Distruggiamo le chiese

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Distruggiamo le chiese
Distruggiamo le chiese San Raffaele a Milano Distruggiamo le chiese San Raffaele a Milano Non si è ancora dissolta, a Milano, l'atmosfera da ballo Excelsior, dovuta al nuovo «gra@acielo» in piazza della Repubblica e alle diverse iniziaDve che ne hanno solennizzato l'inaugurazione, quand'eccoci di nuovo piombaD in una fosca storia di demenza devastatrice: ecco di nuovo all'opera, ele@rizzaD e furenD, i vandali milanesi. Sta per essere annientata l'anDca chiesa di San Raffaele, a un passo dal Duomo, costruita tra il Cinque e il Seicento per iniziaDva di san Carlo Borromeo: la bellissima parte inferiore della facciata, con grosse erme barbute in forte rilievo, è ope-­‐ra del celebre Pellegrino Tibaldi, «archite@o di san Carlo» e autore, sempre a Milano, di San Fedele, di San SebasDano, del corDle del Palazzo Arcivescovile e di molD lavori nel Duo-­‐mo. L'interno, a tre navate con archi sostenuD da colonne, conDene un assai notevole insieme di pi@ura barocca, dal Ce-­‐rano al Morazzone, dal Fiammenghino a Camillo Procaccini. Ora, come si tra@asse di una baracca abusiva su terreno di speculatori, la chiesa sta per essere fa@a saltare in aria. Distruggiamo le chiese San Raffaele a Milano L'indegna impresa avviene come al solito colla benevola indifferenza delle varie autorità (sindaco, uffici comunali, Soprintendenza ai MonumenD, Consiglio Superiore e Direzio-­‐ne generale AnDchità e Belle ArD, ecc.), come al solito in at-­‐tesa che le manovre degli interessaD alla rovina rendano di-­‐sperata la situazione: altro non si sa che quanto il «Corriere della Sera» crede opportuno far sapere ai suoi le@ori. Dall'edizione del pomeriggio del 17-­‐18 gennaio abbiamo sa-­‐puto qua@ro cose. Prima: che il proge@o «avanzato recentemente (?) inten-­‐derebbe salvare soltanto la facciata di San Raffaele, oltre, ben inteso, ai preziosi affreschi del Fiammenghino e ai quadri del Caravaggio (?), del Morazzone», ecc. Seconda: che «la fac-­‐ciata verrebbe sistemata in un'altra zona centrale della ci@à». Terza: che il soprintendente ai MonumenD (gran novità) non si è ancora «pronunciato». Quarta: che scopo della barbara iniziaDva sarebbe quello di «consenDre la ricostruzione e la sistemazione completa dell'isolato che abbraccia a@ualmente la chiesa, la quale si leva stre@a da ogni parte da grossi edifici moderni». Distruggiamo le chiese San Raffaele a Milano Eccoci al punto. Cosa si nasconde so@o a questa frase si-­‐billina? A vantaggio di chi si intende «consenDre la rico-­‐struzione», ecc.? Chi vuoi fare qua@rini, mangiandosi la chiesa di San Raffaele? Nessuna delle solite sballate ragioni, normalmente vantate come «imprescindibili» dai nostri sventratori, sussistono in questo caso. Non ragioni di traffi-­‐co, non ragioni variamente urbanisDche (nessuno sventra-­‐mento infa[ è previsto dal nuovo piano regolatore sul ca-­‐davere della chiesa, e nessuno pensa di sistemare al suo po-­‐sto un giardino, un parcheggio o una rimessa tramviaria); non ragioni di «decoro», perché la chiesa di San Raffaele non è una «lurida» o «indecorosa casupola»; non ragioni «scenografiche», perché nessuno pensa di sfru@are il vuoto la-­‐sciato dalla chiesa per qualche «valorizzazione ambientale»; non ragioni di sicurezza, perché la chiesa non è pericolante né «faDscente»: e via numerando le consuete sciocchezze. E allora? Allora eccoci davanD alle ragioni autenDche, sostanziali, invincibili e micidiali, che da decenni vanno smontando l'Italia anDca: le ragioni dell'anarchia, dell'ingordigia e della speculazione privata. Distruggiamo le chiese San Raffaele a Milano Sorge infa[, a ridosso di San Raffaele, l'edificio della Ri-­‐nascente, la cui ricostruzione qualche anno fa suscitò pole-­‐
miche memorabili, quasi come la ricostruzione del campani-­‐le di San Marco a Venezia, all'inizio del secolo: un bru@o edi-­‐
ficio, né vecchio né nuovo, con finte arcate e croste marmo-­‐ree. Ebbene, i proprietari della Rinascente, mossi dal lodevo-­‐le desiderio di aumentare le loro entrate, vogliono ora nuovo spazio, e poiché la chiesa li impaccia, essi hanno aperto le fau-­‐ci capaci, apprestandosi tranquillamente a ingoiarla come un uovo all'ostrica. Tra grandi potestà sempre ci si intende; e i proprietari del-­‐la Rinascente sono pronD a sborsare, o stanno sborsando o hanno già sborsato milioni cinquecento, cinquecento milioni uno sull'altro alla Curia milanese, per l'acquisto dell'area su cui sorge la sventurata chiesa dedicata all'arcangelo Raffaele, da distruggere e trasformare in appendice ai grandi magazzi-­‐ni. Gli eredi di sant'Ambrogio e di san Carlo Borromeo stan-­‐no davvero scrivendo, come si dice, una bella pagina di sto-­‐ria. Bravi. Se è vero che una volta solo Iddio poteva «piegare la volontà fascista, gli uomini e le cose mai», oggi nemmeno il SanDssimo Sacramento, di cui in San Raffaele si praDca l'adorazione perpetua, ha autorità sufficiente contro il van-­‐dalismo combinato della Curia e della Rinascente. Distruggiamo le chiese San Raffaele a Milano Di fronte al sacrilego bara@o, il «Corriere della Sera» ha avuto un a[mo di perplessità: il 3 febbraio qualcuno ha osa-­‐
to augurarsi che le «voci» di demolizione venissero «subito e autorevolmente smenDte». Perdurando invece l'altre@anto autorevole silenzio dei responsabili, il 5 febbraio il vile «Cor-­‐
riere» pubblicava l'arDcolo di un do@o monsignore dove di tu@o si parla, fuorché della necessità di salvare San Raffaele. Merita ricordarne in due parole il contenuto. Quanto alla chiesa nella sua fase precedente l'a@uale, do@amente se ne nega la fondazione da parte di Berengario, se ne rifiuta l'esi-­‐stenza tra le sei chiese che circondavano l'anDco duomo, e do@amente si afferma che fosse chiesa poco importante, non essendo «cappella decumana» né essendo compresa nell'iD-­‐nerario delle grandi processioni, ecc. ecc.: per colmo di for-­‐
tuna, poi, essa andò completamente distru@a so@o la rico-­‐struzione ordinata alla fine del Cinquecento da san Carlo. Distruggiamo le chiese San Raffaele a Milano Quanto alla chiesa che allora sorse e giunse fino a noi, il mon-­‐signore esclude la partecipazione non solo di Galeazze Alessi (che un altro do@o autore invece sosDene) ma anche quella di Pellegrino Tibaldi, ammessa dai più, e do@amente afferma che «tu@a la chiesa», compresa la parte inferiore della facciata, normalmente a@ribuita al Tibaldi, è opera della sua scuola, mentre la parte superiore non è che arbitrario com-­‐
pletamento o@ocentesco (dell'interno non una parola). De-­‐molita a parole, così do@amente, la povera chiesa, il monsi-­‐gnore conclude soddisfa@o che San Raffaele è oggi «davvero troppo piccola» per la devozione del SanDssimo Sacramento. Chi ha orecchi da intendere intenda. Noi godiamo della do@a disputa. Non me[amo in dub-­‐bio nemmeno per un istante la fondatezza delle erudite noD-­‐zie forniteci dal monsignore, solo gli domandiamo a cosa cre-­‐de che servano. L'a@uale chiesa di San Raffaele è piccola, non conserva tracce della chiesa più anDca, è stata costruita tra il Cinque e il Seicento non dire@amente da un grande architet-­‐to ma dalla sua scuola, venne eseguita solo parzialmente e completata nell'O@ocento... E con ciò? Demoliremo tu@e le chiese sorte dopo la scoperta dell'America -­‐ costruite da sco-­‐lari di grandi archite[ -­‐ completate nel secolo scorso? Distruggiamo le chiese San Raffaele a Milano E, in-­‐versamente, conserveremo solo le chiese con resD medioevali -­‐ ricostruite sicuramente da grandi archite[ -­‐ immuni da restauri o@ocenteschi? O ado@eremo il criterio della gran-­‐dezza, e salveremo solo quelle dove possa raccogliersi un maggior numero di adoratori del SanDssimo Sacramento? Basta, sono misteri della mente umana. LamenDamo piu@o-­‐sto ancora una volta come precario sia il rapporto tra erudi-­‐zione e intelligenza: in Italia lo studio delle anDchità porta per dire[ssima a giusDficare, in cervelli culturalmente immaturi, la distruzione delle anDchità medesime. L'esempio di Roma so@o il fascismo insegni. La distruzione della chiesa di San Raffaele a Milano rien-­‐tra nella generale offensiva dell'autorità ecclesiasDca contro i più illustri monumenD della civiltà crisDana. Distruggiamo le chiese San Raffaele a Milano Per non ricor-­‐dare che i casi più enormi, è di due anni fa l'iniziaDva dei fraD minori di Assisi di sventrare la collina su cui giace la ci@à, per costruire uno stradone asfaltato che porD i pellegrini ad-­‐dormentaD al santuario di San Damiano, già ampiamente ma-­‐nomesso. È dell'anno scorso la pretesa del Patriarca di Ve-­‐nezia di smontare l'iconostasi goDca della basilica di San Marco, sventata a quanto sembra, almeno per il momento. È di qualche mese fa la famigerata proposta (anch'essa rientra-­‐ta per ora) dell'Azione Ca@olica d'accordo col Coni, di co-­‐struire uno stadio olimpico sopra le Catacombe di San Callisto, lungo la via Appia AnDca. Mancava all'elenco una Curia che vendesse una chiesa ai grandi magazzini: ci ha pensato la «capitale morale». Qui come altrove i malintenzionaD reverendi fanno appello alle «esigenze del culto» e al purismo archeologico, interpretano a rovescio la storia e la tradizione, efficacemente incrementando l'ignoranza e l'empietà del Paese. Distruggiamo le chiese San Raffaele a Milano Eppure, nonostante lo spregio del do@o monsignore, San Raffaele è piaciuta e piace a molte persone. «Mirate da qua-­‐li sostenitori termini viene il suo architrave accompagnato effigiando umani colossi scolpiD», invita Carlo Torre nel 1714; la facciata «è di sDle capriccioso, l'interno sodo ed ele-­‐gante», scrive il Pirovano nel 1822; la facciata è un «pezzo grandioso e pieno di originalità, l'interno si disDngue per eleganza e severità di profili», scrive il Mongeri nel 1872; l'«interno è severo» (Malaguzzi Valeri), «l'interno di linee severe ed eleganD ricorda l'anDca forma basilicale, la fronte è assai originale» (Verga, Nebbia, MarzoraD); «le figure ter-­‐minali della parte inferiore (della facciata) hanno una non comune grandiosità» (Romussi). E pochi giorni fa il criDco di un se[manale («Tempo», 9 febbraio) scriveva che lafacciata è «una delle maggiori creazioni» del Pellegrini, «se-­‐vera nel suo parDto di colonne e pilastri, drammaDca nel gioco violento delle ombre e con quella invenzione dei mascheroni tragici, che sembrano davvero un commento espressionisDco», concludendo che la Soprintendenza «sen-­‐sibile com'è» (ma quando mai?) «impedirà anche questo bara@o». Distruggiamo le chiese San Raffaele a Milano Non illudiamoci. La distruzione delle chiese è ormai cosa all'ordine del giorno. A Roma è stata recentemente polveriz-­‐zata la chiesa barocca di Santa Maria di Loreto, responsabili le autorità cosDtuite e il Monte dei Paschi di Siena, che al po-­‐sto della chiesa, cioè nello stradone di San Giovanni, cioè in una delle più belle zone della vecchia Roma, cioè tra il Co-­‐losseo e San Clemente, sta costruendo un suo monumentale baraccone per uso di esa@oria. A Milano, nel 1948, veniva ra-­‐sa al suolo la chiesa preromanica, romanica e goDca (si sarà fa@o vivo, in tal frangente, il do@o monsignore?) di San Gio-­‐vanni in Conca, in piazza Missori: responsabili il Comune e la Soprintendenza ai MonumenD, ostacolaD dalla chiesa nei loro piani sventratori della vecchia Milano, e la Società Ge-­‐nerale Immobiliare, bramosa di spazio per un suo nuovo ba-­‐raccone ad uso di albergo e cinematografo. È stata rispar-­‐miata in loco la cripta, come un cesso so@erraneo, e un mise-­‐
rabile frammento dell'abside, in mezzo a una tonda aiola sparDtraffico: sparita la chiesa, al suo posto resta ora un «reliquato monumentale», cioè un avanzo archeologico creato arDficialmente, un rudere inventato, simbolo perfe@o del gangsterismo urbanisDco milanese. Distruggiamo le chiese San Raffaele a Milano Nel 1954 fu la volta della famosa chiesa di San Michele ai Nuovi Sepolcri a croce greca, al centro della Rotonda di Porta Vi@oria, raro e prezioso insieme di archite@ura barocca lombarda: responsabili il sindaco e il soprintendente ai MonumenD, smaniosi di demolire la chiesa o comunque di «ridurne l'ingombro» (!), per sistemare al suo posto un giardine@o pubblico con fontana. I cinquecento milioni promessi o daD dalla Rinascente alla Curia sono, come dicono i bandiD nei libri gialli, «un bel mucchio di qua@rini». Non meraviglia quindi che oggi San Raffaele non possa più sfuggire alla morte, come invece ca-­‐pitò nel 1902, quando Gaetano Negri riuscì a salvarla dalle basse voglie dei Magazzini Bocconi, progenitori della Rina-­‐scente (vedi i ricorsi della storia), e in seguito ancora quando, contro analoghe minacce, dove@e intervenire l'Arcivescovo.. Distruggiamo le chiese San Raffaele a Milano Con quel mucchio di qua@rini la Curia afferma di volere co-­‐struire una nuova chiesa alla periferia (si vede che non sono proprio staD sufficienD gli svariaD miliardi concessi dallo Stato alla Chiesa, con la legge del 18 dicembre 1952): ed essendo quello il pio scopo del bara@o si darà anche il caso che ai distru@ori di una chiesa anDca e venerabile, laici o chierici che siano, si schiudano alla fine le porte del Paradiso Rinascente e Curia sono in questo momento a Milano le massime autorità in fa@o di conservazione dei monumenD. Contro di esse avrebbero dovuto insorgere le autorità pagate con pubblico denaro per la difesa del nostro patrimonio ar-­‐DsDco. Sappiamo che qualche milanese bennato ha protestato d'urgenza presso il Consiglio Superiore e Direzione Ge-­‐nerale AnDchità e Belle ArD, Soprintendenza ai MonumenD della Lombardia, sindaco di Milano: uno ha risposto pro-­‐me@endo «provvedimenD cautelaDvi», un altro è caduto dal-­‐le nuvole, un altro è stato muto come un pesce. E le varie as-­‐sociazioni milanesi che dovrebbero interessarsi alla sorte di Milano, il «Carrobbio» o le «famiglie meneghine» dei nostri sDvali, cosa hanno pensato di fare? Il Morazzone – Il sogno d’Elia (1616) Distruggiamo le chiese San Raffaele a Milano Intanto in Consiglio co-­‐munale si a@ende la risposta a un'interpellanza dei liberali, mentre il «Corriere» tace, dopo il furbesco arDcolo del do@o monsignore Le probabilità che, all'ulDmo istante, un intervento dal-­‐l'alto possa impedire lo scempio, sono irrisorie. Se San Raf-­‐faele sta ancora in piedi, questo è dovuto a un curioso insieme di circostanze. Le ulDme noDzie riportano che non si intende più «rimontare» le spoglie della chiesa al posto di Santa Ma-­‐ria in Camposanto dietro il Duomo, ma in via Pa@ari, so@o piano regolatore. Ma i proprietari dell'area di via Pa@ari, cen-­‐
tralissima e costosissima, si rifiutano di sacrificarne anche una sola briciola, per la ricomposizione di quelle spoglie: onde grandi ire della Rinascente e della Curia Questo è il bello e l'edificante della situazione: San Raffaele sta dunque ancora in piedi, per il momento, solo perché sono in gioco gli inte-­‐ressi privaD di un altro pesce grosso, tanto grosso che può te-­‐ner in rispe@o Curia e Rinascente. Capita anche questo, nel nostro felice Paese, che i monumenD si conservino provviso-­‐riamente solo grazie alle spinte uguali e contrarie della priva-­‐ta speculazione. Camillo Procaccini ca. 1574-­‐1625 – San Girolamo