qui - BeltradeGabriele.net

Transcript

qui - BeltradeGabriele.net
OMELIA ALLA COMUNITÀ PASTORALE
S.MARIA BELTRADE E S. GABRIELE ARCANGELO
MILANO, DOMENICA 27 SETTEMBRE 2015
di don Asiri Wijetunga Kalpa
In una cittadina meravigliosa affacciata sull’oceano indiano dello Sri Lanka, ha vissuto una
piccola famiglia cristiana composta da mamma Samanthi, papà Aruna Santhi e tre figli.
A vegliare su questa famiglia c’era anche nonna Mery: una giovane donna molto buona e autorevole.
Come spesso capita nelle famiglie povere del sud del mondo, per migliorare la condizione di vita
della famiglia, i genitori dovettero intraprendere un viaggio in un lontano paese dell’occidente;
partirono dunque costretti dalla povertà, con tanta nostalgia nel cuore e la ferma decisione di tornare
non appena possibile.
Tuttavia gli anni passarono senza che mamma e papà potessero tornare a casa. I figli, che erano stati
affidati alla nonna, crebbero e nell'adolescenza incominciarono a sentire un po' di nostalgia dei
genitori...
Un giorno la sera improvvisamente la nonna stette male, il figlio più grande corse subito dal vicino a
cercare aiuto perché aveva una macchina (non erano in molti ad averla in quella cittadina); il vicino
prese la nonna e la portò in ospedale, ma prima di uscire ella ebbe il tempo di sussurrare al figlio
maggiore: “sei il più grande, prenditi cura dei tuoi fratelli”.
Ma quella sera la nonna non tornò mai più a casa!
Mamma Samanthi e papà Santhi tornarono dunque a prendere i loro ragazzi; e dopo aver celebrato il
funerale della nonna, ripartirono tutti insieme per l’Italia. Fu così che i tre fratelli ritrovarono i
genitori, ma persero tutti i loro amici e il maggiore perse anche il suo primo amore.
A settembre dunque, il fratello maggiore cominciò la scuola professionale di meccanica, ma dopo
solo due anni dovette interrompere per andare a lavorare, i genitori, infatti, da soli non ce la facevano
a sostenere tutti. In questo modo, a circa venti anni, era ormai un esperto tecnico della manutenzione
degli impianti industriali.
Il mondo del lavoro era qualcosa di nuovo per lui e lo cambiò profondamente. Il fatto di avere in
mano dei soldi gli dava una libertà mai conosciuta prima: comprò la macchina, poteva uscire la sera
con nuovi amici e frequentare alcune ragazze.
Ma un giorno, di nuovo, qualcosa arrivò a stravolgere la vita della famiglia: una malattia abbastanza
grave al fegato costrinse a letto in ospedale per tre settimane il figlio maggiore.
Il tempo in ospedale fu lungo e solitario, pieno di silenzio; al ragazzo montò la paura e la paura lo
spinse a farsi molte domande: cosa faccio ora? Se dovessi morire che cosa ho concluso fino adesso?
Dove sono arrivato? Che cosa lascio alla mia famiglia? Ho curato davvero mio fratello e mia sorella,
come la nonna mi aveva raccomandato?
Egli si rispose che aveva vissuto con troppa leggerezza, sprecando in passatempi gli anni importanti
in cui avrebbe potuto costruire relazioni profonde, diventare responsabile, aiutare gli altri e
soprattutto essere un buon fratello maggiore.
In quel tempo egli provò sentimenti nuovi: aveva paura di morire e si sentiva solo perché tranne i
famigliari e qualche amico, nessuno andò a trovarlo.
Lì, su quel letto di ospedale, davanti all'idea improvvisa della morte, si sentì inconsistente.
Uscito dall'ospedale, non poteva ancora tornare al lavoro per la convalescenza, doveva stare quasi
sempre in casa e prese anche l'abitudine di andare in Chiesa il pomeriggio sul tardi, per avere un
posto silenzioso e solitario in cui pensare; in questo la Chiesa e l'ospedale gli pareva si
assomigliassero.
Un giorno si fermò anche alla messa e sentì quella pagina del vangelo di Giovanni che dice: “Non sia
turbato il vostro cuore, credete in Dio e credete anche in me. Nella casa del padre mio ci sono molte
dimore se no ve lo avrei detto, vado a preparavi un posto e quando sarò andato ritornerò e vi
prenderò con me; perché dove sono io siate anche voi”.
Sentì tutta la verità di queste parole: anche nella sua vita, nonostante tutto, il Signore era vicino e gli
aveva preparato una strada.
Ora, per la verità quel ragazzo sono proprio io. (vostro figlio e fratello)
Mentre racconto questa storia, non posso non rendermi conto, che non succede nulla a caso!
Guardandomi indietro credo di vedere un Dio che mi ha preservato sin dall’inizio. Mi sorgono
quindi alcune domande: perché proprio io? Perché mi voleva per sé a tutti i costi? Perché un amore
così grande per me?
Tuttavia a quei tempi non riuscivo a sentire così chiaramente la sua presenza nella mia vita, cosi
decisi di andare a un ritiro spirituale propostomi per approfondire i movimenti interiori della mia
anima. Terminato il tempo di ritiro capii che volevo donarmi totalmente al Signore.
Dopo l’intuizione compì gli ultimi studi, sempre alla scuola serale per diplomarmi e subito dopo
decisi di lasciare il lavoro per verificare se quella Voce che intuivo fosse vera scegliendo di entrare in
seminario Diocesano di Milano. Ed ecco, oggi, dopo un lungo cammino attraverso mille difficoltà,
davanti ad un punto di non ritorno sento la sua voce che mi dice: “Ricordati di tutto il cammino che
il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere... il Signore tuo Dio sta per farti entrare in un paese fertile”.
(Dt 8)
Ogni giorno (con i suoi alti e bassi) mi sembra come quel primo giorno che l’ho conosciuto, quando
ho sentito la Sua Voce. Vorrei esprimerlo con le parole di un canto che mi è molto caro:
“Era un giorno come tanti altri e quel giorno lui passò,
Era un uomo come tanti altri e passando mi chiamò,
Come lo sapesse che il mio nome era proprio quello,
Come mai vedesse proprio me nella sua vita non lo so
Era un giorno come tanti altri e quel giorno mi chiamò”