Autunno 2016

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Autunno 2016
AUTUNNO
2016
NUMERO
11
LINC
L AV O R I I N C O R S O
un tacco nella porta
SERENA SCARPELLO
Direttore
Responsabile LINC
@ScarpelloSerena
ECCOCI
I
l titolo dell’ultimo libro di Jonathan Safran Foer è indiscutibilmente azzeccato.
“Eccomi” è una parola che ti riporta per un attimo nel qui e ora, presente a te stesso, centrato, in ascolto
verso il mondo esterno.
Il che non è scontato nel mondo
di oggi dove è tutto o quasi condiviso,
pubblicato, dove ci sentiamo parte di
mille community, e i nostri dati parlano prima di noi.
Quest'estate ho fatto un esperimento: 33 gg senza social network.
Un’eternità nell’era della velocità, ancora di più in un periodo come quello
delle vacanze in cui il tempo scorre
più lentamente.
Eppure il tempo è volato.
Ho letto 2 libri e ho annotato le
frasi più belle su un quaderno.
Ho visto i tramonti senza scattare
foto, solo salvando i ricordi.
Ho chiesto agli amici cosa aves-
“
JACOB NON
PENSAVA
CHE TAMIR
FOSSE PAZZO.
PENSAVA
CHE IL SUO
BISOGNO
DI METTERSI
IN MOSTRA E
DI INSISTERE
SULLA PROPRIA
FELICITÀ
ERA POCO
CONVINCENTE E
TRISTE
J.S.FOER, “ECCOMI”
L INC - L AV ORI IN COR S O
sero fatto, senza averlo prima visto o
letto.
Ho ascoltato un concerto, senza
filtri.
Nessuno mi ha ricordato “Cosa
accade oggi, tre anni fa”.
Ho cercato il telefono frettolosamente nella borsa, senza poi sapere
cosa farne.
Mi sono persa qualche perla di
saggezza, e qualche insulto qua e là.
Non so chi ha cambiato lavoro,
chi si è sposato, chi ha scritto un libro, chi il post con più like, chi ha fatto
un figlio, chi è andato ad una festa, o
dieci, quanta gente ha trascorso le vacanze in Salento anche quest'anno. O
meglio, lo so solo da chi me l'ha raccontato, da chi mi ha invitata a condividere quel momento o quel pensiero
della propria vita.
Ho riscoperto la curiosità, dimenticato la nostalgia, sforzato la memoria, provato più empatia, mi sono distratta meno. Mi sono sentita sempre
al posto giusto nel momento giusto,
anche quando forse non lo ero, ma chi
può dirlo.
Ora, non voglio dirvi di disconnetervi perchè la vita senza internet è
più bella e autentica: la rete, e tutti i
suoi big data, sono una grande opportunità che va vissuta con intelligenza e
lungimiranza.
Non credo nemmeno che dobbiate
abbandonare le community di cui fate
parte, smettere di twittare, aggiornare
la vostra pagina Facebook e Linkedin,
cercare Pokemon, o raccontare storie
su Instagram, anzi.
Ma, ogni tanto, perchè no?
1
sommario
8
1
un tacco nella porta
ECCOCI
seRena scaRpello
di
4
appunti
IN UN MONDO DI DATI
stefano scabbio
di
6
opinioni
UNA VITA DA BYTE
caMilla baResani
di
8
10
12
14
spotlight
I DATI DI LINKEDIN
LI CONOSCONO SOLO
3 SOCIETÀ AL MONDO,
UNA DI QUESTE È ITALIANA
di baRbaRa Millucci
l'arena
LA DOPPIA FACCIA
DEI BIG DATA,
TRA OPPORTUNITÀ
E DISCRIMINAZIONE
di Giuliana GRiMaldi
report
QUANTO BIG, QUALI DATA
di daniela sideRi
BIGDATA AL SERVIZIO...
PUBBLICO
di MaRio benedetto
17
18
talenti digitali
ILLUSTRAZIONE
di Monica diaRi
24
enigma
L’INVASIONE DELLE
INTELLIGENZE ARTIFICIALI
di denis Rizzoli
coffee break
GLI ESPERIMENTI IN
AFRICA E LE ESPERIENZE IN
BRASILE E INDIA
di
talent GaRden
periscopio
DATA SCIENTIST, SEI
BELLISSIMO!
di MaRco Gaiazzi
28
la rosa dei venti
qui usa
30
la rosa dei venti
qui cina
a cuRa della Redazione
di
26
caffè Geopolitico
la rosa dei venti
qui europa
DATI! DATI! DATI!
NON POSSO FARE
MATTONI SENZA L’ARGILLA
di MaRia paola Mosca
BIG DATA, AZIENDE
E STRATEGIE DI BUSINESS:
ANALISTA CERCASI
a cuRa della Redazione
2
22
messa a fuoco
a mano libera
20
28
PER AGGIORNAMENTI
IN TEMPO REALE
www.lincmagazine.it
@LinC_Magazine
L INC - L AV ORI IN COR S O
32
34
36
LO SCIENZIATO DEI DATI
TRA SERIE TV E CAMPAGNE
ELETTORALI
di stefania spatti
IL GRANDE FRATELLO
INCONTRA I BIG DATA
da pechino 吗丽亚
niente di personale
CONOSCENZA E PREVISIONI
PERCHÉ AGLI HR
SERVONO I BIG DATA
di stefano GlenzeR
selfie
DA CRONISTA A DATA
JOURNALIST UNA
PROFESSIONE CHE CAMBIA
TRA NUMERI E STATISTICHE
di MauRizio di lucchio
open innovation
BIG DATA
IS FUN
di davide consiGlio
e leonid zhukov
AUT U NNO
2016
“
L’ELEMENTO
FONDANTE DI
QUESTO LAVORO
È SOLO UNO:
UNA SCONFINATA
CURIOSITÀ
DHANURJAY
“DJ” PATIL
N U M ER O
11
LINC
L AV O R I I N C O R S O
n.10 Ottobre 2016
Proprietario & Editore
ManpowerGroup
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Redazione Caffè Geopolitico,
Redazione Talent Garden,
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Corrispondenti
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Guest Contributor
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Davide Consiglio, Leonid Zhukov
Segreteria di Redazione
[email protected]
38
storie di ordinaria felicità
IL VOLTO UMANO DEI DATI
di seRena la Rosa
40
42
43
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La rivista è realizzata
in collaborazione con
Numix-RCS Mediagroup S.p.A.
linc-lavori in cucina
RITORNO AL FUTURO
IN CUCINA
di taRsia tRevisan
inside out
L’ONDA PERFETTA
DEI BIG DATA
di elena Gelosa
38
45
46
il succo del discorso
47
in rete
l'inchiostro
SODDISFATTI AL 100%
(O QUASI)
di fedeRico baccoMo duchesne
Progetto grafico
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mordi e fuggi
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LA RICCHEZZA
DELLE NOZIONI
di caRlo albeRto
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Direttore Creativo
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48
I CONSIGLI PER L'AUTUNNO
di edoaRdo calcaGno
IL FUTURO
È GIÀ IN AZIENDA
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UN AIUTO IN PIÙ
DURANTE
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di Jacopo Mele
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a cuRa della Redazione
lincMaGazine.it
in copertina
L INC - L AV ORI IN COR S O
illustrazione di
Camilla Falsini
appunti
IN UN MONDO DI
DATI
C
i sono tre ragioni per le
quali la trasformazione alla quale stiamo assistendo oggi non
è semplicemente un prolungamento della Terza Rivoluzione
Industriale, ma piuttosto consiste
nella cosiddetta Quarta Rivoluzione Industriale, molto diversa e
ben distinta quella che l’ha preceduta: velocità, obiettivi, impatto sul sistema. La velocità delle
scoperte attuali non ha precedenti nella storia. Se la mettiamo
in comparazione con le tre rivoluzioni precedenti, la Quarta ha un
ritmo esponenziale e non lineare.
Infine questa sta rivoluzionando
tutti i settori in tutti i Paesi, e la
profondità di questi cambiamenti
annuncia la trasformazione di interi sistemi di produzione, management, Governance.
La possibilità di mettere in
connessione milioni di persone
tra loro attraverso dispositivi mobili non ha limiti. E queste possibilità saranno moltiplicate da
scoperte tecnologiche in campi
quali l’intelligenza artificiale, la
robotica l’Internet of Things, l’automotive con le macchine che si
guidano da sole, le stampanti 3D,
4
La Quarta Rivoluzione Industriale
porta con sé la trasformazione dei
sistemi di produzione. Ma anche
la metamorfosi di alcune figure
professionali, che richiedono
investimenti formativi nuovi
“
STEFANO SCABBIO
Presidente Area
Mediterranea ed Europa
Orientale ManpowerGroup
@StefanoScabbio
TRA LE
PROFESSIONALITÀ
PIÙ RICHIESTE
C’È QUELLA
DELL’ANALISTA
DI DATI, VERA E
PROPRIA FIGURA
DI TRAINO E
INNOVAZIONE DEL
BUSINESS
L INC - L AV ORI IN COR S O
la nanotecnologia, la biotecnologia, le scienze, il consumo di
energia, la quantistica.
Tutto questo sta portando alla
trasformazione di figure professionali che, anche dopo il percorso educativo che li ha aiutati a
formare le loro competenze “hard
hanno la necessità di aggiornarsi
continuamente, in una logica di
continuous learning , per restare
al passo con i tempi e anticipare
le richieste del mercato.
Tutto questo sta portando alla
trasformazione di figure professionali che anche dopo il percorso educativo che li ha aiutati a
formare le loro competenze hard
hanno la necessità di aggiornarsi continuamente per restare al
passo con i tempi e anticipare le
richieste del mercato.
Tra le professionalità più richieste già oggi ci sono gli analisti
di dati: non solo più specializzati
in IT, o attenti alla manutenzioni
e alla cura della qualità dei dati,
ma delle vere e proprie figure di
traino e innovazione del business,
che non solo risolvono i problemi,
ma che portano al business nuove soluzioni data – driven.
La leva principale per colmare l'attuale evidente gap tra domanda e offerta è l’investimento
in formazione. Un primo passo è
stato fatto recentemente dal Governo annunciando il piano “Industria 4.0” che oltre alla prima
direttrice chiave - quella sugli
investimenti privati - punta allo
sviluppo delle competenze, con
obiettivi chiari: formare 200 mila
studenti universitari e 3.000 manager specializzati sui temi 4.0;
raddoppiare gli studenti iscritti
agli istituti tecnici superiori; promuovere circa 1.400 dottorati di
ricerca.
Un programma che andrà verso la costruzione di quella che il
Premier Matteo Renzi ha definito
“la patria delle possibilità” solo
se saremo capaci di implementarlo e soprattutto di espanderlo.
Le aziende hanno la responsabilità di fare la loro parte attiva in
questo percorso nuovo, cambiare
mentalità, creare loro stesse possibilità e nuove opportunità. ManpowerGroup per esempio presenterà il progetto europeo PowerU
Digital proprio con l’obiettivo di
sviluppare la cultura e la formazione digitali dei giovani, al fine di
agevolarne l’ingresso nel mondo
del lavoro. Un progetto che vuole
supportare le nuove generazioni
nella comprensione dello scenario globale del lavoro e sviluppare
nei giovani le competenze “core”
del 2020 unitamente a quelle digitali e dare un’opportunità concreta di spenderle nel mondo del
lavoro. L’iniziativa è finalizzata
a formare e certificare le competenze digitali dei talenti delle
principali Scuole e Università Europee. Un altro piccolo tassello
per aiutare la tecnologia a fare il
suo corso.
5
illustrazione di GARY WATERS
opinioni
di CAMILLA
BARESANI
@camillabaresani
esani
UNA VITA DA
BYTE
A
nche se avete appena aggiornato il vostro lessico con nuovi
acronimi e neologismi, potreste
avere già bisogno di un'integrazione. Per esempio: siete a vostro
agio con termini come petabyte e
customer journey mapping? Vi dicono qualcosa l'experience design
e i KPI? Di primo acchito ci si può
sentire come quando, con certi
film iraniani o coreani di cui tutti
consigliano la visione, si dice “non
l'ho visto e non mi piace”. E invece... Per diventare adepti di questo nuovo frasario basta ascoltare
Marc Fleishhacker, sanfranciscano che in passato ha vissuto in Italia dove ha lanciato Altavista, oggi
guru della customer experience,
(da qui in poi CX). CX è l'evoluzione
del marketing integrato e dell'ecommerce, basata sull'esperienza
di contatto diretto tra clienti e marchi, resa possibile grazie alla costante analisi dei big data, cioè di
circa 3,5 petabyte di dati analizzati
giornalmente per ciascun marchio.
Un'evoluzione che Fleishhacker
ritiene indispensabile per promuovere prodotti rivolgendosi esclu-
sivamente alle persone potenzialmente interessate, senza sparare
messaggi pubblicitari e disperedere
energie promozionali in un mucchio
indistinto. Per ottenere una CX positiva, è necessaria la “profilazione del cliente” tramite customer
journey mapping, una mappatura
continua di gusti, comportamenti
e attitudini dei clienti. “È importante che lo capiscano anche le
aziende italiane” dice Fleishhacker,
“la pubblicità, il sito, la narrazione
della storia aziendale non bastano
più. Per costruire il successo delle
aziende in un mondo sempre più
“
È necessaria la
“profilazione del
cliente” tramite
customer journey
mapping, una
mappatura
continua di gusti,
comportamenti e
attitudini dei clienti
L INC - L AV ORI IN COR S O
digitale, bisogna che il cliente, con
valutazioni e commenti, dimostri
la sua soddisfazione e al contempo
che le aziende riescano ad analizzare il vero comportamento dei clienti
e non solo ciò che dicono. Quindi è
fondamentale conoscere il cliente
prima di incontrarlo, non fare passi falsi nel rapporto di fiducia che
s'instaura e riuscire a proporgli di
volta in volta il contenuto e l’offerta
più giusta per lui, in tempi sempre
più veloci”.
E aggiunge: “L'experience design è uno dei rami importanti del
vasto mondo della CX e si concentra sul design concettuale dei siti e
delle applicazioni. C'è inoltre la necessità di stabilire le priorità strategiche, misurando tramite KPI
(cioè indicatori chiave di prestazione) i segmenti dei clienti, segmenti
che vanno trattati in modi differenziati. Si tratta di personalizzare e
ottimizzare ogni singolo contatto.
Di tutto questo si occupano gli
esperti di user experience e di experience design”.
Di fatto, personalizzazione, automatizzazione e velocità sono il
frutto dell'ingresso dei big data nel
mondo del commercio. Fleishhacker conclude con lo slogan/mantra
del mondo dei big data, che lasciamo in originale giacché, tradotto in
lingua italiana, risulterebbe assai
meno muscolare: “Faster, more
personalized, analyzed and optimized to drive measurable and profitable results…and never ever stop”.
Ho salutato Marc Fleishacker con
una strana sensazione. Ero ancora
una donna, o ero un byte?
7
spotlight
I DATI DI LINKEDIN
LI CONOSCONO SOLO
3 SOCIETÀ AL MONDO,
UNA DI QUESTE
È ITALIANA
Si chiama Kpi6, è emiliana
e ha licenza di utilizzare
questo prezioso patrimonio
di informazioni, utile a
elaborare analisi predittive
e di sentiment. Per aiutare
chi fa ricerca e selezione
del personale a orientarsi
in maniera più efficiente.
Ma anche per dirci in
anticipo chi sarà il prossimo
vincitore di X Factor
di BARBARA MILLUCCI
@BarbaraMillucci
V
olume, varietà e velocità.
Sono le cosiddette 3V del futuro.
Quelle dei big data. Che non esisterebbero senza i SN. Ogni secondo si scrivono 7 mila tweet, 50 mila
post su Facebook, 7 ore di video su
youtube. In pochi sanno che il deep
web contiene molti più dati del visible web: 8ZB del primo contro i
2,5 ZB (2.5 migliaia di miliardi di
GB) del secondo. Ma a chi appartengono tutti questi dati? “Quelli di
Facebook li possiedono 30 aziende nel mondo, quelli di Linkedin
solo a 3, due società della Silicon
Valley, la terza siamo noi”. Alberto Nasciuti, social media manager
specializzato in Big Data analisys,
è ceo di Kpi6, una startup emiliana
che si occupa di analisi predittive e
sentiment.
Nata un anno fa, la startup ha
seguito un percorso di accelerazione in Luiss Enlabs, nato dalla joint
venture tra LVenture ed la LUISS.
8
IL TEAM DI KPI6 CON IL CEO
ALBERTO NASCIUTI
(SECONDO DA DESTRA)
“Abbiamo terminato il percorso
ricevendo una valutazione postmoney di oltre 2 milioni e 50 mila
euro - racconta lo startupper - e
pre-money di 1 e 600 mila, la più
alta valutazione mai fatta da LVenture, nella fase di Seed”. A questi
investimenti, sono poi seguiti aumenti di capitale.
L INC - L AV ORI IN COR S O
“Abbiamo la licenza all’utilizzo
dei dati di cui entra in possesso
Linkedin. Si tratta di info utilissime se si vuole ad esempio capire
quali sono le università al mondo
che sfornano più ceo di successo
o sapere dove vivono i programmatori più importanti del mondo.
I dati sono anonimizzati. Non sapremo mai chi ha detto una cosa.
Conosciamo solo gli argomenti di
cui le persone parlano, la loro età,
manager e sociale
genere”. KPi6 è in grado di predire
anche le tendenze future in base
alle interazioni sui social media.
“Con algoritmi di machine learning facciamo predizione. In base
a cosa sta succedendo in rete siamo in grado di capire cosa si dirà
“
La maggior parte
dei nostri utenti
non sostituisce
l'interazione dal
vivo con quella
online, ma si tiene in
contatto con persone
che altrimenti non
vedrebbe
nei giorni a seguire. Ad esempio
possiamo anticipare chi sarà il
prossimo vincitore di X Factor“.
E la privacy? “Accediamo ai dati
in totale libertà. Il problema della
privacy non è tra la mia società ed
il social network, ma tra gli utenti ed i social network. Noi usiamo
solo i dati che gli utenti vogliono
rendere pubblici”. Ogni due giorni,
Kpi6 scarica un miliardo di tweet e
ogni giorno 20 miliardi di attività/
interazioni (post, like comment e
share) su Facebook.
Ma tutta questa mole di dati ci
rovina o migliora la vita? Una risposta ha provato a darla lo stesso
Mark Zuckerberg, durante la sua
visita a Roma. “Se pensassi di aver
rovinato la comunicazione - ha detto
- cambierei il nostro prodotto. InveL INC - L AV ORI IN COR S O
MARK ZUCKERBERG ALLA
LUISS IL 29 AGOSTO 2016
ce la maggior parte dei nostri utenti
non sostituisce l'interazione dal vivo
con quella online, ma si tiene in
contatto con persone che altrimenti non vedrebbe”. Il prossimo passo
saranno le analisi dei data video.
Gyana, una società inglese che lavora per la Nasa e il governo britannico, è in grado di tradurre i big data in
immagini 3D. Grazie ad una tecnologia satellitare, crea immagini che
captano i diversi stati d’animo della
popolazione su determinati argomenti in tutto il mondo. Genera un
sentiment index utile alle aziende
per capire cosa pensano le persone
quando ad esempio passano dinanzi
ad un cartellone pubblicitario. E costruire così campagne ad hoc.
9
l’arena
LA DOPPIA FACCIA DEI BIG DATA,
TRA OPPORTUNITÀ
E DISCRIMINAZIONE
Stefano Quintarelli mette in guardia: “Dipenderà da noi se usare le informazioni
raccolte per fini nobili come far incontrare la domanda e l’offerta di lavoro oppure
per escludere chi è più debole”
più importante avere cura dei dati
che raccogliamo. Più si va avanti
più si farà una analisi delle persone in base alle informazioni che
lasciano per strada ovvero in Rete:
hashtag nei tweet, commenti, domande sui social, ecc.
di GIULIANA GRIMALDI
@Giuliana2G
I
big data stanno già rivoluzionando tanti aspetti della nostra
vita, incluso il mondo dell’occupazione. Come cambierà allora il
modo in cui troveremo impiego?
Lo abbiamo chiesto all’onorevole
Stefano Quintarelli, informatico e
docente universitario, entrato alla
Camera dei Deputati con Scelta Civica, tra i fondatori dell’intergruppo
parlamentare per l’innovazione e
presidente del Comitato di indirizzo
dell'Agenzia per l'Italia digitale. È
stato tra i pionieri del web in Italia:
nel 1989 è stato co-fondatore di Miners, l'associazione che ha diffuso
la Rete all'università di Milano. Nel
1994 è stato tra i fondatori di I.NET,
il primo Internet Service Provider
d'Italia a carattere business.
10
QUINTARELLI È TRA I
FONDATORI DELL'INTERGRUPPO
PARLAMENTARE PER
L'INNOVAZIONE
La raccolta e l'uso dei big data
cambieranno il modo in cui cercheremo lavoro?
Il nostro modo di interagire
con il mondo passa attraverso dei
dispositivi. Tali dispositivi usano algoritmi che personalizzano i
contenuti che fruiamo sulla base
dei dati. Il metodo in cui andiamo a
fare recruiting passa dall’uso di dispositivi e dati. Quindi sarà sempre
L INC - L AV ORI IN COR S O
In futuro saranno dei grandi computer capaci di elaborare miliardi
di dati a selezionare e assumere le
persone?
Non credo che i sistemi di intelligenza artificiale sostituiranno il
lavoro umano. Non è successo con
la robotica che esiste da trent’anni, non credo che succederà con
le HR. Certo si ridimensionerà la
presenza umana, l’analisi di vaste
quantità di curriculum forse sarà
aiutata dalle macchine, ma l’automazione riguarderà solo le attività,
non i lavori. Quindi il colloquio non
potrà essere mai fatto da un computer.
Nel suo libro “Costruire il domani”
dedica un ampio capitolo al futuro
del lavoro. Quali sono le tendenze
principali innescate dalle innovazioni digitali?
“
italiana è avanti rispetto a molte
aziende private che non hanno piena consapevolezza delle potenzialità offerte dai big data.
Più si va avanti più
si farà una analisi
delle persone
in base ai dati
che lasciano in
Rete: hashtag nei
tweet, commenti,
domande sui social
Le tendenze sono tante e in atto
in modo non uniforme, con trend
che si applicano solo a una piccola
parte della società ma che presto
saranno diffusi. Una tendenza, per
esempio, è che si lavora sempre
e ovunque, per più soggetti. Si è
padroni del proprio tempo e della
propria attività e si sta diventando
sempre più imprenditori di sé stessi. Un altro trend è la necessità di
essere sempre più aggiornati e formati. Questo vale soprattutto per le
professioni non materiali, per i mestieri diciamo intellettuali.
In futuro in quali settori i big data
miglioreranno concretamente la
vita delle persone?
I sistemi informativi della PA
diventeranno accessibili anche ai
privati che potranno così realizzare dei nuovi servizi. Una volta per
sapere le linee degli autobus c’era l’app della società dei trasporti. Rendendo queste informazioni
pubbliche, altri soggetti le hanno
utilizzate per fare delle app fantastiche che pianificano i percorsi
migliori includendo proprio i servizi
pubblici. Questa cosa, già avvenuta nel trasporto pubblico, può avvenire anche in altri settori come
la giustizia, la sanità e così via. È
necessario però cambiare i sistemi
informativi e per farlo ci si mette
tanti anni. L’importante allora è co-
“COSTRUIRE IL DOMANI”
ANALIZZA LE TRASFORMAZIONI
INNESCATE DAL DIGITALE IN
DIVERSI SETTORI
minciare a invertire la rotta.
Le politiche del lavoro potranno
beneficiare dell'uso dei big data
da parte della PA?
Nel campo nel recruiting potremo avere degli aggregatori di
offerte di lavoro georeferenziate,
per esempio, così come oggi esistono già gli aggregatori di offerte
immobiliari.
Qual è l'uso che la PA fa dei big
data?
Non c’è ritardo nella PA, anzi.
Nella raccolta e nell’analisi dei
dati, penso che in alcuni settori
come quello fiscale, abbiamo un
livello molto avanzato che fa invidia al resto del mondo. Nell’istruzione invece, siamo ancora indietro. Quindi abbiamo luci e ombre.
Complessivamente però, la PA
PER SAPERNE DI PIÙ
WWW.AGENDADIGITALE.EU
WWW.PARLAMENTARI.ORG
BLOG.QUINTARELLI.IT
L INC - L AV ORI IN COR S O
Il settore delle tecnologie creerà tante opportunità di impiego.
Siamo pronti a formare lavoratori
competenti in questo ambito?
Il sistema di preparazione c’è,
sui temi tecnologici abbiamo ottime università in Italia, atenei che
hanno poco da invidiare a quelli
stranieri. Ci mancano però picchi di eccellenza, il livello medio è
buono.
I big data renderanno migliore la
vita delle persone?
I big data sono molto utili ma
vengono usati per telefonarci a
casa per proporci delle offerte
commerciali, oppure per realizzare una pubblicità che ci perseguita su tutti i siti in cui navighiamo.
Come sempre, dal fuoco in poi,
bisogna guardare all’uso che si fa
della cosa, non alla cosa in sé. Il
bello del futuro è che non è ancora
scritto, dipenderà da noi se usare
i big data a fin di bene o no. Se li
useremo per negare un prestito a
chi potrebbe meritarlo oppure per
rifiutare la copertura assicurativa a
chi è più a rischio non credo che ne
avremo fatto un buon utilizzo.
“
La PA italiana è
avanti rispetto
a molte aziende
private che non
hanno piena
consapevolezza
delle potenzialità
offerte dai big data
11
report
QUANTO BIG,
QUALI DATA
Poiché il miglior apporto che un ricercatore possa dare al mondo
non è quello di complicare, bensì di semplificare la comprensione delle cose,
ho perseguito precisamente questo intento nel raccontare i Big Data,
avvalendomi dell’autorevolezza di un’esperta con cui ho avuto il piacere di
interfacciarmi nel mio percorso formativo, Anna Vignoles
12
L INC - L AV ORI IN COR S O
illustrazione di LORIS F. ALESSANDRIA
di DANIELA SIDERI
@danielasideri
A
dispetto dell’amore tutto
italiano per gli “inglesismi”, Anna
Vignoles mi fa notare che la dicitura “Big Data” oggi non incontra più
grande fortuna, proprio in ragione
della sua vaghezza. Docente e Direttore della Ricerca presso la Facoltà di Educazione dell’Università
di Cambridge, Anna è stata anche
consulente presso vari dipartimenti
del governo britannico (Education,
Business Innovation and Skills, HM
Treasury), in virtù della sua notevole esperienza nell’analisi di dati
raccolti su larga scala – da lei utilizzati nello studio dell’apprendimento e dei risultati degli studenti impegnati in vari programmi educativi
con il fine primario di evidenziare i
gap socio-economici e promuovere
partecipazione e accesso all’istruzione terziaria e universitaria.
Dati raccolti su larga scala = big
data: “una grande quantità di dati”
– “data that is large, complex and
often calls for new techniques to
store, manipulate and analyse it”
– spesso di varietà tale da renderli
complessi, in quanto raccolti senza
una specifica finalità di ricerca.
L’interesse per i big data in campo sociale è stato, evidentemente,
prodotto da internet e dalle possibilità che la rete offre rispetto alla
raccolta e conservazione di informazioni; un ruolo prima delle sole istituzioni come uffici anagrafe, settori
amministrativi di enti, scuole, aziende. La studiosa rileva, soprattutto,
come i dati in tempo reale prodotti
dalla tecnologia mobile offrano prospettive per la formulazione di nuo-
GLI EROI DI MARATEA,
TRA BIG DATA
E IMPACT INVESTING
Fintech e digital business, big
data e analytics, crowdinvesting
e marketing collaborativo,
sono alcuni dei temi trattati
durante Heroes, il primo
Euromediterranean Coinnovation
Festival che si è tenuto dal 21 al
23 settembre a Maratea. Oltre 130
i protagonisti dell’innovazione tra
manager, imprenditori,
investitori, talenti
digitali, artisti e
creativi. Fabrizio
Sammarco, AD di
ItaliaCamp Srl, è
intervenuto nella
tavola rotonda Creating
Shared Value dove
ha parlato di impact
investing mettendo
l’accento sulla necessità di lavorare
per “una nuova finanza di impatto
al servizio dell'economia reale”.
Heroes è stata supportata, tra gli
altri, anche da Prioritalia.
di FRANCESCA BUTTARA
Coordinatrice ItaliaCamp Lazio
@butarich
ve domande di ricerca, quali quelle
relative alle abitudini quotidiane,
alle interazioni sociali e all’impatto
ambientale. Al di fuori dell’ambito sociale, big data sono prodotti,
ad esempio, dall’utilizzo di nuove
tecnologie per il monitoraggio dei
fenomeni naturali; sono quindi le
nuove fonti di dati messe a disposizione dalle tecnologie informatiche
e computazionali nei più disparati
settori che producono big data.
Alla domanda su quale sia la
loro incidenza nel rispondere alle
domande della ricerca socioeconomica in particolare, Anna Vignoles
mi spiega come l’aspetto più interessante dei big data sia che, non
PER SAPERNE DI PIÙ
HTTP://WWW.BIGDATA.CAM.AC.UK
WWW.ITALIACAMP.COM
L INC - L AV ORI IN COR S O
essendo prodotti espressamente
per fini di ricerca, sono nella maggior parte dei casi più neutrali, più
oggettivi: i dati sulle abitudini di
consumo, per esempio, ci dicono
quanto e in cosa le persone spendono, mentre in una survey o in un’intervista dovremmo affidarci solo a
quanto o per cosa dicono di spendere. Al tempo stesso,
bisogna usare cautela
nel trarre generalizzazioni dai big data
poiché spesso sono
applicabili solo a un
sottogruppo di popolazione e possono essere
influenzati da variabili
la cui incidenza in una
ricerca sarebbe controllata.
“I big data sono una tra le tipologie di dati e che non sostituiscono, ma integrano, quelle più convenzionali: anzitutto perché spesso
richiedono le classiche procedure
quantitative di analisi, e in secondo
luogo perché non consentono l’approfondimento qualitativo che solo
domande esplicite fatte ai soggetti
possono garantire”. Ciò fa pensare
alla possibilità di integrare interviste che indaghino le emozioni e
i pensieri delle persone rispetto a
eventi di interesse collettivo, con le
reazioni che è possibile riportare
sui social network, estratte attraverso algoritmi dedicati.
Quali che siano la loro natura e
il campo del loro utilizzo, i big data
chiamano in causa un’interdisciplinarità derivante dall’esigenza di
applicare tecniche provenienti da
dottrine come computer science o
fisica per produrre risultati di rilievo per altre discipline: ciò richiede
ai ricercatori una poliedricità che
più che mai riduce il gap da un lato
tra umanistico-sociale e tecnicoscientifico, dall’altro tra qualitativo
e quantitativo.
13
messa a fuoco
BIG DATA
AL SERVIZIO… PUBBLICO
Intervista a Pieranna Calvi, responsabile Data Management & Insight,
parte della nuova Direzione Digital della Rai guidata da Gian Paolo Tagliavia
di MARIO BENEDETTO
@BenedettoMario
A
ffrontando il tema viene
subito in mente il nome di Reed
Hastings, autore di una rivoluzione
nel mercato dei contenuti. La cultura del broadcaster “one to many”
è basata, infatti, sul palinsesto,
il cui significato è stato stravolto
proprio dalla rivoluzione digitale: i
contenuti non sono più fruibili solo
in maniera lineare, ma ovunque ed
in qualsiasi momento. E i big data,
oggi, consentono una conoscenza
superiore di gusti ed orientamento dei pubblici. Approfondiamo
questioni di merito sulla tematica,
guardando al prossimo futuro, con
Pieranna Calvi, Responsabile Data
Management & Insights, parte della nuova Direzione Digital della Rai,
guidata da Gian Paolo Tagliavia.
vento di queste piattaforme OTT
(Over the top) potranno incidere
su prodotti “tradizionali”, palinsesti e sui loro pubblici? In particolare, per quali generi?
L’impatto maggiore dei Big
Data sarà sicuramente nella definizione della migliore strategia distributiva dei nuovi contenuti, real
time, per ogni pubblico, sul giusto
device. Ma credo che diventerà
anche un fattore importante nel
processo di creazione dei contenuti. Nel mondo non si contano più i
STAMPANTI 3D
AL SERVIZIO DELL'ARTE
Per iniziare: in che modo le nuove
informazioni sopra citate e l’av14
L INC - L AV ORI IN COR S O
vari esperimenti di produzione virtuale, opere stampate in 3D sui database di artisti scomparsi, video
interattivi, o palinsesti “mutanti”.
Non è folle immaginare che tutto
il mondo della produzione culturale ne sarà coinvolto e, che per
la tv Tradizionale, sarà una grande
sfida riuscire a ben coniugare l’obiettivo di sempre, fare buona TV,
con i nuovi strumenti che avrà a
disposizione.
È evidente che queste novità aiutino ad avvicinare i media a fasce
di popolazione dalle quali rischiano di (continuare ad ) allontanarsi,
soprattutto guardando alle nuove
generazioni. Proprio quelle che
vivono più attivamente il “villaggio
globale” – ancora più connesso
e con più strumenti di quello che
prefigurava tanti anni fa McLuhan
- delle quali, dunque, siamo in
grado di conoscere ancora meglio le tendenze. Quanto il vostro
attuale lavoro, anche in virtù della mission del servizio pubblico,
punta al raggiungimento di queste
fasce?
Nella sua missione di universalità, Rai deve avvicinarsi a tutti
i pubblici ovunque, ma non solo,
Rai ha anche il compito di avvicinarli tra loro, impegnandosi a
creare ponti cognitivi che possano
aiutare almeno la comprensione
reciproca. Per questo motivo Rai
sta predisponendo sui media lineari prodotti che spiegano la tecnologia agli anziani (es. complimenti
per la connessione) o mettono a
confronto due mondi diversi (penso a Generation Gap o al progetto
Generation What per citarne due).
Sui media Digitali, Rai traduce
questa missione cercando di rendere la propria offerta semplice,
intuitiva e, grazie ai profili che creeremo, modulare per tutti i gusti,
senza però dimenticare la propria
missione di “far scoprire l’altro”.
Il progetto RaiPlay va in questa direzione, un luogo dove non conta
il tempo ma il messaggio e in cui
la fiction Braccialetti Rossi potrà
essere affiancata dalle proposte
di sceneggiati che hanno tanto entusiasmato i giovani di un tempo.
Contemporaneità e Storia saranno
legate da un ponte algoritmico, per
spiegare a noi stessi chi siamo stati e chi saremo.
La Rai risponde alla sfida del digitale, che porta con sé nuovi contenuti, interlocutori e linguaggi,
RAIPLAY: LA NUOVA
PIATTAFORMA DIGITALE
CHE RINNOVA
LA TELEVISIONE
con il lavoro di un’intera area da
poco inaugurata e guidata da Gian
Paolo Tagliavia, manager di provata esperienza. Quali i primi due
obiettivi che potrebbero sintetizzare lo sforzo che verrà messo in
campo?
Anzitutto ci siamo focalizzati
sulla riorganizzazione dei processi produttivi. Da una organizzazione Broadcast, concentrata sulla
emissione lineare, abbiamo dovuto
metter mano a tutta la filiera per
riorganizzare la vita del prodotto, il
suo corredo di diritti, di metadati,
di standard qualitativi , di strategie
distributive e predisporci a diven-
“
La missione
di Rai è di rendere
la propria offerta
semplice, intuitiva
e, grazie ai profili
che creeremo,
modulare
per tutti i gusti
L INC - L AV ORI IN COR S O
tare Media Company. Abbiamo incamerato nell’area Digital le grandi Teche Rai, per creare un unico
team in grado di valorizzare al meglio l’archivio e renderlo disponibile là dove l’utenza lo vuole.
Il secondo obiettivo è stato sicuramente l’uscita di un prodotto
consumer, gratuito, come RaiPlay,
predisposto ad accogliere tutto
ciò che il processo riorganizzativo
metterà a disposizione e a collegarlo alle preferenze dei singoli.
Luogo di intrattenimento per tutti
ma anche chiave di connessione
tra le nostre storie e la storia di
ognuno.
Stando proprio a questa nuova attività, apriamo una parentesi sul
lavoro: il potenziamento del vostro impegno su questo fronte potrebbe contemplare il supporto di
nuove professionalità, in particolare quelle nate nella cultura del
villaggio globale di cui parlavamo,
del digitale e in essa formatesi?
La cultura Digital porta alla
collaborazione ed è quello che
stiamo facendo aprendoci , su specifici progetti, a collaborazioni con
Istituti Universitari come il Politecnico di Milano o con partner internazionali come Youtube, Twitter o
Facebook. La collaborazione reciproca è foriera di contaminazioni
15
messa a fuoco
culturali interessanti come l’ultimo Youtuber Pop Up Space, dove
Rai e i giovani Youtubers hanno
parlato del futuro dell’audio video.
Organizzativamente comunque la
nuova area digital ha soprattutto valorizzato le professionalità
già presenti in azienda e integrato
quelle che mancavano. Un’area
ancora tutta da creare è proprio
l’area di gestione dei Database
dove saranno necessarie figure di
data scientists e che stiamo definendo in questi giorni.
L’avvento dei big data, abbiamo
detto, incide in prima battuta sul
pubblico, di cui si ha modo di approfondire la conoscenza di abitudini orientamenti, sui quali tarare
contenuti e proposte. Che, ovviamente, sono altrettanto influenzati dalle modalità di fruizione degli
attuali (non più moderni, potremmo dire) device. Può essere un’opportunità per proporre un’offerta
qualitativamente superiore?
In un certo senso si, l’utente
avrà la percezione di una qualità
superiore ma in realtà sarà solo
differente. Per ottenere il gradimento dei vari pubblici, l’offerta
dovrà essere modulata secondo lo
stile di fruizione del device, che non
significa, esclusivamente, snackiz-
16
zare a 3 min. un programma per
riproporlo in mobilità o sui social,
ma adottare un linguaggio, un
ritmo adatto ai singoli mezzi. Paradossalmente, costruire un percepito di qualità sui mezzi digitali
sarà più facile che sui media lineari, se si farà tesoro dei feedback
immediati degli utenti.
Il tema dei big data pone alla
ribalta uno degli annosi interrogativi relativi all’offerta editoriale, indipendente da nuove
piattaforme o tecnologie e strettamente legata al contenuto, a
partire dai tanti dibattiti sulla
natura “trash” o “poco culturale” di prodotti anche di successo.
Una volta che avremo sempre più
informazioni sul pubblico, in che
misura – specie per la tv pubblica
- deve essere l’offerta a “orientare, raffinare” i gusti del pubblico e quanto invece è chiamata ad
assecondarli per ragioni tanto di
mission editoriale quanto, com’
è giusto che sia, commerciali e
strategiche?
Quando Rai si da un obiettivo
universale, lo fa anche per tutti i
livelli culturali del proprio pubblico
LA FRUIZIONE
È MULTI-DEVICE
L INC - L AV ORI IN COR S O
“
Costruire un
percepito di qualità
sui mezzi digitali
sarà più facile che
sui media lineari ,
se si farà tesoro dei
feedback immediati
degli utenti
ed è noto che non tutti i pesci abbocchino con la stessa esca. L’obiettivo quindi non può, né essere
l’assecondare troppo la pancia, né
parlare troppo alla testa. Chi lavora
in Rai è felice quando riesce a veicolare, in qualunque prodotto, la
famosa “tacca in più“: l’informazione che mancava, la musica che non
c’era, l’emozione che ti coglie e ti
apre l’intelligenza. Sul Digital ci daremo lo stesso obiettivo e i big data
saranno il mezzo che ci aiuterà ad
avere gli Insights giusti per il fine.
Le novità proposte dal nuovo corso della Rai sembrano rispondere
ad un cambio di passo industriale
e – non da meno, anzi oserei dire
soprattutto – culturale. Possiamo
allora chiudere affermando che
nei prossimi anni si assisterà,
grazie anche al vostro lavoro proprio sul digitale, ad una migliore
offerta insieme a superiori opportunità e modalità di fruizione?
È ovviamente la nostra speranza e i primi risultati ci dicono che
siamo sulla strada giusta. Partiamo dal Web e dal Mobile ma vogliamo giocare una partita importante
anche nell’offerta non lineare delle
smart tv che con gli Europei ci ha
dato tantissime soddisfazioni. Per
ora lavoriamo tutti molto concentrati verso l’obiettivo di aiutare Rai
a trasformarsi in una media Media
Company, le superiori opportunità
arriveranno.
a mano libera
manager e sociale
illustrazione
di MONICA DIARI
@sketchapensieri
17
talenti digitali
BIG DATA, AZIENDE E
STRATEGIE DI BUSINESS:
ANALISTA
CERCASI
REDAZIONE
TALENT GARDEN
@TalentGardenit
V
iviamo in un ecosistema
dominato da internet, dai device mobili e da moltissimi sensori
che misurano ogni cosa. Brand e
utenti sono interconnessi e legati
al web, caratterizzato da una forte frammentazione dei contenuti e
dei canali: motori di ricerca, social,
email, newsletter. Basti pensare
che, ad oggi, il volume di dati generato ogni due giorni è pari alla
quantità di informazioni generate
dall’umanità fino al 2003.
Big Data: veloci, eccessivi, diversi, complessi; sono loro che
stanno rivoluzionando il mondo del
business.
Saper analizzare, aggregare, e
visualizzare in maniera leggibile i
Big Data significa cogliere nuove
opportunità di business non sfruttabili in precedenza. Come accade
nel mondo della finanza: un recente studio di Capgemini afferma
infatti che il 60% delle aziende fi18
STUDENTE DEL MASTER
PART TIME BUSINESS DATA
ANALYSIS.
nanziarie del Nord America crede
nel vantaggio competitivo determinato dai Big Data e più del 90%
crede che i Big Data determineranno i futuri leader dell’industria
L INC - L AV ORI IN COR S O
Per acquisire
un vantaggio competitivo
le aziende devono essere
in grado di generare
flussi informatici
rilevanti per le proprie
analisi. Ma servono
anche le risorse giuste
per interpretarli. Ecco
perché il data analyst
diventa fondamentale
finanziaria. L’IDC, il primo gruppo
mondiale specializzato in ricerche
di mercato, consulenza e organizzazione di eventi in ambito IT e
TLC, afferma che nel 2013, il valore totale del mercato mondiale dei
Big Data è stato di 12,6 miliardi di
dollari.
Insomma, i dati siamo noi e noi
rappresentiamo una vera miniera per chi deve proporci prodotti
e servizi. Ma prima di creare vantaggio competitivo le aziende dovranno affrontare sfide importanti.
Innanzitutto l’utilizzo dei Big Data
a supporto delle strategie di business richiede competenze e abilità specifiche, così come riuscire a
dare un valore alle analisi prodotte,
in riferimento solo al proprio mercato e ai propri processi. Il fisico
Dario Menasce, esperto di calcolo
scientifico nella fisica delle particelle afferma che “il tema dei Big
Data non è solo questione di quantità di dati ma piuttosto della capacità di saper estrarre significato e
senso da quella mole di numeri”.
Non solo, le imprese dovranno
operare un vero e proprio cambiamento di mindset: le scelte aziendali non saranno più basate sulle
opinioni che provengono dall’alto,
bensì su analisi supportate da ri-
sultati numerici concreti.
Crescere agilmente con i Big
Data significa, quindi, adattarsi all'evoluzione tecnologica, alle
nuove opportunità e cambiare la
cultura aziendale. Una componente importante della crescita in tal
senso è l’acquisizione di un professionista qualificato come il Data
Analyst che, attraverso l’uso di tool
specifici per analizzare i dati, utilizzando gli insight raccolti, presentando in modo conciso e moderno
i dati agli stakeholder, riuscirà
a orientare le strategie aziendali verso gli obiettivi prefissati. Mix
sapiente di competenze gestionali,
statistiche e comunicative, il Data
Analyst comprenderà l’origine dei
dati e le eventuali possibili distorsioni, analizzerà il flusso informatico delle informazioni grazie a una
conoscenza tecnologica precisa,
leggerà i dati con metodi statistici
al fine di identificare problemi di
business e, infine, comunicherà
con chiarezza alle varie aree aziendali i risultati ottenuti.
Secondo una ricerca di Linkedin condotta sulle offerte di lavoro postate sul Social Network nel
2015, l’analisi dei dati è la seconda competenza più richiesta dalle
aziende a livello globale, confermando le opportunità trasversali
che genera questo settore. Una
ricerca del Bureau of Labor Statistics degli Stati Uniti d’America
include il Business Data Analyst
tra le specializzazioni più in ascesa
tra il 2010 e il 2020, con un tasso di
crescita pari al 15%. Inoltre un'indagine McKinsey ha rilevato che
negli Stati Uniti mancano addirittura tra i 140 e i 190mila Business
Data Analyst a testimonianza delle
concrete opportunità lavorative in
questo settore. Luciano Canova
nel suo libro Pop Economy afferma
“a caratterizzare la vera e propria
PER SAPERNE DI PIÙ
WWW.TAGINNOVATIONSCHOOL.COM
L INC - L AV ORI IN COR S O
rivoluzione non è tanto il numero
di osservazioni disponibili ma la
struttura del dato”, ecco perché la
figura del Data Analyst è indispensabile, poiché l’unica in grado di
estrarre senso dai Big Data per i
bisogni aziendali.
Le aziende necessitano quindi
sempre più di persone che da un
lato generino dati e dall’altro siano
in grado di raccoglierli, analizzarli
e gestirli al fine di trasmettere il
valore aziendale al cliente. L’ostacolo più grande che le imprese al
giorno d’oggi si trovano ad affrontare è la ricerca di figure professionali che presentino queste caratteristiche ed è in questo contesto che
TAG Innovation School, la scuola
del digitale e dell’innovazione di
Talent Garden, ha deciso di formare i nuovi esperti di Big Data, con
un Master part time in Business
Data Analysis, partito il 23 settembre, che ha l’obiettivo di formare
una nuova classe di professionisti
e di creare nuove opportunità per
le aziende che vogliono crescere.
19
periscopio
DATA SCIENTIST,
SEI BELLISSIMO!
È considerato il lavoro
piu’ sexy del millennio,
è la figura professionale
piu’ richiesta oggi dalle
aziende che vogliono
sfruttare al meglio la
marea di dati che la
digitalizzazione delle
nostre vite ogni giorno
mette a disposizione.
Analisi che fanno la
differenza tra un successo
o un fallimento
illustrazione
2
0
di NAZARIO GRAZIANO
L INC - L AV ORI IN COR S O
di MARCO GAIAZZI
@MarcoGaiazzi
W
«
hat is likely to happen.” È questo ciò che viene richiesto ad un data scientist: capire ciò
che potrebbe succedere. Non certo
un veggente ma uno “scienziato”
capace di prevedere tendenze e
comportamenti sulla base dei macro-dati disponibili. Ed è questo,
secondo la definizione che è stata
data dalla Harvard University, che
fa di questa figura professionale
“la più sexy e appetibile nel mondo
del lavoro 3.0.”
Siamo invasi da dati. Anzi, noi
siamo i dati. Ogni nostro gesto,
oggi, lascia traccia di sé. Dalle più
digitali a quelle più analogiche, non
c’è azione che non si trasformi in
informazioni analizzabili scientificamente. Siti visitati, spese, spostamenti: la digitalizzazione delle
nostre vite ha trasformato miliardi
di piccoli gesti in un mare di big
data che svelano abitudini, tendenze, passioni. Così importanti
da essere chiamati il “petrolio del
futuro”. Al data scientist (da ora
DS) sono richieste delle skill complesse e convergenti che lo rendono diverso da figure quali il data
engineer o del business analist già
ben noti.
Occorrono, in un’unica figura
professionale, la perfetta padronanza delle scienze statistiche,
l’approfondita conoscenza del business cui quei dati ineriscono e
solide basi informatiche che gli
consentano di scrivere o gestire
software ad hoc; il DS oggi è tutto
questo. Una figura tanto richiesta
quanto rara in termini di qualità e
quantità.
Qualunque imprenditore, di
fronte a decisioni da prendere, si
trova davanti a tre tipologie di domande: 1, quelle descrittive (cosa
è successo?); 2, quelle predittive
(dove troviamo le informazioni necessarie per affrontare la questione?); 3, quelle prescrittive (ok, e
adesso cosa facciamo?).
Il DS interviene nelle fasi 2 e 3
con un ruolo che secondo alcuni è
pari a quella di un Supereroe!
Diversamente da quanto potrebbe sembrare, il lavoro di DS
è dinamico e stimolante. Parola
di colui che ha inventato 8 anni fa
questa definizione: “DJ” Patil, il
capo della divisione Data Scientist presso lo United State Office of
Science and Techology Policy. “L’elemento fondante di questo lavoro
è solo uno: una sconfinata curiosità”. C’è infatti una componente
decisamente pionieristica in una
attività che deve trovare la risposta
giusta nascosta in una montagna
di informazioni.
C’è un aspetto molto “rivoluzionario” da considerare, che inerisce a una questione di “filosofia”
aziendale, come sottolinea un vero
guru del settore, Ziad Nejmeldeen,
“
Occorrono, in
un’unica figura
professionale, la
perfetta padronanza
delle scienze
statistiche,
l’approfondita
conoscenza del
business cui quei dati
ineriscono e solide
basi informatiche
L INC - L AV ORI IN COR S O
senior vice president e chief scientist presso Infor Dynamic Science Labs. “Chiedere a qualcuno di
prendere delle decisioni sulla base
dei dati significa creare un nuovo
modo di relazionarsi ai problemi”.
Occorre in sostanza “creare un
nuovo percorso di fiducia” con il
management. E non è raro che il
DS, col tempo, diventi esso stesso
il manager.
In questi ultimi anni è capitato
infatti che alcuni DS di livello abbiano rapidamente scalato l’organigramma delle società per le
quali lavoravano, poiché sono stati
capaci, coi risultati, di dimostrare
direttamente ai soci o alla proprietà come l’analisi dei dati fosse una
parte core nelle strategie aziendali, ossia come l’analisi dei dati
dovesse essere parte integrante
del processo decisionale. Per capirlo basta un esempio pratico che
ci viene raccontato da Thinking
Technologies, dinamica azienda
milanese che del supporto informatico e tecnologico alle aziende
ha fatto il suo successo. “Un cliente del settore mobili si rivolse a
noi per sviluppare un software che
analizzasse tutti i flussi della sua
azienda”, ci racconta Marco Amato. “Stock di magazzino, materie
prime, costi di produzione, media
ordini e così via. Noi abbiamo realizzato il software e a loro abbiamo
consigliato di assumere un DS che
sapesse tradurre in azioni concrete quella enorme massa di dati”. E
come è finita, chiediamo. “Quell’azienda ci ha ringraziato perchè il
tandem software-data scientist ha
permesso di scoprire che nel loro
processo produttivo veniva letteralmente sprecato il 30% di materie
prime”. Lasciamo a voi giudicare
se sia un lavoro sexy. Certamente,
con questi risultati, le aziende ne
subiranno il fascino.
21
enigma
L’INVASIONE DELLE
INTELLIGENZE
ARTIFICIALI
Watson è la più celebre delle IA, supercomputer
in grado di intrepretare grandi quantità di dati e di
apprendere sulla base delle proprie decisioni. Ma
la loro diffusione solleva un dilemma: aumentano la
produttività o distruggono il lavoro?
di DENIS RIZZOLI
@dnsrzz
J
eopardy! è un popolare quiz
televisivo statunitense. È famoso per due ragioni. La prima è la
particolarità del suo format: il conduttore fornisce risposte, formulate attraverso indovinelli o giochi
di parole e i concorrenti devono
rispondere indovinando la domanda esatta. La seconda ragione è
che, nel corso di una puntata trasmessa nel 2011, due partecipanti
umani sono stati battuti da un terzo concorrente, Watson, un’intelligenza artificiale realizzata da Ibm.
Il nome deriva dal fondatore del
gruppo, Thomas Watson, ed è un
progetto nato con l’obiettivo di costruire un super computer in grado di analizzare enormi quantità di
dati non strutturati e trasformarli
22
prima in informazioni strutturate e poi in decisioni. Ciò che rende un’intelligenza artificiale come
Watson diversa da un semplice
algoritmo è appunto la capacità di
interpretare conoscenze, non solo
individuarle, e di apprendere sulla
base delle nozioni assimilate. Non
è un caso, infatti, che Watson sia
in grado di dialogare con l’uomo
secondo le regole del linguaggio
naturale (in inglese, per esempio)
e non secondo specifiche righe di
codice.
Tutte queste capacità non sono
racchiuse all’interno di un unico
“guscio”: Watson infatti è da intendersi come una piattaforma a cui
diverse startup e aziende possono
accedere per mettere alla luce le
proprie idee. I settori in cui viene
utilizzata sono i più disparati. Per
esempio, quello sanitario. Con
l’enorme quantità di dati che può
gestire, Watson diventa infatti un
assistente ideale in fase di diagnosi. Non è un caso che Ibm abbia recentemente annunciato un accordo
con il governo italiano per il lancio
di Watson Health: verrà realizzato
L INC - L AV ORI IN COR S O
a Milano, nell'area che ospitava
l'Expo 2015, e sarà dedicato proprio allo sviluppo di applicazioni
sanitarie basate sui dati. Un altro
campo in cui Watson è già ampiamente utilizzato è quello dell’Internet delle Cose. Watson è infatti
presente, per esempio, su lavatrici
Whirpool in grado di apprendere le
modalità di utilizzo degli utenti per
risparmiare tempo ed energia oppure è impiegato da Panasonic per
sensori e videocamere dedicate
alla sicurezza domestica.
Insomma le intelligenze artificiali (IA), di cui Watson è solo uno
degli esempi più celebri, stanno
per diventare parte integrante della nostra vita. Mentre sono ovvi
i benefici che queste tecnologie
possono portare in termini di produttività, sono più incerte le conseguenze negative di un utilizzo delle
IA su larga scala. Il World Economic Forum ha presentato all’inizio dell’anno una ricerca intitolata
“The future of jobs and skills”. Lo
studio prevede che entro il 2020 fattori demografici e tecnologici porteranno alla distruzione di 5 milioni
di posti di lavoro, concentrati soprattutto nel settore amministrativo e produttivo. Tra le tecnologie
responsabili, lo studio cita proprio i
Big Data e le IA. Alcuni esperti fanno notare però che anche durante
le precedenti rivoluzioni tecnologiche, dall’invenzione del motore a
scoppio fino ai personal computer
negli anni ’80, erano stati tracciati
scenari analoghi avveratisi solo in
parte. Anzi, sembra che in passato
la tecnologia abbia creato più posti di lavoro di quanto ne abbia distrutti. Come l’economista del MIT
David Autor spiega al settimanale
britannico “The Economist”, automatizzare una specifica attività
aumenta la domanda di lavoratori
umani a svolgere le altre attività
connesse a quella, che non sono
state automatizzate. Eppure alcuni
replicano che questa volta la situazione è differente. Martin Ford, per
esempio, nel suo libro “The rise of
the robots”, sostiene che l’impatto
dei computer coinvolge tutti i setL INC - L AV ORI IN COR S O
tori. Durante le precedenti rivoluzioni nell’automazione, i lavoratori
non qualificati potevano passare
da un lavoro di routine a un altro.
Questa volta invece, per sfuggire
all’automazione, si può passare
soltanto da lavori non qualificati a
lavori altamente qualificati.
Quindi, le IA sono una benedizione o una condanna? Come conclude “The Economist”, la verità
probabilmente giace nel mezzo. Le
IA non causeranno una disoccupazione di massa, ma probabilmente
obbligheranno, come altre innovazioni tecnologiche nella storia, i lavoratori ad acquisire nuove competenze, questa volta in modo molto
più rapido rispetto al passato.
23
coffee break
GLI ESPERIMENTI IN
AFRICA E LE ESPERIENZE
IN BRASILE E INDIA
L'analisi dei Big Data apre importanti strade per lo sviluppo economico, pur con
rischi per la privacy. Dagli esperimenti in Africa al Brasile e l'India, all'avanguardia
nel settore rispettivamente in America Latina e Asia
REDAZIONE
@cafegeopolitico
BIG DATA
PER LO SVILUPPO
Il raggiungimento solo parziale degli Obiettivi del Millennio,
ha portato le Nazioni Unite a sviluppare nuovi metodi d'approccio
e nuove strategie per lo sviluppo.
Tra questi l'utilizzo dei Big Data,
per sostituire la tradizionale raccolta di dati tramite censimenti
ufficiali o rapporti di agenzie dedicate. Ormai le interazioni tramite
la rete mobile sono fitte anche in
comunità poco studiate in Paesi in
via di sviluppo. Questo fattore ha
spinto l'ONU a creare un'agenzia
dedicata, l'Un Global Pulse, con
tre laboratori per aumentare il ritmo dell'adozione dell'analisi dei
Big Data per lo sviluppo e per le
questioni umanitarie.
L'iniziativa delle Nazioni Unite ha fatto proprie le esperienze
dell'esperimento portato avanti
24
dalla compagnia telefonica Orange
in Costa D'Avorio. Nel 2012, l'azienda ha messo a disposizione dei
ricercatori 2,5 miliardi di scambi
telefonici, voce e SMS, tra 5 milioni di abbonati nel Paese. I settori
presi in considerazione sono stati
cinque: sanità, agricoltura, trasporti e urbanizzazioone, energia
e raccolta di dati statistici. A detta
dei ricercatori i risultati sono stati
promettenti tanto da replicare, nel
2014, l'esperimento in Senegal.
L INC - L AV ORI IN COR S O
Rimane la questione della privacy e del rischio di sorveglianza
globale. I dati degli esperimenti in
Costa D'Avorio e Senegal hanno
dimostrato come non sia possibile
rendere anonima la totalità delle informazioni e che con triangolazioni
non troppo complesse è possibile
risalire all'identità e alla posizione
di diversi utenti. Un rischio non da
poco se la tecnologia fosse usata in
Paesi sotto regime autoritario o da
poco avviatisi alla democrazia.
IL CASO
DEL BRASILE
Prima della recente recessione, il Brasile era una delle economie più dinamiche del pianeta.
Ciò si rifletteva anche nel settore
tecnologico. Ad esempio, nel 2014
si prevedeva che il mercato di hardware, software e altri servizi informatici avrebbe raggiunto quota
1 miliardo di dollari entro il 2017. Il
mercato dei Big Data era cresciuto
del 46% dal 2012. Questo non toglie il Paese dall'elenco dei fruitori
di questo tipo di analisi. Il Governo
è solo il quinto investitore nel settore, dopo la finanza, le telecomunicazioni, la manifattura e il commercio. Il settore pubblico utilizza i
Big Data, tra l'altro, per favorire la
gestione dell'approvvigionamento,
dell'educazione e dei servizi sanitari. Un esperimento di punta avviene nello Stato del Minas Geraes,
dove il sistema di analisi è stato
usato per favorire il coinvolgimento dei cittadini nel dettare le priorità per il processo decisionale del
settore pubblico. Un embrione di
democrazia digitale che altri Stati
brasiliani hanno iniziato ad adottare. Il Governo centrale ha iniziato
a usare l'analisi dei Big Data per
diminuire la spesa pubblica e renderla più efficiente.
Nonostante il Paese sia all'avanguardia in America Latina per
quanto riguarda i Big Data, c'è
ancora lavoro da fare. Nel settore
economico, rimangono dubbi tra
gli imprenditori sul loro reale valore aggiunto per le aziende. Inoltre, nel marketing, in teoria tra i
maggiori fruitori, circa il 42% degli
addetti conosce i Big Data (meno
della metà), il 35% ne ha sentito
parlare e 23% non sa cosa siano.
IL CASO
DELL'INDIA
Con la seconda popolazione
mondiale per numero, l'India non
può non essere tra i fruitori dell'analisi dei Big Data. A cominciare
dalla politica: l'attuale partito al
Governo, il BJP, l'ha usata per vincere le elezioni. I dati presi da quasi
tutti gli utilizzatori di internet nel
Paese hanno permesso di capire
il sentiment dei votanti e i problemi maggiormente sentiti regione
per regione. Inoltre sono state organizzate raccolte fondi mirate secondo modelli differenziati in base
all'elettorato. Big Data per elezioni
“big”, visto che in India gli aventi diritto al voto sono circa 800 milioni.
Nel settore del servizio pubblico, l'analisi dei Big Data fornisce
importanti informazioni al Diparti-
PER SAPERNE DI PIÙ
WWW.ILCAFFEGEOPOLITICO.NET
L INC - L AV ORI IN COR S O
mento per la distribuzione idrica e
le fognature della città di Bangalore per individuare e riparare perdite nella rete. Le statistiche indicano che circa il 45% dell'acqua della
città va persa. Anche nello stato
del Kerala avviene qualcosa di simile nella città Thiruvananthapuram, e le autorità locali stanno
implementando un sistema simile
a quello usato a Bangalore.
Infine, nel settore economico,
l'analisi dei Big Data mappa le preferenze dei consumatori, mentre la
Janalakshmi Financial Services,
attiva nella microfinanza, usa lo
strumento per inserirsi nel segmento di popolazione che ancora
non usufruisce di servizi bancari
(il 40% del totale).
A dimostrazione della grande
attenzione che l'India riserva all'analisi dei Big Data, nel Paese sono
attivi cinque grandi istituti dedicati
all'organizzazione di studi su vari
livelli, da quello base a quelli superiori.
25
la rosa dei venti
DATI!
DATI!
DATI!
NON POSSO FARE
MATTONI SENZA L’ARGILLA
(SHERLOCK HOLMES)
DA ROTTERDAM
MARIA PAOLA MOSCA
@emmepi
F
acciamocene una ragione, la
fantascienza non è più solo letteratura; quel futuro che si organizza
sugli immensi flussi di informazione che produciamo quotidianamente senza nemmeno badarci,
per certi versi si è già realizzato. E
l'Europa, nonostante soffra un gap
professionale intorno all'analisi e
gestione dei big data, ospita alcune delle città più “smart” al mondo (secondo Forbes), cioè che di
questi dati -ormai – si nutrono. Le
analisi delle miriadi di nozioni interessano il settore sanitario, la produzione agricola, la gestione della
26
Lo spazio impara a
conoscerci, ricorda la
temperatura a cui ci
piace lavorare, come
beviamo il caffè e
che luce preferiamo.
Le macchine si auto
guidano e aggiornano i
percorsi per evitare di
“diventare il traffico”
logistica, ma entrano anche direttamente negli spazi dove viviamo,
modificandone la fruizione.
Non si tratta tanto di vivere in
un mondo in cui le macchine ci governano, bensì di una rivoluzione
già attuale in cui la gestione delle attività umane viene migliorata
dall'organizzazione dei dati generati, per esempio, usando i mezzi
pubblici con le tessere magnetiche, acquistando servizi dal cellulare, pagando con carta di credito,
o magari strisciando il badge del
palazzo dove lavoriamo. Lo sanno
bene da qualche anno i dipendenti
L INC - L AV ORI IN COR S O
Deloitte basati o di passaggio per
Amsterdam, entrando in The Edge,
the Smartest building in the world,
palazzo che impara a conoscere
chi lo frequenta ricordando le informazioni prodotte e trasformandole
in risposte ai bisogni contingenti:
un ufficio più caldo/freddo, la divisione delle postazioni (scrivanie,
poltrone, sale riunioni) secondo le
specifiche richieste di quel momento, la sicurezza notturna con
robot che riescono a distinguere
eventuali intrusi. Come le learning
machines del palazzo olandese si
adattano e in parte trasformano
qui europa
THE EDGE,
AMSTERDAM
il modo di sfruttare i suoi spazi,
così su una dimensione più ampia
molte città pianificano la loro urbanistica gestendo, per esempio,
il sistema di trasporti. Succede a
Salonicco: da tempo precursore
nell'uso dei flussi di informazione
per la gestione del traffico, la città
greca è diventata test pilota dentro
il progetto BigDataEurope in tema
di spostamenti intelligenti.
In questa nuova urbanità non
servono più, quindi, solo progettisti e ingegneri che disegnino le
strutture, ma anche analisti, tecnici statistici, scienziati sociali che
sappiano comunicare con le macchine e tradurre i loro “responsi”
per ottimizzare le riqualificazioni.
È un po' il caso della stazione di
King's Cross a Londra: non si interviene solo sugli edifici, ma se ne
fa un polo intelligente nell'uso delle energie (rinnovabili), nel design
che dirige i flussi di persone e nella
organizzazione del tutto.
Per come si sono personalizzati all'estremo i bisogni e le modalità di frequentare i luoghi, è
imprescindibile ormai la condivisione coordinata dei dati anche a
livello di politiche (in prospettiva,
L INC - L AV ORI IN COR S O
pure su scala continentale) perché,
per esempio, le modalità di lavoro
contemporanee sono spesso sempre meno legate alla presenza in
un ufficio predefinito e più fluide
le prestazioni professionali, senza
contare quanto queste poi incidano su tantissimi aspetti delle altre
attività quotidiane e, quindi, impattino sui luoghi pubblici. In Europa
se ne sono accorti in tanti e stanno
cercando risposte di conseguenza:
dallo Smart City Wien, ai piani di
mobilità di Barcellona, o agli sforzi
in tema di amministrazione digitale della già verdissima Stoccolma.
27
la rosa dei venti
LO SCIENZIATO
DEI DATI
TRA SERIE TV
E CAMPAGNE
ELETTORALI
DA NEW YORK
STEFANIA SPATTI
@sspatti
F
a scoperte mentre nuota nei
dati. Vive in un mondo digitale in cui
riesce a dare forma a una quantità
vasta di informazioni. Rende possibile un'analisi e la definizione di una
strategia che si adegua al flusso di
dati pescati. Lo 'scienzato dei dati'
già nel 2012 era definito dall'Harvard Business Review il “lavoro più
sexy del ventunesimo secolo”. Oggi
è parte integrante della politica e
del business.
'House of Cards' è un esempio
doppio. Da un lato, la serie tv fornisce un esempio di questa professione con il persoggio Aidan:
28
Figura essenziale
nel business
e in politica,
da House of Cards
alla Brexit passando
per la Casa Bianca
a cui puntano
Clinton e Trump
reclutato dal presidente americano
Frank Underwood, usa una quantità
infinita di dati per colpire gli elettori
con i temi a loro più cari e ottenere
la rielezione dello stesso Underwood. Dall'altro, Netflix ha imparato a
dare agli spettatori quello che vogliono vedere. Passando al setaccio
dati. E il successo del suo show con
Kevin Spacey lo dimostra. Al di là
dell'intrattenimento, anche Barack
Obama ha voluto nel 2015 DJ Patil
nominandolo il primo Chief Data
Scientist della Casa Bianca. Ed è là
che nel 2008 è stato creato un precursore di quello che un anno dopo
L INC - L AV ORI IN COR S O
è diventato NationBuilder, un soft–
ware che è stato usato anche nel
Regno Unito dalle campagne pro e
contro la Brexit.
“Siamo abituati ad avere clienti da ambo gli schieramenti di un
dibattitto. In Europa questo sta diventando sempre più frequente”,
ci racconta Toni Cowan-Brown, VP
European Business Development
della californiana NationBuilder.
“Mandare la stessa email al vostro
database intero non funziona. Un
continuo coinvolgimento è l'unico
modo per essere presi seriamente”.
È quello che cercano di fare Hil-
qui usa
lary Clinton e Donald Trump nella
loro sfida per la presidenza Usa,
consapevoli di come i Big Data abbiano garantito la rielezione di Obama nel 2012. Non a caso l'ex first
lady ha arruolato 'data nerd'. “Più
conosci il tuo elettore, più successo avrai nel coinvolgerlo e nel
farlo andare alle urne”, aggiunge
Emily Schwartz, vicepresidente di
NationBuilder. A vincere le elezioni
sarà forse chi avrà usato i dati nel
modo più sofisticato. Lo stesso vale
anche per le aziende.
Quelle più all'avanguardia possono così anticipare e creare trend.
Ne è convinta Caterina Bulgarella,
Senior Leader in LRN e professore
aggiunto di psicologia organizzativa
presso il Master di Psicologia industriale e organizzativa alla New
York University: “L’intelligence fornita dai dati può essere usata per
identificare le risorse umane ad
alto potenziale, aiuta ad ottimizzare
i processi organizzativi interni, crea
canali di feedback immediati che
permettono di rimanere a stretto
contatto col cliente, rivela opportunità strategiche emergenti ed è uno
strumento visionario insostituibile”.
Ma come fare ordine in un mare
L INC - L AV ORI IN COR S O
di dati? La loro rappresentazione è
essenziale. “Visualizzarli significa
rendere sistemi complessi finalmente davvero accessibili a chi lavora nelle aziende, aprendo di fatto
infinite possibilità per la loro valorizzazione attraverso l’ottimizzazione di processi decisionali e operativi
e l’affinamento dell’offerta e della
customer experience”, dichiara
Giorgia Lupi, partner e Design Director di Accurat. Il mantra della
società di consulenza e progettazione milanese con uffici a New York?
“Dove gli altri vedono complessità,
noi vediamo bellezza. E valore”.
29
la rosa dei venti
IL GRANDE
FRATELLO
INCONTRA
I BIG DATA
DA PECHINO
吗丽亚
Q
uando i big data incontrano il “Grande Fratello”. Questa
potrebbe essere la sintesi di un
articolo il cui obiettivo è raccontare
quanto i big data siano fondamentali in Cina in questo momento.
Non solo per il business ma anche
per il disegno del governo cinese.
Soprattutto nel paese di mezzo
vale infatti la regola che i big data
“promettono di rivoluzionare il lavoro delle imprese e della politica”.
Qui, se il governo chiama, le grandi
aziende internet rispondono.
Partiamo dal fatto che in un paese i cui utenti internet ammontano a 668 milioni (secondo le stime
ufficiali del governo) i dati ricavabili
30
Big data e Cina.
Argomento che tocca le
relazioni tra il governo,
i suoi cittadini e gli
stranieri che vivono
nel paese dove non si
può accedere ad alcuni
social occidentali o
effettuare una ricerca su
Google. Ora c’è di più
dalla rete rappresentano una primizia per tutti, dagli imprenditori ai
politici e permettono di avere il polso del paese. Un esempio? Uno dei
più importanti successi cinematografici di sempre, Tiny Times, commedia romantica del 2013 capace
di raccogliere in un solo giorno 11,9
milioni di dollari al box office, è
proprio il frutto dell'utilizzo dei big
data. Perché? Perché i produttori
prima di realizzarlo hanno effettuato una ricerca sulla rete perché li
aiutasse a determinare gli attori,
il regista e che tipo di pubblicità
fare per attrarre al massimo la generazione dei giovanissimi cinesi.
Hanno fatto bene, guardando ai riL INC - L AV ORI IN COR S O
sultati. Ma se questo è un esempio,
positivo - e di certo originale - sul
come utilizzare i big data, altri invece come vedremo non guardano
a questa direzione.
“In Cina abbiamo a che fare con
centinaia di migliaia di miliardi di
dati - ha detto recentemente a un
magazine online cinese chiamato
CKGSB Knowledge, Zhang Tong,
a capo del Big Data Lab di Baidu,
il più importante motore di ricerca cinese - il potenziale è gigante, possiamo costruire dei modelli
importanti in grado di aiutare molti
business”. La tecnologia dei big
data infatti è spesso utilizzata insieme ad altri strumenti innovativi
high-tech come il cloud o l'intelligenza artificiale. Dal marketing
all'e-commerce, dalla tecnologia
alla sanità, negli ultimi cinque anni
in Cina è stato un fiorire di big data
a disposizione di questi settori.
I più critici però sostengono che
sia soprattutto il governo a interessarsi dei big data. Anzitutto, lo sa
bene chi vive nel paese, i social
occidentali e altri siti non sono visibili e tutto è controllato da quello
che viene definito il Great Firewall
cinese. Fino a qui, nulla di nuovo.
La novità, come ha notato recentemente il Financial Times, riguarda
un nuovo sistema di credit rating
(giudizio sul merito di credito), che
di solito viene dato alle aziende ma
in questo caso viene attribuito ai
cittadini. C'è infatti l'intenzione da
parte del governo di incrementare
i prestiti a centinaia di milioni di
cittadini attraverso il sistema finanziario. Per farlo, Pechino vuole
essere certa che i cinesi “meritino”
questo credito e le società in grado
di prestare denaro potranno così
far affidamento su indicatori non
proprio tradizionali, come la cronologia della ricerca su internet o
qui cina
acquisti effettuati tramite telefonino, che li aiuti a capire chi è meritevole di credito. Le aziende private ammettono di poter accedere
ai dati relativi agli utenti internet
in Cina grazie alle licenze emesse lo scorso anno dalla People's
Bank of China (la banca centrale
cinese) con l'obiettivo di sviluppare
un sistema di rating sperimentale. Complessivamente sono state
emesse otto licenze alle più grandi aziende del paese, da Tencent e
Alibaba a Ping An Insurance, uno
dei più importanti gruppi assicurativi in Cina. Questi “credit rating”
assegnati alle persone danno l'accesso a una serie molto ampia di
attività, non sono solo finalizzati all'ottenimento di un prestito.
Ecco qualche esempio: saltare la
fila all'aeroporto, ottenere un’approvazione rapida dei visti, perfino
un'agevolazione nell'acquisto di un
animale domestico.
Quanto sopra di per sé è già
abbastanza per identificare una
grave violazione della privacy. Ma
il disegno - ancora più ampio - del
governo è quello di stabilire grazie
a questi dati l'onestà e l’affidabilità dei cittadini cinesi entro il 2020.
C'è chi si spinge oltre e sostiene
che il rischio è che la Cina torni a
livelli di sorveglianza personale tipici degli anni '50, '60, '70 quando
L INC - L AV ORI IN COR S O
nei quartieri si mantenevano informate le autorità relativamente
alle attività svolte quotidianamente
dalle persone. Ora, con la decentralizzazione e una maggiore mobilità un controllo del genere non
sarebbe possibile. Ma i big data,
raccolti dalle più importanti società del settore internet sugli utenti,
possono rivelarsi un degno sostituto. Del resto per tutti gli esperti
di economia cinese la minaccia più
importante per l’economia cinese
è proprio lo scoppio della questione sociale. I big data aiuterebbero
eccome Pechino ad avere il polso
della situazione finalizzato ad un
migliore controllo sociale.
31
niente di personale
CONOSCENZA
E PREVISIONI
PERCHÉ AGLI HR
SERVONO I BIG DATA
Le aziende italiane
hanno compreso
l’importanza di
immagazzinare
e analizzare una
grande mole di dati,
ma restano ancora
diverse questioni
da risolvere. Ne
parliamo con
Deloitte, Oracle e
LinkedIn
di STEFANO GLENZER
@glenzers
T
«
u prova ad avere un mondo nel cuore e non riesci a esprimerlo con le parole” cantava Fabrizio De André già nel 1971. Ecco,
nel cuore delle aziende italiane c’è
un mondo di dati e di informazioni,
ma ancora loro non sanno esprimerli e tradurli in analisi efficaci.
Per il presente e per il loro futuro.
La rivoluzione dei big data
nel nostro Paese non si è ancora completata, osserva Lorenzo
Manganini, Responsabile Human
Capital di Deloitte. “Il problema
non sono i modelli né tanto meno
la potenza di calcolo delle macchine, ma la disponibilità dei dati,
soprattutto per il mercato italiano.
Alcune grandi aziende non sanno
nemmeno quanti dipendenti hanno, quanti di loro sono laureati,
quante sono donne e quanti uomini. Stanno cercando di recuperare terreno, ma sanno di non
avere i dati necessari per iniziare
il lavoro. Molte aziende hanno av32
LORENZO
MANGANINI
Responsabile
Human
Capital
di Deloitte.
viato iniziative di implementazione di sistemi IT evoluti per l’HR,
che partono dalla strutturazione
dei database con le informazioni
relative ai propri dipendenti, da
cui poi far partire tutti i processi
gestionali di HR (Performance,
Recruiting, Learning, Compensation, ecc.). Questo rappresenta il
primo passo per poter disporre in
L INC - L AV ORI IN COR S O
futuro di dati completi, coerenti e
consistenti fra di loro, su cui poi
effettuare le analisi e applicare i
modelli”.
Il mondo dei big data secondo Manganini si può riassumere in due filoni: il primo è quello
dell’analytics puro, dove partendo
dal dato semplice si possono ottenere report più o meno evoluti
applicando differenti viste ai dati.
Il secondo è quello dei predictive
analytics, la vera sfida. “Attraverso tecniche statistiche ed econometriche avanzate, si possono
effettuare analisi predittive, analisi di scenario e what if. I campi
di applicazione di queste tecniche
sono molteplici: solo per citarne
alcune, il workforce planning, il
budget del personale, il retention
analytics, il succession management, l’ageing del personale, la
modellazione delle competenze
future coerenti con il piano strategico aziendale. E molte altre.”
Un’altra grande sfida è legata al cloud computing, sostiene
Melanie Hache Barrois, Human
Capital Management Director di
Oracle per il Sud Europa. “Lavorare su una immensa mole di dati
con la gestione dei dati classica,
ovvero senza il cloud, è un incubo,
lo spazio di archiviazione è insufficiente e molto costoso. Forse
il reparto HR dell’azienda non lo
vede, ma l’area IT si accorge di
quanto è dispendioso. Inoltre ci
sono problemi di sicurezza importanti”.
Il vantaggio di saper utilizzare i big data è molto semplice secondo Hache Barrois, ed
è sintetizzabile in un concetto:
conoscenza. “Condividere informazioni con i dipendenti è fondamentale per il mondo HR. Far
MARCELLO
ALBERGONI
Head of Italy
di LinkedIn
MELANIE
HACHE
BARROIS
Human Capital
Management
Director di Oracle
per il Sud Europa
capire qual è il ruolo del singolo
nell’azienda è importantissimo,
perché in questo modo una persona sa di contare, di avere una
carriera, di avere qualcuno che
la osserva e che sa chi è. Poi c’è
un altro tema: se l’area HR vuole
rispondere ai bisogni dei colleghi
deve capire quali sono le loro necessità, di gruppo e singole. Deve
comprendere quali sono le capacità di ognuno, come si può gestire al meglio il work-life balance,
deve sapere se un certo reparto
ha bisogno di più o meno persone,
di più o meno spazio. Capire tutte
queste cose significa poter dare a
ogni dipendente quello di cui ha
bisogno. È un metodo che migliora la qualità lavorativa e migliora
la qualità di vita, ma servono dati
su cui basare queste deduzioni”.
Di lavoro e di dati si intende
anche Marcello Albergoni, Head
of Italy di LinkedIn. Il social network professionale ha lanciato
da poco anche in Italia il progetto
dell’Economic Graph, una rappresentazione digitale dell’economia
mondiale declinata a livello locale. “Il nostro obiettivo finale è
quello di raggiungere, nei prossimi dieci anni, tutti i 3,3 miliardi di professionisti presenti oggi
nel mondo” spiega Albergoni.
“Analizzando i valori del mercato del lavoro e i suoi vari ambiti,
all’interno di una specifica area
geografica, l’Economic Graph
consente alle aziende di focalizzare meglio le ricerche di talenti,
scoprendo come e perché si muovono, qual è il settore con la più
alta concentrazione di professionisti. Allo stesso tempo, permette ai lavoratori di capire su quali
competenze è meglio puntare per
trovare e farsi trovare da nuove opportunità di lavoro o dove è
più opportuno spostarsi al fine di
migliorare e sviluppare la propria
carriera”.
33
selfie
DA CRONISTA A
DATA
JOURNALIST
UNA PROFESSIONE CHE CAMBIA
TRA NUMERI E STATISTICHE
Il giornalismo basato su analisi e visualizzazione di dati si diffonde anche in Italia.
Ecco le testimonianze di alcuni specialisti.
E a Roma c’è un’agenzia che trova news usando algoritmi e fisici
di MAURIZIO DI LUCCHIO
@maudilucchio
Q
uando si pensa al rapporto tra giornalismo e big data,
c’è chi ha paura dell’effetto Kodak.
Così come la multinazionale delle
pellicole è stata spazzata via dalle
foto digitali, non pochi temono che
le grandi masse di dati e l’intelligenza artificiale possano rendere
superfluo il ruolo del giornalista.
Tuttavia, nonostante le difficoltà
del mondo dell’informazione, finora l’apocalisse non è arrivata. Ma
già da anni i big data stanno trasformando la professione.
Una prova è la crescita del data
journalism (o data driven journa34
DA SINISTRA:
BARBARA D'AMICO
GIANMARCO GUAZZO
MAURO PARISSONE
E ALESSIO CIMARELLI
lism), il giornalismo incentrato su
raccolta, elaborazione e visualizzazione dei dati. Se nei media anglosassoni, dal Guardian al New York
Times, i data editor sono presenze
frequenti nelle redazioni, in Italia ci
sono poche figure ad hoc. E i rari
professionisti specializzati spesso agiscono attraverso agenzie.
L INC - L AV ORI IN COR S O
Tra questi c’è Alessio Cimarelli,
33 anni, cofondatore di dataninja.
it, network nato nel 2012 che offre
servizi di data journalism a media
e organizzazioni. “È un giornalismo di servizio, più obiettivo: fa
raccontare storie nuove e spiega
fenomeni che prima erano non noti
o poco rilevanti”, spiega Cimarelli,
che è anche fisico e data scientist.
A suo parere, il data journalist è un
giornalista che usa come motore
della sua attività le tecniche dell’analisi dei dati quantitativi. Uno dei
progetti più noti di Alessio è “The
migrant files”, un’inchiesta sui mi-
granti in Europa condotta nel 2012
da 10 giornalisti di 6 paesi. “Non
c’erano numeri affidabili sulle vittime della migrazione. Ed è facile
capire quanto questo dato possa
incidere sulla comprensione del
fenomeno”, racconta. “Partendo
da lavori già presenti, abbiamo costruito un dataset che rispondesse
a questa domanda. E ci siamo riusciti”. Ma cosa cambia oggi rispetto
al data journalism del passato? “I
bit e internet: i dati sono in digitale e ci sono strumenti come le reti
sociali, il cloud, l’open source che
rendono più facile l’accesso alle
informazioni e più rapide e accurate le operazioni”. Per fare buon
data journalism servono diverse
competenze: l’ideale, secondo Cimarelli, è che sia fatto in team.
“Servono almeno quattro figure:
giornalisti, esperti di analisi dati
e statistica, sviluppatori e grafici”.
Un mix di profili di questo tipo ce
l’ha anche Viz & Chips, un collettivo nato nel 2013 a Torino composto
da due croniste, un grafico, un data
analyst e due developer. “Produciamo infografiche e visualizzazioni per editoria, imprese e Pa”, dice
la giornalista Barbara D’Amico, 33
anni, che afferma che l’analisi dei
dati ha “stravolto” il suo lavoro:
“La mia capacità di verificare notizie è migliorata e propongo approfondimenti in modo più semplice.
Tra gli sbocchi, poi, c’è anche la
preparazione di corsi di formazione”. Gianmarco Guazzo, 41 anni,
piemontese, si è focalizzato di più
sugli open data, ovvero i dati aperti
messi di solito a disposizione dagli
enti pubblici. Nel 2012, dopo una
carriera come giornalista e addetto stampa, frequenta un corso di
specializzazione sull’open data
journalism e inizia a raccontare il mondo attraverso numeri e
dati. Nel 2015 diventa responsabile comunicazione di “A Scuola di
OpenCoesione”, iniziativa pubblica per studenti che prevede corsi
online di analisi dei dati pubblicati
su OpenCoesione.gov.it, il portale
nazionale di open data sull’utilizzo dei fondi pubblici. “Lavorare su
dati aperti esalta la sfera civica di
questo mestiere”, osserva Guazzo. “Noi insegniamo ai ragazzi a
raccogliere i dati, analizzarli e raccontarli”. Magari, qualcuno di questi giovani avrà il profilo giusto per
lavorare nell’agenzia che in Italia
si è spinta più in avanti nell’uso di
big data e di machine learning applicati all’informazione: H24. Fondata a Roma da Mauro Parissone,
Laura Guglielmetti ed Emanuele
Pascucci, produce contenuti video
in diretta e on demand senza usare
giornalisti (se non uno, il direttore
Parissone) ma affidandosi solo a
data scientist, esperti di tecnoloL INC - L AV ORI IN COR S O
DA SINISTRA:
VIZ&CHIPS A EXPO
E L'OPENDESK DI H24
gia, selezionatori di notizie, producer e film-maker che riprendono gli
avvenimenti sul territorio. H24 usa
un algoritmo proprietario che setaccia i social media per individuare notizie oppure per coglierne in
modo diverso la rilevanza. Una volta
selezionate le news, le racconta in
presa diretta. Lo fa o attraverso tecnologie di ripresa a distanza o coinvolgendo i propri operatori, che filmano senza aggiungere commenti
giornalistici, o ancora chiedendo via
social alle persone presenti sul luogo di fare riprese con gli smartphone. “L’algoritmo individua ciò che
potrebbe essere una storia: ha per
esempio ‘scoperto’ che un incendio
a Sestri Levante a settembre, quasi ignorato dai media, era diventato una notizia importantissima per
migliaia di persone”, dice Parissone. “Così, abbiamo coinvolto alcune
persone del posto - a cui diamo un
rimborso - per avere le prime immagini in tempo reale e poi abbiamo inviato i film-maker. Quando
invece alcuni avvenimenti sono prevedibili ci affidiamo a beautycam e
droni”. Se questo modo di narrare
il reale in video dovesse diventare la
regola, allora l’effetto Kodak si sarà
abbattuto anche sul giornalismo.
35
open innovation
BIG DATA
IS FUN
di DAVIDE CONSIGLIO
e LEONID ZHUKOV
@bcginitaly
Q
uando chiamiamo il call
center della nostra banca veniamo
avvisati, prima di iniziare la conversazione, che questa potrebbe essere
registrata. Questo non solo per valutare il servizio offerto, ma anche
perché le metodologie di natural language processing (NLP) oggi consentono di interpretarla. Partiamo
da un piccolo esempio utile per capire quali siano le potenzialità dei big
data e i vantaggi a questi connessi,
a partire da quelli per i consumatori.
“
Nei casi di successo
di trasformazione
aziendale guidata
dall'uso dei
dati sono due
le dinamiche
che emergono:
democratization
e gamification
36
Davide Consiglio - Principal
di The Boston Consulting
Group - e Leonid Zhukov
- Principal Data Scientist
di The Boston Consulting
Group - ci spiegano le
opportunità del mondo dei
Big Data
Oggi, ad esempio, le banche
best-in-class investono in modo
importante su personalizzazione e
adattamento dinamico dell'offerta
in funzione dei desiderata dei clienti.
Che conoscono meglio della concorrenza grazie all'analisi delle transazioni, dei dati esterni, del 'customer
pathway' multicanale, del sentiment
online e, come nel caso della telefonata, del feedback dalle interazioni.
Le opportunità che derivano da
una lettura dei dati sono, quindi,
molteplici e ancora da esplorare.
Quello che ne deriva non si declina
solo in un vantaggio competitivo per
le aziende capaci di muoversi per
prime, ma ha ricadute sensibili in
termini di risorse umane.
I big data, infatti, non sono più
una nicchia esoterica riservata a
pochi tecnici in azienda, come la business intelligence o il data mining
tradizionale. Nei casi di successo di
trasformazione aziendale guidata
dall'uso dei dati sono due le dinamiche che emergono: democratization
L INC - L AV ORI IN COR S O
e gamification. La prima rappresenta la possibilità di diffondere utilizzo
e analisi (anche se non programmazione) grazie alla riduzione dei costi
e all'aumento della facilità di utilizzo
dei tool utente (ad esempio, tool di
visualizzazione). La gamification si
riferisce, invece, alla possibilità di
sfruttare il potenziale “ludico” dei
dati tramite l’utilizzo di front end che
si possono facilmente installare su
tablet/smartphone. Inoltre, renden-
do l'esperienza d'uso dei big data facile e accattivante si facilita in modo
consistente l'uscita dei big data dalle
roadmap e dai budget IT e l'ingresso
'up one level' nella roadmap strategica dell'organizzazione.
Dal punto di vista quantitativo,
si stima che nel 2020 i Chief Data
Officer italiani possano essere alcune migliaia, un numero importante soprattutto se confrontato ai
circa 200 attuali. Un incremento
che pensiamo possa riassumere la
fame del mercato per figure professionali completamente diverse
– e in qualche misura nuove – rispetto al passato. Negli Stati Uniti
si sta già affermando un profilo diverso rispetto al tradizionale CDO,
quindi non un esperto IT e nemmeno un “curatore di dati”, bensì un
elemento di traino e innovazione
del business, che non solo risolve
i problemi, ma che porta al busiL INC - L AV ORI IN COR S O
ness nuove soluzioni data-driven.
Se il CDO è la figura apicale di
quella nuova struttura organizzativa aziendale che dovrebbe integrare strumenti e professionisti
di advanced analytics, gli attori di
questa trasformazione saranno i
data scientist. Oggi questi sono ancora molto difficili da reperire sul
mercato per due motivi: in primo
luogo l’offerta è scarsa, sono poche le figure professionali con un
background significativo e una perfetta combinazione delle tre anime
disciplinari necessarie (matematica/statistica, tecnologia, business);
il secondo motivo è legato alla difficoltà di avere in azienda i recruiter
giusti: ad oggi chi si occupa di selezione del personale spesso non ha
ben chiaro qual è il profilo da cercare ed inserire in azienda.
Di fronte alla richiesta di immaginare i big data, molti visualizzerebbero una matrice infinita di dati,
o una nuvola di connessioni, come
quella della figura accanto, quasi
sganciate dalla realtà.
L'immagine, invece, deriva da
un esercizio reale di organizational
analytics svolto sui livelli più alti di
una grande azienda, che ha dato
inaspettati insegnamenti in termini di collaborazione internazionale
e sul fondamentale ruolo del Chief
Data Officer nell'organizzazione.
A questo proposito, secondo l'opinione degli esperti BCG, il ruolo
del CDO si evolverà ulteriormente in
molte direzioni, contribuendo come
in questo caso in modo importante
all'ambito organizzativo grazie alle
possibilità offerte dagli organitazional analytics, su cui il team del
moderno CDO potrà aggiungere
valore significativo, grazie alla capacità di combinare analisi quantitativa, comprensione di aspetti di
business e capacità di considerare
la dimensione fattuale delle interazioni cross organigramma.
37
storie di ordinaria felicità
di SERENA LA ROSA
@lisagialla
IL VOLTO
UMANO
DEI DATI
Due designer decidono di
scambiarsi, per un anno, cartoline
con disegnati i dati delle loro vite. Il
risultato è ora un libro: un’indagine
originale e profonda sulle infinite
facce della personalità
GIORGIA LUPI
WEEK 42
Le risate
38
L INC - L AV ORI IN COR S O
Q
uanto puoi conoscere
una persona soltanto analizzando i suoi dati? Fino nell’intimo
– è la risposta di Dear Data, un
suggestivo data-base epistolare
nato per sfidare la (solo apparente) impersonalità dei dati. Un
passo a due rigoroso e avvincente, risultato di un esperimento –
cognitivo, ma soprattutto umano
– lungo un anno.
Una delle due autrici è Giorgia
Lupi, 35 anni. Italiana di Finale
Emilia, ha studiato architettura
a Ferrara, e completato gli studi
con un PhD in Information Design; quindi ha fondato Accurat,
una società che si occupa di visualizzazione di dati con sedi a
New York e a Milano. Poi un giorno, a Minneapolis, ha incontrato Stefanie Posavec, americana
emigrata a Londra, specializzata
in Communication Design e parimenti appassionata di dati. Insieme hanno scoperto di avere
molto in comune: la vocazione
per la grafica, il talento per la
comunicazione, lo sguardo investigativo dell’expat. “Io e Stefanie
ci eravamo viste di persona solo
due volte, prima di avviare questo progetto”, racconta Giorgia.
“Abbiamo un approccio molto
simile all’elaborazione dei dati,
WEEK 45
Le scuse
più analogico, piuttosto originale
nel nostro campo. Così abbiamo
pensato di sottolineare questo
aspetto, scegliendo di rappresentare le informazioni a mano e con
lentezza”. È stato l’inizio di una
bellissima amicizia.
Per un anno – 52 settimane –
Giorgia e Stefanie si sono scambiate cartoline con disegnati sopra i dati delle loro vite, decidendo
di volta in volta su quali argomenti
concentrarsi “anche a seconda di
quello che avevamo raccolto nei
sette giorni precedenti o di cui
avevamo parlato”. Un’unica regola: dovevano essere dati non
registrabili da dispositivi elettronici. Con l’evolvere del progetto,
il criterio di scelta si è affinato:
“Abbiamo imparato a cercare dati
non solo nelle cose che facciamo,
ma anche nelle parole che usiamo (settimana #37: le parolacce,
ndr), nei pensieri (settimana #13:
i desideri, ndr), nell’ambiente
(settimana #34: gli animali in città, ndr), negli oggetti (settimana
#16: l’armadio, al termine della
quale Giorgia ha buttato quattro
sacchi di vestiti inutili, ndr). Tutto
allo scopo di restituire un profilo
il più possibile articolato di noi e
delle nostre vite”.
Ci sono riuscite. Dear Data
è innanzitutto un libro bello da
vedere, ma anche da leggere; a
caso, per cogliere essenziali mi-
nuzie oppure dall’inizio alla fine,
come fosse un diario. È buffo,
insolito, acuto, emozionante. E
aiuta a considerare i dati parte
integrante della nostra umanità. “Chiunque può cominciare a
“pensare in dati”, mi dice Giorgia
quando le chiedo quali sono le
qualità che servono per fare questo lavoro. “Non sono entità spaventose, non c’è bisogno di chissà quali competenze. Devi solo
imparare a riconoscerli, e poi cominci a vederli dappertutto. Non
solo siamo circondati da dati, ma
li creiamo soltanto vivendo: con
quello che compriamo, con i percorsi che seguiamo, in città o su
internet. Tutto contribuisce alla
traccia che ci lasciamo dietro”.
E in quella traccia – granulare, in continua espansione – c’è
il nostro ritratto. “È come un linguaggio universale, con il quale si
possono raccontare le storie più
intime (settimana #36: contando
le sue indecisioni, Giorgia elabora un lutto, ndr). Le possibilità di
espressione sono limitate, e sei
costretta ad arrivare subito al
punto”. Analizzare i propri dati è
una forma di meditazione, insomma. Un modo nuovo di conoscersi. E diventare un po’ migliori.
WEEK 14
La produttività
L INC - L AV ORI IN COR S O
39
linc
- lavori in cucina
RITORNO AL FUTURO
Expo Milano 2015 ci ha
reso familiari termini
quali idroponica,
nutraceutica, stampanti
3D. Giocando a stilare
una classifica sulle 10
tendenze che cambieranno
il mondo, ecco le
grandi innovazioni in
agricoltura e nell'industria
agroalimentare che
annunciano un ritorno al
futuro in cucina.
di TARSIA TREVISAN
@tarsiatrevisan
C
ome faremo la spesa
(online, tramite app, o i Gas – cioè
i Gruppi di Acquisto Solidali) cosa
mangeremo (insetti, cibo in 3D) e
come coltiveremo la terra tra 10
o 20 anni? Ormai lo abbiamo capito tutti: produrre cibo in modo
efficiente e sostenibile è non solo
possibile, ma necessario. Perché? Aumento della popolazione
mondiale, cambiamenti climatici
e socio-demografici esigono una
maggiore produttività ma con minore impatto per l’ambiente. Ecco
dove e come avverrà questa food
revolution.
40
IN CUCINA
NUTRACEUTICA
Ovvero: curarsi mangiando.
Non solo gluten free, bio & vegan, ma anche insetti e larve (già
ampiamente consumati nei Paesi
Asiatici), meduse (ricche di proteine e collagene) e alghe marine.
Nutriente e con elevate proprietà
antiossidanti, il plancton marino
è non solo perfetto per l’equilibrio
dei mari, ma anche risorsa preziosa per l’organismo umano e per ricette salutari. Come quelle che sta
sperimentando lo chef spagnolo 2
stelle Michelin Angel Leòn. Nessun cibo da fantascienza. Tutto un
nuovo mondo da esplorare.
TRACCIABILITÀ
DAL CAMPO ALLA TAVOLA
Sapere tutto sul pacco di pasta
selezionato o su dove e come la
bottiglia di vino in tavola viene prodotta. Un sogno che si avvera per
allergici o intolleranti. La tecnologia che viene in nostro aiuto: Qr
code e etichette trasparenti (Nfc e
Rfid) li conosciamo già. Ma ci sono
anche i sensori laser o molecolari
portatili… Vincerà chi traccerà ogni
passaggio, dal campo alla tavola.
Viva la trasparenza!
IL PACKAGING INTELLIGENTE
Dicevamo: il packaging deve
trasmettere informazioni. Ma
nell’ottica della lotta agli sprechi
deve anche rispettare le leggi di
un’economia circolare, dove non
L INC - L AV ORI IN COR S O
ci sono rifiuti e l’inquinamento è
ridotto ai minimi termini. Meglio
biodegradabile, quindi. E che riesca anche a conservare meglio il
cibo, allungando così la shelf life.
A vantaggio sia del produttore che
del consumatore. Un sogno impossibile? Lentamente ci stiamo arrivando. E per di più con confezioni
sempre più accattivanti, che aiutano a vendere.
CIBO E DESIGN:
LA STAMPANTE 3D
Se ne parla sempre di più. Ma
la possibilità di stamparsi il proprio
cibo apre frontiere ancora inesplorate. Cosa che stravolgerà interi
processi produttivi, sia a livello industriale che retail: come sta succedendo nel settore fashion, anche
nel food le stampanti 3D si cimenteranno nella creazione di alimenti
(Barilla si è messa alla prova con
la pasta, i fratelli Alemagna con il
cioccolato). Ma anche negli ospedali si potranno creare cibi speciali, per pazienti con determinate patologie. Mentre i ristoranti le
useranno per creare piatti unici.
SMART KITCHEN
Ossia: la tecnologia al posto
tuo in cucina. Il futuro è questo:
gli elettrodomestici – sempre più
intelligenti - parleranno con i dispositivi che indossiamo e ci guideranno nella preparazione dei
piatti. Ma saranno anche collegati
albori, ma alcune
best practice sono già
adottate da molti agricoltori illuminati, che
non potendo coltivare
un loro terreno lo affidano in gestione a qualcuno
(e-farmer). Creare valore
condividendo esperienze o
strumenti è il futuro.
alla rete, per raccogliere
informazioni, fare la spesa, segnalarci prodotti disponibili o in scadenza.
PRECISION COOKING
& NUTRITION
Parola d’ordine sarà: personalizzare. Il cibo sarà qualcosa di cucito addosso. Creato in
base al gusto ma anche sulle nostre esigenze fisico-salutistiche.
Bracciali, orologi, occhiali, cerotti e
altri prodotti wearable ci diranno di
cosa abbiamo bisogno. Allo stesso
modo, visto il legame cibo-salute,
la sensoristica collegata ad app
nelle padelle e nei sistemi di cottura abbatterà i rischi per la salute
(sviluppo di sostanze cancerogene
e mantenimento di proprietà nutrizionali).
AGRICOLTURA
DI PRECISIONE
Nata solo da pochi anni, grazie all’uso di droni, robot, sensori, satelliti, big data e modelli di
calcolo, l’agricoltura di precisione
consente di intervenire in maniera mirata (sulla singola pianta o
parcella di terreno), risparmiando
sull’uso dell’acqua e sull’uso di
pesticidi. Un risparmio economico,
certo, ma anche un vantaggio per
la salute e l’ambiente.
THE INTERNET OF FOOD,
CON L’E-COMMERCE
CONTROLLED ENVIRONMENT
AGRICOLTURE (CEA)
Largo ad App e piattaforme
per contattare la cosiddetta “generazione Y” (i nati tra il 1980 e
il 2000, 13 mln in Italia e 160 in
UE). Se per l'agroalimentare l’ecommerce è lo strumento ideale
per conquistare nuovi mercati, soprattutto all'estero, l'altra grande
sfida riguarda la consegna del cibo
a casa. I Millennials in pochi anni
diventeranno il mercato più interessante per le imprese.
Idroponica, Aeroponica e Acquaponica. 3 tecniche che fanno a
meno del suolo per produrre cibo
in poco spazio: nei supermercati,
ristoranti o mense. Ma anche nei
condomini o singole case. Meno
acqua (fino al 70%), spazio (vertical farming) e nessun pesticida
per rispondere alle sfide del nuovo
Millennio e sfamare una popolazione sempre più inurbata. Solo
un esempio: l’Arabia Saudita ha
annunciato che investirà nei
prossimi 15 anni circa $8 mld in
queste tecniche. Il cibo, insomma, come il nuovo petrolio. In
termini economici, ma anche
geopolitici.
SHARING ECONOMY
E L’AGRICOLTORE 4.0
Lo spreco di cibo vale miliardi.
Esistono però soluzioni che mettono in contatto chi ha prodotti
in scadenza con chi vuole risparmiare o riutilizzare. Un mondo agli
L INC - L AV ORI IN COR S O
41
inside out
di ELENA GELOSA
Direttore Marketing
e Comunicazione
ManpowerGroup Italia
@ElenaGelosa
L’ONDA PERFETTA
DEI BIG DATA
Mondo Fisico e Mondo Digitale interagiscono sempre di più fra loro ma quello che
resta di fondamentale importanza sono le Persone. Grazie ai Big Data i brand possono
progettare servizi Customer Centrici scoprendo nuovi valori (e nuovi processi)
O
gni ora Walmart gestisce più
di 1 milione di transazioni e
Google elabora 20 milioni di
gigabyte di dati.
Ogni minuto Instagram filtra 216
mila foto e Facebook genera 1,8 milioni di nuovi Like. È la rivoluzione dei
Big Data che impatta profondamente molti aspetti della nostra vita fra i
quali il mondo del lavoro.
La prima conseguenza dell’era
dei Big Data è la nascita di nuove
professioni. Negli Stati Uniti “mancano” 1.000.000 di specialisti fra Data
Analyst, Data Scientist Modeler,
Data Engineer, Big Data Architect
e Big Data Developer. Senza questi
professionisti le enormi quantità di
dati, si parla in gergo di “data lake”
ovvero laghi di dati accumulati nelle “server farm”, non hanno valore,
non possono essere gestiti e utilizzati in alcun modo
Ma i Big Data stanno rivoluzionando anche il modo in cui lavoriamo grazie alla loro fondamentale
caratteristica che è la possibilità di
prevedere con grande accuratezza
il verificarsi di determinati eventi. In
pratica, analizzando enormi moli di
dati si possono individuare delle correlazioni di causa effetto molto specifiche e “forti” che consentono poi
di predire statisticamente un certo
42
effetto o evento al verificarsi delle
cause identificate. Allo stesso modo,
analizzando i dati degli ultimi 30 anni
o 50 anni di serie storiche si possono individuare dei trend di eventi che
possono poi essere proiettati nel futuro consentendo di prevedere cosa
succederà in un determinato momento.
Ma non solo, i Big Data consentono anche di ottenere informazioni
e prendere decisioni in tempo reale. Un esempio, attraverso i servizi
di geolocalizzazione della telefonia mobile, un’azienda può sapere
in tempo reale la presenza in uno
specifico negozio di uno specifico
individuo e, analizzando i suoi dati
di spesa-consumo-reddito-comportamento, può creare una proposta o
promozione in tempo reale inviarla
al cellulare della persona mentre è
in corso l’atto di scelta e acquisto.
“
I Big Data consentono
di prendere decisioni in
tempo reale. Ma danno
anche la possibilità
di prevedere con
accuratezza il verificarsi
di determinati eventi
L INC - L AV ORI IN COR S O
Siamo nell’era del Marketing
Automation dove email marketing,
social management, programmi di
loyalty personalizzati, sistemi di pagamento digitali e couponing portanto alla Customer Centricity ovvero
quella che potremmo definire come
la prima vera “personalizzazione di
massa”.
Nel 2011 Netflix ha deciso di
provare a produrre internamente
delle serie TV che potessero andare incontro alle aspettative e ai gusti
dei propri abbonati. Per fare questo
Netflix ha sfruttato l’immensa mole
di dati a disposizione riguardanti gli
utenti della piattaforma: programmi
più visti, tipologie di format più gradite, orari e giorni della settimana con
audience più elevati, scene più riviste, ecc. I risultati hanno ispirato gli
sceneggiatori a produrre “House of
Cards” e “Orange is the new black”.
Non solo quindi una questione
di velocità quanto, di approccio. Il
Marketing dovrà infatti sempre più
soddisfare i bisogni dei consumatori prima che gli stessi consumatori
abbiano bisogno di quel determinato
prodotto o servizio.
Tutto grazie ai loro, ai nostri dati.
Come direbbe Frank J. Underwood,
non siamo niente di più di quello che
scegliamo di rivelare.
human age institute
DI CARLO ALBERTO
CARNEVALE MAFFÈ
@carloalberto
LA RICCHEZZA
DELLE NOZIONI
“
“Se anche parlassi tutte le lingue degli uomini e conoscessi tutti i misteri e tutta la
scienza, e non avessi rispetto per gli altri, sarei come un bronzo che risuona o un
cembalo che tintinna” (1 Cor. 13,1-2)
A
dam Smith, oggi, potrebbe
scrivere “La Ricchezza delle Nozioni”. Per chiarire che
lo sviluppo economico non deriva
dalla quantità di dati grezzi a disposizione, ovvero da quanto “Big”
siano i “Data”, ma dalla divisione
del lavoro intellettuale in grado di
estrarne valore aggiunto, tramite
l’organizzazione d’impresa e il libero
scambio. Perché i Big Data di oggi
sono da molti interpretati come la
disponibilità di terra e di risorse naturali nel Settecento, ovvero oggetto
di contesa per il controllo. Smith, a
suo tempo, spiegò che, al contrario,
la vera ricchezza delle nazioni non
dipendeva principalmente dalle risorse naturali o dai metalli preziosi,
come ritenevano i mercantilisti, né
era generata solo dalla terra, l'unica
risorsa che per i fisiocratici dell’epoca fosse capace di garantire un surplus di valore, bensì dalla capacità
produttiva derivante dalla “divisione
del lavoro”.
Gli odierni mercantilisti e fisiocratici del Dato – spesso incarnati,
sotto forme diverse, da occhiute
autorità per il controllo burocratico
delle informazioni – sono ancora
convinti che la ricchezza – e quindi
il potere – sia determinato dal controllo. E del controllo del Dato – della
sua proprietà, difesa e protezione –
hanno talvolta una vera ossessione.
Hanno torto: la ricchezza è di chi sa
organizzare il lavoro intellettuale di
esplorazione e sfruttamento di quel
dato. Lo sviluppo economico deve
molto di più alla “mano invisibile digitale” delle migliaia di applicazioni
software immesse sul mercato da
imprenditori dell’innovazione, di
quanto sia influenzato dalle norme
di protezione e conservazione prodotte a profusione dalle moderne
Fisioburocrazie del Dato.
Ovvio che, come ha magistralmente spiegato Herbert Simon, in
un mondo di Big Data, l’abbondanza
di informazioni significhi una carenza relativa di qualcosa d'altro: ovvero
la scarsità di ciò che viene “consumato” dalle informazioni: l'attenzione dei suoi utilizzatori. Proprio dalla
strutturale limitatezza dell’attenzione umana, vincolata da tempo, biologia e capacità naturali, nasce il
paradosso di Simon: la ricchezza
delle informazioni crea una povertà
relativa di attenzione, quindi la necessità di allocare in modo efficiente l'attenzione scarsa nel contesto
della sovrabbondanza di dati che la
“consumano”.
Sempre da Herbert Simon ci
giunge quindi l’approccio più cor-
La ricchezza è di chi
sa organizzare
il lavoro intellettuale
retto, umile e insieme affascinante,
della sfida verso i Big Data: l’uso di
logiche euristiche per prendere decisioni, invece di adottare rigide regole di ottimizzazione. È il pendolo
tra “exploration” ed “exploitation”
delle informazioni. La comprensione, l'analisi, l'imitazione, lo scambio e il confronto, l’innovazione dei
metodi e delle tecnologie di elaborazione sono il risultato di un dinamico equilibrio fra esplorazione e
sfruttamento dei Big Data. L'essenza dell'”exploitation” è il continuo
affinamento marginale delle competenze esistenti; l'essenza dell'”exploration” è la sperimentazione
di nuove opzioni.
Lo scambio di Big Data, quindi,
non è un gioco a somma zero. Se
correttamente intesi ed esposti in
logica aperta, i Big Data sono bene
“non rivale” e “non esclusivo”, quindi
diventano “public good”, bene comune, come la sicurezza nazionale o la
qualità dell’aria. La distinzione vera
non è quindi tra scettici e ottimisti,
ma tra cooperatori e opportunisti, tra
costruttori e “free riders”.
43
l’inchiostro
di FEDERICO BACCOMO
DUCHESNE*
@FedericoBaccomo
SODDISFATTI AL 100%
(O QUASI)
F
inalmente. Mario aspetta questo momento da un paio di
mesi, da quel primo sguardo
rubato all’uscita dalla sala riunioni. Gemma era bellissima, con una
gonna lunga e lo sguardo acceso
dall’assunzione. Due mesi di corteggiamento e ora Gemma è davanti
a lui che legge il menu in un piccolo ristorante thailandese. Mario è
felice e agitato. “Tutto bene?”, dice
Gemma. “Tutto bene”, dice Mario,
e pigia un tasto sul microscopico
auricolare wi-fi. Comincia da un
complimento all’abito, dice la voce
nell’orecchio. Mario dice: “Molto
bello quell’abito.” Gemma sorride:
“Piace molto anche a me, era di mia
nonna.” Chiedile di sua nonna.
Mario dice: “Sei molto legata
a tua nonna?”. Gemma annuisce
e si adombra un po’: “È andata via
un paio di anni fa”. Alleggerire immediatamente con battuta su contesto ambientale. Mario si avvicina
e sussurra: “Quei lampadari non ti
ricordano un po’ le orecchie di Gallese?”. Gemma trattiene una risatina: “Allora non sono l’unica ad avere
notato che ha delle orecchie strane?” Dì: “Fossero solo le orecchie“.
Mario dice: “Fossero solo le orecchie”. Gemma fa un’altra risatina e
lo guarda con una strana luce negli
occhi, sintonia, complicità. Mario
pensa a tutte le storie che ha fatto
prima di sborsare quegli 800 euro.
E invece guarda qua: una app fenomenale. Tutto come nella pubblici-
44
tà: “Vuoi conquistare l’amore della
vita? Ecco la soluzione che fa per
te: DonGiovanni3000!!! Il primo GPS
sentimentale progettato per guidarti
alla conquista del partner. Elaborazione segnali in tempo reale! Oltre
1600 routine colloquiali! Innovativa
tecnologia Flirting™! Presto disponibile anche nei pacchetti Casual
Meeting, Speciale Coppie Sposate e
Platonic On Top! (Convenzione con
i principali hotel, motel, pensioni e b&b inclusa)”. Mario annuisce
soddisfatto e sistema l’auricolare.
“Chiedile che vino preferisce“, dice
la voce. Subito, pensa Mario e dice:
“Che cosa ti va di bere?”. Ho detto
che vino preferisce! Mario si corregge: “Che vino preferisci?”. Gemma
risponde: “Per me niente vino, grazie.” Chiediglielo di nuovo. “Dai, che
vino vuoi bere?”. Gemma dice: “Sul
*SCRITTORE, EX AVVOCATO,
È AUTORE DI “STUDIO LEGALE”
E “LA GENTE CHE STA BENE”
L INC - L AV ORI IN COR S O
serio, preferisco non bere, sono in
macchina.” Bianco o rosso? Mario
chiede: “Bianco o rosso?” Gemma
dice: “Mi stai prendendo in giro? Ti
ho detto che non voglio bere”. Ordina un Cabernet Sauvignon. Mario
ferma un cameriere e dice: “Un Cabernet Sauvignon per cominciare”.
Gemma lo guarda storto e dice: “Ma
allora sei scemo? Ti dico una cosa e
te ne freghi?”. La voce nell’orecchio
dice: “Il 78,2% delle donne apprezzano sempre un buon rosso“. Mario
si stringe nelle spalle e dice: “Al 78%
delle donne sembra che piaccia”. “A
me non piace, e allora?”. Più tardi,
mentre Mario e Gemma, alla luce
bassa di una vetrina di casalinghi, si
scambiano il primo bacio, da un cestino della spazzatura lì vicino sale
lieve una voce: “Clicca 1 per l’opzione
'Frasi introduttive al bacio', clicca 2
per l’opzione 'Lingua guidata', clicca
3 per l’opzione 'Scusa non so che mi
è preso'. DonGiovanni3000, insieme,
verso la meta!“
mordi e fuggi
I CONSIGLI PER L'AUTUNNO
di EDOARDO CALCAGNO
@edoardocalcagno
Il mondo può essere rappresentato con numeri e lettere? Nel cult movie Matrix ne erano convinti e avevano
ragione: oggi in due giorni vengono raccolte, catalogate ed elaborate più informazioni di quelle raccolte dalla
nascita del mondo fino al 2003. Ecco qualche risvolto pratico nella quotidianità
A BITE OF…
A BITE OF…
A BITE OF…
BOOK
APP
Raccogliere un'enorme quantità di
dati non serve a niente se poi non
sappiamo analizzarli e leggerli. Se
cerchiamo qualcosa di più delle
informazioni che ci danno gli smart
watch possiamo scaricare sul
telefonino Tableau, un vero e proprio
elaboratore di dati sulle abitudini
degli utenti. Per confrontare la nostra
quotidianità con il resto
del mondo senza scordare che la
stiamo mettendo in piazza, anche se
in forma anonima ovviamente.
SPORT
Con i Big Data la statistica è solo
un ricordo. Sulle figurine degli anni
80-90 c’era la storia professionale del
tuo eroe sportivo. Oggi nei videogiochi
c’è la la personalità dei giocatori.
Una volta gli allenatori sapevano
quanto aveva corso la squadra,
oggi sa come ha corso e dove ha
perso inutilmente energie. Durante
gli Europei di calcio la Germania
utilizzava un sofisticato elaboratore
di dati per battere e parare i rigori…
L’Italia è stata eliminata dai Big Data?
ESCAPE TO…
ESCAPE TO…
ESCAPE TO...
THE THEATER
WORK
THE ARTIST
Nel libro Big Data gli autori Viktor
Mayer-Schönberger e Kenneth Cukier
affrontano in modo accessibile le
prospettive e i rischi della raccolta e
dell’utilizzo dei “grandi dati”. Da un
lato si possono elaborare risposte
straordinariamente precise sul mondo
che ci circonda. Sull’ altro lato della
medaglia c’è l’utilizzo da parte di
aziende e istituzioni che sfruttano
informazioni sulle nostre vite.
A voi la scelta: fare o non fare like sui
social network?
Volete capire cosa sono e a cosa servono
i Big Data in poco meno di un’ora? Il
film The Human Face of Big Data vi
spiegherà tutto. Come state creando
informazioni, come vengono raccolte,
elaborate e riutilizzate per migliorare
servizi e vita quotidiana. Dopo aver visto
questo film-documentario vi si aprirà un
mondo nuovo e anche fare un semplice
bancomat non sarà più la stessa cosa.
La domanda è sempre la stessa, servizi
perfettamente personalizzati o privacy?
Il salario medio negli Usa è di 124mila
dollari, ci sono oltre 26mila posti ancora
vacanti e la richiesta di queste figure
nel mondo del lavoro è aumentato di
quasi 800% rispetto al 2015. Come avrete
intuito stiamo parlando dei “lavoratori
di big data”. Non solo analisti ma
anche marketing manager, ricercatori
e, ovviamente, programmatori. Avere
dimestichezza con i big data, secondo le
analisi di Forbes, aumentano le chance
di essere assunti del 25%.
L INC - L AV ORI IN COR S O
Siete artisti in cerca d’ispirazione? Ecco a
voi il Gusto dell’arte, si con la G maiuscola.
Lo studio di Curalytics ha analizzato le
abitudini e le preferenze degli utenti del
sito Curiator, molto famoso tra gli addetti
ai lavori, delineando un quadro chiaro
e definito su cosa piace e cosa no. Ha
identificato i gruppi di gusto e visualizzato
le connessioni. Ora gli artisti non possono
più lamentarsi di non essere capiti, la
creatività ha un orientamento estetico ben
definito, almeno secondo i Big Data.
45
il succo del discorso
di GIUSEPPE DI TARANTO
Professore ordinario
di Storia dell’economia
e dell’impresa,
Luiss Guido Carli
IL FUTURO È GIÀ IN AZIENDA
L
'Information and Communication Technology ha provocato
un'accelerazione dei processi produttivi atti a incrementare la
competitività. Il mercato globalizzato, infatti, è lo scenario dove si
confrontano i Paesi first movers,
protagonisti delle prime tre rivoluzioni industriali e ormai specializzati nell' economia dell'innovazione, e quelli emergenti, dediti
all'economia della produzione. La
rivoluzione 4.0 - cioè l'intero processo di digitalizzazione di una
manifattura attraverso Internet
delle cose e dei servizi, nanotecnologie, cloud computing, macchine
intelligenti e la produzione additiva
- consentirà la realizzazione di un
vera e propria fabbrica “vivente” nel
cyberspazio. Tutto ciò, però, sarà
possibile solo attraverso i Big Data,
cioè la più ampia disponibilità di informazioni in grado di trasformarsi
in una vera e propria rete connettiva, il cui risultato sarà un rilevante
aumento del valore d'impresa e di
prodotto e una forte riduzione dei
“
costi. Una recente indagine svolta
sul settore metalmeccanico italiano ha mostrato che la fabbrica 4.0,
di cui i Big Data sono elemento imprescindibile, è in grado di aumentare la produttività totale dei fattori,
di sviluppare forme diverse di business, di collocare il prodotto in una
gamma più elevata. La infoeconomics, la scienza che studia i dati,
si sta ora interessando anche ai
topic data - anonimi e in forma aggregati - particolarmente utili per
conoscere le intenzioni di acquisto
dei consumatori, e agli small data,
sempre più usati nel management
aziendale.
Per queste ragioni, la LUISS ha
istituito il centro di ricerca X.ITE,
la cui mission è di sviluppare una
nuova e più profonda conoscenza
(Insight) applicando le tante opportunità che la tecnologia offre
(Technology Enhanced). Uno sforzo
di ricerca e comprensione che, ed è
questa la sfida peculiare dei ricercatori della LUISS, deve indirizzarsi
sempre più verso fenomeni ignoti
I sistemi di small e big data analysis
sono il cuore delle competenze del centro
X.ITE, creato da LUISS per cogliere le
opportunità che tecnologia e flussi informatici
mettono oggi a disposizione
46
L INC - L AV ORI IN COR S O
“
La fabbrica 4.0
è in grado di
aumentare la
produttività totale
dei fattori,
di sviluppare forme
diverse di business,
di collocare
il prodotto in una
gamma più elevata
(X), che vedono in azione cittadini
(dei quali si comprendono sempre
meno le scelte politiche e la mutevolezza dei comportamenti di voto),
dei consumatori (ormai veri e propri zelig di difficile classificazione
e segmentazione), di famiglie e di
altre organizzazioni sociali. I sistemi di small e big data analysis
sono il core delle competenze del
centro, che si avvale di una rete di
econometrici e data scientist, linguisti computazionali, psicologi,
antropologi e neuro scienziati, fino
a esperti di intelligenza artificiale
e “machine learning”, una nuova
area disciplinare del mondo dello
IoT (Internet of Thing)
Big data significa, in ultima
analisi, conoscenza e perciò vivere
il futuro già oggi.
in rete
di JACOPO MELE
@guedado
UN AIUTO IN PIÙ DURANTE
LE CALAMITÀ NATURALI
E
ra l’ottobre 2012 e mi trovavo a
Lugano per l’annuale UX Conference. Uno degli interventi
illustrava una piattaforma che monitora gli spostamenti delle persone
all’interno della città di Ginevra.
Ho pensato all’Italia, ai problemi
dettati dal rischio sismico e vulcanico, e ho provato a calcolare il numero
di vite che sarebbe possibile salvare
con delle mappe simili, usate però in
maniera dinamica.
La domanda che mi girava e rigirava in testa, quindi, era: i big data
possono aiutare a calcolare percorsi di evacuazione in caso di disastro
naturale? è possibile creare un’applicazione in grado di fronteggiare il
pericolo attraverso attività di analisi
e comunicazione in tempo reale? La
risposta è sì.
Ho lavorato allo sviluppo di questo problema per otto mesi. Trovata
una prima soluzione, ho coinvolto
otto diverse figure del mondo digitale
per formare un team estremamente
eterogeneo composto da professionisti nei quali ripongo massima
stima e fiducia. Accomunati dalla
convinzione che le soluzioni tecnologiche con un impatto sociale positivo non debbano dipendere soltanto
dalla disponibilità di denaro, abbiamo dato vita a una Fondazione che
supporta progetti tecnofilantropici
partendo dal capitale umano: Homo
ex Machina. Il nostro motto è think
human, act digital.
Oltre ai soci fondatori, la Fondazione conta 80 volontari. I più giovani,
Pasquale e Riccardo, hanno 16 e 17
anni. La presenza di giovanissimi ci
riempie d’orgoglio, tra i nostri obiettivi infatti l’educazione delle nuove
generazioni alla lettura dei dati per
risolvere dilemmi etici. Guidati dal
project leader Gianni Cuozzo, abbiamo lavorato per creare ScApp:
un’intelligenza artificiale capace di
gestire e coordinare in tempo reale
i flussi di persone esposte a disastri
naturali, di natura sismica e vulcanica. ScApp impara la tua città e in
caso di emergenza ti guida al posto
più sicuro, nel modo più sicuro, tenendoti in contatto con i tuoi cari ed
i soccorsi.
Il punto di raccolta viene rical-
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colato in tempo reale, in maniera
dinamica, per bilanciare i flussi di
persone ed evitare di esporle a rischi. I percorsi di evacuazione sono
personalizzati sulla posizione di ciascun utente, e vengono ottimizzati e
comunicati ogni due secondi in risposta al comportamento dell’utente e all’insorgere di imprevisti. Oggi
la tecnologia e i big data ci offrono
una macchina adattiva e non invasiva, che lavora in background e può
entrare in azione già dopo 10 minuti
dal segnale d’allarme.
Nell’era del pensiero datadriven,
è fondamentale valorizzare i dati che
possono portare un contributo positivo alla nostra società. Allo stesso
modo, è necessario che le policy in
materia di privacy siano allineate al
progresso della tecnologia.
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link
Cittadini al voto: si vince
anche con i Big Data?
Il ruolo dell’elaborazione dei Big
Data nel voto dei cittadini, tra le
Presidenziali Usa e il referendum
costituzionale in Italia.
La “realtà aumentata”,
dai Pokemon agli occhiali
intelligenti
UN GIORNALE
TUTTO NUOVO
Un sito tutto nuovo, online dal 14
marzo di quest’anno, nel quale
potrete scaricare anche i magazine
nella sezione dedicata, previa
registrazione. Dal 10 ottobre sarà
online anche il numero che state
sfogliando, “I Big Data nella
Human Age 2.0”, e troverete
approfondimenti, interviste,
video, fotogallery e inchieste sulla
cultura e sul mondo del lavoro
che cambia. Tutto organizzato in
4 diverse sezioni: Trend&Data,
Talent&Automation, Mindfulness
e People. Più uno spazio dedicato
ai blog.
A caccia di Pokemon, per gioco.
Ma non solo. Ecco come la “realtà
aumentata” si fa strada nella vita
quotidiana e nelle aziende, che
studiano nuovi prodotti: dagli
occhiali “intelligenti” alle mappe
virtuali.
Il lavoro che cambia visto
da Ginevra
Leadership, cambiamento e
carriera: intervista a Paolo
Gallo, responsabile delle Human
Resourses e componente
dell’Executive Committee del
World Economic Forum di Ginevra.
Come lavora e quali obiettivi
ha il gruppo di lavoro sui Big
Data istituito dal Ministro
Stefania Giannini al dicastero
dell’Istruzione, che a fine luglio ha
presentato il primo rapporto su
scuola, università e analisi delle
informazioni.
I SONDAGGI
Ogni mercoledì LINC
vi propone una diversa domanda
chiusa, su un tema che
percorrà come un filo rosso
l’arco di diverse settimane, per
concludersi l’ultimo mercoledì
con l’elaborazione del sondaggio.
Un’idea nuova per
rendervi partecipi e attori
di lincmagazine.it,
NEXT ONLINE
Per avere un assaggio dei
prossimi mesi, ecco qualche
anticipazione di quel che
potrete trovare online nelle
prossime settimane.
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Scuola, università e Big
Data
in un ideale dialogo costante
con la redazione.
Questa volta vi chiederemo la
vostra sul tema dei Big Data
nel lavoro e nella vita.
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III
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