FRANZ LISZT - DUECENTO ANNI DALLA NASCITA

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FRANZ LISZT - DUECENTO ANNI DALLA NASCITA
FRANZ LISZT - DUECENTO ANNI DALLA NASCITA
di Giorgio Ceccarelli Paxton
Il 2011 celebra il duecentesimo anniversario della nascita di Franz (Ferenc) Liszt nato a Doborjan
(oggi Raiding), in Ungheria il 22 ottobre 1811 e vissuto fino al 31 luglio 1886 (Bayreuth).
Non è questa la sede deputata, ovviamente, per una storia della vita e delle opere del compositore,
quanto piuttosto una occasione per effettuare alcune riflessioni e, conformemente al titolo della
rubrica – con una piccola eccezione -, esaminare non UN solo disco da ricordare, ma svariate
proposte che possano coprire la parte più importante della enorme e sterminata produzione lisztiana.
La prima osservazione da fare è quanta poca letteratura su Liszt esista in lingua italiana.
Mi viene da citare l’ormai più che ventennale Liszt tra cielo e inferno di Roman Vlad (Giunti
“Musica e dossier” 1986), interessante volumetto ormai introvabile. Il più recente Liszt o il giardino
di Armida di Piero Rattalino (EDT 1993) cui fa da contraltare il vecchissimo Liszt di Claude
Rostand (Enciclopedia popolare Mondadori 1961) sono basati più sulla vita del compositore che su
una disamina completa delle sue opere. Interessante e più completo è il Liszt di Paula Rehberg
(Mondadori 1987), mentre fondamentale è il Franz Liszt – La vita, l’opera, i testi musicati di
Rossana Dalmonte (Feltrinelli 1983) ambedue ovviamente fuori catalogo e purtroppo mai
ristampati. Soprattutto la mancata riedizione di quest’ultimo è veramente un’offesa a tutti gli
appassionati della musica d’arte.
Tra i più recenti da citare il ben fatto e molto specialistico Franz Liszt – La Sonata in si minore di
Mariateresa Storino (Albisani 2009) tutto incentrato sulla minuziosa analisi musicologica del brano,
e l’interessante Il mio Liszt. Considerazioni di un interprete di Michele Campanella (Bompiani
2011).
Per quanto riguarda le testimonianze sulla vita di Liszt vi è poi da citare Liszt maestro di piano
(Sellerio 1997) di Caroline Butini Boissier (che era la madre di una pianista che, a Parigi
nell'inverno del 1832, ricevette una serie di lezioni dall'allora ventenne Franz Liszt) e il di là da
venire Liszt viaggiatore europeo. Il soggiorno svizzero e italiano di Franz Liszt e Marie d'Agoult
(1835-1839) (Biblioteca del viaggio in Italia) di Cesare S. Motta (editore Cirvi), incentrato sulle
vicende dell’amore tra Franz Liszt e Marie d'Agoult.
Voglio citare nuovamente Rossana Dalmonte, musicologa e tanto altro, mente e cuore dell’istituto
Liszt di Bologna (http://www.liszt.it), a cui si deve tantissimo per la divulgazione degli studi sul
compositore in Italia, per salutare l’uscita del Liszt Pädagogium, da lei curato (LIM 2011). (Chi
volesse maggiori informazioni in merito può accedere direttamente al sito della LIM sul link
http://www.lim.it/nuovosito/scheda.php?id=580&ritorno=novita.php).
Avrò probabilmente saltato qualche libro minore o obsoleto (mi viene in mente ora Vita romantica
di Liszt di Maria Tibaldi Chiesa (Passigli 1986)), ma credo che il contributo dei libri attualmente
disponibili – chi più chi meno - in lingua italiana ma soprattutto proveniente da critici italiani sia
sostanzialmente questo. E non è molto, considerato che Liszt fu tra i maggiori compositori, pianisti,
direttori d’orchestra, musicologi, studiosi di musica popolare, critici, divulgatori, del secolo XIX.
Liszt fu tutto questo, ma purtroppo è ricordato dal grande pubblico (e anche da qualche critica
snobistica) solo per la Sonata in si minore, gli Studi trascendentali, qualche rapsodia ungherese e
un paio – se va bene – di poemi sinfonici. Il fatto è che, da un lato, se Liszt diventa di cattivo gusto
è perché è suonato con cattivo gusto (molti divi della tastiera vogliono mettere in mostra il loro
ipervirtuosismo tralasciando la sostanza del brano); dall’altro molte delle opere più straordinarie di
Liszt, scritte durante il suo ultimo periodo creativo, sono a lungo rimaste sconosciute, mentre è
proprio in queste che si realizza quella ‘musica del futuro’ anticipatrice e fiancheggiatrice di
Wagner (che gli dovette molto non solo economicamente, ma anche e soprattutto musicalmente) e
che poi si consegnerà al linguaggio novecentesco di Debussy, Ravel, Bartòk, Stravinskij,
Schœnberg e Webern.
1
Anche dal punto di vista dei media il film Lisztomania di Ken Russell (1975) purtroppo non
resistette alla tentazione di presentare un Liszt salottiero, donnaiolo, prototipo esasperato dell’eroe
romantico. Non è compito del cinema sostituirsi alla critica storica, ma comunque in quella
occasione anche un ottimo regista come Russell (morto il 27 novembre di quest’anno) non potè
esimersi dal recepire uno stereotipo relativo al musicista.
Tralasciando il Liszt pianista, sulle cui doti strabilianti nessuno può eccepire stando ai documenti
dell’epoca, prendiamo brevemente in esame il Liszt compositore, che ebbe la prima occasione di
stupire il mondo accademico ancora molto giovane. Gli fu infatti offerto, tramite l’interessamento di
Salieri, di far parte del novero dei cinquanta musicisti più rinomati dell’impero asburgico (tra cui
Hummel, Czerny, Schubert e Beethoven) che dovevano scrivere ognuno una variazione su un tema
di valzer composto dall’editore e compositore Antonio Diabelli. (Poi Beethoven scriverà a parte le
sue monumentali Variazioni Diabelli op. 120). Nella pletora di variazioni molto convenzionali che
furono scritte in questa occasione e che ne costituiscono la raccolta, due si distinguono per
sensibilità e novità espressiva: la crepuscolare variazione di Schubert e proprio quella di Liszt, che
consiste in una sola pagina di trentadue battute. Cito da un saggio di Roman Vlad: “Fin dalla prima
battuta si può osservare come le tre note degli accordi perfetti che Diabelli pone al centro della
tastiera vengano moltiplicate da Liszt e, anche in virtù di frequenti incroci delle mani, proiettate
sull’intera estensione della tastiera, tendendo a colmare tutto lo spazio sonoro accessibile. Le
trame sonore però tendono a esorbitare anche dal tradizionale ambito armonico tonale…In quasi
metà del brano, la tonalità del brano (il do minore) risulta così offuscata o sospesa e la musica
sembra librarsi senza peso nello spazio. Si palesa così fin dall’inizio che le musiche di Liszt devono
i loro effetti…a invenzioni strutturali di straordinaria arditezza e novità”.1
Siamo nel 1822. Liszt aveva solo undici anni.
Nel 1825, con il sostegno di Rossini, Liszt scrive la sua prima opera, Don Sanche ou le Chateau
d’amour, in un atto, giudicata all’epoca stupefacente e che ebbe molto successo.
Fino al 1827, il Liszt compositore è schiavo del Liszt pianista, nel senso che gli strabilianti successi
come tale in tutta Europa lo costringono a scrivere opere per pianoforte che privilegiano la bravura
virtuosistica e che egli presenta ad un pubblico adorante. In quest’anno muore il padre e finisce il
primo periodo della vita di Liszt. Egli stesso traccia i confini dei vari periodi della sua vita,
definendola, in una lettera del 1884 alla sua biografa Lina Ramann, «come una tragedia classica:
1° periodo – l’infanzia fino alla morte di mio padre; 2° periodo – dal ’30 al ’38, a Parigi,
composizioni e studi orientati in diverse direzioni, viaggi a Ginevra e in Italia prima del mio
ritorno a Vienna (’38) il cui successo segnò l’inizio della mia carriera di virtuoso; 3° periodo –
viaggi per concerti: Parigi, Londra, Berlino, Pietroburgo, ecc.: Fantasie, trascrizioni, gozzoviglie;
4° periodo – dal ’48 al ’61: raccoglimento e lavoro a Weimar; 5° periodo – conseguente sviluppo e
conclusione del periodo precedente a Roma, Pest, Weimar, dal ’61 fino al…»2.
Durante gli anni dei suoi due primi periodi Liszt ebbe molteplici incontri con musicisti, letterati,
pittori e pensatori che gli fornirono stimoli e gli aprirono orizzonti intellettuali enormi. Subì
l’influsso del socialismo utopico di Sait-Simon e del liberalismo cattolico di Lamennais, sotto il cui
diretto influsso scrisse il saggio Sulla musica dell’avvenire. Stabilì una durevole amicizia con
Chopin e Berlioz. Chopin dedicò le Etudes op. 10 a Liszt, e quest’ultimo contraccambiò con un
ampio studio sulla vita e le musiche del compositore polacco. Berlioz, con la sua Symphonie
Fantastique offrì a Liszt due stimoli importantissimi: la scoperta e il ricorso a singoli motivi
conduttori (che sarebbero diventati i “leit-motive” di Wagner), e il rinforzo alla tendenza già in lui
presente alla descrittiva ‘musica a programma’. Liszt difese Berlioz con tutte le sue forze,
divulgandone le composizioni come direttore e trascrivendone la stessa Symphonie Fantastique per
pianoforte.
Il clima nel quale Liszt concepisce le musiche della sua prima maturità è quello del romanticismo
principalmente francese, di cui frequentava i maggiori esponenti, nel campo letterario e pittorico:
1
2
Roman Vlad, Liszt tra cielo e inferno (Giunti 1986), p. 10
Rossana Dalmonte, Franz Liszt (Feltrinelli 1983), p. 9
2
Lamartine, Hugo, Musset, Sainte-Beuve, Balzac, Sand, Gautier, Dumas, Delacroix, Heine ecc.
Accadde quello che sarebbe successo qualche decennio dopo a Debussy, che sarebbe stato
influenzato più da letterati e pittori (Mallarmé e Turner) che da musicisti (Berlioz).
Non tutto naturalmente, delle sue composizioni di questo periodo, fu ‘musica a programma’. Le
stesse dodici Études d'exécution transcendante (stampate in via definitiva nel 1852, anche se sono
la conclusione di decine di rielaborazioni durate un quindicennio), pur avendo, tranne due, nomi
precisi ed evocativi, non sono esplicitamente descrittive quanto tendono a fornire indicazioni e
chiavi di lettura a interpreti e ascoltatori. Liszt accetta in pieno il concetto romantico della musica
«come linguaggio che rivela il senso intimo e poetico delle cose, l’idealità che è in tutto». E’ Liszt
che parla, ma sembra Baudelaire.
«Se la musica strumentale tende a diventare non più una semplice combinazione di suoni, ma un
linguaggio poetico… è più adatta, forse della poesia stessa a esprimere tutto ciò che supera gli
orizzonti abituali». È ancora Liszt, ma sembra il Verlaine di “la musique avant toute chose”.
Questo dal punto di vista della poetica.
Dal punto di vista strettamente musicale già le Études presentano delle novità rilevanti che
anticipano larvatamente Stravinskij e Messiaen.
Più o meno contemporaneamente Liszt sviluppò alcune idee di Lamennais dando alle stampe il
manifesto La situazione dell’artista in cui affermava che la grande musica doveva essere strumento
di elevazione dell’uomo sul piano intellettuale e su quello etico-morale. Gli artisti devono essere e
sentirsi iniziatori, sacerdoti, apostoli, servitori della religione dell’arte.
Lasciata Parigi e stabilitosi temporaneamente a Ginevra, Liszt continua a comporre ispirandosi ai
luoghi e agli eventi descritti da altri scrittori – Shakespeare, Schiller, Byron – con le cui opere
letterarie viene a contatto tramite Marie d’Agoult. E così nascono Au lac de Wallenstadt e Les
cloches de Genève (da Childe Harold), Au bord d’une source (da Schiller), La vallée d’Obermann
(da Obermann romanzo di Etienne Pivert de Senancour), che preannuncia il pre-espressionismo di
Schœnberg. Sempre sotto l’influsso della d’Agoult, Liszt conosce Dante (ed ecco la composizione
della Fantasia quasi una sonata “Après une lecture de Dante”). Liszt si innamora dell’Italia e dei
suoi tesori artistici e scrive a Berlioz: «Raffaello e Michelangelo mi fanno comprendere Mozart e
Beethoven. Giovanni Pisano, Fra’ Beato, Francia mi spiegano Allegri, Marcello, Palestrina;
Tiziano e Rossini mi appaiono come due astri dai raggi somiglianti. Il Colosseo e il Campo Santo
non sono estranei quanto si pensa alla Sinfonia eroica e al Requiem. Dante ha trovato la sua
espressione pittorica in Orcagna e Michelangelo troverà forse un giorno la sua espressione
musicale nel Beethoven del futuro».3
Nel secondo volume delle sue Années de Pèlerinage continua l’omaggio di Liszt all’arte italiana. In
Sposalizio è evidente il riferimento al quadro di Raffaello che raffigura lo sposalizio della Vergine.
Nel Penseroso viene raffigurata la statua di Lorenzo de’ Medici opera di Michelangelo. E poi
ancora altri omaggi all’arte italiana con i tre Sonetti del Petrarca n. 47, 104, 123, la Canzonetta del
Salvator Rosa, Venezia e Napoli ecc. Questa continua sinergia tra musica, pittura, scultura e
letteratura ci dice molto dello spirito eclettico di Liszt e del suo desiderio di unificazione delle arti
per arrivare ad un’arte totale, preannunciando l’obbiettivo wagneriano.
Dopo ancora dieci anni di concerti, che si interrompono bruscamente nel 1847, ed ancora decine e
decine di composizioni pianistiche (trascrizioni e rapsodie ungheresi soprattutto), Liszt si dà
completamente al teatro musicale, a Weimar, organizzando, dirigendo, aiutando (soprattutto
Wagner) e facendo rappresentare ben 48 opere teatrali (di cui 28 di compositori viventi), tra cui
Gluck, Mozart, il Fidelio beethoveniano, l’Alfonso ed Estrella schubertiano, Cherubini (che non lo
aveva accolto al Conservatorio di Parigi perché troppo giovane), Spontini, Rossini, Bellini,
Donizetti, Verdi, tutto Berlioz, tutto Mendelssohn, tutto Schumann. Per limitarsi a Wagner, Liszt ne
dirige le prime del Tannhäuser, Lohengrin, l’Olandese volante e commissiona il Sigfrido.
Weimar riprese con Liszt quella funzione di centro culturale della Germania che aveva conquistato,
dal punto di vista letterario, durante l’Illuminismo, con Goethe e Schiller.
3
Vlad, cit., p. 32
3
Con la sua azione musicale Liszt fondò la scuola detta ‘di Weimar’ o ‘neo-tedesca’ o
‘neoromantica’.
Manifesto artistico di questo evento culturale fu la creazione dei dodici poemi sinfonici che Liszt
compose durante il suo soggiorno a Weimar. Nello stesso modo in cui Liszt riteneva di aver chiuso
la sua carriera di virtuoso nel 1847, così ritenne di chiudere la carriera di compositore pianistico nel
1852 (proposito poi dismesso). Tre anni prima aveva dato forma definitiva alla Totentanz (ispirata
dal dipinto Danza della morte dell’Orcagna) e ai due Concerti per pianoforte e orchestra, in cui per
l’ultima volta viene enfatizzato il pianoforte come eroico protagonista delle vicende musicali. Nel
1852 finì la composizione di quello che può essere considerato il suo capolavoro (almeno sotto il
profilo pianistico), la Sonata in si minore. Quale che sia la sua interpretazione essa segna,
tematicamente, l’incontro con il Faust goethiano che si avrà anche in moltissime altre opere come i
Due episodi dal Faust di Lenau, i Mephisto Walzer ma soprattutto nella Faust-Symphonie.
Importantissima quest’ultima perché, musicalmente, anticipa in un paio di punti la dodecafonia
seriale di Schœnberg, mentre tematicamente, è la sintesi del dualismo fondamentale della natura di
Liszt: «una profonda, costante aspirazione alla sublimazione spirituale contrastata con altrettanta
continuità da irresistibili pulsioni sensuali e da tentazioni demoniache».4 La musica per lui è
un’arte divina e satanica allo stesso tempo. In moltissime sue composizioni si trovano, nello stesso
brano, momenti dionisiaci e sfrenati, con intermezzi apollinei, sereni, malinconici o pensosi, che
finiscono di nuovo con il proiettarsi verso la tumultuosità dei sentimenti la cui urgenza espressiva
sembra non poter essere frenata.
Ai lati del Mosè di Michelangelo nella chiesa di S. Pietro in Vincoli in Roma vi sono le statue di
Rachele (che rappresenta la vita attiva) e Lia (la vita contemplativa). Liszt sembra essere il possente
Mosè in mezzo alle due statue, sconvolto dall’una e riappacificato dall’altra.
Nel 1865 la svolta più eclatante: Liszt veste gli abiti talari e si fa abate.
Tra i capolavori non pianistici composti a Weimar, vi sono i dodici Poemi sinfonici, di cui si dirà
qualcosa più oltre. Ma in questo periodo si inizia quel filone religioso le cui opere oscillano
anch’esse fra una tendenza all’ascesi spirituale e una contrapposta tendenza a irrefrenabili pulsioni
materiali.
È proprio nell’ultimo periodo della vita di Liszt e nelle sue ultime composizioni – sostanzialmente
tra il 1879 e il 1886 – che si trovano le più ardite anticipazioni, di cui la maggior parte poco
conosciute dal grande pubblico.
Ritrovando anche l’ispirazione per il pianoforte, le sue tarde composizioni pianistiche saranno
sempre più semplificate e rarefatte (quasi una nemesi per la ridondanza presente in molti brani
pianistici della gioventù) come per esempio Nuages gris (1881) o La lugubre gondola (1883) che
avrebbero potute essere composte da un Debussy o da un Ravel, o semplicistiche e povere
musicalmente come Sancta Dorothea (1877) Resignazione (1877) In festo transfigurationis Domini
nostri Jesu Christi (1880). Le citazioni esemplificative di questi brani (ve ne sono di molti altri)
sono casuali, ma i titoli non lo sono e stanno a indicare il sempre maggiore avvicinamento di Liszt
alla religione ed anche, di converso, alla morte. Mentre nei titoli ispirati alla religione, infatti, vi
sono figure sonore e strutture interne molto semplici, scarne, prive di raffinatezze armoniche, quasi
ricercanti la primitività dell’espressione musicale e, insieme, del senso storico primitivo del
Cristianesimo, nei titoli ispirati alla (o che descrivono la) morte Liszt sconvolge dalle fondamenta la
tradizione musicale. Le tonalità maggiori si mischiano a quelle minori, il ritmo diventa senza senso,
si affacciano le dissonanze, che precipitano nel nulla senza risolversi in qualcosa di concreto o di
tradizionale.
Così nel Preludio funebre (settembre 1885) pezzo completamente atonale di una ventina di battute,
o nelle livide atmosfere della Csarda macabra (1881), o anche in Ossa arida (1879), musica sacra
per coro maschile con accompagnamento per organo a quattro mani, in cui gli accordi terribilmente
dissonanti della prima parte si placano in un tranquillo (e già oltre la morte) La Maggiore.
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Vlad, cit., p. 47
4
La disperazione (della vita attiva, della carne, del peccato) mai confortata pienamente dalla serenità
(della vita contemplativa, della spiritualità, della fede) formano una dicotomia irrisolta e sfociano
nell’ultimo pezzo composto nel 1885, la Bagatella senza tonalità, in cui, come dice il titolo, non vi
è più alcun nesso tonale. Liszt si dichiara disperato e sconfitto, ma la sua vittoria fu quella di aprire
alla musica le porte del Novecento.
LE INTERPRETAZIONI E I DISCHI
PIANOFORTE SOLO
Nell’ambito dei brani per pianoforte solo non si può non citare l’enorme integrale compiuta dal
pianista Leslie Howard in 99 CD per l’etichetta Hyperion. Integrale iniziata nel 1986 e terminata nel
1999 e comprendente tutte le opere pianistiche complete delle varianti e delle aggiunte. Un
cofanetto contenente tutti i 99 CD è stato commercializzato dalla Hyperion Records nel 2011 per
onorare il duecentesimo anniversario della nascita di Franz Liszt. La qualità generale
dell’esecuzione è molto buona, ma è evidente che un’operazione del genere prescinde in una certa
misura da acuti interpretativi per privilegiare invece l’acribìa e la completezza della scrittura del
compositore.
Se andiamo alle integrali dei cicli più noti presi singolarmente (escludendo le compilation che sono
ovviamente centinaia e centinaia) si nota una ben diversa profondità di pensiero interpretativo, al di
là delle differenze di virtuosismo individuale.
Le Douze Études d'exécution transcendante sono state incise nella loro completezza da decine di
pianisti: potendo citarne solo alcuni partirei da Claudio Arrau la cui incisione del 1976 (il pianista, a
suo tempo specialista lisztiano, aveva settantaquattro anni) manifesta una versione più tranquilla
rispetto alle incisioni della gioventù.5 Citando per dovere di cronaca le versioni di altri specialisti
lisztiani come Jorge Bolet, Gyorgy Cziffra e quella più recente di Vladimir Ovchinikov, la versione
di riferimento, a mio modesto parere, non può non essere quella di Lazar Berman. In ambedue le
versioni: sia la prima, mono, del 1959, sia la seconda, stereo, del 1963.
Cito perché lo merita, anche se non ha inciso una integrale delle Études, Sviatoslav Richter, la cui
esecuzione di Feux Follets e Harmonies du soir a Sofia il 25 febbraio 1958 è miracolosa, così
come un’antologia degli stessi (1-2-3-5-7-8-10-11) eseguiti a Mosca nel 1956.
Sempre lo stesso Lazar Berman ci ha lasciato un’edizione di riferimento delle Années de
Pèlerinage, registrati nel 1977, pur se sono da citare, tra gli altri, anche Alfred Brendel e Aldo
Ciccolini.
La Sonata in si minore è stata interpretata e incisa da centinaia di pianisti (dagli storici ai viventi,
dai più esperti ai giovanissimi), essendo un capolavoro assoluto e l’incarnazione stessa del pianismo
romantico. Per tornare a Lazar Berman, egli ebbe occasione di registrarla solo per la piccola
etichetta olandese Saga, esecuzione peraltro grandissima. Sembra che a metà dicembre di
quest’anno uscirà per l’etichetta ‘Piano Classics’ una riedizione della Sonata insieme con le Études
d'exécution transcendante e le Années de Pèlerinage: Suisse, non so però qual è l’anno di
esecuzione e la qualità audio di questa uscita.
Sono eccellenti le interpretazioni che ormai si possono definire ‘storiche’ di Vladimir Horowitz,
Emil Gilels, Vladimir Sofronitzkij e ci metterei anche Shura Cherkassky, così come quelle di
pianisti in piena attività – Martha Argerich, Maurizio Pollini, Krystian Zimerman, Alfred Brendel mentre tra i più giovani citerei Evgenij Kissin, Helene Grimaud, e Yundi Li, molto interessante
quest’ultima.
5
Chi fosse interessato alla versione di Arrau può acquistare il doppio della Philips Classic/DUO con le 6 Etudes d'exécution transcendante d'après
Paganini, nell’esecuzione di Nikita Magaloff.
5
Personalmente, per deformazione collezionistica, opto per l’interpretazione di Sviatoslav Richter, di
cui è disponibile una versione del 1966, unitamente ai due concerti per pianoforte e orchestra con
Kondrashin.6
Tutte le 19 Rapsodie Ungheresi sono disponibili nell’ottima esecuzione di Michele Campanella.7
PIANOFORTE E ORCHESTRA
Per quanto riguarda i due Concerti per pianoforte e orchestra (Concerto per pianoforte no. 1 in Mi
Bemolle Maggiore; Concerto per pianoforte no. 2 in La Maggiore) personalmente ritengo
inarrivabile, come ho detto prima, la versione Richter/Kondrashin (sia quella in studio, sia quella
live a Londra del giorno prima, il 18.07.1961). Fantastica è anche la versione Richter/Ferencsik
dello stesso anno cui è accoppiata (nel MUSIC ART 760) la Fantasia Ungherese.
Notevole la versione Gilels/Kondrashin come anche importante la versione Lazar Berman con Carlo
Maria Giulini in vinile per la DG, che non credo sia stata rieditata su CD forse perché questa
etichetta ha tuttora in catalogo anche la splendida versione Zimerman/Ozawa su DG 423571-2
accoppiata con la Totentanz.
Per quanto riguarda i singoli concerti mi piace ricordare Benedetti Michelangeli con Kubelik, e
Lipatti/Ansermet nel Primo, e Arrau/Haitink, Argerich/Barenboim, Kocsis/Fischer nel Secondo.
LAVORI ORCHESTRALI
Se la Sonata è la summa del Liszt compositore pianistico, i tredici Poemi Sinfonici sono il
capolavoro del Liszt compositore orchestrale. Fra i primi dodici, scritti tra il 1948 e il 1857, e il
tredicesimo, l’ultimo, scritto nel 1883, passano circa 25 anni. La loro concezione poetico-formale è
tale per cui si svolgono tutti in un solo tempo e ognuno appare riferito a un soggetto pittorico, a un
poema, a un mito o a una leggenda. Il primo e più famoso intitolato Les preludes è associato ai
versi di una ‘meditazione poetica’ di Lamartine. Il secondo, Ciò che si sente sulla montagna, viene
premesso da una lunga lirica di Victor Hugo. Tasso. Lamento e Trionfo fu composto per celebrare
il centenario della nascita di Goethe (1789-1832). Liszt si ispirò a Goethe per il Trionfo e a Byron
per il Lamento mirando a «rappresentare questa grande antitesi del genio perseguitato durante la
vita e splendente dopo la morte». L’Héroïde funèbre fu concepita nel 1830 come prima parte della
Sinfonia della rivoluzione dedicata a Lafayette, e poi ultimata nel 1849-50. Il Prometeo trae le sue
origini dall’Ouverture per il poema quasi drammatico Prometeo liberato di Herder. Mazeppa è
ispirato a Les orientales di Victor Hugo. Il settimo poema, Suoni di festa, doveva celebrare le sue
nozze (in realtà mai avvenute, perché la dispensa papale non arrivò) con la principessa Karolina.
Orfeo è un omaggio all’omonima opera di Gluck e Liszt stesso dice di essersi ispirato «a un vaso
etrusco della collezione del Louvre che rappresenta il primo poeta-musicista in una veste stellata…
le labbra, da cui escono parole e canti divini, aperte e in atto di far risuonare le corde della sua
lira». 8
Hungaria e La battaglia degli Unni (ispirato da un dipinto di Wilhelm von Kaulbach) traggono la
loro origine dalla tematica nazionale magiara. Gli Ideali si basa su una poesia in cui Schiller canta
gli ideali della giovinezza. L’ultimo poema sinfonico, Dalla culla alla tomba, viene pubblicato nel
1883 ed è ispirato a un dipinto di Michele Zichy.
Come si può vedere dalla sommaria descrizione tutti gli aspetti della personalità, della cultura e
delle aspirazioni di Liszt sono trattati in queste opere. Essi costituiscono, insieme alle sinfonie
Dante e Faust, il compendio del ‘pensiero’ esistenziale lisztiano.
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Su Philips Classics SOLO 446200-2
Su Philips DUO 438371-2
Vlad, cit., p. 50
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Dal punto di vista interpretativo suggerirei l’integrale Œuvres pour orchestre dirette per la EMI
Classics da Kurt Masur con la Gewandhaus di Lipsia. È un’ottima interpretazione e in questo
cofanetto di 5 CD vi sono, oltre ai poemi sinfonici anche le due sinfonie succitate e i Deux épisodes
du Faust de Lenau.
Naturalmente per chi ha esigenze di ‘completezza’ (comunque difficile da raggiungere in Liszt!)
cito due produzioni molto voluminose in cui si può trovare “quasi” tutto Liszt in esecuzioni ottime o
buone a seconda dei gusti, comunque con molti degli artisti citati sopra e, naturalmente, molti altri:
il cofanetto della DG (DG 4779525) composto di 34 CD intitolato The Liszt Collection e il
cofanetto di 30 CD + 1 CD-ROM della ‘Brilliant Classics’ (veramente benemerita questa etichetta
olandese non solo per la economicità del prodotto in relazione alla qualità) con il n. di catalogo
94215. Sono le due più importanti celebrazioni da parte di case discografiche dell’anno lisztiano e
sono reperibili ambedue a prezzi contenuti (poco più di 1 euro a CD per la Brilliant, di poco
maggiore la DG).
È necessario limitare a questi pochi suggerimenti l’analisi delle opere lisztiane. Non è infatti
possibile analizzare dettagliatamente le circa 1000 composizioni che egli creò nella sua lunga e
tormentata vita. Un tormento e un’estasi (per parafrasare il titolo di un altro film, ma questo
dedicato a Michelangelo) che attraversarono tutta la sua produzione musicale, e che lo pongono ai
vertici non solo della musica e della cultura del periodo romantico ma, per le anticipazioni formali
che seppe creare, anche in prima fila tra coloro che prepararono l’avvento della musica
contemporanea. Un compositore la cui opera e importanza devono ancora essere studiate in
profondità, eliminando le scorie delle interpretazioni tradizionali che si susseguono celebrazione
dopo celebrazione. Forse nel 2011 si è persa un’ottima occasione per approfondirne storicamente e
criticamente in maniera adeguata la statura umana e artistica.
dicembre 2011
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