Voci Vincenziane (bollettino) n. 48 di gennaio 2001
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Voci Vincenziane (bollettino) n. 48 di gennaio 2001
ORGANO DI INFORMAZIONE E COLLEGAMENTO DELLA S. VINCENZO VERONESE Anno VII - Febbraio 2001 n. 1 - Sped. in abb. postale - art. 2 - c. 20/C L. 662/96 - Filiale di Verona n. 48 Non chi dice “Signore, Signore…” Q uando S. Agostino nella sua opera “La città di Dio” affermava che i confini di questa non sono visibili e che non sarebbe corretto contrapporla alla “città dell’uomo”, come se le due realtà fossero nettamente circoscrivibili, egli aveva sicuramente presenti le parole di Luca: “Il regno di Dio non viene in modo spettacolare. Nessuno potrà dire ‘eccolo là’, perché il regno di Dio è già in mezzo a voi”. (17,21) Noi uomini siamo sempre molto ansiosi di vedere i risultati di quanto facciamo e vorremmo quasi far fretta anche a Dio, incapaci di accettare la saggezza del padrone del campo che, a chi gli proponeva di andare subito a estirpare il loglio seminato dal nemico, rispondeva invece di aspettare con pazienza che loglio e grano crescessero insieme fino al giorno della mietitura; solo allora, senza il rischio di sbagliare, si sarebbe potuto più facilmente distinguere il prodotto buono da quello da destinare al fuoco. Il Regno di Dio dunque è in mezzo a noi, anche se non ne possiamo vedere i confini e anche se qualche volta, di fronte al dilagare del male, siamo tentati di dubitare addirittura della sua esistenza. È un regno che ha il suo statuto: “Beati i miti...beati i poveri...beati i costruttori di pace...”, è un regno che ha le sue leggi: “Ama Dio con tutto il tuo cuore e con tutte le tue forze e ama il prossimo tuo come te stesso”. “Il mio regno non è di questo mondo” aveva affermato Gesù davanti a Pilato: non è di questo mondo perché non compete con i regni di questo mondo, che proclamano beati i furbi, i potenti, i ricchi. Ma, pur non essendo “di” questo mondo, esiste in mezzo a noi e penetra il mondo intero, in modo invisibile e incontrollabile ad occhi umani, ma non per questo in modo meno reale. Non è identificabile con nessuna istituzione, nemmeno con la Chiesa, nemmeno con il mondo cristiano: è il Regno di coloro che, come dice Paolo, vivono secondo lo Spirito, guidati nelle loro scelte dalla carità, in qualunque parte del mondo essi abitino, qualunque religione professino. La diffusione del Regno è silenziosa, ma sicura, perché è opera di Dio: noi siamo solo strumenti nelle Sue mani. Saremo docili e fiduciosi, perché consapevoli che qualunque cosa avremo fatto per i più piccoli fra noi, l’avremo fatta a Lui. C.B. “Il regno dei cieli si può paragonare a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo”... “Il regno dei cieli è simile a un granellino di senape...una volta cresciuto diventa albero, tanto che vengono gli uccelli del cielo e si annidano fra i suoi rami”... “...è simile a un tesoro nascosto in un campo”... “...è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci”... (Mt 13; 24, 32, 44, 47) 1 Tratto da “La San Vincenzo in Italia”. I nizia con questo numero una rubrica inusuale per la San Vincenzo. In realtà, come scrive giustamente il titolate della rubrica, Cesare Colonna (davvero “colonna” della Società), essere amici non è tanto facile oggi, dove i tempi sono scanditi dalla fretta e, sovente, dalla superficialità. Gli interessi oggi sono tutti al “personale”, e l’attenzione all’“altro” richiede tempi e spazi che difficilmente si concedono. Soffermarsi su questa tematica non è tanto rinverdire nozioni della San Vincenzo dell’ottocento, bensì riscoprire la profondità e la fecondità del rapporto tra Confratelli che ha il bellissimo nome di “amicizia”. AMICIZIA, UNA REALTÀ NON FACILE Amicizia un meraviglioso pensiero, ma l’essere amici non è una cosa molto facile, la nostra esperienza diretta ce lo insegna. Il nostro pensiero corre alla amicizia che si era sviluppata tra i giovani di Parigi della prima Conferenza, e come da questa amicizia era esplosa la RICCHEZZA N egli anni ’60 la pensione sociale non si sapeva che fosse. Regina era una vecchietta arzilla e saltellante come un uccellino: viveva di ECA (Ente Comunale Assist.) e di San Vincenzo. Andarla a trovare era una festa. Bisognava prendere il tè, e quindi ascoltare le sue avventure; di lei mi sono rimaste soprattutto impresse le sue iniziative finalizzate al massimo risparmio (e non aveva certo soldi nel materasso!). Mi raccontava che d’estate, la sera,non accendeva mai la luce, poiché sfruttava il riflesso di un’insegna luminosa (gialla!) del cinema che aveva sottocasa; purtroppo d’inverno questa economia non c’era… Invero alla sera andava a letto presto,con cena leggera: preferibilmente latte bianco; ma visto che il suo “bilancio” non le per- 2 Amicizia e fraternità Società di San Vincenzo De Paoli, prima in Parigi, poi in Francia, infine in Europa e in tutto il Mondo, nel nome della Carità Evangelica e quindi vincenziana. Il Consiglio Nazionale della San Vincenzo italiana ha voluto nel Convegno tenuto a Roma nel 1998, affrontare i tre “ruoli” che coinvolgono tutti i vincenziani: l’ecclesiale, il sociale e l’amicizia. Ora i primi due ruoli hanno avuto uno sviluppo nelle azioni successive, mentre il Ruolo amicale non ha ancora avuto alcun approfondimento. Ecco perché ora è stato ritenuto opportuno avviare una iniziativa aperta a tutti i vincenziani e anche a coloro che seguono il nostro cammino. In questo caso è auspicabile l’esperienza diretta di tutti!! Su questo tema tutti possono esprimere il proprio pensiero in base al proprio “vissuto”. Per dare questa opportunità a tutti, a partire da questo numero, viene aperta una Rubrica in grado di essere l’espressione realistica del Ruolo amicale, con tutte le sue forme migliori, con tutte le limitazioni umane, con tutte le sue difficoltà. Con la prima frase della preghiera del vincenziano, noi chiediamo: Signore, fammi buon amico di tutti. Con questa richiesta noi ammettiamo che questo rimane un obiettivo al quale tendere ogni giorno. Come poter sviluppare questo cammino non del tutto facile ed immediato è la pro- Siamo fatti anche così … metteva di acquistare latte ogni sera,lei si destreggiava con tre sere latte,e tre sere brodino di dado: un dado costava ben meno di un litro di latte! … Settimanalmente poi passava dal barbiere di sotto,ed otteneva i giornali vecchi; questi – pazientemente rotti – finivano in una mastella con acqua; poi,ammollati e ben strizzati,diventavano palle di cartapesta da asciugare sul balcone,e mettere a scorta per esser utilizzate durante l’inverno nella stufa con la legna che (certo non in quantità abbondante) la San Vincenzo le faceva portare a casa. La povertà spartana e dignitosa che circondava Regina nella sua casa,sembrava irreale (e spariva) ri- spetto alla ricchezza interiore che lei trasmetteva a tutti coloro che andavano a trovarla. POVERTÀ C ome tutte le cose di questo mondo, anche la povertà può esser valutata in diverse ma- niere. In un’agiata contea della ricca America, un gruppo di volontariato prevalentemente composto da persone benestanti, per cercar di capire “dall’interno” il mondo dei barboni, ha ritenuto utile vivere di persona da barboni per due settimane. Così, vestiti in qualche modo, senza un dollaro in tasca, senza fissa dimora, si sono posta che lanciamo, con la fiducia che venga accolta nel modo più positivo e quindi ognuno possa dare il suo profondo contributo. A volte capita “tra amici” che anziché un dialogo propositivo, vi sia esclusivamente un “monologo”. A volte capita “tra amici” che anziché una interessante discussione, vi sia esclusivamente uno scambio di “notizie”, quasi un telegiornale. A volte capita “tra amici” che anziché un “ascolto partecipativo” vi sia una totale assenza di attenzione, in pratica un freddo sentire. Può essere questa una base per l’ avvio di un dialogo tra noi, in nome di quella Amicizia che ha unito i primi giovani di Parigi? Ritengo che questo possa essere il momento opportuno per dimostrarlo, con la vostra partecipazione. Indirizzate le lettere all’indirizzo: Cesare Colonna Via Marconi, 35 18019 Vallecrosia (IM) “messi in strada”. Il coraggio di questa iniziativa merita rispetto ed ammirazione: encomiabilmente determinati, e veramente bravi! Però, quello che può lasciarci perplessi è che - alla fine di questa esperienza – due di queste persone benpensanti, intervistate dai soliti giornalisti alla caccia di scoop, hanno dichiarato di aver potuto personalmente sperimentare come – senza referenze e senza garanzie – fosse risultato a loro praticamente impossibile farsi aprire un conto/corrente in una qualsivoglia banca… Mi vien da pensare che, secondo quelle due brave persone (mi pare fossero dirigenti d’azienda) la povertà maggiore era quella di non avere un conto in banca… Son convito però di sbagliarmi. Osvaldo 4 Febbraio 2001: 23ª giornata per la vita sciuto Dio, perché Dio è amore”. Se questa fondamentale affermazione ci porta a sottolineare il dovere, per chi si dice cristiano, di “aprirsi all’altro con il generoso dono di sé” e di ricordare come “al cuore di un’autentica cultura della solidarietà si ponga la promozione della giustizia”, essa, ricorda il Papa, ci conduce a riflettere anche sul valore della vita umana. Queste le parole con le quali egli ne ribadisce l’importanza: Sorpresa, Tenerezza, Accoglienza, Fantasia, Gratitudine, Fedeltà, Paura, Sofferenza, Pazienza, Relazione: le dieci parole della Vita. “O gni figlio è Parola”: questo il tema suggerito dal messaggio dei Vescovi in occasione della Giornata per la Vita, che ormai da 23 anni scandisce i ritmi dell’impegno incessante della Chiesa nella difesa di questa “realtà sacra e intangibile”, come la definisce il Santo Padre nel suo messaggio di inizio anno. Il Papa, pur conscio dei gravi problemi che incombono sull’umanità, guarda con sereno ottimismo a un futuro segnato sempre più dalla ricerca di una fraternità veramente universale e osserva come il dialogo fra diverse religioni sia sempre più “incline a sottolineare che il rapporto con l’unico Dio, Padre comune di tutti gli uomini, non possa che favorire il sentirsi e vivere da fratelli”. “Nella rivelazione di Dio in Cristo – continua il Santo Padre – questo principio è espresso con estrema radicalità: ‘Chi non ama non ha cono- La vita umana non può essere vista come oggetto di cui disporre arbitrariamente, ma come la realtà più sacra e intangibile che sia presente sulla scena del mondo. Non ci può essere pace quando viene meno la salvaguardia di questo fondamentale bene. Non si può invocare la pace e disprezzare la vita. Il nostro tempo conosce luminosi esempi di generosità e di dedizione a servizio della vita, ma anche il triste scenario di centinaia di milioni di uomini consegnati dalla crudeltà o dall’indifferenza ad un destino doloroso e brutale. Si tratta di una tragica spirale di morte che comprende omicidi, suicidi, aborti, eutanasia… A tale lista vanno aggiunte irresponsabili pratiche di ingegneria genetica, quali la clonazione e l’utilizzo di embrioni umani per la ricerca, a cui si vuole dare una giustificazione con un illegittimo riferimento alla libertà, al progresso della cultura, alla promozione dello sviluppo umano. Quando i soggetti più fragili e indifesi della società subiscono tali atrocità, la stessa nozione di famiglia umana basata sui valori della persona, della fiducia e del reciproco rispetto e aiuto, viene ad essere gravemente intaccata. Una civiltà basata sull’amore e sulla pace deve opporsi a queste sperimentazioni indegne dell’uomo. 3 L’incontro con la presidente interregionale I n un clima di affettuosa cordialità si è svolta, sabato 18 novembre scorso, la visita della nostra Presidente interregionale Lydia Da Ros, che ha incontrato una numerosa rappresentanza di Vincenziani veronesi presso la sede della Società di Mutuo Soccorso a Porta Palio. Dopo aver espresso il suo compiacimento per le iniziative della San Vincenzo veronese, Lydia Da Ros ha ricordato i due obiettivi che si è proposta la San Vincenzo regionale per l’Anno Giubilare: il primo relativo alla formazione spirituale vincenziana, il secondo riguardante il problema di come avvicinare i giovani, per assicurare un avvenire alla nostra Associazione. Molto spesso nelle nostre Conferenze si dà la preminenza all’aspetto pratico e organizzativo del nostro impegno di carità, ha ricordato la Presidente, dimenticando che il nostro servizio ha le sue radici nel Vangelo, nel quale il Vincenziano deve trovare la fonte della sua testimonianza di carità. La San Vincenzo inoltre deve essere sempre più visibile, allargando le proprie attività, ma soprattutto riscoprendo il suo carisma, a volte purtroppo sbiadito, che è costituito dallo spirito di aggregazione: dovremmo essere una pluralità di persone che, in comunione fra loro, testimoniano la propria fede nella carità verso i fratelli. Superata ogni forma di divisione o antagonismo fra persone o gruppi, il nostro impegno deve essere assolto in un clima di autentica amicizia, se vogliamo essere credibili ed efficaci. Non dimentichiamo che proprio l’amicizia, insieme all’aumento della fede, era l’obiettivo indicato da Federico Ozanam. Grandi novità stanno maturando a livello regionale nei confronti dei giovani. Per il 2001, anno del Volontariato, è 4 stato preparato il progetto “San Vincenzo-Giovani”, che si articola in varie iniziative, alcune delle quali già in via di realizzazione. Le indichiamo brevemente: 1) istituzione dello sportello scuolavolontariato, con lo scopo di realizzare un punto di incontro fra studenti, docenti, rappresentanti del volontariato, per diffondere la cultura della solidarietà fra i giovani. Lo “sportello”, aperto agli studenti delle superiori, sarà punto di riferimento, sportello informativo, promotore di formazione, e avrà lo scopo di inserire i giovani nell’ambito della difesa dei beni culturali e dell’ambiente, dell’assistenza e della sanità: il tutto in modo organico e inserito nel progetto didattico. 2) sostegno nello studio, ad opera di vincenziani insegnanti o ex-insegnanti, rivolto a ragazzi di scuola elementare o media che vivano situazioni di disagio o difficoltà. 3) borse di formazione, per permettere ai ragazzi di imparare un mestiere. Si affìanca un ragazzo a un artigiano, che gli fa da maestro; la San Vincenzo, per alcuni mesi, si assume l’onere dello stipendio e dell’assicurazione. La Presidente regionale ha dedicato poi particolare attenzione alla presentazione dell’ADI (Assistenza Domiciliare Integrata). Si tratta di un servizio alla persona anziana o malata, per permetterne l’autonomia e la permanenza presso la sua famiglia, ritardandone al massimo il ricovero in istituti o ospedali. Gli interventi sono programmati e personalizzati, in collaborazione con le strutture pubbliche. Il Vincenziano affianca gli interventi di queste ultime con la visita domiciliare, fatta in coppia secondo la tradizione, visita che permette risposte tempestive a situazioni di emergenza intervenute e un aggiornamento regolare della situazione, negli incontri mensili con l’assistente sociale. La giornata, che ha offerto alla Presidente Da Ros l’opportunità di visitare la Casa della Speranza, la Dimora Ozanam, il guardaroba, oltre alla nostra Sede centrale, ha avuto il suo momento più bello nell’incontro conviviale, che si è svolto nella calda atmosfera di accoglienza che, come sempre, ci hanno offerto gli amici della Società di Mutuo Soccorso, e della quale desideriamo ancora ringraziarli, anche dalle pagine del nostro giornale. C.B. Una nuova biografia Riteniamo di far cosa gradita ai nostri lettori info venuta ad opera dell’Editrice San Paolo, di una ho la carità non sono niente”. Ne sono autori P £. 30.000). Ne ha dato notizia l’inserto “Noi-Genitori e Fig 2000, che definisce quella del nostro Fondatore gare impegni familiari, studio e attenzione agli u la schiera dei santi sposati, santi che sono arrivat condizione matrimoniale. Solo raramente nel passato la Chiesa ha ufficiali tipiche di altri stati di vita. Oggi però, grazie alla la vocazione al matrimonio viene rivalutata anch di tanti laici. Oltre a Federico Ozanam, ricordia per tanti aspetti, tanto simile alla sua e, in occasio la Vita, Gianna Beretta Molla, la coraggiosa ma quella del figlio. Dove va la San Vincenzo di Verona? Incontro del 5 Dicembre presso le suore della Sacra Famiglia L a riunione era stata programmata per fare l’analisi della situazione della nostra S. Vincenzo Veronese. All’inizio, la S. Messa celebrata dal nostro Ass. spirituale Don Elvio Bonetti, che ha impostato l’omelia sul significato e valore della preghiera, intesa non tanto come recita di formule, ma come disponibilità della mente e del cuore a scoprire ed accettare i disegni di Dio ed i Suoi percorsi. Tema della riflessione: che cosa possiamo fare,che cosa vogliamo fare, che cosa desideriamo fare a partire dalle situazioni reali delle Conferenze. Alle domande della Presidente Trischitta: di Federico Ozanam formandoli della recentissima pubblicazione, ava nuova biografia di Federico Ozanam: “Se non P.Luigi Mezzadri e Francesca Onnis (pag. 267, gli”, supplemento ad Avvenire del 24 dicembre e come una personalità “ricca, che seppe coniuultimi”, sottolineando come egli appartenga alati agli onori degli altari anche “grazie” alla loro izzato questo tipo di santità, privilegiando virtù la maggior attenzione riservata allo stato laicale, he col riconoscimento della “eroicità delle virtù” amo, fra gli altri, Giuseppe Tovini, la cui vita è, ione della celebrazione della XXIII Giornata per madre che rinunciò alla sua stessa vita per salvare 1) sentiamo la San Vincenzo come una grande famiglia 2) come dobbiamo seguire le indicazioni che ci vengono dal Consiglio Nazionale 3) come aiutiamo i poveri 4) che tipo di rapporti abbiamo fra noi Vincenziani 5) che valore diamo alla formazione le risposte sono state: a) i Vincenziani si sentono sì parte attiva della associazione, ma la non adesione a tutti gli impegni proposti dipende anche dal fatto che, prima di tutto come cristiani, sono coinvolti in molte altre iniziative parrocchiali o diocesane; non tutti ritengono giusto essere soltanto “Vincenziani”, perché la Carità vuole lo sviluppo completo dell’uomo e tanto più si dà, quanto più si è “aperti” b) le direttive che vengono dal Consiglio Nazionale devono essere seguite il più possibile,perché studiate appositamente per la nostra associazione, ma vanno poi “calate” nel contesto delle varie Conferenze c) i rapporti fra di noi non sempre sono facili; la riflessione spirituale che viene effettuata in tutte le Conferenze, presente o no l’assistente spirituale, non è forse sufficiente per farci fare il “salto di qualità” che ci porterebbe ad essere veramente fratelli fra noi e con i poveri. A questo proposito c’è chi vede l’opportunità di incontrarci per almeno mezza giornata per riflettere sulla necessità e modalità della preghiera che aiuti ogni Vincenziano ad essere un portatore dell’amore di Dio. d) riguardo al nostro modo di aiutare i poveri, don Elvio ci mette in guardia dal praticare solo “l’elemosina”; i fratelli che soccorriamo sono delle e) f) g) h) i) “persone” in tutta la loro completezza e se non li aiutiamo a crescere in tutti i loro aspetti, aumenteremo la loro miseria (abituarli a vivere sulle spalle degli altri non è fare il loro bene). La commissione formazione è chiamata a prendere atto di queste esigenze nel programmare gli incontri del 2001. Molte Conferenze si sentono isolate e fuori del contesto parrocchiale; spesso non c’è sintonia con i parroci e manca la collaborazione con la Caritas se questa esiste in parrocchia. La risposta è che bisogna essere i primi a tentare di collaborare con tutti i gruppi soprattutto con i Centri di Ascolto là dove esistono. Non è importante soltanto fare il “bene”, bisogna farlo “bene”, senza pressappochismi pericolosi. Alcune conferenze hanno buone disponibilità di mezzi economici e di persone ed hanno pochi assistiti; esse possono fare gemellaggi con conferenze più povere (Conferenze di Zona) Il grande e perenne punto dolente è la scarsità di vincenziani giovani, anche se ci sono alcune nuove leve. Viene ribadita la necessità del ricambio dei presidenti dopo un certo numero di anni, perché ogni persona nuova porta nuove idee CONCLUSIONI La riunione è stata interessante ed utile per la partecipazione e la serietà con cui i confratelli presenti hanno vissuto questo momento di riflessione; si spera che i Vincenziani di quella sera riportino nelle loro Conferenze il desiderio, che ci è parso scaturito dall’incontro, di un sempre maggiore impegno. M.R.P. 5 Viaggio in Cappadocia C i si assoggetta ad un tour organizzato, ben sapendo che non tutte le tappe possono essere di gradimento personale ma, quelle selezionate e ambite, giustificano il disagio della vita comunitaria a stretto contatto, i percorsi interminabili, i commenti superflui e ironici di chi non coglie opportunamente le giustificazioni culturali, ecc. Io ero in questa situazione, in attesa di trasferimento, sul ciglio di una strada turca. Vedo arrivare un carretto e mi preparo già a sorridere all’idea come le civiltà contadine abbiano punti in comune: infatti, trainato da un asino, arrivava un carretto tutto dipinto come quelli nostri siciliani: freno, barra, stanghe, ruote, tutte un fiorire di colori; le redini erano tenute da un anziano, immancabili baffi neri, in testa una papalina di lana infeltritissima da annate di onesto sudore lavorativo, il cui centro era ben marcato da un buon bitorzolo di lana. Sembrava aver appena smesso il fez e calcato in testa quest’altro copricapo. La donna, tutta infagottata e coperta da foulard, non dava segni d’età: poteva essere mam- Dalla conferenza di Gesù Divino lavoratore Il giorno 6 Gennaio 2001 la nostra conferenza è stata colpita da un grave lutto. È morto il nostro confratello, amico, Bonizzato Leonildo. Uno tra i primi fondatori della nostra conferenza. Ha sempre operato con tanta disponibilità fino agli ultimi giorni. Sentiamo tutti la sua mancanza, ma ci consola il pensiero che sarà bene accolto nella luce divina. 6 ma o nonna del bambino che trotterellava vicino all’asino. Nella mia generosa apertura mentale, sorridevo ed allungavo la mano per accarezzare il piccolo, ma non lo avessi mai tentato! Persone e asino, dall’andatura erano passati al trotto e poi ad una discreta corsa, per distanziarmi. Ci sono rimasta malissimo: io ero l’impura da evitare! Ma la mia religione d’amore mi suggeriva alcune considerazioni: in tutte le religioni ci sono gli intransigenti, soprattutto là dove si interpretano male le dottrine di base. Meglio sorvolare ed aprire l’animo alla Cappadocia, la regione che mi stava a cuore, più che per la strana conformazione geologica, per le testimonianze della cristianità del III – IV e V secolo. Ovviamente, la guida turcocircassa-maomettana, e di buona capacità comunicativa, tendeva a ridurre, a minimizzare la vita del nascente cristianesimo; io rispettavo in silenzio la sua critica estetica sulle chiese rupestri per poi allargare la spiegazione, sul pullman, ai miei compagni di viaggio e di fede, dal punto di vista della nostra religione. Vedevo perciò tutta la valle di Göreme, lontana dai centri abitati, animarsi dei silenziosi abitatori della valle, che entravano ed uscivano dalle loro abitazioni tufacee per raggiungere le chiese rupestri del IV secolo d. C., uniche al mondo, anch’esse scavate nel tufo tenero e giallastro. Per noi turisti, abituati alle comodità, era difficile raggiungerle, ma una volta entrati lo stupore si cambiava in commozione: l’ingresso, spesso, era indicato da una toponomastica d’occasione, tratta da un particolare dei dipinti all’interno, da cui le denominazioni: Chiesa Nascosta, Chiesa della Fibbia, dei Sandali, del Serpente o di San Giorgio, Chiesa della Mela, ecc… Sono tutte dipinte ad affresco e riportano scene della vita di Gesù. Nell’ultima nominata, una cupola centrale era sostenuta da quattro pilastri, le due piccole absidi laterali e quella centrale più grande hanno affreschi che portano le ferite dell’epoca iconoclastica, con la faccia del Cristo graffiata da mano vandala. Gli affreschi laterali sono molto deteriorati ed alcuni cadono a pezzi. Nella cupola campeggia l’immagine di Cristo benedicente, in abito bianco, fra due figure in atteggiamento devoto e subalterno. Gli affreschi alle pareti rappresentano il Battesimo di Gesù, la sua venuta a Gerusalemme, l’Ultima Cena, la sua Crocefissione, il tradimento di Giuda. Su uno di questi affreschi, Gesù è rappresentato mentre tiene in mano una mela; una mela appare anche su di un pilastro e questa è la ragione per cui la chiesa viene chiamata “Della Mela”. Alcuni studiosi hanno avanzato l’ipotesi che la mela in mano di Gesù simboleggi la redenzione del mondo dal peccato originale. La “Chiesa Oscura” è quella che contiene gli affreschi meglio conservati, perché ha l’interno sempre in penombra; è scarsamente illuminata da una sola piccola finestra che non permette ai raggi della luce di intaccare le scene del Vecchio e Nuovo Testamento, così i colori degli affreschi sono netti e vivaci. Campeggia sulla cupola un Cristo benedicente; si snodano poi sulle pareti scene della vita di Gesù, dal battesimo alla crocefissione. Ho visitato chiese ancor più semplici, i cui disegni erano simboli e grafftti, ma la “chiesa del Serpente” mi ha collegato più facilmente alla mia cultura, riportando l’immagine di Costantino e di S. Elena sua madre. L’affresco che ha dato il nome alla chiesa è un San Giorgio che uccide il drago, rappresentato da un serpente. Sulla parete di destra trionfa San Basilio, fratello di Gregorio di Nissa ed amico di Gregorio Nazianzeno. A quel punto capivo con più sicurezza la triade dei Padri della Chiesa, detti Padri della Cappadocia, personaggi di spicco, sia dal punto di vista culturale in generale, sia dal punto di vista specifico filosofico- teologico. Riascoltavo nella mente la parole di Giovanni Paolo II, quando nell’enciclica Fides et ratio, fa riferimento a Gregorio Nazianzeno, indicandolo come esempio emblematico di quel rapporto di “circolarità” instaurato fra pensiero filosofico e parola di Dio. Ecco, in breve, le mie emozioni; un tour più che positivo perché mi ha permesso di riannodare alcuni anelli della cultura religiosa, con riflessioni e sensazioni quasi “tattili”. Aggiungo una piacevole curiosità: nella moschea, ora museo, di Solimano il Magnifico, in una teca di vetro, fra le tante che racchiudevano enormi ricchezze, abiti da parata, suppellettili di vario genere, pietre preziose, ho trovato esposta la “Verga di Mosè”. Era una dura verga da condottiero, scanalata e rossiccia; quasi alla sommità si diramava a 45º una piccola deviazione per l’appoggio della mano. Crediamo alla sua autenticità? Comunque sia, io ho imparato a distinguere la verga del comando dal più umile “pastorale” a cui si appoggiavano i patriarchi nella trasmigrazione dei greggi. L’esperienza di viaggio mi ha arricchito e anche un po’… piegata fisicamente, tanto più che i muezzin mi rompevano il sonno di mattina presto con le loro monocordi preghiere. Io avevo nostalgia delle mie campane che, purtroppo, raramente ora sento. T.S. Quale Digiuno? È questo il digiuno che voglio Briciole di “Scrittura” “Q uesto è il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique… rimandare liberi gli oppressi… dividere il pane con l’affamato, introdurre in casa i miseri senza tetto, vestire chi è nudo.” È l’accalorata esortazione che nel venerdì dopo le ceneri rivolge a noi il grande profeta Isaia (58,1-9). Se non saremo capaci di fare questo, come potremo chiamarci figli di Dio? Come ardiremo presentarci da fratelli di Cristo? Eppure questa è molto spesso la nostra testimonianza di vita: digiuniamo, facciamo anche penitenza, ci battiamo il petto, preghiamo, ma non sempre siamo conseguenti alla Parola che ci viene da lontano e che Gesù ha riproposto nel definitivo messaggio dell’amore. Non sciogliamo le catene di nessuno, non ci sentiamo in solidarietà col prossimo, non dividiamo il pane con gli affamati, non diamo accoglienza ai senza tetto, non vestiamo gli ignudi. Don Tonino Bello affermava con convinzione che noi “consolati” dovremmo sentirci “afflitti” per poter parlare onestamente di carità. Ma sentirci afflitti non è comodo, e non è quello che vuole il mondo e le sue leggi basate sul più squallido tornaconto. Cosa si pretende, alla fine? Che diamo da mangiare a tutti quelli che hanno fame; da bere a tutti quelli che hanno sete, un alloggio a tutti i forestieri, un vestito a tutti i nudi? Dobbiamo andar a trovare tutti i malati e i carcerati? Non sono richieste eccessive quelle di Isaia e di Gesù? Questi comandi sono proprio indispensabili come passaporto per superare il giudizio finale? Sono domande che ci interpellano profondamente. Se la Parola non diventa pratica di vita finisce col corrompersi: diventa parola senza vigore, parola tradita. G.P. (IS 58,6) Cenere e sacco, ginocchio a terra viso nella polvere, obolo e penitenza orazione e digiuno. Bastano? Sciogliere le catene togliere i gioghi liberare gli oppressi nutrire chi ha fame e sete vestire l’ignudo dividere il tetto con l’esule abitare col pellegrino visitare il malato e il carcerato Questo è il digiuno che voglio! Ma il mercato impazza gli affari premono la concorrenza è spietata gli operai indolenti la politica sporca l’interesse assillante Chi non guarda gli uccelli del cielo chi non osserva i gigli del campo come può capire? G.P. 7 La S. Vincenzo della mia parrocchia A l Sabato sera, nella mia parrocchia, quando io ero in età di preadolescente ricordo che il mio papà frequentava l’incontro formativo per gli uomini di Azione Cattolica. Una domenica mio padre, a mezzogiorno mentre eravamo a tavola parlò della proposta del parroco: “Occorrono persone che incomincino l’apostolato della Carità; io mi sono proposto” disse. Mi sono sentito orgoglioso per quel sì di papà. Alla Domenica mattina, dopo la S. Messa, in bici partiva con gli amici e andava nelle famiglie segnalate dal parroco. Portavano quel poco di allora, si era dopo la guerra, ma andavano con gioia e con serietà. Nacque così la S. Vincenzo nella mia parrocchia. Sono convinto ora che fece poco davanti alle tante urgenze di allora, ma la mia famiglia e la parrocchia crescevano di impegno e di dedizione. In quel tempo fio- rirono molte vocazioni: missionarie, religiose e sacerdotali. Il programma pastorale era dettato dalla vita di un parroco che credeva nella carità, nella vita di preghiera e nelle persone che avevano fatto della carità la prima e la più ferrea evangelizzazione. Grazie, o Signore, per quel tempo di fervida vita di fede. Oggi vi è più tecnica di evangelizzazione. Al mattino presto il mio parroco era là a pregare e a celebrare, ascoltava la povertà di famiglie e informava la S. Vincenzo. In tutto questo vi erano dei limiti, ma esisteva già il tempo di ascolto, e il tempo delle risposte adeguate. Oggi molte cose sono cambiate in bene, tuttavia la carità verso i malati e i poveri resta sempre il primo paragrafo della pastorale. Quante pagine fotocopiate in meno e quanta vitalità gioiosa, generosa in più! Forse si sarebbe capaci di commuoverci ancora davanti a tante pagine di bene. A distanza di anni, un bambino di una di queste famiglie povere divenuto adulto e papà, mi ricordava quei gesti che lo hanno sempre tenuto legato alla fede. Ora non vi sono più poveri di quel tipo, poiché stiamo tutti bene, tuttavia ho l’impressione che siamo noi un poco impoveriti poiché talvolta trascuriamo questo elemento di evangelizzazione. Ringrazio la Caritas che desidera operare in questo modo. Se i giovani riscoprissero questa benedetta S. Vincenzo! È una proposta che faccio a tutti i giovani, sperando che leggano questa semplice esperienza. Don Elvio Incontro di Formazione del 18-02-01 Centro Camilliano via Bresciani nº2- Quinzano Sala Carcereri sul tema: I Minori a Rischio ORGANO DI INFORMAZIONE E COLLEGAMENTO DELLA S. VINCENZO VERONESE Coordinatore dei lavori: dott. Luciano Galli Programma piazza Duomo, 2 A/B 37121 Verona tel. 045 8004703 c/c postale 15613375 Direttore responsabile Don Bruno Fasani Aut. del Tribunale n. 1164/95 RR del 30.06.95 Stampato su carta riciclata da Cierre Grafica - Verona Tel. 045 8580900 - Fax 045 8580907 Ai sensi della legge n. 675/96 (tutela dati personali) si garantisce la massima riservatezza dei dati personali forniti e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione, o di opporsi al trattamento dei dati che li riguardano, scrivendo a: Società di S. Vincenzo de Paoli, piazza Duomo 2, 37121 Verona. 8 8.30 accoglienza 8.45 s. messa presso la chiesa del Centro Camilliano 9.30 pausa caffè 10.00 inizio lavori-saluto della Presidente Trischitta e presentazione dei relatori 10.15 Vincenza Di Nuzzo, Assistente Sociale del Comune su: Aspetti sociali e servizi territoriali per i minori a rischio 10.35 dott. Piero Benciolini, neuropsichiatra infantile su: Carenze affettive e disturbi della personalità nei minori a rischio 10.55 avv. Francesca Luciani, esperta di problemi di famiglia su: Aspetti legali e giuridici nelle situazioni dei minori a rischio 11.15 un sacerdote su: Valori cristiani nell’educazione moderna 11.35 Alessandra Molinarelli, responsabile di un gruppo famiglia: Varie esperienze concrete d’interventi a favore di minori a rischio (zona Borgo Roma) 12.00 dibattito 12.30 termine dei lavori