Recensione Libro La Clownterapia

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Recensione Libro La Clownterapia
 La clownterapia – Teorie e pratiche
A cura di Alberto Dionigi e Paola Gremini
Carrocci Faber 2014.
Recensione di Marcella Fazzi
“Un cuore allegro è una buona medicina
mentre un’anima sofferente secca le ossa”
Proverbi 17, 22
“La clownterapia” è un libro utile, atteso da anni da coloro che si sono avvicinati al mondo del
clown in ambito sociale e sanitario.
Il testo, che è un insieme organico di articoli di vari autori, presenta un excursus storico della figura
del clown dalle origini, risalenti a contesti mistici, magici e a rituali religiosi, fino alla nuova
dimensione del clown impegnato negli ospedali. Sono rilevanti da sempre nel personaggio clown la
funzione ironica, la dissacrazione il sacro, l’inversione del potere, la rappresentazione dei difetti
umani. Oggi i clown dottori, raffinati interpreti dell’umorismo, concentrano tutte queste funzioni
nei loro interventi con bambini, adulti e anziani. Gli autori definiscono le specificità delle attività
con i pazienti di varie fasce d’età e illustrano i vari modelli teorici di riferimento a cui l’attività di
clown professionista fa riferimento. E’presente anche un’interessante carrellata di ricerche
scientifiche e valutazioni di efficacia che permettono di affermare che il clowning terapeutico è una
forma di cura o di medicina complementare.
Il Dott. Alberto Dionigi, nostro ospite nel seminario di presentazione di questo libro che si è tenuto
al Policlinico Gemelli di Roma nel novembre 2014, definisce il clown un “interprete delle
emozioni” e pertanto è un lavoro serio, che va preparato con attenzione, che necessita di una
formazione rigorosa e di una supervisione psicologica a cadenza periodica e costante. Questo è un
elemento sul quale la Federazione Nazionale Clown Dottori (FNC) e con essa i dottori Dionigi e
Flangini si battono da anni. Il panorama italiano non ha ancora definito requisisti formativi minimi
per l’accesso alla pratica di Clown Dottore, ci auguriamo che questo testo possa essere, insieme alle
tante iniziative della FNC, un passo nella definizione delle linee guida, perché il clown è un artista,
ma la creatività non basta: unitamente alla competenza artistica è fondamentale possedere una
buona intelligenza sociale per cogliere le reali necessità emotive e psicologiche dei fruitori
dell’intervento ed essere capace di leggere le dinamiche all’interno del contesto in cui si opera. In
un ambiente particolare, come ad esempio quello dell’ospedale, queste competenze risultano
fondamentali per effettuare un intervento accurato, che non vada ad aggravare la situazione del
degente. La formazione deve prevedere anche conoscenze psicologiche e mediche che saranno utili
non solo per poter effettuare interventi appropriati a ogni specifica utenza, ma anche per riconoscere
eventuali manifestazioni psicologiche e fisiche di stress ed esaurimento emotivo alle quali si può
andare incontro quando si opera in contesti di cura.
Il Dott. Flangini, formato nel I Master di II livello di Psico-oncologia dell’Università Cattolica del
Sacro Cuore gestito dall’IIPRTHP, chiarisce che “Ogni intervento viene preparato nel rispetto della
centralità del paziente, del suo stato psicofisico e del suo umore” e con “paziente” il collega non
indica solo l’utente finale dell’intervento, ma il nucleo familiare, il personale medico e
infermieristico che gravita attorno ad esso. In ambito psico-oncologico, ci ha ricordato il Dott.
Dionigi, la formazione specifica è indispensabile. L’umanizzazione delle cure è una scelta etica, che
mette a dura prova l’equilibrio psicologico di chi è impegnato in questo progetto; l’apertura al
pensiero, al lavoro del gruppo, la fiducia nel lavoro del sogno è indispensabile perché i clowns
possano sempre cibarsi di poesia e di umorismo, “se vogliono tenere il riso e la tragedia in
equilibrio sulla punta del loro naso rosso”.
Consigliamo la lettura del libro curato da Dionigi e Gremigni anche a quanti si avvicinano con
curiosità al mondo della psicoterapia, perché sia uno spunto di riflessione circa l’importanza
dell’ironia e della dimensione del gioco nelle relazioni di cura, specie laddove la sofferenza sembra
appiattire il pensiero e il futuro.