il camaleonte - Parma per gli altri

Transcript

il camaleonte - Parma per gli altri
IL
CAMALEONTE
-
L'arte di essere l'altro
PREAMBOLO
Scena, una stanza completamente bianca.
Una ragazza completamente nuda, eccezion fatta per la scritta "Zelig" sulla fronte, entra in
scena.
Voce fuori campo:
Gli psicologi la chiamano dispersione di identità.
Quel momento in cui un individuo si perde e non riesce a ritrovarsi e quindi, ormai confuso,
si confonde con l'altro.
Si guarda allo specchio.
Ma non si riconosce.
Guarda l'altro.
E si lascia andare in esso.
(Nel mentre la ragazza comincia a muoversi nevroticamente sul posto, come se fosse
infastidita e cercasse di scacciare qualcosa.)
Buio.
Luce. La scena rimane invariata eccezion fatta per la ragazza: Ora si trova immobile, in
piedi su uno sgabello, indicando il pubblico.
Voce fuori campo:
Voi!
Voi!
Voi!
(Nel mentre la ragazza si sporge verso il pubblico mettendo le mani a mò di occhiale.
Sorride.)
Ragazza:
"Com'è bello il genere umano!
Oh mirabile mondo nuovo
che possiedi abitanti così piacevoli!"
Buio.
I ATTO
Homunculus
Scena, una stanza bianca e asettica.
Al centro, una capsula a misura d'uomo e, intorno ad essa, un gruppo di uomini in camice
discutono animatamente.
In un angolo della stanza, isolato, dentro un cono di luce, un uomo.
Voce fuori campo:
Raegan Zelig.
Data di nascita sconosciuta.
Luogo di nascita sconosciuto.
Età? sconosciuta.
Eppure sono informazioni facilmente deducibili anche con una sola occhiata.
Eppure.
Il soggetto 0.0 è uscito dal suo stato di ibernamento fecondativo il 29 febbraio.
Inizialmente senza alcuna caratteristica particolare a livello fisico ed intellettuale: appena
uscito dallo stato di ibernamento gli furono affiancati due scenziati del reparto di
fecondazione.
Scenziato:
Miracolo della scienza!
Voce fuori campo:
Il soggetto era in grado di assorbire le caratteristiche fisiche delle persone al suo fianco. I
dottori provarono allora a fargli qualche domanda. Nonostante fossero preparati ad una
probabile delusione, l'esperimento fu sbalorditivo: il soggetto era in grado di sostenere un
discorso riguardante tematiche scentifiche come, per l'appunto, l'ibernamento fecondativo,
utilizzando un ventaglio di vocaboli che si addicevano alla conversazione. (Nel mentre, gli
scenziati conversano con "l'esperimento")
Reagan Zelig.
Questo fu il nominativo affidato al soggetto 0.0
L'uomo all'interno del cono di luce mostra al pubblico un cartello, con il disegno
sottostante
Scenziato:
Un miracolo della genetica.
Una mirabolante evoluzione per la scienza. Ma che dico, per l'umanità!
La luce che illuminava la scena si spegne e si sposta su un altro punto del palcoscenico,
dove vediamo il protagonista semplicemente seduto su una sedia, con lo sguardo basso,
perso nei suoi pensieri.
Voce fuori campo:
Un homunculus.
Senza occhi.
Bocca.
Naso.
Occhi. Oh, gli occhi... Anche se poteva averne di bellissimi, semplicemente affiancandosi
ad uno scandinavo dagli occhi blu. Avrebbe potuto avere tutti i tipi di occhi che desiderava.
Ma non i propri. Non i propri occhi.
Senza identità.
L'homunculus si trascina senza meta nel teatro del mondo, continuando la sua
trasformazione camaleontica tanto acclamata dalla scienza e considerata tanto divertente
dall'uomo comune.
Ma lui desiderava di desiderare.
Cosa che, naturalmente, non poteva. Permettere ad un esperimento di desiderare?
Permettere a quella che sarebbe diventata l'evoluzione dell'homo sapiens-sapiens di
desiderare? Quale sciocchezza, quale follia! (Nel mentre Reagan esplora il proprio viso con
le mani, in uno stato di disperazione)
Buio.
Voce fuori campo:
Reagan si sveglia ogni giorno all'orario in qui si svegliano gli altri.
Reagan mangia ogni giorno le cose che mangiano gli altri.
Reagan si diverte come si divertono gli altri.
Reagan è gli altri.
Luce.
Scena, Reagan è in piedi , circondato da due transenne, che lo separano da una folla
impazzita e urlante, che cerca in tutti i modi di superare le transenne e raggiungere il
protagonista.
Reagan guarda questa folla con gioia ed entusiasmo.
Voce fuori campo:
L'unico momento in cui differisce rispetto agli altri si può ritrovare ne "le ore celebrative":
Dalle ore 15:00 alle ore 18:00 Reagan si "espone in vetrina". Si rinchiude nelle transenne
dorate che lo dividono dalla folla del pubblico.
Folla:
Zelig!
Zelig!
Zelig!
Zelig!
Zelig!
Voce fuori campo:
Questo è il coro che Reagan ode ogni giorno e vedeva nelle espressioni esaltate della folla,
quasi inferocita dalla voglia di raggiungerlo e toccarlo, come se in questo modo potessero in
qualche maniera "assorbire" la sua particolarità. Oh, come avrebbe voluto!
Folla:
Zelig!
Zelig!
Zelig!
Zelig!
Zelig!
Voce fuori campo:
In quei momenti, per quanto gli fosse permesso dalla sua natura di homunculus, riusciva a
sentire dentro di sè, quasi a percepire sul suo corpo inanimato, una dispersione di
adrenalina, un piacere ed un'eccitazione senza pari...
Folla:
Zelig!
Zelig!
Zelig!
Zelig!
Zelig!
Reagan:
(rivolto verso al pubblico, con fare entusiasta)
è per me! Tutto questo per me...
Voce fuori campo:
E lui voleva ancora, chiedeva ancora...
Folla:
Zelig!
Zelig!
Zelig!
Zelig!
Zelig!
L'uomo all'interno del cono di luce mostra al pubblico un cartello, con il disegno
sottostante
Buio.
Voce fuori campo:
Silenzio.
Ore 20:00.
La folla si era diramata ormai da un paio d'ore.
La scena comincia ad illuminarsi: Reagan è ancora all'interno delle transenne, gli occhi
socchiusi, dal labiale si può comprendere che sta bisbigliando i cori di qualche ora prima.
Voce fuori campo:
...ma lui era rimasto lì, limitato dalle transenne dorate, con gli occhi chiusi e le orecchie
tese, che ancora assaporavano i cori quasi bestiali, animaleschi che si erano aggrappati alla
sua mente. Delle impressioni.
Reagan si volta verso il pubblico e spalanca gli occhi.
Voce fuori campo:
Vuole urlare, vuole gridare, vuole piangere!
Reagan comincia a singhiozzare e a respirare affannosamente, mentre con le mani si
percorre il corpo, come se cercasse di togliersi di dosso qualcosa che lo infastidisce.
Voce fuori campo:
...ma nè la voce nè le lacrime riescono ad uscire. Non può farlo. Non ha nemmeno un corpo
per fare le cose più semplici. Così sottovalutate... Le lacrime, oh le lacrime! Dolce nettare di
sofferenza...
Ma Reagan, non era sofferente. La sua natura non glielo permetteva. Era solo... infastidito.
Buio.
Le luci illuminano le transenne che giacciono sul pavimento.
Buio.
Voce fuori campo:
Reagan corre a perdifiato verso quella stanza.
(In sottofondo si sente un rumore di passi e di una porta che si apre e si richiude. Reagan
inspira ed espira lentamente)
Reagan viene illuminato al centro del palco.
Apre gli occhi.
Si guarda attorno.
La luce si sposta su una parete dietro al protagonista, ricoperta di foto e ritagli di giornale.
Voce fuori campo:
nazionalità diverse, colori diversi, visi diversi.
Sicuramente, la fisionomia che più lo colpiva era quella degli asiatici: gli altri dicevano
spesso che sembravano loro tutti uguali. Ma come potevano? Lui, che aveva impresso nella
sua mente tutti i visi e tutti i corpi che era riuscito a vedere in quelle foto rubate dalle fonti
più svariate, sapeva che non potevano essere più diversi tra loro, in qualsiasi dettaglio.
Poteva quasi tracciare le loro forme sul suo viso inesistente...
La luce illumina uno specchio posto nell'angolo sinistro del palco.
Reagan si volta verso di esso.
Si avvicina allo specchio, guardandosi.
Voce fuori campo:
...ci guarda dentro. E non vede nulla. Non vede nessuno.
Reagan si allontana dallo specchio, come scottato, guardandosi dapprima le mani e
coprendosi poi il viso con esse.
Corre nell'angolo opposto del palco e trascina al centro un baule.
In fretta e furia apre il baule da cui ne tira fuori i travestimenti più strani e disparati,
cominciando a provarli, uno ad uno, con un ritmo ed una modalità che rendono la scena
folle e quasi onirica.
Voce fuori campo:
...si traveste; si traveste e finge: finge di essere come gli altri, finge di avere un'identità che
in realtà non potrà mai avere. Il camaleonte che si veste e si sveste dei suoi travestimenti
senza fermarsi, con un ritmo incessante, follemente veloce.
Il ritmo èsempre più veloce, fino a che di colpo Reagan si ferma, ansimante, guarda il
pubblico.
Si guarda nuovamente allo specchio.
Voce fuori campo:
Sente che c'è qualcuno, anche se non sa chi, qualcuno dentro e fuori da lui che lo muove e
lo guida.
Si sente disperso:
è dentro e fuori da se stesso,
dentro e fuori dal mondo,
dentro e fuori dagli altri.
L'uomo all'interno del cono di luce mostra al pubblico un cartello, con il disegno
sottostante
Buio.
La luce illumina il centro del palco, dove è posta la capsula.
Reagan entra.
Guarda il pubblico.
Rientra nella capsula.
Buio.
EPILOGO
L'odissea del camaleonte
Buio.
Voce fuori campo:
Con il termine mimetismo si intende la capacità di un organismo di imitarne un altro, il
quale può sfruttare somiglianze di forme, ma anche di comportamenti.
Luce.
Il palcoscenico illuminato da una luce debole e fioca, al centro un leggio.
La ragazza protagonista del preambolo rientra in scena e si ferma davanti al leggio.
Ragazza:
(Leggendo)
C'era una volta un camaleonte, che non voleva essere un camaleonte.
Il camaleonte era triste: senza riuscire a controllarsi, si mimetizzava con qualsiasi cosa
incontrasse. Sembrava che a tutti gli altri camaleonti tutto questo divertisse, ma lui non era
per niente dello stesso avviso.
Per questo motivo, il nostro povero amico veniva emarginato e lasciato sempre solo.
Un giorno, il camaleonte decise di avventurarsi al di fuori del suo piccolo habitat erboso,
convinto di poter riuscire a trovare un altro posto e altri amici che riuscissero a
comprenderlo.
Ma questo viaggio non lo portò a nulla di buono, tanto che ora si ritrova solo soletto,
rifugiato tra aridi cespugli.
Nessun animale gli aveva voluto dare una possibilità, un aiuto.
Ma infondo, pensava il piccolo camaleonte, non avevano certo tutti i torti.
Chi avrebbe mai voluto stare a fianco di una creatura con tali capacità?
Come faceva l'altro, nella sua condizione, a capire realmente il piccolo camaleonte?
La ragazza alza gli occhi dal leggio e scende dal palcoscenico per camminare tra le
persone del pubblico.
Voce fuori campo:
La farfalla non voleva assolutamente avere niente a che fare con il camaleonte.
Eppure, non sono anche loro frutto di una lunga metamorfosi?
Il cigno, poi, non ne parliamo! Ha liquidato il povero camaleonte, rifilandogli una predica
sull'accettazione del cambiamento. Beh, gli era certo facile parlare così!
L'ultimo animale che il camaleonte incontrò fu il falco: esso lo squadrò e gli disse
semplicemente che Dio lo aveva creato così, e quello era il volere del suo creatore.
(Nel mentre, la ragazza imita gli animali nominati dalla voce fuori campo, copiandone versi
e movimenti)
Voce fuori campo:
... E vissero tutti felici e contenti?
Buio.