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Mobbing, come uscirne
MOLTI DIRIGENTI SOTTOVALUTANO IL MOBBING. LO CONSIDERANO UN FASTIDIO, MA ESSO DANNEGGIA
CONSIDEREVOLMENTE ANCHE L’AZIENDA.
Secondo l’ultimo monitoraggio effettuato dall’ISPESL (Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del
Lavoro), nel nostro Paese le vittime del mobbing ammontano a oltre un milione. Il fenomeno è più presente nel Nord
Italia (65%) e colpisce maggiormente le donne (52%). Le categorie più esposte risultano essere gli impiegati e i
diplomati. Per quanto riguarda la durata delle azioni mobbizzanti, il 40% dei casi ha durata da un anno a due anni; il
30% dei casi oltre due anni; il 27% dei casi da sei mesi a un anno.
Secondo un autorevole rapporto della Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro
(Fondazione di Dublino), le vittime di mobbing sul posto di lavoro sono circa l’8% dei lavoratori dell’U.E., pari a circa
12 milioni di persone. L’Italia si pone al di sotto della media europea. In testa alla classifica si pongono Regno Unito,
Svezia e Francia.
Purtroppo la realtà è ben diversa. Il dato di confronto con gli altri Stati europei “appare buono” solamente perché nel
nostro Paese non si riesce ancora a ben stimare il fenomeno in termini quantitativi. Inoltre bisogna sottolineare come il
mobbing risulti strettamente connesso all’ambiente culturale in cui ha luogo. A tal riguardo si osserva che i lavoratori
italiani difficilmente riconoscono ed accettano di essere vittime di mobbing, e tendono ad addossare la colpa della
situazione interamente su se stessi. Cattiverie, pettegolezzi, vessazioni, umiliazioni, vere e proprie malvagità di capi e
colleghi sono ritenute il più delle volte la regola del gioco e spesso sdrammatizzati da parenti e amici ai quali vengono
raccontati. In Italia mentre il lavoratore è convinto che le persecuzioni sul posto di lavoro siano la norma, tanto da non
percepirne il problema, molti dirigenti non considerano il mobbing un pericolo. Questi comportamenti, se trascinati
nel tempo senza il giusto e adeguato intervento, potrebbero sfociare in situazioni pericolose e spesso irreparabili.
Il mobbing è un problema da non sottovalutare, comporta conseguenze dannose: per il lavoratore (tra cui: insonnia,
gastrite, demotivazione, depressione, isolamento sociale, disturbi d’ansia e umore, perdita d’autostima, espulsione
della vittima dal contesto lavorativo), per l’azienda e, in misura minore, per il mobber stesso
Mobbing, come uscirne
Dunque il mobbing danneggia anche l’azienda: essa viene colpita nell'efficienza e nella produttività, in
quanto esso provoca una inutile dispersione di risorse (tempo, intelligenza, informazione, know-how). I danni
creati dal fenomeno di cui trattasi comportano dei costi concreti e oggettivi. Secondo alcune autorevoli
ricerche, un lavoratore vittima di mobbing, ha un tasso di produttività ed efficienza inferiore del 60% ed un
costo per l’azienda del 180%. Secondo l’organizzazione Internazionale del lavoro, il costo totale annuo delle
violenze psicologiche ammontano, per un azienda di mille dipendenti, a circa 155.000 euro.
Quando un ambiente di lavoro “sano” è colpito dall’“infezione del mobbing” (che può essere più o meno
estesa) si riscontrano per le aziende delle ricadute in termini di costi e numerosi effetti dannosi
sull’organizzazione. Il gruppo di lavoro interessato accusa una riduzione dell’efficienza, della capacità
produttiva e una bassa qualità nelle prestazioni mentre il tasso di assenteismo per malattia tende a crescere.
In tale contesto, aumentano la conflittualità, le difficoltà relazionali, gli infortuni sul lavoro, lo scarso interesse,
le richieste di cambio mansione, il turnover, i problemi disciplinari, il contenzioso: tutto ciò crea un clima
altamente negativo.
L’azienda dovrà sostenere dei “costi evitabili” tra cui: quelli necessari per sostituire il lavoratore
mobbizzato durante la sua assenza per malattia oppure quelli di ricerca, selezione e formazione del
personale che vada a sostituire il mobbizzato costretto ad uscire dall’azienda o dal mondo del lavoro. Ciò
causerà un aumento del costo del prodotto a discapito della qualità, con insoddisfazione del cliente.
Per altro verso il lavoratore, per la sua condizione, avrà grosse difficoltà a trovare una nuova occupazione,
mentre l’azienda dovrà affrontare ulteriori “effetti collaterali” tra cui i costi legali, i risarcimenti danni e i danni
dovuti ad una conseguente perdita d’immagine.
Premesso che non esistono formule magiche che liberino con certezza dal mobbing, e poiché l’azione su un
caso in atto può risultare piuttosto complessa e ardua, è consigliabile una valida opera di prevenzione
che sia indirizzata da un lato all’azienda e dall’altro ai singoli individui, con l’obiettivo di impedire che
con il trascorrere del tempo situazioni di stress o un banale conflitto irrisolto possano diventare un dannoso
caso di mobbing.
Mobbing, come uscirne
Nel caso dell’intervento diretto all’azienda, si dovrebbe attuare una formazione mirata che corregga ed indirizzi
adeguatamente, in primo luogo, il management e il lavoro dell’Ufficio Risorse Umane, oltre che creare la cosiddetta
“cultura del litigio”. La cultura del litigio è un programma formativo rivolto alle aziende. Esso deve partire dall’alto ed essere
diretto dall’ufficio risorse umane o dai vertici dirigenziali. L’obiettivo è quello di rendere trasparente e chiaro il conflitto in
modo da poterlo riconoscere ed averne una visione obiettiva ed imparziale. Questa strategia va a beneficio sia
dell’azienda che dei singoli lavoratori. Nelle aziende dove manca la cultura del litigio, il conflitto tradizionale logora e
distrugge le energie dei contendenti, le quali sono rivolte le une contro le altre. Il punto di vista dell’altro diviene
un’opportunità di crescita e di arricchimento personale, i problemi sono risolti più velocemente ed il clima organizzativo è
più sereno, per cui i dipendenti lavorano meglio e sono più produttivi. Le Risorse Umane e il Management si trovano
sempre più spesso a dover gestire situazioni e strategie comportamentali volte alla distruzione psicologica, sociale e
professionale delle vittime. Essi devono imparare a riconoscere, “curare” e soprattutto prevenire le situazioni di mobbing.
Molti autorevoli studi demandano la responsabilità del mobbing a carenze di informazione interna, a errori
manageriali nell’organizzazione e nella distribuzione del lavoro (tra cui: difetti nella gestione del personale, cattive
condizioni di lavoro, scarso livello etico dell’azienda, incapacità di gestione del conflitto, sovra o sotto-occupazione, una
carente organizzazione e distribuzione del lavoro) e/o all’errata conduzione dirigenziale del superiore (tra cui: un non
adeguato stile di leadership oppure una direzione che non tenga conto delle esigenze dei lavoratori).
Di frequente la situazione di isolamento della vittima viene amplificata dai comportamenti dei c.d."side mobbers", cioè
tutti quei soggetti (superiori gerarchici, direttori del personale, ma anche semplici colleghi di lavoro) che, pur non essendo
direttamente responsabili delle condotte "mobbizzanti", scelgono, essendo venuti a conoscenza dei fatti, di restare
"spettatori silenziosi" delle persecuzioni a danno della vittima designata. Essi assistono passivamente agli eventi di
mobbing senza tentare di condizionare o fermare la situazione. Essi aiutano, indirettamente, il vero mobber a distruggere
la vittima. Spesso i side-mobber non si rendono conto delle reali conseguenze che la loro condotta passiva ha sul
bersaglio designato. In un tale contesto lavorativo altamente negativo, appare utile, dopo aver, in una prima fase, formato
adeguatamente il management e le Risorse Umane, predisporre degli adeguati programmi di prevenzione atti a informare,
sensibilizzare e mostrare le catastrofiche conseguenze dell’indifferenza verso le condotte mobbizzanti.
Mobbing, come uscirne
In conclusione ritengo che sia necessario per le aziende e per il management
non sottovalutare il problema ma affrontarlo. Ciò al fine di valutare quelle che
possono essere le condizioni organizzative che possono produrre situazioni di
mobbing con un attento esame di ciò che nella propria organizzazione potrebbe
causare danno al fine di poter verificare se sono state adottate le necessarie
precauzioni per prevenire il danno stesso.
La prevenzione sembra essere il mezzo più efficace per il benessere
aziendale contro le azioni mobbizzanti. Essa se attuata per il tramite di una
corretta formazione, informazione e sensibilizzazione, ben può raggiungere
l’obiettivo di far prendere coscienza dei numerosi danni che il mobbing può
provocare.
Le aziende potrebbero ben prevenire, affrontare e uscire da situazioni di mobbing grazie alla consulenza
sapiente e preziosa di un esperto che valuti, analizzi ed aiuti non solo la vittima ma soprattutto l’ambiente di
lavoro in cui il fenomeno si è sviluppato; che si faccia promotore e carico di un cambiamento della cultura
aziendale; che informi, sensibilizzi e formi, in primo luogo, i dirigenti e l’ufficio delle risorse umane ad una
adeguata e corretta gestione del personale e dei relativi conflitti.
Come dimostrato da numerose ricerche, le aziende che hanno formato i loro dipendenti e collaboratori
attraverso percorsi mirati e seminari sul mobbing hanno ottenuto rilevanti vantaggi in termini sia di
soddisfazione sul posto di lavoro sia di riduzione dei “costi aggiuntivi” del personale. Inoltre hanno ottenuto
considerevoli miglioramenti in termini di produttività, efficienza, qualità del lavoro e delle relazioni sociali della
vita lavorativa.
Tipologie di interventi
INTERVENTI DI PREVENZIONE, utili per migliorare la qualità della vita lavorativa e per la prevenzione del mobbing, comprendono:
• Analisi di clima aziendale (con focus sul mobbing) e analisi concreta della situazione e dell’organizzazione aziendale;
• Piani di formazione, attuati anche tramite percorsi di coaching e mentoring. Una formazione mirata che coinvolga in primo luogo il
management e l’ufficio risorse umane, promuovendo da un lato l’adozione di adeguati stili di leadership e di corrette modalità di gestione
delle risorse umane, e dall’altro adeguate competenze finalizzate al riconoscimento e alla gestione dei conflitti;
• Una campagna di sensibilizzazione e informazione sul fenomeno;
• La comunicazione di una chiara politica aziendale a contrasto dei comportamenti impropri sul luogo di lavoro e la sottoscrizione di
accordi finalizzati a combattere il mobbing, tra cui ad esempio la promulgazione di codici antimobbing; Elaborare delle procedure che
garantiscano le migliori condizioni psicologiche e sociali nei luoghi di lavoro, anche per quanto concerne la situazione lavorativa e
l'organizzazione del lavoro.
• Creare un clima favorevole nell'ambiente di lavoro, elaborando delle regole che incoraggino rispetto e amicizia nel luogo di lavoro;
• L’attivazione di centri di ascolto, di consulenza e di assistenza (terzi rispetto all’azienda) a cui i lavoratori possano rivolgersi;
• Il monitoraggio di eventi sentinella e del sistema di gestione delle risorse umane.
INTERVENTI SPECIFICI sui comportamenti di mobbing attraverso, anche, l’istituzione di appositi organismi;
INTERVENTI PER IL RECUPERO degli effetti negativi di azioni mobbizzanti già avvenute.
Alcune delle più frequenti domande che ci vengono rivolte (FAQ):- Cos’è e cosa non è mobbing?; Protagonisti del mobbing e tipologie di
mobbing?; Il mobbing, l’ordinamento italiano e i più recenti orientamenti giurisprudenziali?; Percorsi formativi e di coaching by OpesRisorse?
Campagna di sensibilizzazione e informazione by OpesRisorse? Cos’è la cultura del litigio?
Film consigliato: “MI PIACE LAVORARE - Mobbing”. Film diretto da Francesca Comencini, con Nicoletta Braschi nella parte di Anna. Film
prodotto nel 2003 e Vincitore al festival di Berlino 2003, sezione Panorama.
Considerata l’importanza della sensibilizzazione e della formazione sul fenomeno mobbing, al fine di prevenirlo, per maggiori
informazioni potete contattare il Dott. Renzo Santorum al seguente indirizzo e-mail: [email protected]
A cura del Dott. Renzo Santorum