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Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Numero 44 24 Giugno 2014 117 Pagine Periodico elettronico di informazione motociclistica Maserati Quattroporte diesel Jaguar F-Type Coupé Attualità Silenziosa, veloce e poco assetata sa essere anche sportiva una pura auto sportiva, progettata per regalare grandi emozioni Volkswagen e Toyota si dichiarano pronte, ma è questo il futuro? Ce lo dice il Politecnico di Milano L’ultimo tabù Pure British Sport Car Ricarica Wireless per le auto | PROVA SU STRADA | Nuova Kia Sportage da Pag. 2 a Pag. 17 All’Interno NEWS: Mercedes-Benz CLS restyling | Bentley Continental GT3-R | Nissan Navara | Mini Cooper SD e One First Lotus Exige LF1 | Tecnica: M. Calrke I motori auto raffreddati ad aria | F1: Le pagelle del Red Bull Ring PROVA SU STRADA Nuova Kia Sportage Al top nel GPL La collaborazione con BRC ha permesso a Kia di lanciare sul mercato una Sportage dotata dell’impianto a doppia alimentazione più sofisticato oggi presente sul mercato. Fluido e regolare anche se poco vivace ai bassi regimi, viene proposto a 22.750 euro di Emiliano Perucca Orfei 2 3 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Media T anto quanto la cugina ix35 per Hyundai, l’ultima generazione di Kia Sportage ha rappresentato una vera e propria pietra miliare nello sviluppo europeo dei rispettivi brand ed è per questo che in occasione del restyling di mezza vita le novità si contano sulle dita di una mano. Poche sì, ma buone: lo stile pensato da Peter Schreyer, ex-Volkswagen ed ora massimo vertice del Gruppo Coreano dopo l’esperienza alla Direzione del centro stile Kia, si fa leggermente più elegante e raffinato con l’introduzione di una nuova calandra anteriore a nido d’ape, inediti fendinebbia a sviluppo orizzontale pensati per dare una maggior presenza su strada della parte bassa e gruppi ottici posteriori ora di dotati di tecnologia di illuminazione a led. Dentro cambia molto Rispetto all’esterno, le cui dimensioni rimangono 4 Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica euro nella versione d’accesso Pure Rebel con motore 2.0 CRDi da 136 CV offrendo salti di allestimento di 3.000 e 6.000 euro nel caso in cui si passi alle più ricche Feel Rebel e Rebel. Il passaggio dalla motorizzazione 136 CV alla 184 costa 500 euro mentre la versione top viene offerta solamente in abbinamento al cambio automatico che, negli allestimenti Rebel base ed intermedio ha un costo di 2.000 euro. Per tutte, tranne che per ECO GPL, la ruota di scorta costa 250 euro, la vernice metallizzata 650 mentre il colore White Soul 300. Per arricchire le vetture senza svenarsi è possibile scegliere i pacchetti Move & Style Pack (navigatore + sound Infinity, + retrocamera + barre portatutto + tetto apribile) a 2.200 euro o il Techno Pack (3.000 euro) comprensibo di navigatore, tetto aprilibile, chiave d’accesso smart e sensori crepuscolari per l’attivazione dei fari. Lo spazio a bordo, invece, rimane sempre lo stesso: i posti sono sempre cinque mentre il vano bagagli permette di stivare da un minimo di 564 litri ad un massimo di 1.353, anche nella versione a GPL che sfrutta lo spazio prima riservato alla ruota di scorta (ora c’è un kit gonfia/ripara) per opitare la ciambella toroidale. IL GPL costa 2.500 euro. Dettagli che non fanno la differenza nel contesto di un progetto che in quattro anni non mostra ancora i segni del tempo e che accompagnano in concessionaria l’arrivo di una nuova versione a GPL che viene proposta a 2.500 in più rispetto alla normale benzina: un prezzo del tutto identico a quello dei motori diesel, a dimostrazione di come in Kia ci tengano a configurare questa versione come la seconda alternativa al gasolio dedicata a chi fa tanti km e vuole risparmiare. Iniezione diretta by BRC 1.591 cc, quattro cilindri in linea, abbinata ad un cambio manuale a sei marce, l’unità scelta da Kia di 444 cm di lunghezza, 186 di larghezza e 164 d’altezza (passo 1,42), le novità che riguardano gli interni sono più numerose e riguardano aspetti qualitativi e funzionali: il display del sistema multimediale, ad esempio, è ora da 7”, offre interfaccia touch e si interfaccia con nuovi sistemi di parcheggio che fanno riferimento alle immagini della inedita telecamera posteriore. Aggiornamenti riguardano anche la plancia, che ora offre un quadro strumenti a due quadranti al posto dei precedenti tre, con una nuova generazione di display a colori estremamente luminoso e ricco di informazioni. Tre allestimenti Tre gli allestimenti per la gamma 2WD: Active, Cool e Class. Si parte da 20.250 della versione 1.6 GDI Active e con balzi da 1.500 euro si passa alla Cool ed alla più ricca Class, quest’ultima disponibile solamente a partire dalla motorizzazione ECO GPL. Le 4WD, invece, costano 27.250 5 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica Tanto quanto la cugina ix35 per Hyundai, l’ultima generazione di Kia Sportage ha rappresentato una vera e propria pietra miliare nello sviluppo europeo dei rispettivi brand per la realizzazione della Sportage a GPL vanta una potenza massima di 135 CV ed una coppia di 167 Nm ad un regime di 4.600 giri a fronte di 140 g/km di emissione do CO2 e 11,4 km/l (14,7 a benzina) di consumo. Valori interessanti, frutto di una scelta sino a ieri considerata impossibile per un sistema a GPL, ovvero quella di sfruttare direttamente l’iniezione diretta iniettando direttamente il gas in camera di combustione attraverso gli stessi iniettori della benzina. Un processo estremamente complesso attorno al quale l’italiana BRC, fornitrice dell’impianto, lavora da tempo per renderlo prestazionale, preciso ed affidabile: un sistema che di fatto sostituisce quasi del tutto la benzina permettendo addirittura l’avviamento del motore, cosa che nei sistemi tradizionali avviene a benzina, permettendo un funzionamento più fluido e regolare in ogni condizione di esercizio. Le prestazioni della vettura, 6 anche a GPL, rimangono del tutto in linea a quelle della benzina: Sportage tocca i 178 km/h ed accelera da 0 a 100 km/h in 11,5 secondi. C’è anche diesel, automatico e 4x4 Il resto della gamma, invece, rimane immutato: il 1.6 da 135 CV 6 marce è disponibile, a 2.500 euro in meno, anche nella sola alimentazione a benzina mentre per quanto riguarda i diesel la gamma si affida al 1.7 CRDi da 115 CV e 260 Nm di coppia massima a 1.250 giri (6 marce, 5,3 l/100 km) o al 2.0 CRDi disponibile nella declinazione da 136 CV o 184 CV, entrambi dotati della sola trazione integrale. Due litri, l’unità turbocompressa coreana sviluppa 320 Nm di coppia massima a 1.800 giri nella versione d’accesso (372 nella automatica) e 383 Nm nella versione da 184 manuale che salgono a 392 nella versione automatica. 7 8 9 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Dal vivo: com’è fuori La nuova Kia Sportage non fa quasi nulla per distinguersi dalla versione che l’ha preceduta. Del resto una delle principali motivazioni d’acquisto di questo modello era proprio il design e sarebbe stato un controsenso da parte degli stilisti coreani quello di andare a incidere con troppa decisione su uno degli elementi chiave. Le modifiche, comunque, ci sono ma sono tutte studiate per attualizzare alcuni dettagli ormai diventati di serie su molte competitor, come nel caso della illuminazione a led dei fari posteriori. Dal vivo: com’è dentro Più dentro che fuori le novità sulla nuova Kia Sportage si fanno numerose all’interno dove cambia completamente il quadro strumenti e dove la parte multimediale assume una nuova 10 Prove Periodico elettronico di informazione motociclistica dimensione grazie ad un nuovo display da 7” che lavora, se sceltro tra gli optional, su un impianto audio Infinity di notevole qualità. Il nuovo sistema è ben supporta gli smartphone di ultima generazione, è di facile utilizzo e si rende molto utile in manovra quando fa visualizzare le immagini della retrocamera di parcheggio: per via dei montanti e dell’altezza del corpo vettura, infatti, dietro si vede davvero poco. Migliorata è anche la qualità dei materiali: le versioni con interni in pelle, in particolar modo quella più chiara, offrono rivestimenti di ottima qualità e anche se il livello globale di attenzione per il dettaglio, pur essendo buono, non è ancora a livello eccezionale: in questo, un po’ per le logiche di costo un po’ per lo sviluppo step by step che i coreani hanno intrapreso da qualche anno a questa parte, c’è ancora margine di miglioramento. Il bagagliaio è molto capiente: i 564 litri sono una cubatura ideale per una vettura di questo genere ed oltre ad essere facilmente ampliabili sono ben sfruttabili grazie ad una geometria azzeccata e ad una altezza da terra/larghezza sostanzialmente perfetta. Buono, infine, il confort di bordo: la posizione di guida è tutt’altro che sportiva ma è ben regolabile e comoda, mentre i cinque posti sono spaziosi e permettono di pensare alla Sportage come la prima auto di una famiglia. Come si guida Per il nostro test su strada abbiamo scelto di concentrarci sulla versione ECO GPL realizzata da Kia in collaborazione con BRC, vera novità del lifting che arriva in concessionaria nel corso del 2014. Identica, se non nella differente grafica dei badge, alla versione standard 1.6 benzina, la SUV coreana integra perfettamente l’impianto a gas posizionando il tappo del rifornimento dietro il classico sportellino della benzina o del gasolio e senza alcun stravolgimento nemmeno interno: l’unica differenza riguarda la presenza del pulsante con cui selezionare la modalità d’uso (benzina o GPL). Una volta messo in moto il motore non vi sono particolari segnali o anomalie di funzionamento che fanno percepire passaggi da un’alimentazione all’altra: sarà perché la vettura parte direttamente a gas sarà che l’azienda italiana ha messo a punto un sistema che sfrutta al meglio i pregi dell’iniezione diretta, il risultato è comunque quello di una vettura che non varia in alcun modo il comportamento viaggiando a GPL o a benzina. Un risultato sorprendente, che permette di mantenere piacevole l’erogazione di un motore a cui forse manca la spinta del turbo ai 11 12 13 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica bassi regimi ma che comunque si difende discretamente bene ai medi, laddove ci si può sempre ritrovare utilizzando con un po’ di accortezza il cambio a sei marce, senza dover rinunce in termini di comfort acustico. Sotto il profilo dinamico, alla stregua della posizione di guida, la Sportage non offre un comportamento particolarmente sportivo: l’assetto è morbido, la vettura tende a muoversi in curva seppur senza esagerare, e lo sterzo è tutt’altro che rapido anche se ben servoassistito. Si tratta di un’impostazione voluta, che strizza l’occhio alle famiglie ed ai grandi chilometristi piuttosto che a chi cerca emozioni tra le curve. In conclusione La nuova Sportage non introduce elementi che sconvolgono l’idea stilistica della versione vista sino ad oggi in concessionaria. A cambiare sono alcuni contenuti e la disponibilità della nuova alimentazione a GPL che può davvero rappresentare una scelta interessante sotto molti punti di vista: in alcune città, ad esempio, marciando a GPL si può circolare nei giorni di targhe alterne o di blocco del traffico ma allo stesso tempo vi sono alcuni sgravi fiscali che possono contribuire ad aumentare il delta convenienza non solo rispetto al benzina ma anche rispetto al gasolio, che Kia propone allo stesso prezzo. Da valutare bene, caso per caso, incentivo per incentivo tenendo ben presente che all’atto pratico il GPL risulta meno rumoroso del motore a gasolio ma anche meno prestazionale ai bassi regimi. 14 BROCHURE, TEST DRIVE, TUTTO SU: Kia Sportage Sfoglia i cataloghi in PDF Brochure Listino » Test Drive » Accessori » Finanziamenti » Guarda tutti gli allestimenti » Trovala dai concessionari » 15 16 17 PROVA SU STRADA Maserati Quattroporte diesel L’ultimo tabù In listino da 98.373 euro la nuova declinazione dell’ammiraglia italiana infrange anche l’ultimo tabù Maserati, ovvero il diesel sulla Quattroporte. Silenziosa, veloce e poco assetata sa essere anche sportiva. Peccato per alcune finiture migliorabili di Emiliano Perucca Orfei 18 19 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica Turbodiesel all’italiana Media I tecnici di Maserati Powertrain, infatti, sono intervenuti su diversi aspetti del progetto per abbassare il livello di rumorosità dell’unità prodotta a Ferrara da VM: il risultato è quello di un motore talmente silenzioso da aver richiesto specifici attuatori sonori che animano la guida della vettura in modalità Sport. Per ottenere questi risultati è stato riprogettata la turbina, che ora adotta cuscinetti a sfere ceramiche (più scorrevoli), ma sono anche stati adottati nuovi collettori di scarico e scudo paracalore a doppia parete. Anche per la coppa dell’olio ci sono alcune novità in termini di “strati” visto che tra due pareti di alluminio è stato inserito del materiale elastico studiato per attutire le vibrazioni. Il V6 a V di 60° da 2.987 cc, grazie anche alle modifiche sopra citate, eroga una potenza massima di 275 CV a 4.000 giri ed una coppia di 600 Nm disponibili in modo costante tra i 2.000 ed i 2.600 giri. Un’unità generosa, disponibile anche in una declinazione antisuperbollo da 250 CV e pari coppia massima, anch’essa abbinata ad un cambio automatico ZF ad 8 rapporti (con software Maserati dedicato) ed alla sola trazione posteriore. Per chi volesse la trazione integrale bisognerà invece aspettare il 2015. In termini di prestazioni la nuova Maserati Quattroporte diesel da 275 CV fila a 250 km/h di velocità massima assicurando una accelerazione 0-100 km/h in 6,4 secondi mentre la versione da 250 CV rinuncia a quattro decimi in accelerazione (6,8 secondi lo 0-100) ed a 10 km/h in tema di velocità massima. Il consumo di carburante e l’emissione di CO2 si attestano rispettivamente a 6,2 l/100 km e 163 g/km mentre in termini di omologazione i tecnici Maserati parlano di Euro5+, che vale esattamente come un’omologazione Euro5 ma fa capire che con pochi accorgimenti (ed investimenti) l’Euro6 sarebbe immediatamente alla portata. L a Quattroporte è stata la prima Maserati a lanciare il Tridente in una nuova dimensione, quella del costruttore di grandi volumi (nel settore delle dream car, ovviamente) ma non è stata la prima ad infrangere il tabù del motore diesel, che invece è arrivato per la prima volta a Modena sotto al cofano della più compatta Ghibli. Un motore non certamente preso a caso dalla banca organi del Gruppo Fiat ma pensato e studiato per rendere al meglio su berline (e SUV...) di media e grossa dimensione ma di taglio spiccatamente sportivo: sbagliato dunque pensare che il V6 turbodiesel della Quattroporte sia lo stesso utilizzato su Lancia Thema e Jeep Grand Cherokee anche se la base tecnica è sostanzialmente condivisa. 20 21 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica Per clienti che cercano confort e stile Lunga 526 cm, larga 195 ed alta 148 (gommata 245/45 e 275/40 su cerchi da 19”, 20” opt a 5.124 euro) la Quattroporte poggia su un passo di 317 cm e vanta un peso in ordine di marcia di 1.885 kg. Numeri che parlano di lei come una delle berline più generose del mercato, certamente più in linea con mercati come quelli americani, cinesi o russi, ma comunque interessanti anche per l’Europa visto che nel Vecchio Continente il giro di vetture diesel con potenze comprese tra i 250 e 300 cv in questo segmento è pari a circa 15.000 unità l’anno. Un cliente che da una vettura come la Quattroporte Diesel cerca immagine, stile italiano, ma anche performance e grande confort di bordo. Proprio a tal riguardo i 22 23 24 25 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito tecnici Maserati hanno scelto di non intervenire in alcun modo per differenziare la Quattroporte a gasolio dalle più potenti a benzina, lasciando dunque inalterato lo stile morbido della plancia, l’essenzialità dei comandi, la profusione di pelle e la dotazione tecnologica, che prevede un sistema multimediale dotato di numerosissime funzioni. Quattro porte, cinque posti di cui quattro davvero comodi, l’ammiraglia modenese pensa anche ai bagagli senza escludere nessuno grazie ad una volumetria di ben 530 litri. Dal vivo: com’è fuori Di grande effetto scenico la Quattroporte è indubbiamente una vettura ben disegnata e che riesce nell’impresa di apparire sportiva e slanciata nonostante dimensioni a dir poco “oversize” per qualunque dei mercati europei. Una vettura che sin dall’origine strizza l’occhio all’America, 26 Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica alla Cina ed alla Russia (in particolar modo nelle versioni 4x4) puntando anche su un fascino che non è sbiadito nella fase più complicata, la prima, del passaggio da costruttore di nicchia a quello di volumi decisamente più importanti. Dal vivo: com’è dentro Ben costruita e ben disegnata la configurazione interna della Quattroporte è evidentemente frutto della passione e delle capacità del made in Italy. Oltre al design della plancia, infatti, quello che stupisce della Quattroporte è la facilità, la semplicità e la qualità di alcuni dettagli a cui noi italiani siamo più abituati a dare attenzione: la posizione di guida, comoda ma allo stesso tempo sportiva grazie a sedili estremamente ergonomici ed un volante dall’impugnatura perfetta, la pelle utilizzata per rivestire i sedili o la plancia, l’Alcantara per il rivestimento del tetto, il design raffinato della strumentazione sono elementi di una tradizione del lusso italiano che tutto il mondo ci invidia. Dove, invece, c’è un po’ da migliorare rispetto alla concorrenza di riferimento (quella tedesca) è nella definizione dei piccoli dettagli: i pulsanti ai lati del display centrale, ad esempio, o alcuni elementi plastici cromati per simulare l’effetto metallo non sono in linea con la qualità così come non abbiamo trovato entusiasmante il feeling trasmesso dalle palette quando si aziona il cambio in modalità manuale: viste le dimensioni ci saremmo aspettati un click più determinato ed una maggiore solidità. Piccole note arrivano anche dal posizionamento del pulsante start, che al posto di essere in bella vista, pronto a dare vita ad un sogno, è relegato in un’angolo della plancia nascosto dal volante. Dove la Quattroporte Diesel è quasi inappuntabile è la parte dinamica. I tecnici Maserati non solo hanno realizzato un telaio in grado di mettere assieme numerose esigenze, tra cui quelle della sportività e dello spazio a bordo, ma lo hanno anche dotato di un sistema di sospensioni in grado di assicurare un bilanciamento eccezionale nella guida sportiva ed un confort di bordo elevatissimo quando si va a passeggio o si procede a velocità codice in autostrada. Magia degli ammortizzatori Skyhook, che regolano istante per istante la risposta, ma anche di un’elettronica che non conosce la parola “invadenza” e che permette di guidare dimenticandosi di essere al volante di una super berlina da 5,3 metri non solo nei tratti veloci ma anche in quelli più tortuosi e guidati a tal punto che verrebbe da chiedere a Maserati uno sterzo ancor più veloce e diretto. Un comportamento, quello della Quattroporte Diesel, che non fa rimpiangere la scelta di aver comprato un motore alimentato a gasolio rispetto ad un più nobile 27 28 29 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica benzina: la spinta del V6 VM rivisto e corretto da Maserati Powertrain è davvero eccezionale e l’abbinamento con il cambio ad 8 marce firmato ZF è davvero quanto di meglio ci si possa aspettare da un punto di vista confort ma anche in termini di piacere di guida. Utilizzarlo in modalità manuale, infatti, è davvero un piacere grazie a palette al volante di dimensioni generose e strategie di cambiata “da Ferrari”, come nel caso della scalata multipla che può essere attuata in staccata tenendo premuta la leva di sinistra sino all’inserimento del rapporto ideale per la curva. Tanta spinta e consumi contenuti (noi abbiamo visto 7,9 l/100 km, ma si può fare meglio...) il V6 emiliano, come su Ghibli, dimostra di non temere alcun confronto anche in termini di sound con i fratelli a benzina: grazie a degli specifici attuatori installati posteriormente i tecnici Maserati sono riusciti a dare alla Quattroporte una timbrica degna di un V8 non solo fuori: quando si attiva la modalità Sport, infatti, l’abitacolo da supersilenzioso si trasforma in un ambiente decisamente più “race oriented”: soddisfazioni assicurate. In conclusione Ci aveva già stupito su Ghibili ed ora sulla nuova Quattroporte Diesel il V6 da 275 CV fa davvero pensare che la scelta di celare un tremila a gasolio sotto al cofano di una Maserati non sia più qualcosa di classificabile come blasfemo. Va forte, suona bene, consuma il giusto, la Diesel sarà perfetto anche per i clienti che non vogliono rinunciare a nulla quando si renderà disponibile la versione a trazione integrale, che arriverà tra alcuni mesi. Buono anche il prezzo: i 98.373 euro richiesti sono assolutamente in linea con il blasone del brand e la qualità della vettura. 30 BROCHURE, TEST DRIVE, TUTTO SU: Range Rover Evoque 9 marce Sfoglia i cataloghi in PDF Brochure Configuratore della casa » Test Drive » Store online » Guarda tutti gli allestimenti » Trovala dai concessionari » 31 32 33 35 PROVA SU STRADA Jaguar F-Type Coupé Pure British Sport Car Abbiamo messo alla prova su strada e in pista la nuova Jaguar F-Type Coupé, che si è dimostrata una pura auto sportiva, progettata per regalare grandi emozioni di Matteo Ulrico Hoepli 34 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica Media V6 oppure i 4 scarichi laterali, apribili… Salite a bordo sistematevi la seduta ed il volante, bello sportivo e pieno, perfetto per la guida sportiva sia in pista che in strada e via… Quando si tocca il tasto start, c’è solo pura emozione che si sprigiona dagli scarichi, sound super rauco, quasi piu cattivo il V6 che il V8 , leggermente piu pieno e morbido. Se siete in pista tenete attivati i controlli di trazione e schiacciate tutto, sennò ci si gira subito. La F-Type R non scherza, è cattiva, anzi cattivissima, ma ti dà un sacco di emozioni. Finalmente un’auto vera. Esterni: design emozionale e irresistibile per ogni appassionato Q uando si ha la fortuna di vedere, toccare, guidare e soprattutto portare in pista un auto come la Jaguar FType Coupé R, con un rombante e micidiale motore V8 da 550 CV, ci si ricorda cosa sono le vere British Sport Car. Le mitiche auto a trazione posteriore, 2 posti secchi ma sempre bellissime ed eleganti. Anzi diciamola tutta, sexy&cool come poche auto, ma veramente poche… Stavolta Jaguar ha esagerato, ha messo tutta la capacità di ingegneri e designer del gruppo JLR per costruire una sport car per veri appassionati. Non c’è un dettaglio che non parli di passione per le 4 ruote. Si mischiano linee e curve degli anni ‘60, della mamma E-Type di Diabolik, a linee piu moderne e dinamiche, come ad esempio i super cerchioni da 20 pollici in diverse colorazioni scure e le luci led. La F-Type Coupé è interamente in alluminio ed è la vettura sportiva più dinamica e 36 La gamma F-Type Coupé completa la serie FType, vincitrice del premio World Car Design Of The Year 2013, con la versione Cabrio, provata da noi l’anno scorso. La F-Type Coupé incarna la visione stilistica della splendida concept sportiva C-X16, che ha debuttato al Motor Show di Francoforte del 2011, con il suo spettacolare abitacolo arretrato, definito attraverso tre linee di design. Le prime due linee – condivise con la F-Type Convertibile – danno forma al possente paraurti anteriore e posteriore, la terza linea è rappresentata dal sagomato profilo del tetto della Coupé che offre una silhouette ininterrotta in grado di enfatizzare la spettacolarità visiva dell’abitacolo affusolato situato fra le possenti (e sexy) fiancate posteriori. Il tutto condito con elementi racing, come le prese d’aria anteriori, sul cofano e laterali, con carbon-look e dai super cerchioni da 20 pollici “black” (optional in diversi design e colori). Belli e taglienti i fari a Led posteriori che incorniciano il lato B, forse la parte piu bella della Coupé, con il tetto spiovente e la coda tagliata (una rarità) il tutto condito con 4 bellissimi scarichi cromati per la R V8, 2 tromboncini molto anni 70’ per le 2 V6, questi ultimi con un suono particolarmente rauco ed acuto e dei meravigliosi “bang-bang” in rilascio. Il portellone prestazionale che Jaguar abbia mai prodotto. Quando si scende in pista, c’è poco da dire se non “bloody sport car”, una spinta vigorosa piena come solo un V8 con turbocompressore sa dare, 4 scarichi che urlano (aperti grazie ad un tasto magico) e via per una delle pistae più belle del mondo, Aragon, dove si sfidano in MotoGP Valentino, Marquez e Lorenzo… Se dobbiamo proprio dirvela tutta, correte dal concessionario e fate un giro di prova… Non vorrete più scendere, questa Jag ti strega, mette subito il guidatore a proprio agio, è piu facile di quello che si possa pensare, se non si schiaccia troppo, soprattutto nella versione 3.000 V6. Linee spettacolari disegnate genialmente da Ian Callum e dal suo staff, linee alla fine semplici, ma che sottolineano la dinamicità sportiva dell’auto, a partire dalla “bocca” del giaguaro, al lungo cofano, e poi alla linea coupé ed ai muscolosi parafanghi che fanno intendere che qui si scherza poco: 340, 380 o 550 CV, 8 marce, 2 tromboncini centrali per la 37 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito posteriore del bagagliaio, con la funzione opzionale di apertura e chiusura elettrica ha oltre 400 litri di spazio – può accogliere comodamente due set di mazze da golf, meglio della Spider che ne offre poco meno di 200. Telaio e carrozzeria “full aluminium” Carrozzeria e telaio sono interamente in alluminio. La costruzione del telaio si basa sulla consolidata esperienza Jaguar nell’uso dell’alluminio, che le conferisce una rigidità torsionale di 33.000 Nm/grado – la Jaguar di serie più rigida di sempre. Il corpo laterale della F-Type Coupé è costituito da un singolo pezzo in alluminio stampato, probabilmente il corpo laterale in 38 Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica alluminio forgiato a freddo più estremo nell’industria automobilistica, eliminando di fatto la necessità di pannelli multipli e giunture estetiche, anche il tetto è alluminio o in vetro panoramico, optional che noi consigliamo in quanto dà molta luce all’abitacolo che appunto non è enorme. Uno spoiler posteriore che si alza sopra i 100km/h automaticamente è situato all’interno della rastremata linea di chiusura della F-TypeCoupé. L’auto è lunga 4,47 metri e larga 1,92 metri, con un interasse di 2,62, con un peso, che in pista si sente, di 1.665 kg per la V8 R e di 1.577 kg per la V6. Le ruote da 20 pollici “Gyrodyne” con finitura argento sono di serie sulla F-Type R Coupé, mentre una versione in grigio scuro con tornitura diamantata è disponibile come optional. Come ogni F-Type con ruote da 20 pollici, la F-Type R Coupé è disponibile con pneumatici opzionali ad altissime prestazioni , nel nostro caso gli ottimi Pirelli P Zero 255/35 che, offrono un’ulteriore precisione nella sterzata e maggiori livelli di aderenza per i guidatori più appassionati. Le versioni V6, sono equipaggiate con cerchioni da 18 e 19 pollici la “S”, optional quelli da 20. Interni: eleganti e ben rifiniti, ma come in un cockpit da caccia Come tutti i modelli della gamma F-Type, l’abitacolo è focalizzato sul guidatore, si sono ispirati ai cockpit aereonautici. L’abitacolo incentrato sul guidatore esprime i suoi intenti sportivi con un volante di piccolo diametro, a fondo piat- to rivestito in pelle Jet con il logo R, contagiri e contachilometri sportivi, neri e bianchi, paddles del cambio in colore oro, come pure il manettino dei settaggi ed il bottone dell’accensione. Il posto di guida è comodo, ma avremmo preferito qualche cm in più per i guidatori alti, per quando si vuole “passeggiare”. I sedili Performance della F-Type R Coupé hanno supporti laterali e ali sporgenti per un maggior sostegno durante le curve ad alta velocità. I sedili sono rifiniti in pelle di alta qualità, con una gamma di colori “Jet” degli interni è offerto con tre opzioni di cuciture a contrasto – Ivory, Red o Firesand. Il rivestimento alto di gamma della F-Tupe R Coupé include anche pelle sul pannello strumenti e il cruscotto, sui braccioli, negli inserti delle portiere e nella 39 40 41 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prove Periodico elettronico di informazione motociclistica Massima tenuta: Cambio QuickShift, differenziale attivo e sospensioni dinamiche aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb consolle centrale. Sono disponibili come optional dei rivestimenti per il cielo dell’abitacolo in pelle o in pelle scamosciata. Il sistema multimediale è molto completo. Si possono avere i dati dell’automobile e anche della G-Force per quando si gira in pista, il navigatore molto chiaro e semplice da usare con il touchscreen, come anche le altre funzioni. Sistema audio di altissima qualità standard, ma volendo si può prendere optional il Meridian da 700W e 12 altoparlanti, anche se tra il rumore del motore ed il rotolamento dei grandi pneumatici, l’abitacolo non è particolarmente silenzioso. Semplice e ben disegnato il climatizzatore, con i tre rotelloni in plastica racing morbida ed al centro le indicazioni della temperatura, con la chicca dei due bocchettoni centrali dell’aria che si alzano! 42 Motori: tanta potenza con esplosione di coppia ai medi La gamma F-Type Coupé è composta di due versioni con il motore V6 da 3.000 cc in versione da 380 (“S”) e 340 CV a 6.500 giri, che consentono di raggiungere i 100 km/ in 4,9 e 5,3 secondi, con una velocità massima rispettivamente di 275 e 260 km/h. La coppia è rispettivamente di 460 Nm di coppia e 450 Nm da 3.500 a 5.000 giri ed i consumi omologati di 9,1 litri e 8,8 litri per 100km. La F-Type R Coupé rappresenta il top della gamma. Alimentata da un V8 Jaguar a benzina sovralimentato di 5.0 litri interamente in alluminio nella versione da 550 CV a 6.500 giri e 680 Nm di coppia da 2.500 a 5.500 giri, la F-Type R Coupé raggiunge i 100 km/h in 4,2 secondi con una velocità massima limitata elettronicamente di 300 km/h; inoltre è in grado di passare da 80 a 120 km/h in solo 2,4 secondi. Le emissioni di CO2 sono di 259 g/km con un consumo nel ciclo omologato di 11,1 litri per 100 km. Tutti i modelli F-Type – Coupé e Convertibile – sono dotati del sistema Jaguar Intelligent Stop/Start che, che con le giuste condizioni, arresta automaticamente il motore quando l’auto si ferma ed il piede del guidatore è sul pedale del freno. Quando il freno viene rilasciato, il sistema è in grado di riavviare il motore in meno tempo di quanto impiega il piede del guidatore a passare dal pedale del freno all’acceleratore. Inavvertibile tra l’altro e senza vibrazioni. Il sistema consente un risparmio di carburante e una riduzione delle emissioni fino al 5 per cento. Tutte le motorizzazioni trasmettono la trazione alle ruote posteriori mediante un cambio Quickshift a otto marce con controllo sequenziale manuale grazie ai paddles montati sul volante o tramite la leva centrale SportShift. Per offrire una gestione sicura e progressiva in linea con la sua potenza di 550 CV, la top di gamma F-Type R Coupé dispone di sospensioni specificatamente tarate e di nuove tecnologie dinamiche. Queste includono un Electronic Active Differential (EAD) di seconda generazione e – per la prima volta su una Jaguar – un Vettorizzatore di Coppia (Torque Vectoring) nel sistema frenante, che operano in parallelo per fornire immediatezza nella risposta e un controllo ai massimi livelli. Il sistema EAD ridistribuisce automaticamente la coppia del motore fra le ruote posteriori per garantire un eccellente controllo al limite, mentre il Vettorizzatore di Coppia, in base alle necessità, applica in modo intelligente e preciso la giusta forza frenante sulle ruote più interne durante le curve per aumentare l’agilità. L’abbiamo potuto testare sia su pista che in strada con molta pioggia e abbiamo trovato il sistema veramente efficace e utile nella guida sportiva, offre decisamente più sicurezza e direzionalità nella guida, soprattutto quando si usano i cavalli. La F-Type R Coupé è dotata del sistema Jaguar Adaptive Dynamics (Optional sulla versione S ) che controlla attivamente il movimento verticale del corpo vettura, i livelli di rollio e beccheggio. Il sistema monitora continuamente gli input provenienti dal guidatore e l’assetto dell’auto su strada, regolando di conseguenza gli ammortizzatori fino a 500 volte al secondo per ottimizzare la stabilità. Scarichi aperti, sempre Il sistema commutabile Active Sports Exhaust della F-Type R Coupé – con i suoi esclusivi quattro terminali di scarico esterni – porta l’emozionante sonorità generata dal motore V8 Jaguar 43 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prove Periodico elettronico di informazione motociclistica strada. La scegliamo di un bellissimo arancione scuro racing con cerchi “black” da 20 (optional). Interni neri con particolari Carbon look. Decisamente bella ed adatta al tipo di auto. Accensione, sibilo rauco, schiacciamo subito il bottone apertura scarichi e mettiamo l’auto in Dynamic, le altre posizioni, sono normal e pioggia/neve. Il cambio è morbidissimo, quasi non si sente, ed il motore è pieno e spinge bene senza esagerare fino a 2500 giri. Al primo rettilineo schiacciamo in seconda e sentiamo i giri schizzare, dopo i 3.500 fino ai 6.500 l’auto è una belva, un urlo stupendo e spinge bene. Ritorniamo a guidare normale e notiamo che nelle rotonde, in seconda, se si butta giù il gas, si va subito in drift, divertentissimo. In autostrada l’auto è relativamente comoda, rimettiamo i controllo su “normal” e le sospensioni diventano decisamente meno rigide, chiudiamo lo scarico, l’abitacolo diventa piu silenzioso, anche se abbiamo notato che si sente, sia lo scarico, che il rotolamento dei pneumatici, alle alte velocità. Riprendiamo una bellissima statale tutta curve, con un bell’asfalto, e si sente quanto l’auto sia precisa nelle traiettorie, stabile e ottimo il cambio usato in manuale. Solo nelle curve piu strette abbiamo notato un assetto un po’ nervoso, molto reattivo, che va quindi “imparato” per sfruttare l’auto al meglio. Andando a passeggio, nei bei paesini spagnoli, facciamo fare tutto alla generosa coppia motore ed all’ottimo cambio (ZF 8 marce) messo in Drive. Bene, dopo 160 km siamo arrivati ad Aragon, adesso ci attende la Belva da 550 CV…. Il giorno dopo abbiamo avuto il V8 in strada, sotto la pioggia battente, ed abbiamo apprezzato la modalità di guida (che agisce su cambio/motore/assetto/sterzo) “Pioggia/neve” che ci permettevano di divertirsi in tutta sicurezza. Abbiamo trovato la R meno nervosa d’assetto, e sfruttando la coppia motore impressionante, abbiamo pennellato La prova in video sulla pista di Aragon - parte 1 Turbocompresso da 550 CV a nuovi livelli. Offre un suono autentico e ricco, che si sviluppa in un crescendo urlante fino a quasi 7.000 giri. Il sistema utilizza bypass controllati elettronicamente nella sezione posteriore dello scarico, che sono tarati per aprirsi secondo una determinata gamma di parametri, modificando efficacemente la circolazione dei gas di scarico in un flusso regolare e lineare, per ridurre la contropressione ed aumentare la qualità del suono. Le valvole bypass si aprono selezionando la modalità Dynamic, oppure sorpassati i 3500 giri circa. Anche la 3.000 cc offre un sistema simile, con optional il bottone per tenere sempre aperti gli scarichi, con il doppio tromboncino centrale. Freni super, Brembo of course La F-Type R Coupé utilizza il sistema frenante Jaguar Super Performance di serie. Questo sistema monta dischi anteriori da 380 mm e posteriori da 376 mm – con pinze verniciate in 44 rosso o in nero. I modelli F-Type R e F-Type S Coupé possono avere come optional i freni a Matrice Carboceramica (CCM – Carbon Ceramic Matrix) che offrono un’assoluta uniformità di prestazioni e una eccellente resistenza al “fading” cioè alla diminuzione dell’efficienza, oltre ad un non trascurabile risparmio complessivo in termini di peso di 21 kg, i sistemi sono costruiti dalla italianissima Brembo. Sei pistoncini anteriori su dischi da 398mm e 4 pistoncini al posteriore con dischi da 380mm, il massimo! Sono molto morbidi all’uso, progressivi, e incredibilmente efficaci, soprattutto in pista dopo diversi giri. Anche sotto la pioggia hanno mantenuto ottime caratteristiche di frenata. Hanno però un usura relativamente piu veloce. Su strada, divertente e precisa Appena arrivati a Lérida, Spagna, ci consegnano la versione V6 3.000 cc da 380 CV, la F-Type “S”, forse la più equilibrata ed utilizzabile in 45 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prove Periodico elettronico di informazione motociclistica aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb si esce con il full gas da una 90 sinistra e si vedono i 2 km di rettilineo, quarta , quinta, limitatore, sesta, 250…e vai! La F-Type invoglia a spingere, ma adesso c’è il tornantino da 250 gradi a sinistra, le MotoGP arrivano a oltre 300km/h, come fanno? Noi abbiamo i Brembo carboceramici da 398 mm, spettacolari, Pirelli P-zero al limite della scivolata staccata bestiale in terza. Curva da incrocio mani, terza appoggio, poi quarta piena con leggero drift (i 550cv si sentono!) e salita a sinistra dove abbiamo inserito la quinta, ecco l’arrivo, si passa di nuovo a oltre 200….adrenalina pura, grande Jag! Consumi, meglio del previsto Un discorso a parte sui consumi, infatti bisogna dire che grazie alla tecnologia, quindi a motori sempre piu’ efficienti, grazie ad elettronica, turbo e cambi a 8 marce, i consumi di motori con 380 CV e 550 CV assomigliano più ai quelli di 5 anni fa fatti redistrare da auto con 200 CV. Incredibile. Morale, da computer di bordo, abbiamo visto nella guida mista, autostrada, statale con guida “dinamica” un bel 12,5 litri per 100 km sulla V6 3.000, con 380 CV, e invece 14,7 litri ai 100km, quindi oltre 7 con un litro per la 550 CV V8, assolutamente incredibile: una volta un’auto simile avrebbe fatto si e no 3-4 km con un litro. Tutto questo è possibile grazie al minor peso, ai turbo che danno una coppia ottimizzata ai bassi regimi, e quindi si usano meno i giri alti, e ovviamente al cambio a 8 marce che ottimizza al massimo l’uso della benzina avendo sempre la marcia migliore. I tecnici Jaguar hanno proprio fatto un buon lavoro. Abbiamo anche testato le auto con un economy run a 120 all’ora fissi in autostrada, e abbiamo visto oltre 10 con un litro per la V6 e 11,5litri ai 100 per la V8. La prova in video sulla pista di Aragon - parte 2 le strade di montagna della bassa Catalogna. Incredibile l’aiuto che si ha dal differenziale posteriore attivo “EAD”, più sterzi, più l’auto va in curva, migliorando il sovrasterzo e la precisone di guida. L’abbiamo trovata veramente una bella innovazione per le auto sportive. Comunque con i 550 CV non si scherza, va quindi sempre guidata con consapevolezza e prudenza, è quindi un’auto impegnativa, non per tutti. In pista, un giro in ad Aragon… Giù tutto con la F-Type! Dopo 2 giri di “lezione” con il pilota “pro” per imparare la pista ci danno il posto di guida. Sentiamo il V8, i 550 CV, i 680 nm di coppia. Sistemiamo la posizione di guida, volante basso, casco allacciato. Ad Aragon non si scherza, ci sono diverse pendenze, curve e controcurve a 90 gradi e soprattutto un rettilineo di quasi 2 km dove si superano i 250 all’ora. Primo giro, cerchiamo di memorizzare traiettorie, cambiate e tenuta dell’auto, ma lo sappiamo già, poi sarà un 46 “tutto giù”, emozioni ed adrenalina al limite, e tanto coraggio a tenere giù tutto e fare le staccate al limite con i carboceramici. Iniziamo il lungo rettilineo dello start, pensiamo a Valentino e Marquez ingarellati, mi sale l’emozione e giù tutto, quarta e quinta marcia, passiamo sotto a oltre 200 km/ora, inizia il giro. Frenata potente con i carboceramici, terza, 90 sinistra, giù tutto, drift controllato, e via per la seconda curva, quarta per la salita mezza curva a destra appoggio, e sinistra 90 in terza piena, uscita in drift, via il gas, destra 90 e via quarta per la chicane in discesa, difficilissima, frenata terza (sarebbe da seconda, ma poi il drift diventa “potente”) destra, sinistra in discesa, e curvone in salita da 30 gradi da prendere in piena quarta e poi quinta, si vede solo in cielo, ma devo tenere giù tutto mi dice il “pro Pilot”. In cima, frenata al limite discesa e sinistra 90 da terza, il dietro sbanda lo si tiene, e sempre in terza ci si avvicina alla seconda chicane in discesa, tutto in terza, il V8 è molto generoso, spinge forte da 2.000 fino a oltre 6.500 giri, 47 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito 48 Periodico elettronico di informazione motociclistica Prove 49 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica Conclusioni: un’auto per pochi, veri appassionati Dopo quello che vi abbiamo comunicato, credo che sia chiaro... La Jaguar F-Type Coupé, è un’auto per pochi privilegiati, veri appassionati d’auto. Un’auto che va guidata goduta, portata sui passi e magari in pista. Ovviamente ci potete passeggiare al mare…se volete, ma dubito che chi la compri non voglia sentire l’urlo dei 6.500 giri. Sarebbe un peccato. Comunque una perfetta seconda auto, divertente, con dei consumi di fatto contenuti per i cavalli che offre, e che fa fare un gran figurone. Perfetta per i Single, o per chi dopo “tante famigliari”, vuol tornare a sentire la strada…ma mi raccomando, tenete sempre attivi i controlli di trazione . Ah, giusto i prezzi, per la “mitica” R si parte da circa 108.000 euro, già ben accessoriata, e per la V6 da 340 CV si parte da poco meno di 70.000 euro, ma per renderla “cattiva” con gli optional si sale di prezzo. 50 BROCHURE, TEST DRIVE, TUTTO SU: Jaguar F-Type Coupé Sfoglia i cataloghi in PDF Brochure Configuratore della Casa » Sito dedicato » Virtual tour » Finanziamenti » Guarda tutti gli allestimenti » Trovala dai concessionari » 51 52 53 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito News Periodico elettronico di informazione motociclistica Media Mercedes-Benz CLS restyling svelata nella versione definitiva E’ stata svelata dalla Casa di Stoccarda la Mercedes CLS restyling, che porta al debutto inedite tecnologie per gruppi ottici ed interno 54 D opo averla anticipata con un teaser che ne mostrava gli innovativi gruppi ottici, la Casa di Stoccarda ha fatto cadere i veli dalla Mercedes-Benz CLS restyling, che si rinnova nello stile e nelle dotazioni allo scopo di incrementare il suo già apprezzato appeal. Elemento principale della rivisitazione stilistica della Mercedes CLS sono appunto i gruppi ottici, che guadagnano la tecnologia LED Multibeam allo scopo di promettere maggior visibilità senza però inficiare la sicurezza degli altri utenti della strada. L’intensità dei LED viene regolata in automatico dal sistema di gestione, che interviene 100 volte al secondo sfruttando sia una videocamera che quattro unità di controllo, regolando così in maniera autonoma il fascio di luce allo scopo di non abbagliare chi arriva dall’altra parte della strada, predisponendo inoltre per tempo l’illuminazione di curve e rotonde che verranno grazie ad una sinergia con il sistema di navigazione satellitare. All’interno della Mercedes CLS restyling debuttano un nuovo display a colori da otto pollici, ed una versione aggiornata del volante a tre razze. Al di sotto del cofano della Mercedes CLS restyling pulseranno diverse motorizzazioni, andando così a costituire una gamma composta da CLS 220 BlueTEC, CLS 250 BlueTEC, CLS 350 BlueTEC, CLS 400 e CLS AMG. La CLS 220 BlueTEC è alimentata da un 2.1 litri turbodiesel quadricilindrico da 170 CV e 400 Nm. Lo stesso motore, declinato però nella versione di potenza da 204 CV e 500 Nm muove invece la CLS 250 BlueTEC. La CLS 350 BlueTEC può invece contare su un 55 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica News aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb V6 diesel da 3.0 litri in grado di erogare 258 CV di potenza e 620 Nm di coppia massima. In luogo della CLS 350 CGI troviamo ora invece la CLS 400, che viene mossa da un V6 bi-turbo da 333 CV e 480 Nm. Lo step successivo è rappresentato dalla CLS 500, che permette alla rinnovata vettura della Stella di disporre di 408 CV e 600 Nm. Al vertice della gamma troviamo infine il V8 bi-turbo da 5.5 litri capace di sviluppare 557 CV di potenza e 720 Nm di coppia massima destinato a pulsare al di sotto del cofano della versione AMG di CLS e CLS Shooting Brake, valori che crescono fino a 585 CV e 800 Nm per la versione S-Model. Al fianco di CLS 220 BlueTEC, CLS 250 BlueTEC, CLS 350 BlueTEC e CLS 500 è possibile ordinare il cambio automatico a nove rapporti 9G-TRONIC, che si promette di abbattere il consumo di carburante, mentre tutti i motori sono ora in grado di soddisfare la normativa Euro6. 56 57 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito News Periodico elettronico di informazione motociclistica Media di scarico speciale in titanio e montando cerchi in lega da 21 pollici ultra-leggeri, che peraltro vengono abbinati a pneumatici Pirelli ad altissime prestazioni. Questa versione inoltre si dimostra ancora più potente della Continental GT V8 S. L’otto cilindri biturbo da 4.0 litri è stato portato da 528 a 580 CV a 6.000 giri/min mentre la coppia è schizzata da 680 a 700 Nm, disponibile già a 1.700 giri. Il cambio rimane affidato al collaudatissimo ZF a otto marce, mentre la trazione è rigorosamente integrale. Prestazioni elevatissime Grazie a queste caratteristiche la Continental GT3-R è in grado di scattare da 0 a 100 km/h in 3,8 secondi, risultando così 0,7 secondi più veloce della già citata GT V8 S. Migliorata grazie a rapporti più ravvicinati anche la velocità massima che è passata da 273 a 309 km/h. Questa versione verrà realizzata in soli 300 esemplari numerati, tutti caratterizzati dalla tinta Glacier White con dettagli in fibra di carbonio nero lucido e grafiche bicolori. Bentley Continental GT3-R meno peso, ancora più potenza La Casa di Crewe ha svelato l’inedita Bentley Continental GT3-R, che promette di regalare prestazioni ancora più elevate grazie a maggiore potenza e un corpo più leggero L a Casa di Crewe ha svelato l’inedita Bentley Continental GT3-R. Ispirata alla versione da competizione Continental GT3, questa nuova vettura promette di regalare prestazioni ancora più elevate grazie a maggiore potenza e un corpo più leggero. - 100 kg Rispetto ad una tradizionale Continental la GT3R pesa 100 kg in meno, un risultato raggiunto togliendo i sedili posteriori, utilizzando un sistema 58 59 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito News Periodico elettronico di informazione motociclistica quadro strumenti spicca il display TFT ad alta risoluzione che mette a disposizione una bussola e indicazioni supplementari di navigazione, oltre a tutte le informazioni utili fornite dal computer di bordo. La nuova Navara può vantare inoltre un telaio ad alta resistenza rivisto abbinato a nuove sospensioni pensate appositamente per adattarsi ad un intenso utilizzo quotidiano. Gli ingegneri giapponesi sono riusciti a ridurre l’angolo di sterzata, in modo da rendere il pick-up più agile anche sulle strade cittadine. Motori: 2.5 diesel e benzina Sotto al cofano pulsa un rivisto 4 cilindri 2.5 litri a gasolio disponibile nella versione da 163 CV e 403 Nm e in quella ancora più prestazionale da 190 CV e 450 Nm. Secondo la casa la rinnovato motorizzazione promette di risultare più efficiente del 30% rispetto al passato. La gamma motori include anche un quattro cilindri benzina da 2.5 litri, mentre tutte le unità sono abbinabile al classico manuale a sei marce o al più raffinato automatico a sette rapporti. La trazione integrale 4x4 può essere attivata mentre si è in movimento ed è affiancata da tutta una serie di moderni dispositivi elettronici come l’Hill Descent Control, l’Hill Start Assist, l’Active Brake Limited Slip e il Vehicle Dynamic Control. Al momento non si conoscono dettagli e prezzi per il mercato italiano. Nuova Nissan Navara più elegante ma fedele alle origini La nuova Nissan Navara, rimane un classico pick-up, tutto praticità e concretezza, ma si concede un’aria più elegante e raffinata S ono stati svelati tutti i dettagli della nuova Nissan Navara, un modello storico della gamma del costruttore giapponese che arriva alla dodicesima generazione. Il nuovo modello si nota subito per un design molto più curato ed elegante rispetto al passato e per l’ormai immancabile calandra a “V” che caratterizza tutti i più recenti modelli del marchio nipponico. 60 Ora è più elegante La Navara, rimane un classico pick-up, tutto praticità e concretezza, ma si concede perfino una serie di cromature e raffinate luci diurne a led, oltre ad indicatori di direzione laterali collocati sugli specchietti retrovisori. Anche all’interno si respira un’aria molto più raffinata rispetto a prima, con materiali più gradevoli alla vista e perfino alcune finiture in alluminio. Al centro del 61 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito News Periodico elettronico di informazione motociclistica suggerita dal marchio SD. Sotto al cofano pulsa un 2.o TwinPower Turbo a quattro cilindri in grado di sviluppare 170 CV e 360 Nm di coppia, che permette alla hatchback del marchio britannico di accelerare da 0 a 100 km/h in 7,3 secondi se equipaggiata con cambio manuale e in 7,2 qualora si scelga l’automatico Steptronic a sei rapporti. I consumi di carburante dichiarate variano da 4,0 a 4,1 l/100 km a seconda delle versioni, con le emissioni di CO2 che possono variare da un minimo di 104 g/km ad un massimo di 110 g/km. One First: l’economa a benzina Completamente di pasta opposta la One First, che viene spinta da un tre cilindri 1.2 litri a benzina TwinPower Turbo in grado di erogare 75 CV e 150 Nm di coppia. Questo motore consente di scattare da 0 a 100 km/h in 12,8 secondi ma promette consumi compresi da un minimo di 5,0 ad un massimo di 5,2 l/100 km, con le emissioni che spaziano da 117 a 122 g/km. Entrambi i modelli sono attesi sul mercato britannico nel corso del mese di luglio, non si conoscono tempi di commercializzazione e prezzi previsti per l’Italia. Nuove Mini Cooper SD e One First una sportiva a gasolio, l’altra virtuosa a benzina La famiglia Mini si appresta ad allargarsi con l’arrivo imminente della nuova Cooper SD, la variante più prestazionale a gasolio, a cui si affiancherà la parsimoniosa One First a benzina da 75 CV L a famiglia Mini si appresta ad allargarsi con l’arrivo imminente della nuova Cooper SD, la variante più prestazionale a gasolio pensata per chi non vuole rinunciare alle prestazioni, con un occhio di riguardo ai consumi. 62 Cooper SD: ora è davvero una sportiva a gasolio Rispetto al modello di generazione precedente, quando poteva vantare 143 CV, la nuova Mini Cooper SD guadagna un motore più potente, che si meglio si sposa con l’idea di “sportiva a gasolio”, 63 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito News Periodico elettronico di informazione motociclistica i cerchi in lega sempre in colorazione oro, oltre che per la presenza del Race Pack che include il Dynamic Performance Management, per regolare la risposta della vettura a seconda delle necessità, oltre che per i freni ad alte prestazioni e gli pneumatici Pirelli P-Zero Trofeo. Anche all’interno continua a dominare l’abbinamento cromatico della carrozzeria, il tutto condito da sedili sportivi in pelle bicolore. I passeggeri possono disporre dell’aria condizionata (un dettaglio per nulla scontato trattandosi di una Lotus), mentre una placca in fibra di carbonio riporta il numero dell’esemplare appartenente a questa edizione limitata. Sei cilindri da 350 CV: un must Il cuore della Exige LF1 è il noto V6 da 3.5 litri in grado di erogare 350 CV e 400 Nm di coppia, che permette uno scatto da 0 a 100 km/h in 4 secondi netti e una velocità massima di 274 km/h. I clienti riceveranno anche il pacchetto “Exige LF1 Membership” che include un tour della fabbrica Lotus di Hethel ma anche del Lotus F1 Team con sede ad Enstone, oltre ad una replica del casco di Romain Grosjean in scala 1:2, un portachiavi firmato Lotus, una chiavetta USB del Lotus F1 Team e vari sconti sul merchandise marchiato Lotus. La produzione della Exige LF1 sarà limitata ad 81 unità, disponibili su tutti i mercati tranne che negli Stati Uniti. Lotus Exige LF1 81 esemplari per celebrare la presenza in F1 Per celebrare la sua presenza in Formula 1, la Casa di Hethel ha presentato la Lotus Exige LF1, edizione limitata a soli 81 esemplari, con soluzioni stilistiche davvero pregevoli L a Casa di Hethel ha presentato la nuova Lotus Exige LF1, edizione speciale realizzata in edizione limitata per celebrare la presenza del marchio britannico nel Campionato del Mondo di Formula 1. 64 Look inconfondibile Basata sulla Exige S, la LF1 si distingue immediatamente per il colore nero della carrozzeria abbinato a tutta una serie di dettagli verniciati di rosso e oro. Questa versione si distingue poi per 65 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Intervista luca De Meo, audi «Avvicineremo il Motorsport alle concessionarie partendo da RS» di Emiliano Perucca Orfei | Luca De Meo, Responsabile globale per vendite e marketing e membro del board Audi, ci ha spiegato come la Casa dei Quattro Anelli sia impegnata ad avvicinare sempre più il motorsport alla distribuzione, puntando su customer racing, merchandising e gamma RS A A margine della 24 Ore di Le Mans, dove anche quest’anno, contro ogni aspettativa, si è imposta con forza ancora una volta la Casa dei Quattro Anelli, abbiamo avuto modo di parlare con Luca De Meo, Responsabile globale per vendite e marketing e membro del board Audi. una parte della nostra rete di concessionari a specializzarsi sul mondo sportivo. Soltanto questi dealer saranno quelli che venderanno la R8 e tutta la gamma RS, in modo da interfacciarsi meglio con questo tipo di clientela. Una clientela molto particolare e preparata». Ancora una volta avete dato una prova di forza incredibile nel motorsport con una doppietta indimenticabile a Le Mans. Avete pensato a come sfruttare questo vantaggio anche sul mercato? «Oltre ai concetti Audi quattro, Audi ultra e Audi e-tron vogliamo sviluppare molto il mondo Audi Sport. L’idea è quella di collegare il motorsport alla distribuzione in maniera molto più diretta rispetto al passato. Prima di tutto vogliamo puntare con più forza sul customer racing, ma anche sul merchandising e poi vogliamo portare L’idea sembra proprio quella di dare vita a concessionarie dedicate alla gamma RS. Avete già incominciato? E in Italia? «Abbiamo avviato il primo progetto pilota in Inghilterra. In Italia non abbiamo ancora incominciato, ma in ogni caso non vogliamo escludere nessuno. Il nostro obiettivo rimane sempre quello di far guadagnare e crescere le nostre concessionarie e di metterle nella condizione di fare profitti». 66 Avete creato molti sub-brand Audi su cui sembrate credere molto, soprattutto a livello di comunicazione. I clienti non rischiano però di essere disorientati? « I nostri brand - Audi ultra, Audi quattro, Audi Sport, Audi e-tron ecc. - non fanno parte di una strategia di marketing, nuda e cruda, fine a se stessa, ma nascondono dietro un mondo vero, fatto di persone che ogni giorno studiano e sviluppano nuovi sistemi e tecnologie all’avanguardia. Per questo motivo riusciamo ad essere veramente credibili, perché i nostri clienti capiscono che i marchi della famiglia Audi sono sinonimo di vere realtà di eccellenza, e non mosse pubblicitarie. Quando diventi un marchio che produce 1 milione e mezzo di pezzi assumi una dimensione industriale nuova. Audi è come se fosse diventata un diamante con diverse facce, che brilla di luce diversa in qualunque posizione la si guardi». 67 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Intervista Periodico elettronico di informazione motociclistica aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb Quali sono i sub-brand più forti oggi e quanto contano realmente? «Per creare l’immagine di un marchio, o anche di sottomarchi, servono 30 anni. Oggi per esempio, parlando del mondo Audi, tutti conoscono quattro e TDI mentre per far crescere gli altri nostri brand dovremo aspettare. Sono certamente importanti i sub-brand e danno una grossa mano, ma è chiaro che il centro rimane Audi, i clienti ci conoscono e ci scelgono per il marchio dei Quattro Anelli». 68 Il marchio Audi ultra è ancora concentrato sullo sviluppo di tencologie lightweight? «Audi ultra non rappresenta solo il mondo delle tecnologie lightweight. Era così in passato ora è sinonimo di tutte le nostre più recenti tecnologie, a 360°». Winterkorn, CEO del Gruppo VW, ha detto che i modelli si evolveranno con molta più velocità rispetto al passato. Come si traduce questo concetto in casa Audi? «Accorciare i cicli di vita dei prodotti non mi sembra una soluzione fattibile per il nostro marchio, che opera spesso in mercati maturi come l’Europa. Ci avevano già provato diversi anni fa alcuni marchi giapponesi, che avevano accorciato il ciclo di vita a quattro anni, ma loro puntavano a mercati di conquista e comunque quell’esperienza non diede i frutti sperati. Secondo me il vero tema è come rinnovare il prodotto all’interno del ciclo di vita, separando sempre più l’hardware dal software. Un discorso che diventa ancora più interessante per lo sviluppo del mercato usato. Dopo 8 anni per esempio un sistema multimediale è diventato veramente obsoleto, sarebbe bello poter intervenire su alcuni aspetti dando ai clienti la possibilità di aggiornarli nel tempo». Come considera la rivalità nell’endurance tra i cugini di Audi e Porsche? «Prima di tutto il ritorno di Porsche non può che giovare ad Audi perché in questo modo si parla sempre di più di questo campionato e guadagniamo tutti in visibilità. Paragono questa situazione a quella dei club e della Nazionale di calcio. I giocatori possono cambiare casacca e andare a giocare per l’una o per l’altra squadra, ma alla fine quando sono ai Mondiali giocano tutti per la stessa causa. E Porsche e Audi cambattono in maniera leale, ma alla fine fanno il gioco dello stesso Gruppo». Audi ultimamente ha ricevuto diverse critiche per un stile considerato troppo conservativo. Come considera queste obiezioni? «Ultimamamente siamo stati molto criticati a livello di design, perché hanno accusato Audi di evolversi troppo lentamente e di presentare sempre modelli troppo uguali alla generazione precedente. Io rispondo che bisogna guardare i numeri. Nel 2009, solo cinque anni fa, Audi produceva meno di 1 milione di auto, oggi invece il traguardo del milione lo abbiamo abbondantemente superato. È vero, ci siamo imposti in Cina, ma vendere auto ai cinesi non è facile, anzi. La Repubblica Popolare è forse il mercato dove 69 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Intervista aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb è più difficile vendere ed affermarsi». Dobbiamo aspettarci qualcosa di nuovo in futuro in termine di design? «Come spiega sempre Walter De Silva Mercedes ha avuto la Stella a tre punte, BMW il doppio rene. Audi aveva bisogno di due generazioni di prodotti per creare una forte identità. Bene, ora che ci siamo riusciti siamo pronti per un grande salto in termini di stile, che vedremo già sui modelli di prossima generazione, anche se è chiaro che manterremo sempre una forte identità». Il Gruppo VW cresce in maniera esponenziale e continua a 70 macinare record di vendite. Come mai non riesce ad imporsi con una prova di forza anche negli Stati Uniti? «La situazione di Audi in America è molto cambiata negli ultimi anni, perché è cambiata la percezione del brand. Abbiamo creato delle basi solide, fondamentali per garantirci una grande crescita. Non facciamo salti epocali, ma continuiamo a crescere in maniera costante, quest’anno, fino ad ora, abbiamo fatto registrare negli Usa un +10%. Il nostro obiettivo è di arrivare a vendere negli Stati Uniti 200.000 macchine nel 2020 (157.000 unità nel 2013), un obiettivo lontano da quello che fanno Mercedes e BMW, ma quello che conta è che anche noi arriveremo a quei risultati, col tempo». Come sta andando l’esperienza con Ducati? «Anche questa volta abbiamo dimostrato in maniera concreta che un nuovo marchio che entra a far parte della nostra famiglia non deve temere una perdita di identità, ma nemmeno del suo management e della sua cultura. Certo ora Ducati fa parte di una grande famiglia e sono cambiate alcune cose, per esempio c’è molta più attenzione alla qualità ed al dettaglio. Lavorano in autonomia, ma è chiaro che c’è un contatto costante e diretto con Ingolstadt». Il nostro obiettivo è di arrivare a vendere negli Stati Uniti 200.000 macchine nel 2020 71 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Attualità Periodico elettronico di informazione motociclistica Ricarica wireless (induttiva) significa ricarica senza contatto. Il termine tecnico esatto è inductive power transfer, che però è generico e non è detto sia senza contatto. Vi descriviamo come funziona questo sistema, che nel giro di pochi anni potrebbe trovare applicazione nel settore automotive, consentendo la ricarica dell’auto elettrica senza contatto. Wireless appunto, a veicolo fermo o persino in movimento. Nel 2017 il Gruppo Volkswagen potrebbe essere pronto a fare debuttare la ricarica wireless sull’auto elettrica. Gli ingegneri tedeschi stanno sviluppando questa tecnologia da anni e sono in piena fase di sviluppo. Anche Toyota è pronta con le Prius ad avviare la fase di prova del sistema di ricarica wireless, basterà parcheggiare l’auto nella specifica piazzola, sopra l’induttore, per avere la Prius caricata in circa un’ora e mezza. Il problema oggi riguarda gli standard che le diverse case dovranno adottare, problema che si è già posto per le colonnine di ricarica (che presentano spine diverse a seconda del produttore). È essenziale che le aziende stabiliscano in tempi brevi uno standard comune. Il rischio, detto in parole semplici, è che si abbiano tanti sistemi diversi quanti sono i produttori (come accadeva con il caricabatteria dei telefonini prima che fosse imposto lo standard micro-USB). Cosa dicono gli esperti del Politecnico di Milano Ricarica Wireless per le auto la spina ha i giorni contati? di Andrea Perfetti | Siamo stati al Politecnico di Milano per conoscere tutti i pro e i contro della ricarica senza contatto dei veicoli elettrici. Volkswagen e Toyota si dichiarano pronte, ma è davvero questo il futuro dell’auto? 72 Per capire se la ricarica wireless è davvero pronta e quali vantaggi e svantaggi porta con sé, siamo stati al Politecnico di Milano, dove abbiamo incontrato due massimi esperti della materia: il professor Francesco Castelli Dezza (Associate Professor – Department of Mechanical Engineering) e il ricercatore Davide Tarsitano (Assistant Professor - Department of Mechanical Engineering), che fanno parte del road vehicle dynamics research group del dipartimento di Meccanica del Politecnico di Milano, coordinato dal professor Federico Cheli. Saranno i due docenti, nelle righe che seguono, a rispondere coralmente alle nostre domande e a fare chiarezza sulla ricarica elettrica induttiva e sulla ricarica in genere dei veicoli elettrici. Come funziona la ricarica wireless? «Ci sono tre modalità differenti che implicano tecnologie diverse. La prima è senza contatto ma con i due oggetti molto vicini: c’è contatto meccanico, ma non elettrico. È il principio di funzionamento del trasformatore elettrico. Il classico esempio è quello degli spazzolini elettrici o delle caffettiere elettriche. La seconda soluzione viene adottata in questo ultimo periodo e prevede una certa distanza (fino a 10-20 cm) tra il veicolo e il punto di ricarica. In questo modo non si rischia di prendere la scossa e non è richiesto il posizionamento precisissisimo del mezzo per procedere alla ricarica, non c’è bisogno dell’incastro meccanico. È come avere una presa, ma senza il contatto fisico. Dà grande libertà d’azione: il mezzo può arrivare alla fermata e ricaricarsi, basta che stia all’interno di una sagoma. La terza via prevede invece che nell’asfalto sia inserito un lungo conduttore percorso da corrente (o tanti piccoli conduttori), che crea un campo magnetico, in modo che il veicolo si ricarichi mentre sta andando, quindi con continuità. Ciò riduce drasticamente la presenza di batterie a bordo, il veicolo diventa come un filobus ma senza fili. L’oggetto è continuamente alimentato. Si riducono il peso e il costo delle batterie, che sono il grosso limite dei veicoli elettrici di oggi, in cui metà del costo dipende dalle batterie, che hanno una durata massima di circa quattro anni. Aggiungerei l’impatto pesantemente negativo di tale soluzione sull’infrastruttura». La vita della batteria e l’importanza della ricarica lenta «Quando il mezzo è puramente elettrico, la batteria ha una vita maggiore perché non si chiedono grossi spunti. La vita della batterie è invece inferiore sui mezzi ibridi, che hanno accumulatori più piccoli a cui si chiedono importanti spunti 73 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Attualità Periodico elettronico di informazione motociclistica aspetto. Oggi tutti i mezzi elettrici sono diversi, si sta arrivando solo ora alla standardizzazione delle prese presso le colonnine. E lo stesso dovrà per forza di cose essere fatto con la ricarica wireless, al fine di avere sistemi compatibili con le auto fornite da costruttori diversi». Tra i vari sistemi, ce n’è qualcuno in fase avanzata, pronto per l’industrializzazione? «Oggi diremmo di no. C’è solo un’azienda legata all’Università di Oakland, acquistata dalla Qualcomm (è una società di ricerca e sviluppo nel campo delle telecomunicazioni senza fili con sede a San Diego, in California. NDA), che sta lavorando alla ricarica a distanza (15/20 cm) e ci crede. Un’altra soluzione presente sul mercato è “plugless”, prodotta da Evatran Group, Wytheville, VA. Presenta caratteristiche tecniche del tutto simili alla precedente.. Altri enti coinvolti e numerosi cicli di carica e scarica giornalieri. La vita media delle batterie delle auto elettriche si sta avvicinando molto alla vita dell’auto stessa (con 2/3.000 cicli di ricarica; il fine vita della cella corrisponde all’80% della capacità di carica della batteria). Dieci anni sono alla portata quindi delle batterie moderne». «Le batterie vanno caricate con cura, con un tempo significativo. Psicologicamente questo rappresenta un altro limite, anche se oggi si sente parlare sempre più di ricarica rapida. Oggi la ricarica veloce è realtà, basta avere tanta potenza al contatore (a casa è impossibile). Va però considerato come una ricarica troppo veloce possa deteriorare rapidamente la batteria. La batteria si carica correttamente in circa tre ore: cariche più rapide fanno male alla batteria, gli elettrodi si consumano prima, la batteria si scalda molto (di più rispetto alla scarica rapida). La carica veloce può essere fatta occasionalmente, se ripetuta danneggia la 74 sono soprattutto a livello universitario, ma oggi è ancora prematuro capire quando saranno industrializzati i sistemi di ricarica wireless dei veicoli. Si potrebbe partire con piccole flotte municipalizzate, mentre è difficile proporre una soluzione di questo tipo al settore automotive. Siamo ancora nella fase prototipale di sperimentazione». Esiste anche un problema di rete? «Per avere una rete di ricarica wireless, a ben guardare, basterebbe utilizzare la rete esistente oggi, fatta di colonnine. Questi punti sarebbero infatti già di per sé idonei a consentire la ricarica wireless a veicolo fermo (diverso è invece il discorso della ricarica induttiva a veicolo in movimento). Cambia solo il mezzo con cui viene trasferita l’energia; il problema non è la distribuzione, quanto la contabilizzazione dell’energia. Bisogna capire come far pagare l’energia». batteria riducendone la durata; è quindi adatta alle emergenze. Bisogna tener presente che le batterie stanno migliorando, si sta lavorando a elementi che possano ricevere cariche rapide senza deteriorarsi». Quando conviene la ricarica wireless? «Il problema grosso della ricarica induttiva consiste nel capire su chi ricade il costo della infrastruttura a terra. Il resto, vale a dire l’aspetto tecnologico, non è così complesso a livello di principio. Semmai il problema è che non esiste ancora uno standard tecnologico accettato da tutti e che si adatti a mezzi leggeri, ma anche a veicoli più pesanti come gli autobus. C’è bisogno di un protocollo di comunicazione e di scambio dei dati. Per capirci: come una volta si decise come andava fatto il bocchettone di rifornimento delle auto a benzina, anche oggi – seppure più complesso – abbiamo da risolvere questo 75 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb L’università sta lavorando tanto sulla ricarica induttiva. Le Case invece a che punto sono? Ci credono? «Lavoriamo con grandi aziende, ma sono molto attente a non dichiarare la loro visione generale. Hanno sicuramente un interesse verso la ricarica induttiva, ma è difficile capire in che direzione vogliano andare. Oggi sicuramente stanno lavorando tantissimo sull’ibridizzazione del veicolo, però l’utenza non è ancora pronta a un veicolo che, se si ferma, non riparte più se non dopo alcune ore di carica. Toyota ha lavorato tanto e bene, e oggi è sicuramente molto forte negli ibridi. Oggi le Case non stanno puntando sulla ricarica wireless, quanto su due altre vie: da un lato l’elettrificazione completa dell’auto, dall’altro lato l’ibridizzazione del veicolo». 76 Attualità Periodico elettronico di informazione motociclistica Cosa ne pensate dei veicoli elettrici col range extender come la Opel Ampera, interamente elettrici ma dotati anche di un gruppo di continuità a bordo che produce energia? «Sono veicoli più efficienti rispetto a un ibrido leggero (come la prima Prius che faceva pochissimi chilometri in modalità elettrica), ma offrono una soluzione tampone nel senso che l’auto fa solo 50/60 chilometri in modalità elettrica, salvo poi accendere il generatore di bordo (range extender) per produrre energia. Ha il vantaggio di dare serenità al consumatore, che sa che non resterà a piedi». consideriamo la ricarica wireless e veicolo fermo e quella con contatto. I costi dei veicoli sarebbero invece molto più bassi, se avessimo una rete di ricarica wireless in movimento, perché potremmo avere batterie molto più piccole e leggere a bordo. Ma i costi si trasferirebbero sulla rete elettrica interrata, la struttura a terra costerebbe infatti molto, con cifre simili a quelle dei treni ad alta velocità . Dobbiamo poi considerare che la rete a terra, in città, troverebbe l’ulteriore problematica delle tubazioni e condutture urbane, scavare in qualsiasi città è un grosso problema. È difficile avere spazio sottoterra libero con continuità». Le Case temono l’auto elettrica per i mancati guadagni legati alla ricambistica? Le auto elettriche hanno molto meno parti soggette a usura. «Certamente, l’auto elettrica in generale pone un problema di ricambistica per le case madri legato al mancato lucro: hanno una manutenzione molto più bassa rispetto alle auto a motore termico. Non ci sono filtri, oli e candele da cambiare, e sappiamo bene quanto la voce ricambi sia profittevole per le case. Tolto il motore termico, hai perso tutta la manutenzione del motore. E anche le pastiglie dei freni si consumano molto meno, perché il motore elettrico partecipa alla frenata del veicolo. Tutto l’indotto, con l’auto elettrica, soffrirebbe minori guadagni». Quali sono i pro e i contro della ricarica wireless? «Tra i pro sicuramente il fatto che non ci sia rischio di folgorazione. Non ci sono elementi in tensione esposti, posso toccare qualsiasi parte dell’auto senza rischiare. Inoltre quando arrivo con l’auto, non devo collegare nulla, la ricarica parte da sola. I contro sono legati alla salute e al problema dei campi magnetici che devono trasferire energia. Sono molto bassi, tutti assicurano che non creano danni. Ma non esistono studi scientifici sugli effetti che hanno sul corpo umano. Sicuramente un rasoio elettrico è molto più pericoloso di qualunque altra tecnologia, perché ha un campo magnetico alto ed è vicino al corpo. Ci sono molte cause di gente che afferma di essere stata rovinata da linee elettriche o altri disturbi, ma non ci sono evidenze sui legami. Un altro contro dei sistemi di ricarica wireless è dato dal costo dell’elettronica di potenza a bordo del mezzo e del materiale ferro-magnetico che è delicato, pesante e molto costoso. C’è poi il costo della struttura, che però si riparte su n mezzi. Prima che la ricarica wireless sia installabile su un mezzo, c’è da lavorare ancora molto. Il sistema va ridotto e fatto funzionare bene, non deve creare danni alle persone e bisogna capire come fatturare l’energia». Dal punto di vista economico il sistema di ricarica wireless ha dei vantaggi rispetto alla ricarica con contatto? «Diremmo di no, i costi sono i medesimi se 77 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Attualità Periodico elettronico di informazione motociclistica Citytech quale futuro per la mobilità in città? coincidono più con quanto le amministrazioni pubbliche propongono a livello di infrastrutture e che vanno assolutamente armonizzate con le richieste emergenti di car sharing, bike sharing e trasporto pubblico. Come detto, le infrastrutture italiane non rispondono più alle nuove esigenze di mobilità dei cittadini ed il boom tecnologico spinge verso la creazione di una mobilità sempre più interconnessa, interoperabile e on demand. Occorre, quindi, un nuovo paradigma della Mobilità: Citytech si pone l’obiettivo di analizzarne le caratteristiche, affrontandone la complessità e molteplicità dei temi: interoperabilità ed interconnessione, sharing mobility, city logistics, infomobilità ed ITS, infrastrutturazione, ciclabilità, mobilità elettrica, innovazione di servizi. Tra le diverse aziende presenti in forma ufficiale, vanno ricordate Renault che ha presentato la gamma di automobili a “zero emissioni” e Smart con il programma “car2go” di car sharing urbano e la versione elettrica; per le due ruote, il vessillo dell’innovazione è stato tenuto alto dalla CPR, che ha presentato la più recente evoluzione della Energica Ego, la sportiva ad alte prestazioni 100% elettrica. Citytech, comunque, è soprattutto un momento di confronto e discussione: i lavori sono iniziati proprio con la sessione “Mobilità intelligente: la nuova sfida per le città”, per proseguire nel pomeriggio con il workshop “Da zero a quattro ruote: come muoversi nelle città di domani, regole e policy della mobilità nuova del prossimo decennio”, organizzato da Roma Capitale, Anci e Fondazione Unipolis. Dopo aver chiuso la prima giornata con la presentazione del libro “Car sharing, il business che si muove” di Carlo Iacovini, Edizioni Ambiente, mercoledì 11 giugno i lavori si sono incentrati su “Le Storie di successo nell’ambito del bike sharing, car sharing, mobilità elettrica, TPL, pedonalità, ciclabilità e ITS”, con tutte le migliori case history dall’Italia e dall’estero. Nel pomeriggio, il workshop organizzato da Eurispes in collaborazione con Roma Capitale, dal titolo “Un nuovo modello di governance per la City Logistics: i primi risultati dell’Osservatorio Mobilità e Trasporti di Eurispes” ha di fatto chiuso i lavori, non senza dare appuntamento per la prossima edizione di Citytech, in programma dal 26 al 28 ottobre prossimi a Milano, al Castello Sforzesco e Palazzo Reale, quando con l’occasione debutterà anche “BUStech”, evento dedicato al mondo dell’autobus e del Trasporto Pubblico Locale, che aprirà una vetrina itinerante sulle eccellenze tecnologiche sul mercato, con costruttori, aziende di componentistica, test su strada, convegni, aziende di Tpl ed istituzioni. Alfonso Rago | Due giorni di discussioni ed analisi per gli scenari prossimi del muoversi in ambito urbano, da armonizzare in modo equilibrato tra esigenze emergenti, vecchi privilegi ed nuovi protagonisti della mobilità C itytech 2014, benvenuti nella mobilità del futuro prossimo venturo: una Roma già torrida ha ospitato la due giorni di discussione e confronto sui temi della mobilità urbana. Un evento dai nobili padrini (è stato promosso da Roma Capitale, Rappresentanza in Italia della Commissione Europea e Gruppo Ferrovie dello Stato, in 78 collaborazione con Eurispes e con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dello Sviluppo Economico e del Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare e della Regione Lazio) giusto per far capire quanto il tema stia a cuore alle istituzioni, chiamate a dare risposte immediate e convincenti alle esigenze dei cittadini che ormai non 79 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito I motori auto raffreddati ad aria Dalla Fiat 500 alla BMW Isetta di Massimo Clarke | La nostra panoramica prosegue con alcune significative realizzazioni tedesche di piccola cilindrata e con lo straordinario bicilindrico della Nuova 500 Fiat, che vanta tuttora un’ampia schiera di appassionati G li anni Cinquanta hanno portato alla ribalta, per quanto riguarda le piccole vetture con raffreddamento ad aria, due case tedesche già ben note in campo motoristico. In Germania ci si stava riprendendo con vigore, ma anche in mezzo a imponenti difficoltà, dai disastri della guerra. A potersi permettere auto di media cilindrata, anche se economiche, come le varie Volkswagen, DKW-Auto Union, Ford Taunus e Opel Olympia, non erano ancora in molti e una larga fetta della popolazione attiva, dopo una ampia militanza motociclistica, stava rivolgendo le sue attenzioni alle minivetture a due posti. Diversi costruttori le stavano proponendo, in genere con semplicissime motorizzazioni a due tempi. La Lloyd LP600 con il suo bicilindrico da 19 CV Dopo avere costruito mezzi di questo genere dal 1950, la Lloyd di Brema ha presentato nel 1955 la LP 600, una utilitaria azionata da un bicilindrico a quattro tempi di 600 cm3 raffreddato ad aria. Questa casa tedesca aveva radici che risalivano addirittura ai primi anni del Novecento. Dal 1914 aveva dato origine alla Hansa-Lloyd, che si era fatta ben presto apprezzare principalmente per i suoi veicoli industriali. L’azienda era entrata a far parte del gruppo Borgward nel 1929. Nel dopoguerra questo potente raggruppamento 80 Tecnica Periodico elettronico di informazione motociclistica industriale produceva vetture di diversi tipi e dimensioni con i marchi Goliath, Lloyd e, appunto, Borgward. La LP 600 era azionata da un motore a due cilindri in linea di moderna concezione e di ottima qualità costruttiva. La distribuzione era monoalbero, con comando a catena collocata lateralmente. I cilindri e le teste erano individuali, mentre il sopratesta, nel quale erano alloggiati l’albero a camme e i bilancieri a due bracci, era unico. Le camere di combustione erano emisferiche. L’albero a gomiti composito lavorava interamente su cuscinetti a rotolamento e poggiava su tre supporti di banco, ricavati nel basamento (realizzato in due parti, che si univano secondo un piano orizzontale). L’alesaggio di 77 mm era abbinato a una corsa di 64 mm; la cilindrata era quindi di 596 cm3. La potenza di 19 cavalli veniva erogata a un regime di 4500 giri /min. Alla Lloyd LP 600 è stata in seguito affiancata la Alexander, azionata dallo stesso motore. Entrambi questi modelli sono usciti di produzione nel 1961 (quando si è verificato il collasso del gruppo Borgward), dopo che ne erano stati costruiti circa 176.000 esemplari. campo dei motori aeronautici. Dopo però aveva dovuto smettere l’attività in tale settore e inoltre diversi suoi stabilimenti erano andati a finire nella Germania Est. La ripresa postbellica a Monaco si stava rivelando dura e si basava fondamentalmente sulle moto. Le automobili venivano costruite dalla BMW in numeri modesti anche perché si trattava di modelli di elevato livello e quindi costosi. Visto pure che nel mercato delle due ruote già si stavano avvertendo i primi sintomi di crisi, per sopravvivere a un certo punto i vertici dell’azienda hanno deciso di puntare, almeno provvisoriamente, sulle minivetture. Nel 1955 è stata così acquisita dalla Iso di Bresso, alle porte di Milano, la licenza di costruzione della Isetta, una simpatica “bubble car” a due posti. Per motorizzarla è stata impiegata una versione con raffreddamento ad aria forzata del monoci- lindrico di 250 cm3 della moto R 25, ben presto seguito da una nuova variante di 300 cm3. In Italia l’Isetta ha avuto scarsa fortuna, ma la versione tedesca è stata prodotta in ben 161.000 esemplari. Nel 1957 la BMW ha realizzato la 600, nota anche come Isetta a quattro posti, azionata da una versione automobilistica del suo ottimo motore a due cilindri orizzontali contrapposti per moto. Questa nuova minivettura, bruttina a dire il vero, è rimasta in produzione per un paio d’anni soltanto, durante i quali è stata costruita in circa 35.000 esemplari. Ben diverso è stato il successo della 700, una vera automobile, piccola ma dalla estetica decisamente azzeccata, che è stata venduta in numeri interessanti anche sul nostro mercato. Entrata in produzione nel 1959, era azionata da un bicilindrico che costituiva un ulteriore sviluppo del boxer nato per impiego L’indimenticabile BMW Isetta Attorno alla metà degli anni Cinquanta la BMW si trovava in notevoli difficoltà economiche. Negli anni Trenta e durante la guerra la casa bavarese era stata una delle più importanti del mondo, nel 81 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Tecnica Periodico elettronico di informazione motociclistica “ Nella storia dell’automobile poche utilitarie hanno avuto un’importanza paragonabile a quella della Fiat Nuova 500 motociclistico. La distribuzione era ad aste e bilancieri, con albero a camme collocato nella parte superiore del basamento (del tipo a tunnel, ovvero costituito da un’unica fusione) e azionato da una coppia di ingranaggi. In ogni testa erano alloggiate due valvole, sensibilmente inclinate tra loro, il che consentiva di avere camere di combustione emisferiche. L’albero a gomiti di tipo composito poggiava su due supporti di banco e lavorava interamente su cuscinetti a rotolamento. La lubrificazione era a carter umido, con pompa a ingranaggi; appositi convogliatori centrifughi raccoglievano l’olio che usciva dai cuscinetti di banco e lo facevano arrivare a quelli di biella. Con un alesaggio di 78 mm e una corsa di 73 mm, la cilindrata era di 697 cm3. Nel modello base della BMW 700 il motore erogava 30 CV a 5000 giri/ min, che salivano a 40 CV a 5700 giri/min nella 82 versione Sport (coupé). Questa vettura è stata costruita fino al 1965 in un totale di oltre 92.000 esemplari. A risollevare le sorti della casa bavarese è stata fondamentalmente l’ottima 1500, apparsa nel 1962 e rapidamente seguita dalla 1800, dalla 1600 e dalla 2000, tutte realizzate con lo stesso schema costruttivo. Da allora in poi i successi per la BMW si sono susseguiti senza posa. La piccola e brillante 700, per le sue ottime doti, oltre che per l’apprezzabile contributo dato all’azienda in un periodo difficile, merita senz’altro di essere ricordata con grande simpatia. Fiat 500: con il suo bicilindrico ha motorizzato l’Italia Nella storia dell’automobile poche utilitarie hanno avuto un’importanza paragonabile a quella della Fiat Nuova 500. La storia di questa 83 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Tecnica Periodico elettronico di informazione motociclistica 4000 giri/min. Successivamente ha fatto la sua comparsa la versione di 499 cm3, ottenuta portando l’alesaggio a 67,4 mm. Impiegata dapprima sulla Sport, è diventata standard con la 500 D, apparsa nel 1960 con una potenza di 17,5 CV a 4400 giri/min. Tra le caratteristiche più interessanti di questo bicilindrico vi era il sistema di lubrificazione dotato di un filtro centrifugo piazzato alla estremità dell’albero a gomiti; la pompa dell’olio a ingranaggi veniva direttamente azionata dall’albero a camme. La testa era costituita da un’unica fusione in lega di alluminio, debitamente alettata, con i due condotti di aspirazione “siamesi” e con le valvole parallele (quelle di aspirazione erano da 32 mm e quelle di scarico da 28 mm). I due cilindri erano in ghisa. L’albero a gomiti, in ghisa malleabile, era cavo internamente e lavorava su bronzine; dotato di un grosso contrappeso in posizione centrale, veniva realizzato con una tecnologia fusoria d’avanguardia. I due perni di banco erano da 54 mm e quelli di biella da 44 mm. Insomma, si trattava di un motore studiato e realizzato per abbinare nel migliore dei modi semplicità strutturale e razionalità costruttiva, il che si traduceva anche in costi di produzione molto ridotti. La 500 è uscita di produzione nel 1975, dopo che ne erano stati costruiti oltre quattro milioni di esemplari. Il bicilindrico raffreddato ad aria, in versione con cilindrata portata a 594 cm3 (impiegata anche sulla 500 R, apparsa nel 1972), ha continuato a essere utilizzato sulla 126. Il circuito di lubrificazione del bicilindrico Fiat era dotato di una pompa a ingranaggi mossa dall’albero a camme e di un filtro centrifugo montato alla estremità dell’albero a gomiti Nel bicilindrico boxer BMW, qui mostrato nella originale versione motociclistica, l’albero a gomiti era composito e il basamento era a tunnel, con albero a camme collocato superiormente bicilindrica che tanto ha contribuito a motorizzare l’Italia è fin troppo nota. In questa sede basta sinteticamente ricordare che prima di arrivare alla scelta definitiva, per quanto riguarda il motore (si era stabilito che avrebbe dovuto comunque essere a due cilindri e raffreddato ad aria), nel periodo tra il 1953 e il 1955 sono state prese in considerazione svariate soluzioni diverse e sono anche stati realizzati alcuni interessanti prototipi. Addirittura è stata anche valutata la possibilità, fortunatamente scartata, di utilizzare un bicilindrico parallelo, di 540 cm3, con distribuzione a valvole laterali (tipo 110 E4). Un motore ben più moderno e performante, sempre con i cilindri in linea, era dotato di un albero a camme 84 in testa, con comando a catena e con valvole parallele (tipo 110 E1); il costo è stato però giudicato eccessivo e la distribuzione troppo sofisticata, in relazione al tipo di impiego previsto. Molto interessante è stato anche il prototipo 110 E6, con i due cilindri orizzontali e contrapposti, distribuzione ad aste e bilancieri e con una cilindrata di 436 cm3. Alla fine è stata prescelta l’architettura a due cilindri paralleli, con albero a camme nel basamento e con due soli supporti di banco. La Nuova 500 è stata presentata nel 1957. La prima versione del motore aveva una cilindrata di 479 cm3, ottenuta con un alesaggio di 66 mm e una corsa di 70 mm. La potenza dai 13 cavalli iniziali è stata rapidamente portata a 15, a un regime di 85 Speciale formula 1 86 87 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Formula 1 Austria le pagelle del Red Bull Ring di Giovanni Bregant | Anche il GP di Formula 1 d’Austria si divide tra i 10 e gli 0 in pagella. Rosberg rappresenta i primi, mentre le regole della F1 i secondi S arebbe bastato poco per vedere una gara, e delle pagelle, molto diverse. Sarebbe bastato, ad esempio, che la Williams di Bottas rifornisse un giro prima o che Hamilton ne avesse un po’ di più per tentare realmente di attaccare, almeno una volta, Rosberg. E invece... dopo uno strepitoso primo giro in cui era passato da 10° a 4° alle spalle del tedesco, annullando di fatto il disastro delle qualifiche, l’inglese pareva essere in una di quelle sue giornate di grazia in cui nessuna impresa gli è preclusa. 88 Formula 1 Periodico elettronico di informazione motociclistica Al limite sempre ma mai oltre Anche perché con la rimonta compiuta in un giro solo non aveva nemmeno rovinato gli pneumatici più di tanto. E invece niente da fare: Rosberg imperturbabile ha fatto la sua gara, al limite di tutto ma mai oltre, con il guizzo del sorpasso ritardato a Perez quando è stato il momento di dare uno strappo. È stata una gara perfetta quella di Rosberg, al punto che pareva non tirare nemmeno più di tanto e veniva naturale chiedersi non se, ma quando Hamilton l’avrebbe attaccato. Ma non è mai accaduto. Una gara alla Lauda, la sua: poco spettacolare forse ma devastante per gli avversarsi, che in questo caso ovviamente erano uno solo, quello di tutte le gare di quest’anno. E allora voto 10 a Rosberg, che ha dato una lezione di guida e l’ennesima dimostrazione di forza mentale, e voto 7 a Hamilton, perché a parte uno strepitoso primo giro in Austria ha incassato un’altra pesante sconfitta, stavolta senza problemi tecnici, dopo una qualifica disastrosa (anche se sul testacoda nell’ultimo tentativo il dubbio di un problema tecnico rimane) e una gara con il fiato corto. Chi l’avrebbe detto un mese fa? Voto 9 a Bottas, che manca la pole per un eccesso di foga nell’ultimo tentativo in qualifica ma in gara si mostra già capace, con una Williams, di correre alla pari con Rosberg ed Hamilton. Concretissimo, mai un errore, opportunista e “cattivo” il giusto nel proteggere la posizione e nel tentare l’affondo non appena gli si presenta l’occasione. Se avesse rifornito un giro prima avrebbe potuto giocarsi la vittoria. Grintoso. Per Massa gara... “alla Massa” Voto 7,5 invece ma non di più a Massa, che ha corso “alla Massa”, cosa che non è esattamente un complimento: partiva in pole e ha condotto la gara nei primi giri, ma una volta dietro i piloti Mercedes per effetto dei pit stop perde via via terreno, corre aspettando che accada qualcosa mentre Bottas non rinuncia a mettere pressione a Rosberg non appena questi alza il ritmo di pochi decimi. Spiace dirlo, ma è l’ennesima gara in cui Massa si dimostra velocissimo in qualifica per poi naufragare lentamente in gara, poco grintoso e arrendevole. Deludente. Voto 8 invece ad Alonso, che realizza l’ennesima impresa destinata a non restare nell’albo d’oro della F1, correndo tutta la gara su ritmi elevatissimi per conquistare un... 5° posto. Stavolta, complice la scarsa competitività della Red Bull e i problemi di Hamilton, si qualifica addirittura in seconda fila e anche in gara si difende bene, anche se i primi quattro sono imprendibili: certo come distacco dal primo è stata la migliore gara dell’anno, ma la 89 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Formula 1 Periodico elettronico di informazione motociclistica aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb però voto 7. Identico voto anche a Hulkenberg, che entra ancora una volta in Q3, corre bene e porta a casa dei punti, ma la sua strategia - più “regolare” - si dimostra meno valida di quella di Perez. E voto 7 anche a Ricciardo, l’eroe del Canada che in Austria è stato sì davanti ancora una volta a Vettel, ma complice una Red Bull che in casa proprio non voleva saperne di girare forte ha faticato moltissimo per ottenere un misero 8° posto. Red Bull divisa tra Ricciardo e Vettel verità è che fare meglio proprio non era possibile e che anzi su altre piste la concorrenza della Red Bull sicuramente tornerà pericolosa. I pochi giri al comando grazie al 2° pit stop ritardato servono solo a illudere i telecronisti RAI, già pronti a evocare una vittoria a sorpresa grazie ad un miracoloso 2° stint da 50 giri... Comunque tenace. Ferrari: tra chi ci prova sempre e chi demorde Per lo meno però lo spagnolo ci prova sempre, cosa che non si può dire di Raikkonen (voto 4), che con questa Ferrari - e forse con queste F1 proprio non si trova: non è questione di talento, e nemmeno di determinazione crediamo, ma proprio di comportamento della vettura, anche qualche colpa il finlandese deve pure averla se dall’inizio dell’anno non è ancora riuscito a trovare delle regolazioni decenti. Vederlo vagare per la pista in attesa della fine della gara fino a un poco onorevole 10° posto mette tristezza. Disperso. 90 Perez tenace Un altro che ci prova sempre invece è Perez, che in Austria a dispetto della penalizzazione subita per l’incidente con Massa ha riproposto una delle sue specialità: 1° stint molto lungo, attento a gestire le gomme al meglio senza essere per questo troppo lento, per poi trovarsi tutti i big dietro in fila indiana e concludere la gara a ridosso dei grandi grazie ad un pit stop in meno. Fateci caso, ma il messicano ha disputato così le sue migliori gare, fin dai tempi in Sauber. Dopo il disastro con la McLaren meritava una seconda possibilità e la Force India ha fatto benissimo a concedergliela. Per lui voto 10, perché più di così proprio non poteva fare. Uno che si è visto poco, ma evidentemente qualcosa di buono ha combinato per finire 7°, è Magnussen, di nuovo a punti dopo alcune gare poco brillanti e davanti al compagno di squadra, anche se la McLaren è semplicemente la peggiore delle squadre motorizzate Mercedes, con buona pace di Ron Dennis. Per Magnussen Lui però almeno è entrato in Q3 e almeno ha visto il traguardo, cose non riuscite a Vettel. A proposito del tedesco: il ritiro non è colpa sua, il 12° posto in griglia sì, quindi voto 4 per il campione del mondo in carica. Per lui, oltre a un motore Mercedes, servirebbe forse un po’ di serenità per ritrovare se stesso... Voto 8 invece a Kvyat, che finché tutti i pezzi della sua Toro Rosso stanno insieme corre a ridosso dei primi, dopo una qualifica strepitosa nella quale asfalta ancora una volta il più esperto compagno di team Vergne. Per essere un debuttante arrivato direttamente dalla GP3, va comunque benissimo così. Per il resto, voto, 9 al Red Bull Ring, come si chiama ora la pista austriaca: il tracciato è rimasto identico a quello su cui si era corso una dozzina di anni fa e dunque del glorioso Österreich non c’è più traccia, ma rimane un circuito diverso dai soliti, con almeno tre staccate buone per tentare un sorpasso e tanti punti dove per i piloti è facile sbagliare. E poi, dopo tante piste costruite letteralmente in mezzo al deserto, il colpo d’occhio della vallata alpina e i suoi sali-scendi naturali lo rendono davvero suggestivo, altro che gran premi in notturna! I controsensi regolamentari Voto 0, comunque, alle regole della F1 che bloccano lo sviluppo dei motori, con il risultato che anche avendo capito dove sta il problema Ferrari e Red Bull non possono rimediare, rassegnandosi a far passare in fretta quest’anno in attesa di una sorte migliore nel 2015: a cosa serve un calendario di 19 gare se poi chi vince si sa già dai test invernali? E poi si lamentano se il pubblico in tv è in diminuzione.... 91 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito La sfiga in Formula 1 rituali e manie dei grandi campioni di Paolo Ciccarone | «Fra un pilota bravo e uno fortunato, preferisco quest’ultimo». La frase è di Enzo Ferrari ed è emblematica: in F1 la superstizione impera! Ecco tutti i rituali anti-sfiga dei più grandi campioni del Circus L’ ultimo esempio? Mark Webber alla 24 ore di Le Mans. In testa fino a poco dalla fine, per un problema tecnico si è dovuto ritirare. E quando Enzo Ferrari diceva che fra un pilota bravo e uno fortunato, preferiva quest’ultimo, capisci come nel mondo della F.1 si fa ma non si dice: la superstizione impera! Si fa presto a dire non 92 Formula 1 Periodico elettronico di informazione motociclistica ci credo. Ma quando ti giochi la vita a oltre 300 all’ora, a quel punto ogni particolare può fare la differenza. E’ per questo che nel mondo della F.1, fra computer e telemetria, progettazioni da fantascienza e programmazioni spaziali, fa capolino l’antico rituale della scaramanzia. Ufficialmente ne sono tutti immuni, poi basta guardarli da vicino e si scopre che, sotto questo aspetto, gli eroi della F.1 sono forse più deboli della gente normale. Schumacher e i colori del casco Anche se a prima vista sembrava uno freddo, distaccato e per niente coinvolto in queste cose, Michael Schumacher aveva la sua bella serie di rituali anti-jella. E visto quello che gli è accaduto sugli sci lo scorso 29 dicembre, è facile parlare di sfortuna al 100 per 100. Tanto per cominciare Michael entrava in macchina sempre dallo stesso lato, quasi fosse casuale. Ma il vero colpo di anti-jella Schumacher lo fece nel 2000. Fino a quel momento il casco del pilota tedesco ricalcava i colori della bandiera tedesca, con una sfumatura che virava al nero. La calotta era blu con la fascia bianca, che dalla visiera finiva alla calotta posteriore. Con la Ferrari, fino a quel momento, Michael aveva visto sfumare il titolo nel 97 e nel 98, mentre nel 99 trascorse buona parte del suo tempo in ospedale per curare la frattura alla gamba per l’uscita di pista a Silverstone. Ebbene, non si sa chi lo consigliò, ma a partire dal 2000 Schumacher ha cambiato la colorazione del casco passando alla calotta rossa prima e facendo sparire il bianco e buona parte della bandiera tedesca stilizzata. Nelle corse, il colore rosso, infatti, è sinonimo di successo e di vittoria. C’è da dire che l’operazione ha funzionato benissimo. Trulli: il potere dell’aglio Un altro pilota che ha cambiato i colori del casco è stato Jarno Trulli. Appena indossato quello con la calotta argento e striscia blu, si è subito imposto nelle prove del venerdì. Poi ha usato in gara il casco ed è andato a punti. All’inizio doveva essere solo il regalo per il suo compleanno, 13 luglio, poi la colorazione del casco è diventata definitiva. Ma oltre al casco Jarno ha abbinato anche il colpo segreto… L’ultimo caso, in ordine di tempo, risale al Gran Premio di Germania del 2003. Il pilota abruzzese è sempre stato conosciuto come 93 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Formula 1 Periodico elettronico di informazione motociclistica aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb uno che non aveva paura di niente. Ma nel corso degli anni gliene sono capitate talmente tante, che il povero Jarno non ha saputo più a che santo votarsi per venirne fuori. Complice Jean Alesi, suo ex compagno di squadra, durante un pranzo in un noto ristorante sulla costa amalfitana, Trulli ha scoperto il potere terapeutico dell’aglio. “Una volta ne ho comprata una treccia e sono salito sul podio” disse Alesi a Trulli mentre stavano mangiando. Il ristoratore, il mitico Don Alfonso, è uno che le trecce d’aglio (con 13 teste, ovviamente…) le prepara ancora come si faceva una volta. Più che la bontà del prodotto, pare che sia l’azione collaterale ad aver avuto successo nel corso degli anni. Un po’ incerto, un po’ perché tanto provare non costa nulla, il buon Jarno Trulli ha acquistato la treccia d’aglio e se ne è andato a Hockenheim a correre il Gran Premio di Germania. Le prestazioni in pista non sono state 94 malvagie: più veloce il venerdì, rapidissimo il sabato, gran gara alla domenica, ma durante la corsa l’effetto terapeutico della treccia sembrava annullato dalla sfiga perennemente in agguato. Invece Jarno salì sul podio, il primo della stagione, dopo lungo tempo di attesa: non accadeva dal GP d’Europa al Nurburgring del 1997. Una corsa splendida culminata in un risultato eccellente. E la storia dell’aglio è saltata fuori. I produttori di aglio abruzzesi hanno voluto Trulli come testimonial del loro prodotto: l’effetto positivo, almeno sul portafoglio, ha funzionato perfettamente. Alex Wurz: una scarpa rossa, una blu. E quando le tolse... Questa dell’aglio non è la sola mania presente nel mondo delle corse. Tanto per restare ai tempi nostri anche Alex Wurz, attuale pilota Toyota prototipi nelle gare endurance, aveva la sua bella mania. Quando è approdato in F.1 ha stupito il paddock perché indossava una scarpa rossa e una blu. Una volta, quando correva in F.3, si fece prestare delle scarpe da un collega perché, con un piede infortunato, non riusciva a calzare la sua misura. Il collega gli diede una scarpa di misura maggiore ma di colore diverso. Alex vinse la corsa e da quel momento non ha più cambiato la colorazione delle scarpe. Fino a quando non è stato assunto alla McLaren, dove Ron Dennis lo ha obbligato a indossare le scarpe nere coi colori ufficiali della squadra. Sarà un caso, ma da quel momento a Wurz ne sono capitate di tutti i colori: non ha più corso un Gran Premio, gli hanno svaligiato l’appartamento a Montecarlo mentre dormiva con la moglie e la bambina dopo essere stato narcotizzato dai ladri che, per inciso, hanno svaligiato solo quell’appartamento! Con la nuova McLaren, l’abortita MP4/18, ha collezionato uscite di pista e incidenti paurosi ma, e qui arriva il bello, subito dopo il Gran Premio di Malesia e prima di arrivare in Brasile, Alex Wurz è stato trattenuto in ospedale perché c’era il sospetto che avesse contratto la SARS nella trasferta orientale! Alesi, Ghinzani e le immagini sacre Un altro che aveva un buon rapporto con i rituali anti-sfiga era Jean Alesi. In macchina entrava sempre dallo stesso lato e prima di allacciarsi le cinture eseguiva un rituale ben preciso. Jean non è mai salito in macchina senza indossare prima il casco mentre altri piloti, come Berger, hanno sempre preferito prima entrare nell’abitacolo e poi indossare il casco. Sempre a proposito di casco, il fratello di Jean Alesi, Josè, aveva confidato una volta che all’interno della fodera c’era una 95 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Formula 1 Periodico elettronico di informazione motociclistica Coulthard: problemi con le mutande. Patrese ricevuto da Giucas Casella Diverso, invece, il rituale di David Coulthard. Quando correva in F.Ford ebbe un brutto incidente e fu trasportato in ospedale. Tolta la tuta da pilota, i medici scoprirono che l’intimo di David non era proprio in condizioni ottimali. Coulthard divenne rosso per la vergogna e da quel momento, ad ogni sessione di gara o di prove, indossa sempre un paio di mutande nuove di zecca. Un altro che aveva problemi con l’intimo era Riccardo Patrese. Quando correva con la Williams la moglie rivelò, senza volerlo, che spesso le tute usate da Riccardo erano improponibili per via di un effetto collaterale della paura. In questo caso dire che uno se la fa sotto non era solo una metafora… Eppure Patrese passò alla storia per aver vinto un GP del Portogallo grazie al mago televisivo Giucas Casella. Ospite di una trasmissione televisiva col mago, Patrese si fece scappare che non riusciva a capire da dove venisse tanta sfortuna, che gli aveva fatto perdere delle corse già vinte. Casella lo guardò e gli disse, dietro le quinte della trasmissione, “tu vincerai la prossima corsa, perché te lo dico io, hai capito: tu immaginetta sacra che accompagnava Jean fin dai tempi della F.3. Non si può dire, alla luce della carriera di Alesi, che l’immagine sacra non abbia funzionato, ma è anche vero che per resistere alla cura del pilota italofrancese, lassù qualcuno si sia impegnato moltissimo. Anche un altro pilota del passato aveva un debole per le immagini sacre. Piercarlo Ghinzani, prima di approdare alla Osella e alla Ligier, aveva sperimentato sulla F.3 l’importanza di un santino. Sul cruscotto della sua March aveva quella di Papa Giovanni XXIII, conterraneo di Ghinzani. Tutte le volte che arrivava un po’ troppo forte in curva, Ghinzani aveva la sua preghierina: “Giuanin, pensaci tu che qui andiamo a farci friggere tutti e due…”. 96 vincerai perché te lo dico io. Dovrai solo seguire questo rituale”. Un po’ controvoglia, un po’ perché la moglie di Riccardo gli disse di provare, che tanto non avrebbe perso nulla, a Estoril Patrese eseguì il rituale e vinse il Gran Premio. La sera, in aeroporto, mentre commentava la cosa Riccardo si chiedeva: “E io che ho perso anni di vita per mettere a posto le macchine e a discutere coi tecnici, chiamavo Giucas e facevo prima…”. Berger la stava facendo grossa Tutto particolare il rituale di Fisichella, che per ogni vigilia di gara avrebbe bisogno di praticare un po’ di sesso come si deve, ma non sempre c’è la moglie per cui questo può giustificare alcune prestazioni non esaltanti nella sua carriera. Barrichello è uno che prima di una gara prega molto e ascolta musica tipica brasiliana. Una volta, quando era alla Stewart, la camera car lo inquadrò mentre prima del giro di lancio in qualifica, si faceva il segno della croce. I giornalisti cominciarono a fare domande e da quel momento il gesto fu nascosto agli occhi del grande pubblico. Altri gesti, invece, faceva Gerhard Berger. Appena salito in macchina si dava una strizzatina agli attributi e poi faceva le corna, seguendo uno Mansell e la mano lunga Un pilota che aveva scoperto i rituali anti-jella fu Nigel Mansell. Quasi per caso, prima di una gara, toccò il seno prosperoso di una giornalista italiana dal nome tedesco. Nigel vinse la corsa e alla gara seguente, inseguì la bionda e prosperosa per tutto il paddock, fino a quando non la bloccò in un angolo e riprese l’operazione precedente, tra l’altro stavolta sotto gli occhi divertiti della moglie Roxane. Vinse ancora il Gran Premio. Facile immaginare cosa accadde dopo quella volta. Di arrapante non c’era niente, ma la povera giornalista, saputo nel paddock della sua dote portafortuna, fu presto inseguita da diversi piloti che prima della corsa volevano un po’ di buona sorte… 97 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito schema ben preciso, sul volante della sua macchina. Come ulteriore prova di buona sorte Gerhard aveva anche il vizio di toccare il sedere a una donna prima di partire per la gara. Sugli schieramenti di partenza ce ne sono sempre alcune, solo che a Donington, GP d’Europa del 1993, Berger stava per farla grossa. Qualcuno della Ferrari gli bloccò la mano mentre dall’abitacolo stava per metterla sul sedere di una splendida donna che stava salutando tutti i piloti sulla griglia di partenza: era Lady Diana Specer, consorte del principe Carlo d’Inghilterra. Senna: sempre gli stessi guanti Un altro che aveva un rituale tutto suo era Ayrton Senna. Il brasiliano non voleva mai cambiare i suoi guanti. Spesso, sulla griglia di partenza, lo si vedeva con i guanti talmente sdruciti e rovinati che le dita spuntavano fuori. Il paio di guanti rossi usati alla McLaren lo hanno accompagnato per anni. Sarà stato forse il caso, ma a Imola Senna aveva i guanti blu coi colori Williams. Con quei guanti non riuscì mai a finire una corsa a inizio 98 Formula 1 Periodico elettronico di informazione motociclistica 94 e a Imola sappiamo tutti come è finita. Frentzen: “Sponsor? La mia impresa di pompe funebri!” Il caso di sistema anti jella più incredibile riguarda però Heinz Harald Frentzen. Il pilota tedesco è figlio di uno dei più grossi imprenditori di pompe funebri della Germania. Quando era ancora uno sconosciuto ragazzo che si districava in F.Ford, conobbe un manager italiano, Guido Forti, che in F.3 era il punto di riferimento per tutti. Avvicinato Forti all’aeroporto di Houston in una trasferta verso il Messico, Frentzen aprì le trattative per approdare alla Forti in F.3 e puntare al titolo europeo. “Sai ci vogliono molti soldi – disse Guido Forti – hai degli sponsor che possono coprire le spese?”. Frentzen rispose di sì e disse anzi di avere una attività di famiglia molto avviata che faceva guadagnare bene. Forti rispose che la cosa si poteva fare. Ne avrebbe parlato al ritorno. Finita la corsa in Messico, il manager italiano cominciò la trattativa con Frentzen, si cominciò a parlare di F.3, di F.3000, della possibilità di fare qualcosa in F.1. Ad ogni cifra chiesta da Forti, Frentzen rispondeva che non c’erano problemi. Allettato dalla possibilità di impostare un programma a lunga scadenza, nella saletta transiti dell’aeroporto di Houston, di ritorno dal Messico destinazione Parigi, Guido Forti si era convinto a far firmare il contratto a Frentzen sul posto. Heinz disse che non c’erano problemi, solo che sulle macchine della squadra doveva comparire il marchio della società che avrebbe sponsorizzato la carriera. Forti disse che non c’era nessun problema e gli chiese quale fosse la ditta: “La mia impresa di pompe funebri” rispose Frentzen. A quella risposta Guido Forti ebbe un attimo di mancamento, si portò la mano destra al basso inguine e disse che doveva fare una telefonata in Italia per verificare a che punto fossero alcuni contratti. Chiamò il socio e amico Paolo Guerci e gli disse: “Chiama quel Vandone, digli che va bene così e che lo prendiamo subito anche se non ha tutti i soldi, digli che lo facciamo correre come terzo pilota con Morbidelli e Zoboli, ma rapido, mi raccomando”. Riattaccata la cornetta, Forti tornò da Frentzen e gli disse: “Che peccato, mi hanno appena avvisato che hanno firmato il contratto con un pilota che avevo in attesa. Mi spiace, sarà per la prossima volta”. Frentzen chiese se c’erano possibilità, e Forti disse: “No, non se ne parla proprio!”. Era il 1989 e Frentzen non aveva un volante a disposizione. Durante la stagione, fra un viaggio e l’altro dalla Germania alla Spagna, col carro funebre di famiglia, riuscì a convincere la Mercedes a farlo correre nei prototipi insieme ad altri due tedeschi, anzi un tedesco e un austriaco, con le vetture gestite da Peter Sauber. Uno era Michael Schumacher, l’altro Karl Wendlinger, campione tedesco di F.3 a fine stagione 89. Jean Todt: non toglieteli il cronometro Il caso di Guido Forti non è l’unico di un manager superstizioso. In F.1 ce ne sono altri. Giancarlo Minardi, per esempio, non tollera la vista del colore viola. Quando arrivò in squadra Pedro Lamy, il portoghese aveva una bella fascia viola sul casco. Dapprima Minardi faceva gli scongiuri, poi si convinse che non era viola: “E’ pervinca, accidenti a voi giornalisti: vi ho detto che il viola non esiste, il casco di Lamy è pervinca, chiaro?”. Anche il grande Jean Todt ha le sue manie e superstizioni: nei box circolava sempre col cronometro in mano, anche se con i sistemi elettronici non serve avere un vecchio orologio. Il fatto è che senza quella patacca in mano, Todt non sale sul muretto dei box. Un altro vezzo era quello di succhiare uno stuzzicadenti e mangiarsi le unghie. Dopo un po’ di tempo Jean Todt non ha usato più gli stuzzicadenti in mondovisione dal muretto dei box, ha messo i cerotti sulle unghie per non mangiarsi più le dita, ma al cronometro al collo non rinuncia per niente al mondo. E che dire del rituale del the? Stessa ora tutti i giorni, la bustina che deve essere intinta un certo numero di volte altrimenti non va bene e temperatura rigorosamente fissa. Questa la F.1 del passato, ma quella di oggi? Alonso, quando va bene una gara, ripete il rituale l’anno successivo. Ovvero stesso albergo, stessa camera, stesso menù. Se qualcuno del suo staff ha la barba non la fa tagliare, se invece se l’era tagliata, lo obbliga a farlo. E poi i rituali da Samurai, il lungo e ampio tatuaggio sulla schiena, la filosofia orientale. Alla vigilia dell’ultima corsa del mondiale, in testa alla classifica, uno del suo staff si era tagliato la barba. Il giovedì pomeriggio Fernando commentò secco: il mondiale non lo vinciamo più. E così è stato. E del presidente Montezemolo che viaggiava con un cornetto rosso di corallo in tasca? Anche lui non scherza affatto quando si dicono certe cose, basti vedere dove porta la mano di fronte a certe domande… Insomma, questa è la F.1 dell’era tecnologica, dei computer e delle strategie. Vanificate magari da un gatto nero che passa per strada: “Mi è andata talmente male tante volte – disse Jean Alesi – che se un gatto nero mi taglia la strada, si tocca lui i maroni…”. 99 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Formula 1 Periodico elettronico di informazione motociclistica transalpina sventolando la bandiera francese. Il campione della Ferrari ha anche avuto modo di fare un breve giro sulla splendida Ferrari 512S da competizione del 1970. Per la Ferrari si tratta del successo di categoria numero 24, che si aggiunge alle nove vittorie assolute. Partito dalla pole position, Bruni ha dominato le prime ore di corsa ma ha poi dovuto fare i conti con la pioggia. Due temporali arrivati sul circuito della Sarthe ieri pomeriggio avevano messo in difficoltà la vettura #51 portando davanti Chevrolet e Porsche. I ferraristi però non si sono persi d’animo e, non appena la pista è tornata asciutta, hanno iniziato una rimonta straordinaria. La Ferrari 458 ha battuto la concorrenza di marchi prestigiosi come Chevrolet, Aston Martin e Porsche, Case che sono rivali anche sul mercato, primeggiando per merito dei propri piloti ma anche grazie alla straordinaria affidabilità. Nemmeno un problema, infatti, ha afflitto la vettura vincitrice, al contrario di quanto è accaduto, via via, a molti degli avversari. Al secondo posto, ma staccata di quasi due giri, si è classificata la Chevrolet #73 di Garcia-Magnussen-Taylor, al terzo a quasi tre tornate, la Porsche di Holzer-Makowiecki-Lietz. Le parole di Montezemolo Grande la soddisfazione del Presidente Ferrari, Luca di Montezemolo: «Questa è una vittoria molto importante in una gara straordinaria. Questo risultato ci regala una soddisfazione enorme e premia il duro lavoro di tutta la squadra alla quale vanno i miei complimenti. Abbiamo dominato una corsa con una vettura che ha saputo surclassare dei concorrenti molto forti e questo è motivo di grande orgoglio per tutta la Ferrari». Ferrari trionfa a Le Mans nelle GT Montezemolo: «Una soddisfazione enorme» Ferrari porta a casa una vittoria alla 24 Ore di Le Mans nella classe LMGTE Pro con la 458 Italia di Fisichella, Vilander e Bruni e un terzo posto in LMGTE Am I l podio della 24 Ore di Le Mans torna a tingersi con i colori della Ferrari. La 458 Italia GT2 #51 ha infatti compiuto l’impresa aggiudicandosi la gara di durata più famosa del mondo nella categoria LMGTE Pro e facendo risuonare in terra di Francia l’inno di Mameli. Gli italiani “Gimmi” Bruni e Giancarlo Fisichella e il finlandese Toni Vilander, sotto le insegne del 100 team AF Corse di Amato Ferrari, hanno bissato il successo del 2012, surclassando la concorrenza nonostante più di un momento difficile in gara. Alonso sulla 512S Ha portato bene quindi la presenza di Fernando Alonso sul Circuit de La Sarthe, che sabato alle ore 15:00 aveva dato inizio alla corsa 101 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Formula 1 aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb La Casa di Maranello e AF Corse hanno conquistato anche un altro podio grazie alla vettura #61 degli italiani Marco Cioci e Mirko Venturi e dell’argentino Luis Perez-Companc, che si sono classificati terzi nella categoria LMGTE Am, classe in cui il successo è andato all’Aston Martin #95 dei danesi Kristian Poulsen, Nicki Thiim e David Hansson davanti alla Porsche #88 di Ried-Bachler-Al Qubaisi. La vittoria assoluta nella classe regina LMP1 è andata all’Audi #2 del francese Benoit Treluyer, dello svizzero Marcel Fassler e del tedesco André Lotterer che ha battuto la vettura gemella #1 del danese Tom Kristensen, del brasiliano Lucas Di Grassi e del collaudatore della Scuderia Ferrari, lo spagnolo Marc Gené. 102 103 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Sport Periodico elettronico di informazione motociclistica aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb CITE, Monza olè, un super ottavo posto in gara 1 di Emiliano Perucca Orfei | Ottavi assoluti, sesti in Super Produzione e primi nella Classe RCZ. Concludiamo gara 1 a Monza con un grandissimo risultato. Finalmente andiamo forte, anzi fortissimo, ora pensiamo a gara 2 O lè, gara 1 è andata ed è andata benissimo. Come avevo scritto e detto ieri sapevo che il nostro potenziale era molto più elevato di quanto espresso in prova e l’ottava posizione finale assoluta (sesti Super Production) e la vittoria nella RCZ Cup 2014 sono la ricompensa di un weekend in cui ne io ne Andrea siamo riusciti ad esprimere tutto il nostro potenziale, soprattutto nel mio caso. 104 Meditavo sul passare da #Masterpilot a #Masterfermo Dopo un mezzo turno di prove da ventidue minuti e mezzo a testa, condita con una spruzzata di pioggia, una qualifica (la mia) interrotta da una bandiera rossa proprio nel momento top della gomma, non avevo certo di che essere contento: ero lontano dal target tempo che mi ero prefissato e proprio non mi andava giù di non aver ottenuto almeno la stessa performance del mio compagno di squadra in qualifica. Anzi, quei sette decimi di differenza dal mio collega mi stavano facendo meditare sul nuovo hashtag da utilizzare al posto di #Masterpilot: #Masterfermo sarebbe stato sicuramente più indicato. Sapevo di avere qualcosa dentro Con questi dubbi ma un barlume di speranza, almeno quella, di avere delle cartucce ancora da sparare mi presento sotto la tenda della Peugeot decisamente motivato: quattro chiacchiere con Mattia Capelli, mio capo meccanico e motivatore in corsa, uno sguardo alla telemetria ed un breve briefing con il mio compagno di squadra ed è ora di salire in macchina. Mi cambio ed inizio a pensare a Monza, alle sue curve, ai suoi rettifili, al suo mito e penso che devo fare una bella corsa per rendere onore ad una pista a cui porto un rispetto enorme. Ripenso alle sensazioni positive che avevo avuto a Misano dopo gara 1 e, stupidamente, ricordo il piacere che avevo provato nel prendere posto al volante. Un piacere che riprovo, per la prima volta qui a Monza, anche stamattina. Iniziamo bene. Le ultime dritte del Pavlovic: fondamentali Sono le 8.50 è ora di mettere in moto e prendere la via della pista. #Masterchampion Milos Pavlovic, Davide Bortoli (il Direttore IT di Automoto. it e Moto.it nonché bravo kartista) e tutti gli altri componenti del team mi fanno forza e nel giro di schieramento mi rendo conto che effettivamente qualcosa è cambiato: quella sensazione positiva non era falsa e una vocina iniziava a dirmi che avrei davvero potuto fare una bella corsa. In realtà stavo trasformando la delusione e la rabbia di venerdì e sabato in motivazione per la corsa. E’ ora di partire, si va. Obiettivo Civic Mattia mi chiude la porta, sono solo e inizio a prendere le misure con la Honda Civic S2000 con cui so che dovremo fare i conti anche qui a 105 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Monza. La partenza è lanciata ed è fondamentale non perdere nemmeno un metro, cosa che invece ho fatto a Misano, soprattutto in gara 2 dove ho letteralmente dormito. Via via via via, mi urlano via radio, il semaforo è verde, la Civic di Piccin inizia ad accelerare forte ed io sono in scia, talmente calamitato dalla vettura giapponese che a metà rettifilo devo addirittura parzializzare. Sono a sinistra, perfetto, è esattamente dove volevo essere perché è il lato in cui si evitano i guai alla prima variante, se non altro si ha una via d’uscita in caso di problemi. Superpartenza: era ora Passo praticamente indenne la prima variante e mi lancio incollato alla Honda verso la Roggia. E’ un sogno, dietro ho solo una BMW di Fumagalli che lascio passare, tanto so bene che poi non avrebbe avuto problemi nel sbarazzarsi di Piccin e della Seat Leon di Bamonte. Così è stato. Ora non mi resta che prendere il passo gara e 106 Sport Periodico elettronico di informazione motociclistica tenerlo fino al cambio, consapevole che i miei ai box sono forti che Dall’Antonia ha qualcosa in meno del mio Brambilla in termini di passo: ergo se riesco a non fare errori e ad andare forte abbiamo la corsa in pugno. Nel frattempo si ritira per noie tecniche l’altra RCZ R Cup, mi spiace, ma è una posizione guadagnata e inizio a pensare e ripensare come e dove migliorare e dove non sbagliare: i tempi arrivano, macino dei 2’11”, a dimostrazione che in qualifica avrei potuto scendere di almeno due secondi sul mio tempo e tengo a vista la Honda e la Seat che intanto si sportellano per la posizione. spiattellate e con i freni finiti. Devo guidare forte ma pulito, evitando testacoda ed errori stupidi: i giri vanno via veloci ed i 25 minuti di corsa sono scanditi giro dopo giro con una regolarità impressionante fino al momento del cambio. Mi chiamano dentro, arrivo come un treno alla riga del pit-limit, tiro una staccata al limite ed attivo il limiter della mia RCZ Cup: perfetto. Arrivo a singhiozzo al cambio scendo al volo (che fatica) dico due tre dettagli della vettura ad Andrea e gli batto forte sulla schiena: vai “ciccio” che oggi si fa l’impresa. Dagliene finchè ne hai e non fare errori. Giro forte e non sbaglio: sembra di volare MC Motortecnica: gente che lavora bene Batto dei due e undici e dei due e dodici bassi, vado fortissimo, non sbaglio nulla ma soprattutto preservo la vettura per il mio compagno: è fondamentale, visto il degrado delle Avon a fine corsa, non consegnargli un’auto con le gomme I giri passano il tempo corre, intanto al cambio, come previsto, superiamo la Honda che anche a Misano non era stata brillante nel cambio: in questo MC Motortecnica è uno dei migliori team del CITE. I tempi di Andrea sono più alti dei miei, me l’aspettavo, ma non sono nemmeno così distanti: soprattutto non sono peggio di quelli della Honda e della Seat che segue. Siamo tutti gasati, nonostante la delusione del ritiro dell’altra vettura ufficiale e si segue con grande tensione i minuti che rimangono. La Honda va forte, ci vuole scalzare dall’ottavo posto, ma Andrea si difende alla grande e senza commettere errori porta la vettura all’arrivo senza perdere alcuna posizione. Impresa eccezionale Abbiamo fatto un’impresa eccezionale soprattutto perché il best lap della Honda è stato di 1,7 secondi più veloce del nostro grazie anche ad una velocità massima più elevata. Fantastico. Non potevo chiedere di meglio da questa prima corsa, ora speriamo di fare altrettanto bene in gara due. Guardateci in streaming dal sito di Acisportitalia. 107 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito CITE, Monza un amaro ritiro in gara 2 per la nostra RCZ Cup di Emiliano Perucca Orfei | Dopo l’eccezionale risultato di gara 1 ci aspettavamo una gara 2 decisamente altrettanto buona. Purtroppo, come Perucca nella gara serale a Misano, Brambilla ha avuto qualche difficoltà che l’hanno portato ad un errore fatale per la meccanica della RCZ Cup 108 Sport Periodico elettronico di informazione motociclistica T anto da incorniciare e mettere nell’album dei ricordi più cari Gara 1 quanto da dimenticare, coprire con una grossa pietra e poi cementare Gara 2. Dopo il ritiro della RCZ R Cup di Bergamaschi e Gurian per noie tecniche (le prima volta dopo 33 arrivi consecutivi!) il team 2T Reglage et Course a cui sono affidate le RCZ che corrono nel CITE segna una seconda battuta d’arresto anche con l’altra RCZ, la nostra, per via della rottura del braccetto dello sterzo. Una rottura non certamente casuale o frutto di errori progettuali o di montaggio: purtroppo Andrea Brambilla, con cui ho piacevolmente diviso l’abitacolo qui a Monza, si è fatto ingannare per ben due volte dalla prima variante finendo entrambe le volte a saltare sul panettone in cemento che delimita il cordolo in uscita: un salto che la nostra peugeottina ha digerito bene al primo errore piegandosi, però, al secondo. Gara finita prima del cambio pilota, ritiro della vettura e tutti a casa. Sono nero Gara 1 mi aveva svelato alcuni dei segreti di Monza che venerdì e sabato erano rimasti tali e per gara 2 ero certo di riuscire a fare davvero qualcosa di buono: sentivo dentro di me, dopo averlo visto guidare la mattina, che anche il mio compagno avrebbe potuto fare qualcosa di davvero buono e già assaporavo il gusto e l’emozione di salire nuovamente su quella fantastica terrazza che guarda il rettifilo di Monza chiamata podio. Ed invece è successo l’inevitabile Non che non l’avessi messo in preventivo, ma l’effetto di trasformazione “da pilota a persona che fa girare le ruote” che avevo avuto anch’io in Gara 2 a Misano sta prendendo possesso 109 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Sport Periodico elettronico di informazione motociclistica aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb soprattutto perché l’atterraggio è violentissimo. Tra me e me penso che la corsa sia finita, con un botto così o la RCZ Cup è un carro armato o si deve arrendere. Milos, dall’alto della sua esperienza, questa cosa non solo la pensa ma la dice e capisco che è davvero finita. Grande dispiacere per Andrea Mi siedo in un angolo, con lo sguardo in pit-lane e vedo i ragazzi che nel frattempo si agitano. C’è un problema, c’è un problema, esclamano. Mattia scende dal muretto e cerca le chiavi del mestiere nella cassetta. Vedo che prende anche un martello. Gara finita, ciao. Parto come un razzo verso il motorhome senza nemmeno sapere se effettivamente avrebbero potuto sistemare la vettura, sono furibondo ma non ce l’ho con Andrea. Davvero. Sono nero perché volevo correre di nuovo a Monza consapevole che avrei potuto fare davvero un bel lavoro. Capisco cosa vuol dire correre in due anche di Andrea: brutta partenza, lontano dalle vetture che lo precedono, tante posizioni perse al via dopo una qualifica ben fatta ma soprattutto l’incubo di ritrovarsi a lottare con piloti tenaci ma dotati di vetture inferiori alla nostra RCZ Cup qui a Monza. Insomma, esattamente quello che è successo a me a Misano. Una situazione poco piacevole, ve l’assicuro, che fa perdere la bussola e rende impossibile guidare con tranquillità: continui a pensare all’errore al via, continui a pensare che se solo non avessi dormito saresti molto più avanti ma soprattutto pensi a come liberarti di gente che ti ronza attorno senza riuscirci mai del tutto perché per farlo, soprattutto se dotati di poca esperienza di corsa come noi, il rischio di incappare in errori madornali di guida che fanno perdere tempo e ricominciare tutto da capo è elevatissimo. 110 “Oh, oh, socio abbiamo un problema” Un film già visto, insomma, ma dentro a quel box 19 pensavo tra me e me che comunque avrei potuto fare qualcosa per metterci una pezza. Mancano pochi minuti all’inizio del mio turno, #Masterchampion Milos Pavlovic (sempre al mio fianco qui a Monza come a Misano, che onore) mi aiuta ad infilarmi casco, guanti ed Hans e mi motiva come solo lui sa fare. Do le spalle alla TV mentre lui le lancia ogni tanto uno sguardo per vedere se succede qualcosa: lo vedo cambiare espressione e poi con grande tranquillità e stupore dice “oh, oh, mi sa che abbiamo un problema socio”. Mi giro e vedo la RCZ Cup griffata Città della Speranza in procinto di prendere il volo: penso sia un replay dell’errore precedente ma non lo è, è una azione decisamente peggiore, po’ bene ed un po’ male. Guarda il bel risultato di gara 1 e fidati che questo ritiro serve anche a te per crescere come pilota.” It’s racing. it’s life Tutto vero. Anzi verissimo. Tanto che la mia convinzione di ringraziare comunque Andrea si fa sempre più forte e quando viene a scusarsi lo abbraccio e gli dico che è stato bravo comunque e che sono le corse. E’ la verità. Non riesco a non essere furioso però, perché salire in una macchina da corsa così bella, soprattutto a Monza, è un sogno che cullavo da tempo...e non aver potuto omaggiare il lavoro del mio team con un passaggio radente al muretto box sotto la bandiera a scacchi mi lascia davvero tanto amaro in bocca. Come detto all’inizio, pietra sopra e sguardo avanti. Ora si torna alla vita reale con lo sguardo puntato al Mugello il prossimo 13 luglio. Con tante nuove sorprese. Grazie di tutto Andrea, a presto! Cammino veloce, Milos mi rincorre, mi raggiunge mi abbraccia e mi dice che oggi ho capito cosa vuol dire correre in due, riprende da terra i guanti che intanto avevo lanciato a terra mi dice una cosa davvero saggia ed a cui ho pensato molto tornando a casa: “Devi avere rispetto delle tue cose da corsa. La tua tuta, il tuo casco, i tuoi guanti, in questo mondo sono anche loro, a loro modo, tuoi amici...ti salvano in caso di incidente. So che sembra scema come cosa, ma correre non significa fare solo bei tempi. Fare un giro buono sono capaci quasi tutti. E’ per vincere le corse che devi avere testa e devi essere attento anche a queste cose, essere rispettoso del lavoro degli altri e anche delle tue cose. Non serve a niente lanciare i guanti, anch’io sono arrivato perfino a lanciare dei caschi quando ero giovane, ma poi ho capito che non serve a nulla perché le corse sono così. A volte si vince a volte si perde e quella rabbia la devi usare per trasformarla in energia la corsa successiva. Oggi ti è andata un 111 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Rally Periodico elettronico di informazione motociclistica Ogier: ancora lui Quest’anno ha vinto Sebastien Ogier. Una nota quasi “standard”, il Campione del Mondo è al quarto successo stagionale e poteva vantare un totalizzatore bassissimo, tanto si è confermato competitivo il “pack” Volswagen alla seconda stagione da mattatore del Mondiale. Quello che le cifre non evidenziano, almeno al primo impatto, è che la vittoria di Ogier non è arrivata ad honorem, coì come le stesse cifre non spiattellano il fatto che la gara del francese è maturata sulla perfetta gestione di gara prima che sul suo talento di guida. L’evoluzione del Rally è scandita dai colpi di scena, talvolta al limite del clamoroso, ma molto di più dai nuovi elementi inseritisi ad intensificare i significati dell’impresa di Ogier. Non più un duello, insomma, ma una battaglia su più fronti ravvicinati, con contendenti saliti sulla ribalta non per svolgere un compito secondario o per riempire la scena. Tutto in tre giorni e mezzo mai sonnolenti o scontati, mai privi di spunti e di elementi di nuovo interesse. VW è arrivata con l’armata pronta a ripetere le imprese che caratterizzano tutte le sue campagne da oltre un anno a questa parte, con l’aggiunta di una inquietante proposta di guerra fratricida, tra Ogier e Latvala. Il francese forte della spaventosa continuità che riesce a dare alla sua esperienza vincente, Latvala esaltato dalle vittorie di quest’anno, in particolare l’inebriante successo argentino. Hyundai è grande sorpresa, finalmente in grado di dimostrare le tesi della sua ambiziosa apparizione sulla scena mondiale, e con due Piloti smaniosi di confermare valori di talento ancora non sedimentati nel curriculum personale. Citroen torna a farsi vedere Citroen di nuovo sugli scudi con un Rostberg convinto. Prima dell’Italia Sardegna gran parte di questi elementi erano nominali, non Rally Italia Sardegna WRC, l’insperato sigillo di Ogier (VW Polo) di Piero Batini | Il Campione del Mondo protegge il vantaggio acquisito sulla Monte Lerno e affronta l’ultimo round in difesa. Alle sue spalle la battaglia senza tregua si conclude con Rostberg davanti a Latvala, vincitore di sette prove speciali C ala il sipario sul Rally Italia Sardegna, tre giorni più la magica serata di avvio di Cagliari. 1.500 chilometri di autentica epopea del Rally, che in Sardegna ha lanciato la sfida alla vetta della propria identità. Non sembrano essere passati tre giorni soltanto, ma un tempo indefinitamente più lungo, come accade quando le emozioni straripano o registrano inusitate sequenze di 112 fondo scala. La materia prende forma, il Rally si propone dirompente e saturo di idee, di nuovi moventi e di antiche evocazioni. Le une e le altre saranno adesso filtrate al setaccio del bilancio finale. Quelle sbagliate saranno scartate, le buone migliorate, le eccellenti fissate. Così stando le cose il Rally dell’anno prossimo avrà ancora più omogeneità e quindi spessore, e il salto sarà ancora più evidente. 113 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Rally Periodico elettronico di informazione motociclistica aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb entusiasmanti e lontani gli uni dagli altri per l’incredibile allungamento della scala di misura creata da Volkswagen. Non è una circostanza inusuale, anzi, la si già vista varie volte nella Storia dello Sport. Era così ai tempi del dominio Lancia o del decennio Citroen, della fiammata Subaru o della persistenza Ford, o dalla longevità delle supremazie individuali di Piloti stratosferici, ma è anche, paradossalmente, la circostanza che può decretare, a un certo punto, la flessione o addirittura il crollo dell’interesse. Fuoriclasse e primati, quando prendono la strada della perpetuazione, invecchiano. In Sardegna questo “rischio” noia non c’è stato. Un giorno ha vinto una Città, un giorno una Marca, un altro un Pilota e infine “quel” Pilota che ci si aspettava. Ma tutto è arrivato con molti, anche repentini e improvvisi cambi di direzione e di velocità, in un’atmosfera d’incertezza dominata essenzialmente da due elementi, i colpi di scena e il talento. A Cagliari 114 ha vinto il Pubblico, ad Alghero la novità, venerdì in un giorno solo prima le Hyundai e poi i suoi due piloti, Hanninen e Neuville, e quindi la… seconda delle VW con Latvala. Sabato hanno vinto una prova speciale e cruciale, la lunga di Monte Lerno, e finalmente il fenomeno di questo nuovo inizio di era, Ogier, ma solo all’ultimo momento. Infine, domenica, il successo di Ogier era già scritto, ma è rimasta la scia di emozioni del disperato tentativo di recupero di Latvala, di quel posto d’onore che il finlandese avrebbe abbondantemente meritato. Questi sono gli autentici colpi di scena ai quali piloti e gare di tutti i giorni non possono riferirsi, quelli che si basano sull’esaltazione dell’impresa prima ancora che sull’errore, sulla rottura, sulla disfatta. Sotto questo aspetto vale molto di più la controllata precisione di Ogier nel mordere il freno nel primo giro di venerdì, con la pista “sporca”, che non il clamoroso incendio della macchina di Hirvonen. Hyundai: finalmente competitiva, ma niente punti È più emozionante la ritrovata verve di Neuville e Hanninen, più espressiva la competitività della loro macchina che il colpo di scena di non vederne una soltanto a punti. Certo, non sono mancati neanche i colpi di scena “classici”, la macchina a fuoco, la rottura di Kubica quando si poteva pensare che il polacco l’avesse fatta finita con gli incidenti, o le sorprese come il Power Stage vinto da Mikkelsen con la terza Wolkswagen, quarto assoluto. Così tanti spunti possono nascere solo da una grande corsa, ma non diciamo niente di nuovo, lo sanno già le centinaia di migliaia di spettatori affluiti in Sardegna, certamente non per caso. Si riparte. Dalla Sardegna si viaggia alla volta della Polonia, settima prova della serie mondiale, con Sebastien Ogier solitario a 138 punti, 33 più di Jari-Matti Latvala e più del doppio di quelli raccolti da Mads Ostberg. 115 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Formula 1 EDITORE: CRM S.r.l., Via Melzo 9 - 20129 Milano P. 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