettivo è quello di adottare
tutte le iniziative per consentire alle aziende di continuare
10
People
bene da parte degli enti pubblici. Altri problemi sono legati
al momento di difficoltà economica complessiva che sta
vivendo il Paese: ad esempio, chiedere nuovi fondi per
l’Agenzia non è una operazione propriamente agevole.
Tuttavia, vi è la prospettiva dell’autofinanziamento che
certamente potrà aiutarci per questo aspetto e noi siamo
decisi a batterci perché si possa procedere in questa
direzione. Il nostro impegno è quello di far sì che con tenacia
e passione si possano affrontare e risolvere tutti questi nodi.
Il percorso è ancora lungo e dobbiamo stare attenti perché le
mafie sono tentacolari: ecco perchè da tempo chiediamo a
Bruxelles una normativa europea che possa aiutarci a
riutilizzare anche i beni confiscati all’estero e che sia un faro
per gli altri Paesi dell’Unione. Credo che l’incoraggiamento
più importante per il nostro lavoro ci sia venuto dal
Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che nel
dicembre scorso ha fatto visita all’Agenzia mostrando
particolare interesse al tema strategico della lotta alla
criminalità organizzata, ricordando come il percorso sia
iniziato con l’impegno civile di Pio La Torre, segnato, poi, da
tanti sacrifici di uomini delle Istituzioni e delle Forze
dell’ordine. Il Presidente ha voluto, quindi, sottolineare
l’impegno comune in questa partita difficile, che vede il
nostro Paese protagonista di una normativa nuova ed
incisiva in ambito europeo ed internazionale.
Quali caratteristiche
giudiziario?
ad operare rimanendo nel rispettivo mercato in condizioni
competitive. E in questo senso ci stiamo impegnando
affinché vada sconfitto il luogo comune, lo stereotipo, che
l’azienda sequestrata possa continuare a vivere solo nelle
condizioni di illegalità e che nel momento in cui venga
superata questa condizione essa sia destinata alla
liquidazione. È un retaggio contro il quale ci stiamo battendo
con forza.
Per mettere a pieno regime l’attività dell’Agenzia quali sono
i nodi ancora da sciogliere?
Abbiamo senz’altro bisogno di superare alcune vischiosità e
macchinosità dovute anche alla stessa burocrazia. Spesso,
ad esempio, la difficoltà più grande è quella dell’utilizzo del
deve
avere
l’amministratore
Questo è un tema davvero importante anche perché credo
sia necessario un cambio di passo. L’esperienza che abbiamo
maturato ci dice che a noi non serve più l’amministratore
giudiziario che amministri diligentemente i conti, cioè che
sia una sorta di amministratore statico. A noi serve un
amministratore che abbia una propensione e una sensibilità
imprenditoriale. Una figura che abbia la fantasia di
rappresentare al Giudice in fase di sequestro e a noi, in fase
di confisca di primo grado o definitiva, anche una prospettiva
e un piano industriale per l’azienda che sta amministrando.
Se non è in grado di fare questo potrà essere certamente un
grande professionista ma non un buon amministratore
giudiziario. Serve, in sintesi, una figura come quella del
commercialista che, oltre alla conoscenza professionale nel
suo settore, abbia anche qualcosa in più: una sensibilità
verso l’amministrazione in chiave imprenditoriale del bene
che gli viene affidato. E che, animato da passione civile, sia
consapevole di compiere anche una importante missione
sociale. Don Ciotti: contro
le mafie, ma non solo
Nella vita privata come in quella professionale, il fondatore
di Libera ricorda ai nostri lettori che la chiave è la difesa
della dimensione etica
di Umberto Lombardi / Foto Massimilliano Verdino - Imagoeconomica
People
Nel 1995 si costituisce l’Associazione “Libera. Associazioni,
nomi e numeri contro le mafie”. Può illustrarci le
caratteristiche e le finalità dell’Associazione?
Libera è un “noi”, un progetto che mette insieme le forze, le
capacità e i percorsi di tante persone. È una rete di
associazioni, nomi e numeri che non rappresentano solo la
quantità - più di 1.600 realtà in tutta Italia, 4.300 scuole in
rete, una media di sei incontri pubblici organizzati ogni
giorno - ma la qualità, l’anima stessa di un impegno che non
può che essere plurale. E che non è solo impegno contro
ogni forma d’illegalità, corruzione e violenza mafiosa,
desiderio di rafforzare il grande lavoro dei magistrati e delle
forze di polizia. Ma un più generale sforzo a costruire diritti
e giustizia sociale, a trasformare da “carta” in “carne” i
principi della democrazia e della Costituzione.
Non è semplice allora “riassumere” Libera, le sue attività. Ci
sono i percorsi educativi nelle scuole, nelle università e nei
centri di aggregazione giovanile e il lavoro quotidiano,
tenace, per trasformare i beni confiscati alle mafie in
opportunità per tante persone. C’è la presenza accanto ai
famigliari delle vittime delle mafie e ci sono le reti di
sostegno contro il pizzo e l’usura. C’è la lotta contro la tratta
e lo sfruttamento delle persone migranti e la denuncia delle
illegalità e complicità che favoriscono i giochi mafiosi. Fino
all’investimento culturale - nella ricerca, nell’informazione e nella dimensione internazionale, attraverso la rete europea
“Flare”.
Nello statuto di “Libera” si legge che l’Associazione ha lo
scopo di “promuovere una cultura della legalità, della
solidarietà e dell’ambiente…”. Come si promuove,
soprattutto nei giovani, una cultura fondante i temi della
legalità, della giustizia e della corresponsabilità sociale?
La legalità comincia appunto dalla corresponsabilità, e in
questo senso la prima educazione dev’essere alla relazione,
alla socialità. I bambini, anche a scuola, vanno accompagnati
all’incontro con l’altro, va insegnato loro che soltanto in
quello scambio possono conoscere se stessi, possono
crescere e quindi realizzarsi. Ecco perché educare alla
legalità deve diventare un educarci insieme ai rapporti
umani, un mettersi in gioco, un incontrarsi. Ogni iniziativa
che, in questa prospettiva, punti a suscitare nei giovani
l’amore per la democrazia e per la giustizia sociale merita
incoraggiamento e sostegno. Ben vengano allora anche le ore
dedicate all’educazione civica o allo studio della
Costituzione, purché la cosiddetta “educazione alla legalità”
non si risolva in formalismi, in freddi e distaccati passaggi di
13
“Libera non è solo impegno
contro ogni forma
d’illegalità, corruzione
e violenza mafiosa,
ma un più generale sforzo
a costruire diritti
e giustizia sociale”
nozioni, norme, regole. Presentare la legalità in un’ottica solo
formale, come un sistema di divieti e prescrizioni, significa
perdere un’occasione preziosa d’incontro con i giovani.
In questi anni di attività, quali progetti e risultati sono stati
raggiunti da “Libera”?
Non mi piace parlare di “risultati”, piuttosto di percorsi da
continuare a costruire insieme, di tappe lungo il cammino
dell’impegno, della corresponsabilità, del “noi”. Fra le attività
più importanti di Libera c’è stato certo il lavoro sui beni
confiscati, reso possibile da quella legge 109/96 che è stata la
nostra prima scommessa: per sostenerne l’approvazione, 15
anni fa, raccogliemmo oltre un milione di firme in tutta Italia.
Le cooperative del circuito Libera Terra, che danno un lavoro
vero a tanti giovani e portano sulla tavole degli italiani
prodotti dal gusto di legalità e responsabilità, sono oggi forse
il simbolo più visibile di quanto è stato possibile realizzare
grazie a quella norma. Ma altrettanto importante è per noi il
discorso educativo avviato in tante scuole e università, e il
rapporto di affetto e collaborazione stretto insieme ai
famigliari delle vittime, che oggi sono riuniti in un
coordinamento di circa 5mila persone.
Come si integra l’impegno di “Libera” con il lavoro
perseguito dall’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la
destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità
organizzata?
L’Agenzia è uno strumento che Libera ha sempre auspicato,
e siamo molto contenti che sia finalmente operativo. La
14
People
nostra speranza è che renda sempre più rapido e incisivo
tutto il percorso che va dal sequestro, alla confisca,
all’assegnazione e all’effettivo riutilizzo dei beni. E che riesca
a sbloccare le situazioni critiche: i beni ancora occupati, ma
anche quelli sottoposti a ipoteca bancaria, che sono una
percentuale significativa. Da parte nostra, continueremo a
spenderci, a immaginare progetti sempre più concreti ed
efficaci per trasformare le ricchezze esclusive frutto
d’illegalità e violenza in beni condivisi, pubblici, realtà che
contribuiscono al progresso etico, culturale, economico,
civile del Paese. E per rinsaldare quel “noi” dei territori - fatto
di Associazioni, enti locali, sigle imprenditoriali, sindacati
ecc. - che è chiamato a realizzare, nella quotidianità quei
progetti.
Qual è, secondo Lei, il contributo che i commercialisti
italiani possono dare per far sì che l’utile mafioso si
trasformi in utile legale?
Al “noi”, anche “voi” potete certamente dare concretamente
una mano. Le realtà dell’associazionismo e del volontariato,
infatti, alle quali spesso è attribuita la responsabilità di
gestire i beni confiscati, sono ricche di generosità e passione,
ma non sempre hanno in sé tutte le competenze “tecniche”
necessarie. Come è importante il ruolo che potete offrire sul
piano della prevenzione, della denuncia di tutti quei segnali
di un’illegalità strisciante, diffusa, che alimenta i giochi
criminali.
La corruzione, oltre ad essere una tassa occulta che pesa
soprattutto sulle fasce più deboli - in termini di risorse
sottratte alle politiche sociali - è spesso il “grimaldello”
attraverso il quale le mafie riescono a infiltrare l’economia
legale. Anche per questo è fondamentale riuscire a colpirla,
come lo è individuare e perseguire quelli che sono i suoi
“reati spia”: i reati finanziari, societari e di abuso d’ufficio.
Non è un caso che, come Libera, da qualche mese abbiamo
lanciato una raccolta firme - siamo già a 800mila - per
sollecitare la politica a ratificare e dare concreta attuazione
alle normative internazionali in materia. Prima fra tutte la
“Convenzione di Strasburgo sulla corruzione” (del 1999), che
introduce reati come il traffico di influenze illecite e
l’autoriciclaggio.
Ognuno deve sentirsi coinvolto in questo impegno. Nella vita
privata come in quella professionale, la chiave è la difesa
della dimensione etica. Il nostro lavoro è “etico” quando non
presta il fianco ai compromessi, alle scorciatoie, alle
prepotenze di chi vuole calpestare i diritti in nome del
privilegio. Poco tempo fa sono stato a Modena, dove il
mondo dei professionisti ha voluto dare un segnale forte in
tal senso, sottoscrivendo un codice etico di riferimento.
“Etica” però non può significare solo enunciazione di regole
e di prescrizioni, per quanto giuste e condivise. L’etica
chiama in causa le nostre coscienze, la nostra responsabilità,
le nostre piccole e grandi scelte quotidiane. Chiede a
ciascuno di noi di contribuire perché la vita sociale sia per
tutti libera e dignitosa, perché i diritti abbiano la meglio sui
privilegi, e le aspirazioni dell’“io” confluiscano nelle speranze
del “noi”. 16
Una gestione manageriale
dei beni confiscati
Felice Ruscetta
Consigliere CNDCEC con delega all’Area “Funzioni giudiziarie”
I commercialisti hanno tutti i requisiti per svolgere questa funzione. Ora
al lavoro su linee guida e principi di comportamento degli amministratori
l D.lgs. 4 febbraio 2010, n. 14
(“Istituzione dell’Albo degli
amministratori giudiziari, a
norma dell’articolo 2, comma
13, della legge 15 luglio 2009, n.
94”), entrato in vigore il 3 marzo dello
scorso anno, ha provveduto ad
istituire presso il Ministero della
Giustizia l’Albo degli amministratori
giudiziari dei beni sequestrati. Questo
provvedimento si inserisce
nell’ambito di un più ampio piano di
azione portato avanti dal Governo
volto a potenziare la lotta alla
criminalità organizzata, all’interno del
quale rientrano anche altre importanti
misure, prima tra tutte l’istituzione
dell’Agenzia Nazionale per
l’amministrazione e destinazione dei
beni sequestrati e confiscati alla
criminalità organizzata (d.l. 4 febbraio
2010, n. 4, convertito in l. 31 marzo
2010, n. 50), cui è demandato il
compito di custodire, amministrare e
gestire i beni sequestrati e confiscati
alla criminalità organizzata allo scopo
di massimizzarne il rendimento in
favore dello Stato.
L’esigenza di disciplinare in modo
organico la materia
dell’amministrazione giudiziaria dei
beni sottoposti a sequestro o confisca
nasce dalla constatazione che le
disposizioni di legge fino ad oggi
I
dettate sul punto consistevano in
mere direttive di ordine generale, che
lasciavano sostanzialmente al giudice
delegato il compito di valutare caso
per caso i criteri e i limiti
dell’amministrazione dei beni.
In questa delicata attività di
valutazione il giudice delegato era
certamente supportato
dall’amministratore giudiziario, ma
proprio a causa dell’inadeguatezza
dell’impianto normativo di riferimento
e della totale assenza di regole
procedurali, l’attività stessa
dell’amministratore giudiziario
risultava particolarmente difficoltosa.
L’effetto più evidente della
mancanza di riferimenti normativi è
stato quello della creazione di una
diversificazione delle procedure
adottate nei diversi tribunali e,
all’interno dello stesso tribunale, nei
diversi procedimenti.
Tali problemi sono poi esplosi in
tutta la loro consistenza nel corso
degli ultimi anni, in parte per
l’estensione dell’applicazione degli
strumenti di prevenzione patrimoniale
ad indiziati appartenenti ad
associazioni con caratteristiche simili
ma diverse rispetto all’organizzazione
mafiosa in senso stretto; in altra parte,
per l’aumento degli interessi e delle
relazioni dei soggetti coinvolti nel
procedimento cautelare correlato
all’aumento del valore dei patrimoni
sequestrati.
Al fine di porre rimedio a tali
situazioni patologiche, la nuova
normativa, tra le altre previsioni,
stabilisce che l’amministratore
giudiziario sia scelto tra i soggetti
iscritti nell’Albo degli amministratori
giudiziari, mediante criteri di
trasparenza che assicurino la
rotazione degli incarichi, la
corrispondenza tra i profili
professionali e la natura dei beni
sequestrati.
Tale passaggio da una scelta
fiduciaria dell’amministratore
giudiziario ad una scelta una
vincolata a specifici requisiti
professionali e a criteri legislativi di
assegnazione dell’incarico
predeterminati, segna la vera e
propria “nascita” di un nuovo
identikit dell’amministratore dei beni
sequestrati o confiscati alla mafia,
oggi dunque chiamato dal legislatore
ad assumere il ruolo di manager
dotato di competenze giuridiche ed
economiche, ma anche
antropologiche, sociologiche, di
procedura penale e soprattutto di
gestione aziendale, come più volte
sottolineato anche dal Direttore
dell’Agenzia Nazionale dei beni
L’intervento
17
sequestrati, il Prefetto Mario
Morcone.
È indubbio che in questo campo i
commercialisti posseggono tutti i
requisiti per svolgere questa così
importante e delicata funzione, grazie,
in primo luogo, alla formazione
aziendalistica che li contraddistingue
rispetto alle altre professioni legali,
nonché alla consolidata esperienza di
consulenti di impresa, che consente
loro di poter garantire elevati livelli di
efficienza e correttezza nella gestione
di aziende e beni sequestrati.
Nell’ottica di mettere al servizio
del Paese il know-how dei
commercialisti ed instaurare così un
proficuo rapporto di collaborazione, il
Consiglio Nazionale dei dottori
commercialisti e degli esperti
contabili in questi giorni ha stipulato
con l’Agenzia Nazionale per
l’amministrazione e la destinazione
dei beni sequestrati e confiscati alla
criminalità organizzata una
convenzione che si pone la precipua
finalità di divulgare e formare
professionisti che svolgono
l’importante funzione di
amministratori giudiziari, anche
mediante l’organizzazione di giornate
di studio e conferenze.
Per il raggiungimento
dell’obiettivo, è stato inoltre istituito
un tavolo tecnico, cui viene
demandato l’importante compito di
elaborare delle linee guida e dei
principi di comportamento che gli
amministratori giudiziari possano
seguire nello svolgimento delle
funzioni loro assegnate, documento
che si è certi sarà di indubbia utilità
per tutti i colleghi vista la perdurante
assenza dei regolamenti attuativi del
D.lgs. 14/2010 relativi all’iscrizione e
alla gestione dell’Albo degli
amministratori giudiziari. 18
Misure di contrasto
patrimoniali
Giuliana Merola
Consigliere Corte d’Appello di Milano - 3° Sez. Penale
Il sequestro penale, probatorio conservativo e preventivo, ed il sequestro
di prevenzione. La funzione del Custode ed Amministratore giudiziario
ell’ordinamento
giuridico italiano
l’azione di contrasto
patrimoniale alla
criminalità organizzata
si svolge essenzialmente in due fasi.
La prima è quella relativa
all’aggressione dei patrimoni e attiene
alle indagini per l’individuazione, il
sequestro e la confisca delle ricchezze
delle mafie. La seconda attiene alla
destinazione dei beni e dei patrimoni
delle organizzazioni criminali che
vengono restituiti alla collettività
attraverso il loro riutilizzo sociale,
produttivo e pubblico, come stabilito
dalla l. 7 marzo 1996 n. 109, legge
unica nel suo genere nel panorama
internazionale.
Le misure di prevenzione, in
particolare, sono state considerate dal
legislatore come una forma
particolarmente efficace di tutela
delle esigenze di sicurezza pubblica in
quanto non presuppongono un
accertamento di penale
responsabilità, come per le altre
forme di confisca, e si applicano ai
soggetti indiziati di appartenenza ad
associazioni criminali.
Inoltre, l’apprensione dei beni
viene percepita dal proposto in
termini forse superiori alla custodia
cautelare o alla condanna penale, per
la conseguente perdita di prestigio
sociale e di potere di fronte agli
N
associati, riacutizzata dalla
destinazione dei beni alla collettività.
Rispetto alle ipotesi particolari di
confisca, previste dall’art. 12 sexies
legge 356/92, poi, al di là della
differenza dei presupposti (sentenza
di condanna per i reati previsti
dall’art. 12sexies; indizi di
appartenenza ex art. 1, l. 575/65), va
ricordato che i tempi tecnici dei tre
gradi di giudizio penali appaiono
decisamente più lunghi rispetto al
procedimento di prevenzione e che i
beni sequestrati in sede penale
sovente non sono affatto gestiti,
anche a causa della mancata
previsione di un unico Giudice
Delegato che segua tutta
l’amministrazione.
Le misure di prevenzione
costituiscono un istituto unico nel
sistema giuridico europeo proprio
perché hanno come presupposto non
la prova del reato di cui il soggetto è
ritenuto responsabile, ma
l’accertamento ed il riconoscimento di
una pericolosità sociale del proposto,
desumibile da ogni elemento
sintomatico indicativo di pericolosità
la frequenza delle condotte criminose
poste in essere, l’allarme sociale
destato dai suoi comportamenti
criminali, anche ed
indipendentemente dalle sentenze di
condanna riportate.
La confisca a sua volta, prima
della l. 125/08, era necessariamente
collegata alla misura di prevenzione
personale; ora si è previsto che le
misure di prevenzione personali e
patrimoniali possono essere richieste
ed applicate disgiuntamente e, come
aggiunto dalla l. 15 luglio 2009, n. 94,
le misure patrimoniali possono essere
disposte anche in caso di morte del
soggetto proposto per la loro
applicazione e, nel caso la morte
sopraggiunga nel corso del
procedimento, esso prosegue nei
confronti degli eredi o comunque
degli aventi causa.
La l. 575/65 “Disposizioni contro
le organizzazioni criminali di tipo
mafioso, anche straniere” disciplina,
agli artt. 1 e 2ter, il sequestro,
finalizzato alla confisca, dei beni di cui
dispongono, direttamente o
indirettamente, coloro che sono
indiziati di appartenere ad
associazioni di stampo mafioso, alla
camorra o ad altre associazioni
comunque localmente denominate
che perseguono finalità o agiscono
con metodi corrispondenti a quelli
delle associazioni di tipo mafioso,
nonché ai soggetti indiziati di uno
dei reati previsti dall’art. 51 comma
3 bis del codice di procedura penale
“quando il loro valore risulta
sproporzionato al reddito dichiarato o
all’attività economica svolta ovvero
quando si ha motivo di ritenere che gli
L’intervento
stessi siano il frutto di attività illecite
o ne costituiscano il reimpiego”, con
ciò anticipando la nozione “provento
di reato” di cui alla Convenzione delle
Nazioni Unite contro la criminalità
organizzata transnazionale, approvata
a Palermo il 16 dicembre 2000.
La confisca dei beni sequestrati è,
poi, disposta quando la persona non
può giustificare la legittima
provenienza dei beni di cui, anche per
interposta persona fisica o giuridica,
risulti essere titolare o avere la
disponibilità a qualsiasi titolo.
Se la persona disperde, distrae,
occulta o svaluta i beni al fine di
eludere l’esecuzione dei
provvedimenti di sequestro o di
confisca, è possibile sequestrare e
confiscare denaro o altri beni di
valore equivalente.
Gli ultimi interventi normativi in
materia di prevenzione hanno
introdotto le seguenti novità:
La legge 15 luglio 2009, n. 94:
ha espressamente esteso tutte le
disposizione della l. 575/65 sia relative
alla gestione sia alla destinazione alle
ipotesi di confisca di cui all’art.
12sexies;
ha, modificando l’art. 104 delle
norme di attuazione del cpp,
disciplinato le modalità di esecuzione
del sequestro preventivo;
ha previsto un Albo nazionale degli
Amministratori Giudiziari, articolato
in una sezione ordinaria ed in una
sezione di esperti in gestione
aziendale (ancora da istituire).
La legge 31 marzo 2010, n. 50
(conversione d.l. 4 febbraio 2000, n. 4):
- ha istituito l’Agenzia nazionale per
l’amministrazione e la destinazione
dei beni sequestrati e confiscati alla
criminalità organizzata;
- prevede che l’Agenzia coadiuvi
l’autorità giudiziaria
nell’amministrazione e custodia dei
beni sequestrati nei procedimenti
penali includendovi tutti quelli
rientranti nella competenza della DDA
(per i delitti ex art. 51 c. 3bis cpp e
12sexies) e di prevenzione
rispettivamente fino alla conclusione
dell’udienza preliminare e fino al
decreto di confisca emesso in primo
grado; allo stato, l’Agenzia amministra
solo i beni confiscati in via definitiva,
provvedendo alla loro destinazione in
quanto, per il disposto dell’art. 7, legge
50/2010, assumerà l’amministrazione
dei beni durante il procedimento,
penale e/o di prevenzione, a far data
dall’entrata in vigore dell’ultimo dei
regolamenti organizzativi previsti
dall’art. 4 citata legge;
- è stata disciplinata per gli immobili
sequestrati in quota indivisa o gravati
da diritti reali o di godimento la
possibilità dei titolari dei diritti stessi
di intervenire nel procedimento di
prevenzione per l’accertamento del
diritto, della loro buona fede e
dell’inconsapevole affidamento nella
loro acquisizione;
- è stata regolamentata la destinazione
dei beni con l’introduzione di
particolari cautele per l’ipotesi di
vendita per evitare che rientrino nella
disponibilità della criminalità
organizzata (parere obbligatorio del
Prefetto, avviso di vendita con prezzo
pari alla stima, divieto di vendita per i
successivi 5 anni).
Nella legge delega “Piano
straordinario contro le mafie” (l. 13
agosto 2010, n. 136) è disciplinata la
delega al Governo per adottare entro
un anno dalla data di entrata in vigore
della legge un decreto legislativo
recante il codice delle leggi antimafia
e della misure di prevenzione,
realizzando una ricognizione della
normativa penale, processuale e
amministrativa vigente in materia di
contrasto della criminalità
19
organizzata, ivi compresa quella
contenuta nei codice penale e di
procedura penale, l’armonizzazione ed
il coordinamento della normativa in
materia e l’adeguamento alle
disposizioni adottate dall’UE.
Tutta la materia dei sequestri e delle
confische è quindi in continuo
divenire.
Nel quadro legislativo nazionale sono
previste ulteriori ipotesi particolari di
confisca come di seguito elencate:
A) Confisca disciplinata all’art.
12sexies, l. 7 agosto 1992 n. 356,
“Modifiche urgenti al nuovo codice di
procedura penale e provvedimenti di
contrasto alla criminalità mafiosa”,
c.d. “confisca allargata” che
presuppone, a differenza della
confisca di prevenzione, una
condanna o un patteggiamento; è
misura di sicurezza patrimoniale,
applicabile quindi anche per i reati
commessi nel tempo in cui non era
legislativamente prevista e può essere
richiesta anche dopo il passaggio in
giudicato della sentenza.
La norma riguarda i delitti di
peculato, concussione, corruzione,
associazione per delinquere di tipi
mafioso, riduzione in schiavitù,
estorsione, sequestro di persona,
usura, riciclaggio, trasferimento
fraudolento di valori, detenzione e
cessione di stupefacenti, associazione
finalizzata al traffico di stupefacenti. E
prevede “... la confisca del denaro, dei
beni o delle altre utilità di cui il
condannato non può giustificare la
provenienza e di cui, anche per
interposta persona fisica o giuridica,
risulta essere titolare o avere la
disponibilità a qualsiasi titolo in
valore sproporzionato al proprio
reddito, dichiarato ai fini delle
imposte sul reddito, o alla propria
attività economica”. Tali disposizioni
si applicano anche in caso di
20
L’intervento
condanna e di applicazione della pena
su richiesta, a norma dell’art. 444 cpp,
per taluno dei delitti commessi per
finalità di terrorismo o di eversione
dell'ordine costituzionale, ovvero al
fine di agevolare l'attività delle
associazioni previste dall’art. 416 cpc,
nonché a chi è stato condannato per
un delitto in materia di contrabbando,
nei casi di cui all’art. 295, secondo
comma, del testo unico approvato con
Dpr 23 gennaio 1973, n. 43.
A sensi, poi, del 2ter “Nel caso
previsto dal comma 2, quando non è
possibile procedere alla confisca in
applicazione delle disposizioni ivi
richiamate, il giudice ordina la
confisca delle somme di denaro, dei
beni e delle altre utilità delle quali il
reo ha la disponibilità, anche per
interposta persona, per un valore
equivalente al prodotto, profitto o
prezzo del reato”.
Il comma 4 prevede che, in caso di
sequestro preventivo disposto ex art.
321, c. 2, cpp, si applicano al custode
le disposizioni del comma 3 sulla
nomina dell’amministratore e cioè con
il compito di provvedere alla custodia,
alla conservazione e
all’amministrazione dei beni
confiscati.
B) Sequestro conservativo previsto
dall’art. 316 cpp che recita:
“1. Se vi è fondata ragione di
ritenere che manchino o si
disperdano le garanzie per il
pagamento della pena pecuniaria,
delle spese di procedimento e di ogni
altra somma dovuta all’erario dello
Stato, il pubblico ministero, in ogni
stato e grado del processo di merito
chiede il sequestro conservativo dei
beni mobili o immobili dell’imputato
o delle somme o cose a lui dovute,nei
limiti in cui la legge ne consente il
pignoramento. 2. Se vi è fondata
ragione di ritenere che manchino o
si disperdano le garanzie delle
obbligazioni civili derivanti dal
reato, la parte civile può chiedere il
sequestro conservativo dei beni
dell’imputato o del responsabile
civile, secondo quanto previsto dal
comma 1”.
Tale sequestro presuppone
l’accertamento del periculum in
mora, cioè una fondata ragione da cui
desumere il rischio della perdita delle
garanzie patrimoniali e del fumus
boni iuris, che vi sia pendente un
processo penale ed un’imputazione,
senza che sia necessaria motivazione
sugli indizi di colpevolezza.
C) Sequestro preventivo previsto
dall’art. 321 cp “1. Quando vi è
pericolo che la libera disponibilità di
una cosa pertinente al reato possa
aggravare o protrarre le conseguenze
di esso ovvero agevolare la
commissione di altri reati, a
richiesta del pubblico ministero il
giudice competente a pronunciarsi
nel merito ne dispone il sequestro
con decreto motivato. 2. Il giudice
può altresì disporre il sequestro delle
cose di cui è consentita la confisca”.
Tale sequestro prescinde dalla
liceità o meno delle cose, tendendo ad
impedire che la disponibilità dei beni
possa costituire un pericolo di
reiterazione di reato o di
aggravamento delle conseguenze del
reato o, ancora, di agevolazione della
commissione di altri reati (esempi:
sequestro di immobile abusivo ecc.).
D) Sequestro probatorio, previsto
dagli artt. 253 e ss., cpp è un mezzo di
ricerca della prova dei fatti costituenti
reato; art. 253 cpp “1. L’autorità
giudiziaria dispone con decreto
motivato il sequestro del corpo del
reato e delle cose pertinenti al reato
necessarie per l’accertamento dei
fatti. 2. Sono corpo del reato le cose
sulle quali o mediante le quali il
reato è stato commesso nonché le
cose che ne costituiscono il prodotto,
il profitto o il prezzo” (esempi:
sequestro conseguente a
perquisizione, sequestro di
corrispondenza o di droga, ecc.).
E) Confisca penale disciplinata
dall’art. 240 cp, istituto che si applica
con la sentenza di condanna ed è
diretta ad evitare che rimangano nella
disponibilità del condannato cose che
per loro natura sono illecite (esempio:
droga, arma clandestina, targa
falsificata) o che per la loro attinenza
al reato (esempio: autovettura con
doppio fondo utilizzata per il
trasporto di droga; denaro derivante
dallo spaccio…) servirono o furono
destinate a commettere il reato.
Art. 240 cp “1. Nel caso di condanna
il giudice può ordinare la confisca
delle cose che servirono o furono
destinate a commettere il reato e
delle cose che ne sono il prodotto o il
profitto”.
È sempre ordinata la confisca:
1) delle cose che costituiscono il
prezzo del reato;
2) delle cose, la fabbricazione, l’uso, il
porto, la detenzione o l’alienazione
delle quali costituisce reato, anche se
non è stata pronunciata sentenza di
condanna.
Le disposizioni della prima parte e del
n.ro 1 del capoverso precedente non
si applicano se la cosa appartiene a
persona estranea al reato.
La disposizione del n.ro 2 non si
applica se la cosa appartiene a
persona estranea a reato e la
fabbricazione, l’uso, il porto, la
detenzione o l’alienazione possono
essere consentiti mediante
autorizzazione amministrativa.
F) Numerosi interventi legislativi
hanno, nell’ultimo decennio, ampliato
e previsto le ipotesi di confisca, con
possibilità di disporre, nel corso del
L’intervento
procedimento, sequestro preventivo
ex art. 321 cpp finalizzato
all’eventuale confisca.
Esemplificativamente, e senza alcuna
pretesa di completezza, si pensi:
alla confisca obbligatoria di cui
all’art. 644 u.c. - usura - cp (modificato
dalla l. 108/96), estesa anche al
denaro, ai beni ed altre utilità di cui il
condannato abbia la disponibilità per
interposta persona;
al nuovo testo dell’art. 301 del T.U.
in materia doganale, come sostituito
dall’art. 11, c. 19 della l. 413/91 che
prevede la confisca obbligatoria dei
mezzi di trasporto adattati o
modificati e la previsione della
destinazione dei beni sequestrati o
confiscati a seguito di operazioni
anticontrabbando ex art. 310bis T.U.;
alla destinazione dei beni e dei
valori confiscati a seguito di
operazioni antidroga ex artt. 100 e 101
Dpr 309/90, sequestrati ai sensi
dell’art. 240 cp e assegnati agli organi
di polizia;
alla confisca obbligatoria ex art. 240
cp dei beni (o per valore
corrispondente al profitto conseguito)
prevista dall’art. 600septies cp
(inserito dalla l. 269/98 come
modificato dalla l. 228/2003) nel caso
di condanna per i delitti contro la
personalità individuale previsti dagli
artt. da 600 a 600sexies cp - riduzione
in schiavitù, prostituzione minorile,
pornografia minorile.
G) Il D.lgs. 8 giugno 2001, n. 231
“Disciplina della responsabilità
amministrativa delle persone
giuridiche, delle società e delle
associazioni anche prive di
personalità giuridica”, prevede,
quale sanzione per gli illeciti
amministrativi dipendenti da reato, tra
le altre, anche la confisca, in caso di
condanna dell’ente, del prezzo o del
profitto del reato, ma ricordo tale
disciplina solo di sfuggita, trattandosi
di campo del tutto particolare e di
sanzione diversa con caratteristiche
peculiari.
Amministrazione beni
Proprio l’amministrazione dei beni
sequestrati è sempre stato un
argomento problematico: occorre
assicurare l’effettiva individuazione ed
apprensione dei beni e garantirne la
gestione secondo criteri di efficienza
ed economicità, salvaguardando la
prosecuzione dell’impresa, ove
esistente e perseguendo il fine di
incrementare la redditività dei beni
medesimi (ex art. 2sexies l. 575/65).
È altresì necessario evitare che i
provvedimenti adottati possano
pregiudicare i diritti
dell’indagato/imputato o di qualunque
altro soggetto passivo essendo
possibile una revoca dei
provvedimenti cautelari; vanno altresì
tutelati i diritti dei terzi sui beni
oggetto di sequestro.Mentre per il
sequestro di prevenzione l’art. 2sexies
prevedeva l’immissione nel possesso
dei beni sequestrati da parte
dell’amministratore anche con
l’ausilio della polizia giudiziaria,
numerosi problemi erano sorti per
l’esecuzione del sequestro preventivo.
Innovativo il nuovo art. 104 in quanto
le norme hanno ridisegnato
completamente l’esecuzione del
sequestro preventivo.
Con riferimento alle modalità di
esecuzione del sequestro preventivo
l’art. 104 delle norme di attuazione del
cpp, come modificato dalla l. 94/09,
ora recita che è eseguito:
a) sui beni mobili e sui crediti,
secondo le forme prescritte dal cpc
per il pignoramento presso il debitore
o presso il terzo in quanto applicabili;
sugli immobili o mobili registrati con
la trascrizione del provvedimento
presso i competenti uffici;
21
b) sui beni aziendali organizzati per
l’esercizio di un’impresa, oltre che con
le modalità previste per i singoli beni
sequestrati, con l’immissione in
possesso dell’amministratore, con
l’iscrizione del provvedimento nel
registro delle imprese presso il quale è
iscritta l’impresa;
c) sulle azioni e sulle quote sociali,
con l’annotazione nei libri sociali e
con l’iscrizione nel Registro delle
imprese;
d) sugli strumenti finanziari
dematerializzati, ivi compresi i titoli
del debito pubblico, con la
registrazione nell’apposito conto
tenuto dall’intermediario ai sensi
dell’art. 34 D.lgs. 213/98. Si applica
l’art. 10, c. 3 del D.lgs. 170/04.
Si applica altresì la disposizione
dell’art. 92 (trasmissione
dell’ordinanza che dispone la misura
cautelare all’organo che deve
provvedere all’esecuzione ovvero, nel
corso delle indagini preliminari, al PM
che ne ha fatto richiesta che ne cura
l’esecuzione).
Dalla predetta l. 94/09 è stato
introdotto anche l’art. 104bis:
Amministrazione dei beni sottoposti a
sequestro preventivo “Nel caso in cui
il sequestro preventivo abbia per
oggetto aziende, società ovvero beni
di cui sia necessario assicurare
l’amministrazione, esclusi quelli
destinati ad affluire nel FUG,
l’Autorità Giudiziaria nomina un
Amministratore Giudiziario scelto
nell’Albo di cui all’art. 2 sexies c. 3 L.
575/65. Con decreto motivato
dell’autorità giudiziaria la custodia
dei beni suddetti può tuttavia essere
affidata a soggetti diversi da quelli
indicati al periodo precedente”.
Ciò premesso, va evidenziata la
rilevante differenza tra i poteri
dell’amministratore e quelli del
custode previsti dall’art. 259 cpp
22
L’intervento
perché solo la gestione è finalizzata
all’incremento della redditività che
non deve entrare in contrasto con il
fine conservativo (stante il carattere
cautelare del sequestro).
Il comma 4 bis dell’art. 12sexies
prevede che le disposizioni in materia
di amministrazione e destinazione dei
beni sequestrati e confiscati previsti
dagli artt. 2quater e da 2sexies a
2duodecies l. 575/65 si applicano ai
casi di sequestro e confisca previsti
dai commi da 1 a 4 del presente
articolo nonché agli altri casi di
sequestro e confisca di beni adottati
nei procedimenti relativi ai delitti di
cui all’art. 51, c. 3bis cpp. In tali casi
l’Agenzia coadiuva l’Autorità
giudiziaria nell’amministrazione e
nella custodia dei beni sequestrati
sino al provvedimento conclusivo
dell’udienza preliminare e,
successivamente a tale
provvedimento, amministra i beni
medesimi. Le medesime disposizioni
si applicano, in quanto compatibili,
anche nei casi di sequestro e confisca
di cui ai commi da 1 a 4 del presente
articolo per delitti diversi da quelli di
cui all’art. 51 c. 3bis cpp. In tali casi il
tribunale nomina un amministratore
(e sembrerebbe non subentrare
l’Agenzia).
Sostanzialmente, quindi, si può
dire che le norme sull’amministrazione
dei beni stabilite dalla l. 575/65 sono
applicabili a tutti i casi di confisca ex
art. 12sexies, ai reati di competenza
della DDA, coprendo la maggior parte
dei sequestri considerato che, anche
per il sequestro preventivo ex art. 321
cpp, il comma 4 ha equiparato il
custode all’amministratore giudiziario,
applicandosi al custode le disposizioni
del comma 3 sulla nomina
dell’amministratore e cioè con il
compito di provvedere alla custodia,
alla conservazione e
all’amministrazione dei beni confiscati.
Va quindi evidenziata la complessità
dell’attività svolta dal Giudice
delegato e dall’Amministratore
giudiziario che ha il compito di
provvedere alla custodia, alla
conservazione e all’amministrazione
dei beni sequestrati anche al fine di
incrementarne la redditività (è stato
eliminato dalla legge istitutiva
dell’Agenzia l’inciso “sotto la
direzione del giudice delegato” art.
2sexies l. 575/65).
Si passa quindi da un modello di
amministrazione statica, finalizzata
essenzialmente alla conservazione dei
beni tipica del custode ad un modello
di amministrazione dinamica, del tutto
diversa anche da quella fallimentare,
finalizzata alla redditività della
gestione, a mantenere sul mercato le
aziende sequestrate in vista, in caso di
confisca definitiva, di una
destinazione e di un riutilizzo sociale,
produttivo e pubblico, restituendo
così alla collettività i patrimoni delle
organizzazioni criminali.
È chiaro che le scelte di gestione
adottate dal Giudice Delegato e
dall’Amministratore Giudiziario nella
fase iniziale (anche coadiuvato
dall’Agenzia nazionale che, a regime,
potrà proporre al Tribunale l’adozione
dei provvedimenti necessari per
l’utilizzazione migliore del bene in
vista della destinazione o
assegnazione o, anche, chiedere la
revoca o la modifica dei
provvedimenti di amministrazione
adottati dal Giudice delegato quando
ritenga possano recare pregiudizio
alla destinazione o all’assegnazione
del bene) incidono e segnano, per così
dire, l’utilizzo e la futura destinazione
del bene. Si pensi solo alla scelte
gestionali sui diritti soggettivi dei terzi
(pagamento dei creditori, esecuzione
di preliminari di compravendita;
pagamento di condoni edilizi...),
tenuto conto che la gestione è fatta
“per conto di chi spetta”, e cioè anche
della persona a cui i beni sono stati
sequestrati nel caso di revoca della
misura cautelare o in vista della
destinazione ad uso sociale in caso di
confisca definitiva.
In tal senso, andrà valutata, già
nella fase iniziale, la possibilità, ex art.
2sexies l. 575/65, applicabile, come
visto anche ai casi di sequestro
preventivo, la possibilità per il
Giudice delegato di adottare i
provvedimenti indicati dall’art. 47 l.f.,
in particolare, oltre al sussidio
alimentare, l’autorizzazione a
permanere nell’immobile adibito ad
abitazione dal proposto e dalla sua
famiglia, quando sussistano i
presupposti.
I Giudici delegati della Sezione
Autonoma misure di prevenzione del
Tribunale di Milano autorizzano la
permanenza subordinatamente al
pagamento delle spese condominiali o
delle rate di mutuo, con espressa
rinuncia ad ogni azione di regresso;
autorizzazione temporanea fino alla
definitività del procedimento, ciò
anche per poter avviare, in caso di
confisca definitiva, la procedura di
sfratto esperibile in via di autotutela
amministrativa ex art. 823 cc.
Appare fondamentale l’attività iniziale
dell’Amministratore Giudiziario in
quanto consente:
- la ricognizione dei beni sequestrati
per verificarne lo stato di fatto e di
diritto, volta ad assicurare altresì lo
spossessamento dei beni, richiedendo
al G.D. anche l’autorizzazione ad
avvalersi dell’ausilio della F.P.;
- l’individuazione di altri beni segnalati
nella relazione iniziale con
conseguente emissione di nuovo
decreto di sequestro;
- una precisa analisi e ricostruzione, si
L’intervento
pensi ai sequestri di società, dei
rapporti e degli interessi gravitanti
intorno ai patrimoni illeciti che
possono essere valutati anche per la
decisione sulla confisca;
- la direzione costante da parte del
Giudice Delegato, che deve
autorizzare ogni provvedimento di
gestione, diminuisce possibili rischi di
intimidazione dell’A.G..
I rapporti tra G.D. ed A.G. sono,
allo stato, caratterizzati da un
costante confronto per individuare le
soluzioni ritenute ottimali avuto
riguardo alla gestione, effettuata “per
conto di chi spetta” in un’ottica di
redditività della stessa.
Finora i Giudici delegati hanno
cercato di risolvere problemi connessi
alla gestione di tipo pratico, spesso
individuando, anche unitamente
all’A.G., soluzioni giuridiche o
prospettando soluzioni diverse a
seconda della sensibilità e della
collocazione “ambientale” dei beni e
delle situazioni da affrontare,
utilizzando principi di diritto civile,
amministrativo, societario.
Penso, esemplificativamente, sulla
base dell’esperienza presso la SAMP:
ai contratti di locazione stipulati, in
deroga alla attuale disciplina, per la
durata di anni 1 o sottoposti alla
condizione risolutiva della definitività
della procedura:
ai provvedimenti di sgombero;
ai contratti di affitto di azienda, ai
rapporti con il Monopolio dello Stato
in caso di sequestro di tabaccherie;
alle decisioni prese in ordine ad
offerte di vendita a prezzi ribassati per
pagare i dipendenti;
alla possibilità di scalare dai canoni
opere di ristrutturazione
dell’immobile per adeguarsi alla
normativa europea per gli impianti
elettrici o del gas;
alla vendita di pacchetti azionari o
obbligazionari per investire il ricavato
in titoli non aleatori;
alla vendita di autovetture, quando
si decida di non affrontare le spese di
custodia ed il deprezzamento rapido
del bene in attesa della definitività
della confisca;
alla tutela dei terzi - creditori
chirografari - ed alle ipotesi di vendita
di azienda al proposto con patto di
riservato dominio;
alla tenuta del conto di gestione in
previsione della verifica della
regolarità del conto ed all’udienza di
rendicontazione:
agli incidenti di esecuzione, revoca
ex art. 7, l. 1423/56 ed accertamento
della buona fede dei terzi alla luce
della sentenza delle Sezioni Unite del
19 dicembre 2006 (57/07 Auddino).
Si pensi ancora ai problemi di
interferenza e di eventuale conflitto
tra misure patrimoniali antimafia e
procedure esecutive ed ai difficili
rapporti tra procedimento di
prevenzione e procedure concorsuali
risolti con il criterio della prevenzione
temporale o con la prevalenza in ogni
caso del sequestro antimafia o della
prevalenza in ogni caso del fallimento
ovvero del criterio della coesistenza
dei procedimenti, criteri succedutisi e
determinati dalle pratiche difficoltà di
gestione incontrate da tutti coloro che
si sono dovuti confrontare in concreto
con i problemi di gestione.
L’elenco potrebbe continuare con
casi pratici, essendo molteplici le
situazioni da affrontare. Delicata
quindi la figura dell’Amministratore
essendovi numerosi, concreti
problemi di gestione determinati da
una carenza normativa di fondo.
In questo senso sarà importante
l’emanazione del codice delle leggi
antimafia e delle misure di
prevenzione di cui alla già citata l. 13
agosto 2010, n. 136: il decreto
23
legislativo disciplinerà anche la
materia dei rapporti dei terzi.
Compito delicato quello dell’A.G, da
svolgere con correttezza,
ragionevolezza, buon senso e
diligenza, potendo essere revocato in
caso di incapacità o inosservanza dei
doveri per effettuare una gestione
efficace ed efficiente, soprattutto nel
caso di sequestro di aziende:
entro 6 mesi dalla nomina deve
presentare al Tribunale una relazione
particolareggiata sullo stato e
consistenza dei beni aziendali
sequestrati e sullo stato dell’attività
aziendale;
il Tribunale, sentito P.M. e A.G., ove
vi siano reali e concrete prospettive di
prosecuzione delle imprese, approva il
programma e impartisce direttive per
la gestione;
l’A.G. provvede agli atti di ordinaria
amministrazione, intendendosi per tali
quelli rientranti nel limite di valore
indicato dal giudice delegato sulla base
dell’attività economica, della forza
lavoro, del mercato (2sexies l. 575/65);
per gli altri beni (art. 2septies l.
575/65): relazione particolareggiata al
GD ed all’Agenzia entro un mese su
consistenza e stato dei beni e
successivamente con la frequenza
indicata dal GD, relazioni importanti
anche perchè sulla base della stima
del valore risultante dalla relazione e
da altri atti giudiziari verrà fatta la
destinazione da parte dell’Agenzia,
segnalando altresì l’esistenza di altri
beni che potrebbero essere oggetto di
sequestro, di cui sia venuto a
conoscenza.
Inoltre l’A.G. provvede alle spese
necessarie o utili per la conservazione
e l’amministrazione dei beni,
prelevandole dalle somme riscosse a
qualunque titolo ovvero sequestrate o
comunque nella disponibilità del
procedimento. 26
Masse amministrate
nell’ingorgo fiscale
Enrico De Mita
Professore emerito nell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
Diversi sono gli orientamenti sul regime fiscale dei beni sequestrati
e sugli obblighi degli amministratori giudiziari che andrebbero
definitivamente chiariti dal legislatore
a complessità
dell’argomento di cui
trattiamo deriva
oggettivamente da una
disciplina normativa del
tutto carente.
Sul regime fiscale dei beni
sottoposti a sequestro di prevenzione
e sugli obblighi fiscali degli
amministratori giudiziari si
riscontrano diversi orientamenti che
espongono coloro che hanno
ricoperto il ruolo di amministratore
giudiziario, a difendersi innanzi alle
Commissioni Tributarie.
Da alcuni si invoca uno “statuto
fiscale speciale” per i patrimoni
sequestrati / confiscati alle
organizzazioni criminali, soprattutto
per garantire il custode /
amministratore giudiziario da
insidiose problematiche, qual è, per
esempio, il mancato adeguamento, in
sede di dichiarazione dei redditi, allo
strumento accertativo degli studi di
settore in presenza di sequestro
antimafia, totalitario delle quote e
dell’intero patrimonio di una società
di capitali o di persone.
Tra i riferimenti normativi
preferiti dall’Amministrazione
Finanziaria c’è l’art. 187 del Tuir in
materia di eredità giacente.
L
Da una parte l’orientamento dei
Tribunali (sono note le direttive del
Tribunale Ordinario di Napoli):
l’assenza di disciplina espressa sugli
eventuali obblighi dell’amministratore
giudiziario porterebbe ad escludere
che l’amministratore giudiziario debba
adempiere ad alcun obbligo di
carattere fiscale, non detenendo la
veste di soggetto passivo d’imposta. Il
punto di partenza è che, in caso di
confisca definitiva, i beni sequestrati in
sequestro penale preventivo ex art. 321
cpp e 12 sexies L. n. 356/1992, nonché
in sequestro di prevenzione ex L. n.
575/1965 (beni sequestrati ai mafiosi),
entrano a fare parte del patrimonio
dello Stato, con effetto retroattivo e
conseguente esenzione ab origine delle
imposte ex art. 74 Tuir:
il Tribunale di Napoli, II sez.
Penale, con la direttiva di gestione del
24 giugno 2005 ha osservato che
l’attuale normativa non prevede
alcuna specifica disposizione
legislativa in ordine al regime fiscale
dei beni sottoposti a sequestro di
prevenzione. Del resto, lo stesso
legislatore, quando ha ritenuto di
dovere porre a carico di soggetti terzi
specifici adempimenti ed obblighi di
natura fiscale, ha dettato espresse
disposizioni come risulta, in
particolare, per gli obblighi del
curatore del fallimento di cui all’art.
74 bis Dpr 633/72;
sempre il Trib. di Napoli, III sez.
Penale, con direttiva di gestione 17
luglio 2008, ha stabilito che le imposte
di carattere personale devono essere
assolte con le disponibilità
economiche del sottoposto o terzo
intestatario e non dalla custodia
giudiziaria.
Egli non è tenuto, quindi, a
richiedere l’attribuzione di codice
fiscale per l’amministrazione
giudiziaria; non è tenuto agli obblighi
e attività del curatore dell’eredità
giacente.
La Dottrina del Fisco, con
circolari e risoluzioni, porta una
lettura restrittiva e penalizzante per la
posizione e le responsabilità
dell’amministratore giudiziario.
Per quanto (v. Cass. SSUU
23031/2007) la cd. interpretazione
ministeriale, la “Dottrina del Fisco”,
non vincoli né contribuenti né
interpreti né costituisce fonte di
diritto, comunque, gli Uffici tendono a
sovrapporre e confondere la figura
dell’amministratore giudiziario con
quella del curatore fallimentare, del
commissario liquidatore o
amministratore giudiziario di nomina
L’intervento
27
civilistica, o ancora del curatore
dell’eredità giacente.
Linee operative del Ministero
dell’Economia e delle Finanze e
dell’Agenzia delle Entrate
Secondo la circolare n. 156/E del 2000,
i redditi derivanti
dall’amministrazione dei beni
sequestrati sono soggetti a tassazione,
non potendosi ritenere esclusi detti
redditi dalla tassazione ex art. 14,
comma 4°, L. 537/1993.
Nella risoluzione n. 195/E, in data
13 ottobre 2003, l’Agenzia delle
Entrate sottolinea che, fiscalmente, la
custodia giudiziaria non configura una
mera detenzione cautelare dei beni. Il
custode/amministratore giudiziario,
infatti, non si limita a preservare
l’integrità dei beni soggetti al
sequestro, sotto la diretta sorveglianza
del Giudice competente.
Il custode/amministratore
giudiziario è, pertanto, tenuto a
presentare, nei termini ordinari, le
dichiarazioni dei redditi relative ai
periodi d’imposta interessati dalla
custodia giudiziaria / amministrazione
giudiziaria, con il conseguente obbligo
di effettuare i versamenti dei tributi
ivi liquidati.
Soggetto passivo d’imposta sarebbe
colui che ha assunto, con effetto
retroattivo, la titolarità dei beni
sequestrati e, quindi, il soggetto passivo
d’imposta individuato a posteriori, con
effetto ex tunc sarebbero le persone
fisiche “spogliate” degli immobili e che
dovessero tornare nel loro pieno
godimento.
Nella risoluzione n. 62/E del 2007
l’Agenzia delle Entrate considera i
beni sequestrati come un patrimonio
separato, in cui il custode giudiziario
esercita in via provvisoria
l’amministrazione di un patrimonio,
Foto Imagoeconomica
nell’attesa che lo stesso sia devoluto
ad un soggetto che, in costanza di
sequestro, non è individuato a titolo
definitivo e che, pertanto, non ne ha la
disponibilità.
La Legge delega
La disciplina fiscale delle masse in
misura di prevenzione patrimoniale
(con rito dell’esecuzione penale) è
oggetto di nuova disciplina da parte del
legislatore L. 13 agosto 2010 n. 136
(Piano straordinario contro le mafie,
nonché delega al Governo in materia
di normativa antimafia, in G.U.
196/2010). Ex art. 1, comma 3, numero
6) lettera h) di tale legge, che ha fissato
principi e criteri direttivi, il Governo
dovrà emanare decreti legislativi con
cui disciplinare la tassazione dei redditi
derivanti dai beni sequestrati,
prevedendo che: la tassazione stessa
sia effettuata con riferimento alle
categorie reddituali previste dal Tuir; la
28
L’intervento
tassazione medesima sia effettuata in
via provvisoria, in attesa
dell’individuazione del soggetto passivo
d’imposta a seguito della confisca o
della revoca del sequestro; sui redditi
soggetti a ritenuta alla fonte derivanti
dai beni sequestrati, sia applicata, da
parte del sostituto d’imposta, l’aliquota
stabilita dalle disposizioni vigenti per le
persone fisiche.
Non trova ancora disciplina il
caso di dissequestro di masse
patrimoniali avulse, durante la
gestione giudiziaria in incertam
personam, dalle persone fisiche che
ne sono proprietarie.
La DRE Lombardia si è di recente
pronunciata su un’istanza di interpello
ordinario di un custode giudiziario di
beni soggetti a sequestro penale
preventivo - ex artt. 321 cpp, 12
sexies, d.l. 8 giugno 1992 n. 306,
convertito nella L. n. 356/1992, 104 D.
Att. cpp, disposto con decreti di un
Gip presso il Tribunale Ordinario di
Milano, beni successivamente
dissequestrati, che non aveva versato
l’IRES se non in fase iniziale.
Anche secondo la DRE Lombardia
22 luglio 2010 bisogna richiamare
l’istituto dell’eredità giacente: l’art.
12-sexies, comma 4 bis del DL
306/1992 ha esteso ai casi di
sequestro e confisca previsti dai
commi da 1 a 4 del medesimo
articolo, relativi a procedimenti per
determinati delitti – le disposizioni
in materia di amministrazione dei
beni sequestrati e confiscati previste
dagli articoli 2-quater e da 2sexies a
2duodecies della Legge 575 del 1965:
i beni sequestrati, in attesa di
confisca o di restituzione al
proprietario, sono assimilabili ad un
patrimonio separato, come l’eredità
giacente (art. 187 Tuir); il soggetto
passivo sarà individuato solo a
posteriori ma con effetto retroattivo
ex tunc nello Stato o nell’indiziato, a
seconda che il procedimento si
concluda con la confisca oppure con
la restituzione dei beni;
l’amministratore giudiziario opera
come rappresentante in incertam
personam; curando la gestione del
patrimonio per conto di un soggetto
non ancora individuato e nei suoi
confronti possono essere applicate le
regole generali e gli stessi obblighi
previsti per il curatore dell’eredità
giacente;
confisca: il rapporto provvisorio si
consolida in modo definitivo per
confusione tra soggetto passivo e
attivo ex art. 74 Tuir nello Stato;
dissequestro: soggetto passivo di
imposta, con effetto ex tunc, sono le
persone fisiche proprietarie dei
fabbricati, a carico delle quali
andrebbero applicate le relative
imposte; i fabbricati soggetti alla
misura di prevenzione andrebbero
tassati secondo le regole di
determinazione dei redditi di
fabbricati (art. 36 Tuir);
sarebbero dovute sanzioni
tributarie per omesso o ritardato
versamento di acconti di imposta,
tenuto conto che l’Agenzia, con le sue
circolari, avrebbe fornito indicazioni
relativamente ai sequestri penali
preventivi;
con riferimento all’anno d’imposta
in cui viene a cessare la misura di
prevenzione patrimoniale, i redditi dei
beni sottoposti a sequestro
verrebbero inclusi nella dichiarazione
presentata dai soggetti a cui gli stessi
sono stati restituiti;
per gli esercizi antecedenti l’anno
d’imposta in cui viene a cessare la
misura di prevenzione patrimoniale
dovrebbe avere luogo la liquidazione
definitiva delle imposte ad opera
dell’Amministrazione finanziaria.
Conclusioni
L’art. 1, n. 6, lett. h), L. 136/2010, sopra
richiamato, delega il Governo per
disciplinare la tassazione dei redditi
derivanti dai beni sequestrati, pone
alcuni riferimenti normativi alla
nostra discussione:
la tassazione dovrà essere effettuata
con riferimento alle categorie
reddituali previste dal Tuir e in via
provvisoria, in attesa
dell’individuazione del soggetto
passivo d’imposta a seguito della
confisca o della revoca del sequestro;
sui redditi soggetti a ritenuta alla
fonte derivanti dai beni sequestrati,
dovrà essere applicata, da parte del
sostituto d’imposta, l’aliquota stabilita
dalle disposizioni vigenti per le
persone fisiche.
Alla luce di quanto esposto non è
condivisibile la lettura delle circolari
dell’Agenzia delle Entrate.
Sul piano teorico, non si possono
applicare all’amministratore
giudiziario (sequestro anti-mafia) o al
custode giudiziario (sequestro
giudiziario) le norme previste per il
curatore fallimentare o per il curatore
dell’eredità giacente, trattandosi di
ricchezze provvisoriamente
immobilizzate e destinate, comunque,
ad essere distribuite.
Sul piano pratico, è consigliabile,
mediante interpello, interrogare le
Direzioni delle Entrate
territorialmente competenti, al fine di
concordare le modalità operative.
Di certo bisogna escludere
l’applicabilità delle sanzioni
amministrative tributarie per obiettive
condizioni di incertezza (art. 6,
comma 2°, D.lgs. 472/97), comunque
per difetto dell’elemento soggettivo
(art. 5, D.lgs. 472/97). 30
Cambio di passo nella
gestione e destinazione
dei patrimoni illeciti
Vincenzo Giglio
Presidente Sezione Misure di Prevenzione - Tribunale di Reggio Calabria
Messi in campo dallo Stato nuovi strumenti per contrastare il fenomeno.
Da sempre determinante il contributo del commercialista
l secondo Congresso nazionale
dei dottori commercialisti ed
esperti contabili italiani, tenutosi
a Napoli nell’ottobre del 2010, è
stato animato dall’idea che questa
importante categoria professionale
operi “per un Paese migliore”.
Che anche i commercialisti avessero
un’anima lo si diceva tanti anni fa in
una brillante piece teatrale.
Che vogliano metterla al servizio
del loro Paese è una scoperta un po’
più recente e naturalmente non può
che far piacere per varie ragioni:
perché dei professionisti rivendicano
il diritto di agire non solo come mera
corporazione ma come vera e propria
classe sociale, perché così facendo
contribuiscono al recupero di
un’identità comunitaria che mai come
in questi anni è stata così fragile e
perché mettono a disposizione del
bene comune un patrimonio di
conoscenze e di tecniche davvero
invidiabile.
Esistono naturalmente vari
contesti in cui questa rivendicazione
identitaria può manifestarsi.
La mia funzione professionale responsabile della sezione delle
misure di prevenzione del Tribunale di
Reggio Calabria - mi rende testimone
I
di qualcosa che è già avvenuto e
continua ad avvenire con crescente
intensità e che, dal mio punto di vista,
rende profondamente vera l’idea
congressuale.
Mi riferisco alla collaborazione,
ma sarebbe più corretto parlare di
condivisione, che ormai da un
ventennio si è instaurata tra
magistratura ed esperti contabili nella
gestione dei beni sequestrati e
confiscati agli indiziati di
appartenenza ad organizzazioni
criminali.
Quando cominciai ad occuparmi
di questa funzione giurisdizionale erano i primi anni Novanta - la legge
“Rognoni - La Torre” e dunque
l’introduzione delle misure preventive
patrimoniali erano parte del nostro
sistema normativo da circa dieci anni.
Erano già stati sequestrati e di
seguito confiscati importanti
patrimoni a boss di ogni rango eppure
la loro amministrazione aveva una
patina di staticità e l’idea di fondo,
almeno quella prevalente, era che le
imprese dovessero esser chiuse, i
fondi agricoli al massimo ripuliti dalle
erbacce, gli immobili al più
ritinteggiati periodicamente.
La visione retrostante, non esplicitata
con chiarezza ma fermamente
sostenuta nei fatti, era che i beni già
appartenuti a mafiosi dovessero
essere tenuti in una specie di limbo,
che ci si potesse contaminare già solo
a toccarli, che l’unica cosa che ci si
potesse fare era quella di sterilizzarli
per evitare che generassero mali
tremendi.
Poi è iniziata una stagione di
segno totalmente diverso.
Si è compreso che quelle prassi
dovevano essere accantonate non
solo perché frustravano vari precetti
legislativi e disperdevano o
impoverivano beni che spettavano alla
collettività ma anche, forse
soprattutto, perché contribuivano a
contrabbandare l’idea che, mentre la
mafia dava lavoro e salari e pace
sociale, lo Stato li distruggeva nello
spazio di un mattino.
I miei colleghi ed io
comprendemmo subito che il cambio
di passo che avevamo in mente
richiedeva la selezione in tempi
rapidissimi di un’ampia schiera di
professionisti cui affidare gli incarichi
di amministrazione giudiziaria; si
trattava, si badi bene, non solo e non
tanto di trovare singole persone cui
assegnare specifici incarichi quanto
L’intervento
piuttosto di individuare e formare un
vero e proprio ceto, prima inesistente,
di soggetti che, al di là delle mere
funzioni custodiali, avrebbero dovuto
assumere compiti di amministrazione
attiva fino al punto di trasformarsi
talvolta in capitani d’azienda;
esigenza, quest’ultima, tanto più
difficile da soddisfare in una terra
come la mia che solo di recente e con
difficoltà si è avvicinata alla cultura
d’impresa.
I dottori commercialisti furono tra
i protagonisti di quella nuova stagione
e seppero interpretarla nel migliore
dei modi.
Da allora sono passati molti anni,
quasi venti come dicevo, e nel
frattempo sono successe molte cose.
La ‘ndrangheta’ si è consolidata al
punto da essere unanimemente
riconosciuta come la più pericolosa
mafia italiana e le sue ricchezze
complessive ed il suo giro di affari
hanno raggiunto livelli ormai stimabili
in percentuali del Pil.
Lo Stato, sia pure con qualche non
trascurabile ritardo, ha finalmente
compreso l’entità del fenomeno ed ha
messo in campo strumenti di ogni tipo
per fronteggiarlo adeguatamente,
consegnando alla magistratura un
potere di intervento che non ha pari
nella storia repubblicana.
I sequestri e le confische si
susseguono incessanti, in parallelo ai
31
più importanti ed attuali procedimenti
penali.
Continuano ad essere aperte
amministrazioni giudiziarie di beni
sottratti a criminali ed i giudici penali
e della prevenzione continuano ad
avere commercialisti tra i loro
interlocutori più affidabili ed esperti.
Molte questioni sorte sul campo
sono state individuate e risolte grazie
a questa costante collaborazione e si
sono formate e consolidate importanti
prassi applicative e veri e propri
protocolli che costituiscono un aiuto
prezioso per gli operatori.
In questo contesto si è di recente
inserita come protagonista di primo
piano l’Agenzia Nazionale per
l’amministrazione e la destinazione
dei beni confiscati alla criminalità
organizzata.
Le funzioni di questo organismo e
le sue prime attività lasciano ben
sperare che la collaborazione tra
magistratura e categorie professionali
non solo non sia destinata ad
impoverirsi, ma anzi possa trovare
nuova linfa e nuovi spazi.
In conclusione: le mafie sono
ancora vive e vegete e fortemente
pericolose per la sicurezza ed il
benessere della comunità nazionale;
lo Stato tuttavia non sta nell’angolo,
non si limita ad incassare colpi ma, al
contrario, reagisce con nuovi e più
avanzati strumenti, con una maggiore
consapevolezza, cercando ed
ottenendo ancora più che in passato
la collaborazione e l’intelligenza dei
soggetti sociali che hanno titolo di
partecipare a questa lotta di
liberazione dallo strapotere mafioso.
I dottori commercialisti e gli
esperti contabili sono scesi in campo
e stanno fornendo un contributo
impareggiabile, lavorando davvero per
un Paese migliore. Fuori Campo
Ma quanto è bello
lavorare per il tribunale
Giannetti
Per dare a tutti più possibilità mettiamo un bel limite al cumulo
degli incarichi e ponderiamolo pure con le quote di genere
’attività per conto del
tribunale, in qualità di
ausiliari o delegati del
giudice, è una delle più
qualificanti tra quelle che
caratterizzano l’operatività tipica dei
commercialisti italiani.
Non tutti se ne occupano, perché è
una materia da specialisti in cui non ci
si può improvvisare, ma quelli che lo
fanno ne traggono grandi
soddisfazioni.
Il rapporto con i magistrati, tanto per
cominciare.
Per nulla consapevoli del potere che
possono esercitare sotto forma di
distribuzione di incarichi, che a volte
sono estremamente interessanti ed a
volte sono dei veri e propri service
gratuiti alla collettività, i magistrati
tendono a instaurare con il
commercialista un rapporto
assolutamente paritario.
L’aspetto però ancora più importante
e che fa onore alla nostra professione,
è che, prima ancora, è il
commercialista a non prendere in
considerazione altro modo di
rapportarsi con il magistrato,
rifuggendo da forme di captatio
benevolentiae che ne degraderebbero
il prestigio e l’autostima.
È vero, si hanno notizia di
commercialisti che, in giornate
L
particolarmente uggiose, si sono
distesi in tutta la loro lunghezza per
consentire a magistrati di attraversare
indenni fastidiose pozzanghere
all’uscita del tribunale.
Così come è vero che, durante alcune
occasioni conviviali
interprofessionali, se un magistrato a
un tavolo di commercialisti racconta
una barzelletta, fosse anche la
barzelletta più patetica che mai sia
stata concepita, si sentono fragorose
risate con tanto di convulsioni,
scompisciamenti annessi e richiamo
dell’attenzione presso i tavoli vicini,
affinché nessuno perda la possibilità
di ascoltare la strepitosa facezia
magistralmente raccontata (anzi:
magistratamente raccontata).
Si tratta però di comportamenti senza
secondi fini che fanno parte della
innata e squisita cortesia che è
propria del Dna di qualsiasi
commercialista.
Fosse anche un praticante di studio a
raccontare quella stessa barzelletta un
po’ passatella nello stesso modo un
po’ noioso, non vi è dubbio alcuno che
il dominus riderebbe comunque con
la stessa amabile cortesia.
Dopodiché, ovviamente, suggerirebbe
al giovine di darsi al cabaret e lo
caccerebbe fuori dallo studio a calci
nel sedere, salvo trovarselo alcuni
anni dopo in tribunale, fresco del
superamento dell’esame per entrare in
magistratura e assegnato alla sezione
fallimentare del locale tribunale.
Sai allora le risate fino alle lacrime?
Perché la vita è dura, quando devi
lottare incarico su incarico ogni santo
giorno.
Al Sud, poi, questo tipo di tensione è
ancora maggiore, perché la minore
vivacità del tessuto economico tende a
far diventare il lavoro con il tribunale
da una delle possibili strade che un
commercialista può intraprendere,
all’unica vera strada che gli può
consentire di fare un vero cammino.
Una cosa che però nessuno è ancora
riuscito a spiegare è come mai, se nel
Sud le imprese da seguire come
consulenti o sindaci sono molte di
meno che al Nord, i fallimenti da
seguire come curatori sono invece in
numero ragguardevole.
Come diavolo fanno a fallire queste
imprese se manco ci sono?
Vengono costituite già fallite per fare
prima?
Meglio non farsi certe domande.
Chiediamoci allora piuttosto se non
sarebbe il caso di prevedere un limite
al cumulo degli incarichi assegnati dai
tribunali, magari con una strizzatina
d’occhio alle quote di genere, temi
entrambi che ultimamente vanno
33
molto forte nel dibattito interno alla
categoria.
Si potrebbe pensare a qualcosa tipo:
se il magistrato che assegna l’incarico
è un uomo e il commercialista cui è
assegnato l’incarico è un uomo pure
lui, l’incarico pesa 5; se però il
magistrato che assegna l’incarico è
una donna e il commercialista cui è
assegnato l’incarico è una donna pure
lui, l’incarico pesa zero e non ci sono
limiti.
Naturalmente, bisognerebbe poi
prevedere dei pesi anche nei casi in
cui il magistrato che assegna
l’incarico è un uomo e il
commercialista cui è assegnato
l’incarico è una donna, o viceversa.
In questi casi transgenici, però, più
che un vero e proprio limite
inderogabile al cumulo degli incarichi
sarebbe forse più opportuna una
soglia di criticità derogabile, lasciando
poi al Consigliere nazionale Luciano
Berzè, già estensore delle norme di
comportamento del collegio
sindacale, il compito di spiegare come
una soglia di criticità derogabile possa
in realtà essere ancora più stringente
di una limite al cumulo inderogabile.
Sembra infatti che, degnamente
supportato dal Consigliere nazionale
Andrea Bonechi, abbia cercato di
spiegare questo lapalissiano concetto
in occasione di una cena con la Giunta
nazionale dell’Unione giovani dottori
commercialisti ed esperti contabili.
Per altro, molti dei partecipanti a
quella cena non hanno ancora capito
se i due ci credevano veramente o
stavano solo facendo esercizi di
supercazzola, in stile Tognazzi nel film
“Amici miei”, per prepararsi a future e
più impegnative sfide di convincimento
dell’impossibile.
La verità è che probabilmente non lo
hanno ancora capito nemmeno loro. 35
Marcello Febert
Reggio Calabria 25 febbraio 2011: il grande evento
Evoluzione e futuro della professione: funzioni giudiziarie, revisione legale e previdenza
Ospiti i massimi vertici della categoria (presidente e segretario del Cndcec), i presidenti delle due Casse previdenziali
e tutti i Sindacati di categoria, con in prima fila la sempreverde Vilma. Con queste premesse, redigere un articolo
sulle nostre funzioni di ausiliario del giudice, poteva sembrare come tirare un calcio di rigore a porta vuota.
Si parte. Affronto i saluti con un’evidente emozione, cerco
di essere più rapido che mai, non voglio rubare spazio ai numerosi relatori che l’amico Tony ha invitato a partecipare
alla tavola rotonda.
La partenza è sciolta, il must reggino ormai è famoso in
tutta Italia; i relatori lo sanno, nel loro intervento devono
inserire delle parole astruse che diabolicamente vengono
rilasciate solo al fischio di inizio.
Questa volta si va a tema! Per tutti l’argomento è unico
“L’unità d’Italia”, si passa dal Buonarroti a Pisacane, dalla
Giovine Italia ai moti carbonari; le premesse per un convegno “sereno” ci sono. Tutto sembra filare liscio, fin quando,
incalzati dal bravo Ignazio Marino, si inizia a toccare il tema
della previdenza.
FUSIONE SI’, FUSIONE NO… la terra dei cachi
Apriti cielo!
Ai più anziani colleghi è sembrato di rivivere i moti del ’70.
Si è passati dal convegno “pubblicità pasta Barilla” al convegno spumeggiante modello “Ballarò”, con i colleghi presidenti arroccati nelle loro posizioni. Saltarelli «Siamo
oggetto di insolenze, basta con le bugie» ed a tal fine ha rac-
colto ben 10 milioni di firme da inviare al collega Anedda
dal testo: I nostri conti sono a posto! Primo firmatario
Geppetto, secondo… omissis.
La risposta di Anedda non si fa attendere «Il problema non
è un problema; restiamo separati a costo di essere insolenti», e via con la raccolta di 20 milioni di firme: Non ci
avrete mai!! Primo firmatario il collega Gregge, il secondo… omissis.
E così dopo mesi e anni di discussioni son bastati pochi minuti per far perdere al presidente Siciliotti il proverbiale
aplomb: «Siamo un’unica categoria di professionisti, tecnici
competenti in bilanci e gestioni, inoltre ci proponiamo all’esterno come abili mediatori, ed in questa vicenda stiamo
fallendo come tecnici e come mediatori». Ed ancora il segretario Sganga «Il fallimento è sancito dal fatto che dei nostri iscritti, quali sono gli esperti contabili, siano costretti a
versare i contributi previdenziali all’INPS». Come se, aggiungo io, quell’EC alla fine di ogni acronimo che accompagna le nostre sigle sia destinato a diventare un banale
ecc… eccetera… eccetera.
Tra il dire e il fare
Ah, dimenticavo, le funzioni giudiziarie.
Beh, per quanto riguarda il nostro ruolo ci misuriamo sul
campo (anche con altre professioni) e, come testimoniano
in questo numero le autorevoli personalità che ospitiamo,
riusciamo ad emergere quotidianamente, grazie alla nostra
multidisciplinarità, alla nostra versatilità, al nostro intuito
ed alla nostra ecletticità; il tutto rimboccandoci le maniche
creando, anche delle prassi virtuose, contornando la nostra
azione di poche parole e di molti fatti… per il resto:
io speriamo che me la cavo.
36
Primo Piano
L’economia criminale, un fenomeno
né nuovo né circoscritto
di Antonino Dattola Tesoriere UNGDCEC, Ordine di Reggio Calabria
Maurizio Occhiuto Ordine degli Avvocati di Reggio Calabria
Analizzando le relazioni tra l’economia reale e le
imprese criminali e le modalità di come queste si
manifestano e condizionano l’ambiente socio-economico
di riferimento, si possono delineare i tratti strutturali ed
organizzativi della criminalità organizzata dal punto di
vista economico. L’esperienza maturata dagli operatori
del settore consente di tratteggiare nuovi concetti e
nuove categorie, di matrice aziendalistica con i quali è
bene confrontarsi e che sarebbe auspicabile fossero
trattati scientificamente, per essere adeguatamente
analizzati. Concetto cardine è quello di impresa criminale,
che presenta dei tratti esclusivi rispetto alle imprese
legali che operano sul territorio. Si tratta di imprese che
non perseguono fonti di profitto tramite la libera
concorrenza ma ricorrono a fonti di rendita attraverso
l’esercizio del potere c.d. militare, assicurandosi il
monopolio del territorio in cui operano con alleanze
strategiche, che si concretizzano nell’esercizio di una
attività militare. Le imprese criminali esercitano attività
formalmente legali con l’utilizzo di capitali di provenienza
illecita, alimentando un sistema che garantisce il
controllo assoluto non solo dell’economia illegale, ma
condizionando anche quella legale nel tessuto economico
di riferimento. Fra i punti di forza delle imprese criminali
si annovera l’avviamento mafioso, le cui peculiarità sono
l’assenza del prezzo della legalità ed il privilegio di
operare in un mercato ristretto, c.d. filiera criminale, in
regime di monopolio o di oligopolio. L’avviamento
mafioso è conseguenza dell’opera di controllo che le
consorterie criminali operano sul territorio e
sull’economia legale. Paradossalmente, in alcuni casi,
l’impresa criminale è considerata più affidabile dello
Stato tant’è che ove soffrisse di una carenza di liquidità
non avrebbe difficoltà ad ottenere credito dal circuito
bancario senza dover prestare particolari garanzie reali
o personali. Essa non necessita di investire in ricerca e
ristrutturazioni per essere competitiva sul mercato grazie
alla sua forza intimidatoria, e non ha concorrenti sul
mercato, se non quelli dalla stessa accettati. Non
sopporta i costi imposti dalla legalità quali, ad esempio, la
regolarizzazione dei dipendenti, il pagamento dei
contributi previdenziali, il versamento delle imposte, il
rispetto e l’adeguamento alle normative in materia di
sicurezza del lavoro, di tutela della salute, del territorio,
dell’ambiente. Le collusioni ed infiltrazioni a vari livelli
negli apparati amministrativi, giudiziari e di controllo ne
preservano, inoltre, l’esposizione ad accertamenti ed
ispezioni garantendone l’impunità. Il comportamento
illegale delle imprese criminali determina un sensibile
vantaggio anche in termini di politica generale dei costi.
Il potere economico del crimine rischia di ridurre il libero
mercato e la libera concorrenza ad una semplice
illusione, alterando i meccanismi del libero scambio,
togliendo alle imprese legali risorse per investimenti
produttivi, sviluppando le imprese prestanome che non
creano ricchezza e sono capaci di drogare i mercati con i
capitali illegali. Di non trascurabile importanza è, poi, il
fenomeno della filiera criminale che porta l’impresa
mafiosa ad acquisire beni e servizi rivolgendosi ad
imprese della filiera anch’esse di natura criminosa, ed
alimentando un mercato criminale a 360° gradi. L’azione
di contrasto al potere economico della criminalità
organizzata richiederebbe l’ulteriore sforzo dell’autorità
governativa per attuare programmi che alimentino la sana
crescita delle attività imprenditoriali, soprattutto in quelle
aree geografiche definite ad alta densità criminale, e
riempire così il vuoto lasciato dalle imprese illegali con la
ricchezza prodotta da quelle legali. Necessita maturare la
consapevolezza civile che per contrastare la criminalità
organizzata non è sufficiente porre in essere solo degli
episodici atti collettivi di resistenza, ma serve, che
ciascuno di noi nell’adottare le scelte quotidiane del
proprio vivere, compia “atti individuali di coerenza” per
isolare ed isolarsi dal fenomeno delle mafie, per non
cedere alle lusinghe dei suoi tanti equivoci
ammiccamenti, per affermare il principio che ciò che
spetta di diritto non può essere considerato un favore
elargito e che non può esistere un libero mercato, una
libera impresa senza la presenza di uomini che possano
considerarsi autenticamente liberi. 37
Primo Piano
Sequestro preventivo d’azienda,
modalità di esecuzione
di Renato Bissi
ODCEC di Milano
Il sequestro di prevenzione
beni se non con un esperto di nomina giudiziaria.
di cui alla legge n.
Di incerta applicazione è, invece, il sequestro dei crediti,
575/1965 ed il sequestro penale preventivo ex art. 321 cpp
come risultanti dall’attivo dell’impresa, all’atto
di azienda impongono all’amministratore giudiziario
dell’esecuzione. Tali crediti vanno da subito interessati al
l’individuazione dei beni all’atto della sua immissione in
sequestro nelle forme del pignoramento. Tuttavia l’ufficiale
possesso. Nel procedimento di prevenzione l’art. 2 quater
giudiziario e l’amministratore giudiziario non possono
legge n. 575/1965 richiama, per l’esecuzione della misura
conoscerne il presumibile valore di realizzo all’atto
patrimoniale, l’art. 104 D.Att. cpp. Secondo tale disposto
dell’esecuzione della misura cautelare. Per cui l’ufficiale
il sequestro penale preventivo va eseguito sui mobili e sui
giudiziario procede ad una loro ricognizione e descrizione
crediti, secondo le forme prescritte dal cpc per il
a verbale sulla base delle scritture contabili disponibili.
pignoramento presso il debitore o presso il terzo in
L'art. 492 cpc è norma generale che si riferisce a tutti i
quanto applicabili.
tipi di pignoramento, qualunque ne sia l'oggetto. Da esso
Da notare che la formula oltre che di cui alla lettera c,
emerge che il pignoramento è costituito,
significa in aggiunta. Quindi sui mobili e
sempre, dall’ingiunzione che l'ufficiale
sui crediti relativi all’azienda occorre
l’intervento dell’ufficiale giudiziario. Nei “... il mancato intervento giudiziario rivolge al debitore di astenersi
loro decreti i Tribunali di prevenzione ed i
dell’ufficiale giudiziario dal compiere qualunque atto diretto a
sottrarre alla garanzia del credito i beni
GIP, per il sequestro penale preventivo,
non
investe
solo
aspetti
pignorati ed i loro frutti. In ogni caso
trascurano tale profilo. Con questo
formali. Esso può l’amministratore giudiziario deve esprimere
ponendo gli amministratori giudiziari e
determinare una ridotta all’ufficiale giudiziario formale riserva di
gli organi di polizia giudiziaria, incaricati
dell’esecuzione delle misure, nella
garanzia dei crediti verifica dell’ammontare dei crediti in vista
necessità di vicariare le funzioni dell’azienda in sequestro, delle sue successive analisi ed attività
gestorie. In tale contesto il mancato
dell’ufficiale giudiziario, spesso assente.
se
non
la
mancata
intervento dell’ufficiale giudiziario non
L’ufficiale giudiziario, col suo intervento,
possibilità di realizzo investe solo aspetti formali.
descrive i beni assoggettati alla misura
dei crediti medesimi” Esso, in un quadro di gestione redditiva del
cautelare, redigendo un verbale dal quale
complesso aziendale, può determinare una
risultano le operazioni eseguite e nel
ridotta garanzia dei crediti dell’azienda in sequestro, se
quale dà atto dell’ingiunzione fatta al proposto o indagato
non la mancata possibilità di realizzo dei crediti
di astenersi dal disporre dei beni in sequestro. Inoltre,
medesimi.
giusta l’art. 518 cpc e l’art. 161 D.Att. cpc, l’ufficiale
Va poi ricordato che l’eventuale esercizio, da parte degli
giudiziario nel suo verbale descrive le cose pignorate,
amministratori giudiziari, delle funzioni dell’ufficiale
nonché il loro stato, mediante rappresentazione
giudiziario per il pignoramento, è da ritenersi contra
fotografica, determinandone, approssimativamente, il
legem. Esso può dare luogo a responsabilità civile per
presumibile valore di realizzo con l’assistenza, se ritenuta
danni ex art. 2043 cc; disciplinare per atti contrari ai
utile, di un esperto stimatore da lui scelto.
doveri della professione; amministrativa per eventuale
Sotto altro profilo, va considerato che gli amministratori
danno all’Erario.
giudiziari, essendo tendenzialmente commercialisti o
Per cui, all’atto della nomina, il professionista incaricato
avvocati, non sono esperti in valutazione di beni mobili.
deve chiedere e concordare l’intervento dell’ufficiale
Per cui essi non possono procedere ad inventario
giudiziario. (ovvero alla quantificazione di valori numerari) di detti
CNDCEC-Report
L’attività
di febbraio
a cura di Francesca Maione, Direttore del CNDCEC
Informativa di sostenibilità nella comunicazione
obbligatoria d’impresa
Approvato dal Consiglio Nazionale il documento
“Informativa di sostenibilità nella comunicazione
obbligatoria d’impresa”, a cura della Commissione
“Consulenza ambientale” del Cndcec.
Il lavoro analizza il livello di recepimento nelle principali
società italiane quotate alla Borsa italiana delle indicazioni,
emanate dal Consiglio Nazionale, in materia di informativa
sull’ambiente e sul personale presente nella relazione sulla
gestione 2009.
L’analisi riguarda, in particolare, il grado di articolazione
e di approfondimento delle informazioni obbligatorie
e volontarie presenti nella relazione sulla gestione,
facendo specifico riferimento a quanto previsto
dall’Allegato III, “Informazioni attinenti all’ambiente
e al personale”, del documento “La relazione sulla gestione
- art. 2428, codice civile - La relazione sulla gestione
dei bilanci d’esercizio alla luce delle novità introdotte
dal d.lgs. n. 32/2007”, approvato il 14 gennaio 2009
dal Cndcec.
Nella ricognizione del grado di applicazione del documento
sono evidenziate le best practice individuate nell’ambito
del campione d’indagine.
L’informativa relativa all’ambiente e al personale
presente in tali best practice rappresenta non soltanto un
buon livello di applicazione del documento citato, ma
anche un punto di partenza per l’evoluzione della
disclosure in tema di informativa Environmental, Social,
Governance (ESG).
Il testo del documento è consultabile sul sito Internet del
Consiglio Nazionale (http://www.commercialisti.it) nella
sezione “Informative del Cndcec” dell’Area “Servizi agli
Ordini e Iscritti”.
Trust e Immobili ICI
Approvato dal Consiglio Nazionale il documento “Trust e
Immobili I.C.I. - Agevolazioni Esenzioni”, a cura della
Commissione “Il Trust” del Cndcec.
Il lavoro pone l’attenzione sul trattamento degli immobili,
ai fini dell’imposta comunale Ici, qualora tali beni siano
compresi in un Trust.
In particolare, si analizza la possibilità di applicare a tali
immobili le agevolazioni previste per la prima casa o altre
agevolazioni di tipo soggettivo.
Il documento illustra, in premessa, le caratteristiche
dell’imposta e dei regimi agevolati, con particolare
riferimento agli enti non commerciali.
Il testo del documento è consultabile sul sito Internet del
Consiglio Nazionale nella sezione “Informative del Cndcec”
dell’Area “Servizi agli Ordini e Iscritti”.
Cessioni di unità abitative in esenzione da IVA tra rettifica
della detrazione specifica e pro-rata generale
Pubblicato sul sito del Consiglio Nazionale il documento
“Cessioni di unità abitative in esenzione da IVA tra rettifica
della detrazione specifica e pro-rata generale”, a cura della
Commissione “Iva ed altre imposte indirette” del Cndcec.
Nel lavoro vengono affrontate e commentate, anche alla
luce della risoluzione della Agenzia delle entrate n. 112/E
del 28 marzo 2008, le conseguenze della disposizione
inserita dall’articolo 35, comma 8, lettera a), n. 1) del d.l. 4
luglio 2006, n. 223, che ha introdotto la previsione di
esenzione per le cessioni di fabbricati o porzioni di essi, a
destinazione abitativa, effettuate dalle imprese costruttrici e
dalle imprese che vi hanno eseguito gli interventi di cui
all’articolo 31, comma 1, lettere c), d) ed e) della legge 5
agosto 1978, n. 457, entro quattro anni (cinque, dopo le
modifiche introdotte dalla legge di stabilità per il 2011) dalla
CNDCEC Report
data di ultimazione della costruzione o dell’intervento.
Il testo del documento è consultabile sul sito Internet del
Consiglio Nazionale nella sezione “Informative del Cndcec”
dell’Area “Servizi agli Ordini e Iscritti”.
IFRS-2 e ISA 11
Sono stati approvati dal Consiglio Nazionale i documenti
“IFRS-2 Pagamenti basati su azioni” e “ISA 11 Commesse a
lungo termine”, curati dalla Commissione “Imposte Dirette,
Reddito d’Impresa e Operazioni Straordinarie” dell’Odcec
di Roma e successivamente approvati dalla Commissione
“Imposte dirette e reddito d’impresa” del Cndcec.
Nel primo documento viene riportata una sintesi delle
principali criticità derivanti dalle possibili divergenze tra le
regole dettate dall’IFRS 2 Pagamenti basati sulle azioni e
le norme sul reddito d’impresa contenute nel Tuir. Il lavoro
tiene conto delle nuove disposizioni introdotte per i
soggetti IAS adopter dalla legge 244/2007 (Finanziaria
2008) ed integrate dal d.m. 1° aprile 2009, n. 48 (Decreto
IAS). Nel secondo documento vengono illustrati i maggiori
profili applicativi del principio contabile internazionale IAS
n. 11 e le connesse conseguenze di ordine fiscale.
Il testo del documento è consultabile sul sito Internet del
Consiglio Nazionale nella sezione “Informative del Cndcec”
dell’Area “Servizi agli Ordini e Iscritti”.
Principi di revisione
Il Consiglio nazionale ha approvato il documento
interpretativo “L’applicazione dei principi di revisione dopo
il recepimento della direttiva 2006/43/CE”.
Il decreto n. 39/2010, entrato in vigore il 7 aprile 2010, ha
profondamente modificato il quadro normativo
previgente sulla revisione contabile, raccogliendolo in un
unico testo normativo.
39
Il provvedimento normativo disciplina i diversi aspetti
della revisione legale dei conti: dai soggetti legittimati
all’esercizio dell’attività, alla tenuta del registro, alle
modalità di svolgimento della revisione, al sistema di
vigilanza pubblica, al sistema sanzionatorio di natura
amministrativa e penale.
Il documento approvato analizza il particolare aspetto
connesso alle modalità di svolgimento della revisione, con
specifico riferimento ai principi da utilizzare
nell’esecuzione dell’incarico.
Il documento è consultabile sul sito Internet del Consiglio
Nazionale nella sezione “Informative del Cndcec” dell’Area
“Servizi agli Ordini e Iscritti”.
Moratoria leasing ex legge 3 agosto 2009, n. 102
La Commissione “Norme e principi contabili” del Cndcec
ha curato l’elaborazione del documento “La moratoria
leasing ex L. 3 agosto 2009 n. 102: le implicazioni contabili
nel bilancio del locatario”, approvato dal Consiglio
Nazionale.
Il documento prende in esame gli effetti contabili relativi
alla sospensione del pagamento delle quote di capitale
implicite nei canoni di leasing finanziario.
Vengono, inoltre, illustrate le principali soluzioni suggerite
dalla dottrina e dalla prassi professionale per individuare
l’impostazione contabile ritenuta preferibile sulla base
della vigente disciplina codicistica del bilancio.
L’analisi è limitata alla sola impresa utilizzatrice non IAS
nell’ipotesi che la sospensione del pagamento delle quote
di capitale venga concessa in piena conformità al disposto
dell’Avviso comune e delle indicazioni fornite dall’ABI.
Il documento è consultabile sul sito Internet del Consiglio
Nazionale nella sezione “Informative del Cndcec” dell’Area
“Servizi agli Ordini e Iscritti”. 40
Diamo i Numeri
Beni confiscati: migliora
sensibilmente il tasso di
destinazione degli immobili
di Tommaso Di Nardo, IRDCEC
A partire dal 2008, grazie al
6.482 beni confiscati.
tasso di destinazione degli stessi per
Commissario straordinario di
Tra settembre 2005 e giugno 2008 il
singola regione e per macroarea
Governo che ha operato tra il 2007 e il
dato migliora di 12 punti percentuali
territoriale. L’articolazione territoriale
2009 e all’Agenzia nazionale per
portandosi al 57,6%, mentre a fine
del dato mostra come la performance
l’amministrazione e la gestione dei
2009 si registra un ulteriore
in questione sia molto evidente nelle
beni sequestrati e confiscati alla
miglioramento di circa 5 punti
Isole e in particolare in Sicilia, regione
criminalità organizzata che opera a
percentuali sul mese di giugno
dove nel 2010 si concentra il 45% di
partire dal 2010, la gestione dei beni
dell’anno precedente. Nel corso del
tutti gli immobili confiscati in Italia.
confiscati alla criminalità organizzata
2010 il tasso di destinazione degli
La Sicilia, infatti, passa da un tasso di
è sensibilmente migliorata.
immobili confiscati continua a
destinazione degli immobili confiscati
I dati della tabella 1, ricostruiti sulla
mostrare una straordinaria
del 36,7% nel settembre 2005 al 42,1%
base delle prime due relazioni
performance raggiungendo a fine
del giugno 2008 fino ad arrivare al
pubblicate dal Commissario
anno il 66%, con un miglioramento
55,9% di fine 2010. Ciò mentre tutte le
straordinario e del primo rapporto
complessivo, rispetto al dato riportato
altre macroaree presentano valori
annuale curato dall’Agenzia, mostrano
del 2005, di 20 punti percentuali.
superiori alla media nazionale. In
in particolare l’evoluzione del tasso di
Una performance ancora più
particolare, si segnala il dato del
destinazione degli immobili confiscati
straordinaria se si pensa che la quasi
Nordest che a fine 2010 raggiunge il
dal 2008 al 2010. Alla tabella è stato
totalità dei restanti beni confiscati da
valore di 81%, anche se si tratta
aggiunto il dato relativo al 2005 che ci
destinare, pari a 3.347 a fine 2010,
dell’area in cui il fenomeno è meno
consente di effettuare ulteriori
presentano criticità (ipoteche, quote
diffuso: 197 beni immobili confiscati a
significativi confronti sull’andamento
indivise, incidenti d'esecuzione,
fine 2010 su 9.857 in tutta Italia,
dei beni confiscati e delle relative
occupazioni senza titolo, affitti iscritti
appena il 2%.
destinazioni.
durante il sequestro o ante sequestro
Se consideriamo le quattro regioni più
Il dato di partenza, riferito al 27
e ancora in vita, ecc.) tali di fatto da
coinvolte nel fenomeno, vale a dire
settembre 2005, è di un tasso di
impedirne la destinazione.
Sicilia, Campania, Calabria e Puglia,
destinazione del 45,7%, ottenuto dal
Nella tabella 1 sono riportati i dati
che insieme ricoprono l’83% del totale
rapporto tra 2.962 beni destinati su
relativi agli immobili confiscati e al
di immobili confiscati in Italia, dato
41
Tabelle
Tabella 1.
Immobili confiscati e Tasso di destinazione degli immobili confiscati. Anni 2005-2010
REGIONI
27.09.2005
30.06.2008
30.06.2009
31.12.2009
31.12.2010
peraltro costante negli ultimi anni e
Imm.
Conf.
Tasso Imm.
di dest. Conf.
Tasso
di dest.
Imm.
Conf.
Tasso
di dest.
Imm.
Conf.
15
73,3%
24
58,3%
42
38,1%
BASILICATA
9
88,9%
11
81,8%
11
81,8%
CALABRIA
1.097
56,2% 1.169
77,3%
1.300
75,8% 1.325
78,1% 1.443
75,3%
CAMPANIA
1.005
54,2% 1.213
71,5%
1.323
69,2% 1.348
69,5% 1.417
67,7%
di destinazione segua in realtà quella
della Sicilia, pur presentando nel
ABRUZZO
Tasso Imm.
di dest. Conf.
Tasso
di dest.
leggermente in diminuzione rispetto al
44
56,8%
44
90,9%
2005 (84,5%), vediamo come la somma
11
81,8%
11
81,8%
delle rispettive performance del tasso
EMILIA ROMAGNA
53
50,9%
57
52,6%
66
53,0%
81
58,0%
83
68,7%
FRIULI VENEZIA GIULIA
11
0,0%
14
78,6%
15
73,3%
17
64,7%
18
83,3%
LAZIO
272
40,1%
329
67,8%
358
68,7%
363
73,8%
399
69,7%
complesso valori medi più elevati,
LIGURIA
10
10,0%
27
63,0%
27
70,4%
29
65,5%
32
68,8%
passando dal 44% del 2005 al 64% del
LOMBARDIA
377
55,4%
587
68,8%
655
80,0%
665
84,2%
767
77,6%
2010.
MARCHE
0
4
25,0%
10
50,0%
11
54,5%
10
70,0%
MOLISE
0
2
0,0%
2
0,0%
2
100,0%
2
100,0%
Campania e Calabria presentano,
però, un andamento un po’ diverso
PIEMONTE
74
54,1%
100
76,0%
121
66,9%
121
69,4%
123
80,5%
PUGLIA
424
40,6%
612
65,0%
722
67,3%
764
73,0%
820
77,9%
SARDEGNA
68
88,2%
83
81,9%
84
92,9%
86
90,7%
86
95,3%
rispetto a Sicilia e Puglia. La loro
migliore performance in termini di
SICILIA
36,6% 3.783
41,2%
4.075
46,3% 4.200
47,1% 4.466
55,9%
TOSCANA
2.953
24
50,0%
28
75,0%
29
79,3%
37
62,2%
40
90,0%
TRENTINO ALTO ADIGE
15
93,3%
15
100,0%
15
100,0%
16
93,8%
16
100,0%
UMBRIA
0
VALLE D’AOSTA
0
VENETO
75
0
0
0
76,0%
71
0
0
94,4%
88,5%
78
confiscati è concentrata, infatti, nel
0
0
78
0
91,0%
80
tasso di destinazione degli immobili
periodo tra il 2005 e il 2008. Nel
88,8%
triennio successivo, la Campania vede
NORDOVEST
461
54,2%
714
69,6%
803
77,7%
815
81,3%
922
77,7%
NORDEST
154
63,6%
157
78,3%
174
74,7%
192
75,0%
197
80,7%
CENTRO
296
40,9%
361
67,9%
397
69,0%
411
72,3%
449
71,5%
4 punti, mentre la Calabria vede
arretrare il proprio tasso di
MERIDIONE
2.550
53,0% 3.031
72,3%
3.400
71,0% 3.494
73,4% 3.737
73,2%
ISOLE
3.021
37,8% 3.866
42,1%
4.159
47,3% 4.286
48,0% 4.552
56,6%
ITALIA
6.482
45,7% 8.129
57,6%
8.933
60,5% 9.198
62,3% 9.857
66,0%
Fonte: Elaborazione Irdcec su dati tratti da “Rapporto sui beni confiscati alla criminalità organizzata” Anni 2005, 2008, 2009 e 2011.
Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.
peggiorare la propria performance di
destinazione di quasi 2 punti. La
Puglia, invece, fa registrare un
miglioramento nell’ultimo triennio di
quasi 13 punti percentuali.
Un ultimo dato riguarda, infine, il
AZIENDE CONFISCATE
PER SETTORI DI ATTIVITÀ
AZIENDE CONFISCATE
numero di aziende confiscate e la loro
distribuzione per settore. I grafici
1.808
1.052
1.185
Altri
34%
Costruzioni
28%
mostrano come le aziende sottoposte
a confisca nel triennio considerato
siano in forte aumento, fenomeno
1.223
molto evidente nel corso del 2010, con
un incremento percentuale rispetto a
un anno prima del 48%, e siano per lo
30.06.08
30.06.09
31.12.09
31.12.10
Alberghi
e ristoranti
10%
più concentrate nei settori delle
Commercio
28%
costruzioni e del commercio, che
insieme coprono il 56% del totale. 42
Pmi, la crisi non è
del tutto alle spalle
Una indagine internazionale, svolta su più di 1.750 piccole e medie imprese, dimostra come ancora
non si possa parlare di vera e propria ripresa. Molte imprese non potrebbero sopravvivere
ad un’altra recessione
a cura di Giancarlo Attolini, Consigliere CNDCEC con delega agli Affari Internazionali
S
ono stati due anni impegnativi per le piccole imprese in
tutto il mondo, ma ancora non si può parlare di vera e
propria ripresa. Un numero preoccupante di piccole
imprese ritiene di non disporre di liquidità sufficiente a
sopravvivere ad un’altra recessione economica: questo il
risultato di uno studio di Forbes Insights svolto in
collaborazione con l’Association of Chartered Certified
Accountants (ACCA), la Certified General Accountants
Association of Canada (CGA-Canada) e il Consiglio Nazionale
dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili
(CNDCEC). Lo studio si basa su una ricerca svolta su più di
1.750 piccole e medie imprese (Pmi) aventi sede in Canada,
Cina, Italia, Regno Unito, Singapore e Sud Africa, di cui 30%
micro imprese con meno di 10 dipendenti. Il Cndcec ha
collaborato allo sviluppo del progetto scientifico, nonché
all’elaborazione dell’indagine, e ha successivamente curato la
traduzione in italiano del report. Dall’indagine emerge che,
mentre la maggior parte delle Pmi intervistate ritiene che sia
ormai passato il momento peggiore della recessione, un
numero sorprendentemente elevato di imprese - tra il 31% ed il
54% nei singoli Paesi, e pari a circa il 45% in Italia, incluse quelle
che hanno sperimentato elevati tassi di crescita e sono quindi
state interessate in misura minore dalla crisi globale - afferma
di non disporre di liquidità sufficiente a sopravvivere ad un’altra
crisi finanziaria. Le Pmi coinvolte nell’indagine affermano che
la recessione le ha indotte a migliorarsi e che assumono ora
solo rischi che sono in grado di gestire. Le imprese in
espansione, prevalentemente nelle economie maggiormente
dinamiche e non in Italia, stanno, inoltre, affrontando una
concorrenza più dura e costi crescenti, che ne comprimono i
margini di profitto.
Secondo gli intervistati, sembra che i finanziatori, nel destinare
i propri fondi, privilegino le Pmi di dimensioni maggiori e le
grandi società piuttosto che le micro e piccole imprese. Si
rileva, anche, che il credito non è utilizzato per finanziare il
capitale circolante ma piuttosto per aumentare la capacità
produttiva e tende sempre più a essere garantito dai beni
personali o dell’impresa, mentre l’investimento nel capitale
delle imprese è destinato alle acquisizioni e al finanziamento
dell’espansione dell’impresa a livello locale ed internazionale.
Poiché gli intermediari finanziari sono ormai poco propensi a
finanziare il capitale circolante, ad assumere il rischio di credito
dei clienti o a rifinanziare il debito, le aspettative delle Pmi si
sono spostate sugli azionisti e sul credito di fornitura.
Lo studio rileva che le imprese che si avvalgono maggiormente
dei consulenti professionali o degli esperti hanno avuto una
migliore performance: la consulenza professionale ha conferito
alle Pmi, che hanno saputo metterla a frutto, maggiore fiducia
nelle proprie possibilità di sopravvivenza, riducendo le
necessità di finanziamenti in situazioni di emergenza e
facilitando l’accesso al credito. Da qui le diverse
raccomandazioni:
nel definire piani di sviluppo e politiche di gestione del
rischio, le Pmi devono tenere conto di fattori quali gli
aumenti dei tassi di interesse, la volatilità dei tassi di
cambio e l’inflazione;
i governi possono aiutare a ridurre l’incertezza
impegnandosi seriamente e in tempi brevi sul versante
fiscale e della spesa pubblica, sulla politica monetaria e la
relativa regolamentazione;
i governi dovrebbero dedicarsi al rafforzamento dei
sistemi di garanzie al credito per le Pmi, per offrire delle
soluzioni laddove non sia possibile fornire sufficienti
garanzie;
un maggior numero di imprese dovrebbe sfruttare meglio
le opportunità di finanziamento offerte dai rapporti di
fornitura: i clienti di maggiori dimensioni offrono già
opportunità di finanziamento ai propri piccoli fornitori
Internazionale
attraverso l’anticipo delle proprie fatture con società di
factoring, mentre i governi, solitamente i clienti più
solvibili delle Pmi, dovrebbero valutare l’offerta di
modalità di finanziamento simili per i propri fornitori;
i consulenti d’impresa e le agenzie pubbliche per lo
sviluppo delle imprese devono dare la priorità a migliorare
la capacità delle Pmi di accedere al credito e agli
investimenti, dando informazioni chiare sulle esigenze
informative dei finanziatori e proponendo altre fonti di
finanziamento, quali ad esempio i business angels;
i finanziatori devono specificare con chiarezza i criteri
adottati per la concessione di prestiti o investimenti,
nonché valutare la necessità di garanzie personali o su
titoli in modo flessibile, caso per caso;
le imprese dovrebbero fare uso delle informazioni
finanziarie e sul credito relative ai propri clienti e
assicurarsi a loro volta che le proprie informazioni
finanziarie siano a disposizione dei potenziali partner
commerciali;
i governi dovrebbero riconoscere l’importanza cruciale del
credito di fornitura quale componente rilevante del
mercato finanziario, assicurando che le informazioni sul
credito siano ampiamente disponibili e che i creditori
possano ricorrere a strumenti efficaci per far valere i loro
diritti (in Italia, per recuperare il credito per vie legali,
occorrono circa 1.210 giorni, un dato che ci colloca al 157°
posto nella classifica stilata dalla Banca Mondiale in
“Doing Business 2011” );
i consulenti d’impresa e le agenzie pubbliche per lo
sviluppo delle imprese dovrebbero individuare le Pmi
sottocapitalizzate, e spronarle con forza a prendere
provvedimenti, se necessario;
i finanziatori dovrebbero riconoscere, nei loro contatti con
le Pmi, il valore della consulenza professionale e
considerare di invitare le imprese che non hanno ottenuto
ciò che richiedevano a rivolgersi a professionisti per una
consulenza.
Il Cndcec ha, proprio in questa prospettiva, presentato
all’ultimo Congresso Nazionale di Napoli dell’ottobre 2010, il
progetto “La certificazione della capacità di credito” e il
conseguente protocollo “Banche-imprese: ABI - Commercialisti
- Unioncamere insieme per l’accesso al credito delle imprese”.
I professionisti possono avere un ruolo fondamentale nel
quadro dell’attuale crisi finanziaria, fornendo alle Pmi un valido
supporto nell’effettuare scelte di finanziamento e nel business
planning. Per sopravvivere alla crisi si sono rivelate decisive
una buona pianificazione delle risorse finanziarie e la capacità
di garantire l’accesso al capitale di terzi. Lo studio indica che le
43
modalità di finanziamento devono cambiare, in base alle
necessità delle imprese e alla loro collocazione geografica.
Per le micro e le piccole imprese, che costituiscono i clienti
principali di moltissimi professionisti, è stato estremamente
difficile ottenere finanziamenti durante la stretta creditizia: le
competenze e la consulenza dei professionisti possono fornire
a queste imprese un supporto adeguato per l’accesso al
finanziamento e per la gestione dei propri flussi di cassa.
*********
L’indagine “Small and Medium-Sized Enterprises: Rebuilding
a Foundation for Post-Recovery Growth” (“Piccole e Medie
Imprese: ricostruire le premesse per una nuova crescita”)
pubblicata da Forbes, corredata delle 6 schede paese (Canada,
Cina, Italia, Regno Unito, Singapore e Sud Africa) è consultabile
gratuitamente, nelle versioni inglese e italiana, su
www.commercialisti.it seguendo il percorso: area istituzionale,
area internazionale, pubblicazioni ed eventi.
ACCA
ACCA (Association of Chartered Certified Accountants) è un
organismo globale che riunisce i professionisti contabili. Mira
ad offrire qualifiche professionali finalizzate ad un proficuo
inserimento lavorativo nei settori contabilità, finanza e
management. Sostiene 140.000 membri e 404.000 tirocinanti in
170 paesi, aiutandoli a sviluppare il loro percorso professionale
nelle materie contabili ed aziendali, con le competenze
effettivamente richieste dai datori di lavoro. Opera mediante
un network internazionale di oltre 80 uffici e centri e più di
8.000 “Approved Employers” (iniziativa rivolta a “certificare” i
datori di lavoro) che forniscono elevati livelli di sviluppo e
formazione del loro staff. Si dedica inoltre a promuovere lo
sviluppo della regolamentazione nell'ambito della contabilità,
conducendo anche ricerche che contribuiscono alla crescita
della reputazione e dell’immagine della professione.
CGA-CANADA
Istituita nel 1908, l’Associazione dei professionisti contabili del
Canada (Certified General Accountants Association of Canada)
riunisce 75.000 commercialisti e tirocinanti in Canada ed in altri
90 paesi. Professionisti in contabilità e gestione finanziaria, i
commercialisti canadesi sono attivi nell’industria, nella finanza,
nelle pubbliche amministrazioni e nella libera professione. CGACanada definisce i requisiti per ottenere la qualifica professionale
e i principi cui i professionisti devono attenersi nell'esplicazione
delle loro attività; offre inoltre formazione professionale
continua, conduce attività di ricerca e rappresenta gli associati
a livello nazionale ed internazionale. Ordini territoriali
Milano: “Professionisti
in prima linea nella gestione
di beni sequestrati”
di Fabio Pisani
Rispondere all’esigenza di avviare uno
scambio di esperienze professionali e
di promuovere un accrescimento
culturale su una materia - quella della
gestione di masse patrimoniali in
sequestro penale od in sequestro di
prevenzione - che assume sempre più
un’importanza centrale nell’ambito
delle moderne strategie di contrasto
alla criminalità. Sono i motivi che
hanno indotto l’Ordine di Milano a
promuovere un Convegno,
organizzato dalla Commissione
ausiliari del Giudice: “Il
commercialista nella custodia
giudiziaria e nell’amministrazione
giudiziaria di beni in materia penale e
di prevenzione”.
Tra i relatori del convegno i magistrati
milanesi Giuliana Merola e Alberto
Nosenzo, il prefetto Mario Morcone,
direttore dell’Agenzia nazionale per
l’amministrazione e la destinazione
dei beni sequestrati e confiscati alla
criminalità organizzata, il professor
Enrico De Mita, e i commercialisti
Franco Novelli e Renato Bissi,
entrambi componenti della
Commissione ausiliari del Giudice
dell’Ordine di Milano.
In cifre
Iscritti: 7669 di cui 2181 donne
Età media: 49
Tirocinanti: 1187 di cui 437 donne
Iscritti di età inferiore ai 40 anni: 1852
Iscritti Elenco speciale: 97 di cui 23 donne
Un argomento di estrema attualità,
anche per le recenti novelle
legislative, che tocca pure la regione
Lombardia, ora improntate ad
esigenze di difesa sociale, ora ispirate
a principi di garantismo.
Dei dati offerti dall’Agenzia si rileva,
infatti, che nel novembre 2010 la
Lombardia era al 4° posto tra le
regioni interessate a tali misure
ablative, preceduta da Sicilia,
Campania e Calabria.
Il Tribunale di Milano è, tra l’altro,
l’unico Tribunale del Nord Italia in cui
è costituita una Sezione Autonoma
Misure di Prevenzione. Mentre la
Direzione Distrettuale Antimafia di
Milano, anche di recente, ha
disarticolato organizzazioni criminali
applicando rilevanti sequestri penali
preventivi. Inoltre, la vicinanza con le
frontiere favorisce certamente
condotte di riciclaggio, fondamentale
reato di cerniera.
“Questa attività di contrasto
comporta, necessariamente - ha
affermato il presidente dell’Ordine,
Alessandro Solidoro, aprendo il
Convegno -, la gestione di patrimoni o
di aziende durante la fase giudiziaria.
Gestione nella quale i commercialisti
sono chiamati ad assumere incarichi
di amministratore giudiziario o
custode giudiziario. Compiti che
richiedono specifiche competenze
professionali e capacità di decisioni
ragionevoli e concludenti. La materia
Milano
Solidoro: “Non vogliamo essere impiegati del Fisco”
Per questo il presidente dell’Ordine lombardo auspica che il Consiglio Nazionale insista
sulla campagna tesa alla semplificazione degli adempimenti
Quali sono le principali peculiarità
ed i problemi specifici che la
categoria incontra nell’ambito
territoriale dell’Ordine da te
presieduto?
Siamo una comunità di colleghi
molto ampia con 7.800 iscritti a cui si
aggiungono 1.200 tirocinanti. Ci
muoviamo in un territorio
importante dal punto di vista
economico. Il nostro cliente è il
singolo contribuente persona fisica,
ma anche la Spa e la multinazionale.
È un contesto sfidante, interessante
ma esigente. Dobbiamo seguire a
tutto tondo la vita di persone e
aziende. Per questo il nostro sforzo
in tema di formazione è assiduo, ma
lo consideriamo indispensabile oltre
che qualificante.
L’Ordine è tenuto a mantenere alta
l’attenzione sulle esigenze dei propri
iscritti e non solo a livello formativo.
Non possiamo non registrare il
malessere derivante dal numero
sempre più elevato di adempimenti
da svolgere per conto della Pubblica
Amministrazione. Sono vissuti come
un mero aggravio di burocrazia,
senza riconoscimenti di sorta e non
remunerato. Abbiamo,
sostanzialmente, la sensazione di
fare da cuscinetto tra aziende e
Pubblica Amministrazione.
Inoltre, come tutti, dobbiamo fare i
conti con la crisi: il professionista
incontra spesso problemi nella
riscossione delle parcelle come nella
stessa gestione del proprio studio (in
particolare quelli di medie
dimensioni).
Come pensi di sviluppare sul
territorio i rapporti con le altre
professioni?
La nostra intenzione è evidenziare gli
aspetti di vicinanza piuttosto che
quelli di contrapposizione. Con
avvocati e consulenti del lavoro
abbiamo in essere accordi per il
reciproco riconoscimento dei corsi
di formazione e l’assegnazione dei
crediti. Spero a breve di definire un
analogo accordo con i notai.
Ciò non toglie che siamo consapevoli
delle differenze. Per legge non siamo
titolari di riserve normative, ma
abbiamo soltanto il riconoscimento
di alcune competenze specifiche. Per
questo il nostro atteggiamento
mentale verso il mercato dev’essere
di maggior apertura e ci ha portato a
essere tra i primi a consentire forme
di pubblicità degli studi e a parlare di
derogabilità di minimo tariffario.
Cosa ti aspetti dal rapporto con il
Cndcec e quali sono le forme di
collaborazione che pensi di
suggerire ai vertici nazionali?
Per prima cosa auspico un maggior
coinvolgimento nei processi
decisionali. Occorre, a mio parere,
prestare più attenzione alle istanze
dei territori e condividere alcune
scelte importanti della gestione
operativa. Penso per esempio al
sistema sanzionatorio degli
inadempimenti degli iscritti riguardo
alla formazione obbligatoria: le
ricadute sul rapporto con i colleghi
sono poi prevalentemente a livello
locale. Peraltro è vero che molti temi
vanno affrontati su scala nazionale.
Auspico che il Consiglio Nazionale
insista sulla campagna tesa alla
semplificazione degli adempimenti:
oggi quasi il 50% dei rapporti tra fisco
e cittadini passa attraverso il
commercialista. Ma noi non
vogliamo essere impiegati del Fisco.
Come si colloca la categoria nei
rapporti con le Istituzioni locali,
quali Tribunali, Camere di
Commercio ed Enti locali?
A Milano li definirei eccellenti.
Condividiamo tavoli di lavoro su
temi di interesse comune con tutte le
istituzioni. Diamo loro supporto in
termini organizzativi e culturali,
facendo spesso leva sugli studi delle
nostre commissioni. Manteniamo
insomma un atteggiamento positivo
con le istituzioni locali, che è
rafforzato dalla nostra scelta di
mettere a disposizione della
comunità alcuni servizi gratuiti. Di
recente abbiamo collaborato per un
mese con il Conservatorio, fornendo
assistenza gratuita ai musicisti, e
stiamo attivando iniziative dello
stesso tipo con altre categorie.
Anche le tre Università milanesi –
Bocconi, Cattolica e Bicocca rappresentano un interlocutore
importante dell’Ordine: da tempo
collaboriamo proficuamente
attraverso un’intensa attività
convegnistica ed editoriale della
nostra SAF, Scuola di Alta
Formazione. Stiamo inoltre
stipulando convenzioni per il
tirocinio universitario al fine di
favorire l’accesso alla professione
dei giovani.
Quali sono le istanze locali su cui
ritieni sia opportuno un intervento
del Consiglio Nazionale?
Vorrei un maggiore supporto per
quanto riguarda la tutela del singolo
professionista nell’ambito dei
rapporti con la Pubblica
Amministrazione, per tutti quegli
aspetti che non possono trovare
composizione sul territorio.
Inoltre auspicherei da parte del
Consiglio un riconoscimento delle
specializzazioni, in quanto la nostra
professione va ormai in tante
direzioni. A mio avviso vale la pena
evidenziare che molti colleghi hanno
acquisito competenze specifiche
molto forti. Infine promuoverei
interventi normativi volti ad
agevolare le aggregazioni
professionali, anche per consentire a
molti colleghi di affrontare al meglio
la congiuntura economica.
45
46 Milano
Milano: la Chiesa di Santa Maria delle Grazie
sicuramente risveglia una passione
civile. Ed il professionista chiamato a
tali incarichi esercita, di fatto, una
rilevante funzione sociale in quanto
l’amministrazione dei beni è svolta in
incertam personam, ovvero per conto
del soggetto cui il bene spetta all’esito
della definitiva decisione giudiziaria
(proposto/indagato/imputato oppure
lo Stato)”.
Assai delicate, come è stato
sottolineato nei diversi interventi al
Convegno, sono le gestioni di azioni o
quote minoritarie unite alla gestione
di corrispondenti frazioni di immobili
e non accompagnate dal sequestro del
complesso aziendale. Tra le novelle
recenti vanno ricordati il d.l. 4
febbraio 2010, n. 4 convertito con
Superficie (Kmq)
1.984
Popolazione (01.01.2010)
3.963.916
Imprese attive (2009)
349.254
Occupati (2009)
1.767.253
Valore aggiunto* (2008)
140.139
Fallimenti dichiarati (2007)
592
*VALORE AGGIUNTO AI PREZZI BASE AL LORDO SIFIM
– VALORI A PREZZI CORRENTI IN MILIONI DI EURO
legge 31 marzo 2010, n. 50 cha ha
istituito l’Agenzia per
l’amministrazione e la destinazione
dei beni sequestrati e confiscati alla
criminalità organizzata, il D.lgs. 4
febbraio 2010, n. 14 per l’istituzione
dell’Albo degli Amministratori
Giudiziari, non ancora operativo, e le
modifiche agli artt. 104 e 104 bis
disp.att. cpp, intervenute nel luglio
2009.
La sintesi dei lavori del Convegno è
stata affidata a Renato Bissi che ha
sottolineato come i lavori abbiano
messo in luce dei profili che sono
legati essenzialmente ad un quadro
normativo per certi versi ancora da
definire anche per evitare prassi
divergenti tra i vari tribunali.
“Soprattutto - ha detto - nei rapporti
tra esecuzione fallimento e tra
fallimento e prevenzione, tra
sequestro preventivo e sequestro di
prevenzione e la tutela dei terzi in
buona fede”.
Concorde la richiesta di una
professionalità crescente dei
commercialisti soprattutto per quanto
riguarda la nuova frontiera della
criminalità internazionale e le nuove
strategie di contrasto al crimine
organizzato.
“Piace sottolineare - ha detto ancora
Bissi - e vale la pena ripeterlo, che
quella dell’amministratore giudiziario
è una funzione sociale. Dal Convegno
è emersa anche l’opportunità
investigativa di applicare
contemporaneamente sia la misura
penale in senso stretto sia la misura di
prevenzione tentando poi di dare a un
unico professionista il compito di
gestire le masse patrimoniali in
sequestro. Ultimo aspetto sono i
profili fiscali sui quali mancano ancora
i necessari chiarimenti da parte del
Ministero delle Finanze”. Letti per Voi
GLI STRUMENTI DI TUTELA DEL PATRIMONIO
L. Cacciapaglia, L. De Angelis, C. Feriozzi, V. Pozzi.
47
Tempo libero
(Eutekne, 2011)
Imprenditori, professionisti, amministratori e sindaci, a norma dell’art. 2740 del c.c. rispondono
delle obbligazioni derivanti dall’attività con tutti i propri beni, presenti e futuri. Tuttavia, lo stesso articolo
prevede specifiche deroghe nei casi espressamente previsti: fondo patrimoniale tra coniugi, atti
di destinazione e Trust. Ognuno dei citati istituti è utile, seppure sulla base di presupposti diversi, a garantire
la finalità della tutela del patrimonio, a vantaggio di coniugi e figli il primo, nell’interesse di persone con
vincolo affettivo (famiglia di fatto, figli, nipoti, ecc.) il secondo, per patrimoni articolati e complessi il terzo.
Il volume analizza ognuno dei suddetti istituti, illustrando le diverse opportunità in chiave del tutto operativa.
Sono trattati gli aspetti civilistici e fiscali alla luce della prassi notarile e di tutta la più recente giurisprudenza
civile e tributaria, riportata in appendice. Particolare attenzione è dedicata agli effetti segregativi dei tre
istituti a fronte di azioni esecutive da parte dei creditori sui beni vincolati, con particolare riferimento
alla posizione dell’amministrazione finanziaria per imposte non pagate nell’ambito di attività di impresa
o di lavoro autonomo. Opportunità da cogliere e cautele da adottare per non vanificare, con incauti
comportamenti illegittimi, gli effetti segregativi sui beni e dare così al titolare degli stessi e ai propri cari
le necessarie garanzie per poter svolgere con consapevolezza e serenità il proprio lavoro.
L’ultimo inverno
Paul Harding
(Neri Pozza, 2011)
Romanzo d'esordio di rara
potenza espressiva,
sull’America di ieri e di
oggi. La storia di un uomo
che ripercorre la propria
vita e che parla dell'amore
tra un padre e un figlio,
della fierezza della natura,
del ricordo e della fantasia.
Premio Pulitzer 2010.
Il comune sentire
PERFORMANCE E CONTROLLO DI GESTIONE
Il controllo di gestione a supporto della misurazione della performance negli enti locali
Ciro D'Aries, Alessandro Nonini
(Il Sole 24 Ore Pirola, 2011)
Il tema delle performance ha assunto un ruolo centrale nell'ambito della riforma dell'intera amministrazione
pubblica, sia centrale sia periferica. Tuttavia l'aspetto più delicato è come misurare la performance,
che concettualmente vuole esprimere la prestazione a posteriori dell'azienda nel suo complesso e di quella
individuale dei dirigenti/responsabili rispetto agli obiettivi definiti all'inizio del ciclo di
pianificazione/programmazione dell'ente di riferimento. Il libro affronta in maniera teorico-legislativa e
operativa i vari aspetti della misurazione della performance attraverso l'esposizione di un modello di controllo
di gestione che deriva dal processo di pianificazione e programmazione, assicurando così un quadro
di insieme unitario dei sistemi interni di controllo, ed in particolare, creando il collegamento tra il controllo
di gestione con il controllo strategico e con il processo di valutazione del personale.
Lo strumento del controllo di gestione deve consentire di misurare la performance dell'Ente, verificando
la capacità dell'ente di assicurare o meno - attraverso il consumo di risorse pubbliche - un processo continuo
di creazione di valore per la collettività. Il libro cerca di dare concrete risposte agli operatori e agli studiosi
del processo di programmazione-gestione-controllo della pubblica amministrazione.
IL BILANCIO DI PREVISIONE 2011
Elisabetta Civetta
(Maggioli, 2011)
L’opera, in due volumi, è dedicata al tema del bilancio di previsione 2011 e finalizzata all’analisi delle
problematicità del bilancio nella sua fase di redazione e in quella successiva di gestione.
Il volume “Il bilancio di previsione 2011. Note tecniche per la redazione” affronta le tematiche e le
considerazioni che il ragioniere comunale deve effettuare nella fase di redazione e approvazione del bilancio
e relativi allegati. Le varie leggi finanziarie e, dal 2008, le varie manovre estive hanno reso più complessa
la procedura di redazione del principale documento di programmazione dell’ente. Il manuale, partendo dai
vari titoli di entrata e di spesa del bilancio, analizza le problematicità con riferimento al quadro normativo
vigente, accompagnando il ragioniere comunale “passo dopo passo” alla redazione e approvazione del
bilancio di previsione. L’opera offre un servizio on-line di aggiornamento fino al 31 dicembre 2011.
CONCORDATO PREVENTIVO E ACCORDI DI RISTRUTTURAZIONE. ARTT. 160-186 L. FALL.
AA.VV.
(Giappichelli, 2011)
Il volume offre un quadro della disciplina del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione
aggiornata alla legge 30/07/2010, n. 122. La trattazione per articoli consente un immediato riferimento
alle tematiche di interesse. Il contenuto di ciascuna norma viene illustrato, commentato ed approfondito alla
luce della più aggiornata dottrina, nonché corredato delle più recenti decisioni della giurisprudenza. Hanno
dato il proprio contributo autorevoli specialisti della materia delle procedure concorsuali, quali docenti
universitari, magistrati, avvocati, notai e commercialisti, realizzando un quadro d’insieme ad un tempo
efficace e stimolante.
Carlo Maria Martini
(Rizzoli, 2011)
Le risposte alle domande
cruciali dell’esistenza
umana e del nostro tempo
nelle parole di una delle
personalità più autorevoli
della Chiesa. Risposte per
disporci con autenticità
al cammino di ricerca che
ciascuno di noi deve
compiere, nel mondo e
dentro di sé.
Gran Circo Taddei
e altre storie
di Vigàta
Andrea Camilleri
(Sellerio, 2011)
“Una sorta di campionario
di uomini e donne di
Sicilia. Non c’è che
l’imbarazzo della
scelta”(A. Camilleri).
Sono otto i racconti che
compongono il libro e non
una semplice raccolta.
Sono cronache e quasi
apologhi, non si sa fino
a che punto sempre e
veramente d’altri tempi…
Altri turismi
Ezio Marra, Elisabetta Ruspini
(FrancoAngeli, 2010)
Come cambiano i
“turismi”? Quali scenari
aprono media e nuove
tecnologie per un
arricchimento
dell'esperienza del
viaggio? Una riflessione
sociologica, storica e
demografica sulle nuove
tendenze culturali in
ambito turistico.
A cura di Maria Pia Parenti
Press
Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti
e degli Esperti Contabili
Presidente
Claudio SICILIOTTI
Vice Presidente
Francesco DISTEFANO
Segretario
Giorgio SGANGA
Tesoriere
Giuliano BOND
Consiglieri
Giancarlo ATTOLINI
Luciano BERZÈ
Claudio BODINI
Giosuè BOLDRINI
Andrea BONECHI
Roberto D’IMPERIO
Marcello DANISI
Flavio DEZZANI
Enricomaria GUERRA
Stefano MARCHESE
Massimo MELLACINA
Paolo MORETTI
Giovanni Gerardo PARENTE
Domenico PICCOLO
Giulia PUSTERLA
Felice RUSCETTA
Emanuele VENEZIANI
Piazza della Repubblica, 59
00185 - ROMA
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A seguito delle numerose segnalazioni pervenute
a questa Redazione, si precisa che la rivista viene inviata a tutti
gli iscritti all’Albo utilizzando il database predisposto dagli Ordini
territoriali ed inserito sul portale del Consiglio Nazionale.
Pertanto, essendo la gestione degli Albi di esclusiva competenza
degli Ordini territoriali, a norma dell’art. 12, comma 1, lett.c)
del d.lgs. 139 del 28 giugno 2005, la Redazione
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Rivista del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti
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