1 LA FINESTRA DI FRONTE Riflessione sul titolo: Che cos`è la

Transcript

1 LA FINESTRA DI FRONTE Riflessione sul titolo: Che cos`è la
LA FINESTRA DI FRONTE
Riflessione sul titolo:
Che cos’è la “finestra di fronte” se non uno schermo cinematografico su cui proiettare nostri
sogni? Sogni perduti, come memoria di qualcosa che non si è potuto realizzare, e sogni futuri, come
speranza di realizzazione.
Il passato non realizzato, di Davide, e il futuro sperato, di Giovanna, in questo film, s’incontrano
per dare vita ad un presente che, per entrambi i protagonisti, è “assente”. Sono fuori dal tempo,
entrambi come perduti dietro al sogno di un amore che non c’è più.
Ecco che il film, con la sua storia, ci apre al sentimento della perdita.
Ecco, nell’analisi del film, una traccia da seguire, quella del sentimento che
inconsapevolmente si muove dentro ognuno di noi, quando, insieme a quell’affetto (persona,
fratello, amante, progetto, un età della vita, una speranza…) sul quale noi abbiamo investito la
nostra pulsione erotica (da Eros=Vita) ci lascia e quella parte di noi che ad essa era legata se ne va,
scompare, muore.
Ci si può arrabbiare o lasciar andare scivolando nella depressione, riprender-si o
perdersi…come accade ai protagonisti.
Seguendo questa traccia entriamo nel film.
Le prime immagini del film aprono su un episodio storico, quello del rastrellamento nazista
nel Ghetto di Roma, su cui si innesta la storia attuale di una giovane coppia in crisi.
Quale significato possiamo attribuire a queste sequenze?
-
la Storia dove si consumano le efferatezze dovute all’intolleranza verso l’altro, il “diverso”
da sé, vissuto come il nemico, il responsabile delle proprie sofferenze, il capro espiatorio,
altro non è che lo specchio amplificato di storie individuali. Storie che nel tempo si ripetono.
L’Altro è un popolo, un comportamento sessuale, il partner… Alla base di molti conflitti, che
provocano sofferenze, perdite, separazioni, agisce un meccanismo proiettivo che attribuisce ad altri
la Colpa, la colpa del nostro mal-essere, impedendoci di vedere le cose nella giusta prospettiva.
E se l’Altro è responsabile del nostro mal-essere, ecco la rabbia verso di lui.
La rabbia di Giovanna, la protagonista femminile del film, è quella delle speranze tradite, delle
attese deluse, del mancato soddisfacimento nella sua vita di coppia.
1
Spesso accade in terapia, soprattutto nella terapia di coppia, di incontrare persone che nelle
relazioni sono inconsapevolmente animate da questo sentimento; l’altro, il partner, è ritenuto
colpevole di chissà quale colpa, quale torto verso la propria persona. Ogni pretesto diventa buono
per scaricare questa rabbia, per accusare l’altro di qualche mancanza (tu non ci sei mai, tu non mi
ascolti, tu non mi aiuti, tu mi rimproveri sempre, tu non mi apprezzi,…).
Il comportamento del partner è quindi visto perennemente come “manchevole”. La pienezza
di vita a cui ognuno di noi aspira nell’unione con l’altro inevitabilmente non si realizza. O meglio:
svanisce con il passare del tempo. La speranza che inizialmente ha alimentato il desiderio di unione
viene meno; viene delusa. E la persona si sente tradita; tradita dal partner, ma soprattutto tradita
dalla vita. Si entra fatalmente in quel mondo dominato dal senso di rinuncia, dall’abitudine, dagli
automatismi, ma anche dai risentimenti che rappresentano un quadro assai diffuso nella vita di
coppia. In sostanza la persona si trova ad aver perduto quello slancio vitale che le promesse
d’amore avevano attivato in lei; l’Eros muore.
L’Eros per Giovanna è della propria vita, è altrove, proiettato nella finestra di fronte,
laddove un uomo sembra incarnare il sogno di una vita affettiva diversa: un oggetto d’amore che si
presenta come l’opposto del suo mondo quotidiano. Quello che Giovanna vede è un amore
idealizzato che non subisce le perdite inevitabili di un confronto con la realtà: la visione, che
avviene prevalentemente di notte, il tempo dei sogni, altro non è che il frutto di una proiezione,
dove Giovanna dà corpo ad un suo desiderio.
Ma è l’ingresso in scena di un anziano signore che si è “perso”, che non sa più chi è, che
stravolge l’andamento fin qui scontato della sceneggiatura. Quest’uomo, che da un punto di vista
clinico sembra soffrire di un quadro di amnesia a cui si alternano stati fluttuanti di coscienza con
allucinazioni visive ed uditive, è l’elemento nuovo, capace di innescare un processo di
trasformazione.
Proprio Simone, infatti, è portatore, suo malgrado, di una passione, quella stessa passione
che Giovanna ha lasciato morire. E’ così che Simone entra nella vita di Giovanna: entra attraverso il
ricordo di ciò che lei voleva essere.
L’incontro con Simone assume, allora, un particolare significato: egli diventa, per la donna,
l’incontro con se stessa, con chi voleva essere, con quella parte “bambina” di sé che sogna di poter
realizzare le proprie potenzialità in un progetto di vita.
2
E’ l’incontro con il “padre”, colui che le consente di ritrovare memoria di sé e la obbliga a
mettere in gioco la sua capacità di passare dal sogno alla realtà. Simone diventa il genitore severo
che la sostiene nelle scelte mettendola di fronte alle proprie responsabilità, un padre che,
sostanzialmente, la aiuta a crescere e che a Giovanna sembra essere “mancato” nel suo percorso:
- “No, io non ce li ho avuti i genitori ”- Dirà in una lite Giovanna al marito.
E sarà proprio l’incontro con Simone, infatti, a favorire l’incontro con l’amante, affinché
dall’amore sognato, Giovanna, possa passare all’amore vissuto.
Solo attraverso un confronto tra la realtà e la sua proiezione illusoria è possibile operare una scelta
consapevole.
Così l’anziano signore la sprona a ricercare ciò che desidera, a non accontentarsi; parla per
lei e le sue parole sono le parole che Giovanna vuole sentirsi dire. - Io ti amerò per sempre.
Dobbiamo amarci di nascosto, perché nessuno capirebbe il nostro amore. Io non voglio rinunciare
al nostro amore e tu?
Simone diventa il medium che facilita il dialogo tra gli amanti, ma soprattutto che facilita il dialogo
di Giovanna con se stessa, con le sue parti vitali, giovani, vibranti.
E’come se il vecchio ed il giovane amante fossero un’unica persona, come se, tramite le sue parole,
il passato animasse il presente.
Ed è chiaro, nel gioco di sovrapposizioni, come ognuno dei due personaggi riveste, per l’altro, la
funzione essenziale di uno specchio: ognuno di essi vede nell’altro la parte irrisolta del proprio
tormento interiore.
Cruciale, in questa fase del film, appare la scena del ballo.
Di notte, a quella finestra dove entrambi si trovano a guardare, incapaci di dormire per
l’insorgere di sogni impossibili o per la nostalgia di un mondo perduto, il tempo sembra fermarsi e
ricomporsi in una danza armoniosa.
Simone nel donare a Giovanna uno “sguardo nuovo” sulla sua vita:- “Dev’essere bello veder
crescere quell’amore che all’inizio era solo passione, aiutarlo a cambiare, proteggerlo dal
passare del tempo”, la invita a ballare, facendo rivivere in lei quel sentimento amoroso che
appartiene alla giovinezza del cuore.
Così è anche per Simone che, in una sovrapposizione di immagini e di tempi, ritrova il suo amato, e
con esso la memoria di sé. Il giorno dopo, infatti, tornerà a casa.
3
E’ un momento significativo questo, perché segna il ritrovamento di sé, per entrambi.
Nel film, a questo punto, abbiamo la sorpresa di scoprire la vera identità di Simone: Simone è il
nome dell’amante perduto che Davide, anziano, rivede nella scena del ballo. Davide, che ha assunto
l’identità dell’amato per non farlo morire, in questo modo non ha potuto vivere una vita sua. Egli ha
cercato di elaborare il lutto trasformando il dolore in dolcezza facendo della “pasticceria” un’arte in
cui tutti i sensi vengono coniugati, ma non ha saputo trasferire questa dolcezza nella costruzione di
nuovi affetti. Come invece potrà fare Giovanna, a cui l’anziano lascia i suoi strumenti e la sua
sapienza.
Le parole della canzone “Ma che freddo fa”, mentre insieme preparano i dolci, sottolineano
il passaggio da una stagione della vita dominata dal congelamento dei sentimenti al ritrovamento di
un calore degli affetti.
Nel ri-vedere la sua vita da un’altra prospettiva (quella della “finestra di fronte”) è tempo per
Giovanna di assumere una diversa posizione, passando dal sogno alla realtà, come dicono le parole
di Davide: - “Lei deve pretendere di vivere in un modo migliore, non soltanto sognarlo. Non si
accontenti di sopravvivere. Io non ce l’ho fatta”
Giovanna dovrà/potrà capire che non c’è un destino avverso cui soggiacere, sopravvivendo ad esso,
come ha fatto Davide. Potrà invece fare delle scelte di vita che rendano migliore la sua vita e quella
degli altri, andando oltre le apparenze, quelle che compaiono, appunto, nella:
“finestra di fronte”
4