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ri ione Consum z a i c at so o s A A V V O C ATO I N FA M I G LI A AVVOCATO IN FAMIGLIA INSIEME SI VINCE LE NOTIZIE DI FEBBRAIO 2016 www.associazioneaif.it [email protected] ri COME DIFENDERSI DALLE FINANZIARIE? e Consu azion ma oci to s s A AVVOCATO IN FAMIGLIA PRIMA REGOLA: MANTENERE LA CALMA E CAPIRE IL DIRITTO Vi trovate in difficoltà nel rispettare il contratto stipulato con una finanziaria e la finanziaria vi perseguita pretendendo il recupero del credito? Nella maggior parte dei casi la finanziaria affida ad aggressive agenzie di recupero crediti il compito di tartassarvi di telefonate. In questi casi la prima regola da seguire è NON PERDERE LA CALMA MA ACCERTARSI DI QUALI SONO I DIRITTI che ci devono essere riconosciuti. Domandiamoci dunque SE IL CONTRATTO CHE ABBIAMO FIRMATO E’ REGOLARE e attiviamoci per fare le opportune verifiche. Un controllo che possiamo fare immediatamente dando un’attenta lettura al contratto é il seguente: 1) che il diritto sia CERTO ovvero - risulti chiaramente nel suo contenuto e nei suoi limiti dagli elementi indicati nel titolo esecutivo - non sia controverso nella sua esistenza (salvo opposizioni in fase di esecuzione ai sensi dell’art. 615 del c.p.c.) 2) che il diritto sia LIQUIDO ovvero il suo ammontare risulti espresso in misura determinata e non in modo generico. E’ bene sottolineare che non è necessario che l’importo del credito venga indicato precisamente nella sua quantità, in quanto è sufficiente che questa sia desumibile da una mera operazione aritmetica sulla base degli elementi indicati dal titolo. Pertanto, non si potrà iniziare un’esecuzione per il conseguimento di cose determinate solo nel genere; 3) che il diritto sia esigibile quindi non sia sottoposto a condizione sospensiva né a termini; è tale il diritto venuto a maturazione e che può essere fatto valere in giudizio per ottenere una sentenza di condanna. Se il diritto è sottoposto a condizione risolutiva il creditore può agire in via esecutiva e sarà il debitore a dover provare la condizione stessa, mentre la scadenza del termine o il verificarsi della condizione sospensiva devono essere provati dal creditore. IN SINTESI: CONTROLLATE SEMPRE LA REGOLARITA’ DI UN CONTRATTO CON UNA FINANZIARIA O CON UNA BANCA, anche quando non vi trovate in difficoltà nei pagamenti perchè potreste scoprire che sussitono gli estremi per contestare quindi l’importo richiesto e/o preteso ! NON COMMETTETE L’ERRORE DI RESPINGERE LE RACCOMANDATE. Ogni comunicazione scritta ricevuta dalla banca /finanziaria va conservata. ANZI, PRETENDETE che le società di recupero credito scrivano le loro ragioni e non accettate la mera telefonata. Chiedete che il vostro debito sia documentato come certo e liquido. Con tale atteggiamento costruirete attorno a Voi un impenetrabile MURO DI GOMMA che vi consentirà di chiudere la posizione senza andare in un Tribunale, senza vedere pignorata la Vostra busta paga o peggio ancora venduta la vostra casa ! ri BAIL-IN: NUOVA ARMA DI DISTRUZIONE SOCIALE ione Consum ciaz at o s o As AVVOCATO IN FAMIGLIA C’era una volta lo spread …… Per anni, gli anni più pesanti della crisi economica, la gente quotidianamente si chiedeva “Come andrà oggi?”; è stato l’angosciante interrogativo di ogni mattina ancora prima di chiedersi come era il tempo fuori di casa. Tutti i giorni i mass-media ci martellavano sul differenziale tra i titoli pubblici italiani e quelli tedeschi. Con lo spread si sono messi in scacco gli Stati (soprattutto Italia e Grecia), grazie allo spread si sono rovesciati governi e imposte politiche economiche lacrime e sangue dai tecnocrati della Troika. Poi il silenzio, lo spread è passato di moda, ora siamo un “Paese che cammina” come vuole farci credere la politica autocratica del premier Renzi che ora governa (incostituzionalmente, poiché non eletto da nessuno) in Italia. Ma non per questo il sistema ha ucciso il suo baco, non per questo siamo tornati liberi. Grava ora sui cittadini italiani un nuovo e più sottile spread: il bail-in . Ovvero il principio, varato dalla BCE e approvato da tutti i 28 Stati membri dell’Unione Europea, in base al quale se una banca fallisce le conseguenze ricadono esclusivamente sugli azionisti, sugli obbligazionisti e sui correntisti con più di 100 mila euro sul conto. Come a dire: vado a giocare al casinò, ma se i conti di quel casinò non sono a posto rischio di perdere tutto anche se vinco! Banca dell’Etruria, CariChieti, CariFerrara, Banca Marche sono solo le prime a saltare per aria; vero che sono piccole banche, ma parliamo comunque di centinaia di migliaia di persone, cittadini, lavoratori che hanno perso tutti i risparmi di una vita di lavoro. Ci sarebbe da appellarsi alla Costituzione che all’art.47 dice che “la Repubblica tutela il risparmio in tutte le sue forme”. Ma quell’articolo è ormai carta straccia, vanificato dalla riforma del Titolo V approvata dal centrosinistra con un pugno di voti nel 2001 a fine legislatura. All’art. 117 si legge infatti che lo Stato italiano “esercita la potestà legislativa nel rispetto della Costituzione nonché dei vincoli comunitari”. Gli accordi europei contano perciò quanto la Carta fondamentale. Il bail-in è stato approvato dal parlamento italiano praticamente all’unanimità. Nessuna obiezione di merito, nessuna richiesta di norme transitorie. Un caso di incoscienza collettiva avvolta da un velo di intollerabile ignoranza? I risparmi degli italiani, mobiliari e immobiliari, già stimati in 8.000 miliardi, da tempo attraggono l’interesse di finanzieri e politici, che già ne hanno preso una discreta parte tra truffe bancarie ed estorsioni tributarie, come ben sanno soprattutto i molti imprenditori che devono chiedere prestiti per pagare le tasse su redditi non realizzati. Le garanzie immobiliari acquisite dalle banche a collaterale dei crediti erogati si sono fortemente svalutate e sono divenute pressoché invendibili, fonte più di spese che di recuperi, a causa della quasi morte del settore immobiliare fortemente voluta con la politica fiscale dal governo Monti, sicché le banche, pur avendo sulla carta la possibilità di recuperare i loro crediti vendendo gli immobili ipotecati a copertura, in realtà incasserebbero troppo tardi perché il realizzo possa aiutare a superare la crisi odierna. Il sistema bancario italiano non crolla solo perché continua: – ad avere la possibilità di realizzare profitti illeciti, ossia solo perché le varie autorità competenti non gli impediscono di continuare; -ad applicare commissioni illegittime, interessi usurari, anatocismo; -nonché a collocare titoli-spazzatura o sopravvalutati; - a non dichiarare in bilancio tutte le perdite sui crediti. Tutte queste cose, al contrario, le sa la Banca Centrale Europea, che a giorni manderà i suoi ispettori nelle banche italiane, e si sa già che cosa quindi questi signori troveranno. Ecco il perché delle turbo-vendite massicce anche allo scoperto dei titoli delle banche italiane. Si sa che l’ispezione, se non solo minacciata ma anche rigidamente eseguita (e qui c’è spazio per mediazione politica e il buon senso, ovviamente) potrà portare a un disastro di tutto il sistema bancario e a conseguenze radicali per l’intero Paese. Più dell’arrivo della Troika, di nuove tasse di emergenza per finanziare la bad bank, di un bail in generalizzato, di una legge che ipotechi forzatamente i beni immobili degli italiani a garanzia di qualche prestito di salvataggio da parte del FMI. La BCE è partecipata, tramite interposte banche centrali nazionali, da fondi e trust stranieri, che detengono la maggioranza azionaria delle stesse banche centrali nazionali. La manovra del c.d. bail-in è ora quindi finalmente chiara: è stato pianificata da diversi mesi per far pagare le perdite delle nostre banche soltanto ai piccoli azionisti, essendo i grandi azionisti (fondi e trust stranieri) già usciti dal capitale delle nostre banche venerdi 15/1/2016. Fondi e trust stranieri erano perfettamente consapevoli che gli immobili che erano stati posti in garanzia per concedere i prestiti hanno in gran parte un valore di mercato irrisorio (milioni di euro di prestito garantiti da un orto di 20 mq o da un campo di margherite) in quanto i prestiti politici creati con un click elettronico li hanno concessi proprio loro fondi e trust stranieri, attraverso le banche che partecipano, a politici , amici di politici e compagnia bella , per gestire il consenso dei governanti al servizio di loro stessi fund e trust stranieri . Gli unici immobili posti in garanzia con un valore pari al valore di mercato sono quelli dei prestiti concessi a famiglie , imprese ed enti locali , ma costituiscono una minoranza degli asset in pancia alle nostre banche , pertanto la messa all’asta di questi immobili è certo che non potrà mai coprire crediti in sofferenza in Italia per 200 miliardi di euro , in aumento di 2 miliardi al mese in quanto imprese, famiglie italiane ed enti locali sono ormai stremati e non riescono più a pagare i prestiti . Una menzione particolare per Bankitalia spa, sulla quale andrebbe steso un velo di tristezza, che si è scoperto di recente essere, dal 1992, di proprietà e controllata al voto da questi fondi e trust stranieri , attraverso interposte banche (Unicredit, Intesa, Carisbo , Carige e BNL), banche in cui questi fund e trust stranieri detengono, attraverso interposti delegati al voto persone fisiche in realtà studi legali italiani , oltre il 70% del capitale azionario. Sulle rovine fumanti del Sistema bancario italiano, riempito di sofferenze, decotto, e grazie a ciò oramai interamente svenduto alla grande finanza imperialista, che ormai possiede al 95% anche la Banca d’Italia, fondi e trust stranieri hanno deciso di comprarsi ( tra qualche mese) il resto delle nostre banche e i loro immobili posti a garanzia dagli italiani, per quattro soldi … La riforma della Costituzione della legge elettorale che Renzi sta completando, è il perfezionamento di questo disegno, in quanto consentirà ai suoi mandanti della grande finanza di governare un paese immiserito e lacerato, vanificando ogni possibile opposizione, pilotando un unico uomo che controlla partito, parlamento, Quirinale, CSM, commissioni di controllo. Milioni di piccoli azionisti e correntisti italiani perderanno tutti i loro risparmi , operai che avevano investito la loro liquidazione, pensionati , impiegati statali e pubblici che avevano investito i risparmi di una vita . I fatti stanno confermando, insomma, che la politica italiana si regge ormai strutturalmente sull’alleanza tra la partitocrazia interna e le lobby finanziarie esterne, alleanza per spartirsi le risorse del Paese. Complimenti invece alla BCE, tutto come previsto e pianificato. Missione quasi compiuta Lord Rothschild. 27/01/2016 Cristian Maggiolo ri L’ISTANZA DI AUTOTUTELA: COME FUNZIONA? e Consu azion ma oci to s s A AVVOCATO IN FAMIGLIA In tutti i casi in cui un atto (avviso, verbale, cartella esattoriale, etc.) e’ palesemente illegittimo o errato perche’ per esempio riguarda una tassa, un tributo o una multa regolarmente pagata - prima di presentare il vero e proprio ricorso e’ possibile tentare di ottenerne l’annullamento in modo, diciamo, amichevole. Si presenta una richiesta tramite l’istituto di autotutela, introdotto dall’art.68 del d.p.r. 287/1992 -poi abrogatoe attualmente disciplinato dal d.l.564/94 convertito nella legge 656/94 - integrato dalla legge 28/99- e dal decreto attuativo del ministero delle finanze n. 37/97. L’autotutela costituisce il potere/dovere dell’amministrazione finanziaria di correggere o annullare, su propria iniziativa o su richiesta del contribuente, tutti i propri atti che risultano illegittimi o infondati. Tale potere spetta all’ufficio che ha emanato l’atto o che e’ competente per gli accertamenti d’ufficio, oppure -in via sostitutiva e in caso di grave inerzia- alla Direzione Regionale o compartimentale dalla quale l’ufficio stesso dipende. In linea generale, quindi, per le imposte dirette ci si deve rivolgere all’Agenzia delle entrate, mentre per i tributi locali all’ente locale che ha emesso gli atti. Per i tributi di competenza comunale (IMU, Tarsu/Tia/Tares, Tosap, etc. ) sono competenti i comuni, e la domanda andra’ quindi rivolta a loro. Un caso particolare sono le cartelle esattoriali e tutti quegli atti emanati dai concessionari incaricati alla riscossione. Dal 1/1/2013 e’ attiva una procedura che si distingue dalla classica autotutela percorribile in caso di errori che comportino l’inesigibilita’ del credito da parte dell’amministrazione (perche’ prescritto, gia’ pagato o annullato da un provvedimento dell’ente creditore o di un giudice). In questi casi con l’invio della domanda di sgravio al concessionario della riscossione si ottiene l’immediata sospensione delle procedure di riscossione. Non solo: vi sono precisi tempi di risposta e se l’ente debitore (organo che deve provvedere a rispondere) rimane silente per 220 giorni l’atto oggetto della richiesta si annulla di diritto. Si precisa che questa nuova procedura non riguarda errori che non compromettano l’esigibilita’ del credito. Se per esempio una cartella esattoriale contiene errori logici o di calcolo ci si deve affidare al classico iter dell’autotutela spiegato in questa scheda, rivolgendosi all’ente (creditore) che ha emesso l’atto e che ha poi dato al concessionario incarico di riscuoterlo (per esempio il comune quando si tratti di cartella riguardante l’ICI). Ricordiamo comunque che in termini generali se ci si rivolge all’ufficio sbagliato (per esempio al concessionario quando questi non e’ propriamente competente) questo deve “far da tramite” inoltrando l’istanza all’ufficio giusto. ESEMPIO DI RICHIESTA DI RIESAME IN AUTOTUTELA All’Ufficio........ (indicare l’ufficio che ha emesso l’atto illegittimo o infondato. Per i tributi locali indicare l’ufficio tributi del Comune) Via........Cap.......citta’........ OGGETTO: Richiesta di annullamento di atto illegittimo ai sensi dell’Art. 68 del DPR n.287/92, dell’Art.2 quater del DL n.564/94 convertito nella legge 656/94 e del DM n.37/97. Il/La sottoscritto/a............... nato/a............... il............... C.F............... residente in............... Via................ n...... telefono............... telefax............... posta elettronica............... PREMESSO Che con .................. (l’avviso, la cartella di pagamento, etc) n......... del .................................. notificato/a il.................... in relazione all’anno di imposta....................................... relativo all’immobile sito in...... Via ..... (solo per domande relativi a tributi locali come ICI, Tarsu, etc.) codesto Ufficio ha chiesto il pagamento di euro.................. irrogando sanzioni per euro.............. CONSIDERATO CHE Tale provvedimento appare illegittimo perche’ (descrivere brevemente le motivazioni relative al proprio caso, specificando l’errore e i dati corretti, vedi nota) .......................................................... DICHIARA - di essere informato che, ai sensi e per gli effetti D.Lgs 196/2003, i dati personali raccolti saranno trattati, anche con strumenti informatici, esclusivamente nell’ambito del procedimento per il quale la dichiarazione viene resa; - di essere consapevole che in caso di dichiarazioni false si rendono applicabili le sanzioni civili e penali previste per legge. CHIEDE A codesto Ufficio, previa sospensione degli effetti dell’atto e riesame del provvedimento sopra indicato, di procedere al suo annullamento (o rettifica, specificare a seconda del caso). Allega: - copia dell’atto del quale si chiede l’annullamento; - documentazione che comprovi l’illegittimita’ del documento (ricevute di pagamento, prove relative all’errore di persona, visure catastali, etc.etc.); - copia del documento di identita’. Luogo e data:........................ Firma................................. PROCEDURA DI RIESAME SU RICHIESTA DELL’AMMINISTRAZIONE O DEL CONTRIBUENTE (LA SOSPENSIONE DEGLI EFFETTI DELL’ATTO; INERZIA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE; LA NUOVA PROCEDURA PER LE CARTELLE ESATTORIALI RELATIVE A CREDITI INESIGIBILI; RIFERIMENTI NORMATIVI) AUTO-ACCERTAMENTO, RIESAME SU INIZIATIVA DELL’AMMINISTRAZIONE L’amministrazione finanziaria, ovvero l’ufficio che ha emesso l’atto, puo’ provvedere di propria iniziativa, a seguito di riesame, ad annullarlo -totalmente o parzialmente- o sostituirlo in questi casi: * errore di persona; * evidente errore logico o di calcolo; * errore sul presupposto dell’imposta; * doppia imposizione; * mancata considerazione di pagamenti di imposta regolarmente eseguiti; * mancanza di documentazione successivamente sanata (non oltre i termini di decadenza); * sussistenza dei requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni o regimi agevolati, precedentemente negati; * errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall’amministrazione. Il Ministero delle finanze, con la circolare n.198/98 ha inoltre chiarito che qualunque atto viziato puo’ essere annullato d’ufficio anche nel caso in cui: * siano decorsi i termini previsti per ricorrere, ovvero l’atto sia diventato definitivo; * il ricorso sia stato presentato ma respinto con sentenza passata in giudicato per motivi di ordine formale (inammissibilita’, irricevibilita’, improcedibilita’, eccetera); * vi sia pendenza di giudizio; * non sia stata prodotta in tal senso alcuna istanza da parte del contribuente. In pratica, la legge prevede che l’amministrazione finanziaria possa annullare l’atto, di sua iniziativa, anche qualora il contribuente non ne abbia fatta richiesta e indipendentemente da quanto tempo e’ passato dall’emanazione dello stesso. Puo’ farlo, inoltre, pur se l’atto e’ oggetto di vicende processuali, con unica eccezione il caso in cui sia stata emessa una sentenza passata in giudicato inerente il merito della controversia (giudicato sostanziale). Se i motivi di merito della sentenza sono diversi da quelli rilevati dall’amministrazione, l’azione di autotutela puo’ invece essere esercitata. La valutazione dell’amministrazione, ovvero dell’ufficio che ha emesso l’atto, dev’essere in tal caso autonoma ed indipendente da eventuali altri giudizi. Se dalla verifica viene rilevato che l’atto e’ annullabile, in tutto o in parte, l’amministrazione deve procedere, inviando al contribuente una comunicazione motivata ed -eventualmente- un nuovo atto sostitutivo del precedente. Nota importante: abbiamo usato la frase “puo’ provvedere di sua iniziativa” non a caso. Secondo la legge, e a quanto ha ribadito il ministero delle Finanze con la circolare suddetta, non vi e’ a carico dell’amministrazione finanziaria un dovere giuridico in tal senso. Si tratta di una semplice facolta’ discrezionale, il cui mancato esercizio non puo’ essere in alcun modo contestato. RIESAME SU RICHIESTA DEL CONTRIBUENTE La procedura di annullamento puo’ avviarsi anche su richiesta del contribuente, che puo’ presentare istanza in carta semplice. Su di essa deve specificare: * l’atto di cui viene chiesto l’annullamento (totale o parziale); * i motivi per cui si ritiene tale atto illegittimo e quindi annullabile, in tutto o in parte (per i motivi gia’ esposti, ovvero errore di persona, errore logico o di calcolo, errore sul presupposto dell’imposta, doppia imposizione, mancata considerazione dei pagamenti gia’ effettuati, presenza di requisiti per fruire di agevolazioni o riduzioni, errore materiale del contribuente, etc.). Tali motivi devono essere opportunamente documentati. La domanda dev’essere presentata all’ufficio (di competenza) che ha emesso l’atto. Nel caso si sbagli ufficio, quello che riceve l’istanza deve comunque consegnarla all’ufficio di competenza. L’ufficio competente al riesame deve, nel caso in cui l’importo dell’imposta e delle sanzioni superi I 516.456,90 euro, sottoporre il caso al parere della Direzione Regionale da cui dipende. Tale parere e’ necessario anche qualora l’importo non sia facilmente determinabile ma si possa comunque supporre che esso superi la soglia. Il parere e’ vincolante e deve essere riportato nell’atto finale con cui l’ufficio comunichera’ al contribuente l’esito del riesame. La Direzione Regionale non deve intervenire, invece, nel caso in cui l’istanza venga rigettata dall’ufficio competente. Dopo aver esaminato l’istanza e l’atto contestato, l’ufficio deve provvedere ad annullare o correggere lo stesso oppure a rigettare l’istanza, dandone comunicazione al contribuente e fornendo le motivazioni della propria decisione (ai sensi della legge 241/90 e dei principi ribaditi dallo statuto del contribuente). L’eventuale annullamento, sia che scaturisca dall’iniziativa dell’ufficio sia che derivi dall’esame di una richiesta del contribuente, riguarda in automatico anche tutti gli eventuali atti successivi a quello esaminato (per esempio la cartella esattoriale che segue l’avviso di accertamento) e comporta il rimborso di tutte le somme riscosse in base a questi atti. Riguardo ai tempi, non fissati dalla legge, una direttiva della Direzione Regionale della Lombardia (la n.11/28093 del 7/4/2000) ipotizza che la decisione venga comunicata al contribuente entro un periodo massimo di 120 giorni dal ricevimento dell’istanza, salvo casi particolari in cui sia necessario un esame particolarmente approfondito. NOTA IMPORTANTE: LA SOSPENSIONE DEGLI EFFETTI DELL’ATTO La presentazione dell’istanza di autotutela non sospende automaticamente i termini per la presentazione del ricorso (presso l’organo competente, giudice di pace, ordinario o tributario a seconda dei casi), ne’ quelli di pagamento, ambedue di solito di 60 giorni. Considerando che i procedimenti spesso durano piu’ di due mesi, e’ bene chiedere, presentando l’istanza, la sospensione di tutti gli effetti dell’atto contestato, compreso il termine di ricorso. Se ottenuta, la sospensione termina con l’eventuale notifica di un nuovo atto modificativo o confermativo di quello contestato. In questa ipotesi il termine per ricorrere riparte, e il contribuente potra’ impugnare, con un successivo ricorso, ambedue gli atti. Se la sospensione non viene ottenuta, e’ consigliabile presentare, prima che il termine decorra, il ricorso vero e proprio (in commissione provinciale tributaria per esempio), per non rischiare che esso diventi inammissibile. Ricordiamo che la sospensione degli effetti dell’atto invece e’ obbligatoria quando si chiede lo sgravio di cartelle esattoriali relative a crediti (della pubblica amministrazione) divenuti inesigibili. Si veda la relativa sezione riportata piu’ avanti in questa stessa scheda. INERZIA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE Si ha inerzia nel momento in cui l’ufficio competente, sollecitato dalla stessa amministrazione o dall’istanza del contribuente, non proceda al riesame dell’atto oppure non comunichi l’esito del riesame al contribuente che ha inoltrato la richiesta. L’inerzia diventa inerzia grave quando: - l’ammontare delle imposte, interessi e sanzioni supera i 516.456,90 euro; - il lasso di tempo intercorso tra la presentazione dell’istanza e la grave inerzia sia irragionevolmente lungo; - vi sia stato un errore di persona (o sul presupposto) oppure una duplicazione dell’importo, ovvero quando sull’atto vi sia un vizio rilevante e sostanziale ai sensi di quanto previsto dal decreto ministeriale n.37/1997; (si veda la circolare della Direzione Regionale Lombardia n.11/28093 del 7/4/2000). Relativamente all’elemento temporale, inoltre, tra le ipotesi di “grave” inerzia vi sono anche: - il mancato esame protratto nel tempo dell’istanza tout court; - la mancata richiesta del parere alla Direzione regionale delle Entrate nei casi in cui e’ obbligatorio; - la presenza di atti prodromici, nel mancato esame protratto fino all’emissione dell’atto impositivo; - il mancato riesame prima della scadenza dei termini di impugnativa (in quanto con la presentazione del ricorso gia’ potrebbe verificarsi un’ipotesi di danno); - in corso di giudizio per il protrarsi del silenzio dalla data di presentazione dell’istanza e fino al compimento di ulteriori atti processuali (ad esempio, fino all’udienza di trattazione del ricorso); -il prolungato silenzio a fronte di istanza su atti definitivi ove non ricorra la preclusione del giudicato sostanziale. (si veda la direttiva della Direzione Regionale Toscana n. 72483/T1 dell’11/10/2000). In tutti i casi di grave inerzia deve intervenire la Direzione regionale dalla quale dipende l’ufficio competente che, d’ufficio o su istanza del contribuente, dovra’ sostituire l’ufficio nella sua attivita’ accogliendo o respingendo l’istanza. In uno dei casi citati, valutato attentamente, ci si puo’ quindi rivolgere alla Direzione Regionale da cui dipende l’ufficio a cui e’ stata presentata l’istanza, sollecitando un intervento o almeno una valutazione. Nel caso la Direzione ritenga che sussista una grave inerzia, puo’ sostituire l’ufficio nel procedere all’annullamento dell’atto. LA NUOVA PROCEDURA PER LE CARTELLE ESATTORIALI RELATIVE A CREDITI INESIGIBILI Dal 1/1/2013 in tutti i casi in cui il credito oggetto della cartella possa dirsi “inesigibile” (perche’ prescritto, gia’ pagato, annullato o sospeso da provvedimenti dell’ente creditore o da un giudice), e’ possibile ottenere -all’atto della presentazione di una domanda di annullamento- la sospensione immediata della cartella esattoriale e/o delle attivita’ di riscossione successive. La risposta ha poi tempi precisi (deve arrivare entro 70 giorni dall’invio della domanda) ed in piu’ e’ garantito l’annullamento dell’atto in caso di mancata risposta entro 220 giorni dall’invio della domanda. Non vi e’ per legge un modulo particolare da utilizzare ma e’ bene verificare presso l’ufficio locale del concessionario della riscossione se ne sia stato approntato uno. Equitalia ha predisposto una propria modulistica . RIFERIMENTI NORMATIVI - D.l. 564/1994 convertito nella Legge 656/1994 - Legge 89/1999 - DM Min.finanze 37/1997 - Legge di Stabilita’ 2013 (Legge 228/2012) art.1 comma 537 e segg.(procedura per le cartelle esattoriali di crediti inesigibili) CARTELLE ESATTORIALI ERRATE O GIA’ PAGATE: RICHIESTA SGRAVIO CON SOSPENSIONE IMMEDIATA DELLE PROCEDURE DI RISCOSSIONE La legge di stabilita’ 2013 ha introdotto una interessante novita’ che riguarda le cosiddette “cartelle pazze”, le cartelle esattoriali palesemente errate perche’ relative a crediti inesigibili (prescritti, ga’ pagati dal debitore o annullati in giudizio). Se fino ad oggi ci si doveva affidare alle norme sull’”autotutela” che prevedono la possibilita’ di chiedere lo sgravio senza pero’ alcuna garanzia sui tempi di risposta e soprattutto senza poter considerare sospesi gli effetti esecutivi della cartella stessa, da oggi, piu’ precisamente dal 1/1/2013, in caso di documentato errore si puo’ ottenere una immediata sospensione delle procedure di riscossione dietro presentazione di una domanda di correzione o sgravio. Per precisa disposizione di legge, la sospensione dell’atto deve avvenire subito, prima di procedere all’esame della richiesta. Questa sostanziale novita’ si applica anche alle domande gia’ presentate al concessionario della riscossione prima del 1/1/2013, rimaste sospese. Altra grossa novita’ e’ che in caso di silenzio dell’ente creditore -da cui deve partire la risposta- protratto per 220 giorni dalla presentazione della domanda, l’atto oggetto di richiesta di sgravio o correzione si considera nullo di diritto. ERRORI CHE CONSENTONO DI CHIEDERE LA SOSPENSIONE (PROCEDURA; CONSEGUENZE PER CHI DICHIARA IL FALSO; SANATORIA PER LE CARTELLE ESATTORIALI DI “BASSO” IMPORTO; RIFERIMENTI NORMATIVI) ERRORI CHE CONSENTONO DI CHIEDERE LA SOSPENSIONE E’ possibile presentare una richiesta di sospensione in questi casi: - c’e’ stata prescrizione o decadenza del diritto di credito sotteso, intervenuta in data antecedente a quella in cui il ruolo e’ reso esecutivo (data riportata sulla cartella); - c’e’ stato un provvedimento di sgravio emesso dall’ente creditore (comune in caso di multe, oppure agenzia delle entrate, inps, etc.etc.); - c’e’ stata una sospensione amministrativa comunque concessa dall’ente creditore; - c’e’ stata una sospensione giudiziale, oppure da una sentenza che abbia annullato in tutto o in parte la pretesa dell’ente creditore, emesse in un giudizio al quale il concessionario per la riscossione non ha preso parte; - e’ stato effettuato un pagamento riconducibile al ruolo in oggetto, in data antecedente alla formazione del ruolo stesso, in favore dell’ente creditore. Da notare, quindi, che sono esclusi da questa nuova “procedura” tutti i casi in cui nella cartella vi siano errori che pero’ non mettono in dubbio l’esigibilita’ del credito, come per esempio errori di calcolo o logici. In questi casi si deve continuare ad affidarsi all’”incerta” strada dell’autotutela, se non direttamente al ricorso giudiziale. PROCEDURA 1) Presentazione della domanda/dichiarazione Il debitore deve presentare una domanda/dichiarazione di correzione o di sgravio al concessionario della riscossione (Equitalia o altro) entro 60 giorni (*) dalla notifica della cartella esattoriale o di un qualsiasi altro atto della riscossione (preavviso di fermo, iscrizione di ipoteca, etc.), per via cartacea o telematica. Nella dichiarazione deve essere riportato il motivo per il quale si chiede la sospensione (vedi sopra), con allegata documentazione di prova. L’evento puo’ riguardare qualsiasi fase della procedura di riscossione, dall’emissione dell’atto che precede la cartella (avviso di accertamento, verbale di una multa, etc.) all’iscrizione a ruolo -con emissione di cartella esattoriale- fino ancora alle fasi successive relative alla riscossione coattiva (fermo amministrativo, ipoteca, pignoramento, etc.). Per la compilazione della richiesta/dichiarazione e’ bene utilizzare la modulistica approntata dal concessionario della riscossione. Per quanto riguarda Equitalia e’ stata predisposta una modulistica specifica, e la domanda e’ trasmissibile anche telematicamente. QUI informazioni, modulistica e accesso alla domanda online. Per fare alcuni esempi: si puo’ presentare al concessionario domanda di sgravio di una cartella, con ottenimento dell’immediata sospensione della stessa, se essa riguarda un verbale di una multa gia’ regolarmente pagata o per la quale e’ stato vinto un ricorso. Stessa cosa se si riceve un preavviso di fermo amministrativo e si puo’ dimostrare di aver gia’ pagato la cartella o che la stessa e’ stata annullata da un giudice. Anche in questi casi la procedura DEVE sospendersi alla presentazione della richiesta di sgravio. (*) termine introdotto dal D.lgs. 159/2015 e applicato alle dichiarazioni presentate a partire dal 22/10/2015; in precedenza il termine era di 90gg. 2) Sospensione e risposta All’atto della ricezione della dichiarazione il concessionario deve immediatamente sospendere le attivita’ di riscossione relative alla cartella. Entro 10 giorni poi il concessionario “gira” la richiesta all’ente creditore il quale dovrà rispondere direttamente al debitore con PEC o raccomandata a/r. Nella risposta, che l’ente debitore invia anche al concessionario della riscossione, puo’ esservi - la conferma della correttezza della documentazione prodotta con conseguente provvedimento di conferma della sospensione dell’atto o, in alcuni casi, con provvedimento di annullamento dell’atto; - l’avviso di inidoneita’ della documentazione con conseguente ripresa dell’attivita’ di riscossione. Non esiste un termine perentorio per la risposta dell’ente creditore (*), tuttavia si applica la regola del silenzio/assenso: se la risposta non arriva entro 220 giorni dalla presentazione della domanda/dichiarazione. L’atto, a quel punto, si annulla di diritto e l’agente della riscossione è automaticamente discaricato dalla relativa riscossione. Nel frattempo, in ogni caso, rimane sospeso. In caso di risposta negativa la richiesta/ dichiarazione non può essere ripresentata e in ogni caso la sua ripresentazione non sospende le attività di riscossione. (*) Per dichiarazioni presentate prima del 22/10/2015 il termine esisteva ed era di 60 giorni, abolito dal D.lgs.159/2015. CONSEGUENZE PER CHI DICHIARA IL FALSO Attenzione, pero’. Questa procedura va utilizzata solo se si e’ effettivamente in uno dei casi suddetti e solo dopo aver verificato l’effettivo errore. Se nella richiesta/dichiarazione viene dichiarato il falso o viene prodotta falsa documentazione, oltre nelle norme penali, si incorre nel pagamento di una sanzione amministrativa che varia dal 100% al 200% delle somme dovute, con minimo 258 euro. SANATORIA PER LE CARTELLE ESATTORIALI DI “BASSO” IMPORTO E’ un’altra novita’ della legge di stabilita’ 2013 che riguarda le cartelle esattoriali. Il 1/7/2013 saranno considerate nulle tutte le cartelle esattoriali di importo fino a 2.000 euro (comprese sanzioni e interessi) relative a debiti resi esecutivi fino al 31/12/1999. La data in cui il ruolo e’ diventato esecutivo appare nella cartella esattoriale stessa. Ovviamente si parla di cartelle rimaste non riscosse, mai pagate dai debitori, per le quali -chiariamo- l’annullamento avvera’ indipendentemente dal fatto che vi siano errori da contestare. Considerando che la maggioranza delle cartelle di “basso” importo riguardano le multe, a nostro avviso questa disposizione e’ una sorta di “pulizia” degli archivi comunali, messa in atto in vista del passaggio delle attivita’ di riscossione coattiva dai concessionari ai comuni, che dovranno provvedervi direttamente a partire dal 30/6/2013, salvo ulteriori proroghe. Il Ministero dell’economia ha emanato in proposito una circolare (n.29 del 7/6/2013) e definirà poi i dettagli tecnici degli annullamenti con un decreto ministeriale. RIFERIMENTI NORMATIVI - Legge di stabilita’ 2013 (Legge 228/2012) art.1 commi dal 537 al 543. Per la “sanatoria” delle cartelle di basso importo si veda il comma 527 - D.lgs.159/2015 con ri COME DIFENDERSI DAL REATO DI MINACCIA (ANCHE QUANDO E’ COMMESSO DALLE AGENZIE DI RECUPERO CREDITI) e Consu azion ma oci to s s A AVVOCATO IN FAMIGLIA Definizione del reato di minaccia La minaccia è un delitto contro la libertà individuale della persona ed è punito dal codice penale con una multa e, nei casi più gravi (previsti dal secondo comma dell’art. 612 c.p. con la reclusione fino a un anno. Il reato di minaccia sussiste qualora un individuo venga intimidito con la prospettazione di un danno ingiusto, rivolto alla persona o al suo patrimonio, di entità tale da limitare la sua libertà psichica. Si tratta di un reato che ha natura di pericolo, in quanto può rappresentare l’antefatto di atti lesivi concreti; tuttavia, ogni minaccia deve essere adeguatamente valutata in funzione della circostanza, delle condizioni dell’agente e dell’effetto sulla vittima. Il testo della norma Art. 612 del codice penale - minaccia. Chiunque minaccia ad altri un ingiusto danno è punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a 1.032 euro. Se la minaccia è grave, o è fatta in uno dei modi indicati nell’articolo 339, la pena è della reclusione fino a un anno e si procede d’ufficio. La prospettazione del danno ingiusto Il principale elemento costitutivo del reato è proprio la prospettazione di un ingiusto danno, tale da limitare la libertà morale della vittima e il cui futuro verificarsi dipende, in maniera diretta o commissionata, dall’agente. Non rientrano, quindi, nella categoria le semplici imprecazioni o gli insulti. QUANDO VI DICONO SE NON PAGHI LA RATA DEL PRESTITO TI ISCRIVIAMO IN BANCA DATI E’ UNA MINACCIA OPPURE NO? Affinché la minaccia sia perseguibile, non è condizione necessaria la presenza, al compimento del fatto, della persona interessata; è infatti sufficiente che quest’ultima ne risulti informata, anche indirettamente da altri soggetti, a patto sia rilevabile la volontà dell’agente di produrre il vero e proprio risultato di intimorire la persona offesa. Inoltre, tale reato non si prospetta soltanto in presenza di atti intimidatori espressi in forma verbale: possono rientrare nella minaccia anche gli strumenti comunicativi più svariati, come scritti, gesti, sms o e-mail. La gravità della minaccia, infine, non dipende unicamente dal suo contenuto, ossia dal male concreto prospettato, bensì dallo stesso turbamento espresso dalla vittima, dal complesso di circostanze e dalle particolari condizioni dei soggetti coinvolti. Come tutelarsi: procedibilità a querela o d’ufficio? Il reato di minaccia è procedibile a querela: quest’ultima, può essere redatta presso qualsiasi posto di polizia oppure presentata, in forma scritta, al pubblico ministero. Tuttavia, come dispone il secondo comma dell’art. 612 del codice penale, si procede d’ufficio se la minaccia è grave o è commessa con armi, o da persona travisata, o da più persone riunite o, più in generale se sussistono le aggravanti di cui all’articolo 339 c.p. FAC SIMILE QUERELA ILL.MO SIG. PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI _____ Io sottoscritto _________, nato a ______ il ______ con residente in ______ alla via _______, espongo quanto segue. (Esporre il fatto-reato di cui si ritiene essere stati vittime. Si descrivano tutte le circostanze utili a ricostruire il fatto nonché le generalità di eventuali testimoni.) Tanto premesso sporgo formale querela con istanza di punizione nei confronti di (ignoti o il nome del querelato) per il reato di ________________ , e per tutti quei reati che dovessero emergere nel corso delle indagini. Chiedo di essere informato, ex art. 406 III° comma c.p.p. , di ogni eventuale richiesta di proroga delle indagini. Chiedo, altresì, di essere avvisato, ex art.408 II° comma c.p., di un’eventuale richiesta di archiviazione. Mi oppongo fin d’ora, qualora si intendesse procedere per un reato perseguibile a querela, ad una richiesta di emissione di decreto penale di condanna. Si allega: eventuali allegati da produrre (es. se il querelante è legale rappresentante di una società, la copia della delibera o del documento da cui si evince la legittimazione a proporre querela). Luogo, ______________ firma ri SE AVETE CHIUSO UN MUTUO, UN FINANZIAMENTO, UNA CESSIONE DEL QUINTO IN ANTICIPO E SI SONO SCORDATI DI RESTITUIRVI DEL DENARO, ECCO COSA FARE. e Consu azion ma oci to s s A AVVOCATO IN FAMIGLIA AVETE MAI CHIUSO UN MUTUO, UN PRESTITO, UNA CESSIONE DEL QUINTO IN ANTICIPO ? BENE, AL 99% SI SONO SCORDATI DI RESTITUIRVI DEL DENARO CHE VI SPETTA . Se anni fa avete stipulato un mutuo con il quale avete sottoscritto una polizza vita o multirischi a premio unico collegata e successivamente al dicembre 2010 lo avete estinto, surrogato o accollato, molto probabilmente avrete a suo tempo richiesto il rimborso della polizza assicurativa. Ebbene a voi come a tanti altri, la banca, avrà presumibilmente risposto che il contratto della polizza che avevate sottoscritto non prevede rimborso e che la polizza non è possibile recederla neanche col mutuo estinto o surrogato! Per capire come e perchè dovrete leggere con calma e attenzione. Le polizze post-dic 2010 E’ ormai prassi consolidata che chi accende un mutuo per l’acquisto di un’immobile, di solito riceve dalla banca stessa l’offerta per la stipula di polizze assicurative. Si parla di polizze vita caso morte o polizze incendio-scoppio, i cui premi possono essere corrisposti annualmente, oppure, può trattarsi di contratti pluriennali che prevedono il pagamento del premio in un’unica soluzione – “premio unico”. A seguito di un intervento normativo dell’ISVAP nel maggio 2010 è stata introdotta una peculiarità nei contratti assicurativi post - dic. 2010 ovvero quella dell’ estinzione anticipata, surroga o accollo del mutuo a cui la polizza stessa è collegata. Di conseguenza, nei contratti di polizza post dic. 2010, nel caso si procedesse ad una surroga, estinzione o accollo del mutuo, il mutuato-assicurato ha il diritto di ottenere la disdetta della polizza come anche il rimborso del premio non goduto. Le polizze pre-dic 2010 Prima dell’intervento normativo di Isvap, tale facoltà all’interno dei vecchi contratti assicurativi non era minimamente contemplata. Molti mutuati si trovavano quindi ad estinguere il mutuo o surrogarlo, ma impossibilitati contrattualmente a recedere dalla polizza assicurativa collegata e quindi ad ottenere il rimborso del premio corrisposto; una situazione a dir poco assurda. L’unica facoltà data in automatico era quella del cambio di Beneficiario della polizza che cessava di essere la stessa banca mutuante. Regolamento Isvap 35 Dopo una diffusa campagna di proteste da parte di alcune associazioni di consumatori riguardo a tale sofferta condizione contrattuale imposta dai vecchi contratti, l’Isvap nel maggio 2010 ha finalmente emanato un nuovo regolamento che impone alle compagnie assicuratrici l’obbligo di inserire e modificare diversi punti caldi essenziali nella stesura dei propri contratti assicurativi. Nel caso specifico Isvap ha voluto finalmente elargire al mutuato-consumatore il tanto ambito diritto di ottenere il meritato rimborso esentandolo altresì dall’obbligo del mantenimento della polizza. Pertanto, la prescrizione del diritto al rimborso del premio assicurativo versato alla sottoscrizione del contratto e non goduto per il residuo periodo di copertura, ha durata decennale e decorre dalla data di estinzione anticipata del prestito; quindi: “..le imprese, nel caso di estinzione anticipata o di trasferimento del mutuo o del finanziamento, restituiscono al debitore/assicurato la parte di premio pagato..”. Il regolamento sancisce un evidente cambiamento epocale per i nuovi mutuati sottoscrittori di nuove polizze: da quel giorno tutte le polizze assicurative attualmente in commercio riportano la possibilità per l’Assicurato di recedere dalla polizza in caso di surroga, estinzione o accollo! Purtroppo però l’art.56 del rivoluzionario ordinamento non risolve la questione per coloro che si si sono trovati a richiedere il rimborso della polizza per un mutuo stipulato precedentemente al 10 dicembre 2010; il nuovo regolamento di fatto non viene ratificato retroattivo! O meglio, non la risolve in via definitiva, ma l’inziativa di una associazione consumatori di Trento ha reso possibile un modo di procedere alternativo che può portare anche al rimborso di polizze pre dic. 2010. Nel novembre 2011 l’associazione infatti vince un ricorso presso ABF (“Arbitro Bancario e Finanziario”) per conto di un proprio associato che nel 2011 aveva effettuato una surroga del proprio mutuo stipulato nel 2009 e che chiedeva inutilmente il rimborso della polizza alla propria banca. Nonostante il mutuo sia stato surrogato nel 2011 e nonostante il vecchio contratto di polizza non prevedesse il rimborso, il Collegio ABF accoglieva il ricorso e disponeva affinchè la banca restituisse al mutuato il premio della polizza corrisposto e a risarcirlo delle spese da lui affrontate per la presentazione del ricorso stesso. La decisione di ABF In pratica questa decisione ha sancito per questo caso specifico l’applicabilità retroattiva del regolamento ISVAP e, dal novembre 2011 quindi, tutti i mutuati assicurati che pre dicembre 2010 hanno stipulato un mutuo con una (“vecchia”) polizza collegata e dopo quella data abbiano effettuato una surroga o una estinzione o accollo del mutuo stesso, possono avere diritto al rimborso del premio assicurativo corrisposto e non goduto. Vi consigliamo quindi di richiedere il rimborso della vostra vecchia polizza nonostante la banca vi neghi o vi abbia già negato tale facoltà ed eventualmente portatre avanti un ricorso ad ABF. fonte: http://www.centroconsumatori.tn.it/download/141dextqzNV61.pdf Non aspettate oltre a recuperare i premi assicurativi di cui non avete mai chiesto restituzione. Quanti dei nostri soldi riconducibili ai mancati rimborsi di queste polizze comprovatamente rimborsabili oggigiorno, giacciono ancora nei caveau delle banche? FATE VALERE I VOSTRI DIRITTI E RECUPERATE IL VOSTRO DENARO. IL SILENZIO E’ COMPLICITA’ Come si muovono oggi le banche: - le novità in tema di contratti assicurativi accessori a mutui o finanziamenti (le c.d. polizze CPI) - polizze vita legate a mutui o crediti al consumo: il nuovo Regolamento ISVAP - ISVAP: nuovo regime per le polizze legate ai mutui Negli ultimi mesi la disciplina relativa alle polizze di assicurazione connesse ai contratti di mutuo e di prestito ( vedi nota 1 ) è stata oggetto di profonde modifiche, apportate sia dalla normativa di rango primario, sia dagli interventi in sede regolamentare effettuati da parte di Isvap. Vale pertanto la pena ripercorre e commentare, qui di seguito, il contenuto di siffatte novità normative al fine, da un lato, di comprenderne la portata realmente innovatrice e, dall’altro lato, di provare a operare un tentativo di sistematizzazione della materia (che, per le ragioni illustrate nel prosieguo, non potrà che essere, allo stato, parziale). Si premette, in chiave generale, che la ratio degli interventi di modifica che hanno interessato la disciplina in esame è riconducibile, principalmente, al fatto che, da ormai lungo tempo, le banche e gli intermediari finanziari non bancari di cui al Titolo V del D. Lgs. n. 385/93 (“TUB”), erano soliti subordinare la concessione di mutui e finanziamenti alla stipula da parte del mutuatario di una polizza assicurativa, avente come beneficiario delle prestazioni il soggetto erogante il mutuo/finanziamento. Un simile meccanismo era teso ovviamente a garantire gli interessi delle banche e degli intermediari finanziari che, in caso di sinistro, grazie alla copertura assicurativa potevano recuperare il capitale e gli interessi agli stessi dovuti per il tramite della polizza assicurativa, evitando quindi di dover esperire lunghe procedure esecutive per il recupero del relativo credito. Tale copertura assicurativa, opportuna anche ai fini della sana e prudente gestione dell’ente erogante, passava peraltro attraverso l’attività di intermediazione assicurativa svolta dalle banche e dagli intermediari finanziari. La circostanza che l’ente erogante ricoprisse sia il ruolo di intermediario della polizza (remunerato con provvigioni assicurative), sia la funzione di beneficiario della copertura assicurativa, il cui premio era pagato dal cliente, ha creato tuttavia una serie di opacità nel mercato delle polizze connesse a mutui e finanziamenti. In particolare, tale operatività si è sovente tradotta - in base anche ai dati emersi dalle indagini di mercato svolte da Isvap ( vedi nota 2 ) - nel fatto che i premi delle polizze distribuite agli sportelli fossero, nella media, superiori a quelli di prodotti analoghi distribuiti tramite canali diversi dalla banca o dall’intermediario finanziario eroganti il mutuo/finanziamento. Nello specifico, l’indagine svolta da Isvap ha rilevato che l’elevata componente delle provvigioni assicurative attribuite dalle compagnie alle banche eroganti, spesso peraltro appartenenti al medesimo gruppo, poteva raggiungere punte “esorbitanti”. In taluni casi, le provvigioni di natura assicurativa applicate dalle banche o dagli altri enti erogatori il credito raggiungevano una percentuale pari al 79% del premio pagato dal contraente, per una polizza connessa ad una qualsiasi forma di finanziamento. Il tutto non senza ricordare che tale prassi di mercato poteva comportare altresì, secondo quanto rilevato da Isvap nelle proprie considerazioni ( vedasi nota 3 ) , il sorgere di gravi conflitti di interessi, dovuti tra l’altro: 1) al fatto che le “polizze abbinate a mutui e prestiti, sebbene non obbligatorie per legge o per contratto, sono di fatto imposte dalla banca e dagli intermediari finanziari al cliente quale condizione per accedere al mutuo o al prestito; 2) le polizze sono vendute quasi esclusivamente in forma di premio unico, da pagare anticipatamente all’atto dell’accensione del mutuo o prestito. Il premio viene di norma aggiunto all’importo finanziato e le relative rate di restituzione vengono incluse in quelle complessive, producendo ulteriori interessi a beneficio della banca (o dell’intermediario finanziario) …”. Non da ultimo, la condotta di alcune banche che, sebbene presentassero come facoltativa la sottoscrizione da parte di consumatori di coperture assicurative aventi quale beneficiario l’istituto erogante, di fatto subordinavano la concessione di finanziamenti alla relativa stipula (pratiche di c.d. bundling), è stata considerata come una pratica scorretta ai sensi del Codice del Consumo (D. Lgs. 206/2005) da parte dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, che è intervenuta attivando i propri poteri sanzionatori ( vedi nota 4) Per ovviare a tale situazione nel corso del 2010 Isvap ha posto in essere un primo intervento (tra le cui finalità vi era anche l’obiettivo di rafforzare gli obblighi di trasparenza con riguardo alle polizze assicurative connesse a mutui e finanziamenti) mediante l’emanazione del Regolamento numero 35 del 26 maggio 2010, attraverso il quale l’Istituto ha dettato una disciplina generale di trasparenza per i prodotti assicurativi. Tuttavia, l’emanazione del Regolamento Isvap n. 35/2010 e la sua attuazione nel settore delle polizze CPI non ha portato a risultati soddisfacenti in tema di superamento dei conflitti d’interessi nella distribuzione di prodotti assicurativi abbinati a mutui e finanziamenti. Pertanto al Regolamento n. 35/2010 ha fatto seguito il provvedimento Isvap numero 2946 del 6 dicembre 2011 (il “Provvedimento”), specificatamente dedicato al settore delle polizze connesse ai mutui e finanziamenti. In attuazione dei principi generali di diligenza, correttezza e trasparenza di cui all’art. 183 del D. Lgs. numero 209 del 2005 (codice delle assicurazioni private, in breve “CAP”), Isvap ha imposto che gli intermediari assicurativi - ivi inclusi pertanto gli istituti eroganti il credito laddove svolgenti attività di intermediazione assicurativa - dovessero astenersi dall’assumere contemporaneamente la qualifica di intermediario assicurativo, da un lato, e di beneficiario o vincolatario dei contratti assicurativi, dall’altro lato, considerandola come un’ipotesi di “conflitto inevitabile”. Il provvedimento Isvap n. 2946/2011 è entrato in vigore con decorrenza dal 2 aprile 2012. Il Provvedimento ha, come prevedibile, modificato il settore dell’erogazione del credito. Le banche e gli altri intermediari eroganti mutui e finanziamenti hanno infatti visto il significativo ridimensionamento di una voce importante del proprio conto economico. La reazione di alcuni operatori si è poi concretizzata in un ricorso al TAR del Lazio presentato da un intermediario finanziario operante nel leasing e dalla rispettiva associazione di categoria (Assilea), finalizzato a chiedere l’annullamento del provvedimento in parola. Lo stesso giorno della pubblicazione del predetto provvedimento numero 2946, il Governo ha emanato il Decreto Legge numero 201/2011 (il c.d. Decreto “Salva Italia”), successivamente convertito il 22 dicembre nella legge numero 214 del 2011, recante “Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici”. In tale Decreto Legge viene in particolare previsto un articolo, che aggiunge un comma (il 3 bis) all’articolo 21 del D. Lgs. numero 206 del 2005, ossia al Codice del Consumo. Nello specifico l’intervento normativo in commento dispone che debba essere considerata come scorretta, con tutte le conseguenze relative alle disposizioni di salvaguardia previste dal Codice del Consumo, la “pratica commerciale di una banca, di un istituto di credito o di un intermediario finanziario che, ai fini della stipula di un contratto di mutuo, obbliga il cliente alla sottoscrizione di una polizza assicurativa erogata dalla medesima banca, istituto o intermediario ovvero ( vedi nota 6 ) all’apertura di un conto corrente presso la medesima banca, istituto o intermediario”. I principali dubbi interpretativi della citata norma, avanzati dagli operatori, hanno riguardato in particolare il concetto di polizza “erogata dalla medesima banca, istituto o intermediario”, sia per la non correttezza del termine “erogata” riferito a un prodotto assicurativo, sia per la combinazione della nozione di “erogazione” della polizza con la locuzione “… obbliga il cliente”. Si tenga presente, a tale riguardo, che per alcuni tipi di mutui e finanziamenti – ad esempio in tema di cessione del quinto dello stipendio (CQS) ( vedi nota 7 ) oppure di stipula di un mutuo ipotecario con assicurazione dell’immobile in garanzia contro il rischio danni – l’obbligo di sottoscrizione della polizza è previsto ex lege. Ovviamente l’intervento legislativo non mira a considerare come pratica commerciale scorretta il semplice fatto che la banca, l’istituto di credito o l’intermediario finanziario (per usare i termini del legislatore) possano distribuire coperture assicurative in occasione della concessione di un mutuo, bensì intende impedire alle banche e agli intermediari finanziari di obbligare il proprio cliente a stipulare una polizza preselezionata e distribuita dalla medesima banca, nel momento in cui il cliente sottoscrive un contratto di mutuo. Ciò che, in altri termini, può sintetizzare la ratio del nuovo comma 3bis dell’art. 21 del Codice del Consumo è la volontà di intervenire sul conflitto di interessi che si verifica nel ricoprire la posizione di ente erogante il mutuo/finanziamento, e allo stesso tempo sia di beneficiario della copertura assicurativa, che di intermediario del predetto prodotto. In sostanza il Codice del Consumo esprime ora in modo chiaro che la banca o l’intermediario finanziario non possono condizionare l’erogazione del finanziamento al fatto che il cliente sottoscriva presso l’ente la copertura assicurativa intermediata dalla medesima banca o intermediario finanziario: in breve, il cliente deve essere libero, se ritiene, di reperire la copertura assicurativa sul mercato. Successivamente al Decreto Legge “Salva Italia”, il 24 gennaio 2012, a completamento del disegno di riforma in tema di polizze CPI, è stato promulgato un altro Decreto Legge, il numero 1 del 2012 (cosiddetto “Cresci Italia”), recante “Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività” in cui, all’articolo 28, viene prevista un’altra norma disciplinante il settore delle polizze assicurative connesse, stavolta, non solo a mutui, ma anche alle operazioni di credito al consumo. Con l’ulteriore precisazione che la disposizione in analisi concerne le sole polizze ramo vita e non quelle ramo danni. La prima versione della disposizione, rivolta unicamente ai contratti di mutuo, richiedeva che “le banche, gli istituti di credito e gli intermediari finanziari, se condizionano l’erogazione di un mutuo alla stipula di un contratto di assicurazione sulla vita, sono tenuti a sottoporre al cliente almeno due preventivi di due differenti gruppi assicurativi”. Tale previsione, tuttavia, non ha retto al dibattito successivamente intervenuto, in sede di discussione parlamentare, ed è stata conseguentemente profondamente modificata da un apposito emendamento. La formulazione definitiva della norma ha mantenuto alcuni aspetti della precedente versione confermando l’obbligo di sottoporre al potenziale sottoscrittore del finanziamento almeno due preventivi di polizze assicurative sulla vita, di due diverse compagnie non riconducibili all’ente erogatore. Tuttavia, sono state introdotte numerose innovazioni, la più importante delle quali ha riguardato proprio l’estensione dell’ambito di applicazione della norma anche ai contratti di credito al consumo ( vedi nota 8 ) . In primo luogo, accogliendo le richieste del mercato, è stato definito un rapporto di coordinamento tra l’articolo in esame e quanto previsto dall’articolo 183 del CAP( codice assicurazioni private ) . In questo senso si è delineato più compiutamente il rapporto di genus/species intercorrente tra il regime giuridico inerente il conflitto di interesse degli intermediari assicurativi e quanto previsto dall’articolo 28 del Decreto Cresci Italia, quest’ultimo ponendosi come disciplina speciale. Ne deriva, conseguentemente, che quanto previsto nell’articolo 28, e precipuamente l’obbligo di sottoporre due preventivi di due diversi gruppi assicurativi non riconducibili all’ente erogante, sarà efficace solo nei confronti di determinate polizze (quelle connesse a mutui o a credito al consumo) ed investirà unicamente alcuni operatori di mercato (banche, istituti di credito e intermediari finanziari). In secondo luogo, viene stabilito, da una parte, che è diritto del cliente rifiutare i contratti di assicurazione sulla vita offerti dall’ente erogante e scegliere liberamente sul mercato una polizza assicurativa ramo vita più vantaggiosa o più adeguata alle proprie esigenze e dall’altra parte, che l’ente finanziatore è obbligato ad accettare l’eventuale scelta operata dal cliente sul mercato, non avvalendosi dell’attività di intermediazione “allo sportello”. Non da ultimo, poi, il secondo comma dell’articolo in commento ha disposto che “entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, l’Isvap definisce i contenuti minimi del contratto di assicurazione di cui al comma 1 [ovvero quello connesso a mutui e credito al consumo e distribuito da banche, istituti di credito ed intermediari finanziari,]”. L’Autorità di Vigilanza, in esecuzione di quanto previsto nel precitato Decreto Cresci Italia, ha promulgato il Regolamento numero 40 del 3 maggio 2012, “per la definizione dei contenuti minimi del contratto di assicurazione sulla vita di cui all’articolo 28, comma 1, del Decreto Legge 24 gennaio 2012 n. 1, convertito con legge 24 marzo 2012, n. 27”, entrato in vigore dal 1° luglio 2012 (solo per alcuni particolari adempimenti in tema di preventivatori on line, il predetto termine di entrata in vigore è stato fissato al 1° settembre 2012). Il Regolamento Isvap n. 40/2012 contiene, in particolare, ulteriori previsioni intese a modificare profondamente il panorama delle polizze connesse a mutui o ai contratti di credito al consumo, che si sintetizzano qui di seguito. In primis viene previsto un elenco di contenuti minimi che devono essere obbligatoriamente indicati dall’ente erogante in sede di offerta del mutuo o del finanziamento e il cui fine è quello di facilitare la comparazione, da parte del cliente delle varie offerte assicurative che gli possono essere sottoposte, nell’ottica di favorire la concorrenza fra i diversi attori del settore della distribuzione delle polizze connesse al credito al consumo o ai mutui. Il Regolamento Isvap n. 40/2012 prevede, inoltre, che la durata della polizza vita dovrà essere pari a quella del mutuo o del credito al consumo, facendo salva la possibilità di stabilire una durata differente unicamente laddove essa sia più rispondente alle esigenze dell’assicurato. Un ulteriore importante aspetto del predetto Regolamento è rappresentato dal fatto che il cliente può liberamente designare il beneficiario o il vincolatario del contratto di assicurazione sulla vita. Ed infatti, in linea con quanto previsto dal Provvedimento Isvap n. 2946 del 2011, si prevede che la banca o l’intermediario finanziario possano essere designati come beneficiari solo qualora il contratto di assicurazione non sia intermediato dalla banca o dall’intermediario finanziario stesso o da soggetti ad essi legati da rapporti di gruppo o da rapporti di affari propri o di società del gruppo. Relativamente alla periodicità del pagamento del premio viene sancita la possibilità di corresponsione di un premio anticipato in un’unica soluzione o di un premio annuo, frazionabile in sottoperiodi. In aggiunta a quanto precede, il Regolamento in parola dispone altresì che l’ente erogante debba presentare al potenziale cliente una sorta di prospetto personalizzato, contenente le informazioni essenziali atte ad agevolare la scelta che il cliente può operare fra le possibili diverse polizze sulla vita connesse al finanziamento. Ed è proprio grazie a tale documento che il cliente dovrebbe poter disporre degli strumenti necessari per ottenere sul mercato polizze che presentino eventuali condizioni di maggior favore (quali l’inclusione della copertura opzionale sulle rate in scadenza subito dopo il decesso, una più favorevole disciplina delle cause di esclusione della copertura, la rinuncia alla carenza, l’assenza di obbligo di visita medica, oppure, in caso di visita medica, l’assenza di costi per l’assicurato, una più breve tempistica di liquidazione, ecc.). In aggiunta a ciò, e sempre al fine di agevolare il cliente nella ricerca e nel confronto di prodotti di assicurazione sulla vita di cui al Regolamento Isvap n. 40/2012, lo stesso prevede che le imprese di assicurazione forniscano sui loro siti internet un servizio on line gratuito di preventivazione, che andrà ad aggiungersi alla pubblicazione sul sito internet dell’Isvap dell’elenco delle imprese e dei relativi prodotti commercializzati. In ragione di quanto esposto è evidente che le riforme in esame stanno rendendo necessario un profondo rinnovamento sia dei prodotti assicurativi vita abbinati a mutui o a finanziamenti attualmente commercializzati, sia delle modalità di intermediazione. Non solo: le nuove strutture dei prodotti in esame consentono (e richiedono) una maggiore consapevolezza per i potenziali clienti, ai quali è rimessa la comparazione tra le coperture temporanee caso morte offerte sul mercato. Il che si tradurrà auspicabilmente nell’introduzione di un maggior grado di reale concorrenza sul mercato, fino ad ora frenato dall’opacità della struttura dei prodotti offerti dalle compagnie e intermediati dalle banche e dagli intermediari finanziari, che ne ha reso poco agevole la comparazione. Lo sforzo di ottenere una maggiore trasparenza e il superamento dei nodi derivanti dal conflitto di interesse in tema di polizze CPI continua, peraltro, ad essere obiettivo di Isvap e oggetto dei controlli di vigilanza: in data 30 luglio 2012 l’Istituto ha emanato una lettera circolare rivolta alle imprese di assicurazione nella quale si comunica l’intenzione dell’Autorità di svolgere una nuova analisi per verificare il grado di applicazione del comma 1bis dell’art. 48 del Regolamento n. 5/2006, come introdotto dal Provvedimento n. 2946 del 6 dicembre 2011. A tal fine Isvap ha chiesto alle compagnie di inviare, entro 60 giorni, una serie di informazioni relative agli accordi in essere con gli intermediari bancari e finanziari (intermediari di cui alla sez. D del RUI)9. Infine, nonostante i diversi interventi normativi e regolamentari sopra commentati, il quadro di riferimento per i prodotti assicurativi connessi a mutui e finanziamenti non sembra ancora del tutto consolidato: proprio mentre sono in corso di chiusura le presenti note, apprendiamo della pubblicazione della sentenza del TAR Lazio che si è pronunciata in merito alla ricorso presentato da Assilea e da una società di leasing per l’annullamento del Provvedimento Isvap n. 2946 del 6 dicembre 2011 recante modifiche all’art. 48 del Regolamento Isvap n. 5/06. Il TAR Lazio, condividendo le tesi delle parti ricorrenti, ha argomentato che le attività e le modalità operative delle società di leasing si differenziano da quelle degli altri operatori bancari e finanziari, giacché l’utilità per il cliente-utilizzatore non si ha con l’erogazione di una somma di denaro, ma attraverso la consegna e messa a disposizione del bene. Pertanto, le coperture assicurative intermediate a fronte dei contratti di leasing non sono a protezione del credito, ma a garanzia del bene oggetto del contratto. Continuando il proprio ragionamento il Giudice amministrativo ha ritenuto che il fatto che la società di leasing proprietaria del bene, oltre ad essere beneficiaria della polizza, l’abbia anche intermediata non integra l’insorgenza in sé e per sé di un conflitto di interessi, avendo la società di leasing un interesse invero concorrente con quello dell’utilizzatore. Ne consegue, secondo la decisione del TAR in commento, che deve considerarsi illegittimo, con riferimento al mercato del leasing, aver reso regola generale a carico dell’intermediario l’obbligo di astenersi dal rivestire al contempo la qualifica di beneficiario e quella di intermediario del prodotto assicurativo. In sostanza, secondo la recentissima pronuncia in questione, appare illegittimo, avuto riguardo alla specificità dei contratti di leasing, aver presunto da parte di Isvap, la presenza sempre e comunque di un conflitto di interessi, in contrasto con l’obbligo di accertarne di volta in volta la ricorrenza, così come imposto dall’art. 183 CAP. ( codice assicurazioni private ). Il TAR Lazio, per le motivazioni appena riassunte ha pertanto accolto il ricorso presentato da Assilea e da una società di leasing, annullando il Provvedimento Isvap n. 2946 del 6 dicembre 2011 “per quanto di interesse”. In ultima analisi e conclusivamente, allo stato dell’arte, non è ancora possibile ritenere che il settore dei prodotti CPI abbia trovato uno stabile assetto regolamentare, non fosse altro che resta tutta da analizzare la possibile portata espansiva della pronuncia del TAR Lazio in materia che è intervenuta sul Provvedimento Isvap n. 2946 del 6 dicembre 2011. Sarà nostra cura tenere aggiornati i lettori sui prossimi sviluppi. NOTE DEL TESTO Nota 1 Anche conosciuto come il mercato della distribuzione di prodotti assicurativi CPI (c.d. Credit Protection Insurance) ossia le polizze abbinate a mutui, prestiti e credito al consumo. Nota 2 Si vedano gli esiti alla pubblica consultazione Isvap sul provvedimento n. 2946 del 6 dicembre 2011. Nota 3 Cfr. sempre gli esiti alla pubblica consultazione Isvap sul provvedimento n. 2946 del 6 dicembre 2011 Nota 4 Si veda, da ultimo, il Provvedimento dell’AGCM n. 23764 del 25 luglio 2012. Nota 5 Nello specifico e più precisamente il Provvedimento Isvap n. 2946 del 6 dicembre 2011 ha aggiunto il nuovo comma 1bis all’art. 48 del Regolamento Isvap n. 5/2006, in tema di intermediari assicurativi che prevede appunto che “Gli intermediari comunque si astengono dall’assumere, direttamente o indirettamente, anche attraverso uno dei rapporti di cui al comma 1 [ndr. rapporti di gruppo], primo periodo, la contemporanea qualifica di beneficiario o di vincolatario delle prestazioni assicurative e quella di intermediario del relativo contratto in forma individuale o collettiva”. Nota 6 Le parole “… ovvero all’apertura di un conto corrente presso la medesima banca, istituto o intermediario” sono state introdotte dal comma 3 dell’art. 28 del Decreto Legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, nella legge 24 marzo 2012, n. 27. Nota 7 Cfr. la disciplina di cui al DPR 5 gennaio 1950, n.180. Nota 8 Si riporta per completezza il testo dell’art. 28 del D. L. 24 gennaio 2012, n.1, come convertito con modificazioni in legge 24 marzo 2012, n. 27 ”Fermo restando quanto previsto dall’art. 183 del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, e dalle relative disposizioni e delibere dell’ISVAP di attuazione in materia di interesse degli intermediari assicurativi, le banche, gli istituti di credito e gli intermediari finanziari se condizionano l’erogazione del mutuo immobiliare o del credito al consumo alla stipula di un contratto di assicurazione sulla vita sono tenuti a sottoporre al cliente almeno due preventivi di due differenti gruppi assicurativi, non riconducibili alle banche, agli istituti di credito e agli intermediari finanziari stesi. Il cliente è comunque libero di scegliere sul mercato la polizza vita più conveniente, che la banca è obbligata ad accettare senza variare le condizioni offerte per l’erogazione del mutuo immobiliare o del credito al consumo”. Nota 9 Nel testo della lettera circolare di Isvap si legge che, in considerazione del divieto posto agli intermediari di assumere, anche attraverso rapporti di gruppo, la contemporanea qualifica di beneficiario o di vincolatario delle prestazioni assicurative e quella di intermediario del relativo contratto in forma individuale o collettiva “… tenuto conto del rilevo che il pieno ed effettivo enforcement del suddetto divieto riveste ai fini di tutela dei consumatori, l’Autorità intende svolgere una nuova analisi per verificarne la corretta applicazione … Ciò sia con riferimento all’eventuale permanere di situazioni di indebita commistione di ruoli in capo al medesimo soggetto …, sia avuto riguardo a livelli provvigionali e alle disposizioni che codeste imprese hanno impartito alla propria rete distributiva…”. ri e Consu azion ma oci to s s A LEGGE N° 3 DEL 2012 SUL SOVRAINDEBITAMENTO. VEDIAMO COME FUNZIONA “IL PIANO DEL CONSUMATORE”. AVVOCATO IN FAMIGLIA DI COSA SI TRATTA Il piano del consumatore è quello strumento di rinegoziazione dei debiti disciplinato, nel nostro ordinamento, dalla legge numero 3 del 27 gennaio 2012. Esso consiste in una proposta, presentata da soggetti in possesso di determinati requisiti soggettivi nel rispetto di presupposti fissati dalla legge, idonea a rendere meno gravosi i debiti contratti dai consumatori. La sua efficacia è subordinata all’omologa da parte del Tribunale. Alcuni debiti, anche quelli con banche e finanziarie si possono dunque annullare e/o ridurre attraverso una sentenza del giudica. CONDIVIDETE QUESTO ARTICOLO, PERCHE’ LA PRIMA ARMA DI DIFESA CONTRO LO STRAPO TERE DEGLI ISTITUTI FINANZIARI E’ L’INFORMAZIONE. In una recente omologazione il piano di rientro presentato è stato ritenuto dal giudice sostenibile per il consumatore, sia con riferimento all’ammontare delle rate proposte per il rientro che con riferimento alla durata complessiva dei pagamenti. In ogni caso, ciò che si rileva è che, con riferimento alla procedura in esame, il tribunale ha ricordato che nessuna disposizione sancisce l’obbligatorietà del rispetto della par condicio creditorum, con la conseguenza che essa non deve ritenersi vincolante. Tradotto dal legalese: i debiti si riducono senza nemmeno conferire con i creditori e con percentuali a discrezione del Giudice. Tale decreto rileva, poi, anche per il fatto che con esso si è sottolineata la principale caratteristica che rende il piano del consumatore atipico rispetto alle altre procedure concorsuali: ai fini dell’omologa non è necessario il consenso dei creditori ma ciò che rileva è solo la valutazione del giudice circa la fattibilità della proposta e la meritevolezza della condotta del debitore. L’’istanza è presentabile anche senza l’utilizzo di avvocati e di conseguenza può avere un costo molto basso. D’altro canto, se avete difficoltà nel farlo da soli fatevi aiutare dall’associazione. ri e Consu azion ma oci to s s A REDDITO MINIMO GARANTITO: UN DIRITTO NEGATO. AVVOCATO IN FAMIGLIA Art.38 della Costituzione Italiana: “Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. Gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale. Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato. L’assistenza privata è libera.” Vi sembra che questo diritto sia applicato? In Paese soggiogato dalla dittatura finanziaria, la politica lascia i cittadini disoccupati al loro tragico destino dando ennesima dimostrazione di preferire il T.U.B. (Testo Unico Bancario) invece di applicare la nostra Costituzione che all’art.4 dice:” La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.” In diversi paesi europei esistono già da diversi anni (se non addirittura decenni!) varie forme di reddito di base che si accompagnano ad altri interventi di sostegno al reddito. In questo articolo mostreremo una carrellata di tutti queste realtà, a dimostrazione che il reddito minimo garantito è possibile e dà i suoi frutti. Già nel 1992 l’Unione Europea aveva invitato gli stati membri ad adeguarsi a chi aveva già introdotto il reddito di base tra le proprie politiche di welfare e la raccomandazione 92/411 di fatto impegnava gli stati ad adottare misure di garanzia di reddito. A questi inviti hanno aderito Portogallo e Spagna, che con Zapatero stava formulando una sua proprosta di reddito minimo, mentre restano totalmente inadempienti soltanto Grecia ed Italia! Ma vediamo nel dettaglio la situazione europea. Cominciamo dai Paesi Bassi: in Belgio viene elargito il Minimax, una rendita mensile di 650€, rilasciata a titolo individuale, a cui può avere accesso chiunque; In Lussemburgo abbiamo il Revenu Minimum Guaranti, un reddito individuale che si aggira intorno ai 1100€ e che si ottiene fino al raggiungimento di una migliore condizione economica (in altre parole, finchè non si trova un impiego stabile); in Olanda esiste il Beinstand, rilasciato a titolo individuale, che si accopagna a tutta una serie di sostegni per affitti, trasporti e accesso alla cultura. Esiste inoltre un’altra forma di reddito minimo di 500€, il Wik, garantito agli artisti per poter permettere loro di creare in libertà senza troppi oneri economici! In Austria c’è il Sozialhilfe (letteralmente “aiuto sociale”) affiancato a diverse coperture delle utenze quali elettricità, gas e affitto ed altri aiuti economici per il cibo. In Norvegia viene chiamato “reddito di esistenza” (che già nel nome si presenta significativo): si tratta di un versamento mensile di 500€, elargito individualmente, che si integra a coperture dell’affitto e dell’elettricità. Questi sono solo alcuni esempi, ma i più significativi devono ancora arrivare. In Germania esiste l’Arbeitslosengeld II, rilasciato a tutti coloro, di età compresa tra i 16 e i 65 anni, che non hanno un lavoro o appartengono a fasce di basso reddito. Si tratta di una rendita mensile di 345€, che di per sé non è elevata, ma si integra alle coperture dei costi di affitto e riscaldamento. Questa rendita inoltre è illimitata nel tempo e viene garantita non solo ai cittadini tedeschi, ma anche agli stranieri con regolare permesso di soggiorno! In Gran Bretagna, paese precursore per quel che riguarda il sostegno al reddito, sono garantiti diversi interventi che permettono ai meno abbienti di poter avere un tenore di vita discreto. L’Income Based Jobseeker’s Allowance è una rendita individuale illimitata nel tempo, che varia dai 300 ai 500€, rilasciata sempre a titolo individuale a partire dai 18 anni di età a tutti coloro i cui risparmi non raggiungono i 12775€. Viene inoltre garantita la copertura dell’affitto (Housing benefit) e vengono rilasciati assegni familiari per il mantenimento dei figli. Sempre per quanto riguarda i figli e la loro educazione c’è l’Education Maintenance Allowance, un sussidio rilasciato direttamente ai ragazzi per coprire le spese dei loro studi. Infine c’è l’Income Support, un sussidio di durata illimitata, garantito a chi ha un lavoro che ammonta a meno di 16 ore settimanali. Infine passiamo alla Francia. Il Revenu Minimum d’Insertion o Rmi è stato adottato dal 1988 (ma si pensi che non è tra i primi, Gran Bretgna e Germania ci avevano già pensato negli anni ‘70), si ottiene dai 25 anni in su e consiste in un’integrazione al redditto di circa 425€ se si è single, 638,10€ se si è in coppia (e si sottolinei coppia, intesa in maniera laica), 765,72€ se la coppia ha un figlio, 893,34€ se ne ha due, più 170€ per ogni altro figlio. Le coppie con almeno un figlio hanno diritto poi alle Allocations Familiales, valide fino al compimento del 21° anno di età del figlio. Per ogni nato, bimbo adottato o in affido c’è la Prestation d’Accueil du Jeune Enfant (Paje), che varia dai 138 ai 211€ mensili. Sempre per ciò che riguarda i figli, alle famiglie con bimbi o ragazzi in età scolare e che non superano una determinata fascia di reddito, viene assegnata l’Allocation de Reintrée Scolaire, un sussidio d circa 247€ destinato all’acquisto del materiale scolastico. Per poter beneficiare dei contributi sugli affitti basta poi dimostrare che l’appartamento in cui si vive sia proporzionato al numero degli abitanti! Si possono inoltre ottenere prestiti sociali per la ristrutturazione della propria abitazione anche se si è affittuari. Anche se in maniera condizionata praticamente l’Europa intera ha adottato il reddito minimo garantito all’interno del proprio sistema di welfare; c’è ancora bisogno di miglioramenti, se non di cambiamenti radicali in questi sistemi per il raggiungimento del basic income universale e incondizionato, versato a tutti i cittadini semplicemente perchè sono cittadini. L’italia è rappresentata per ora solo dal piccolo (ma già grande) esempio della regione Lazio che, sotto la spinta di lavoratori precari, disoccupati e studenti, ha previsto un sussidio di circa 600€ mensili per chi, tra i 30 e i 44 anni, ha un reddito annuo inferiore agli 8000€. Alla Luce di tutto ciò, e ci sarebbe tanto altro da scrivere per portare a conoscenza di voi altri quanto di diritto spetta alla persona umana, che non viene minimamente rispettato dalle pubbliche amministrazioni, come sancito dai trattati internazionali ed europei. Inoltre, in base ai trattati internazionali delle Nazioni Unite conosciuti come Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 10 Dicembre 1948 e come da legge n°881 del 25 ottobre 1977 ,giuridicamente riconosciute dall’ordinamento italiano alla quale la stessa costituzione da validità all’articolo 10 che sancisce: “L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute. La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali.” Vi è quindi, di conseguenza, anche una evidente violazione degli articoli della Convenzione dei Diritti Umani (da ora in poi CEDU) in particolare agli artt.2 (diritto alla vita), 3 (divieto di trattamenti inumani e degradanti), 6 (diritto ad un equo processo),8 (vita privata e familiare),14 (non discriminazione) e 1P1 (diritto di proprietà) sia come violazione singola e autonoma, sia in relazione tra loro. Il diritto ad una vita dignitosa è un diritto inviolabile riconosciuto da qualsiasi ordinamento democratico la cui violazione spesso si traduce in un trattamento degradante per l’individuo (con conseguente violazione degli artt. 2,3,6,8,14 CEDU). La violazione del dettame Costituzionale inoltre, è ancora più significativo se rapportato in relazione alla violazione dei diritti sanciti dalla Carta sociale europea (Torino 1961 e modificata nel 1996) ratificata dall’Italia con L. 9 febbraio 1999, n. 30. Realizzata in modo da supportare e affiancare la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, essa riconosce i diritti umani e le libertà dell’individuo, tutelando e garantendo i diritti positivi e le libertà che riguardano tutti gli individui nella loro esistenza quotidiana ed in particolare: il diritto di abitazione, salute, educazione, i diritti del lavoro, l’occupazione, il congedo parentale, la protezione sociale e legale, dalla povertà e l’esclusione sociale ecc… Non vi è giustificazione ragionevole e obiettiva per cui lo stato non debba e non possa garantire un sostentamento nel minimo vitale alle persone in difficoltà, né tantomeno vi è una spiegazione per il mancato rispetto della propria Carta Costituzionale su cui esso fonda innegabilmente le proprie radici. Manca quello strumento, come il reddito minimo garantito, che invece è previsto e regolato in altri grandi Paesi europei. E anche dopo la riforma del Jobs Act, la lacuna non è stata colmata. In un Paese dove solo chi conosce i propri diritti può farli valere , l’Associazione Avvocato in Famiglia ha deciso di aiutare tutti quei cittadini che si trovano in una situazione di inoccupazione involontaria o sono alla ricerca di prima occupazione e che quindi non dispongono di un reddito adeguato per condurre una vita dignitosa che è diritto imprescindibile di tutti gli esseri umani, un diritto scaturente dalla normativa Europea e Internazionale derivante dalla Convenzione Europea dei Diritti Umani e dalla Carta Sociale Europea. L’associazione presenterà, presso i tribunali competenti, istanza per l’ottenimento di un reddito minimo garantito e la causa sarà portata avanti in maniera totalmente gratuita per il cittadino associato potendo usufruire del gratuito patrocinio (per i redditi inferiori a 11.486 € annui) che dà il diritto ad avere un avvocato senza spese. Abbiamo dei DIRITTI ma per farli valere dobbiamo conoscerli, altrimenti questi non esistono! Se non li conoscete unitevi all’associazione avvocato in Famiglia e fateli valere . “Non dubitare mai che un piccolo gruppo di Cittadini coscienziosi ed impegnati possa cambiare il mondo. In verità è l’unica cosa che è sempre accaduta.” (Margaret Mead) 30/01/2016 Cristian Maggiolo ri e Consu azion ma oci to s s A USURA BANCARIA ALLA FATOTREK (GRUPPO BANCA BNL): 13 BANCARI AL PROCESSO AVVOCATO IN FAMIGLIA TRA CUI LUIGI ABETE . SALERNO - Tassi di interesse superiori alla soglia consentita per legge: a giudizio 13 funzionari della Banca Nazionale del Lavoro, tra cui i vertici romani dove spicca la figura del presidente Luigi Abete. A tutti la procura, pubblico ministero Francesco Rotondo, contesta l’usura bancaria con condotta perdurante fino all’attualità sui rapporti di mutuo e conto corrente. E’ quanto deciso dal giudice delle udienze preliminari presso il Tribunale di Salerno, Renata Sessa, che ha disposto il giudizio per Nicola d’Agostino; Marco Alessandrini; Sandro Rotelli; Eleonora Patrizia Mancino; Bartolomeo Orlando; Lucio Guerrera; Gennaro Alaria; Claudio Palazzesi; Riccardo Lupi; Paolo Alberto De Angelis; Alessandro Maida; Luigi Abete e Fabio Gallia. Dovranno presentarsi davanti ai giudici della Terza Sezione Penale del Tribunale di Salerno a partire dal prossimo 22 marzo. ri e Consu azion ma oci to s s A GLI OSTACOLI POSTI AL CREDITORE: QUALE DANNO PER L’ECONOMIA E LA GIUSTIZIA? AVVOCATO IN FAMIGLIA Pignoramento ed esecuzione forzata, assegni postdatati, ricerca dei beni del debitore, fallimento, fondo patrimoniale e vendite all’asta: tutti gli ostacoli per il creditore. Dopo aver visto le norme che aiutano il creditore a recuperare le somme a cui ha diritto , ci occuperemo ora del caso inverso, ossia di tutte le falle del nostro ordinamento che consentono, in un modo o nell’altro, ai debitori di farla franca. È un luogo comune che la legge aiuta sempre chi non vuole pagare e si sente sempre dire che è più facile, per un avvocato, difendere un debitore che un creditore. Ma è davvero così? In parte si; ma questo, spesso, è solo l’effetto di norme che, almeno sulla carta, sono giuste e condivisibili, ma che, nella pratica, diventano il vero cancro dell’economia e del sistema giudiziario; se si esclude, infatti, il (comunque rilevante) problema dei “tempi” necessari per l’emissione di un provvedimento da parte del tribunale, alla fine ciò che è più difficile non è tanto ottenere il riconoscimento di un proprio diritto, ma piuttosto raggiungere la sua concreta attuazione e, quindi, l’utilità materiale perseguita. Sicché il vero punto debole della catena sembrerebbe essere, in verità, proprio la fase successiva all’attività giurisdizionale: quella dell’esecuzione forzata, con tutto il suo apparato burocratico, il problema delle notifiche, i tempi per eseguire un ordine del giudice (si pensi allo sfratto) o per identificare i beni del debitore, tempi che spesso danno a quest’ultimo la possibilità di prendere, in tutta tranquillità, le contromisure e così dissuadere il creditore dal proseguire con le proprie azioni. Si pensi, poi, anche ai limiti posti dalla legge e dal rispetto della privacy per effettuare l’accesso nei luoghi non di pertinenza del debitore. Si comprende allora come la crisi economica che colpisce un soggetto, sia essa colpevole o incolpevole, finisca inevitabilmente per estendersi automaticamente ai suoi creditori come una macchia d’olio. Ed ecco perché le numerose riforme della giustizia hanno sempre tentato di mettere mano un po’ alla procedura, nel tentativo di tagliare i tempi morti del processo (una “giustizia giusta” è anche una giustizia “veloce”), un po’ alle tecniche di pignoramento e, segnatamente, alla fase della ricerca dei beni del debitore, per evitare il classico gioco della “moscacieca” da parte di ufficiale giudiziario e del creditore. Il punto di partenza di questa analisi potrebbe essere individuato in quell’antico brocardo latino che esprimeva nelle parole “nemo ad impossibilia tenuetur” il concetto secondo cui nessuno può essere costretto a fare qualcosa che, per lui, è impossibile: ivi compreso il pagare un creditore se non ha i soldi per farlo. Il vero problema, però, non è tanto giustificare la crisi incolpevole del debitore, quanto piuttosto la verifica di quei casi in cui l’assenza di risorse è un puro artificio, formalmente compiuto in rispetto della legge, al solo fine di far apparire ai terzi una situazione, in realtà, differente. Chi è stato licenziato da una società a responsabilità limitata, e non è riuscito poi a recuperare il proprio credito, ne sa qualcosa quando vede l’imprenditore riaprire sotto diverso nome e condurre una vita agiata. In questo articolo cercheremo, dunque, di individuare alcuni degli aspetti che, secondo noi, sono i punti più critici del recupero crediti e che possono trasformarsi in un sostegno immeritato a favore del debitore. CHI NON PAGA I DEBITI NON VA IN GALERA Inutile nascondersi dietro un dito: il vero problema dell’uomo, sin dalla sua nascita, è la libertà. Chi ne viene privato farebbe qualsiasi cosa pur di riconquistarla. Finanche andare incontro alla morte, come la storia ci ha insegnato. Viceversa, laddove non v’è pericolo di perdere questa libertà, qualsiasi conseguenza, anche la più dannosa, degrada in secondo piano. Ed è qui l’aspetto saliente del recupero crediti: il mancato adempimento di un contratto o di qualsiasi altra obbligazione resta e resterà sempre confinato nell’ambito civilistico e mai penale. Detto in termini semplici, chi non paga i creditori non va in galera. Esistono eccezioni a questa regola. È, per esempio, l’ipotesi in cui il debitore sia un imprenditore commerciale e nei suoi confronti sopraggiunga una sentenza di fallimento: qualora il tribunale accerti che l’insolvenza sia stata volontaria, potrebbe subentrare il reato di bancarotta fraudolenta. Una seconda eccezione interviene nel caso di chi emetta un assegno “a vuoto”, ossia senza la relativa copertura in banca, e ciò nonostante, mentendo al creditore, faccia invece intendere di avere la disponibilità economia per coprirlo. In tali casi, la giurisprudenza ha ritenuto che possano ricorrere gli estremi della truffa o della insolvenza fraudolenta. Salvo questi e rarissimi altri esempi, il codice civile si esprime in modo estremamente chiaro: chi contrae un debito ne risponde (solo) con il proprio patrimonio (presente e futuro) e giammai con la propria libertà personale. Ciò vale anche se l’obbligazione discende da un precedente reato (si pensi al caso di chi commette lesioni nei confronti di un altro soggetto e sia poi tenuto a risarcirgli il danno subìto), da un illecito amministrativo (per esempio, il mancato pagamento di una multa) o fiscale (l’omessa regolarizzazione di un’imposta o la morosità nei confronti di in una cartella esattoriale. Da qui la fin ovvia conseguenza che chi non ha nulla da perdere, ossia non ha un “patrimonio presente”, non può subire ulteriori conseguenze giuridiche nel caso di mancato pagamento dei debiti. Il cosiddetto nullatenente non ha “nulla” da temere proprio perché “nulla” ha. Ovviamente, ed almeno in linea teorica, il creditore potrebbe rimanere sempre “in agguato”, in attesa che il debitore esca dalla propria condizione di povertà. Infatti, basterebbe una lettera di intimazione al pagamento per interrompere, periodicamente, la prescrizione e farla ricominciare da capo. In questo modo, sarebbe possibile minacciare l’esercizio del proprio diritto di credito (con l’esecuzione forzata) vita natural durante ed anche dopo la morte, sugli eredi del debitore, sempre che questi accettino l’eredità o l’accettino con beneficio di inventario. NON ESISTE UN REGISTRO PUBBLICO DEI CATTIVI PAGATORI (a cui i privati possono accedere) Salvo nel caso in cui il debitore sia stato protestato, non vi è modo di sapere in anticipo se una persona abbia avuto, in passato, trascorsi di “cattivo pagatore” e, pertanto, verosimilmente, sia inaffidabile. Il certificato dei protesti – che chiunque può chiedere presso la Camera di commercio – resta comunque un valido sistema per capire chi si ha davanti. Ma non dimentichiamo che un protesto può essere sempre cancellato a determinate condizioni. Ci sarebbero poi, i registri delle Centrali Rischi private (la Crif è la più conosciuta) e quella pubblica della Banca d’Italia. Ma, oltre al fatto che l’accesso è garantito, quasi sempre, solo agli intermediari di credito, anche in tali casi, dopo il decorso di tempi prestabiliti, la cancellazione avviene in via automatica. Non va meglio a chi cerca informazioni in tribunali, spulciando nei registri delle cancellerie relative alla sezione dell’esecuzione forzata: a parte l’enormità dei dati da consultare (si dovrebbe fare, in teoria, una ricerca per ogni tribunale d’Italia e per ogni anno), il semplice rinvenimento di una causa non dice un granché della specifica vicenda, col rischio di ritenere “colpevole” chi, poi, di fatto non lo è. Detto in buona sostanza, non c’è modo di sapere, in modo veloce e automatizzato, se una persona in passato ha già lasciato a mani vuote altri creditori o meno. Il che si risolve in una forma di scetticismo reciproco che, quando non porta a una contrazione degli scambi (per il timore di rimanere fregati), comunque li limita fortemente, imponendo il rilascio di garanzie o di pagamenti anticipati. I BENI DI FAMIGLIA SI VINCOLANO NEL FONDO PATRIMONIALE Chi svolge attività economiche rischiose (si pensi a una ditta individuale, con confusione, quindi, del patrimonio imprenditoriale con quello personale) o, comunque, ha il “vizietto” di non pagare i propri debiti, ha sempre la possibilità di costituire un fondo patrimoniale, una sorta di campana di vetro entro cui conservare i propri beni immobili, mobili registrati (per esempio auto) e titoli di credito. Detti beni non saranno più pignorabili da alcun creditore (con eccezione solo di quelli le cui obbligazioni sono sorte per far fronte ad esigenze essenziali della famiglia). Con la conseguenza che, pur essendo in possesso di uno o più immobili, anche di rilevante valore, il debitore risulterà di fatto non aggredibile. In verità, uno strumento nato solo per assicurare la sopravvivenza della famiglia e la conservazione del tetto domestico è stato snaturato ed utilizzato per sottrarre le garanzie ai creditori. Simile nella finalità (ma non nella struttura) al fondo patrimoniale è anche il trust, che consiste in una sorta di intestazione dell’immobile a un soggetto terzo, col compito di amministrarlo fino a una determinata scadenza. Ovviamente, anche il fondo patrimoniale e il trust presentano lati deboli: la sua costituzione, infatti, deve essere avvenuta prima della nascita del debito. Diversamente, il creditore ha cinque anni di tempo per chiederne la revoca (con la cosiddetta azione revocatoria). Tuttavia, l’esercizio di un’azione revocatoria hai i suoi tempi e costi, finendo per risolversi, comunque, in un ulteriore ostacolo per il creditore. ANCHE SE PIGNORATA LA CASA NON GARANTISCE LA SODDISFAZIONE Spesso si crede che l’esistenza di un’ipoteca sulla casa o anche l’istanza di pignoramento sia la fine per il debitore. E invece non è sempre così. Al di là dei lunghi tempi delle procedure esecutive immobiliari e dei costi che essi comportano (divenendo antieconomiche in caso di crediti minimi), affinché il creditore possa soddisfarsi sul ricavato dell’asta è necessario che l’immobile venga venduto. Dunque, salva l’ipotesi di richiesta di assegnazione diretta, se nessun offerente si fa avanti, la procedura, dopo diversi tentativi, viene definitivamente chiusa. Questo è l’effetto di una riforma entrata in vigore quest’anno che obbliga il giudice ad estinguere il procedimento esecutivo tutte le volte in cui “non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura, delle probabilità di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo, è disposta la chiusura anticipata del processo esecutivo”. DIFFICILE FALLIRE Quando si è un imprenditore, il più grave rischio che si possa correre è quello di una istanza di fallimento depositata dai propri creditori. Anche in questo caso, però, non è così facile affondare. Anzi: recenti riforme hanno ridotto notevolmente la platea delle aziende fallibili, innalzando le cosiddette soglie di fallibilità. In pratica, la legge ha fissato dei requisiti in presenza dei quali l’istanza di fallimento può essere accettata. Risultato: se il datore di lavoro non paga i propri dipendenti, i conti dell’azienda sono in rosso, non vi sono altri beni pignorabili e, nello stesso tempo, l’impresa è “sotto la soglia” di fallibilità, non vi saranno altri facili modi per recuperare i crediti dei dipendenti. Affinché l’azienda possa fallire è necessario che siano presenti tutte le seguenti condizioni: 1. l’impresa deve aver avuto, nei tre esercizi precedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento (o dall’inizio dell’attività se inferiore), un attivo patrimoniale complessivo annuo non superiore a 300.000 euro; 2. l’impresa deve aver realizzato, nei tre esercizi precedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento (o dall’inizio dell’attività se inferiore), ricavi lordi complessivi annui non superiori a 200.000 euro; 3. l’impresa deve avere un ammontare di debiti, anche non scaduti, non superiore a euro 500.000. 4. infine, è necessario che a chiedere il fallimento siano uno o più creditori i cui crediti (singolarmente o sommati tra loro) superino 30.000 euro. Per esempio, se a chiedere il fallimento sono venti creditori che avanzano 1.000 euro a testa, il fallimento non verrà mai concesso (si arriva, infatti, solo a 20.000 euro). Si comprende bene come un’azienda di grandi dimensioni che, in presenza di una grave difficoltà economica, diminuisca notevolmente la propria attività (sino a portarla quasi a “zero”), trasferendo magari i propri beni ad altre attività, e riesca per tre anni di seguito a tenere “a bada” i propri creditori, nel caso di un’istanza di fallimento riuscirà facilmente a rientrare nei primi tre parametri dimensionali. Non in ultimo, chi fallisce può sempre ricominciare. È un principio giusto, ma che a volte viene utilizzato dagli imprenditori per resettare i propri debiti e ricominciare da capo. L’assenza di conseguenze particolarmente pregiudizievoli, nel caso di società di capitali (per esempio, la S.r.l.) fa sì che la carta del fallimento venga affrontata oggi con leggerezza e una certa spregiudicatezza. IL CONTO CORRENTE PUÒ SEMPRE ESSERE LASCIATO A SECCO Un conto corrente vuoto ha poco da essere pignorato. Ecco perché chi ha grossi debiti non lascia mai forti consistenze in banca. Nessuno, peraltro, glielo impone. Stesso risultato può ottenere chi abbia una apertura di credito e lasci il conto corrente “in rosso” ma pur sempre nei limiti del fido: anche in questo caso, gli eventuali versamenti, volti a ripristinare l’apertura di credito, non sono pignorabili. LA PENSIONE SOTTO IL MINIMO VITALE È INTOCCABILE Se la pensione è inferiore a 525,89 euro non può essere toccata: è questa la soglia che, in difetto di previsione legislativa, la giurisprudenza ha individuato come quel minimo vitale impignorabile per garantire la sopravvivenza (a riguardo, “Pensione: pignorabile solo 1/5 dell’importo che supera 525,89 euro”). Se da un lato, infatti, esiste una norma costituzionale che sancisce il diritto dei pensionati di godere di mezzi adeguati alle loro esigenze tale norma – ha precisato la stessa Corte Costituzionale – non è tale da comportare quale inevitabile conseguenza l’impignorabilità assoluta della pensione, ma soltanto quella di quella parte di essa che vale, appunto, ad assicurare al pensionato quei mezzi adeguati alle esigenze di vita che la Costituzione impone gli siano garantiti, ispirandosi a un criterio di solidarietà sociale; l’individuazione in concreto dell’ammontare della parte di pensione idonea ad assicurare mezzi adeguati alle esigenze di vita del pensionato, rientra nel potere discrezionale del legislatore. Da ciò deriva che deve considerarsi assolutamente impignorabile la sola parte della pensione (o indennità o altri assegni di quiescenza), necessaria per assicurare al pensionato mezzi adeguati alle esigenze di vita. Perdurando il vuoto legislativo in ordine alla misura della pensione (o indennità equivalente), necessaria ad assicurare i predetti mezzi al pensionato, essa viene generalmente demandata alla valutazione di fatto del giudice di merito (che di norma la riconosce in misura corrispondente alla pensione sociale minima) ed è ritenuta assolutamente impignorabile, mentre la residua parte è impignorabile nei limiti del quinto. ri e Consu azion ma oci to s s A LA LISTA DEI REATI CHE SONO STATI DEPENALIZZATI AVVOCATO IN FAMIGLIA Ecco la lista semplificata di tutti i reati NON PIU’ PENALI . (di cui ai decreti n. 7 e n. 8/2016) che cancella con un colpo di spugna una lunga serie di reati, con il fine di alleggerire il carico dei procedimenti nei Tribunali e nelle procure. Sono ben 41 i reati non più penali ma , ricordiamoci sempre, PUNITI ORA CON SANZIONI AMMINISTRATIVE !!! Quindi, non avranno più rilevanza penale e che spariscono dal codice penale e dalle leggi speciali (salva la presenza di aggravanti che assurgono a figure di reati autonomi), per trasformarsi in illeciti civili e amministrativi puniti con sanzioni pecuniarie, con l’obiettivo di ottenere un effetto deterrente più elevato. Reati contro la persona: - Ingiuria (art. 594) Reati contro la fede pubblica: - Falsità in scrittura privata (art. 485) - Falsità in foglio firmato in bianco. Atto privato (art. 486) - Falsità su un foglio firmato in bianco diverse da quelle previste dall’articolo 486. Atto privato (art. 488) - Uso di atto falso. Atto privato (art. 489, 2° comma) - Soppressione, distruzione e occultamento di scritture private vere (art. 490) Reati contro la moralità e il buon costume: - Atti osceni (art. 527, 1° comma) - Pubblicazioni e spettacoli osceni (art. 528, 1° e 2° comma) Reati contro il patrimonio: - Sottrazione di cose comuni (art. 627) - Danneggiamento semplice (art. 635, 1° comma) - Appropriazione di cose smarrite, del tesoro o di cose avute per errore o caso fortuito (art. 647) Contravvenzioni: - Rifiuto di prestare la propria opera in occasione di un tumulto (art. 652, 1° e 2° comma) - Abuso della credulità popolare (art. 661) - Rappresentazioni teatrali o cinematografiche abusive (art. 668, 1°, 2° e 3° comma) - Atti contrari alla pubblica decenza. Turpiloquio (art. 726) Sostanze stupefacenti: Mancato rispetto dell’autorizzazione alla coltivazione di stupefacenti per uso terapeutico (art. 28, 2° comma, d.p.r. n. 309/1990) Codice della Strada: Guida senza patente (art. 116, 15° comma, d.lgs. n. 285/1992) Previdenza: Omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali (art. 2 d.l. n. 463/1983) Riciclaggio: - Omessa identificazione (art. 55, 1° comma, d. lgs. n. 231/2007) - Omessa registrazione (art. 55, 4° comma, d. lgs. n. 231/2007) Fallimento: Omessa trasmissione dell’elenco dei protesti cambiari da parte del p.u. (art. 235 R.d. n. 267/1942) Società: Impedito controllo ai revisori (art. 29 d. lgs. n. 39/2010) Assegni bancari: Emissione di assegno da parte dell’istituto non autorizzato o con autorizzazione revocata (art. 117 r.d. n. 1736/1933) Aborto: Interruzione volontaria della propria gravidanza senza l’osservanza delle modalità indicate dalla legge (art. 19, 2° comma, l. n. 194/1978) Diritto d’autore: - Abusiva concessione in noleggio (art. 171-quater l. n. 633/1941) Pubblica sicurezza: Violazione delle norme per l’impianto e l’uso di apparecchi radioelettrici privati (art. 11 R.d. n. 234/1931) Contrabbando: - Contrabbando nel movimento delle merci attraverso i confini di terra e gli spazi doganali (art. 282 d.p.r. n. 43/1973) - Contrabbando nel movimento delle merci nei laghi di confine (art. 283 d.p.r. n. 43/1973) - Contrabbando nel movimento marittimo delle merci (art. 284 d.p.r. n. 43/1973) - Contrabbando nel movimento delle merci per via aerea (art. 285 d.p.r. n. 43/1973) - Contrabbando nelle zone extradoganali (art. 286 d.p.r. n. 43/1973) - Contrabbando per indebito uso di merci importate con agevolazioni doganali (art. 287 d.p.r. n. 43/1973) - Contrabbando nei depositi doganali (art. 288 d.p.r. n. 43/1973) - Contrabbando nel cabotaggio e nella circolazione (art. 289 d.p.r. n. 43/1973) - Contrabbando nell’esportazione di merci ammesse a restituzione di diritti (art. 290 d.p.r. n. 43/1973) - Contrabbando nell’importazione od esportazione temporanea (art. 291 d.p.r. n. 43/1973) - Altri casi di contrabbando (art. 292 d.p.r. n. 43/1973) - Pena per il contrabbando in caso di mancato o incompleto accertamento dell’oggetto del reato (art. 294 d.p.r. n. 43/1973) Guerra: Omissione di denuncia di beni (art. 3 d.lgs. luogotenenziale n. 506/1945) Macchine utensili: Alterazione del contrassegno di macchine (art. 15 l. n. 1329/1965) Commercio: Installazione o esercizio di impianti in mancanza di concessione (art. 16 d.l. n. 745/1970) Eccoci l’elenco, cosa cambi per Noi Cittadino non lo so ma di sicuro i Tribunali rimarranno costosi lenti ed……… imprevedibili. Ma non si parlava di RESPONSABILITA’ DEI GIUDICI? ri e Consu azion ma oci to s s A CONTRO L’USURA E L’ARROGANZA BANCARIA POSSIAMO VINCERE BY CRISTIAN MAGGIOLO Le banche sono giganti con i piedi di argilla. AVVOCATO IN FAMIGLIA Usura, anatocismo, commissioni troppo elevate, variazioni unilaterali delle condizioni contrattuali. Eccoli i principali peccati delle banche! In questo articolo voglio segnalare le storie di due imprenditori che decisi a non farsi annientare dai banksters, hanno alzato la testa, hanno combattuto ed hanno vinto . Riporto qui sotto l’atto che ha fatto tirare un sospiro di sollievo ad un famoso ristoratore del pescarese, ex cliente di Carichieti ,una delle banche fallite e salvate dal bail-in. «Parere del Pubblico Ministero. Letta la nota trasmessa dal Prefetto di Chieti relativa alla richiesta di... residente in ...; rilevato che il procedimento era stato inizialmente iscritto solo per il delitto di falso in bilancio ascritto alla Cassa di Risparmio di Chieti; che in data 2.7.2015 era stata richiesta l’archiviazione del procedimento; che, in seguito all’oppostone della persona offesa, sì è revocata la richiesta di archiviazione e che - in data - 24.10.2015, con la restituzione degli atti da parte del Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale si è proceduto all’iscrizione per il delitto di usura ai sensi dell’articolo 644, comma 1 e comma 4, n. 1) e n. 4) codice penale e per il delitto di estorsione ai sensi dell’articolo 629 c.p., osservato che dall’esposizione complessiva dei fatti da parte del denunciante e della documentazione allegata in atti, è possibile ravvisare in astratto una condotta anomala dell’istituto di credito soprattutto in relazione al mutuo di scopo (mutuo fondiario) erogato a... per ripianare l’esposizione bancaria delle società amministrate dalla persona offesa, conseguendo anche la garanzia ipotecaria; esprime parere favorevole per la concessione del mutuo per le vittime dell’usura; sospende il procedimento esecutivo immobiliare pendente dinanzi il Tribunale di Pescara, manda alla segreteria per la comunicazione al prefetto di Chieti». L’imprenditore è stato costretto dagli ex vertici della Cassa di Risparmio teatina, a contrarre un mutuo ,definito strumentale (per non chiamarlo “tombale“) di 550mila euro, per ripianare esposizioni bancarie pregresse, e a ipotecare un prestigioso immobile stimato un milione e centomila euro. Ma il ristoratore ,una volta fatto controllare conti correnti e mutui, è passato al contrattacco riuscendo a farsi riconoscere di fatto lo status di vittima dell’usura (legge 44 del 1999). La procura infatti gli ha dato parere favorevole all’accesso ai fondi per le vittime dell’usura, ed ha sospeso sia la vendita all’asta dell’immobile messo in garanzia sia i pagamenti delle rate di quel mutuo da mezzo milione di euro che ha steso al tappeto il famoso imprenditore. La seconda storia arriva dal Veneto e riguarda una società cooperativa andata in crisi e costretta a dimezzare la forza lavoro per pagare gli interessi oltre soglia chiesti dal Monte dei Paschi di Siena, condannato dal Tribunale civile di Padova non solo ad azzerare il debito, ma anche a risarcire l’azienda. Già proprio MPS, la banca in questi giorni protagonista in negativo in Borsa insieme a tutto il comparto bancario. Il tribunale di Padova ha imposto all’istituto senese di restituire 160mila euro a Gianfranco Simonato, presidente della Cooperativa Edile di Lavoro di Conselve. Antonveneta, acquisita da Monte dei Paschi nel 2008, gli aveva imposto il rientro da 140mila euro di scoperto. La banca che si riteneva “creditrice“ chiedeva costantemente il rientro delle somme minacciando la segna- lazione in centrale rischi; segnalazione che avrebbe comportato la chiusura dei suoi conti e la “morte“ della sua impresa. Dopo aver fatto controllare i conti si è scoperto invece che la banca era debitrice di ben 160mila euro!! L‘ ABI (associazione bancaria italiana) dice di avere200 miliardi di sofferenze bancarie. E SE INVECE FOSSERO 400 MILIARDI A NOSTRO FAVORE ?! Tutte queste sentenze a favore dei cittadini che hanno deciso di ribellarsi alla prepotenza e arroganza delle banche sembrano dimostrarlo. Da alcuni studi risulta che nella stragrande maggioranza di finanziamenti e conti correnti risultano evidenti anatocismo, interessi usurari, commissioni e spese non correttamente pattuite. NON SONO DEBITI MA CREDITI ! FORSE IL VERO MALE SI NASCONDE DENTRO LE BANCHE ? Sempre più persone si stanno svegliando. La lotta contro l’arroganza bancaria va avanti grazie a coloro che smettono di subire ! Una cosa ignobile che ultimamente fanno gli istituti è di sottoporre ai clienti dei documenti, dicendo che sono per la privacy. Invece sono documenti per il riconoscimento del debito, che una volta firmati consentono alla banca di evitare futuri contenziosi. State in guardia QUANDO ENTRATE IN BANCA , forse i ladri non sempre sono fuori ad attendervi ma dentro ! E fate controllare i vostri finanziamenti e conti correnti, potreste scoprire di NON AVERE UN DEBITO! 08/02/2016 Cristian Maggiolo ri e Consu azion ma oci to s s A STORIA DI ANTONIO AVVOCATO IN FAMIGLIA Antonio ha circa 35 anni, è forte, sano e con voglia di lavorare. Infatti ha un lavoro che svolge soprattutto per preservare la sua dignità di uomo e mantenere la sua famiglia composta di una moglie e di un figlio di 8 anni. Per un decennio è riuscito, con lo stipendio, a mantenere anche un mutuo. Poi non ce l’ha fatta più. Cosa è successo? Cosa ha ridotto, un uomo così equilibrato e dagli obiettivi tanto chiari, sull’orlo della disperazione? Cosa lo ha spinto - fortunatamente - a rivolgersi a noi? La sua vicenda è semplice. Spesso il male lo è. Essendosi innamorato e avendo un lavoro, Antonio si sposa e cerca casa. Avendo trovato la casa adatta, decide di acquistarla chiedendo un mutuo alla banca. Il mutuo in breve tempo gli viene concesso. Il giorno in cui si reca ad apporre la firma al contratto è una giornata importante e merita di essere condivisa tra tutti. Così, la famiglia riunita e allargata (moglie e rispettivi genitori), si recano alla banca per concludere l’accordo. I bancari che li ricevono non sembrano tesi. La prospettiva di sconvolgere di lì a poco la vita di una brava persona e della sua famiglia non sembra avere generato la benchè minima agitazione in questi personaggi in cravatta. Evidentemente ci hanno fatto il callo. Il mutuo originariamente discusso e pattuito era ben calibrato. La rata che ne risultava era vivibile e proporzionata al reddito del debitore. Ma, arrivato il momento di firmare, qualcosa è cambiato. “Something has changed”: il titolo di un film americano di quelli leggeri, vero? Sbagliato. Vita vera, invece. Accade dunque che i bancari incaricati rivelano alla famiglia riunita che quella originaria proposta non può essere confermata in quanto hanno verificato nel frattempo che Antonio non è in possesso dei requisiti richiesti. Che si fa? Si va tutti a casa e buonanotte? Certo che no. La banca riformula sedutastante la proposta così modificata: un nuovo mutuo per l’acquisto della casa, di entità ridotta rispetto al precedente e, in aggiunta, un prestito che va a “colmare” il delta mancante. Antonio non sa, non capisce, non è la sua materia. Le famiglie sono preoccupate, disorientate. La moglie ha paura. “Cosa succede Antonio?? Cosa vuol dire?? Cosa facciamo?? ...e la nostra casa...??”. Antonio firma e - da lì in poi - è come se si fosse imbarcato per un viaggio senza ritorno e, assai peggio, senza meta pervenuta. La rata, a seguito dell’integrzione di mutuo + prestito, è lievitata e arrivare a pagarla ogni mese non è affatto scontato. La questione si complica - per modo di dire ovviamente - con la nascita di un figlio. Antonio non vuole mancare di onorare il debito, questo lo dannegerebbe nella digità e, a volte, la dignità è il bene ultimo da preservare. Si reca allora alla banca per chiarire la sua situazione di difficoltà e cercare una soluzione. I bancari, ahimè, hanno ancora fame e la situazione (stupidamente) li alletta. Ci sarebbe da capire come mai un bancario pensi di poter cavare sugo da una rapa anche quando della rapa è rimasta solo la buccia. Forse perchè il sugo viene da una rapa inesistente nell’orto del contadino, ma già perfettamente contabilizzata nelle casse del fruttivendolo (.....) In ogni caso i bancari propongono una bella soluzione: un secondo mutuo finalizzato a generare liquidità al cliente (Antonio). Così Antonio riesce a pagare le rate del primo mutuo e ad estinguere il prestito cotratto alla stipula dello stesso. Purtroppo per lui il primo mutuo è ancora da nutrire per lungo tempo. A quello si aggiunge il secondo mutuo carico a sua volta di interessi. Il debito mensile non è più sostenibile. Antonio pensa di mollare retituendo la casa alla banca. Sarebbe bello se fosse praticabile. C’è da farci ella giurisprudenza coraggiosa. In ogni caso la banca non accetta. Avevate dei dubbi? In conclusiione, Antonio smette di pagare. Non può fare altrimenti. Ecco. Il sipario è sceso e tutto, apparentemente, tace. In realtà c’è gente che dentro gli uffici e dietro gli sportelli affila gli artigli. A casa di Antonio è sera. La famiglia si appresta a cenare con poco, ma tutti insieme. La casa è appena tiepida, ma accogliente. Siamo in inverno. Il telefono squilla. E’ l’istituto delle vendite giudiziarie che intima ad Antonio di lasciare l’abitazione in quanto pignorata e presto sarà messa all’asta. Antonio non capisce bene cosa significhi quella telfonata. Gli suona come una minaccia. Eppoi è stanco perchè nel frattempo la fabbrica dove lavorava ha chiuso e lui si arrangia facendo tutti i lavoretti che gli propongono spesso molto pesanti. Non ha tempo, nè voglia,nè forze per capire, informarsi, valutare. In aggiunta ha paura. Non vuole che la sua famiglia finisca sulla strada. Ancora non sa della presenza di associazioni come la nostra e niente sa dei suoi diritti intoccabili. Ecco perchè Antonio, moglie e figlio abbandonano la loro abitazione dopo avere raccolto in fretta e furia le cose essenziali in qualche borsa e in una valigia. Vanno via di prima mattina. All’alba. Antonio crede che così nessuno li vedrà “scappare”. Sente di meritarsi almeno quello: il riserbo e il silenzio. Si trasferisce a casa dei suoi genitori. Vivono stretti, ma vivono senza debiti e Antonio si rilassa. Sentendosi più tranquillo, trova un nuovo lavoro - per ora - fisso. Dopo pochi mesi dall’assunzione, viene informato dall’amministrazione aziendale che un quinto del suo stipendio è pignorato dalla banca (quella che a suo tempo trovò per lui fantastiche soluzioni di credito). Perchè - si domanda - dovrei accettare un debito per un prestito che non ho richiesto? Chiede consiglio ai colleghi e cerca in internet un’associazione che lo possa aiutare. Ed eccoci alla sera in cui ci ha conosciuti. Punto di partenza, di inizio, di assistenza nella vita di Antonio. Fine del senso di isolamento, avvio di un nuovo percorso costruttivo. La casa di Antonio è stata pignorata e messa all’asta un paio di anni fa. Ancora non è stata venduta benchè il suo prezzo sia di molto ridotto rispetto al valore originario e di mecato. Nel frattempo cerchiamo per e con Antonio una soluzione che possa ridurre o comunque ridimensionare il suo debito e dunque il pignoramento dello stipendio; senza annichilire del tutto l’istituto di credito. Non è l’annichilimento che cerchiamo, ma la volontà di trovare una via di collaborazione. Per comprendere che valore potrebbe avere una mediazione - gestita da un’associazione consumatori come la nostra o da un legale di propria scelta - basti pensare a quanto la banca ci guadagnerebbe semplicemente pattuendo di ridare ad Antonio la casa ad un mutuo commisurato al suo stipendio invece di impedirgli di avere una vita. La banca si vedrebbe garantita la restituzione del prestito fatto e Antonio e la sua famiglia ricomincerebbero a contribuire attivamente al tessuto economico e sociale di cui tutti facciamo parte. Non sempre ci è possibile intervenire. Capita che non ci sia spazio per una trattativa, uno scambio o un accordo. Ma - insieme - vale la pena provarci. Questa è una storia di pura invenzione tratta dalla vita vera di un nostro associato. Nomi, luoghi e dettagli sono inventati. La condividiamo perchè sia di sprone, a chi si trovi nella sua condizione, per rivolgersi ad una struttura di sostegno - associazione o altro - e a non lasciarsi andare a fondo. Alla prossima. ri OSSESSIONATI DAI CALL CENTER? ECCO ALCUNI RIMEDI e Consu azion ma oci to s s A AVVOCATO IN FAMIGLIA DIRITTI : ISTRUZIONI D’USO Come rimuovere il proprio nominativo dalla banca dati ed interrompere parte delle telefonate fastidiose. Sistema pratico per ridurre del 50 % le telefonate di vendita A quanti di noi è capitato che, dopo una lunga giornata di lavoro, oppure appena seduti al tavolo , stanchi , sentiamo il telefono di casa squillare? Immagino a molti. Chissà, magari è qualcosa di importante! E invece no, messa la cornetta vicino all’orecchio la prima cosa che sentiamo sono dei rumori di ufficio di sottofondo che ci fanno subito capire quale sarà il tenore della telefonata. Appena rispondiamo con il faditico “ PRONTO ?” inizia un flusso di parole difficile da capire ma, soprattutto, da interrompere. Chi con gentilezza, chi con modi un po’ più energici , si cerca sempre di dire che non si è interessati a nessuna promozione/vendita / offerta della vita !! Una volta messa giù la cornetta, il pensiero di molti di noi è se esistono degli strumenti per tutelarci da queste chiamate aggressive, così da non riceverle più. Ebbene, esistono! Vediamo insieme quali sono… MALEDETTO TELEMARKETING? Prima di maledirlo e difenderci impariamo a conoscerlo È questo il nome dell’attività sopra descritta, svolta attraverso un call center mediante due modalità: • telemarketing outbound • telemarketing inbound. Nel primo caso, è l’operatore che chiama il cliente; nella seconda ipotesi l’operatore, in particolare, ha una lista di numeri telefonici che contatta quotidianamente e, una volta che il cliente risponde alla chiamata, deve seguire un copione ossia, dopo una breve presentazione dell’azienda e dell’offerta commerciale, deve porre al cliente stesso una serie di domande e motivarlo ad accettare la proposta. MA COME OTTENGONO IL NOSTRO NUMERO TELEFONICO? Esistono società il cui compito è proprio quello di raccogliere i nostri dati personali e venderli, per una somma che va dai 3 agli 8 centesimi, all’impresa che deve avviare la campagna pubblicitaria che, a sua volta, li gira all’azienda di telemarketing. La fonte di questi dati è, in primo luogo, l’elenco telefonico pubblico; ma vi sono alcune società che si procurano i numeri telefonici scaricandoli da internet; altri ancora, utilizzano i contatti di coloro che hanno espresso il consenso a ricevere queste telefonate (ad esempio, attivando una carta fedeltà, rispondendo ad un questionario e così via). Negli anni, però, il Garante della privacy e il nostro Legislatore hanno dato vita a una disciplina molto articolata di questi nostri dati personali, per tutelarci da telefonate che ben possono diventare moleste. MA IL CODICE DELLA PRIVACY CI AIUTA ? Il testo al quale dobbiamo far riferimento è, innanzitutto, il Decreto Legge 196 del 2003 più comunemente noto con il nome Codice in materia di protezione dei dati personali. L’art. 1 sancisce che “Chiunque ha diritto alla protezione dei dati personali che lo riguardano”; per dato personale si intende “qualunque informazione relativa a persona fisica, identificata o identificabile, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale” (art 4). In tale definizione è possibile far rientrare il nostro numero telefonico. Continuando nella lettura del codice, vi sono una serie di disposizioni che regolano il trattamento dei dati personali che deve avvenire in modo lecito e corretto, potendosi raccogliere tali informazioni solo per un preciso scopo. Il titolare, inoltre, conserva il diritto di chiedere e ottenere la conferma dell’esistenza di dati che lo riguardano e la relativa cancellazione, laddove gli stessi siano trattati in violazione di legge. L’art 23, in particolare, afferma che un soggetto pubblico o privato possa usufruire di dati personali altrui solo se il soggetto interessato presti il proprio consenso a quel trattamento. Solo se il consenso sarà libero e riferito a una specifica attività e solo se il titolare sarà preventivamente informato delle finalità, modalità e conseguenze del trattamento, l’ente potrà adoperare i dati personali. Un apposito Titolo del Codice è, inoltre, dedicato al trattamento dei dati personali per la fornitura di servizi di comunicazione elettronica ove, innanzitutto, si ribadisce che i dati degli utenti devono essere cancellati quando non sia più necessaria la loro conservazione, ad eccezione dell’ipotesi in cui vi sia il documentato consenso del titolare al trattamento degli stessi per fini commerciali (art 123 e 130). IL GARANTE CI PROTEGGE Un organo collegiale molto importante in materia di tutela della privacy è il Garante per la protezione dei dati personali. Istituito attraverso l’art 153 del Codice della privacy, esso si compone di 4 membri, eletti dal Parlamento, che operano in piena autonomia e indipendenza. Tra i molteplici compiti affidati al Garante per la tutela dei dati personali, vi è quello di emanare provvedimenti che prescrivono misure necessarie per il rispetto della privacy e quello di esaminare i reclami e le segnalazioni ricevute in ipotesi di trattamento dei dati in violazione di legge. In attuazione di ciò e dell’art 129 del Codice in materia di inserimento e utilizzazione dei dati personali negli elenchi cartacei o elettronici pubblici, il Garante nel 2011 ha, ad esempio, emanato due provvedimenti: il primo dedicato a quelle attività di telemarketing che avvengono mediante contatto con operatore telefonico; il secondo a quelle che si avvalgono di appositi agenti. ESISTE ANCHE IL REGISTRO DELLE OPPOSIZIONI Prima istruzione d’uso: esprimete la volontà di NON ESSERE DISTURBATO ! Esiste un Registro, ne troviamo menzione tanto nel Codice privacy (art 130), quanto nel D.P.R. 178 del 2010 che formalmente lo ha istituito. La funzione del registro consiste nel concretizzare la volontà del Legislatore di bilanciare, da un lato, l’interesse dei cittadini a non ricevere chiamate a cui non si è interessati e, dall’altro, le esigenze di trasparenza e organizzazione delle imprese di telemarketing. Questo Registro è rivolto tanto al singolo titolare dell’utenza telefonica, quanto all’operatore. RICORDATE CHE IL NON COMUNICARE NULLA EQUIVALE AD UN ASSENSO A RICEVERE TELEFONATE !!! INCREDIBILE VERO ? MA NON POSSIAMO CAMBIARE NULLA SE NON COMBATTERE UN SISTEMA CON IL SAPERE ! L’operatore ( colui che vi vuole telefonare ) , dal canto suo, deve necessariamente registrarsi perché, prima dell’avvio dell’attività, dovrà comunicare la lista dei numeri che intende contattare. Se ciò dovesse mancare, l’impresa potrà essere soggetta alle sanzioni previste dal Codice della privacy emanate dal Garante. Come ci si iscrive al Registro? È molto semplice! Vi sono diverse modalità che troverete ben indicate all’indirizzo web www.registrodelleopposizioni.it. SI POSSONO INOLTRARE SEGNALAZIONI Laddove nonostante la vostra iscrizione al Registro delle opposizioni o l’aver riservato la vostra utenza riceviate ancora telefonate commerciali, potreste inviare una segnalazione al Garante della privacy o all’Autorità giudiziaria. (www.garanteprivacy.it) STRUMENTI CHE NON BASTANO ? Nonostante tutti questi strumenti di tutela capita, purtroppo frequentemente, di ricevere telefonate indesiderate. L’Associazione Nazionale dei Contact Center in Outsourcing (Assocontact), ben a conoscenza del fenomeno del telemarketing selvaggio, ha emanato un comunicato stampa il 28 gennaio 2016. Si è portati a conoscenza i consumatori dell’entrata in vigore del “Codice di etica professionale per l’autodisciplina nelle attività di call center”, volto a garantire che l’attività dei call center facenti parte di tale organizzazione non leda i nostri diritti. Trattasi di un codice etico che, pertanto, impone alle aziende determinati comportamenti ritenuti idonei a riportare nell’area della correttezza e della liceità l’attività commerciale della vendita diretta. ri e Consu azion ma oci to s s A OBBLIGATE EQUITALIA A PROVARE L’ESISTENZA DEL DEBITO AVVOCATO IN FAMIGLIA Non date mai nulla per scontato. e non fatevi prendere dallo sconforto. La possibilità di contestare le cartelle equitalia esiste semplicemente perché: equitalia e’ un banale agente concessionario della riscossione. Equitalia si avvale di dipendenti / agenti a stipendio e provvigioni. Equitalia non e’ ufficiale della riscossione. non sottovalutate tale affermazione, non di poco conto, così come voluta e prevista dal nostro ordinamento . Questo significa che equitalia ha delle regole ben precise imposte a cui attenersi sempre., ma che noi abbiamo il dovere di verificare. Ecco perche’ essa e’ preoposta per la riscossione ma non esercita nessuna potesta’ impositiva. Pertanto basta solo ricordaglielo, senza arroganza ma tanta determinazione. RISULTA QUINDI POSSIBILE OPPORRE in autotutela (il modulo lo potete richiedere all’indirizzo a.fisco@ avvocatoinfamiglia.com) ad equitalia invertendo l’onere della prova. Non sarete più Voi a dover provare quanto preteso ma bensì il contrario. Riusciranno a provare il loro credito...? OBBLIGO DI EQUITALIA: a seguito di una istanza , anche in autotutela, ha l’obbligo di fornire le prove per l’esistenza del fatto contestato nei confronti del Cittadino opponente, fornendo le prove d quanto attesta e vanta. Non sarete Voi a dover provare quanto preteso, bensì l’esatto contrario. Equitalia infatti, a seguito di una Istanza, ha l’obbligo di fornire le prove per l’esistenza del fatto contestato nei confronti del Cittadino opponente, fornendo le prove di quanto attesta e vanta con la notifica delle Cartelle fatte pervenire. E chissà che le cartelle non siano inesistenti, nulle, notificate in maniera errata,………. Etc. PURTROPPO, ANCORA OGGI, BUONA PARTE DEI NOSTRI DIRITTI ESISTONO SOLO SE E QUANDO LI FACCIAMO VALERE.