FRANCESCO BOSSI - Benedetto XIII

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FRANCESCO BOSSI - Benedetto XIII
FRANCESCO BOSSI
ed il suo periodo a Gravina
1568 - 1574
Seconda parte
Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi
Nel mese di dicembre è informato di un attentato ai danni del suo protettore1 accaduto nel passato mese di
ottobre. Per questo immediatamente gli scrive una missiva rallegrandosi per lo scampato pericolo:
Illustrissimo e reverendissimo signore mio colendissimo.
Avendo inteso la nuova dell’archibugio sparato contro di V.S. illustrissima non mi sono troppo meravigliato, sebbene
par cosa degna di meraviglia, e di stupore, che si sia trovata persona di tanta malvagità, e ardire, che abbia pensato
di offenderla in sì fatta maniera perché so che il demonio per sé stesso, e col mezzo dei seguaci suoi, tende
continuamente insidie, e all’anima, e al corpo dei pari di V.S. illustrissima per levare il bene che da loro nasce in stessi,
e negli altri, ma ben mi sono allegrato senza fine, che il Signore Iddio l’abbia custodita, e servato a questo tempo,
come già fece il predecessore S. Ambrogio dalle insidie, e dalla forza della Regina Giustina, è questo mi pare che
sia stato un sigillo delle azioni di V.S. illustrissima specialmente sapendosi come ella si sia governata, in qual punto, e
di più il che può servire per esempio a male (?) altri, seppure vi è chi basti a imitar la perfezione a cui ella è giunta.
Mi allegro poi anche con la patria nostra che più lungamente potrà godere il frutto che le viene dalle rare qualità, e
singolari di V.S. illustrissima. Io non so che far altro, se non pregare il Signore Dio che la conservi lungamente a
beneficio di quel popolo e della cristianità tutta, e particolarmente dei vescovi, quali i lei come in chiarissimo
specchio possono aver certa forma, e modo, di ben governare se stessi, e suoi greggi, e a V.S. illustrissima umilmente
bacio la mano, e nella sua buona grazia mi raccomando.
Di Gravina il 17 dicembre 1569
Di V.S. illustrissima e reverendissima
umilissimo e obbligatissimo servitore Francesco vescovo di Gravina.
Attentato a Carlo Borromeo in una
stampa d’epoca
1
,
Per ordine del papa Pio V, Borromeo, procedette alla riforma del potente ordine religioso degli Umiliati le cui idee si erano distanziate dalla Chiesa cattolica
approssimandosi verso posizioni protestanti e calviniste. Quattro membri di quest'ordine attentarono alla sua vita. Uno di loro, Gerolamo Donati, detto il Farina, gli sparò
un colpo di archibugio nella schiena il 22 ottobre 1569, mentre Carlo Borromeo era inginocchiato a pregare nella cappella dell'arcivescovado. Il colpo lo ferì solo
leggermente e in ciò si vide un evento miracoloso. Carlo perdonò e non avrebbe voluto che i suoi attentatori fossero perseguiti, ma le autorità civili e un inquisitore inviato
a Milano da papa Pio V procedettero secondo le leggi civili ed ecclesiastiche. Quattro responsabili dell'attentato alla sua vita furono arrestati e giustiziati secondo le leggi
in vigore. L'ordine degli Umiliati fu soppresso e i beni furono devoluti ad altri ordini.
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Nel 1570 continua il dialogo epistolare con il Borromeo. Questa volta gli comunica il dispiacere provato, dopo
che alcuni componenti della sua famiglia si erano opposti ad una Visita che egli avrebbe dovuto effettuare:
Illustrissimo e reverendissimo signore e padrone mio colendissimo.
Questi mesi passati quando intesi il caso occorso al tempo che V.S. illustrissima voleva far la Visita della chiesa di S.
Maria della Scala presi grandissimo dispiacere, che si Trovassero persone nella patria di Milano che avessero ardire di
opporsi violentemente A V.S. illustrissima, e alle buone e sane azioni sue, ma questi giorni mi è stato scritto da alcuni
parenti, e amici miei, che per principale di quest’eccesso sono nominati due figlioli di messer Gio. Ambrogio Bossi il
canonico e un altro. Il che ha cresciuto in gran maniera il mio dispiacere, considerando che persone della mia
famiglia a lei tanto obbligata per tanti rispetti, non solo siano concorsi con gli altri, a non di che dire, ma anche
siano notati come principali al contrasto, e alla violenza che le fu fatta, e che persone e quello che le servono nella
corte archiepiscopale, e che sono obbligate per ogni rispetto a servirla particolarmente in ogni cosa, , ma quando
poi vada pensando che la cosa è fatta, e che V.S. illustrissima ha in sua mano di poterli severamente castigare, come
meritano, e come a lei piace, e che essi si sono …. Dell’errore loro, e ne sono sopra modo pentiti, e dolenti, mi
avvedo chiaramente che tutto ciò è successo per divina disposizione, acciò il signor Osio ne resti più lontano, e V.S.
illustrissima più stimata e riverita; e i malvagi e cattivi più confusi e abbattuti, e che in un medesimo tempo, ella abbia
larga occasione d’esercitare non solo la giustizia, ma anche la misericordia tanto propria del principe, del Prelato e
di lei stesso e di ridare a buone e e sicura vita, chi camminava … fuori del dritto sentiero, Dalle quali cose mosso,
e anche spenti dalli giusti prieghi, e anche dalle lacrime di molti miei parenti e amici, e particolarmente dal quel
povero vecchio di messer Gio. Ambrogio, carico di anni, e gravato di molti figlioli, e da alcune femmine da marito,
vengo a supplicar V.S. illustrissima con ogni sorte d’umiltà e efficacia, che per la misericordia di Gesù Cristo signor
nostro, resti servita di restituire queste pecorelle al suo gregge, il canonico alla sua chiesa, e i figlioli la padre; e
insieme si degni provvedere che una famiglia tutta, che non ha però tutta peccato in questo, non resti rovinata, per le
leggerezza di due giovani sedotti (come intendo) da chi credevansi che bene, e prudentemente li consigliasse; ma
quello che anche più importa V.S. illustrissima …, che veramente cristiano atto di perdonare a questi giovani, non
solo di restituire l’onore, e la roba, ma anche rimediare con perdano l’anima, anzi le torrà dalle mani del lupo
infernale, e le ritornerà al nostro vero Signore perché questa tribolazione gli ha pur illustrato un poco l’intelletto,
che era offuscato .. ch era corrotta e ora chiamano misericordia, prefatati ad ogni … degli errori passati; però
si può dire che siano appunto quelli dei quali oggi ragiona il Salvatore nell’evangelio che gridavano Pater peccavimus,
in cclum, , et costante non sumus dignus vocati filii tui. Onde è ben ragione che V.S. illustrissima che abbonda di tante
benignità e che ha tanto zelo della salute delle anime, come pietoso padre li abbracci con misericordia acciò si
possa anche in loro notificare ….. Il che tornerà anche a infinita consolazione e maggior gloria di V.S. illustrissima.
E io per i soliti rispetti, e altri ancora l’avrò a tanta grazia, che maggiore non ne potrei ricevere in persona mia
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propria, e gliene resterò con obbligo d’eterna memoria. E con questo fine a V.S. illustrissima bacio umilmente la mano
e me le raccomando in grazia.
Di Gravina febbraio 1570
Di V.S. illustrissima e reverendissima
Umilissimo e obbligatissimo
Servitore Francesco vescovo di Gravina.
Nel aprile del 1570, mons. Bossi, in qualità di delegato pontificio della città di Altamura nella Diocesi di
Gravina, redige e sottoscrive tutti gli atti relativi alla fondazione, in quella città, del Monastero di monache
sotto la regola di Santa Chiara, in virtù di un Breve Apostolico di Pio V.
1570 Gravina
Atto di fondazione Monastero Santa Chiara in Altamura
Gravina, Archivio Unico Diocesano
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Con buona probabilità di quest’anno è anche l’istituzione della Confraternita della SS. Carità o SS. Nome di
Gesù nella chiesa Cattedrale.
Nel clima natalizio 1570, il 28 dicembre, attorniato dai frati cappuccini e presbiteri secolari, mons. Francesco
presenzia al rito di benedizione della prima pietra della nuova chiesa di Santa Maria della Consolazione, detta
anche della Resurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo2, adiacente al nuovo convento, sorto dopo che gli
stessi cappuccini abbandonarono l’antico sito di Coluni.
Probabilmente nel 1570 sono completati i lavori alla nuova chiesa di San Giovanni Evangelista, a spese della
famiglia Morra. Tale chiesa andò a sostituire diverse chiese ubicate in grotte umide e fatiscenti. Per il
crescente numero della popolazione divenne parrocchia.
Chiesa San Giovanni Evangelista esterno in una foto d’epoca
Inizialmente i rapporti di mons. Vescovo con la famiglia Orsini erano abbastanza cordiali. Borromeo, a
proposito di Virginia Feltria Della Rovere, duchessa di Gravina3 (Urbino 17.IX.1544 - Gravina 2 gennaio 1571),
scrive:
2
3
Oggi è chiamata San Felice
Moglie di Ferdinando II Orsini (Gravina 1538- Roma 1589). Ebbe come primo marito Federico Borromeo, principe di Oria, duca di Camerino.
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Illustrissimo e reverendissimo signore e padrone mio colendissimo.
Venerdì che fu allì 29 del passato l’illustrissima signora donna Virginia Duchessa qua di Gravina, partorì una figliola
che ebbe il battesimo e morì subito. E la signora donna Virginia per due o tre giorni seguenti stette assai male, e poi
incominciò a patir dei dolori, or poco, or molto ma l’ultimo giorno dell’anno pareva che si sentisse meglio, e non si
temendo punto di quel successe, la notte s’aggravò molto forte, e io intendendo il pericolo in che si trovava, andai
subito a lei e la confessai, e comunicai di mia mano, e le feci dar l’estrema unzione e le raccomandai l’anima, e
come piacque al Signor Dio, nel far del giorno, passò dalla presente vita, con una quiete incredibile, mostrando in
tutto quel tempo, che le fui appresso, tanto dolore delle offese fatte a Dio, e tanta rassegnazione nel volere di Sia
Divina Maestà che io ne restai sommamente edificato; e non si vide segno alcuno, che le dispiacesse il morire, né di
lasciare cosa di questo mondo, con tutto, che si temesse fermamente per morta; e avendo chiamato il signor duca
poco prima, che chiudesse gli occhi, non gli parlò punto di cose della carne, ma lo esortò con gran spirito e gran
prudenza a vivere bene, e nel timore di Dio, e a governare i suoi vassalli con carità, e amore, e le ultime parole, che
disse, furono queste. In manu tua Domine commenso spiritum meum, di modo che mi pare di poter ragionevolmente
sperare che sia andata in luogo di salute, di che mi è parso di darne minuto avviso a V.S. illustrissima per debito mio, e
anche persuadendomi, che ella sia per averne consolazione particolare, per l’affezione che le portava e per
l’osservanza che questa signora teneva verso V.S. illustrissima, di io ne sono appieno informato; e ne le posso render
sicuro testimonio e ella lo conoscerà molto bene, dalla memoria che ha tenuta di lei nel suo testamento, come ne
l’informerà meglio mons. Bonomo a cui ne scrivo più a lungo. E a V.S. illustrissima bacio umilmente la mano e me le
raccomando in grazia.
Di Gravina 3 gennaio 1571
Di V.S. illustrissima e reverendissima
umilissimo e obbligatissimo
servitore Francesco vescovo di Gravina.
Per il testamento della duchessa di Gravina vi furono dei dissidi tra gli Orsini e i Della Rovere. Lo evidenzia lo
stesso Bossi in una lettera al cardinal Bonomo:
La signora donna Virginia fece il suo testamento chiuso all’usanza di questi paesi e ordinò che non si aprisse salvo
che ad istanza del signor duca suo padre il notaio è di Bari. Io farò opera per vedere se vorrà dar copia del legato,
e a che presto o poi ne avviserò V.S. Il signor duca di Gravina ebbe la dote e ora pretende gli interessi d’una parte,
che è cosa, e altre cose anche pretende sopra le quali ne è lite in Napoli, e ritiene in mano le gioie, e altri monili
della signora donna Virginia che possono valere 30 mila ducati in circa, ma gli agenti del signor duca d’Urbino
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pensano di riaverle presto con dar sicurtà di star a ragione e di più dicono, che non vale il testamento fatto dalla
signora donna Virginia perché era in podestà del padre, in modo che io non credo, che il duca di Urbino sia per dar
notizia di quel legato al cardinale (?) nemmeno per pagarlo così facilmente ma io credo, che il duca di Gravina
aprire il testamento per via di giustizia e in quel caso io procurerò di averne copia semplice per mandarla al
cardinale.
Francesco vescovo di Gravina.
In quest’anno gli è affidato l’incarico, in qualità di delegato apostolico, di visitatore a Rutigliano (BA) per
problemi che riguardano il concubinato e la frequenza di alcuni chierici con donne immorali e la pratica di
simonia dell’arciprete.
Chiede informazioni contro il capitano della Curia Laicale che aveva arrestato e carcerato Giacomo
Quartarella, servo del vescovo, e sull’esenzione di Antonio de Morsello in qualità di servitore dello stesso
vescovo.
Nella Visita ai conventuali francescani riscontra delle anomalie che riporta in una missiva al cardinale
Bonomo:
Ringrazio V.S. del pensiero che ha tenuto per conto di quei terzaroli, e poiché mons. ill.mo … nostro disegna,
come ella scrisse, di mandarmi una patente da poterli visitare, correggere, e castigare, crederei, che fosse molto a
proposito, che il medesimo facesse di tutti i frati di S. Francesco che stanno in questa città, dove ci sono due
monasteri uno dei Conventuali, e l’altro degli Osservanti, e quello dei Conventuali ha gran bisogno di essere
riformato, perché non solo non si serva in esso cosa alcuna di quello che ha stabilito S.S. per riforma dei
Conventuali, ma anche molti di loro vivono con poca edificazione per non dire con molto scandalo del popolo, e
sebbene qua vengono talvolta dei Comm.ci ai quali io ho ancor fatto intendere, quanto mi è parso di bisogno, non
vedo però che vi facessero provvisione alcuna, ma le cose si lasciano nel modo, che si trovano. Il convento degli
Osservanti è molto meglio governato, e non ha così bisogno di visita, ma per tenerli meglio in freno, non potrebbe
se non giovare, che ancor essi fossero compresi in quella patente. Ma i Conventuali per mio giudizio ne hanno gran
bisogno, e io lo desidererei per beneficio loro, e di questa città sicché se me la potrà mandare, come le scrivo,
credo sarà bene, e io lo avrò caro.
Del medesimo adì 20 di marzo.
Di V.S. illustrissima e reverendissima
umilissimo e obbligatissimo
servitore Francesco vescovo di Gravina.
Poiché il problema riguardante il testamento della defunta duchessa di Gravina sembrava non trovare fine, ne
scrive a una persona (per noi anonima, non essendoci intestazione della lettera):
Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi
10 giugno 1571
Questi giorni passati il signor duca di Gravina fece istanza perché si aprisse il testamento della signora donna
Virginia di felice memoria, e facendone difficoltà il notaio ch ne è rogato per la proibizione che quella signora fece
mettere al testamento a tergo, che non si potesse aprire salvo che ad istanza del signore duca di Urbino, o di suo
procuratore, il signor duca di Gravina ebbe ricorso a Napoli per ottenere la suddetta apertura ma poi si è fermato
senza vedere il fine, credo per essere ben chiarito, che nel testamento non vi è cosa a favore suo. Io aspettavo che
s’aprisse il testamento con l’animo di levar subito una copia autentica del legato fatto dalla signora donna Virginia al
cardinal protonotaro,ma avendo visto che la cosa non si è formata, come ho detto, ho cercato di avere la suddetta
copia per altra via, ma non mi è stato ordine. Il notaro non è per darla se non istanza del duca di Urbino, o dei suoi
procuratori e se non gli viene comandato di ragione, come credo che si potrà ottenere facilmente ad istanza del
cardinale nostro, o di altro vi pretende interesse, poiché il duca di Urbino non è per far istanza giammai che sia
aperto, anzi pretende, che il testamento non valga come fatto da una figliola senza licenza del padre. Scrivevo poi a
V.S. illustrissima con un’altra mia, che il duca di Gravina non ha mai avuto la dote della signora donna Virginia né in
tutto, né in parte, onde ora pretende l’interesse d’alcuni …. decorsi vivendo la suddetta signora; di più domanda 2
mila ducati, che mandò alla moglie prima che la sposasse, e una quantità di gioie che le aveva dato, e inoltre
domanda il casale di Roma, che la signora donna Virginia gli lasciò prima che morisse, o almeno di essere assicurato
al presente di poter conseguire il prezzo di esso casale dal duca di Urbino ogni volta che il casale si pendesse con
quelli che ora possiedono, allegando tale essere stata la volontà della signora donna Virginia che non si potendo
recuperare il casale, il signor duca d’Urbino pagasse il prezzo equivalente al signor duca di Gravina, qual duca di
Gravina per sicurezza delle suddette pretensioni ha ottenute tutte le gioie, e quasi tutta la guardaroba della signora
donna Virginia in deposito dai giudici di Napoli, dove ora si trova il duca di Gravina, e litiga gagliardamente col duca
d’Urbino.
Il suo interessamento per il problema del testamento della duchessa Della Rovere indispone il Duca di
Gravina, che comincia a creargli problemi, tanto da far intervenire il fratello dello stesso vescovo presso il
card. Borromeo a cui chiede il trasferimento “in un luogo alquanto vicino ai luoghi natii” del vescovo Bossi:
Ill.mo et Rev.mo Signore
Supplico humilmente v.s. ill.mo se questo può essere per servitio d’Iddio, et suo, sia servita ottenere da N.S. la chiesa
d’Alessandria per mons. Mio fratello, in cambio di quella di Gravina, isprimendo poi che intindo esser nati alcun disparere,
tra il Duca di quella città, et ditto monsignore et si io con tutte la casa nostra non pottremo con altro mostrare l’obligo
infinito ch’havremo a V.S. ill.ma almeno N.S. iddio gli ne sarà largo rimuniratore con che a v.s. ill.ma bacio le mani
Di vostra ill.ma alli VII di luglio 1571
Humill. Et devot.mo servitore marco ant. bossi
Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi
Il vescovo di Gravina, per nulla intimorito dei dispetti del duca, continua nei suoi propositi. In una lettera a un
non dichiarato personaggio scriveva:
28 agosto 1571
Circa il testamento della signora donna Virginia io vedrò di avere qualche informazione se sarà possibile di di quanto
desidera mons. ill.mo Padrone (?), benché qua non vi è alcuno che mi possa dar ragguaglio di particolari di questa
signora, cioè s’avesse beni avventizi, o altri, dei quali potesse testare senza licenza del padre. Credo bene che le
gioie e altri mobili essa gli avesse per la maggior parte da altri, che dal padre. Il casale di Roma ella l’ha lasciato al
duca di Gravina, e l’equivalente caso, che si perdesse, ella aveva ancora per quanto intesi altre volte da tre o quattro
mila scudi di capitale qua in Calavria (sic) nel stato del principe di Bissignano, credo dati a censo alla comunità di
Galatina. Teneva anche in Roma una casa, e certo entrato credo soprammonti di 20 scudi al mese in circa; ma
come ella li abbia avuti non so, né saprei anche come poterne informare qua, poiché non vi è alcuno dei suoi come
che ho detto di sopra, … meglio potrebbe sapere V.S. potrebbe sapere queste cose costì. Io attenderò di
informarmi delle costituzioni di questo regno, ma per ora posso dirle che l’istrumento tra i signori duca di Urbino e di
Gravina furono fatti in Urbino e per quanto ho inteso alcune volte non vi è, che il duca di Urbino sia obbligato alle
costituzioni del regno, ma quanto si chiarirà meglio in Napoli nella lite, che è tra l’un duca e l’altro, della quale vedrò
di infomarmene al ritorno del duca di Gravina, che ora è in Napoli, e a mezzo il mese che viene s’aspetta qua.
Sebastiano Pisano
“Adorazione dei Magi”
Sec. XVI
Gravina, Chiesa San Francesco
già nel Palazzo Orsini
Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi
Mons. Bossi continua per la sua strada e nei suoi uffici. A ottobre è a Napoli, per incontrare e salutare suo
nipote Ottavio, che gli lamenta l’impossibilità di seguire in quella città dei buoni corsi di legge. Don Francesco
pensa bene di rimandarlo a Milano, per metterlo sotto la protezione di Borromeo, che avvisa:
Illustrissimo e reverendissimo signore e padrone mio colendissimo
L’anno passato venne qua Ottavio mio nipote, del qual ne ebbi buona relazione da molti, e principalmente da V.S.
illustrissima che anche si degnò di raccomandarmelo con sue lettere, e certo che mi è riuscito come era dipinto,
buon figliolo, di natura quieta, e inclinato al bene. Ma perché qua non vi è comodità di attendere agli studi
specialmente di legge, né vi sono anche pratiche buone, e per altri degni rispetti, mi sono risoluto di rimandarlo a
casa, dove mi persuado, che possa spendere il tempo più utilmente che qua no farebbe; e così se ne torna ora a
Milano, e io lo raccomando con ogni umiltà, e efficacia a V.S. illustrissima acciò resti servita di riceverlo nella grazia
sua, e con occasione di qualche beneficio (se pure a lei parrà che ne sia meritevole) legarlo alla vita ecclesiastica
alla quale mi pare assai acesmodato e disposto. Il che avrei io fatto qua a Gravina, ma oltre che in questa città non
vi sono benefici per forestieri, io avrei sempre per sospetto ogni risoluzione, che facessi per simile conto, di persona
tanto a me congiunta di sangue, come è Ottavio, ma solo mi basta il porre la cosa in considerazione a V.S.
illustrissima, ella farà poi quanto potrà alla sua molta prudenza, che non lascerà che si possa ingannare, e io terrò
per bene tutto quello che seguirà, e lo riceverò a favore da V.S. illustrissima, quale supplico mi perdoni, se prendo
troppo ardire e confidenza nella sua benignità e cortesia. E le bacio umilmente la mano e me le raccomando in
grazia.
Di Napoli il dì 26 ottobre 1571
Di V.S. illustrissima e reverendissima
umilissimo e obbligatissimo
servitore Francesco vescovo di Gravina.
Nel marzo 1572 si riunisce il Capitolo Cattedrale di Gravina per discutere su lavori di restauro della sagrestia
della stessa cattedrale e del Palazzo Vescovile, sulla necessità di recuperare fondi chiedendo aiuto anche
all’Università.
In quest’anno è edificata e completata la chiesa di Santa Maria di Costantinopoli, al di fuori delle mura. Al suo
interno un unico altare, ma la chiesa è tutta dipinta ad affresco.
Il 1° maggio 1572 si spegne la vita di Papa Pio V. Nella Diocesi di Gravina si officiano suffragi per lo scomparso
pontefice e celebrazioni e preghiere per il conclave, che il 13 maggio 1572 elegge Gregorio XIII. Il vescovo di
Gravina Francesco Bossi scrive al cardinale Carlo Borromeo di esternare al nuovo pontefice Gregorio XIII le sue
congratulazione per l’elezione al soglio pontificio e si rammarica di non poter essere a Roma per
presentargliele di persona. Allo stesso tempo, si addolora con il cardinale della povertà della diocesi di
Gravina, che avrebbe molte necessità da soddisfare, lamentando di dover intaccare persino i beni della sua
famiglia per sopperire al suo sostentamento. Tuttavia invoca dal Signore, col mezzo delle preghiere del
cardinale, il dono di poter servire bene la sua diocesi:
Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi
Illustrissimo e reverendissimo signore e padrone colendissimo.
Mi allegro infinitamente con V.S. illustrissima che si trovi costì, con buona salute e anche della creazione di una così
buono e Santo Pontefice, quale a punto si desiderava, per beneficio di tutta la cristianità, di che ne sia sempre
lodato il Signore Dio, che non manca dell’aiuto, e successo suo, a tempi, che bisogna. Io sarei venuto volentieri costì
di presente, e per baciare i santi piedi a Sua beatitudine e per fare riverenza a V.S. illustrissima e anche per avere
consiglio e aiuto in alcune cose, pertinenti al servizio di questa mia chiesa, ma oltre alla stagione pericolosa per si
fatta mutazione d’aria, non mi è parso d’abbandonare, per ora, la residenza della mia chiesa, dove, sebbene faccio
poco, rispetto a quello che sono tenuto, e che altri di maggior valore, che io non sono, forse farebbe, procura però
di far sempre qualche cosa, a beneficio di questo mio gregge, e di non perdere il tempo affatto, onde ho pensato di
restarmene di presente, persuadendomi che V.S. illustrissima per benignità sua debba non solo accettare questa mia
scusa, e tener per bene, che io abbia mancato con lei, per non mancar alla mia chiesa, ma che anche debba supplire
a mio nome con Sua Santità secondo che le parrà più a proposito, ricordandole insieme (se così le parrà bene) la
povertà di questa mia chiesa, che invero è maggiore di quello, che altri si basti ad immaginare, acciò …. darmi
qualche modo, e possa soccorrere altri nei bisogni e necessità loro, che qua serve grandissimamente e mantenermi a
questa residenza, senza danno di casa mia, come ora mi conviene fare, ma di questo e d’ogni altra cosa, mi rimetto
alla infallibile prudenza, e santa mente di V.S. illustrissima quale supplico sopra d’ogni altra cosa, resti servita farmi
grazia, di pregare alcuna volta il Signore Dio per me, che mi doni sapere e forza di ben governare questa mia
chiesa, e di far in tutte le cose la sua santissima volontà, e i perdoni V.S. illustrissima troppa sicurtà che prendo con
lei, e le bacio umilissimamente
la mano e me le raccomando in grazia.
Di Gravina 27 maggio 1572
Di V.S. illustrissima e reverendissima
umilissimo e obbligatissimo
servitore Francesco vescovo di Gravina.
Nel frattempo il contenzioso per il testamento della moglie preoccupava, ma non tanto, il duca, che
pensò bene di risposarsi presto e lo fece nel giugno 1572, con Costanza Gesualdo dei principi di Venosa,
sorella del cardinale omonimo. Il rito lo volle nella cattedrale di Venosa e le nozze furono celebrate dal
locale vescovo Baldassarre Giustiniani assistito dal vescovo di Gravina.
Nella solita informativa al Borromeo, il vescovo Bossi tuttavia non disprezza il duca, nonostante le
avversità, e descrive al cardinale della buona disposizione d’animo dei duchi di Gravina e della loro
devozione alla pratiche religiose:
Illustrissimo e reverendissimo signore e padrone mio colendissimo.
Il signor duca di Gravina (come credo che sappia V.S. illustrissima) ha preso per moglie una figliola del signor
principe di Venosa, e giovedì passato andò a Venosa a sposarla, dove io gli feci compagnia, e tanto più volentieri per
Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi
poter con quell’occasione visitare, come feci, la signora donna Gerolama4, che sapevo dover essere a quelle nozze
ma ben mi è incresciuto grandemente che ne l’ho trovata un poco indisposta, perché le sono uscite le varole5, e quel
che è peggio, ci è anche dispersa di un figliolo maschio, ma la partir mio di là, che fu l’altro ieri, la lasciai senza
febbre, e quasi libera d’ogni male; e il medico diceva, che fra due o tre giorni sarebbe uscita di letto, del tutto
risanata e di più ho trovato, che tanto la signora donna Gerolama, quanto il signore don Fabrizio suo marito, sono
del tutto volti alla lezione di libri spirituali e della scrittura sacra, e in questo consumano la maggior parte del tempo,
e pongono ogni loro piacere; e io non ho mancato per quello che ho saputo, di confermarsi in così buon proposito,
e insieme esortarli a por in pratica quello che leggono e a camminare per i mezzi … nella via spirituale,
frequentando soprattutto i sacramenti della confessione e della santa comunione. E che hanno detto di voler fare, e
certo, che io ho sentito molta consolazione, a vedere, e intendere l’affezione che si portano l’un l’altro, e il buon
desiderio, che tengono di servire Dio da dovere, di che mi è parso esser di gran debito mio avvisare V.S. illustrissima
persuadendomi che ella debba sentirne soddisfazione, e anche acciò parendole possa con l’autorità sua animarli
maggiormente a servire Dio, e alla frequentazione dei suddetti sacramenti, dalla quale fatta con i debiti modi, ne
segue poi ogni bene, pure del tutto mi
rimetto alla prudenza di V.S. illustrissima supplicandola si degni di mandarmi talvolta alcuna cosa, sapendo, che io niun
altra cosa
più desidero, che di servirla; alla quale bacio umilmente la mano e me la raccomando in grazia.
Di Gravina 16 giugno 1572
Di V.S. illustrissima e reverendissima
umilissimo e obbligatissimo
servitore Francesco vescovo di Gravina.
Con Bolla del 7 luglio 1572 mons. Bossi eleva a Parrocchia la chiesa di Santa Maria della Neve al Piaggio,
dipendente dalla Chiesa Cattedrale, oggi conosciuta come Santa Lucia6. Provvede anche alla gestione
amministrativa e religiosa, nominandovi rettore con il titolo di abate don Francesco Santomasi, che
sostituisce Leonardo D’Erario.
Absidi della distrutta chiesa Santa Maria del Piaggio
4
Gerolama Borromeo sorella del cardinale.
Varici alle gambe
6 Bossi riscontrò da parte dei gravinesi una forte devozione per la martire siracusana visibile anche nella moltitudine di ex voto in argento.
5
Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi
1572 luglio 7, Gravina
Bolla di Francesco Bossio, vescovo di Gravina, con la quale si eleva a parrocchia la chiesa di S. Maria del Piaggio,
oggi S. Lucia Vergine e Martire, dipendente dalla cattedrale, con ogni diritto di pertinenza.
Gravina, Archivio Unico Diocesano
Anonimo
Mons. Francesco Bossi
Azzate, Casa Bossi-Riva-Cottalorda (oggi Villa Ghiringhelli)
Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi
Mons. Bossi lamenta a Roma di aver sostenuto molte spese al tempo della “Visita” a Rutigliano. Il cardinale
Segretario di Stato Tolomeo Galli, rimanda la richiesta al Nuntio Alessandro Simonetta:
Roma, 6 settembre 1572
Mons. Vescovo di Gravina ha fatto sapere a N.S.che ha patito molte spese et fatiche nella visita di Rutigliano, et ha
incamerati di molti scudi dalle condannationi fatte, senza parteciparne cosa alcuna, né pur haver havuto alcuna sorte di
provisioni da li delinquenti. S. S.tà mi ha commesso che per nome suo io dica a V.S. che ella dia al predetto vescovo
duecento scudi, quando però quelli che lui dice di haver incamerati siano maggior somma di questa.
Tolomeo card. Galli
In quest’anno fa pubblicare la raccolta dei Canoni Penitenziali e delle censure ecclesiastiche. Nel volume le
modalità da osservare nelle funzioni liturgiche.
Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi
Nel 1573 si sottoscrivono gli atti di "Iuspatronatus", circa il beneficio della chiesa di S. Maria della Stella,
sito extra moenia, sulla gravina, di proprietà della famiglia Orsini. Dopo la “Visita” alla Madonna della
Stella mons. Bossi ne incrementa la devozione, consacrandola da quel momento “Miracolosa”:
«Arcidiacono Cantore Don Angelo Larrone accessit visitaturus ecclesiam que est sub titulo Santa Marie de la Stella,
que extra civitatem est supra gravina, que ecclesia tota (tutta) ae tufo est et et scarpello, ut vocat fabrefatta, ae uno
quoad catere due ad sunt porte quibus ingrandita ditta ecclesiam que optime costrutte sut per quando notturno
tempore sempre andare, e laudutur dievero semper patent. In ditta ecclesia a des altare sub titulo ut et totam ae
lapide di detta est et ad illum ascenditur quatuor gradibus ae tufo et circundatur altare cancello ligneo qui serra et
clave que clavis asservatur per cappellanus ditta ecclesia ad est et supra dittum altare celum signeum optime fattù, et
cona altaris est Immago Santissima Beate Marie Virginis babens filium Ingremio], et circam dat... cooperitur ditta
Immago, pluribus velis quorum altaris ae auro et sirico ..... sut altari vero, ae pinolineo et bi alii simplices sut alii vero ....
ae diversi coloribus qui oblab sunt ae voto, a diversus personus put corum devotio e posse ae postum…».
«Quanto tempo è che è stata edificata detta chiesa ed altri
respondit; questa chiesa è stata edificata da tanto tempo in questo clero. E’ stata riconosciuta da tre anni in quà e
fattovi l’altare nuovo è da questo tempo che questa Madonna ha cominciato a far miracolo et è stata ricomiata,
dell’elemosine offerte a detta Madonna se recettata miracolosa».
Nell’interrogare il visitatore per suo conto:
Nel giorno in cui viene festeggiata si assiste a un concorso straordinario di fedeli, proveniente, non solo
dai paesi circonvicini, ma anche da quelli lontani, giacché molti fedeli, “venendo ad essa ammalati,
ritornano alle loro case guariti”, attribuendo la guarigione a quella Madonna.
Complesso rupestre Santa Maria della Stella
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Complesso rupestre Santa Maria della Stella
Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi
Complesso rupestre Santa Maria della Stella, interno
Tra fine agosto e inizi di settembre 1573 si trova a Napoli, presso la Nunziatura, per discutere con il mons.
Antonio Sauli e rendere conto circa un suo editto sugli adulteri e concubinari.
Ritornato a Gravina è informato della morte di Gerolama Borromeo, sorella del cardinale e madre della
duchessa di Gravina Costanza Gesualdo. Ne scrive immediata comunicazione al protettore:
Illustrissimo e reverendissimo signore e padrone mio colendissimo.
Mi dorrei della morte della signora donna Gerolama, che sia in gloria, con V.S. illustrissima se non sapessi che ella, è
talmente rassegnata ne volere di Dio, che niuna cosa può turbare la pace, e tranquillità dell’animo suo, oltre che la
signora Gerolama è vissuta sì bene di continuo, e sì bene ha finito questo suo corso naturale, che si può
ragionevolmente sperare ch ora si goda in cielo l’eterna e vera felicità. Nemmeno voglio dolermi dei travagli in che
si trova V.S. illustrissima per conto della sua chiesa, ma piuttosto mi vo rallegrare con lei che a questi tempi infelici
difende con tutto zelo e valore la giurisdizione e libertà ecclesiastica. Il che accresce in gran maniera animo e
fortezza agli altri prelati ancora, e giova sommamente al buon governo di tutte le altre chiese, ma bene è dolersi
senza fine, che avendo altre volte un imperatore potentissimo vittorioso obbedito prontamente al comandamento d’un
arcivescovo di Milano, e accettava volentieri la penitenza pubblica da lui impostagli, ora i ministri regi di Milano così
Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi
arditamente si oppongano ad un altro arcivescovo, che con paterne monizioni per vera pietà e debito dell’ufficio suo,
procura il mantenimento della libertà ecclesiastica e la salute dell’anima loro. Ma questa causa possa da V.S.
illustrissima per l’onor di Dio, e beneficio della sua santa chiesa, spero la governerà esso Iddio, e la condurrà a buona
fine, con frutto di cotesta chiesa e della cristianità tutta, che così le piaccia di fare, e a me doni grazia di poter
almeno da lontano seguir in alcuna parte le onorate e veramente cristiane azioni di V.S. illustrissima poiché di
continuo me le pongo innanzi agli occhi per imitarle come posso il meglio. Al che la supplico resti servita d’aiutarmi
talvolta con l’orazione sua santa, che ancor io (quale che io sono), non lascio di ricordarmi di lei nei miei sacrifici
di continuo, e a V.S. illustrissima bacio umilmente la mano, e me la raccomando in grazia.
Di Gravina 27 settembre 1573
Di V.S. illustrissima e reverendissima
umilissimo e obbligatissimo
servitore Francesco vescovo di Gravina.
Agli inizi del 1574 comincia la sua seconda “Visita Pastorale”. Così descrive I' altare maggiore della
Cattedrale di Gravina:
"all'altare maggiore si ascende per tre gradini di pietra; tutto I'altare è di pietra. La parte
anteriore e laterale "est tabulis cooperta", L'altare è "situato tra quattro colonne di legno, coperte di carta
variopinta fine, la parte superiore che copre I'altare è pure ornata con carta e legno variopinti e con un calice
disegnato. Un po' piir in alto l'immagine del crocifisso su di una trave, con una scritta a caratteri dorati: "uere
languores nostros ipse tulit, et dolores nostros ipse portauit",, (is. 53, 4). Dinanzi all'altare due ceri di legno
grandi.
Gravina, Cattedrale interno
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In agosto, subito dopo la “Visita”, si celebra il Sinodo, che emana delle nuove costituzioni, le prime
all’indomani del Concilio di Trento. Nel Sinodo si denunciano i mali riscontrati soprattutto in seno alla
Chiesa locale. Per questo si cerca di migliorare la condotta morale del clero. Il Vescovo interviene su tutto
quello che riguarda il culto divino, sulla formazione degli ecclesiastici, sull’amministrazione dei
Sacramenti, sulle modalità di celebrare delle funzioni liturgiche agli altari della Cattedrale e nella Chiesa
di San Nicola, sulla cura delle anime sue “pecorelle”.
Frontespizio delle Costituzioni Sinodali di mons. Francesco Bossi
Gravina, Archivio Unico Diocesano
Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi
Le costituzioni emanate nel Sinodo hanno anche l’edizione a stampa. Nell’introduzione del volume scrive:
Fra tutte le cose, che far si possono, per estirpare, & leuar’affatto 'dal cäpo del Signore l’herbe cactiue de vitii, le
spine delle male cösuetudini, & pessimi abusi; & ridurui l’util semente della Religion Christiana, & di tutte le virtù : níuna
s’è potuta trouar già mai, ò ne’tempi antichi, o ne’moderni , dal quale tutto ciò più facilmente ò più speditamente
potesse seguire , com’è il celebrar spesso Concilij, & Sinodi vniuersali , & particolari, cò aurtorità della Sede
Apostolíca,per i quali gli errori si correggono; si riforma ciò,ch’è guasto; si tolgono le cattive usanze; si levano i
pessimi costumi; si scacciano i vitij: si compongono le differenze; si accresce il culto diuino ;si aumrnenta la Religion
Christiana & finalmëte si riduce questoo cäpo à reder largamëte, & copiosamente frutti buoni, &‘ Santi . Ma
all’incontro, si come i prati senza ruggiada, gli horti senza rivoli , &. I campi senza cultura in breve tempo
diverrebbero aridi, sterili, & infruttuosi; così ciascuna Chiesa senza l’aiuto de’Sinodi, presto caderebbe in mille vitij .
Perciò non meno santamente,che prudentemente , è stato ordinato da diuersi Canoni, & Concilij in varij tempi; &
massime dal Santo Concilio di Trento,che ciascun’anno si faccia in ogni Città la Sinodo Diocesana . Al che
attendendo per debito suo, &. util vostro l’Illustre & Reuerendissimo Monsignor Francesco Bossi, al presente no senza
particolar dono di Dio vescovo vostro,fatta prima diligentemente la visita, & havendo considerato in quella, a guisa di
buono & intendente agricoltore le molte spine d’errori, & di mali abusi Ch’erano nella Chesa di Gravina; & che per
alcun tempo non si erano potuti estirpare per mezzo de’ Sinodi, poi che no ci è memoria, che ve ne sia stato fatto
alcun’altro già mai: & volendo sua Signoria levarli col più efficace,& opportuno rimedio, che vi sia: ha nuovamente
congregata la sua Sinodo Diocesana, & col parer de’ suoi Canonici ha publicato alcune Constitutioni,raccogliendo
in esse brevemente,& con bell’ordine quasi tutta la sostanza di quanto ha determinao il Sacro Concilio di Trento,
spetialmente in materia di riforma. Aggiongendovi anco molte altre cose stabilite da’ Sacri Canoni, Concilij, &
Constitutioni Apostoliche, utili, & necessarie a questa Chiesa, & Città di Gravina.
Et in questo non solo ha atteso a spiantare gli errori, ilussi,& vitij; & ad instituire buoni costumi, virtù, & santità: ma
anco hà voluto insegnare (per il bisogno, che vi era) come s’habbi à governare il Clero, nella Chiesa, &
nell’amministratione de’ Sacramenti, & nel resto della vita sua; ponendo anco le cose materiali, che sono necessarie
per le Chiese, & per il culto divino il che potrà servire per chiara instruttione della visita, che si havera’ à fare
ogn’anno, & il tutto hà fatto in lingua volgare: acciò sia inteso generalmente da ciascuno, attendendo più all’util
vostro, che ad altra cosa.
Et per maggior aiuto de’ semplici sacerdoti, & di tutto il suo gregge, vi ha aggionto (pur in lingua volgare) alcuni
trattatelli utili, necessarij, & convenienti alla materia trattata nella sodetta Sinodo, quali cose tutte si danno in luce a
benefitio vostro, & d’altri ancora. perche sarebbe grande errore, che si bella fatica si perdesse, ò vero restasse
nascosta, & senza frutto.
Resta hora, che voi tutti, come dovete, aiutando la pia 6 santa intentione di Sua Reverendissima, non pure accettiate,
come già havete fatto allegramente, & con ugual sodisfattione d’animo tutto ciò, che per be vostro vi vien dato
dall’amorevolissimo vescovo vostro: ma che anco lo mettiate in essecutione compitamente per giovar a voi stessi
primieramente; & poi anco ad altri col buon essempio vostro.
Il che moverà sua Signoria ad amarvi ogni di più; a tenervi sempre più cari; & à prender per voi ogni sorte di fatica:
acciò per opera dè suoi documenti, & con l’essempio della sua vita irreprensibile, voi tutti habbiate ad esser servi
buoni, & fedeli del Signore: & che questo campo della Chiesa, & Città di Gravina ben coltivato, & modo d’ogni
Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi
errore, & cattivo abuso, habbia a render frutti di buone opere ogn’hora piu grati, & piu accetti al vero Signore, &
Padron nostro.
Nel frattempo a Roma, il 29 marzo e si stava tenendo un Concistoro per la nomina di nuovi vescovi e le
traslazioni tra Diocesi. Nel prendere la parola, il cardinale Alessandro Sforza così si esprimeva:
" Quia rmus. dnus. meus card. Perusinus intendit inservire et assistere Sanctitati Vestrae in curia, ideo proposuit
dimittere ecclesiam suam. Unde in sequenti consistono si Sanctitati Ve strae placuerit illam proponam prò fratre
Francisco Bossio episcopo gravinensi omnibus noto.”
Il vescovo di Gravina, tramite una lettera, fatta recapitare da suo nipote Ottavio, è avvisato della nomina
a vescovo di Perugia dal cardinale Borromeo. Bossi risponde subito al cardinale Carlo Borromeo,
rammaricandosi di doversi staccare dai suoi diocesani di Gravina, che gli hanno sempre dimostrato
amore e obbedienza:
Illustrissimo e reverendissimo signore e padrone mio colendissimo.
Da Ottavio mio nipote ho ricevuto la lettera di V.S. illustrissima che mi ha portato grandissima consolazione,
vedendo la memoria che tuttavia si degna tenere di me, specialmente nelle sue orazioni e sacrifici, di che niuna cosa
potrei sentir giammai, che più cara mi fosse, e la supplicherei a continuare nel medesimo per l’avvenire, se non mi
paresse di fare in ciò grave ingiuria alla grandezza e bontà d’animo di V.S. illustrissima ma le dirò questo solo, che
siccome non stimo persona di questo mondo più di lei, così di niuna cosa più godo, che di vedermi in buona grazia
sua, e di essere aiutato dalle sue orazioni, specialmente a questo tempo, che mi pare di aver maggior bisogno del
solito, poiché io mi vedo essere chiamato a più importante e maggior governo d’anime, che non ho tenuto sinora,
scrivendomi mons. illustrissimo di Perugia, di volermi dare la sua chiesa, anzi di averla già fatta preconizzare , senza
che io ne abbia saputo cosa alcuna, o che pure mi fossi potuto ciò immaginare, che per avventura ne avrei fatto
qualche difficoltà, non perché io non conosca quanto gran vantaggio sia della chiesa di Perugia sia questa di
Gravina, specialmente essendo quella nello Stato della Chiesa, dove spero si potrà fare la giustizia senza
impedimento alcuno, ma io avessi messo in considerazione a quel signore la debolezza della mia spalla a sì gran
peso,e l’amore che mi portano queste genti, e obbedienza, che mi mostrano che certo le par ora di essere perduti
affatto, avendo io a lasciarli, il che accresce in gran maniera il dispiacere che da me stesso sentivo per tal conto, ma
essendo passata la cosa tanto oltre, senza saputa mia, come ho detto, non vedo di poter far altro, che obbedire, e
ricorrere a Dio, che si degni di condor questo negozio a quel fine, che sia più spediente, e a me doni forza di ben
governarmi in ogni luogo, e di far in tutte le cose la sua santa volontà, al che supplico V.S. illustrissima resti servita di
aiutarmi, come ho detto, con le sue orazioni più ferventi, che con tal sostegno spererò di poter camminare avanti
con tutta la debolezza mia.
E a V.S. illustrissima bacio umilmente la mano, e me la raccomando in grazia.
Di V.S. illustrissima e reverendissima
Umilissimo e obbligatissimo
Servitore Francesco vescovo di Gravina.
Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi
La proposta del card. Sforza fu ripetuta nell’assise concistoriale del 4 di maggio, ed ebbe pieno accoglimento.
Francesco Bossi diventa vescovo di Perugia.
Al vescovo Bossi si deve l'istituzione giuridica dell'Archivio Vescovile di Gravina. Egli lo fa ordinare,
distinguendo i documenti vescovili da quelli capitolari.
Fa anche molti doni alla Chiesa di Gravina. Oggi si conserva solo un calice in argento dorato dalla linea
elegante e armoniosa, nel basamento per ben tre volte lo stemma del vescovo, un bue andante. Il manufatto
ha una lavorazione a niello (nigellum)7 che contraddistingue la superficie metallica del piede e del sottocoppa.
L'esemplare è certamente un prodotto di area lombarda8.
Probabile ambito lombardo
Calice
Sec. XVI
Argento dorato
Dono di S.E. Mons. Francesco Bossi Vescovo di Gravina
Gravina, Museo Capitolare d’Arte Sacra
7
La tecnica del niello consiste nel riempire con impasto fuso di argento, rame, piombo e zolfo i solchi incisi a bulino per rendere più evidente il
disegno.
8 Un nastro sinuoso delinea spazi ornati da motivi arabescati, così minuti da simulare una preziosa stoffa per veste liturgica.
Il fusto si avvale di due corallini delimitanti il doppio nodo centrale: il più grande è costituito da un pomo schiacciato con calotte a baccelli a cui
sono saldate tre teste cherubiche raccordate da altrettanti festoni penduli. (cfr. Giovanni Boraccesi “Gli argenti del Museo Capitolare d'Arte
Sacra di Gravina in Puglia” ,Bari , Uniongrafica Corcelli , 2003
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Stemma di mons. Francesco Bossi sul basamento del calice
Si legge di una sfera d’argento da lui fatta realizzare, ma oggi non abbiamo nozione di tale manufatto né a
cosa poteva servire.
Bossi interviene presso il Papa per far togliere tutte le gabelle che pagavano i chierici. Il Pontefice da consenso
positivo.
Il momento del suo commiato per la partenza è solenne e raduna tutti quelli che lo avevano seguito nella sua
missione di Pastore di Gravina.
Parte da Gravina per raggiungere Roma e lì sbrigare tutte le formalità connesse al trasferimento e alla sua
nuova elezione al vescovato di Perugia. Nel frattempo chiede a Borromeo di assisterlo con i suoi consigli e con
le sue preghiere, affinché possa assolvere degnamente questo suo nuovo incarico al servizio della Chiesa.
Illustrissimo e reverendissimo signore e padrone mio colendissimo.
Sono venuto a Roma, e attendo alle visite, e a far spedire le bolle, per andarmi poi alla mia chiesa di Perugia. Il che
dovrà essere fra pochi giorni. Nostro Signore ha mostrato di vedermi volentieri e di avermi in buona considerazione,
il medesimo hanno fatti questi illustrissimi Signori che ho di già visitati. E vi riconosco tutto dalla bontà di Dio
principalmente, e poi dall’essere in tanto servizi (?) come sono di V.S. illustrissima persuadendosi forse le persone, che
si come io ammiro sopra ogni altro, l’azione di lei, così anche le dava seguendo, e imitando come doveri, e come
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sarebbe mio desiderio, ma perché io conosco l’imperfezione, e mancamenti miei, resto grandemente confuso dalla
buona opinione, che altri mostrano tenere di me, e dolente di non esser tale, che basti a portare il peso, che mi
trovo sopra le spalle, qual poi che mi gravi anche maggiormente per le considerazioni, che fa V.S. illustrissima con la
sua del 18 del presente, che purtroppo conosco esser vero, pure confido nella bontà di Dio, che si degni di aiutarmi.
Illuminandomi la mente, acciò conosca la sua santa volontà, e dandomi forza per eseguirla, come desidero sopra tutte
le altre cose del mondo, spero anche di trovar le cose si ben incamminate da mons. illustrissimo di Perugia in quella
città, che mi leverà gran parte di quel pensiero, e fatica, che mi bisognerebbe usare quando non fosse stato in quella
città prima di me, pastore, così vigilante, e pio, e così zelante dell’onor di Dio, come è il signor cardinale di Perugia.
Ma per maggior animo mio supplico umilmente, e con ogni effetto d’animo V.S. illustrissima resti servita di ricordarmi,
e comandandomi talvolta alcuna di quelle cose, che ella ha usato e usa per beneficio del suo gregge, e che potrà
giudicare essere a proposito per la mia chiesa, sin tanto che io venendo costì (come pure sono costretto di fare)
possa prender da lei più certa norma e regola di quanto sarà più spediente per il buon governo della mia chiesa: Non
lasciando anche di sperare che V.S. illustrissima per l’infinita benignità sua, sia per tener memoria di me nelle sue
orazioni e sacrifici, come io ne la supplico con ogni caldezza possibile, per il gran bisogno, che ne tengo, e per la
fede che ho in lei. E a V.S. illustrissima bacio umilissimamente la mano e me la raccomando in grazia.
Di Roma 29 maggio 1574
Di V.S. illustrissima e reverendissima
umilissimo e obbligatissimo
servitore Francesco vescovo di Perugia.
Raggiunge la sua nuova Sede intorno al mese di dicembre 1574. Scrive al cardinale Borromeo, chiedendo
una sua visita presso la sua nuova sede di Perugia non appena gli sarà possibile. Nella veste di vescovo ha
la possibilità di visitare la basilica di Assisi, S. Maria degli Angeli e altri luoghi santi, tra cui il duomo di
Perugia dove è conservato l’anello della Madonna.
Come avvenne per Gravina, anche in questa Sede vuole “governare” con le modalità dettate nel Concilio
di Trento. Per questo egli emette, o meglio ripropone con aggiornamenti, bandi già dettati quand’era
Governatore della città, come gli Ordinamenti sopra il vestire delle donne.
Perugia, l’Umbria e del resto molte zone d’Italia attraversavano un periodo critico. Si era in un periodo
particolare: scontri tra fazioni, passaggio di eserciti stranieri, pestilenze e carestie, situazioni queste che si
ripercuotevano sulle condizioni economiche e provocavano sempre più incombenti situazioni di povertà.
Per questo, mossi dalle esortazioni di Padre Damiano Biffi, con il consenso del Vescovo Francesco Bossi e
del Governatore Monte Valenti, alcuni cittadini di Perugia nel 1574 fondarono la Compagnia di San
Martino, con l'impegno di venire incontro a "li poveri infermi e vergognosi".
Ancora, in quel periodo, alla fine di terribili dispute, la Chiesa toscana si presentava in un quadro di
profonda disgregazione nelle sue istituzioni e nei suoi uomini, tra cui la chiassosa irruzione di quei
religiosi e quei laici, che predicavano la riforma dei costumi pubblici e privati, minacciando le più terribili
punizioni divine. Il degrado della Chiesa locale riguardava anche gli aspetti materiali degli edifici
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ecclesiastici. Da decenni molte chiese versavano in condizioni pietose, con la totale assenza di arredi, di
suppellettili e di paramenti sacri. Spesso gli edifici religiosi erano adibiti a fini profani, usati come
botteghe e laboratori, come magazzini e depositi, come locali scolastici, come giardini e orti. Molte
chiese avevano subito anche le conseguenze degli eventi bellici di quei decenni.
Il clero diocesano viveva in condizioni disastrose. Fonti archivistiche descrivono questo clero dedito
usualmente più alle occupazioni profane, che alle funzioni sacre. Il clero regolare non attraversava un
periodo migliore per insofferenza nella vita conventuale, molti religiosi avevano abbandonato i loro
chiostri e, nei casi migliori, erano andati a lavorare come cappellani in sostituzione dei parroci assenteisti
nelle campagne toscane.
Nell’ultimo quarto del secolo, le istituzioni e il personale della Chiesa toscana furono sconvolti
dall’accelerazione impressa alla riforma disciplinare da parte della Santa Sede, che reagì con l’invio di
visitatori apostolici, dotati di amplissimi poteri d’ispezione e di correzione.
Per arginare in qualche modo la situazione, papa Gregorio XIII, con tre brevi del 23 aprile 1575, ordinò
un’ispezione generale alle Chiese del Granducato, le visite apostoliche furono compiute da Alfonso
Binarini, vescovo di Camerino, da Giovanni Battista Castelli, vescovo di Rimini, e da Francesco Bossi,
vescovo di Perugia, nelle tre arcidiocesi di Firenze, di Pisa e di Siena e nelle rispettive province. Bossi fu
nominato “visitator,reformator et delegatus” per le diocesi di Siena, Montalcino e Pienza, Chiusi, Sovana,
Massa, Grosseto e dell’abbazia del SS.mo Salvatore.
Nel luglio del 1575 Bossi comincia la “Visita Pastorale” a Siena. Subito emana editti sulle cose riscontrate,
«non si rappresentino dentro
commedie o altre rappresentazioni d’alcuna sorte, né si tenghino per tal effetto nel monastero barbe posticce o
zazzere finte o vesti rappresentative o altre simil cose per così fatto uso…».9
tra cui la proibizione di rappresentazioni teatrali nei monasteri femminili:
9
Alcune monache non disdicevano vestirsi da uomo per le rappresentazioni.
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A Siena non può terminare l’incarico per contrasti sorti con il potere laico ed ecclesiastico del luogo,
quando pretese di controllare i conti dei luoghi pii laicali.
Nell’agosto si reca persino a Firenze per negoziare col Gran Duca su alcune questioni riguardanti l’incarico
ricevuto, per portarlo a termine degnamente.
L’episodio di Siena, tuttavia, non spegne la sua intransigenza, anche se demoralizza il vescovo.
Ma non bastano questi episodi negativi a ledergli il morale, anche la sua famiglia contribuisce ad
avvelenargli l’esistenza. Lo confida al cardinale Carlo Borromeo, scrivendogli di non capire quali
incomprensioni siano sorte tra suo nipote Egidio Bossi e il padre di questi Marco Antonio:
Siena 15 novembre 1575
Illustrissimo e reverendissimo signore e padrone mio colendissimo
Ringrazio V.S. illustrissima dell’ufficio che si è degnata di far meco con la sua del 4, nel particolare di Egidio mio
nipote, e poiché il caso è successo, e ella giudicò, che non si potesse mancare di eseguirlo, io me ne do pace,
specialmente vedendo che vi sia intervenuto il consenso e l’autorità di V.S. Illustrissima alla quale non lascerò già di
dire, che Egidio ha avuto gran conto a mettersi in tal necessità, senza sapere dal signor Marco Antonio suo padre, al
quale io ho gran compassione, conoscendo la natura sua molto sensitiva, e la poca intelligenza, che è tra di loro,
onde supplico V.S. illustrissima resti servita per la pietà sua di far quegli uffici, che potrà per quietarlo, e consolarlo, e
acciò non nascano altri disordini e inconvenienti tra lui e il figliolo, che io lo aggiungerò agli altri infiniti obblighi
che tengo a V.S. illustrissima la supplico anche umilmente si degni pregar Dio per me, che mi doni grazia di dar
compimento con suo onore a questa visita di Siena. Nella quale tuttavia mi trattengo, prevedendo contro gli
amministratori di fabbriche, ospedali e altri luoghi pii, acciò mi mostrino i loro conti, il che non piace al granduca,
che facciano perché intendo, che V.S. illustrissima in Cremona ha non solamente veduti i conti e amministrazioni dei
suddetti luoghi pii, come anche gli ha dato ordini e modi, con che per l’avvenire si avranno a governare, la supplico mi
favorisca a farmi avere copia dei suddetti ordini, acciò me ne possa valere all’occasione secondo che mi farà di
bisogno, e lo riceverò per grazia singolarissima da V.S. illustrissima alla quale bacio umilmente la mano e me la
raccomando in grazia, pregandola dal Signore Dio lunga e felice vita.
Di V.S. illustrissima e reverendissima
umilissimo e obbligatissimo
servitore Francesco vescovo di Perugia.
L’11 febbraio 1576 inizia la “Visita” a Grosseto, che sospende nello stesso mese per tornare a Perugia,
dove scrive al cardinale Maffei chiedendogli di avere più potere decisionale, perché il vicario non era
disposto a seguire i suoi comandi.
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Riprende la “Visita” e passa buona parte dell’estate 1576 a esaminare le varie località del grossetano, per
verificare le conformità delle diverse comunità cristiane ai decreti del Concilio di Trento. Il 3 luglio del
1576 arriva a Campiglia d'Orcia, provincia di Siena. Forse nemmeno il pievano di Campiglia, don
Bernardino Marzocchi, si rende conto di chi sia il personaggio venuto a esaminare lui e il suo gregge.
Poi si reca a Istia d’Ombrone, Sant’Angelo in Colle e altre località: attento sull’amministrazione dei
sacramenti, circospetto sull’uso improprio delle reliquie, distratto su altre devozioni popolari.
Deluso e stanco ammette che «in tanto ch’io non vedo l’hora di partirmi da questa visita e tornare a
Perugia», poiché i luoghi da visitare sono molti e richiedono molti mesi. Per questo supplica di ritornare
nella sua Sede e incaricare di questa missione il vescovo di Rimini, che aveva già avuto il compito di
controllare i conti degli ospedali. Aggiunge motivi di salute e altre scuse, per mascherare la sua sconfitta
politica. Da evidenziare che il Granduca pensava che, le disposizioni del Bossi non fossero altro che
l’inizio di un complotto organizzato da Roma per attentare la sua giurisdizione all’interno dello stato dei
Medici.
Alla fine ci ripensa e continua la “visita”, recandosi a Pienza e Montalcino. Nel memoriale inviato al
cardinale Maffei nell’ottobre 1576, lamenta difficoltà dell’attuazione delle riforme, riscontra
comportamenti dubbi di sacerdoti, la non osservanza di normative in merito a matrimoni e battesimi.
Evidenzi così che quella comunità non è in grado da sola di recepire e attuare le riforme richieste.
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Nella comunità di Roccastrada, nella Terra di Grosseto, il vescovo Mignanelli ha problemi con
l’amministrazione comunale che in forza di due bolle pontificie controllava i bilanci della chiesa di San
Niccolò. Con una scusa il Mignanelli si fa consegnare le bolle e le distrugge, incrinando i rapporti con la
comunità locale. A porvi rimedio accorre Francesco Bossi, incoraggiando il nuovo corso riformistico.
Francesco Bossi, vescovo Perugia, copia Santa Visita Grosseto
1576
Il 3 luglio del 1576 il Bossi arriva a Campiglia d'Orcia, per la verifica di conformità delle diverse comunità
cristiane ai decreti del Concilio di Trento. La presenza dell’alto prelato sconvolge la tranquilla vita del
piccolo paese toscano. Dieci suore sono costrette a scegliere tra la clausura, sotto la sorveglianza del
locale parroco, e l’abbandono dei voti con il ritorno in famiglia sottoposte all’autorità paterna. Le
religiose per due lunghi giorni, provano a resistere diventando loro malgrado protagoniste di uno dei
primi esempi di ribellione all’autorità maschile. Finiranno poi per chinarsi alle volontà della
Controriforma e cadere nell’oblio della Storia.
Nel settembre del 1576, Bossi con mons. Angelo Cesi, vescovo di Todi, assistono il cardinale Fulvio Giulio
della Corgna alla consacrazione episcopale di Ottavio Santacroce, vescovo eletto di Cervia10.
Nel 1578 lamenta al suo protettore di non aver ricevuto i libri e le scritture, materiale utile per assolvere
meglio all’incarico ricevuto di vescovo di Perugia. Al richiamo del vescovo Bossi, il Borromeo risponde con
immediatezza e gli fa recapitare le bolle, i decreti del Concilio di Trento e dei sinodi provinciali.
Più volte chiede al Borromeo una sua visita, ma le richieste restano vane.
10
Nel 1581, anno in cui morì, Santacroce fu Nuntio apostolico nell’Austria imperiale.
Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi
Il cardinale Bonomi propone Francesco come Nuntio e Visitatore in Svizzera, ma la richiesta non ha
seguito.
Bossi cerca in tutti i modi, anche intervenendo presso il Borromeo, di far togliere ai canonici la gabella del
vino, Così come «
ancor faccio in udir che a Gravina sotto il Re di Spagna, io levassi con favor di Sua Santità tutte
le gabelle che anticamente si pagavano ai chierici...». L’azione a tale richiesta, ha buon esito nell’ottobre 1579.
Così il 23 ottobre Bossi ringrazia: «senza fine V.S. illustrissima di quanto ha fatto sinora per l’esecuzione del vino
di questo capitolo e la supplico di ottenere la grazia compita, che io l’aggiungerò agli altri obblighi che le tengo
infiniti».
Nell’anno 1579 si concretizza il desiderio della sua famiglia di avere il proprio congiunto vescovo più
vicino alla propria residenza di Azzate. Lo stesso vale per mons. Francesco, che desidera avere accanto a
se Carlo Borromeo. Infatti, il 21 ottobre, mons. Francesco è trasferito alla Diocesi di Novara, suffraganea
dell’arcidiocesi di Milano11.
A Perugia il commiato avviene intorno alla fine dell’anno 1579. Parte facendo molte soste. Approfitta per
visitare l’eramo di Camaldoli e l’abbazia di Vallombrosa nella Toscana. Il 12 febbraio 1580 è a Bologna,
dove riceve il “breve” papale circa la “Visita” che dovrà effettuare a Borgo San Donnino, odierna Fidenza,
nel parmense. Arriva in quella località il 20 febbraio, iniziando subito le ispezioni. Dichiara a Borromeo
«come anche per essere più presto spedito per andarmene alla mia chiesa, se sarà concesso il placet».
Giunge a Novara intorno al 27 o 28 marzo. Egli è raggiunto da don Nicola Bossi,suo parente, inviato dal
fratello Marco Antonio il quale scrive al Borromeo:
«per sevizio di mons. il vescovo mio fratello».
Il 29 marzo avviene l’ingresso solenne, accolto da tutta la città civile, politica, militare e religiosa. Egli
resta soddisfatto di questa giornata, come scrive al suo maestro di sempre:
.
Illustrissimo e reverendissimo signore e padrone mio colendissimo.
Saranno questi pochi righi per far umilissima riverenza a V.S. illustrissima e per dirle che oggi ho fatta l’entrata alla
mia chiesa di Novara, della quale sono rimasto in questo principio soddisfatto, così piacerà al Signore Dio
concedermi grazia che io possa realmente governarla, e V.S. illustrissima mi favorirà di aiutarmi con i santissimi suoi
ricordi, e con le orazioni e sacrifici, che siccome ne tengo grandissimo bisogno, così le ne resterò con perpetuo
obbligo, aggiungendoli al cumulo di tanti altri che tengo, e baciandole riverentemente la mano, la prego dal Signore
Dio lunga e felice vita, e me la raccomando in grazia.
Di Novara 29 marzo 1580
Di V.S. illustrissima e reverendissima
umilissimo e obbligatissimo servitore
Francesco vescovo di Novara
11
Ora suffraganea di Vercelli.
Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi
Arriva nella nuova Sede con le stesse intenzioni di rinnovamento e adeguamento ai canoni del Concilio di
Trento. Nella cattedrale novarese fa demolire la vecchia abside per far posto a un nuovo coro a pianta
rettangolare per le preghiere comunitarie dei canonici.
La sua serietà, lo spirito di mettersi a servizio della Chiesa, gli impediscono di “dedicarsi” esclusivamente alla
sua Diocesi. Il 1581 è incaricato della “Visita” alla Diocesi di Bobbio nell’Emilia. Al solito cardinale scrive di
essersi costretto a fermarsi presso il vescovo di Pavia, a causa della sua malferma salute. Nonostante ciò,
prosegue con coscienza negli incarichi ricevuti.
A Novara nel 1581 emana degli Editti, tra cui la regolamentazione dell’assistenza spirituale da parte dei
sacerdoti agli infermi. A giugno di quell’anno riceve finalmente la visita del Borromeo, che si trattiene con lui
due giorni, prima di procedere per Vercelli.
Il 1582 Bossi è incaricato della “Visita” a Genova, a Brugnato, a Gavi e altre Diocesi liguri. Prima di giungere
nel capoluogo, si fa precedere da una “Lettera Pastorale al Serenissimo Duce, all’illustrissima signoria, e clero
e popolo di Genova”. Per Genova redige i decreti per tutti i monasteri femminili.
Tra il 1583 e il 1584 è “Visitatore” nella Diocesi di Lodi.
Per premiare il suo spirito di abnegazione e dare un segno di apprezzamento al lavoro compiuto con
coscienza. È proposto nel 1584 responsabile della Nunziatura stabile di Colonia, ma non si conosce l’epilogo.
Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi
Nonostante il suo lungo peregrinare, a Novara pubblica gli statuti diocesani, riorganizzando il seminario e
fondando un secondo nell'isola di San Giulio d'Orta.
Il 15 luglio 1584 è assistente del card Carlo Borromeo nella consacrazione del vescovo di Alessandria
Ottaviano Paravicini. Con loro Filippo Sega vescovo di Piacenza.
Alla chiesa parrocchiale di Azzate, suo borgo natio, dona un reliquario contenente il dito di Sant’Andrea.
Un suo ritratto è eseguito da Giovan Paolo Lomazzo (Milano, 26 aprile 1538 – Milano, 27 gennaio 1592), che
ritrasse anche i suoi fratelli e parenti.
Inizia il suo deperimento fisico e morale, che a settembre porta a delle serie complicazioni. Dopo aver
ricevuto i sacramenti, l’ultimo e intensissimo desiderio di Francesco Bossi sul letto di morte, è quello di avere
accanto a se Carlo Borromeo, affinché lo «consolasse avanti che finisca di morire et a chiudergli gli occhi», ma
il cardinale, lontano in visita apostolica, giunge in ritardo il 18 settembre 1584, quando ormai il vescovo è già
deceduto.
È inumato nella cattedrale di Novara.
Quando il Borromeo giunse a Novara, a chi gli osservava che il Bossi era venuto meno per le fatiche degli
impegni pastorali, rispose:
«Così devono morire i vescovi».
Ritratto di Francesco Bossi, Vescovo di Gravina, Perugia, Novara
Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi
Stemma episcopale di Francesco Bossi
Firma di mons. Francesco Bossi
Gravina, Archivio Unico Diocesano
Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi
Si ringraziano
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Ordine Barnabita Roma
Dott. Renzo Paternoster
Bibliografia
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Archivio storico per la Calabria e la Lucania, Volume 47 1980
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Bossi E. Tractatus varii, qui omnem fere criminalem materiam excellenti doctrina
complectuntur, & in quibus plurima ad fiscum, & ad principis autoritatem, ac potestatem, necnon
ad vectigalium conductiones, remissionesque pensionum pertinentia diligentissime explicantur ...
Vna cum indice rerum, verborum & sententiarum memorabilium copiosissimo, : apud
Sebastianum Honoratum,
Lugduni, 1562
-
Bossi F. Francisci Bossii, Dei et Apostolicae Sedis gratia episcopi Perusiae, et visitatoris in
ciuitate Senarum, eiusque dioecesi, ac nonnullis alijs ciuitatibus, locis, et terris status serenissimi
magni Etruriae ducis, a sanctissimo d.n. Gregorio papa decimotertio specialiter deputati, Decreta
ad clerum populumque Senensem; Senis, apud Lucam Bonettum, 1575
-
Bossi F. Auertimenti per quelli della città, et diocese di Nouara, quali voranno pigliare alcuno de
gli ordini minori, et maggiori. Publicati d'ordine del molt'illustre, & reuerendiss. monsignore
Francesco Bossi vescouo di Nouara, & conte di Riuiera d'Orta, appresso Fran. Sesalli &c., Nouara ,
1581.
-
Bossi F. Bandi dell’illustre et r.mo monsignore Francesco Bossi vescovo di Perugia; In Perugia,
appresso Pietro Giacomo Petrucci et Michel Porto, 1575
Bossi F. Decreta generalia ad exequendae visitationis Genuensis vsum edita a perillustri, &
reuerendissimo domino d. Francisco Bossio episcopo Nouariae, & comite &c. eiusdem vrbis,
dioecesisq. Genuensis visitatore apostolico anno MDLXXXII Gregorio XIII. pont. max. Mediolani,
ex typographia Michaelis Tini,Milano, 1584
-
-
Bossi F. Constitutioni sinodali della chiesa di Grauina. Fatte, e publicate nella sinodo diocesana,
dell'illustre, e reuerendiss. Francesco Bossi, Vescouo di Grauina. Nel 1569 a di 4 di agosto,
appresso gli heredi di Antonio Blado, stampatori camerali, Roma,1584
-
Bossi F. Lettera pastorale. Al serenissimo duce, all'illustrissima signoria, al clero, et popolo di
Genoua. 1582, da Francesco Sesalli, Novara, 1583
Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi
-
Bossi F. Libro de canoni penitentiali delle censure ecclesiastiche, et casi reservati. Raccolte ad
istantia dell'illustre, & reuerendissimo monsignor Francesco Bossi vescovo de Gravina per
benefitio della sua Chiesa. Delle Cerimonie che s'hanno da osseruare nelli Vesperi, & Messe
Pontificali, o che si celebrano in presentia del vescouo, appresso Giuseppe Cacchij dell'Aquila,
Napoli, 1584
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Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi
Fonti archivistiche
Archivio Unico Diocesano Gravina
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Nomina del nuovo Rettore e Abate della chiesa Santa Maria del Piaggio, copia da pergamena
Voti Capitolari 1568; 1569; 1570;1571;1572;1573;1574
Acta fundationis monasterij monialium sun regola S. Clarae Altamura,vigore brevis Pii PP V, 1570
Immunità ecclesiastica, 1571
Synodus episcopus Bosij, 1574
le notizie e le immagini contenute non si ritengono essere esaustive, qualora si possiedono notizie ed immagini sulla
figura di Mons. Francesco Bossi ed il suo periodo a Gravina, saremmo molto grati se venissero inoltrate a :
[email protected]
Ultimo aggiornamento ottobre 2015
Sanctae Gravinensis Ecclesiae Episcopi
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