IL SOGNO DI FITZCARRALDO E LA SUA DIFFERENZA
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IL SOGNO DI FITZCARRALDO E LA SUA DIFFERENZA
cinema L'entusiasmo di sognare sopravvive tra £ bambini, le ruffiane, i poeti ed i vagabondi IL SOGNO DI FITZCARRALDO E LA SUA DIFFERENZA fabrizìo mattevi « Ho visto succedere troppe cose, nella mia vita, che avevo ritenuto impossibili, per poter escludere qualsiasi eventualità, perfino qualsiasi speranza » (E. Goldstiicket) Brian Sweeney Fitzgerald, oriundo europeo, vive tra gli avamposti della grande civiltà occidentale, ai margini dell'immensa foresta amazzonica. Attorno a lui furoreggia uno smodato e lucroso traffico del caucciù. Fallito il suo progetto di costruire un'insostenibile ferrovia transandina, insegue ora un nuovo sogno immenso ed incredibile: portare tra gli indios l'opera lirica, far sentire loro la voce del grande Pino Caruso. La musica lirica è infatti l'ultimo assoluto rimastogli e per essa è disposto ad arrischiare la vita. Werner Herzog, maestoso regista tedesco della « nuova onda », vive ai margini della cultura europea, custode originale della grande tradizione romantica. Il cinema è l'ispiratore della sua esistenza e per celebrarne la potenza avvia la rischiosa impresa di girare un film in Amazzonia, tra mille pericoli e disavventure, sebbene molte persone savie Io avessero sconsigliato da questa pazzia. Contro ogni previsione la sua avventura riesce, se pur a prezzo della vita di sette persone. Regista e protagonista, dunque, s'incontrano e si riflettono a vicenda: l'arte imita la realtà e la realtà ripete le trame dell'arte. Così è nato « Fitzcarraldo », ultimo bellissimo film di Werner Herzog. Qui autore e personaggio vivono la medésima convinzione: chi sa sognare riesce a spostare le montagne; l'arte riscatta le contraddizioni ed i limiti del mondo normale. Là dove per arte s'intende genialità creatrice, vitalità inesauribile, tensione ideale, invocazione — annuncio — messa in opera della verità. Il concetto di arte si allarga a diventare principio assoluto e fondamento di vita. Si perpetua così la leggenda germanica del genio eroico, poeta e filosofo assieme, teso titanicamente alla comprensione della verità infinita, che fa suo il motto di Holderlin: « il sacro sarà la mia parola ». 10 Fitzgerald, come Herzog, riconosce attorno a sé un mondo brutto e volgare, marcito dalle muffe del guadagno e corroso dall'ingordigia del denaro. S'incontrano visi deformi e lerci di sudore, untuosi e grassi, che godono in modo maniacale la propria ricchezza ed in suo onore sono disposti a qualsiasi bassezza, violenza ed ipocrisia. Quei miseri superbi si trascinano da un tavolo verde all'altro, tra il puzzo dei sigari e preziosi bicchieri di whisky, per ostentare la propria ottusa potenza. Sono gli improvvisati capitalisti di Manaus, gonfiati dal caucciù. Cercano di abbellirsi con un'esasperata eleganza ed uno sfarzo esagerato, ma tutto quel luccicare non riesce a nascondere la loro villana stupidità. Ogni gesto conferma l'aridità dei loro cuori, l'assenza dei sentimenti, la morte della fantasia. Possiedono solo il freddo raziocinio di un'intelligenza meccanica e calcolatrice, capace di prevedere profitti ma non di gustare la bellezza e desiderare la verità. Fitzcarraldo, come Io chiamano gli indigeni, guarda con disgusto quei visi beoti e pingui. Preferisce la compagnia dei bambini, che con il loro silenzioso stupore hanno la pazienza di ascoltare la sua musica. Piuttosto di quei lerci e miseri ricconi meglio il suo maiale nero, a cui ha promesso di riservare una poltrona di prima fila nel maestoso teatro che innalzerà nel cuore della foresta. Il mondo non pare più capace di apprezzare la magia profonda dell'arte ed allora solo presso diversi e marginali si può trovare comprensione. Non a caso l'amore di Fitz va a Molly, tenutaria di un bordello e matrona del vizio, che condivide le sue passioni, crede nei suoi progetti folli ed è disposta a consumare per essi i suoi risparmi. Come Fitzcarraldo anche Herzog guarda affascinato e rabbioso verso quegli uomini che nei nostri sistemi unidimensionali soggiornano all'ombra delle periferie e lì vengono abbandonati. Nei films del regista tedesco ritornano figure di dannati e disperati: prostitute, ubriaconi, vagabondi, pazzi. Dalle loro esistenze emergono pesanti ed evidenti le lacerazioni, le violenze, i disastri che il nostro universo metropolitano compie, con inesorabile puntualità, su ogni persona. Ma, al caro prezzo della propria solitudine e della propria sofferenza, quei poveri, ripudiati dalla onorata società, riescono a conservare un loro spazio di libertà, che la maggioranza silenziosa ha invece perduto: autonomia di pensiero, generosità del cuore, limpidezza di coscienza, vivacità d'immaginazione, che a tutti gli « onesti » sono negate e sconosciute. Per questo presso di loro, a volte, 11 si possono trovare illumuiazioni profonde, che squarciano l'owietà dei pregiudizi e delle certezze da cui la nostra società è regolamentata. Quei folli e fastidiosi incompresi, che ogni giorno si giocano la vita, sono spesso poeti e filosofi, sempre inascoltati ed ogni volta « diversi ». A quegli uomini disgregati ed annientati va l'attenzione dell'artista e dell'idealista, che vi riconoscono la loro medesima inutilità ed impotenza, poiché anche loro vedono derisi e calpestati i loro sogni, quelle delicate invenzioni di verità cui provano a dare forma. Il viaggio del sognatore verso il totalmente altro Per raccogliere i fondi sufficienti a realizzare il suo teatro lirico Fitzcarraldo decide di dedicarsi al commercio del caucciù. Ma tutte le piantagioni disponibili sono già state arraffate dai grandi pròprietari. Rimane solo una fetta di terra lungo un affluente del Rio delle Amazzoni, popolata da una tribù di indios feroci e primitivi. Un territorio che tutti ritengono inutilizzabile per la pericolosità dei suoi abitanti e per l'impossibilità di creare una rete di trasporti fluviali visto che il fiume forma lungo il suo corso rapide violente ed impraticabili. Ma Fizt non ragiona secondo la logica del profitto ed il realismo dei tecnocrati. Quella piantagione può essere sfruttata trasportando il suo raccolto su di un fiume vicino, tranquillo e praticabile. Per fare questo occorre però superare la collina che divide i due fiumi nel punto in cui essi sono più vicini. E l'intenzione di Fitzcarraldo è di far superare quel colle ad un battello per poter andare poi a raccogliere il caucciù. Entusiasta e fiducioso, acquista con l'aiuto di Molly una nave, assolda una ciurma, a dire il vero assai poco raccomandabile, e parte. Inizia così il grande viaggio verso l'ignoto ed il misterioso, lungo territori che i civili danarosi hanno pensato bene di evitare, insospettiti dalle tragiche vicende che su di essi sentivano narrare. Ma Fitzcarraldo non procede nella sua avventura secondo il calcolo delle probabilità, ma in nome di un ideale sommo, la musica, che da senso alla sua esistenza. Non a caso, prima di lui, solo altri uomini di fede, alcuni padri missionari, avevano osato, tragicamente, quella impresa. Ben presto, intese le azzardate intenzioni del suo padrone, l'equipaggio si da alla fuga e Fitz rimane solo con tre compagni di viaggio: il comandante, ormai vecchio e quasi cieco, rifiutato per questo da tutte le compagnie di navigazione, ma esperto dell'Amazzonia, ca12 ,( pace di orientarsi e regolarsi in base ai suoni, i rumori ed i silenzi del fiume; il motorista, un poderoso meticcio, sempre ostile e sospettoso, ma alla fin fine sincero e leale; ed il cuoco, ubriacone, ma simpatico e disinvolto, l'unico, stranamente, capace d'intendere la parlata degli indios, quasi che tra loro gli esclusi dell'Occidente sappiano comprendersi con facilità. Ancora una volta Fitzcarraldo trova conforto e sostegno per i suoi progetti tra i diseredati del mondo. Il battello, « Molly Aida * come è stato battezzato, s'inoltra sempre più nella giungla ad inseguire un sogno da tutti deriso. La foresta, dove la natura è ancora madre e matrigna onnipotente, è lo spazio della totale differenza, il totalmente altro dal nostro mondo. Là il pignolo e geometrico progresso non è arrivato: gli uomini sono altri uomini da noi. Questo passaggio tra i due opposti universi è segnato dalla straordinaria sequenza della nave che, con il suo scarso ed atterrito equipaggio, percorre la foresta, mentre intorno il battere ritmato dei tamburi indiani annuncia la nuova presenza. Il battello viene avvolto da quel rumore potente, mentre tutto, lungo il fiume, pare apparentemente immobile e tra il fogliame intricato e fitto non si riesce a scorgere alcun essere vivente. La suggestione di quella scena rimanda ad Ulisse che penetra nel regno dei morti, a Dante che traghetta suIl'Acheronte. Mentre il regno della grande foresta pare fagocitare mortalmente quei piccoli civilizzati, ecco che Fitzcarraldo, ispirato dal suo cuore e dalla sua fede, avvia sul grammofono un brano di musica lirica. E' l'evento miracoloso che muta una storia e ricostruisce una realtà. La musica giunge agli indios invisibili ed i tamburi, improvvisamente tacciono. Di lì a poco, decine di piroghe colme di indigeni accostano l'imbarcazione dei bianchi, li salutano e cominciano ad accompagnarli nel loro viaggio. I due universi antitetici si sono incontrati e compresi attraverso l'incanto dell'arte e del suo eterno significato. La potenza della musica ha vinto l'incompatibilità delle culture e l'estraneità dei linguaggi. Per la prima volta gli indios accolgono i bianchi, se pur si tratti di bianchi alquanto originali: dei folli ubriaconi, tra i pochi rimasti capaci ancora di sognare, incompresi e strapazzati dai loro consanguinei. Queste scorie della civiltà sono accolte da uomini che ancora, come nei tempi delle antiche mitologie, vivono la realtà in misura poetica: possiedono un linguaggio colorito ed espressivo, ricco di figure ed allegorie vivaci; vivono spontaneamente la danza e la musica; abitano la natura in quanto spazio quotidiano dei loro corpi; credono che la realtà sia apparenza mentre la verità è raccolta nei sogni. Anche loro come Fitz. La stessa credenza che anima 13 l'arte: la verità profonda ed essenziale rimane sempre nascosta dietro l'evidenza delle cose e la quotidianità degli uomini, ed è sempre opera faticosa e pesante portarla alla luce. Chi sa sognare riesce a spostare le montagne Fitzcarraldo, convinti i fedeli compagni della bontà del suo progetto, che prevede di trasportare la nave sul colle per raggiungere poi le vergini piantagioni di caucciù, ottiene anche la collaborazione degli indios. Con loro, attraverso un complesso meccanismo di tiranti ed argani, trascina il battello fuori dal fiume, su per il fianco del monte. Il regista indugia a lungo sulla scena: la nave, tirata dalla forza degli uomini, sale la montagna, mentre il grammofono diffonde le note di una romanza lirica. Quell'immagine celebra tutta la forza dell'arte, l'ardore dei suoi eroi, la potenza dell'ideale ed insieme esprime il fascino del cinema ed il coraggio dello stesso Herzog: chi sa sognare può realmente muovere le montagne. E pure, quando Fitzcarraldo pare ormai raggiungere il successo, la situazione, improvvisamente, muta nuovamente. Allorché, valicata la collina, il battello è calato nelle acque del nuovo e pericoloso fiume, gli indios, d'i notte, tranciano gli ormeggi e lo abbandonano all'impeto delle correnti. Anche loro rimangono a bordo, con i bianchi che riposano ignari, poiché vogliono vedere come andrà a finire. Il fatto è che gli indiani considerano Fitzcarraldo come quel dio biancovestito che, secondo un'antica leggenda sacra, un giorno, su di una grande piroga, sarebbe venuto per condurii in una terra meravigliosa. Ora i due mondi, quello degli indios e quello dei bianchi, sono nuovamente divisi e procedono secondo logiche distinte ed inconciliabili. Il loro incontro è durato qualche attimo, il breve periodo di una « ouverture », ed è stato possibile per l'incanto profondo della musica. Sfumata la magia, gli uomini della foresta e gli uomini del progresso non si comprendono più: la differenza realizza qui la sua vendetta. La diversità sta proprio nel modo di concepire e di vivere la poesia e la sua verità. Per gli uomini dei computers quella verità è qualcosa da cercare, perché lontana e quasi dimenticata. E' una dimensione irraggiungibile, che per essere intravista richiede sforzo, sacrificio e pazienza. Per i bianchi l'esperienza dell'artista è anelito a ciò che è stato smarrito ed a cui alcuni non riescono a rinunciare. Per gli indios invece la poesia e la sua verità sono dimensioni quo14 tidiane. Loro vivono con spontanea continuità quel sacro mistero, quella potenza tremenda ed affascinante, quella trascendenza inafferrabile in cui l'esistenza umana trova il suo senso e che i signori civilizzati riescono a percepire solo in momenti rari ed irripetibili. Gli indios l'avvertono presente naturalmente tra le cose, negli intrichi mutevoli della foresta, nel passare ciclico del tempo; i bianchi la rincorrono a fatica con la pittura, la musica, la scrittura ed ogni volta di nuovo la smarriscono. Per questo le due realtà non possono comprendersi. Gli indios, accolto quel signore presentatosi con suoni potenti e marchingegni sconosciuti, stupiti dal vigore delle sue decisioni e dall'ardire dei suoi progetti di cui non conoscono il fine, lo mettono alla prova: vogliono verifìcare se quel personaggio estraneo ai loro tradizionali modelli di vita è una divinità, capace perciò di dominare anche la violenza del fiume. Fìtzcarraldo cade vittima della sua stessa travolgente passione. Abituati ad una esistenza tranquilla e lineare, ordinata da bisogni essenziali, priva di tensioni progressive verso il futuro e verso radicali mutamenti, di fronte a quella figura dinamica e carismatica, sempre impaziente ed imperiosa, non possono che pensare ad una presenza soprannaturale, venuta a compiere una missione superiore che dovrà sconvolgere la tranquillità del loro mondo. Mentre il battello corre trascinato dalle rapide, sballottato da una roccia all'altra, il sogno di Fitz pare irrimediabilmente fallire, così come è stato per Gauguin nella sua capanna di Talliti, e sembra quasi di udire le risate ironiche e sarcastiche dei borghesi di Manaus. Ma ecco avviarsi di nuovo il grammofono con la voce di Caruso: « Molly Aida » supera una vertiginosa cascata e si salva. La musica ripete la sua magia. Di nuovo la fiducia rocciosa nell'ideale e la capacità di sognare capovolgono la logica della realtà: le montagne si spostano. Tramandare ai bambini le verità dei sogni Ritornato al mondo dei signori eleganti, Fitzcarraldo sa che nessuno vorrà credere alla sua storia e tutti lo prenderanno per matto, poiché pochi ormai conoscono la potenza dei sogni. Il suo tentativo, fallito nello scopo di raccogliere il caucciù, pare oltretutto vano. Ma rivenduto il battello, con i soldi affitta un'intera orchestra, i cantanti ed un'essenziale scenografia, li dispone sulla nave, di cui è padrone ancora per qualche giorno, ed avvia l'ultima tappa del 15 viaggio. Percorre il fiume puntando su Manaus e le grandi città della costa, mentre attorno a lui salgono e si diffondono le note de « I puritani » di Bellini. Fitz, con un grosso avana in bocca, guarda la sua opera fiero e felice e vede il suo sogno farsi, in un modo diverso dalle sue intenzioni, realtà. Fitzcarraldo non è riuscito ad innalzare un teatro nella foresta, ma neppure era necessario, perché là dove il profitto è sconosciuto, l'arte e la vita sono un tutt'uno e non servono templi in cui conservare e coltivare la bellezza con le sue verità. Più utile è custodire quella verità nel mondo progredito, ormai quasi incapace di sognare, tra coloro che consumandosi di benessere hanno inaridito i loro animi e smarrito il senso universale e sfuggevole dell'esistenza. Qui va testimoniata la grandezza dell'idealità, quella grandezza che ha permesso a Fitzcarraldo di realizzare l'impossibile, di stravolgere la logica ordinaria degli eventi, di superare la totale differenza e penetrare un universo totalmente altro dal nostro. La forza della verità va tramandata presso i bambini, perché forse solo loro ormai, insieme ai pazzi, i poeti, gli ubriaconi ed i maiali la possono intendere. • ROMERO, UNA MEMORIA SCOMODA CHE VOGLIONO CANCELLARE e Per la visita del papa era già apparso un manifesto con Remerò che dava la mano a Wojtyla. Era la foto di una vìsita a Roma del vescovo ucciso. I gesuiti dell'Università Centroamericana ne avevano fatto stampare ventimila copie. Quel manifesto è scomparso dai muri di San Salvador. Le signore del partito di estrema destra "Arena" sono andate a protestare in Vescovado e alla Nunziatura apostolica. "Con tutto quello che ci è costato cancellare l'immagine di quest'uomo", hanno detto "ora ce lo vediamo riapparire di nuovo". Il manifesto è stato ritirato ». (da: « La Repubblica», 2 marzo 1983} 16