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Notiziario 2 Dicembre ‘16 Anno 11 Associazione di volontariato onlus Assistenza malati terminali Indice EDITORIALE IL VALORE DEL TEMPO NELLE CURE PALLIATIVE pag. 3 L’ASSOCIAZIONE INFORMA SEMPRE PIU’ VICINI AL BISOGNO pag. 4 CONGRESSO NAZIONALE SICP - ROMA pag. 5 CERTIFICAZIONE ESMO pag. 5 CORSO NUOVI VOLONTARI pag. 7 GIORNATA DI SAN MARTINO pag. 8 L’OPINIONE DEGLI ESPERTI Q.B. – TRA INTEGRAZIONE PROFESSIONALE E PRATICHE DI CURA RECIPROCA pag. 10 PROGETTO SCUOLA: FACCIAMO IL PUNTO pag. 12 NUOVO MODELLO ORGANIZZATIVO DELLA RETE DI CURE PALLIATIVE IN REGIONE LOMBARDIA pag. 13 EVENTI CONCERTO CORO ALPINI pag. 14 UN GESTO CHE VIENE DAL CUORE pag. 15 TORNEO DI BURRACO pag. 16 SANTA MESSA pag. 17 CENA ANNUALE 2016 pag. 18 SOSTIENICI pag. 19 LA NOSTRA CARTA D’IDENTITÀ pag. 19 Direttore responsabile Franco Michienzi Rivista semestrale Anno 11 Numero 2 Dicembre 2016 Redazione Enrica Colombo Carla Longhi Giorgio Ferri La Cassa Rurale ed Artigiana di Cantù sostiene l'Ass. Il Mantello. Stampa e impaginazione Ingraph Seregno Editore Il Mantello Via Isonzo 42/B - 22066 Mariano C. (Co) e.mail: [email protected] Reg. Tribunale di Como n. 12 - Giugno 2003 EDITORIALE IL VALORE DEL TEMPO NELLE CURE PALLIATIVE Esistono condizioni della vita in cui il tempo appare come un nemico con cui è difficile convivere. Tempo che finisce e inevitabilmente spaventa, tempo che rimane e improvvisamente appesantisce. Tempo da vivere, ultima risorsa con cui affrontare la paura della fine e il dolore che invade il corpo e offusca la mente. E’ difficile parlare del tempo nelle cure palliative e altrettanto complesso strutturarlo in modo da donare spazi di serenità compatibili con le preoccupazioni del malato. La tradizione temporale del paziente in cure palliative è traumatica e confusa, ma può lasciare spazi per cogliere i lampi di bellezza che la compagnia e la vita continuano ad offrire all’essere umano. Il tempo in Hospice, dunque, è prezioso e possiede un valore inestimabile. E’ tempo guadagnato alla vita, alla malattia, alla sofferenza, all’isolamento. E’ tempo dotato di significato, permeato di una domanda di senso che trova risposta nell’incontro con l’altro che accompagna e cura il malato : l’operatore, il volontario, il familiare. “Il tempo è come il tessuto su cui occorre disegnare una creazione”, scrive Luigi Giussani. Nelle cure palliative può essere considerato come uno spazio da riempire sapientemente, in cui l’attività svolta in compagnia può tradursi in “festa”, la mano che accarezza può esprimere sostegno, lo sguardo che accoglie può offrire forza. Il malato di fronte alla drammaticità del tempo che finisce, attraverso l’alleanza di coloro che sono impegnati professionalmente e affettivamente nell’evento, può riscoprire il bisogno di un significato che caratterizza il percorso i accettazione del proprio stato. “L’uomo – ha scritto Dietrich Bonhoeffer – comprende se stesso a partire dal proprio limite”. Anche coloro a cui sono rivolte le attività diversionali sono spesso persone che non hanno più tempo. Le attività proposte, la compagnia offerta, sono atti che non possono mai perdere di vista la di- mensione soggettiva di ogni paziente, affinchè il tempo “ultimo” si prefiguri come esperienza dotata di valore individuale, offrendo la possibilità di liberare le paure e il desiderio di vita che animano ogni paziente. Il tempo può diventare così proposta che valorizza la persona e la sua storia, superando definitivamente la concezione secondo la quale nulla si possa fare per un paziente morente. Se le ore passate insieme si arricchiscono di umanità, il tempo cambia forma, propone valori e diventa uno spazio in cui c’è ancora molto da fare. Non un tempo che confonde, che “guarisce”, che sconfigge la morte, ma attimi di condivisione che celebrano l’individualità e la dignità di ogni malato, riconoscendole e valorizzandole affinchè possa esserci vita fino all’ultimo istante. Per gentile concessione Dott. Giuseppe Costanzo, Centro Studi e Formazione Vidas Federazione Italiana Cure Palliative 3 L’ASSOCIAZIONE INFORMA “SEMPRE PIU’ VICINI AL BISOGNO” Inaugurata il 30 Settembre a Faloppio una sede decentrata per le cure palliative domiciliari. Ospitata nei locali messi a disposizione del comune, fungerà da centro operativo per le cure palliative per i ventun comuni della zona Sud-Ovest della provincia di Como. Il progetto, voluto e pensato dalle Associazione A.MA.TE. ,IL MANTELLO e dall’UOCP – ASST LARIANA, ha coinvolto anche il comune di Faloppio, il Consorzio Socio Sanitario dell’Olgiatese e ha avuto il contributo della Fondazione Provinciale Comasca. Come ha messo bene in evidenza il Direttore Generale della ASST Dottor Marco Onofri, è un successo concreto della rete fra Istituzioni e volontariato; la Dr.ssa Carla Longhi Direttore dell’UOCP ha osservato che è proprio una realizzazione concreta dello spirito della Riforma Sanitaria della Regione Lombardia per la presa in carico globale del paziente. Ovviamente soddisfatti i presidenti delle due Associazioni che vedono diminuire i disagi per i pazienti e i familiari di questa zona, pur evidenziando la necessità di continuare ad analizzare e programmare interventi pensando a forme di welfare che diventano sempre più pressanti, conside- 4 rando i cambiamenti socio-demografici soprattutto nelle strutture delle famiglie. Questa sede decentrata di cure palliative, come osserva la presidente del Mantello, è l’esempio di come le risorse del volontariato e del territorio possono indicare, coordinare, stimolare le Istituzioni per essere sempre tutti “PIU’ VICINI AL BISOGNO”. Numerosi i rappresentanti delle Istituzioni fra cui il sindaco di Faloppio, la presidente della Provincia, i consiglieri regionali Maria Daniela Maroni, Luca Gaffuri e Alessandro Fermi. Terminato con il taglio del nastro il momento ufficiale, i numerosi partecipanti hanno approfittato del clima conviviale, favorito dal nutrito buffet preparato dai volontari per conoscersi, avere informazioni, creare contatti. L’ASSOCIAZIONE INFORMA CONGRESSO NAZIONALE SICP Roma 16/19 NOVEMBRE 2016 IL TEMPO DELLE CURE PALLIATIVE Il Tempo delle Cure Palliative” nelle sue tante declinazioni: il tempo della persona malata e della sua famiglia, tempo di fragilità, di bisogni, di relazioni. Il tempo degli operatori che con diverse modalità condividono questo intenso pezzo di vita, tempo di impegno, di crescita, di formazione. Il tempo dei volontari, tempo di dono, di attenzione, di rapporti intensi. Le Cure Palliative stanno cambiando velocemente e quindi anche tempo di presa in carico, sempre più precoce, tempo di nuova organizzazione, tempo di continuità di cura. Su questi tremi un gruppo di noi che ha partecipato al Congresso di Roma ha potuto riflettere e crescere individualmente, costruire relazioni, condividere esperienze e riportare in equipe uno stimolo sempre maggiore all’impegno concreto di tutti i giorni. CERTIFICAZIONE ESMO AL SANT’ANNA All’ospedale Sant’Anna di San Fermo della Battaglia vi è uno dei quindici Centri Europei che sono stati accreditati nel 2016 come Centro di Eccellenza per l’oncologia integrata e le Cure Palliative nell’ambito delle Simultaneous-Cares (ESMO 2016 Designated Centres of Integrated Oncology and Palliatice Care). “Ottenere una certificazione così prestigiosa – ha sottolineato il primario di oncologia Monica Giordano – è un importante riconoscimento per il lavoro dei volontari, infermieri, assistenti sociali, psicologi e medici dell’equipe. Nell’ambito dell’ambulatorio di cure di supporto, istituito due anni fa in collaborazione con l’unità di Cure Palliative dirette dalla dottoressa Carla Longhi, tutti sono attivamente impegnati per assicurare la continuità nelle cure ai pazienti oncologici che necessitano supporto e controllo dei sintomi, in tutte le fasi della malattia, per offrire loro la miglior qualità di vita possibile”. L’attribuzione del Certificato di Accreditamento è stata ufficializzata nelle scorse 5 L’ASSOCIAZIONE INFORMA settimane durante il meeting annuale ESMO in programma a Copenaghen. “Per quanto riguarda l’ambulatorio di Cure Simultanee – ha aggiunto Carla Longhi, primario dell’U.O. Hospice – Cure Palliative della ASST - , nel 2015 ha seguito 89 pazienti, di cui 70 che necessitavano di essere inseriti nella rete di Cure Palliative. Si tratta di un ottimo risultato che evidenzia che la persona malata e la sua famiglia non è stata lasciata sola nel fine vita. Il controllo del sintomo, in particolare del do- 6 lore, è importante non solo per una buona qualità della vita, ma anche per l’aderenza alle terapie. E’ fondamentale, quindi, una presa in carico precoce. In questi anni, inoltre, il network per le Cure Palliative si è sempre più strutturato e possiamo lavorare in provincia di Como con altre struttura e Associazioni che si dedicano alla terminalità in maniera davvero integrata”. In Italia la Certificazione ESMO è stata ottenuta nel 2016 oltre cha dall’ospedale Sant’Anna anche dall’ospedale Sacco di Milano. L’ASSOCIAZIONE INFORMA CORSO NUOVI VOLONTARI Associazione di volontariato , DLXWDFLDGDLXWDUH GLYHQWD SPSRXEVMS Programma CORSO VOLONTARI 2017 4 MARZO 1° incontro 9.00-13.00 13 MARZO 2° incontro 17.30-19.30 ASCOLTO E COMUNICAZIONE 20 MARZO 3° incontro 17.30-19.30 IL MONDO DELLE EMOZIONI DEI PAZIENTI 27 MARZO 4° incontro 17.30-19.30 LA RELAZIONE D’AIUTO CON I FAMILIARI DEI PAZIENTI 3 APRILE 5° incontro 17.30-19.30 IL LUTTO 10 APRILE 6° incontro 17.30-19.30 LA DIMENSIONE ETICA DELLA TERMINALITÀ 2 MAGGIO 7° incontro 17.30-19.30 DIMENSIONE SPIRITUALE DELLA TERMINALITÀ 13 MAGGIO 8° incontro 9.00-13.00 ESSERE VOLONTARI NELLE CURE PALLIATIVE APPARTENERE AD UNA ASSOCIAZIONE IL CODICE DEONTOLOGICO DEL VOLONTARIO L’Associazione “IL MANTELLO” opera nel settore dell’assistenza ai malati terminali, svolge attività per la diffusione della cultura delle “Cure Palliative” e aiuta a fornire servizi di assistenza Ànalizzata alla cura continua. Per continuare ABBIAMO BISOGNO ANCHE DI TE C’è l’opportunità sia di stare accanto ai pazienti e alle loro famiglie che di svolgere attività di accoglienza, di comunicazione, di organizzazione utili al funzionamento dell’associazione. DI PARTECIPAZIONE *MODALITÀ • La partecipazione è gratuita • E’ previsto un colloquio di orientamento con uno psicologo • Iscrizione obbligatoria DEL CORSO *SEDE Per la scelta della sede del corso si terrà in considerazione la provenienza dei partecipanti IL MANTELLO WHOHIRQRDVVRFLD]LRQH#LOPDQWHOORRUJZZZLOPDQWHOORRUJ 7 L’ASSOCIAZIONE INFORMA GIORNATA DI SAN MARTINO 8 9 L’ASSOCIAZIONE INFORMA L’OPINIONE DEGLI ESPERTI Q.B. Tra integrazione professionale e pratiche di cura reciproca 1 Nella mie giornate lavorative, ho la fortuna, che pochi hanno, di stare immerso in contesti formativi del tutto particolari, in cui incontro molti operatori della cura, impegnati a far parte dei percorsi di fine vita di tante persone, accompagnate dalle loro famiglie. Non sono un tecnico della cura, ma portando quotidianamente con me i racconti degli operatori incontrati, mi costruisco delle immagini dense di preziose sfumature della realtà complessa che essi affrontano ogni giorno. A Mariano Comense, ho una fortuna ancor più particolare: tra équipe dell’hospice e gruppo di volontari dell’associazione il Mantello, incontro due gruppi di persone molto diverse tra loro, che vivono gli stessi luoghi e incontrano le stesse storie di malattia, chi per passione e professione, chi per dedizione, invece, come personale volontario. È un incontro strano questo. Due pesi e due misure. Due mondi e due culture di gruppo tanto diverse: l’una tecnica e complessa, sempre fragile per definizione, per esposizione costante al limite; l’altra che prova a infondere calore, ma è a tratti un po’ smarrita, come di chi cerca un senso ogni volta in una presenza mai scontata, né definibile una volta per tutte. Questa è la professione, da un lato; questa la passione volontaria, dall’altro. Due mondi, appunto, che si incrociano negli stessi corridoi, che provano ad incontrarsi con fatica nelle stesse case, usando parole di attenzione e di cura: parole simili, mai uguali, parole che provano a dire la vicinanza e la competenza, parole piene di grazia, a loro modo, dentro le mille sfaccettature del carattere degli uni e degli altri, proprio come accade nelle grandi famiglie, nelle comunità di vita in cui si è in molti e si è diversi. A Mariano, in hospice come al domicilio, la cura delle storie di terminalità incontrate, in equilibrio instabile, tra un prima e un dopo sempre sconosciuto, chiede, agli uni, di cambiare paradigma rispetto alle formazioni d’origine, legate spesso ad una cultura biomedica che tende a procedere per protocolli e linee guida, paradigmi circoscritti e regolati nel dettaglio; agli altri, di vestire panni nuovi, mai imparati prima: panni stretti di procedure accurate, di attenzioni, di parole lievi e tanti silenzi come ciotole2, a fare spazio per accogliere. Tutto questo serve a definire un ruolo, ogni giorno, di nuovo, come fosse un poco la prima volta sempre: un ruolo delicato e denso di significati per gli uni e per gli altri, per chi cura e per chi è curato. Ma dove impariamo ‘quel che serve’? Nella nostra storia, crescendo, sperimentando situazioni, praticando la cura quotidianamente, 10 nelle nostre vite, ci portiamo dentro una serie di saperi che sono quelli più umanistici, più sociali, i cui confini facciamo fatica a ricostruire in modo rigoroso. Paradossalmente, questi saperi sono quelli che ci vengono chiesti ogni giorno operando, quando accompagniamo in fine vita o quando abbiamo a che fare con le storie dei più fragili. Ci rendiamo conto di questa verità semplice, solo quando ce lo concediamo, mentre il veloce cambiamento organizzativo del welfare ci obbliga a un costante ridisegno dei paradigmi professionali, nella complessa integrazione dei ruoli, e ci invita a lavorare in équipe multidisciplinari complesse, che permettono di costruire una lettura dei bisogni più articolata. È questo lavorare in compresenza che aiuta a riconoscere le proprie retoriche, le proprie visioni della cura, che condizionano inevitabilmente il proprio modo di agire; non è mai scontato, infatti, saper stare sul bisogno per come emerge nel qui ed ora di ogni processo terapeutico. Ebbene, a Mariano, in modo esemplare, per alimentare un processo di integrazione virtuosa, cominciata da tempo, tra équipe professionale ed équipe volontaria, nel mese di ottobre di quest’anno, sono cominciati due percorsi distinti, che hanno però l’ambizione di incontrarsi presto, col nuovo anno, e di provare a fare sintesi della ricchezza scambiata in questi primi incontri interni a ciascuno gruppo. Perché l’équipe, in realtà, è una sola e l’obiettivo prioritario di questo confronto interno ai gruppi dovrebbe essere quello di far circolare le immagini e i pregiudizi che ciascuno ha dei colleghi, consapevolmente o meno, attraverso una metodologia attiva in grado di garantire un clima di scambio e confronto sulle esperienze. È un lavoro che parte dalle narrazioni degli operatori e dei volontari, esercitando la capacità di fare propria la complessità del punto di vista dei colleghi non sempre allineati con il proprio sentire. Si prova, in altri termini, a lavorare sulla possibilità di favorire spazi di pensiero in cui tutti possano assumersi non solo la responsabilità del proprio ruolo professionale o volontario, ma anche quella mai scontata del proprio benessere, individuale e di gruppo. Oltre a ciò, avere l'occasione di ridefinire insieme ruoli e funzioni dei colleghi aiuta a esplicitare le reciproche responsabilità e a condividere la necessità di snellire le procedure là dove serve, di articolarle là dove è importante farlo. In estrema sintesi, il percorso vuole provare ad essere un'occasione per esercitarsi nel rileggere l'équipe come un luogo di responsabilità, dove costruire decisioni terapeutiche condivise e prati- Proprio a partire da questa consapevolezza, dobbiamo riconoscere con forza che non ci possiamo occupare d’altri se non dedichiamo tempo, risorse ed energie a occuparci prima di tutto di noi, come singoli e come gruppo. È chiaro che per le organizzazioni non è facile dedicare spazi e risorse adeguati al benessere dei propri operatori o dei propri volontari. Ma oggi, per fortuna, a Mariano si prova a dire che questa è una priorità. Si prova a dire che non è possibile esimersi da una domanda che riguarda il nostro benessere, le no- stre emozioni, la nostra esposizione quotidiana, per svolgere adeguatamente quello che viene chiesto di fare agli uni e agli altri, operatori e volontari. Questo è il senso ultimo di imparare a lavorare insieme, a collaborare in équipe. Perché collaborare non è un modo, una via, per arrivare a qualcosa d’altro. Collaborare è un fine di per sé: è l’immagine del lavoro ben fatto, del lavoro di qualità, per operatori e volontari, per i pazienti e per le loro famiglie. Imparare a collaborare significa, in primis, imparare a guardarsi negli occhi e a vedere nell’altro la stessa stanchezza propria e trovare insieme dei modi, delle strategie, per fronteggiarla, per elaborarla. Imparare a collaborare significa dedicare tempo a ridirsi il senso di quello che facciamo insieme, perché l’esposizione quotidiana ci chiede di trovare un senso che sia costruito insieme, senza cui probabilmente il logorio avrebbe la meglio. Resiste chi ha condiviso un senso e chi si permette anche di godere a pieno del proprio mestiere e del proprio impegno, della propria quotidiana dose di fatica. C’è un grande uomo, fondatore delle comunità dell’Arca, in Francia, Jean Vanier , che dice che nelle sue comunità, dove vivono ragazzi gravemente disabili, dove egli chiede ai suoi educatori di vivere con loro gran parte della settimana, negli anni resiste chi ama veramente lavorare con questi ragazzi: chi si diverte, chi gode con loro delle cose della vita di tutti i giorni. Chi resiste è chi si permette di uscire da questi luoghi e dire alla gente che lì c’è vita, che lì si sta bene, anche se ci sono ragazzi gravemente compromessi, inguardabili il più delle volte. Jean Vanier parte dalla convinzione che dobbiamo permetterci di stare bene fino in fondo lì dove stiamo, dall’idea che se è indispensabile chiedersi cosa cerchiamo facendo quello che facciamo, cosa portiamo di nostro in quell’operare quotidiano, per essere sicuri di lavorare bene, dobbiamo farlo, però, lasciando spazio al piacere e al benessere di cui abbiamo bisogno noi per primi, perché altrimenti ogni risposta rischia di essere di corto respiro, rischia di non bastare, di valere per poco. Solo così, paradossalmente, diversamente da come, forse, tante volte ci hanno insegnato in passato, spostando per un momento l’attenzione dagli altri a noi, è possibile alimentare uno sguardo che ricomprenda la globalità dei bisogni del paziente e della sua famiglia, senza la pretesa di esaurirli, ma piuttosto valorizzando la capacità di chi sta male di occuparsi di sé, all’interno del proprio sistema di relazioni. Lasciare che ‘il loro sguardo buchi le nostre ombre’, è lasciare che accada questo, e ci trasformi quel tanto che basta, Q.B., come nelle migliori ricette. Dottor Marco Zanchi Formatore – Consulente per questo progetto dell’Associazione Il Mantello 1 - Quanto basta: acronimo utilizzato nei ricettari per definire la giusta misura. 2 - Lizzola, I., L’educazione nell’ombra. Aver cura della fragilità, Carocci, Roma 2009. 11 L’OPINIONE DEGLI ESPERTI che funzionali al benessere di tutti i soggetti coinvolti nella cura, e un luogo dove valorizzare a pieno anche la presenza del volontario, come elemento interno all’équipe, non solo tangenziale ad essa. Pratiche formative circolari come quella in corso provano a tenere aperto uno spazio di riflessione di équipe in cui gestire la complessità emotiva che si sviluppa tra gli operatori che lavorano fianco a fianco, e tra loro e il gruppo volontario, in hospice come al domicilio. Un simile processo può anche aiutare, operatori e volontari, a valutare l’influenza dei propri bisogni e delle proprie aspettative nella lettura dei bisogni/aspettative del paziente e del suo sistema, per non dimenticare mai che ogni persona vive un progetto di vita fino alla fine, legato ai progetti di vita di chi le sta vicino. In tal senso, chiedersi se abbiamo veramente presente il volto di chi lavora con noi, è una questione essenziale. E non solo di chi lavora vicino a noi, vorrei poter dire, ma anche di chi si impegna sul nostro territorio e potrebbe contribuire a un pezzo della cura di quella famiglia, di quell’anziano o di quel paziente terminale. Avere in mente la mappa del territorio in cui siamo inseriti quando lavoriamo, e non solo quando lavoriamo, è centrale nel costruire una traiettoria di cura, anche in fine vita. Abbiamo davanti storie, storie di singoli individui, ma anche storie di interi sistemi familiari, che ci obbligano a fare i conti con un sapere complesso, di cui siamo portatori, risultato della saldatura forte tra un sapere tecnico, sanitario, e un sapere più sociale, più umanistico, perché per interpretare delle storie non ci sono regole che valgono una volta per tutte o soluzioni protocollabili. Bisogna ripartire da capo, tutte le volte, davanti a un paziente o alla sua famiglia, e fare i conti con il rischio di sentirsi inevitabilmente sfiancati e soli nel momento in cui lo si vede vacillare il proprio sapere. Di fronte alla complessità delle casistiche che ogni giorno si hanno di fronte, dobbiamo fare i conti con il fallimento, con il limite, siamo a volte obbligati a renderci conto che il nostro è un sapere fragile, ma anche che da questa consapevolezza si può partire, ogni volta, per essere più incisivi. Perché non siamo soli, se siamo un’equipe; anche se, nonostante il gruppo, siamo esposti quotidianamente al limite e ci viene chiesto tanto, a volte troppo. L’OPINIONE DEGLI ESPERTI PROGETTO “SCUOLA”: FACCIAMO IL PUNTO Dal 2011 l’associazione “ Il Mantello” sta proponendo, al mondo della scuola e delle agenzie educative presenti sul territorio della provincia di Como, progetti formativi sul tema della fragilità. Sul territorio vi sono diverse proposte di supporto alle numerose forme di fragilità e spesso comprendono anche l’attivazione nei consultori familiari o altro. Per quanto riguarda ,invece, il sostegno nel lutto al minore , alla famiglia e alla scuola l’offerta di consulenza e di strumenti è praticamente assente sia in termini preventivi che nell’emergenza. In questa ottica l’associazione “ Il Mantello” , si è posta l’obiettivo di contribuire a colmare questo bisogno fornendo alcuni servizi, tra cui il “ Servizio di Psico-oncologia “ allo scopo di accompagnare coloro che stanno vivendo esperienze di lutto o di perdita. Con il “Progetto scuola” intendiamo proporre alle scuole dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado e alle agenzie educative presenti sul territorio della provincia di Como un percorso di formazione rivolto a coloro che accompagnano bambini /ragazzi nel loro percorso formativo. Il “Progetto scuola” che da 5 anni ha il patrocino dell’Ufficio Territoriale Scolastico per la Lombardia e dell’ATS Insubria si articola in tre proposte formative: - L’Altra Faccia della Luna: rivolta ad insegnati ed educatori - Le Scarpette di Dorothy: rivolto a bambini dalla 1-3 classe 12 della scuola primaria ed ai loro genitori - Attraversando il Ponte: rivolto a ragazzi della 5 classe della scuola primaria ed ai loro genitori. Ora alcuni dati. In questi 5 anni di attività abbiamo coinvolto 1250 persone così ripartiti: - L’altra Faccia della Luna: 380 insegnanti - Le scarpette di Dorothy: 340 bambini - Attraversando il Ponte: 330 ragazzi - Genitori: 200 - Totale : 1250 Questi dati per noi sono molto confortanti, sia per avere dato una risposta ad un bisogno formativo (coinvolgimento degli insegnanti e genitori) sia perchè la nostra Associazione che opera nell’ambito delle Cure Palliative ha come “mission” anche la diffusione di questa cultura. Nel nostro contesto sociale che cerca di eludere la “fragilità” sta diventando sempre più urgente affrontare questo tema, iniziando dalla scuola a supportare i bambini/ragazzi nell’affrontare la quotidianità della vita soprattutto nei momenti difficili, cominciando ad esempio dai piccoli lutti. Ora ci attendono nuove sfide: promuovere progetti che coinvolgano la scuola secondaria di primo grado e di secondo grado ed in particolare l’adolescente. Dott. Valentino Fenaroli Responsabile Progetto Scuola L’OPINIONE DEGLI ESPERTI NUOVO MODELLO ORGANIZZATIVO DELLA RETE DI CURE PALLIATIVE IN REGIONE LOMBARDIA In data 28 novembre, durante una conferenza stampa presso Regione Lombardia l’assessore al Welfare Giulio Gallera ha presentato la delibera dal titolo “DISPOSIZIONI IN MERITO ALLA EVOLUZIONE DEL MODELLO ORGANIZZATIVO DELLA RETE DELLE CURE PALLIATIVE IN LOMBARDIA: INTEGRAZIONE DEI MODELLI ORGANIZZATIVI SANITARIO E SOCIOSANITARIO” con allegato il documento tecnico frutto del lavoro del sottogruppo INTEGRAZIONE DEI MODELLI ORGANIZZATIVI SOCIO SANITARIO E SANITARIO IN ATTUAZIONE DELLA DGR IX/4610/2012” coordinato dal Dr Luca Moroni e al quale ho avuto l’onore di partecipare. Questa delibera si integra nell’ambito dell’evoluzione del servizio sociosanitario regionale avviato con la l.r. 23/15 e tiene conto delle indicazioni contenute nei Lea. I contenuti della delibera ridefiniscono i modelli organizzativi delle Cure Palliative sul territorio regionale che vedono sancito un unico profilo di assistenza domiciliare ed un unico profilo di hospice, sanando la storica dicotomia che derivava dai due assessorati Salute e Famiglia, ed una uniformità remunerativa agli erogatori accreditati per ogni livello di assistenza. Le nuove regole operative ed i nuovi requisiti di accreditamento delineano un modello di presa in carico qualitativo e quantitativo elevato ed adeguato alla complessità dei nostri malati. In quest’ottica è garantito ampio spazio di inclusione anche alle Associazioni di volontariato e Terzo Settore. In ultimo vengono definiti i cardini per la costituzione delle Reti di Cure Palliative locali con i relativi Dipartimenti e dell’Organismo di coordinamento della Rete regionale. Di seguito riporto una parte di testo del documento che riassume il senso del nostro lavoro quotidiano. “…In questa prospettiva la Rete delle Cure Palliative deve saper favorire un percorso assistenziale umano e partecipato, in cui il malato non è visto come mero portatore di una patologia, ma come persona con i suoi sentimenti, le sue conoscenze, le sue credenze rispetto al proprio stato di salute e che, come tale, è posto al centro della cura, nella sua interezza fisica, psicologica e sociale. Ecco allora che occuparsi della persona che muore non significa occuparsi in maniera organicistica di un corpo malato e del dolore ad esso collegato, ma presuppone possedere un sapere tecnico– operativo sempre più evoluto e qualificato, non disgiunto ma sostenuto da un sapere che si rivolge all’ “Essere” e che, su di un piano psicologico–relazionale, comprende il farsi carico del “dolore totale”, all’interno dello spazio di cui ogni persona ha bisogno: lo spazio dell’incontro. Ed è in questo spazio che il dolore, la sofferenza, le paure e le diverse emozioni che si accompagnano al fine vita, trovano dignità, in quanto possono essere espresse, comunicate, ascoltate, accolte e comprese. Nel fine vita ogni piccolo gesto assume senso e valore e, in questa dimensione, la presenza costante, qualificata e fidata del care team di Cure palliative diventa per il malato e per il familiare/caregiver, fonte di sicurezza e di sostegno, capace di fare emergere ed attivare le risorse personali necessarie a leggere e comprendere i bisogni del congiunto morente” Dott.ssa Carla Longhi Direttore U.O.C.P. ASST - Lariana 13 EVENTI CONCERTO CORO ALPINI Il 10 Luglio a Parè l’Associazione AMICI DI PIERO con il gruppo Alpini di Parè ha organizzato un concerto con il coro CONGEDATI BRIGATA ALPINA OROBICA che ha coinvolto emotivamente quanti hanno partecipato. 14 Il ricavato della manifestazione è stato finalizzato al progetto “SEMPRE PIU’ VICINI AL BISOGNO”. Un grazie grande a tutti e un abbraccio alla famiglia di Piero. EVENTI UN GESTO CHE VIENE DAL CUORE “La Carrozzeria Pellegatta Angelo” ha organizzato presso la sua sede una serata, aperitivo e Blues con il gruppo musicale BLULAGO STYLE la cui chitarra è il nostro grande Marco, infermiere storico dell’Hospice. Come in altre occasioni ci hanno aiutato a comunicare i nostri progetti, a portare avanti la cultura delle cure palliative, a sensibilizzare sulle problematiche complesse del fine vita e perché no ci hanno dato una mano concreta per la sostituzione di un’auto dedicata all’Equipe domiciliare; il tutto con la leggerezza della convivialità e della musica. Grazie a loro, grazie a tutti quanti che con entusiasmo hanno partecipato e ci hanno permessi di accantonare un bel gruzzoletto targato “AUTO NUOVA”. 15 EVENTI TORNEO DI BURRACO A VILLA ARGENTA Mercoledì 12 Ottobre prima serata di Burraco organizzata dall’Associazione Il Mantello per aiutare la raccolta fondi da destinare al progetto “SEMPRE PIU’ VICINI AL BISOGNO – una sede decentrata per le cure palliative domiciliari”. I proprietari ci hanno generosamente messo a disposizione la bellissima sala e ci hanno supportato nell’organizzazione. Il panificio Orsenigo di Figino Serenza con loro amici, hanno provveduto ad allestire gratuitamente uno splendido buffet e sessantaquattro coppie di giocatori, sotto la direzione di un “autorevole arbitro” si sono sfidate per aggiudicarsi i bellissimi premi, tutti donati da nostri benefattori. Bell’ambiente, bella atmosfera, ottimo buffet…un’ esperienza da ripetere. Grazie a tutti…! 16 Come ogni anno celebrata la Santa Messa per ricordare i defunti che hanno percorso con Il Mantello l’ultimo tratto della loro vita. Vogliamo qui condividere una riflessione di una nostra volontaria così che possa anche arrivare a quanti sono stati impossibilitati a venire, il nostro abbraccio. “Lunedì pomeriggio è venuta a cercarmi la sorella di un giovane ospite mancato poco più di un mese fa in Hospice che voleva ringraziare per il sostegno ricevuto da noi. Con un pianto a dirotto con il suo viso sulla mia spalla e un abbraccio stretto stretto, che non mi aspettavo, mi ha trasmesso l’intensità della sua “riconoscenza” per il nostro esserci. Ho pensato allora che ritrovarci a celebrare una Santa Messa a ricordo e suffragio dei nostri cari o di quanti EVENTI DOMENICA 23-10-2016 SANTA MESSA abbiamo accompagnato nel cammino segnato dalla malattia verso la morte è significativo perché, oltre al valore religioso, crediamo importante continuare a mantenere un rapporto di vicinanza, di dialogo e di stima, ricordando qui tra noi il cammino che ci avete permesso di fare insieme. E’ un cammino ricco di esperienze emotive di straordinaria complessità, non semplice che domanda coraggio, per cui oggi a nome di tutta l’Equipe con i suoi medici, Infermieri, oss, ausiliari, le psicologhe, Padre Damiano e tutti tutti i volontari del Mantello riportiamo a VOI la nostra riconoscenza per la fiducia riposta, per i momenti di vita che ci avete regalato, per il calore che ci avete trasmesso, per le risate che abbiamo condiviso, per le lacrime che avete lasciato andare e per la vita che Vi siete permessi di raccontare. Dunque a ciascuno di Voi il nostro tenerissimo abbraccio e un grazie di cuore. - Rosanna”. 17 EVENTI CENA ANNUALE 26 NOVEMBRE 2016 Anche quest’anno abbiamo fatto centro! Bellissima serata all’Agriturismo “IL NUOVO BOSCO”: una location fantastica, un allestimento “spettacolo” della nostra impareggiabili Miranda e dei suoi aiutanti che arruola con entusiasmo, una risposta sempre generosa dell’ormai storico gruppo di amici che si arricchisce ogni anno di newentry. Un gruppo do otto ragazzi, la YOUTH HARP ORCHESTRA, ha accompagnato con la musica delle loro arpe l’ottima cena e farfalle di luce hanno animato il cortile antistante. Questo appuntamento è stato come sempre l’occasione per l’Associazione di comunicare ai suoi sostenitori il cammino dell’anno trascorso e i progetti futuri. Un grazie a tutti, ai nostri ospiti, ai proprietari del Nuovo Bosco che ci hanno permessi di godere del loro stupendo Salone delle 18 Feste, ai loro gentilissimi collaboratori, a quanti ci hanno aiutato ad allestire ed hanno contribuito offrendoci quanto ha reso la serata indimenticabile. Sostienici Puoi diventare socio de «Il Mantello» ONLUS con un versamento di Euro 25,00 sul c/c postale n° 11681228 oppure ritirando direttamente il vaglia in Associazione. Puoi sostenere Il Mantello con un contributo economico sul c/c bancario codice iban: IT37R0843051500000000034172 presso Cassa Rurale ed Artigiana di Cantù, Filiale di Mariano Comense, oppure tramite bonifico postale iban: IT75Y0760110900000011681228, o con bollettino postale c/c 11681228. intestato a: Associazione «Il Mantello» ONLUS. Nella causale ricordati di specificare i tuoi dati personali (Nome, Cognome, indirizzo), così potremo ringraziarti. In fase di compilazione della denuncia dei redditi (sul CUD Sottoscrivi e dona il tuo 5x1000 all'Associazione IL Mantello ONLUS: in base alla nuova Finanziaria (L. 266/2005, art. 1, comma 337), in tutti i modelli per la Dichiarazione dei redditi trovi un riquadro, creato appositamente per destinare il 5 per mille dell'IRPEF a fini di solidarietà sociale. Scegli "Sostegno del volontariato e delle Organizzazioni non lucrative di utilità sociale"; metti la tua firma e scrivi il Codice fiscale dell'Associazione Il Mantello 90007650139. La nostra carta d’idendità Nome: “Il Mantello” Data di nascita: 11 Marzo 1994 Stato civile: Associazione di volontariato ONLUS Segni caratteristici: Attenzione alla sofferenza dei malati e dei loro famigliari Professione: Collaboratore nel fornire cure palliative a malati terminali Sede operativa: Presidio Polispecialistico “Felice Villa” di Mariano Comense, Via Isonzo 42/B, tel. 031/755525 - fax 031/755279, e-mail: [email protected] posta certificata: [email protected] Cosa facciamo L’Associazione opera per la diffusione della cultura delle cure palliative e aiuta a fornire servizi di assistenza finalizzata alla cura continua. Ad oggi tante persone hanno ricevuto cure palliative a domicilio e in hospice sulla base di una collaborazione tra “Il Mantello” e le istituzioni pubbliche, l’Azienda Ospedaliera S.Anna, l’ASL di Como e le altre associazioni di volontariato del territorio. Mission Non solo curare, ma prendersi cura Promuovendo, Fornendo Sostenendo, servizi ed iniziative che hanno come scopo l’assistenza continua ad ammalati terminali e la cultura delle cure palliative. Il nostro motto “Non solo curare ma prendersi cura” Le cure palliative sono state le prime a mettere in primo piano il malato e non la malattia. Per i medici, quando un malato non è più curabile smette di essere un “paziente” e viene spesso restituito alla famiglia. Per l’équipe di cure palliative ed i volontari dell’Associazione “Il Mantello”, il malato terminale continua ad essere una “persona” della quale prendersi cura. Anzi, è una persona speciale, perché più di chiunque altro ha bisogno di non essere lasciata sola. L’ultimo tratto di strada è sempre il più difficile. 19