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SUPSI/DEASS
ANNO ACCADEMICO: 2014-2015
Corso di laurea: FISIOTERAPIA
Può la musica avere un ruolo
nel contesto delle cure
palliative?
Lavoro di tesi (Bachelor Thesis)
Autore: Mattia Mirenda
Direttore di tesi: Gianpiero Capra
Luogo: Manno
Data: 31 luglio 2015
2 INDICE
INDICE............................................................................................................................. 2
ABSTRACT ..................................................................................................................... 3
INTRODUZIONE ............................................................................................................. 3
Motivazione e presentazione della tematica ........................................................................ 3
BACKGROUND .............................................................................................................. 4
La musicoterapia .................................................................................................................... 4
Musica e cervello .................................................................................................................... 6
Orecchio esterno .................................................................................................................. 7
Orecchio medio ..................................................................................................................... 7
Orecchio interno ................................................................................................................... 7
Vie uditive e corteccia acustica ............................................................................................. 8
Aspetti neurovegetativi ......................................................................................................... 9
Cure palliative e oncologia .................................................................................................. 10
Interprofessionalità ............................................................................................................. 10
Ruolo del fisioterapista ....................................................................................................... 11
Il dolore in oncologia............................................................................................................ 11
METODOLOGIA............................................................................................................ 13
Giustificazione, scopo, obiettivi .......................................................................................... 13
Domanda di ricerca del lavoro di Bachelor ........................................................................ 13
Scelta della metodologia...................................................................................................... 13
Messa in atto della metodologia ......................................................................................... 14
Definizione del quesito di ricerca ........................................................................................ 14
Criteri d’inclusione .............................................................................................................. 14
Strategia di ricerca .............................................................................................................. 14
Studi esclusi.......................................................................................................................... 14
Studi inclusi .......................................................................................................................... 15
Sintesi degli articoli .............................................................................................................. 16
RISULTATI .................................................................................................................... 17
Contenuto degli studi ........................................................................................................... 17
Risultati ottenuti ................................................................................................................... 21
Possibili sviluppi di ricerca ................................................................................................. 22
Limiti della ricerca ................................................................................................................ 23
DISCUSSIONE .............................................................................................................. 24
Considerazioni personali sui risultati ................................................................................. 24
CONCLUSIONI.............................................................................................................. 27
Valutazione personale .......................................................................................................... 27
RINGRAZIAMENTI........................................................................................................ 28
FONTI ............................................................................................................................ 29
Bibliografia ............................................................................................................................ 29
Letteratura grigia .................................................................................................................. 31
Sitografia ............................................................................................................................... 31
3 ABSTRACT
Obiettivi: l’obiettivo che mi son posto in questa tesi è quello di verificare se la musica ha
un effetto sulla modulazione del dolore e sulla qualità della vita di pazienti affetti da
patologia oncologica.
Metodologia: ho preso in esame otto articoli concernenti il tema della musicoterapia
nell’ambito delle cure palliative, più precisamente riguardanti l’oncologia, per osservare
se, con l’utilizzo della musica, si possano trarre dei benefici per quanto riguarda la
percezione del dolore e della qualità di vita in pazienti affetti da questa patologia.
Risultati: dagli studi è emerso che con la musicoterapia si riscontrano dei benefici
riguardanti la percezione del dolore, il miglioramento della qualità di vita, il
miglioramento dell’umore, il miglioramento della saturazione, la diminuzione dell’ansia,
dell’angoscia, della depressione e della fatigue.
Conclusioni: l’utilizzo della musicoterapia in ambito oncologico potrebbe essere una
buona terapia alternativa di sostegno, senza controindicazioni e senza effetti collaterali,
ai pazienti che presentano i sintomi come quelli citati nei risultati.
INTRODUZIONE
Motivazione e presentazione della tematica
La musica, i suoni, un linguaggio universale con cui abbiamo a che fare ogni giorno e in
ogni luogo. Io la definisco un’entità che vive in noi ed intorno a noi, che può generare
emozioni, pensieri, riflessioni, può evocare ricordi passati, e può aprire la mente sul
futuro. Insomma, la musica a mio parere risiede ovunque, e in molti casi possiamo
trarne beneficio.
Ho deciso di svolgere la tesi su un argomento concernente la musica perché ogni cosa
che ci circonda, a suo modo, emana dei suoni, delle vibrazioni che entrano in risonanza
col nostro corpo e la nostra mente, suscitando in noi diverse reazioni.
La musica raggiunge tre dei nostri sensi, l’udito, la vista, il tatto: per questo motivo
credo che essa sia un vettore emozionale abbastanza importante. Come un evento che
vediamo, un profumo che sentiamo, un gusto che assaporiamo o un materiale che
tocchiamo può farci provare sensazioni ed emozioni, anche la musica attraverso le
armonie, il tempo, il ritmo, la tonalità, il timbro, le parole, può suscitarne in noi.
Partendo dalla mia esperienza personale con la musica, ho deciso di portare avanti
questa tesi. Perciò mi sono informato sull’esistenza di un approccio musicoterapico
nell’ambito delle cure palliative in quanto entrambi questi temi sono di mio interesse.
È così che ho trovato delle evidenze su questo argomento, un argomento ancora in via
di sviluppo, che richiede il sostegno di ricerche più strutturate, di ricerche quantitative e
non solo qualitative e di campioni di persone più grandi.
La musica è qualcosa di universale ed è applicata in diversi contesti quali: l’ambito
preventivo, nel quale trova spazio la musicoterapia applicata alla gravidanza, ai bambini
in età scolastica, in fase pre-operatoria e nelle cure palliative; l’ambito della
riabilitazione psichiatrica, comprendente tossicodipendenza, demenze, psicosi, disagio
motorio; nell’ambito della riabilitazione neurologica, per esempio nel trattamento
4 dell’afasia, dei pazienti in coma o stato vegetativo persistente e della malattia di
Parkinson.
Il campo di implicazione a cui mi sono riferito per portare avanti la revisione della
letteratura è quello delle cure palliative, in quanto è un ambito che mi interessa
parecchio e in cui, a mio parere, la musica e l’arte in generale possono avere degli
evidenti effetti benefici sull’umore, sulla qualità di vita e sul dolore percepito dalle
persone affette da patologie terminali. Quante volte si sentono affermazioni del tipo “ho
bisogno di rilassarmi con un po’ di musica”, “devo ascoltare qualcosa per sfogarmi”?
Ecco, credo che le persone affette da queste tipologie di malattie abbiano bisogno di
una via di fuga, un aiuto per evadere dalla propria prigione corporea, un pretesto per
poter esprimere le loro emozioni ed instaurare un legame con loro stessi e non con la
malattia.
Procederò nel modo seguente: ci sarà una parte di background contenente delle linee
generali riguardanti la musicoterapia, l’anatomia e il processo di ricezione del suono, le
cure palliative e il dolore percepito dai pazienti con patologie oncologiche. Seguirà una
parte riguardante la metodologia adottata e il procedimento attuato per il reperimento
degli articoli andando poi a presentare il contenuto dei diversi studi e i risultati ottenuti.
Infine ci sarà una riflessione personale su ciò che è sorto dalla letteratura scientifica ed
una valutazione personale sul percorso svolto.
BACKGROUND
La musicoterapia
La World Federation of Music Therapy (WFMT) definisce la musicoterapia come l’uso
professionale della musica e dei suoi elementi come intervento in ambienti medici,
educativi e comuni, con individui, gruppi, famiglie o comunità che cercano di ottimizzare
la loro qualità di vita e migliorare la salute e il benessere fisico, sociale, comunicativo,
emotivo, intellettuale e spirituale. Ricerca, pratica, educazione e formazione clinica in
musicoterapia sono basati su standard professionali in relazione ai contesti culturali,
sociali e politici. (WFMT, 2011).
Lo scopo principale che si pone la musicoterapia, è quello di portare il paziente a
trovare possibilità alternative di comunicazione con sé stesso e l’esterno. Ciò avviene
attraverso una relazione terapeutica basata sull’utilizzo di canali quali il “non-verbale” e
quello corporeo-sonoro-musicale. La musicoterapia ha la caratteristica di coinvolgere
diverse dimensioni appartenenti all’essere umano, tra cui quella cognitiva, quella
motoria e quella pulsionale. La prima concerne la struttura e l’organizzazione dei
processi mentali e del pensiero, la seconda riguarda la gestualità ed i movimenti,
mentre l’ultima ha a che fare con la sfera emozionale ed affettiva.
La musica, i suoni, il suonare uno strumento possono aiutare il paziente
nell’elaborazione delle proprie emozioni sia verso sé stesso, sia verso persone
importanti della sua vita. Così, tramite la mediazione favorita dalla musica, si evita di
minare la relazione terapeutica tra paziente e terapista, tenendo lontane proiezioni di
emozioni e affetti negativi su quest’ultimo (Alvin, 1986).
L’approccio musicoterapico è indirizzato verso l’individuo considerandolo nella sua
globalità e non verso la sua malattia. Lo scopo sta nell’individuare le risorse interne del
paziente per poi andare a svilupparle, così da allontanarle dal processo di isolamento
causato dalla patologia oncologica. Questo modo di agire dovrebbe aiutare il paziente a
distogliere la sua attenzione dalla patologia, spostandola invece sullo stato di
5 benessere, permettendogli di fare nuove esperienze e di esprimersi in maniera
esclusiva grazie alla relazione e alla creatività. La musicoterapia ha un’azione
preventiva, riabilitativa e terapeutica. Proprio grazie a queste caratteristiche il paziente
può sperimentarsi, così da migliorare la propria qualità di vita, in termini di
socializzazione, riduzione dell’ansia, dello stress e della percezione del dolore.
La salute è il risultato dato dalla relazione e dalla comunicazione della rete
interdipendente che costituisce il nostro corpo e che comprende diversi sistemi
informazionali, quali genetico, ormonale, immunologico, psicologico, relazionale,
sociale, ecc. La musicoterapia è focalizzata sul concetto di salute piuttosto che su
quello di malattia. Per questo motivo è necessario intendere la salute come un ritmo
vitale, un processo continuo tendente all’equilibrio che non può essere automatizzato,
ma che implica la possibilità di essere dimentichi di sé. Quando ci si trova in uno stato
di salute non si ha la necessità di ricordarsi di stare bene. Una persona affetta da una
patologia grave, invece, viene condizionata da essa: si crea, infatti, un meccanismo che
la induce a pensare soltanto di essere una persona malata in una situazione di disagio
e difficoltà. A causa di ciò il paziente rischia di rimanere confinato dalla malattia, che lo
priva delle energie necessarie per reagire, rendendolo così impotente di fronte a
quell’entità che rappresenta la sua condanna definitiva.
È proprio in quest’ottica che entra in gioco la musicoterapia, che non deve essere vista
soltanto come una forma di distrazione da paura o da pensieri di morte. L’arteterapia
aiuta il paziente a migliorare il senso di autoefficacia, rendendolo cosciente che è
ancora in grado di dare significato a dei suoni, che può ancora emozionarsi ascoltando
una canzone; tutto questo nella consapevolezza che finché sarà in vita non sarà mai
solo.
La musicoterapia può avere una grande efficacia e si pone come uno dei possibili
strumenti per realizzare il difficile processo del prendersi cura, mantenendo alta la
dignità della persona e conservandone una migliore qualità di vita fino all’ultimo istante
della sua esistenza (Gadamer, 1994).
In questa tabella sono presentate alcune tecniche musicoterapiche utilizzate in ambito
oncologico:
Figura 1 Mahon, Mahon, 2011 6 Musica e cervello
Per poter spiegare gli effetti che la musica può avere sul nostro corpo e sulla nostra
mente è necessario conoscere un po’ di anatomia, in particolare correlata alle aree
cerebrali che si attivano durante l’ascolto di suoni o di musica.
L’udito è uno dei primi sensi che durante il periodo di gravidanza si sviluppa. Infatti, a
soli quattro mesi e mezzo, il feto è in grado di reagire a stimoli acustici. Wulf (2002)
afferma che, attraverso l’udito, il bambino entra in rete, instaura un contatto col mondo.
Si creano associazioni tra le tracce mnesiche delle prime percezioni e i nuovi rumori.
L’udito, a differenza della vista, mantiene un contatto continuo con l’ambiente, anche
durante la notte.
L’apparato uditivo è costituito da due strutture: una centrale e una periferica. La
periferica comprende l’orecchio esterno e medio (padiglione auricolare, membrana
timpanica, cassa timpanica) e l’orecchio interno (organo del corti e nervo acustico). La
parte centrale comprende il nervo acustico o cocleare, i nuclei uditivi, le fibre del tronco
encefalico e le aree uditive centrali. Lo scopo dell’organo sensoriale uditivo è quello di
trasformare stimoli acustici o sonorità in stimoli o segnali nervosi. Questo fenomeno è
chiamato trasduzione ed elabora la quasi totalità dei suoni che arrivano all’orecchio e
che possono arrivare a 109-11bit/sec1. Le sonorità che vengono trasmesse possono
immediatamente generare delle reazioni mediante alcuni riflessi (riflesso
cocleopalpebrale), in alternativa, a livello della via uditiva centrale, subiscono una
profonda elaborazione, detta ottimazione, mediante il fenomeno della percezione
uditiva. Questa riduce il numero di stimoli nervosi (fino ad alcune centinaia di bit al
secondo), seleziona gli stimoli più significativi per ogni individuo (a dipendenza
dell’educazione e dell’esperienza di ciascuno), prepara il materiale di informazione
sonora per attività riflesse superiori soprattutto per quelle legate all’emotività e ai
sentimenti, prepara il materiale di informazione sonora per un ascolto
cosciente/percezione, per una sua memorizzazione.
La percezione uditiva è un’abilità che si sviluppa lungo tutto l’arco della vita, con un
massimo compreso tra i tre e gli otto anni. Le modalità di elaborazione percettiva
variano in ogni individuo, in ogni individuo a dipendenza del momento, a dipendenza
dei gruppi culturali. Ciò non avviene per quanto riguarda il fenomeno di trasduzione.
L’apparato uditivo è sensibile a frequenze comprese tra 20 e 16.000 hertz ed
un’intensità compresa tra 25 e 100/120 decibel.
1 Il bit è la minima unità d’informazione trasmissibile. 7 Orecchio esterno
Il padiglione auricolare raccoglie e convoglia le onde acustiche. Riceve suoni con una
lunghezza d’onda uguale o inferiore alla sua grandezza. Grazie alle circonvoluzioni del
padiglione auricolare, l’orecchio esterno contribuisce alla localizzazione della fonte
dell’emissione sonora. Il meato acustico esterno permette all’onda di percezione di
raggiungere l’orecchio medio. All’interno del meato acustico, per motivi anatomici, vi è
una dispersione delle frequenze e la pressione sonora viene riflessa dai tessuti
circostanti. Infatti solo il 3%
della
pressione
viene
assorbita dalla membrana
timpanica per poi essere
messa in vibrazione. La
membrana
del
timpano
separa l’orecchio esterno
dall’orecchio medio ed è
innervata dal nervo vagale.
Questo nervo costituisce
buona parte del sistema
parasimpatico
che,
col
sistema
simpatico,
costituisce
il
sistema
nervoso autonomo.
Orecchio medio
Questa parte dell’orecchio è
collegata
alla
parte
posteriore
della
bocca
attraverso le trombe di Figura 2 http://images.treccani.it/enc/media/share/images/orig//system/galleries/Enciclopedia_della_Scienza_e_d
Eustachio,
solitamente ella_Tecnica/VOL_2/2_Udi_2.jpg
chiuse da una valvola. La
funzione principale di questa zona è quella di trasmettere l’energia sonora all’orecchio
interno ed è favorita dalla catena di ossa presente nell’orecchio medio (martello,
incudine, staffa). Il martello si trova sulla superficie interna della membrana timpanica e
si articola con l’incudine e la staffa, fissata alla finestra ovale, un’apertura del labirinto
osseo. La pressione sonora all’ingresso della coclea è quasi uguale a quella che incide
sull’orecchio esterno. Questo perché, malgrado la dispersione del suono che avviene
nel meato acustico, la pressione esercitata sulla platina della staffa è fino a venti volte
superiore a quella applicata sulla membrana timpanica. Ciò permette la trasmissione
del suono all’orecchio interno. La maggiore pressione generata per trasmettere il
segnale è realizzata agendo sulla forza (martello, incudine e staffa che fanno da leve) e
sulla superficie (differenza areale). I muscoli, tensore del timpano e strapedio, regolano
la catena degli ossicini e in risposta a stimoli acustici troppo intensi si contraggono
riducendo l’efficienza della trasmissione. Questo è chiamato riflesso di attenuazione.
Orecchio interno
L’orecchio interno è situato all’interno del labirinto osseo, che comprende la coclea e
altre due strutture deputate al mantenimento dell’equilibrio e all’orientamento del corpo
nello spazio: il vestibolo e i canali semicircolari.
8 La coclea è suddivisa in tre camere contenenti liquido:
- La scala vestibolare, che si rapporta alla base della coclea con l’orecchio medio
attraverso la finestra ovale.
- La scala media.
- La scala timpanica, che si rapporta alla base della coclea con l’orecchio medio
attraverso la finestra rotonda.
La scala vestibolare è separata dalla scala media tramite la membrana di Reissner,
mentre la membrana basilare divide la scala media da quella timpanica.
La perilinfa è contenuta nella scala vestibolare e timpanica, la scala media contiene
invece l’endolinfa. Nella parte finale della coclea la scala media si chiude e la scala
timpanica comunica con la vestibolare tramite l’elicotrama.
La membrana basilare contiene al suo interno l’organo di Corti, che si occupa della
trasduzione delle vibrazioni sonore in impulsi nervosi. In questa struttura sono presenti i
ricettori acustici, organizzati in tre serie di cellule ciliate esterne e una serie di cellule
ciliate interne, collegate con le fibre nervose uditive del I° neurone che è situato nel
ganglio spirale, dando origine al nervo acustico. La membrana tectoria ricopre i recettori
acustici, sensibili alle vibrazioni grazie alle terminazioni superiori.
La membrana timpanica trasmette alla catena degli ossicini e questi alla coclea l’onda
pressoria del suono, che aumenta la pressione della perilinfa creando un’onda che
percorre la membrana basilare. Quest’ultima inizia ad
oscillare provocando la vibrazione della membrana
tectoria che a sua volta induce la vibrazione delle ciglia.
In questo punto l’energia meccanica viene trasformata
in energia elettrica.
Vie uditive e corteccia acustica
Come già citato prima, il nervo acustico nasce dalle
cellule del ganglio spirale che si trova nel modiolo della
coclea, composto di cellule bipolari. La parte periferica
finisce nell’organo Spirale del Corti, mentre la parte
centrale costituisce il nervo acustico. Quando viene
generato uno stimolo acustico, esso raggiunge l’organo
spirale del Corti per poi incanalarsi nel nervo acustico. Il
nervo acustico si collega ai nuclei cocleari (dorsale e
ventrale) che si trovano nel bulbo e a livello della
transizione bulbo-pontina. Si tratta della prima zona di
commutazione: le cellule della parte anteriore
reagiscono solo a singoli suoni e ritrasmettono i segnali
ricevuti quasi inalterati, la parte posteriore elabora
invece schemi acustici (inizio o fine di uno stimolo,
variazione di frequenza).
Le fibre del nervo terminano biforcandosi ai due nuclei.
Dalle cellule del nucleo cocleare partono assoni che si
dirigono al nucleo olivare superiore di entrambi i lati del
tronco encefalico, gli assoni dei neuroni olivari
ascendono per il lemnisco laterale e innervano il
collicolo inferiore del mesencefalo. I neuroni del Figura 3 collicolo si indirizzano verso il corpo genicolato http://images.treccani.it/enc/media/share/images/orig//sy
stem/galleries/la_mente/udito_fig_vol1_012120_002.jpg
9 mediale, che è definito come una stazione di integrazione uditiva, verso il collicolo
superiore, che integra informazioni uditive e visive, e verso il cervelletto. Il talamo
agisce da filtro, permettendo la repressione di alcune informazioni ad esempio per
distinguere un solo suono all’interno di un insieme. Da questo punto, tramite radiazioni
acustiche, i segnali arrivano alla corteccia uditiva. La corteccia uditiva primaria si trova
nella prima circonvoluzione del lobo temporale, la corteccia uditiva secondaria circonda
quella primaria. Inoltre ci sono delle aree che si occupano dell’associazione uditiva,
come l’area di Wernicke, situata nell’emisfero sinistro, che si occupa della percezione
del linguaggio.
Aspetti neurovegetativi
La modulazione del sistema neurovegetativo può essere conseguente ad una risposta
emotiva indotta dall’esperienza musicale. Questo potrebbe far variare la frequenza
cardiaca, la pressione arteriosa, il ritmo respiratorio e il riflesso psicogalvanico, cioè le
modificazioni di corrente elettrica causate da stimolazione visiva, acustica, olfattiva,…
Ci sono diversi fattori da cui dipendono l’intensità e la qualità della risposta
neurovegetativa:
- come si dispone il soggetto rispetto all’esperienza di ascolto (abbandono
all’ascolto con importante vissuto emotivo; disposizione critica con assenza di
emozioni)
- la conoscenza
che si ha del
brano musicale
e il contesto in
cui
è
stato
ascoltato; inoltre
se un brano
viene proposto
più volte, la
reazione
emozionale
neurovegetativa
viene
inibita
lentamente
- la
reattività
Figura 4 individuale
http://images.treccani.it/enc/media/share/images/orig//system/galleries/la_mente/sistema_neurovegetativo_fig_vol1
- la
recettività _008230_001.jpg
emozionale
- il genere musicale
Le risposte neurovegetative dipendono inoltre dalla predisposizione di ogni persona a
somatizzare su specifici organi o apparati e dall’azione di determinati brani musicali.
Emozioni piacevoli e spiacevoli possono determinare un aumento della frequenza
cardiaca o delle variazioni della profondità e della frequenza respiratoria. La frequenza
cardiaca e il ritmo respiratorio hanno tendenza alla sincronizzazione se nei brani
proposti sono presenti “accelerando” o “rallentando”. L’ascolto di brani ballabili aumenta
i potenziali d’azione dei muscoli degli arti inferiori, facendo così variare il riflesso
psicogalvanico che può anch’esso essere espressione di benessere o malessere
(Altenmüller, 2005; Galimberti, 2003; Giordano et al., 1999; Manarolo, 2006).
10 Cure palliative e oncologia
Il termine palliativo deriva dal latino “pallium” che significa mantello. In passato il pallium
era il mantello che veniva offerto ai viandanti per proteggersi dal freddo durante le soste
del loro cammino (Bernardi Zucca, 2015, lezione 23 febbraio). L’Organizzazione
Mondiale della Salute ha definito le cure palliative in questo modo: “Le cure palliative
sono un approccio atto a migliorare la qualità di vita dei pazienti, confrontati con una
malattia inguaribile ed evolutiva, e dei loro familiari, attraverso la prevenzione e
l’alleviamento della sofferenza, ottenuti grazie alla precoce identificazione, alla
valutazione accurata ed al trattamento del dolore e dell’insieme dei problemi fisici,
psicosociali e spirituali” (OMS, 2011).
Le cure palliative girano attorno ad alcuni punti essenziali: favorire un buon controllo dei
sintomi e lenire ed alleviare il dolore, è importante instaurare una relazione con la
persona malata e con i familiari; non bisogna prendersi cura soltanto del corpo, ma
bisogna considerare la persona in tutti i suoi aspetti e, in quest’ottica, il lavoro d’equipe
è molto importante per garantire un servizio adeguato e di qualità. Il lavoro su sé stessi
è anche necessario per far fronte alle situazioni spesso emotivamente toccanti che
quest’ambito ci pone (Walter Veri, 2015, lezione 23 febbraio).
Nell’ambito delle cure palliative bisognerebbe riuscire ad avere una visione più olistica
della medicina integrando nella cura quelle potenzialità che non si rifanno
esclusivamente ad un paradigma scientifico, ma che seguono visioni più tradizionali.
Così facendo ci si concentra sulle risorse interne della persona piuttosto che sul
debellare la malattia, in questi casi inguaribile. Nel caso di pazienti terminali, questo è
un concetto centrale per mantenere alta la qualità di vita fino all’ultimo (Möller, 2013;
Bertini, 2013).
Con questo tipo di cure ci si propone di alleviare le sofferenze rispettando i desideri del
paziente, permettendogli di mantenere alta la sua qualità di vita fino alla morte. Inoltre
prendono in considerazione gli aspetti sociali, morali, spirituali e religiosi così da
conferire dignità al percorso che porta alla fine della vita.
In ambito palliativo non vengono somministrati farmaci o trattamenti con lo scopo di
provocare la morte e non si adottano provvedimenti volti a prolungare la vita ad ogni
costo. In più, un’équipe interdisciplinare si occupa di dispensare le cure, occupandosi
del comfort del malato e delle persone a lui vicine (Bernardi Zucca, 2015, lezione 23
febbraio).
Interprofessionalità
L’interprofessionalità presuppone la cooperazione di diversi gruppi professionali. Infatti
la collaborazione tra i diversi operatori socio-sanitari è uno dei punti che caratterizza
l’ambito delle cure palliative. Per favorire il raggiungimento dell’interprofessionalità sono
necessari sia il riconoscimento reciproco e l’apprezzamento delle rispettive competenze
ed esperienze, sia lo scambio di informazioni. La rete che si forma tra i professionisti e
le istituzioni coinvolte garantisce che ci sia una continuità del trattamento e
dell’assistenza.
Il team interprofessionale, può comporsi di personale sanitario di provenienza
universitaria e non. Nel gruppo interprofessionale sono integrati professionisti del
campo sociale e psicologico, assistenti spirituali o altre figure professionali. Anche i
familiari e i caregiver della persona malata possono fornire cure palliative ed è per
questo motivo che devono essere integrati nel team (Binder, von Wartburg, 2011).
Una presa a carico multidisciplinare è necessaria poiché ognuno dei diversi
professionisti ha le proprie competenze: non tutti possono e devono fare tutto, perciò,
per evitare di sobbarcarsi di compiti non relativi al proprio ruolo e rendere così le azioni
11 di cura superficiali e dispersive, sarebbe meglio attenersi alle proprie competenze
principali per assicurare un lavoro di qualità, senza però escludere l’integrazione delle
abilità degli altri professionisti. (Reinholz, 2015, lezione 27 febbraio).
Ruolo del fisioterapista
La fisioterapia in cure palliative è spesso descritta come un lusso, un diversivo o un
surplus. Tuttavia, la letteratura e i bisogni dei pazienti danno una controprova. Abilitare
significa permettere; perciò la riabilitazione è qualcosa che permette di “fare di nuovo”,
ad esempio il poter praticare determinate attività. Il fisioterapista, utilizzando il
ragionamento clinico, deve valutare le risorse residue dei pazienti in cure palliative per
poter in seguito lavorare facendo leva su queste. Il lavoro sulle capacità residue del
paziente implica che ci sia un controllo efficace dei sintomi, sui quali anche il
fisioterapista può incidere. Sintomi comuni come dispnea, dolore, edemi, fatica o
l’inquietudine nei confronti dell’attività, possono essere attenuati grazie all’intervento dei
fisioterapisti, in modo efficace, economico, con effetti secondari limitati e dei positivi
effetti psicosociali. I fisioterapisti possono inoltre individuare le numerose degradazioni
di ordine fisico e, collaborando con l’équipe multidisciplinare, attuare le misure
terapeutiche adeguate.
Il fisioterapista dovrebbe avere delle attitudini comunicative solide e una specifica
formazione. Inoltre, il suo approccio deve essere flessibile perché lo stato dei pazienti
subisce variazioni frequenti. I sintomi, le diagnosi dei diversi professionisti, gli obiettivi
del paziente, la qualità di vita e le situazioni specifiche devono essere analizzate in un
contesto più ampio per avere un’utilità. Se si prende sul serio il compito che consiste
nel favorire l’indipendenza del paziente, è necessario dare a lui e ai suoi parenti un
ruolo attivo nel processo di cura: il trattamento non deve essere messo in atto “sul”
paziente, ma “con” esso.
Il lavoro in cure palliative è probabilmente l’area di applicazione della fisioterapia più
viva (Simader, 2013).
Il dolore in oncologia
Uno degli obiettivi principali nell’ambito delle cure palliative riguarda la terapia del
dolore cronico. Quando ci si trova di fronte ad una persona che presenta una malattia in
stadio molto avanzato, il trattamento antalgico è necessario per diversi motivi: il dolore
progredisce con l’evolvere della patologia e ci si deve poi confrontare con una
combinazione di diversi meccanismi di dolore che bisogna prendere a carico e trattare
in maniera diversa. L’impossibilità di muoversi e l’allettamento obbligato possono
causare nuovi dolori (piaghe da decubito, retrazione muscolare,…) e accrescere quelli
già presenti, la funzionalità degli organi peggiora in poco tempo complicando il
trattamento farmacologico, mentre i fattori psico-socio-spirituali contribuiscono a
configurare il vissuto complessivo del dolore; inoltre le misure farmacologiche e non,
devono essere verificate in base al rapporto effetti desiderati/effetti indesiderati.
Per effettuare una corretta diagnosi del dolore bisogna tener conto di alcune
considerazioni diagnostico-differenziali, comprendenti le sindromi dolorose dovute al
tumore (78%), le sindromi dolorose dovute ai trattamenti (19%), le sindromi dolorose
indipendenti dal tumore e dai trattamenti (3%). Nella prima categoria possiamo trovare,
ad esempio, metastasi ossee, compressioni o infiltrazioni di nervi, compressione di
organi cavi o metastasi in organi interni; nella seconda si collocano gli interventi
chirurgici, la radioterapia, la chemioterapia, mentre nella terza s’intendono sindromi
12 dolorose come artrosi/artrite, nevralgie posterpetiche o altre neuropatie dovute a
diabete, etilismo, ecc. (Neuenschawander, 2007).
Il dolore è una sensazione soggettiva ed è presente ogni volta che la persona lo
esprime.
Per questo è necessario effettuare una valutazione globale bio-psico-socio-spirituale,
cioè una valutazione multidimensionale. Il merito di questa visione si deve a Cicely
Saunders che nel 1967 coniò l’espressione dolore globale o total pain, cioè una
“Sofferenza intensa e persistente che destabilizza l’ammalato sia sul piano fisico,
psicologico, esistenziale che sul piano sociale” (Palumbo, 2015, lezione 26 febbraio).
Infatti, a differenza del dolore acuto, che si presenta come segnale d’allarme scatenato
da un’alterazione organica ed è considerato come un sintomo, il dolore cronico, che
dura a lungo nel tempo (>3 mesi) o che permane oltre il tempo normale di guarigione,
diventa una vera e propria malattia che deve essere trattata esaminando ogni singola
dimensione. Il dolore da moderato a severo è presente nel 70-80% dei casi in pazienti
oncologici con malattia avanzata. Il 40-80% di pazienti di cure palliative con malattia in
fase avanzata e dolore di base controllato, presenta delle esacerbazioni dolorose
transitorie che hanno un’intensità moderata o severa, chiamate breakthrough pain. Per
migliorare la qualità di vita di questi pazienti è necessario riconoscere questo tipo di
dolore così da prenderlo in carico attivamente e in modo rapido (CC SCP, 2014).
La dimensione fisica (bio) si riferisce a ciò che prova il paziente, come reagiscono le
componenti prettamente legate al corpo; la dimensione psichica (psico) si riferisce alle
sensazioni, ai ricordi e a tutto quello che la malattia suscita a livello psicologico; la
dimensione sociale (socio) riguarda la modifica del ruolo della persona nel suo contesto
socio-culturale, la relazione con l’ambiente, con il partner, la famiglia e le altre persone
in generale; la dimensione spirituale comprende le domande esistenziali e di natura
trascendentale che ognuno di noi si pone a un certo punto della vita.
Prima di qualsiasi trattamento è necessario tenere presenti anche le esperienze con
terapie precedenti così da prevedere ostacoli e possibilità di miglioramento.
Per quanto riguarda la dimensione fisica si rileva la localizzazione, la durata, la qualità
del dolore e i fattori scatenanti e influenti, durante il movimento e a riposo. Bisogna fare
una differenziazione tra dolori nocicettivi e dolori neuropatici. Il dolore nocicettivo può
essere somatico o viscerale, mentre il dolore neuropatico può essere causato da dolori
disestesici (da deafferentazione) o dolori nevralgici.
Un dolore somatico si caratterizza per i sintomi costanti o intermittenti, tormentosi,
occasionalmente spasmodici e localizzati con precisione. Un dolore viscerale invece è
caratterizzato dalla costanza del sintomo, che può essere trafittivo, costrittivo,
spasmodico ed è mal localizzato, spesso riferito o irradiante.
Un dolore disestesico è stabilmente urente e talvolta irradiante, mentre un dolore
nevralgico dà dolori urenti improvvisi ed elettrizzanti molto forti.
I dolori nocicettivi possono essere scatenati e/o esacerbati da movimenti o posture.
Nella dimensione psichica una persona può incorrere in fattori psichici di stress come
cambiamento dell’umore, frustrazione, distorsione dell’immagine di sé, complessi di
inferiorità, paura della morte, disturbi del sonno, depressione, ecc. Per attuare una
giusta terapia farmacologica del dolore è importante indagare i punti sopra citati
(Neuenschawander, 2007). Si dovrebbero favorire e incentivare le risorse e le
potenzialità stesse del paziente per una miglior gestione dei sintomi e per aiutarlo ad
elaborare in modo adeguato gli eventi stressanti. Per questo motivo bisogna mantenere
un costante dialogo col paziente e le persone di riferimento.
La dimensione sociale mette l’ambiente che circonda il paziente in primo piano. I
bisogni e le abitudini giornaliere della persona sono un punto centrale di questa
13 dimensione e si cerca di rafforzare l’autonomia e le risorse della persona. Un ruolo
fondamentale è attribuito alle persone di riferimento, alla cerchia di amici e conoscenti,
alla situazione abitativa, alla situazione finanziaria e inerente alle assicurazioni sociali,
all’organizzazione dei lavori domestici, all’accudimento dei bambini, al lavoro, alla
scuola e al tempo libero (Binder, von Wartburg, 2011). È importante comprendere come
il dolore incida sulla qualità di vita della persona, così da poter definire gli obiettivi della
terapia antalgica. Ci sono alcuni aspetti rilevanti che influiscono sul total pain, quali il
ritiro sociale e la riduzione dei ruoli, l’alterazione qualitativa e quantitativa dei contatti
interpersonali, la diminuzione delle possibilità di auto-aiuto, le preoccupazioni
finanziarie e sul futuro dei familiari.
All’interno della dimensione spirituale si trovano i rancori sul proprio vissuto e le
preoccupazioni sulla propria sorte, la sensazione di inutilità e di vuoto interiore, la
ribellione. Anche queste variabili possono influenzare notevolmente il vissuto del dolore
(Neuenschawander, 2007). Un accompagnamento spirituale può favorire il
miglioramento della qualità di vita soggettiva e preservare la dignità della persona di
fronte alla malattia, alla sofferenza e alla morte. Inoltre, tiene conto della biografia e del
sistema personale di valori e credenze della persona (Binder, von Wartburg, 2011).
METODOLOGIA
Giustificazione, scopo, obiettivi
Gli obiettivi che mi sono prefissato per questo lavoro sono i seguenti: come viene
gestito e che caratteristiche ha il dolore in ambito oncologico, quali metodi di
trattamento vengono presi in considerazione e come incidono sulla qualità di vita della
persona, verificare se la musicoterapia può essere d’aiuto in cure palliative nell’alleviare
il dolore e nel miglioramento della qualità di vita.
L’ipotesi da cui sono partito è questa: la musicoterapia porta beneficio a persone affette
da una patologia oncologica per quanto concerne il dolore e la qualità di vita.
L’ipotesi nulla è che la musicoterapia non incida in alcun modo su queste due variabili.
Domanda di ricerca del lavoro di Bachelor
La domanda che mi son posto e alla quale mi piacerebbe rispondere elaborando la mia
tesi è: “La musica ha un effetto sulla modulazione del dolore e sulla qualità della vita di
pazienti affetti da patologia oncologica?”
Perciò con questa revisione intendo indagare se, grazie alla musica, si può ottenere un
riscontro positivo sulla percezione del dolore e sulla qualità di vita in pazienti oncologici.
Scelta della metodologia
Essendo il tema che ho scelto molto ampio e ancora in fase di sviluppo e avendo io
poca esperienza in questo campo, ho pensato di svolgere una revisione della
letteratura. Per impostarla ho utilizzato il libro di testo citato in bibliografia (Kumar,
cap.3, 2014).
14 Messa in atto della metodologia
Definizione del quesito di ricerca
La domanda su cui si basa la ricerca è: “La musica ha un effetto sulla modulazione del
dolore e sulla qualità della vita di pazienti affetti da patologia oncologica?”
Criteri d’inclusione
• PICO; P: adulti affetti da patologie oncologiche, I: musicoterapia, O: dolore e
qualità di vita.
• Articoli su banche dati, su riviste, tesi altrui.
• Studi pubblicati dopo l’anno 2000.
• Studi in italiano, inglese.
• Studi primari e review perché la quantità degli studi in questo campo è ancora
limitata.
• Pazienti adulti
• Studi provenienti da tutto il mondo
Strategia di ricerca
• Database utilizzati: “Pubmed”, “CINAHL”, “Cochrane Library”, “Medline”, “Pedro”.
• Editori: “Elsevier (Science Direct)”, “Springer Link/Kluwer”, “SAGE Research
Methods Online”.
• Stringa di ricerca:
((((((oncology) OR oncology patients) OR cancer) OR palliative) OR palliative care)
OR palliative care cancer) OR hospice
AND
((music) OR music therapy) OR music therapy cancer
AND
((quality of life) OR pain) OR cancer pain
•
•
•
Operatori boleani utilizzati: “AND” e “OR”.
Utilizzando questa stringa di ricerca sono arrivato a trovare 8 articoli utilizzabili
per svolgere una revisione della letteratura sull’argomento da me scelto.
PubMed: trovati 218 articoli, inserendo i seguenti filtri “human”, “anno
pubblicazione da 01.01.2000 a 31.12.2015”, “adult 19+ years” ne sono stati
esclusi 140, rimanendo perciò con 78 articoli. Di questi 78 ho fatto una selezione
in base al tema di interesse del mio lavoro e sono arrivato a selezionarne 6,
presenti nella mia tabella.
CINAHL: trovati 473 articoli, inserendo i seguenti filtri “tutti i database”, “human”,
“anno pubblicazione January 2000-December 2015”, “age group: all adult” ne
sono stati esclusi 177, rimanendo perciò con 296 articoli. Di questi 296 ho fatto
una selezione in base al tema di interesse del mio lavoro e sono arrivato a
selezionarne 6, di cui 4 già presenti in PubMed.
Ho utilizzato la bibliografia degli articoli in mio possesso per trovare ulteriori
articoli da poter utilizzare.
Studi esclusi
Sono stati esclusi tutti gli studi che si riferiscono all’applicazione della musicoterapia in
psichiatria, con persone affetta da autismo, in quanto l’area di interesse è quella
15 oncologica e di cure palliative; escluso anche l’intervento musicoterapico in ambito
pediatrico perché l’area che vorrei indagare si riferisce alla fascia d’età adulta; articoli
che parlano dell’utilizzo della musicoterapia pre/post-interventi chirurgici per ridurre
l’ansia, musicoterapia per favorire il rilassamento muscolare, la fatica e alleviare lo
stress, sono stati anch’essi esclusi.
Studi inclusi
Gli studi inclusi nella ricerca sono 8 ed hanno un range di pubblicazione che va dal
2003 al 2014. Sono compresi 3 studi di controllo randomizzati, 2 studi quantitativi, 1
studio pilota, 1 introduzione alla musicoterapia, 1 presentazione di caso.
La provenienza degli studi è variata: 5 USA, 2 Taiwan, 1 Italia.
Sono stati inclusi nella revisione gli studi che descrivono il ruolo che può aver la musica
in cure palliative e in cui sono presenti dei riscontri riguardo gli effetti della
musicoterapia sul dolore e sulla qualità di vita in pazienti con patologie oncologiche.
X
2
2011
X
2013
2014
X
X
7
8
X
2011
X
X
5
Randomized
controlled trial
Randomized
controlled trial
Music therapy reduces pain in palliative
care patients, a randomized controlled
trial
Effects of Live Sax Music on Various
Physiological Parameters, Pain Level,
and Mood Level in Cancer Patients, A
Randomized Controlled Trial
Gutgsell K.J.,
Schluchter M.,
Margevicius S.,
DeGolia P.A.,
McLaughlin B.,
Harris M.,
Mecklenburg J.,
Wiencek C.
Burrai F.,
Micheluzzi V.,
Bugani V.
Introduction to
music therapy
The Role of Music Therapy in Palliative
Medicine and Supportive Care
Gallagher L.M.
Music Therapy: A Valuable Adjunct in the
Oncology Setting
Pilot study
Chih-Yuan C., WeiEffects of music therapy on subjective
Ru H., Pei-Chun
2010
sensations and heart rate variability in
L., Shuenn-Tsong
treated cancer survivors, a pilot study
Y.
Mahon E.M.,
Mahon S.M.
Scopo
Risultati
La qualità della vita è risultata migliore nei pazienti che hanno
ricevuto musicoterapia, ed è aumentata con ogni sessione. I
pazienti nel gruppo di controllo hanno provato una qualità di vita
peggiore rispetto a quelli del gruppo sperimentale e, senza musica,
la loro qualità di vita ha continuato a decrescere.
La maggior parte dei pazienti e delle famiglie che hanno
partecipato, hanno avuto una risposta positiva allamusicoterapia, ed
i risultati hanno dimostrato la sua efficacia. Siccome la
musicoterapia ha avuto un effetto significativo sui sintomi comuni di
pazienti con malattie croniche e/o terminali, come il dolore, l'ansia,
la depressione, e la mancanza di respiro, si suggerisce che la
musicoterapia sarebbe un vantaggio per i programmi di medicina
palliativa.
Offrire una scelta musicale familiare e culturalmente appropriata è
stata la chiave dell’intervento. La musica soft è sicura, efficace, e
apprezzata dai partecipanti. Ha fornito un maggiore sollievo dal
dolore da cancro rispetto al solo utilizzo di analgesici. Per questo,
gli infermieri dovrebbero offrire musica rilassante e familiare per
completare la terapia analgesica per le persone con dolore da
cancro.
Determinare gli effetti della musica dal vivo con
sassofono su vari parametri fisiologici, livello di dolore,
e il livello dell'umore.
Determinare l'efficacia di una singola sessione di
musicoterapia per ridurre il dolore in pazienti di cure
palliative.
Fornire un'introduzione alla musicoterapia nel
continuum della cura del cancro.
La musica dal vivo eseguita con un sassofono si potrebbe
introdurre nella cura oncologica per migliorare la saturazione e
l'umore dei pazienti oncologici.
Un singolo intervento di musicoterapia che include rilassamento
autogeno e musica dal vivo guidato da un musicoterapista è
risultato efficace nel ridurre il dolore nei pazienti in cure palliative.
La musicoterapia fornita da un terapista professionalmente
preparato può essere una forma di medicina complementare sicura
e utile in oncologia per diminuire lo stress e l'ansia dei pazienti,
alleviare il dolore, fornire distrazione, e promuovere l'espressione
dei sentimenti.
Lo scopo di questo studio è quello di determinare se la
Due ore di musicoterapia aumentano significativamente le
musicoterapia influenza le sensazioni di affaticamento, sensazioni di rilassamento e fanno decrescere quele di fatica in
comfort, e relax in pazienti affetti da cancro, e se
pazienti affetti da cancro. Inoltre, i parametri HRV hanno mostrato
influenza le attività del sistema nervoso simpatico e
che l'attività del sistema nervoso parasimpatico è aumentata e
parasimpatico come indicato dai parametri HRV.
quella del sistema nervoso simpatico diminuito.
Esaminare gli effetti della musica sul dolore dato dal
cancro.
Valutare oggettivamente l'effetto della musica su
pazienti con malattie avanzate.
Valutare l'effetto della musicoterapia sulla qualità di
vita, sulla lunghezza della vita in cura, sullo stato fisico
Quantitative study
e sulla relazione tra la morte e l'ultimo intervento di
musicoterapia.
Tipo di articolo
Randomized
controlled trial
X
6
The effects of music therapy on the
quality and lenght of life of people
diagnosed with terminal cancer
Titolo
Gallagher L.M.,
Lagman R., Walsh The clinical effects of music therapy in
Quantitative study
D., Davis M.P.,
palliative medicine
LeGrand S.B.
Hilliard R.E.
Autore
Huang S.T., Good The effectiveness of music in relieving
2010 M., Zauszniewski pain in cancer patients, a randomized
J.A.
controlled trial
2006
2003
X
X
X
4
3
X
1
N° PubMed CINAHL Anno
16 Sintesi degli articoli
17 RISULTATI
Contenuto degli studi
Negli studi presi in considerazione, sono stati utilizzati diversi metodi per condurre le
ricerche. Gli obiettivi presentati da ognuna di esse sono abbastanza variati, essendo la
musicoterapia in ambito oncologico una disciplina in fase di sviluppo ed essendo il
mondo della musica ricco di diversità e quasi sempre in evoluzione. Negli articoli trovati,
si vuole valutare l’effetto della musicoterapia su pazienti con malattie avanzate in cure
palliative (Gallagher, Lagman, Walsh, Davis, LeGrand, 2006), determinare se la
musicoterapia può influenzare il sistema nervoso simpatico e parasimpatico ed avere
un effetto sulla fatigue, sul comfort e sul rilassamento in persone affette da cancro
(Chih-Yuan, Wei-Ru, Pei-Chun, Shuenn-Tsong, 2010), investigare se la musica ha un
efficacia nell’alleviare il dolore in pazienti oncologici (Huang, Good, Zauszniewski, 2010;
Gutgsell, Schluchter, Margevicius, DeGolia, McLaughlin, Harris, Mecklenburg, Wiencek,
2013; Burrai, Micheluzzi, Bugani, 2014) e osservare se la musicoterapia ha un effetto
sulla qualità e sulla lunghezza della vita di queste persone (Hilliard, 2003).
Andando a ricercare sul sito ufficiale della Federazione Mondiale di Musicoterapia ho
costatato che durante il 14° congresso mondiale di musicoterapia, tenutosi dal 7 al 12
luglio 2014 in Austria, sono state presentate soltanto cinque ricerche concernenti la
musicoterapia in ambito oncologico. Questo dato può far capire come la ricerca in
questo campo sia ancora agli albori, anche se la letteratura concernente l’uso della
musicoterapia con pazienti malati terminali o cronici è in continua crescita (Gallagher,
Lagman, Walsh, Davis, LeGrand, 2006).
Come accennato inizialmente, le metodologie adottate sono svariate: nello studio svolto
da Gallagher, Lagman, Walsh, Davis, LeGrand (2006), “The clinical effects of music
therapy in palliative medicine” le sessioni di musicoterapia, comprendenti ognuna una
valutazione e un intervento, sono state condotte da un musicoterapista certificato o da
uno studente in musicoterapia guidato dal professionista. Gli obiettivi sono stati
selezionati in modo da soddisfare non solo i bisogni del paziente, ma anche le esigenze
dei familiari presenti durante la sessione; inoltre, sono stati presi in considerazione
anche gli obiettivi che il musicoterapista ha ritenuto opportuno inserire. Per la raccolta
dei dati sono state utilizzate sia all’inizio che alla fine di ogni seduta la Rogers’
Happy/Sad Faces Assessment Tool 2 e la Visual Analog Scale (VAS) per indagare
diversi sintomi, tra i quali si trovano ansia, depressione, dolore e mancanza di respiro.
Inoltre è stata utilizzata una scala comportamentale adattata dalla Riley Infant Pain
Scale e dalla Nursing Assessment of Pain Intensity per analizzare le espressioni
facciali, i movimenti del corpo, il sonno e la verbalizzazione dei pazienti.
Una popolazione di 23 donne è stata selezionata nello studio svolto da Chih-Yuan, WeiRu, Pei-Chun, Shuenn-Tsong (2010), “Effects of music therapy on subjective
sensations and heart rate variability in treated cancer survivors, a pilot study”. Per
essere incluse, le pazienti dovevano rispettare determinati criteri: i trattamenti chirurgici
e la chemioterapia dovevano essere stati completati da almeno 6 mesi, non dovevano
avere storie pregresse di problemi psichiatrici e le funzioni cognitive dovevano essere
intatte. All’inizio della procedura si sono lasciati cinque minuti di riposo alle pazienti per
stabilizzare la frequenza cardiaca e respiratoria, dopodiché è stato fatto un
2 Scala formata da cinque facce usata per indagare l’umore prima e dopo la seduta di musicoterapia. 18 elettrocardiogramma (ECG) ed è stata utilizzata la Visual Analog Mood Scale (VAMS)
per misurare il livello di comfort, fatica e rilassamento. Lo stesso procedimento è stato
messo in atto dopo l’intervento di musicoterapia della durata di due ore. La sessione
consisteva in tre attività: la prima era volta ad instaurare un rapporto tra terapisti e
partecipanti attraverso l’ascolto e il canto; la seconda attività consisteva nell’imparare a
suonare degli strumenti semplici per far acquisire ai partecipanti sicurezza di sé; nella
terza, l’obiettivo era quello di suonare le principali cinque note di “Grandfather’s clock”,
accompagnati dal terapista alla tastiera. Lo scopo delle attività proposte era quello di
incoraggiare le partecipanti ad esprimere sé stesse e di provare emozioni positive
suonando.
Nello studio svolto da Huang, Good, Zauszniewski (2010), “The effectiveness of music
in relieving pain in cancer patients, a randomized controlled trial”, sono stati selezionati,
in due centri ospedalieri di Kaoshiung City, uomini e donne di maggiore età provenienti
dai reparti di oncologia, cure palliative e unità per il recupero respiratorio e
gastrointestinale, con una diagnosi di cancro e con un livello di dolore maggiore o
uguale a 3 su una scala da 1 a 10. I pazienti dovevano essere di lingua inglese o
taiwanese ed essere in grado di dare il proprio consenso per la partecipazione alla
ricerca. Sono stati esclusi i pazienti che nel mese precedente hanno subito un
intervento chirurgico. Da 482 pazienti ne sono stati estratti 187, e di questi 187 soltanto
129 hanno dato il proprio consenso per lo svolgimento della ricerca. Il campione finale
era composto da 126 persone di cui 62 inserite nel gruppo sperimentale e 64 nel
gruppo di controllo. Il range di età andava dai 18 agli 85 anni. Più della metà dei
pazienti presentava un tumore allo stadio IV (54%) e il 64% del campione aveva un
cancro metastasico.
La musica utilizzata per il gruppo sperimentale aveva caratteristiche ben precise: sono
state utilizzate quattro audiocassette, due contenenti musica buddhista e folk taiwanese
e due contenenti musica americana per arpa e pianoforte. Era presente un’importante
componente melodica e i BPM erano compresi tra 60 ed 80. Il volume e l’intonazione
erano controllati.
L’ascolto è avvenuto per mezzo di auricolari per permettere alle persone coinvolte di
concentrarsi di più ed evitare di disturbare gli altri. Il 71% ha scelto musica orientale,
mentre solo il 29% ha scelto quella occidentale.
Durante la sperimentazione, durata trenta minuti, è stata misurata l’intensità del dolore
provocata dal cancro percepita nelle ultime ventiquattro ore e alla fine del test, i farmaci
somministrati e in circolo durante la prova, le tipologie di risposte alla musica e le
variabili demografiche. Il grado di dolore è stato indagato tramite l’utilizzo della scala
VAS; per escludere eventuali interferenze con l’intervento musicoterapico, è stato
monitorato l’effetto dei farmaci assunti in precedenza, registrando nome, frequenza,
dosaggio di questi. Infine sia il gruppo sperimentale, sia il gruppo di controllo sono stati
invitati a commentare la propria esperienza riguardo la fruizione musicale. Solo al
gruppo sperimentale è stata sottoposta un’intervista riguardo l’efficacia della
musicoterapia.
Nello studio di Burrai, Micheluzzi e Bugani, “Effects of Live Sax Music on Various
Physiological Parameters, Pain Level, and Mood Level in Cancer Patients, A
Randomized Controlled Trial”, svolto nel 2014, si sono voluti indagare gli effetti della
musica live, prodotta per mezzo di un sax, sui parametri fisiologici, sul livello del dolore
e dell’umore in pazienti affetti da cancro. Sono state escluse le persone con problemi di
udito, deficit cognitivi e un’aspettativa di vita minore di un mese. Le misure di outcome
19 utilizzate sono state le seguenti: il livello dell’umore, misurato tramite VAS da 0 a 10,
dove 0 indicava un umore positivo e 10 lo stato d’animo percepito dal paziente come
peggiore in assoluto; il livello di dolore, misurato tramite VAS da 0 a 10, dove 0 indicava
assenza di dolore e 10 il dolore peggiore; pressione sistolica e diastolica e frequenza
cardiaca, misurate con un apparecchio digitale; la glicemia e la saturazione (misurate
attraverso l’uso di apparecchi specifici). I pazienti randomizzati sono stati 52, 26
assegnati al gruppo di controllo e 26 al gruppo sperimentale. Un’infermiera con una
formazione olistica e con abilità musicali ha suonato il sax ai pazienti appartenenti al
gruppo di musica. Tutti gli interventi musicali sono stati eseguiti in una camera singola
col paziente sdraiato sul letto e la porta chiusa. All’interno di questa stanza il paziente è
stato invitato a scegliere 5 o 6 brani con stili e generi differenti. Dopodiché i brani scelti
venivano suonati al sassofono per una durata complessiva di trenta minuti. I pazienti
del gruppo controllo al posto della mezz’ora di musica rimanevano a riposo nel letto in
silenzio.
In uno studio svolto nel 2013 allo University Hospital Case Medical Center di Cleveland,
dai ricercatori Gutgsell, Schluchter, Margevicius, DeGolia, McLaughlin, Harris,
Mecklenburg, Wiencek, “Music therapy reduces pain in palliative care patients, a
randomized controlled trial”, si è voluto indagare se la musica potesse avere un effetto
sulla riduzione del dolore di pazienti degenti in cure palliative. I criteri per includere i
pazienti nello studio sono stati i seguenti: diagnosi di una malattia avanzata e
potenzialmente mortale, popolazione dai diciotto anni in su, dolore superiore o
equivalente a 3 su una scala di valutazione numerica (NRS) da 0 a 10, capacità di
comprendere l’inglese, pazienti vigili ed orientati a persone e luoghi e capaci di valutare
il proprio dolore sulla scala numerica. La NRS è stata presa in considerazione come
outcome primario. Come outcome secondario è stata usata la scala Face, Legs,
Activity, Cry, Consolability (FLACC), che valuta il comportamento del paziente rispetto
al dolore osservando i suoi atteggiamenti. Il punteggio totale è compreso tra 0 e 10, e
ad ogni variabile suddetta si può attribuire un punteggio che va da 0 a 2. Un altro
outcome secondario utilizzato è stata la Functional Pain Scale (FPS); questa scala
valuta sia la percezione soggettiva del dolore provato dal paziente, sia il suo impatto
sulle attività giornaliere. I punteggi delle varie scale sono stati sondati prima e dopo la
seduta da un’infermiera specializzata.
L’intervento è stato svolto da una musicoterapista professionista per una durata di 20
minuti. All’inizio della seduta sono state date indicazioni verbali per il rilassamento
autogeno: per circa un minuto il paziente ha dovuto prestare attenzione al proprio
respiro, in seguito, la musicoterapista ha guidato il paziente nello svolgimento di un
rilassamento muscolare autogeno. Dopo questa procedura il paziente è stato invitato ad
immaginare un luogo a sua scelta, di immaginare odori, suoni, sapori e sensazioni
presenti in questo posto. A questo punto, la musicoterapista ha informato il/la paziente
che avrebbe iniziato a suonare l’ocean drum (inizialmente è stato chiesto ai partecipanti
se avessero gradito o meno un’introduzione musicale con questo strumento, prima di
passare all’ascolto dell’arpa), per passare poi all’arpa, così da favorire l’esplorazione
del luogo immaginato. Il brano riprodotto all’arpa è stato scelto dalla terapista in base
alla propria esperienza ed è stato lo stesso per tutti i pazienti del gruppo sperimentale.
Alla fine della seduta i pazienti sono stati invitati ad abbandonare il luogo immaginario
per rientrare nella stanza d’ospedale, con la consapevolezza che quel luogo di salvezza
è stato frutto di una loro ricerca interiore, e che avrebbero potuto ritornarci in ogni
momento. Dopo la valutazione del dolore svolta dall’infermiera, la musicoterapista è
20 rientrata in camera del paziente per terminare la seduta di trattamento, offrendo un CD
contenente i brani utilizzati.
Nel gruppo di controllo la musicoterapista ha semplicemente invitato il paziente a
rilassarsi, senza nessun’altra spiegazione concernente il rilassamento muscolare
autogeno e senza accompagnamento musicale, ed è uscita dalla stanza. Dopo venti
minuti, la stessa infermiera ha valutato il dolore tramite le tre scale di misurazione, e la
musicoterapista, finito il test, ha comunque concesso una seduta di musicoterapia e
consegnato il CD alle persone del gruppo di controllo.
Infine, lo studio di Hillard, “The effects of music therapy on the quality and lenght of life
of people diagnosed with terminal cancer”, svolto nel 2003, ha voluto valutare l’effetto
della musicoterapia sulla qualità di vita, sulla lunghezza della vita, sullo stato fisico e sul
rapporto tra l’evento della morte e l’ultimo intervento musicoterapico. Sono stati
selezionati 80 pazienti con una diagnosi di cancro, svolta da almeno due medici, e con
una prognosi di vita di sei mesi o meno. Le persone selezionate, facenti parte della
fascia d’età adulta, erano state recentemente ammesse in hospice, benché
continuassero ad abitare nelle loro case. Sono stati scelti in numero eguale uomini e
donne con un’età di circa 65 anni. I criteri di inclusione per la partecipazione alla ricerca
erano i seguenti: diagnosi di cancro, soggetti adulti, soggetti risiedenti nelle loro case,
soggetti con una speranza di vita di almeno 2 settimane, inoltre, i partecipanti dovevano
essere in grado di rispondere a domande riguardanti la qualità di vita percepita ed
essere consenzienti alla partecipazione. Sono stati creati due gruppi: un gruppo di
controllo (N=40), ricevente le cure di routine dell’hospice (cure mediche, assistenza a
casa per la cura personale, supporto spirituale, supporto psicologico), e un gruppo
sperimentale (N=40), ricevente le cure di routine dell’hospice più la musicoterapia. Le
variabili indipendenti erano le cure fornite dall’hospice e la musicoterapia, mentre quelle
dipendenti erano la qualità della vita, misurata tramite la Hospice Quality of Life IndexRevised (HQLI-R) e la Palliative Performance Scale (PPS), la lunghezza della vita e la
relazione tra il momento della morte e l’ultima visita del musicoterapista, misurate
entrambe in giorni.
All’ammissione in hospice i pazienti sono stati valutati da un’infermiera così da
verificare i criteri di inclusione allo studio. Se il paziente veniva inserito nel gruppo di
controllo, un consulente di supporto alla famiglia andava in visita dalla persona
interessata per completare la valutazione psicosociale. Durante la visita veniva spiegata
la natura dello studio e si rispondeva ad eventuali domande. Alla fine della visita veniva
fatto compilare l’HQLI-R. Il consulente decideva di conseguenza con che frequenza
passare (settimanalmente o due volte al mese) a fare la visita e a far compilare l’HQLIR.
Se, invece, il paziente veniva assegnato al gruppo sperimentale, era direttamente il
musicoterapista a fargli visita a domicilio, così da effettuare una valutazione
musicoterapica. Durante la prima visita, in questo caso, era il musicoterapista ad
occuparsi delle spiegazioni sulla natura dello studio e a rispondere ad eventuali
domande. Dopo la valutazione, il musicoterapista ha condotto anche una seduta live di
musicoterapia. Infine è stato fatto compilare l’HQLI-R. Questo questionario veniva
sottoposto ai pazienti del gruppo sperimentale ad ogni seduta di musicoterapia.
Per entrambi i gruppi, un’infermiera sottoponeva la PPS entro 48 ore dall’ammissione in
hospice.
I musicoterapisti impegnati in questo studio hanno usato diverse tecniche
musicoterapiche, tra le quali si ritrovano: la scelta di canzoni da parte dell’utente, la
21 reminiscenza indotta dalla musica, il canto, l’ascolto di musica live, l’analisi di testi,
suonare uno strumento, eccetera.
Tutti i partecipanti hanno ricevuto almeno due sessioni di musicoterapia.
Risultati ottenuti
Da questi studi emerge che la musica può avere degli effetti benefici sulle quattro sfere,
citate nel background, che costituiscono l’essere umano: la sfera biologica, la sfera
psicologica, la sfera sociale e la sfera spirituale.
L’ipotesi iniziale è la seguente: la musicoterapia può portare beneficio a persone affette
da una patologia oncologica per quanto concerne il dolore e la qualità di vita. Dai
risultati che sono emersi dagli studi presi in considerazione si può concludere
affermando la valenza dell’ipotesi iniziale ed escludendo quindi l’ipotesi nulla.
Le metodologie adottate sono state diverse e così anche i risultati ottenuti. In quattro
studi si è potuta riscontrare una diminuzione della percezione del dolore da parte dei
pazienti sottoposti a musicoterapia (Gallagher, Lagman, Walsh, Davis, LeGrand, 2006;
Huang, Good, Zauszniewski, 2010; Gutgsell, Schluchter, Margevicius, DeGolia,
McLaughlin, Harris, Mecklenburg, Wiencek, 2013; Burrai, Micheluzzi, Bugani, 2014).
Per quanto riguarda la qualità di vita, soltanto uno studio di quelli trovati ne parla ed il
risultato è abbastanza interessante: nello studio svolto da Hillard (2003), si è constatato
come la qualità di vita aumentasse di sessione in sessione musicoterapica. La cosa
interessante è che questo miglioramento non era dettato dal regredire della malattia,
anzi, malgrado la malattia continuasse a progredire, i pazienti percepivano una buona
qualità di vita, o comunque migliore dei pazienti del gruppo di controllo, in cui la qualità
di vita percepita diminuiva con l’avanzare della patologia.
Inoltre sono stati recepiti altri benefici dati dalla musicoterapia nell’ambito palliativo, tra
cui il miglioramento di sintomi come l’ansia, la depressione (Gallagher, Lagman, Walsh,
Davis, LeGrand, 2006; Burrai, Micheluzzi, Bugani, 2014), la mancanza di respiro
(Gallagher, Lagman, Walsh, Davis, LeGrand, 2006), la sensazione di fatigue (ChihYuan, Wei-Ru, Pei-Chun, Shuenn-Tsong, 2010) e l’angoscia percepita (Huang, Good,
Zauszniewski, 2010; Burrai, Micheluzzi, Bugani, 2014).
Dal punto di vista fisiologico si è notato anche un aumento della saturazione in alcuni
pazienti che mostravano una diminuzione della fatigue, della sonnolenza, un aumento
della forza e un miglioramento dei movimenti coordinati. Per quanto riguarda la
sensazione di rilassamento, pare che la musica faciliti le attività del sistema nervoso
parasimpatico correlate ad essa (Chih-Yuan, Wei-Ru, Pei-Chun, Shuenn-Tsong, 2010).
L’umore è un'altra variabile che può essere influenzata dalla musica, come è stato
evidenziato nello studio di Burrai, Micheluzzi, Bugani (2014), si è visto come la musica
live prodotta da un sassofono porti ad un miglioramento dell’umore con un effetto
conseguente sulla riduzione dell’ansia, della depressione e del livello del dolore. In più il
livello di coping dei pazienti risultava migliore, così come la comunicazione delle loro
difficoltà e la percezione del loro corpo erano differenti.
Altri risultati hanno dimostrato che la musica non ha degli effetti evidenti sulle funzioni
fisiche soggettive e sulla lunghezza della vita (Hilliard, 2003) e sulle variabili fisiologiche
(Burrai, Micheluzzi, Bugani, 2014).
Un ulteriore dato interessante riguarda il fatto che non vi è alcuna differenza statistica
tra le persone che possiedono un background musicale e quelle che non ce l’hanno
(Gallagher, Lagman, Walsh, Davis, LeGrand, 2006; Huang, Good, Zauszniewski, 2010).
22 Infatti, come ho già affermato nell’introduzione, non bisogna avere doti particolari per
apprezzare la musica in quanto è un linguaggio universale e chiaro, accessibile e
comprensibile per chiunque.
Per concludere questa parte ho deciso di soffermarmi maggiormente sui risultati dello
studio svolto da Huang, Good, Zauszniewski (2010) poiché mi sono sembrati
significativi. Dopo la prova di trenta minuti, il valore medio dell’intensità più bassa di
dolore percepito e dell’angoscia nel gruppo sperimentale è risultata lieve, invece, nel
gruppo di controllo resta moderata. Sebbene nessun partecipante avesse mai avuto
esperienze dirette di tipo musicale in passato (il 97% ha dichiarato di non aver mai
cantato in un coro o suonato uno strumento), dopo trenta minuti di ascolto musicale, il
65% dei pazienti appartenenti al gruppo sperimentale ha riferito di aver utilizzato la
musica sia per rilassarsi che per distrarsi dal dolore provocato dal cancro. Il 43% del
gruppo ha considerato la musica da moderatamente a molto utile per alleviare il dolore
ed il 46% dei partecipanti si addormenta. In più, quasi tutti i componenti del gruppo
(92%) hanno giudicato soddisfacenti le scelte musicali dei ricercatori. Riguardo la scelta
del tipo di musica (americana o taiwanese), non si sono riscontrate differenze
significative di dolore post-test tra le persone che hanno scelto l’uno o l’altro tipo di
musica.
Nel gruppo soggetto alla musicoterapia recettiva, i livelli di dolore e di angoscia
percepiti sono stati significativamente più bassi, rispetto a quelli del gruppo di controllo.
Gli autori hanno ottenuto questi risultati:
1. La musicoterapia può essere un efficace analgesico non invasivo e privo di
controindicazioni.
2. Il gruppo sperimentale ha ottenuto dei punteggi in percentuale più bassi del 37%
per il dolore percepito e del 44% per l’angoscia rispetto al gruppo di controllo.
3. Il 42% del gruppo sperimentale (26/62 persone) ha ottenuto un abbassamento
della soglia del dolore maggiore o uguale al 50%, con un valore di NNT (numero
di pazienti da sottoporre al trattamento per avere da uno di essi un sollievo del
50%) uguale a 3. Nel gruppo di controllo questo è avvenuto solo nell’8% del
sottocampione (5/64 persone).
La conclusione finale che hanno tratto i ricercatori è che la musica può essere molto
utile ad alleviare le sofferenze dei pazienti affetti da cancro ed è scevra da effetti
collaterali.
Possibili sviluppi di ricerca
Secondo gli studi presi in considerazione
Non sono ancora chiari gli effetti che la musicoterapia può avere sul nostro organismo.
Proprio per questo alcuni autori, alla fine della loro ricerca, hanno voluto dare dei
suggerimenti per lo sviluppo di ricerche future. Si potrebbero investigare i benefici della
musicoterapia non solo sull’umore del paziente, ma anche sull’umore dei familiari. Un
altro tema interessante su cui indagare sarebbe la durata dell’effetto della
musicoterapia; valutare l’impatto della musicoterapia rispetto a quello dell’effetto
placebo; indagare se il beneficio della musicoterapia sia cumulativo, cioè se aumenti
con l’avanzare delle sedute; ci sono diversi fattori che potrebbero influenzare i risultati
di una seduta musicoterapica che si potrebbero analizzare per scoprire se uno di questi
prevale sugli altri. Di questi fanno parte la musica in sé, il fatto che qualcuno si stia
prendendo cura del paziente, la relazione terapeutica che s’instaura tra paziente e
terapista o una combinazione dei tre fattori precedenti (Gallagher, Lagman, Walsh,
Davis, LeGrand, 2006).
23 Altri autori hanno dato ulteriori spunti di indagine. Si potrebbe indagare sulla richiesta di
farmaci per la gestione del dolore da parte dei pazienti dopo aver ricevuto un
trattamento musicoterapico; verificare se gli interventi musicoterapici hanno un effetto
cumulativo sulla riduzione del dolore; osservare per quanto perdura l’effetto di riduzione
del dolore dopo la seduta di musicoterapia; indagare se il dolore diminuisce nei pazienti
inclusi nel gruppo di controllo che in seguito ricevono un intervento musicoterapico;
verificare se, registrando una sessione di musicoterapia e somministrandola come
trattamento, si ottengono gli stessi effetti della medesima seduta condotta dal vivo
(Gutgsell, Schluchter, Margevicius, DeGolia, McLaughlin, Harris, Mecklenburg,
Wiencek, 2013).
Il mio punto di vista
Durante lo svolgimento della tesi, approfondendo le tematiche concernenti il suono e la
musica in generale, e in base a quanto viene esposto dai ricercatori, sento di potermi
esprimere riguardo a quelli che possono essere dei possibili spunti per le ricerche
future.
Il nostro cervello è in grado di lavorare su diverse frequenze in risposta ai diversi
bisogni. Sono presenti le onde beta, che vanno da 12 a 30 hertz, le onde alfa, da 8 a 11
hertz, le onde theta, da 4 a 7 hertz, le onde delta, da 0.5 a 3 hertz. Ad ognuna di queste
frequenze appartiene uno stato specifico: lo stato beta corrisponde allo stato di allerta e
concentrazione (stato di veglia), lo stato alfa rende la mente calma e ricettiva, acutizza
la concentrazione e permette un rilassamento vigile, lo stato theta è lo stato della
meditazione profonda, della visualizzazione, dell’ispirazione creativa e della fase REM
(sogno), allo stato delta appartengono invece il sonno profondo e il subconscio
(Tristano Tuis3, 2010).
Nella società odierna, i ritmi quotidiani e lavorativi sempre più elevati portano il nostro
corpo e il nostro cervello a sintonizzarsi su una frequenza disarmonica (chiamata dai
ricercatori “decoerenza neurale dello stato beta”). Se questo stato permane, non viene
favorito un sonno ristoratore, necessario al buon funzionamento e all’equilibrio del
nostro organismo. Questo permanere per tempi prolungati sulla banda dello stato beta
cronicizza lo stato di allerta, andando a sovraccaricare il nostro sistema nervoso e
causando quello che, attualmente, viene chiamato “stress”. Tutto ciò è il risultato
dell’effetto neuroendocrino di questa disarmonia di frequenze presente nell’ecosistema
umano che, non essendo biocompatibile, facilita l’instaurarsi di processi patologici
nell’uomo ed ostacola un processo cognitivo ottimale (Tristano Tuis, 2010).
Sarebbe interessante indagare quale effetto a lungo termine possa avere l’esposizione
a queste frequenze sul nostro organismo, osservando il comportamento del sistema
nervoso autonomo.
Limiti della ricerca
Secondo gli studi presi in considerazione
In due studi che ho preso in considerazione sono stati esposti alcuni dei limiti che
presentavano: nello studio svolto da Gallagher, Lagman, Walsh, Davis, LeGrand
(2006), il musicoterapista si è occupato anche della raccolta dati. Questo fatto potrebbe
aver traviato i risultati in quanto egli poteva essere un po’ di parte. Inoltre, ci potrebbe
essere la possibilità che i pazienti rispondessero in modo positivo per accontentare il
3 Riccardo Tristano Tuis è compositore, scrittore, ricercatore e creatore della Neurosonic Programming, una neuro-­‐
tecnologia per la riprogrammazione neurale e l’auto-­‐miglioramento che sincretizza e ottimizza tecniche foniche, neurolinguistiche ed iniziatiche. 24 terapista, sebbene l’intento era quello di rimanere il più oggettivo possibile. Per evitare
questo inconveniente sarebbe meglio designare una persona, diversa dal
musicoterapista, che si occupi della raccolta dati.
Gli autori Gutgsell, Schluchter, Margevicius, DeGolia, McLaughlin, Harris, Mecklenburg,
Wiencek, svolto nel 2013, hanno posto come limite il fatto che il risultato della loro
ricerca non si può generalizzare a tutti i pazienti in cure palliative.
Il mio punto di vista
A mio parere, le ricerche che prendono in considerazione l’ambito artistico, in questo
caso quello musicale, applicato a una disciplina sanitaria, hanno principalmente un
limite legato, di fatto, alla variabilità e vastità dei contenuti. Infatti, in campo musicale il
territorio è vastissimo, i generi musicali sono moltissimi e sono in continua evoluzione.
Inoltre, quando si parla di musicoterapia ricettiva suonata live, il ruolo del musicista e
dell’interpretazione del/i brano/i scelto/i, hanno un ruolo importante. La visione
soggettiva delle persone coinvolte negli studi è una variabile fondamentale: in uno
studio quantitativo, il procedimento deve essere standardizzato e riproducibile. In
ricerche di questo tipo, risulta limitante applicare i canoni metodologici tipici della ricerca
quantitativa, dato l’elevato grado di soggettività che impone il trattamento musicale: il
carattere, la cultura, i vissuti delle persone influenzano assai il modo di percepire e
quindi di “metabolizzare” un certo tipo di musica.
DISCUSSIONE
Considerazioni personali sui risultati
Aree cerebrali poste ad una certa distanza tra loro si attivano grazie all’esposizione ad
uno stimolo sonoro musicale: le aree uditive primaria e secondaria si occupano del
riconoscimento di input acustici; l’area di Broca per la sintassi musicale e l’area di
Wernicke per la comprensione, sono entrambe aree deputate alle abilità linguistiche e
all’interpretazione cognitiva dei suoni; l’emisfero destro si occupa delle caratteristiche
più complessive della percezione, quali tempo e profilo melodico, mentre l’emisfero
sinistro analizza gli intervalli, il ritmo e la costruzione armonica; l’armonia, la melodia, il
ritmo e il metro attivano il giro fusiforme di destra; il talamo, la corteccia frontale e
l’amigdala vengono stimolati da input emotivi come quelli dati dalla voce umana.
Durante l’ascolto della musica, si attivano anche il sistema di controllo motorio e
dell’immaginazione motoria, solitamente attivati durante una performance musicale, e
comprendenti le aree premotorie frontali di destra, l’emisfero del cervelletto sinistro e
una maggiore attivazione della corteccia frontale mediale: in sostanza si esegue
un’attività di allenamento mentale (mental training). L’intenzione e la motivazione del
soggetto sono correlate all’attività dell’area parietale posteriore; infine, secondo i
ricercatori del Wisconsin Medical College e del Veterans Affairs Medical Center del
New Mexico (2000), la corteccia parietale destra e i gangli della base sono responsabili
della percezione dello scorrimento del tempo (Manarolo, 2006). Questo è il contributo
degli studi neuroscientifici sulla musica e l’effetto di essa sul cervello umano.
Come si è potuto osservare dagli studi analizzati nella revisione e dalla precedente
digressione sulle neuroscienze, sembra che la musica possa avere degli effetti sul
nostro organismo, benché non siano ancora del tutto chiari i meccanismi con cui essa
agisca sul corpo e la mente della persona.
25 È proprio osservando i risultati di questi studi che vorrei cominciare la discussione
parlando della musica negli ospedali o nei luoghi di cura.
La routine quotidiana, sia degli operatori, sia degli utenti, in queste strutture è spesso
accompagnata da un sottofondo “musicale”, emesso dalle stazioni radio, e da tutta una
serie di suoni provenienti dagli strumenti tecnologici, dai campanelli, dal via vai delle
persone e delle loro voci. Suoni che siamo obbligati a sentire durante tutto l’arco del
giorno e, a volte, della notte, senza avere la possibilità di scegliere un ambiente sonoro
consono al nostro modo di essere. Insomma, ci troviamo in un vortice di frequenze e di
sonorità, capace di destabilizzare l’equilibrio del nostro organismo, non per forza in
modo negativo. L’udito è un senso, e attraverso i sensi l’uomo prova emozioni; per
questo motivo la musica trova posto nel contesto fisioterapico. Questo mio pensiero
nasce dalle esperienze che ho avuto fino ad ora, dove in sedi di stage la radio era
costantemente accesa. Per questo motivo penso che la musica rientri, in un certo qual
modo, nel setting fisioterapico, perciò potrebbe essere utile curare anche questo
aspetto nella presa in carico dei nostri pazienti. Osservando il contesto fisioterapico
attraverso i cinque sensi, si può notare come almeno quattro su cinque abbiano un
ruolo importante nell’accoglienza della persona e nel farla sentire a proprio agio: la
vista, l’olfatto, l’udito e, molto importante in questa professione, il tatto. Se si riuscisse a
creare un equilibrio tra queste variabili, a mio parere, la presa in carico potrebbe
diventare ottimale. Al giorno d’oggi, si presta molta attenzione ai fattori visivi, olfattivi e
tattili. Quindi, perché non prendere in considerazione anche quello uditivo, visti i
benefici privi di controindicazioni e di effetti collaterali che la musica può dare?
La musica potrebbe diventare un potente mezzo relazionale e terapeutico che, in alcuni
casi, faciliterebbe il contatto tra terapista e paziente e il contatto del paziente con sé
stesso, con il suo corpo e con le sue emozioni. La musica è un canale astratto, ma
contemporaneamente concreto, del mondo emozionale.
Non è soltanto suono, alla musica appartiene anche il silenzio. Si pensi a uno spartito
musicale: laddove il brano richiede un
momento di silenzio, la pausa è indicata
con dei simboli precisi sul pentagramma
(Figura 4). Si pensi anche ad un’orchestra
composta da vari strumenti: a seconda di
ciò che il brano vuole trasmettere,
saranno presenti dei momenti in cui gli
strumenti, sostenendosi su dei silenzi, si
daranno degli spazi, così da creare un
rapporto dinamico ed armonico tra gli
4 http://www.accordiespartiti.it/wp-­‐
elementi dell’orchestra e tra l’orchestra Figura content/uploads/2013/01/valori-­‐musicali-­‐pause.png
stessa ed il pubblico.
Questo discorso potrebbe essere applicato anche nel contesto fisioterapico, per quanto
concerne la relazione tra terapista e paziente. A mio parere, soprattutto il primo contatto
con il paziente e il conseguente processo di raccolta dati, possono risultare abbastanza
delicati: i momenti di dialogo tra paziente e terapista sono intercalati da momenti di
silenzio; silenzi di riflessione, silenzi di ascolto, silenzi di raccoglimento e, alcune volte,
silenzi necessari al terapista per trascrivere le informazioni raccolte, che per la persona
bisognosa potrebbero trasformarsi in situazioni spiacevoli, dove possono emergere
pensieri sulla situazione attuale e ricordi sui vissuti passati. A tal proposito, è
significativo questo paragrafo estrapolato dal libro Manuale di musicoterapia - Teoria,
metodo e applicazioni della Musicoterapia di Manarolo (2006):
26 L’incontro con l’altro, il suo ascolto, presuppone il silenzio, un silenzio, come afferma Petrella
(1996-1997), sia esterno che interno (…).
Ma questo ritrarci in uno spazio silenzioso per predisporci all’incontro con l’altro implica un
incontro preliminare; quello con noi stessi o meglio con quelle parti di noi solitamente coperte dal
brusio esterno e interno; questo incontro può essere problematico, il silenzio, il vuoto che esso
descrive può essere abitato dai nostri fantasmi, si possono evidenziare aspetti non integrati,
possono emergere vissuti depressivi se non persecutori (il silenzio amplifica l’assenza
sollecitando un vissuto abbandonico, il silenzio si riempie di minacciose presenze).
È necessario attraversare questi territori, bonificarli dalle presenze più inquietanti e dolorose per
poter vivere il silenzio come una dimensione introspettiva, non un non-luogo dove perdersi,
confusi dall’emergere dei propri fantasmi, ma uno spazio domestico dove ritrovarsi in una
dimensione integrata pronti ad accogliere l’altro (Manarolo, 2006, p.170).
Inevitabilmente l’ascolto diventa un altro punto cardine correlato sia al tema della
musica e del suono, sia alle professioni sanitarie, in particolare alla relazione tra
terapista e paziente. Anche in questo caso mi è sembrato utile riprendere un passo del
suddetto libro:
In musicoterapia ascoltiamo il nostro paziente per dare voce alla sua musica interiore, alla sua
espressività, ma altresì impieghiamo l’ascolto in quanto parte integrante di un setting di
musicoterapia attiva e di musicoterapia recettiva, per educarlo ad ascoltare e ad ascoltarsi
(Manarolo, 2006, p.173).
Queste parole riassumono molto bene anche quel che avviene nella relazione di cura
che si stabilisce tra fisioterapista e paziente: come “terapista del corpo”, il fisioterapista,
generalmente si pone l’obiettivo di “riaccordare” il corpo, riarmonizzandolo rispetto al
dolore, alle problematiche, ai fastidi e alle limitazioni date dalle condizioni patologiche
(nei limiti delle sue competenze). Il musicoterapista aiuta il paziente a ritrovare le
proprie energie, il proprio essere; grazie alla musica, grazie alla possibilità di esprimersi
che viene data al paziente, gli si fa capire che è ancora in grado di provare emozioni
positive, che non deve riconoscersi nella malattia, ma deve riconoscersi per quello che
è stato. Anche il fisioterapista svolge un lavoro simile, rivolto piuttosto verso la
percezione e l’accettazione del proprio corpo. Infatti, anche in questo caso, soprattutto
quando i pazienti presentano dolore cronico, tendono ad identificarsi con il proprio
dolore e non con la globalità della propria persona, fatta di vissuti anche positivi e non
solo negativi. Sia musicoterapista, sia fisioterapista dovrebbero riuscire a portare il
paziente ad ascoltare il proprio corpo, il proprio essere, non la propria malattia.
La società di oggi, basata sullo stress, sulla competizione e sui soldi, a mio parere,
predispone molto i soggetti a dimenticarsi di sé. Ci si dimentica di ascoltare i propri
bisogni interiori, si vuol fare sempre di più, si vuol dimostrare di essere sempre i
migliori, dimenticandosi di prendersi cura del proprio Io interiore. Siamo perennemente
bombardati da stimoli esterni, provenienti da apparecchi elettronici, automobili,
lampioni, ecc., che ci allontanano sempre di più quel legame profondo che un tempo
avevamo con noi stessi e al contempo con la natura.
Dico ciò perché leggendo le ricerche che ho revisionato in questa tesi, mi sono fatto
una personale idea sulla patologia tumorale: vedo il cancro come un accumulo
eccessivo di emozioni negative che, inconsapevolmente, sovraccaricano il nostro
sistema “uomo”, inteso come unione tra mente e corpo, creando uno stress subdolo
che di conseguenza carica in modo smisurato un nostro organo fino a portarlo allo
stremo delle sue capacità causando un malfunzionamento di esso e mandandolo in
esaurimento. Per questo motivo è importante che ogni persona si ritagli i propri
momenti di riflessione, che coltivi le proprie passioni per poter arricchire la propria
persona, che esprima il proprio benessere e il proprio disagio nel momento del bisogno.
27 Ecco perché penso che la musica, e le terapie basate sull’arte in generale, possano
dare un valido sostegno e aiuto alle persone affette da questa patologia. Proprio perché
danno la possibilità ad esse di confrontarsi con sé stesse, con le proprie paure, con i
propri perché, portandole ad ascoltarsi, a scoprire la propria forza creatrice interiore e a
trovare nuove strategie di coping volte ad agevolare la loro situazione attuale
migliorando la qualità di vita e la percezione delle varie problematiche che si
presentano.
Le ricerche sono metodologicamente ancora poco strutturate e i risultati approssimativi,
ma, dal mio punto di vista, la scientificità non è tutto: trascurando la parte più “umana”
della presa a carico di un paziente, senza prendere in considerazione la persona nella
sua globalità, soprattutto nell’ambito delle cure palliative, il trattamento non porterà il
giovamento ipotizzato, ma sarebbe ridotto ad un mero gesto tecnico.
L’arte, l’espressività, l’esprimersi, sono la miglior cura contro la sofferenza interiore.
CONCLUSIONI
Valutazione personale
Questo lavoro di tesi mi ha permesso di affrontare il tema delle cure palliative e di avere
un primo approccio con la musicoterapia, ambito su cui vorrei indirizzare la mia futura
professione.
Riguardo alla domanda che mi sono posto all’inizio della ricerca, posso dire di essermi
avvicinato al raggiungimento dell’obiettivo che mi ero prefissato ovvero quello di
indagare se la musica possa incidere sulla qualità di vita e sulla modulazione del dolore
nei pazienti oncologici.
Tramite la stringa di ricerca che ho utilizzato, ho trovato pochi studi riguardanti la
musicoterapia applicata a quest’ambito, proprio perché è un’applicazione della
professione ancora poco esplorata. I risultati degli studi sembrano essere comunque
incoraggianti riguardo all’utilizzo della musica come terapia aggiuntiva ai pazienti
ricoverati in cure palliative. Infatti, riprendendo le due variabili su cui mi sono basato per
formulare la stringa di ricerca, posso dire di essere soddisfatto dei risultati ottenuti: in
quattro studi si è riscontrata una diminuzione della percezione del dolore, mentre in un
solo studio si è osservato un aumento della qualità di vita. La difficoltà a reperire articoli,
non era del tutto inaspettata: la musicoterapia di per sé, è una disciplina ancora poco
approfondita a livello scientifico e i suoi effetti non sono valutabili quantitativamente.
Inoltre, applicata all’ambito oncologico, vi sono ancora meno evidenze.
La difficoltà principale che ho riscontrato durante la stesura della tesi, è stata
l’inesperienza nell’impostare la struttura per svolgere una revisione della letteratura in
linea con gli schemi scientifici imposti (elaborare un background adeguato che fornisse
le informazioni teoriche necessarie a comprendere gli argomenti trattati, strutturare la
ricerca nei database seguendo una metodologia corretta, analizzare e discutere i
contenuti e i risultati degli studi).
Un’altra difficoltà è stata la selezione degli argomenti più importanti meritevoli di
approfondimento, soprattutto per il background e per la discussione. Questo è da
attribuire al fatto che l’ambito, essendo molto vasto, permette di spaziare su più fronti.
28 Svolgere questa tesi e scoprire che la musica può incidere sul nostro organismo e di
conseguenza sulla nostra quotidianità, oltre a rendere più consistenti le mie riflessioni
sull’entità musica, mi ha portato a ragionare sul ruolo che riveste il suono in ambito
sanitario e nella società in generale. Nonostante la scienza sia necessaria per
comprovare l’efficacia dei trattamenti e per svolgere la nostra professione in un’ottica
EBP (Evidence Based Practice), in modo da offrire all’utenza un servizio di qualità e
basato su studi comprovati, sono dell’idea che le terapie complementari - tra cui la
musicoterapia - non debbano essere sottovalutate solo per il fatto che la produzione di
letteratura scientifica di qualità sia difficoltosa.
Pertanto, mi sento di concludere questa tesi esponendo un mio pensiero: spero che il
futuro doni, all’ambito sanitario, una maggiore flessibilità riguardo l’utilizzo delle terapie
complementari, riconoscendone la validità in termini di relazione e accoglienza della
persona e dei suoi bisogni, basandosi non solo su ciò che è scientificamente
dimostrabile e dimostrato.
La musica è una forma d’arte antica, che affonda le sue radici nella natura. In passato è
già stata utilizzata in ambito curativo, si pensi all’utilizzo che ne facevano gli sciamani:
durante un rituale sciamanico, egli poteva incanalare l’energia spirituale per riporla in
una persona sofferente, attribuendo così al suono una caratteristica curativa (Walker,
2003). Perciò, perché non dare maggior rilevanza a quella “medicina” arcaica e
misteriosa che, in fondo, altro non è che la base primordiale della medicina moderna?
RINGRAZIAMENTI
Ringrazio le persone a me più care per il sostegno, il mio direttore di tesi Gianpiero
Capra per gli utili consigli e la musica, che ogni giorno mi regala grandi soddisfazioni.
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Lavoro approvato in data:
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