Curare i veterani - Il Verde Editoriale

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ARBORICOLTURA
ACER
TECNICHE D’INTERVENTO SUGLI ALBERI MONUMENTALI E LORO EFFETTI - PARTE I
© IL VERDE EDITORIALE
MILANO
Curare
i veterani
Testo e foto di Francesco Ferrini, Dipartimento di Produzione Vegetale,
Università di Milano
L’invecchiamento delle specie arboree presenta una serie
di ricadute a livello gestionale che è importante conoscere.
Un’analisi dei diversi cambiamenti che avvengono nell’albero
è indispensabile per poter intervenire nel modo più corretto
Esemplare di Cedrus atlantica; nel riquadro, Quercus pubescens nei Giardini di Villa
Petraia, a Firenze. Il processo di senescenza degli alberi è molto complesso.
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È
Aspetti dell’invecchiamento
È abbastanza difficile collocare esattamente l’inizio del periodo di senilità nelle piante
arboree dato che i processi che regolano questa
fase vitale non sono così chiari come lo sono
in animali e piante annuali nei quali l’invecchiamento e la senescenza sono geneticamente regolati (5). Possiamo considerare che esso
abbia inizio nel momento in cui sia la crescita
vegetativa sia i fenomeni di differenziazione
raggiungono la loro massima espressione.
La senilità, quindi, può essere definita come
la fase vitale che inizia quando l’individuo è
all’ultimo stadio della vita adulta ed è caratterizzata da processi erosivi che conducono alla
morte. In modo analogo a quanto succede nel
passaggio dalla giovinezza alla fase matura (13),
probabilmente ci sono numerosi “interruttori”,
in serie o in parallelo, di tipo endogeno o
esogeno che devono essere attivati perché la
fase senescente si manifesti.
È evidente che, per lo meno in alcune piante arboree, la quantità assoluta di biomassa
diminuisce durante il periodo senile. I cambiamenti che avvengono durante questo periodo
sono per la maggior parte endogeni e di natura
fisiologica e biochimica, circostanze che rendono la ricerca bibliografica non facile. Inoltre,
l’invecchiamento ontogenetico (maturazione)
negli alberi ha ricevuto minore attenzione
perché, come già detto, gli studi sulle piante
arboree diventano più difficili con l’aumentare
dell’età e della dimensione dell’albero.
Nonostante alcuni interessanti contributi
pubblicati su questo argomento, non è facile
distinguere tra gli effetti dell’età, della dimensione e dei cambiamenti ambientali connessi e
le interazioni tra questi fattori. Comunque, le
nuove tecniche (analisi degli isotopi stabili,
disponibilità di tecniche e strumenti per lo
studio del flusso linfatico) e il migliore equipaggiamento di campo stanno aiutando a
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Sopra, Calocedrus decurrens all’interno
dei Giardini del Bobolino, a Firenze.
rendere gli studi sull’invecchiamento delle
piante più fattibili, sebbene si sia ancora lontani da una sua completa conoscenza (5).
Per di più non c’è completo accordo riguardo all’utilizzo della parola “invecchiamento”
in riferimento alla pianta (12, 21). Come sottolineato da Trippi (29) molti autori riferiscono il
termine “invecchiamento” sia alla transizione
dalla fase giovanile a quella adulta o senescente, sia al passaggio dallo stato giovanile
(vegetativo) a quello riproduttivo (in questo
caso il termine “maturazione” è sicuramente
più appropriato). Altri dicono che la fase senescente inizia quando l’albero comincia a deteriorarsi come risultato di danni o malattie (10).
Parafrasi come “decremento della vitalità” e
altre definizioni sono state usate per descriveTABELLA 1 - ETÀ MASSIMA
DI ALCUNE SPECIE ARBOREE *
Specie
Età massima
(anni)
Pinus aristata
Sequoiadendron giganteum
Sequoia sempervirens
Thuja placata
Juniperus communis
Pinus cembra
Pseudotsuga menziesii
Fagus sylvatica
Pinus sylvestris
Pyrus communis
Carya spp.
Juglans nigra
Fraxinus excelsior
4600
3200
2200
2200
2000
1200
1200
600-900
500
300
300
250
250
* Riadattata da Clark (6) e Noodén e Leopold (21)
re l’invecchiamento (4). Infine, secondo altri
autori possiamo descrivere tre differenti tipi
di invecchiamento nelle piante (12, 6, 10, 11):
cronologico, ontogenetico e fisiologico.
Invecchiamento cronologico. È il tempo
trascorso dalla germinazione o dalla propagazione agamica. L’età massima raggiungibiledipende dalla specie e dalle condizioni
ambientali (vedi tabella 1).
Invecchiamento ontogenetico. È connesso ai processi che avvengono durante il
passaggio della pianta attraverso diverse fasi
dello sviluppo (dalla semina alla senescenza).
Il processo di invecchiamento ontogenetico,
chiamato da alcuni autori (24) maturazione o
fase di cambiamento, è controllato dai tessuti meristematici e non è infrequente che diverse parti dell’albero siano a stadi diversi di
maturazione e crescita nello stesso momento,
per esempio quando giovani succhioni
(germogli vigorosi presenti sul fusto e provenienti da gemme avventizie e/o latenti) si
originano da tessuti del tronco completamente maturi. Fontanier e Jonkers (12) sostengono
che l’invecchiamento ontogenetico sia geneticamente programmato, localizzato nei meristemi, non collegato all’esaurimento delle
riserve e difficilmente reversibile.
Invecchiamento fisiologico o senescenza.
Si riferisce alla condizione dell’intero individuo e descrive lo sviluppo e il deterioramento del sistema-pianta. Rappresenta il lato
negativo dell’invecchiamento, in quanto
determina perdita di vigore e aumento della
suscettibilità alle condizioni avverse. Questi
aspetti hanno dato origine a una nuova branca della scienza chiamata fitogerontologia
sulla quale, tuttavia, sono presenti pochissimi
riferimenti bibliografici. Del Tredici (10) afferma che l’invecchiamento fisiologico riguarda
specificatamente la perdita di vigore delle
radici o del germoglio, risultante da stress
ambientali o danni causati da vento, fuoco,
gelo e neve. In genere il processo di invecchiamento fisiologico è controllato dai tessuti differenziati dell’albero ed è influenzato e
causato da un aumento della disorganizzazione e da un esaurimento delle riserve, e non
è localizzato nei meristemi. Se non è a uno
stadio avanzato, può essere reversibile (12).
Sintomi della senescenza. I sintomi principali dell’invecchiamento fisiologico sono:
decremento di metabolismo, fotosintesi e
respirazione; cambiamenti nell’attività enzimatica; riduzione della crescita dei tessuti
vegetativi e riproduttivi; modificazioni delle
proprietà idrauliche e meccaniche dei tessuti
legnosi; aumento della mortalità delle branche; formazione di duramen (parte centrale
del fusto costituita da tessuto lignificato
morto). Il rallentamento della guarigione delle
ferite e i cambiamenti nella resistenza all’invasione da parte di alcuni insetti e patogeni
sono altre caratteristiche tipiche della senilità delle piante arboree (vedi tabelle 2 e 3
nella pagina seguente) (18,12).
▼
noto che col progredire dell’età il ritmo
di crescita di un albero si modifica
notevolmente e che al suo interno
avvengono molti cambiamenti fisiologici. Sfortunatamente, mentre l’invecchiamento di cellule e organi (per esempio, le foglie) è stato
profondamente studiato, in letteratura sono
presenti solo limitate informazioni sull’albero
considerato nella sua interezza. Sebbene le
piante legnose mostrino modelli di invecchiamento morfologici e fisiologici abbastanza
prevedibili, lo studio dei meccanismi di controllo dei cambiamenti è talmente difficile, a causa
della grande quantità di biomassa coinvolta e
della complessità dei processi implicati, da fare
insorgere controversie tra i diversi autori.
La comprensione delle dinamiche di crescita e dei meccanismi fisiologici è invece importante sia per studi ecologici (17) sia, nel nostro
caso, per conoscere gli effetti a livello fisiologico e biomeccanico di alcune tecniche comunemente applicate nella gestione degli alberi
senescenti o monumentali.
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▼
Cambiamenti fisiologici
e anatomici
La fase dell’invecchiamento è caratterizzata
da un rallentamento del metabolismo. Alcuni
studi hanno dimostrato che mentre l’area fogliare rimane praticamente costante anche nelle
ultime fasi vitali, la sua resa fotosintetica totale
declina leggermente, mentre il consumo di
sostanza organica durante la respirazione
aumenta (ciò è dovuto all’aumento dei tessuti
non fotosintetizzanti) così che le foglie non
riescono più a provvedere alla richiesta di fotosintati (prodotti della fotosintesi) (18, 9).
I risultati ottenuti da una ricerca condotta
su conifere hanno dimostrato un comportamento morfologico e fisiologico età-dipendente, un aumento della competizione per i
nutrienti tra le varie parti della pianta (20), una
diminuzione dell’efficienza fotosintetica che
contribuisce al declino della produttività negli
alberi vecchi (5, 9). Diversi studi attribuiscono
questa diminuzione di efficienza fotosintetica
nei vecchi alberi a una riduzione della conduttanza (trasporto della linfa grezza ed elaborata)
stomatica che, a sua volta, è causata da una
diminuzione della conduttività idraulica nelle
vie più lunghe o complesse della pianta.
In base a ciò alcuni autori hanno proposto
“l’ipotesi della limitazione idraulica” (27) secondo la quale, con l’aumento dell’altezza dell’albero, la crescita e la produttività diminuiscono a causa della limitazione stomatica indotta
dall’aumento della tortuosità (per esempio a
causa dell’incremento delle connessioni tra le
branche), della resistenza nelle principali vie
idrauliche e dalla ridotta traslocazione degli
elaborati verso le radici (27, 5, 22). L’aumento della
resistenza idraulica potrebbe ridurre l’approvvigionamento dell’acqua per il trasporto che, a
sua volta, causerebbe una diminuzione della
conduttanza stomatica e della fotosintesi (5, 8).
Quest’ipotesi è supportata da dati recenti ottenuti su alberi maturi di Quercus robur (26).
In aggiunta alla minore conduttività dello
xilema negli alberi vecchi, alcuni cambiamenti strutturali nel germoglio e nell’architettura
della chioma dovrebbero essere considerati
quando si analizza la relazione fra trasporto
della linfa grezza e la fotosintesi negli alberi in
età avanzata e senescenti (26). Su questa ipotesi
esistono, comunque, risultati contrastanti, e
sembra che la limitazione idraulica - sebbene
possa essere un fattore significante e determinante la riduzione di crescita (2, 1) - non agisca
sulla fotosintesi in modo semplicemente
meccanico e sembra, d’altra parte, che altri
fattori giochino un ruolo chiave nel declino
legato all’età in alcune specie (9). Effettivamente, come dimostrato da West e collaboratori (30),
i vasi conduttori devono assottigliarsi e, di
conseguenza, la resistenza al flusso dei fluidi
per vaso è indipendente dalla lunghezza del
percorso e dall’altezza dell’albero.
Becker e il suo gruppo (3) sostengono che il
rapporto fra l’area della foglia e dell’alburno
(cellule xilematiche attive disposte alla perife-
TABELLA 2 - CONFRONTO DELLE CARATTERISTICHE MORFO-FISIOLOGICHE
IN ALBERI MATURI E SENESCENTI *
CARATTERISTICA
Crescita germogli
• Lunghezza
• Modello
Forma della chioma
Apparato fogliare
Mantenimento foglie
(Sempreverdi)
Presenza di germogli epicormici
Compartimentalizzazione
Formazione di legno da ferita
Integrità della corteccia
Suscettibilità ai parassiti
Comportamento riproduttivo
Risposta agli stress
Colorazione autunnale
ALBERO MATURO
ALBERO SENESCENTE
Normale per la specie
Normale per la specie
Normale - diminuzione
della dominanza apicale
Normale
Normale
Fortemente ridotta
Solo un flusso di crescita
Seccume nella parte apicale
della chioma e diffuso
Ridotto per calibro e densità
Basso
Generalmente assente
Normale per la specie
Normale per la specie
Elevata
Normale per la specie
Normale, potrebbe essere
ciclico
Normale
Normale
Presente
Ridotta
Inibita/ridotta
Debole
Elevata
Può produrre stress
Ridotta
Prematura
* Riadattata da Clark e Matheny (7)
TABELLA 3 - DIFFERENZE NEL TIPO DI SVILUPPO IN ALBERI GIOVANI,
MATURI E SENESCENTI *
PARAMETRO
ALBERI
GIOVANI
ALBERI
MATURI
ALBERI
SENESCENTI
Dimensioni relative e complessità dell’individuo
Produzione annuale netta di carboidrati
Rapporto fra tessuti fotosintetici e non fotosintetici
Domanda di mantenimento relativa **
Rapporto massa/energia
Capacità di rispondere ai cambiamenti ambientali
Basse
Moderata
Alto
Bassa
1:100
Alta
Alte
Alta
Basso
Alta
1:1
Moderata
Alte
Bassa
Basso
Alta
1:0,5
Bassa
* Riadattata da Clark e Matheny (7) ** Energia richiesta dall’albero per mantenere la propria struttura
ria del tronco), più che la lunghezza dei vasi,
possa influenzare la conduttanza dell’intera
pianta. Questi autori sostengono inoltre che la
struttura delle cellule xilematiche cambi con
l’invecchiamento dell’albero, al fine di rendere
il legno meno resistente al flusso dell’acqua.
Come conseguenza l’area dell’alburno per area
fogliare unitaria può aumentare e l’alburno di
grossi alberi può immagazzinare e traslocare
più acqua, annullando o limitando l’effetto della
resistenza idraulica (5, 19).
Cause fisiologiche. Secondo Coder (8), diverse sono le cause fisiologiche coinvolte nelle
risposte della pianta all’invecchiamento. Egli
riporta che il 39% di queste reazioni è dovuto
alla lunghezza e alla complessità del sistema
conduttore, il 25% alla riduzione della fotosintesi, il 20% alla disponibilità di nutrienti
nel suolo, il 10% alla respirazione dell’alburno,
il 5% a mutazioni genetiche dannose e l’1% al
peggioramento dei meccanismi di difesa.
Grulke e Retzlaff (15), sebbene il lavoro sia limitato agli alberi maturi, hanno trovato una diversa allocazione degli elaborati disposti principalmente nelle radici e nel fogliame nelle giovani piante, nei tessuti legnosi in quelle vecchie.
Ormoni. Tra gli altri fattori fisiologici è
noto che gli ormoni giocano un ruolo dinamico nella regolazione endogena e nel controllo della senescenza (21). Mentre questo concetto è universalmente accettato, ci sono ancora
aspetti da chiarire circa i loro effetti sulla fisiologia degli alberi nella fase senescente. In effetti, anche se la ricerca sugli ormoni classici
delle piante continua a scoprire interazioni
tra questi regolatori e su come queste possono
incidere sulla trasduzione dei segnali o sulla
biosintesi degli ormoni stessi (12, 25), i risultati
sono soprattutto riferiti alle piante erbacee e,
come tali, non sempre possono essere direttamente applicati per spiegare alcuni meccanismi fisiologici delle piante arboree.
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A sinistra, Calocedrus decurrens nella
villa di Poggio a Caiano, vicino a Prato.
Anche gli alberi perfettamente sani e indenni rallentano la crescita quando raggiungono
un’età avanzata. Questa mancanza di vigore
può anche causare un aumento della suscettibilità agli attacchi di insetti e patogeni fungini.
Con l’età i germogli diventano più corti e deboli, l’ammontare dei nutrienti assorbiti diventa
insufficiente a supportare l’intera chioma, e con
il passare del tempo si ha una perdita graduale
dei rami posti nella parte più bassa della chioma. Clark (6), riferendosi al lavoro di altri autori, afferma che con l’avanzare dell’età della
pianta, decresce l’abilità a rispondere agli
stimoli ambientali o aumenta il tempo di risposta, spiegando come mai gli alberi più vecchi in
determinate situazioni ambientali sono più
sensibili alle sollecitazioni esterne. Kozlowski
(18)
afferma che la perdita della dominanza
apicale di solito accompagna una riduzione
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della crescita del germoglio in alberi senescenti. Lo stesso autore, riferendosi a ricerche precedenti su conifere, sostiene che quando le branche invecchiano, l’angolo di inserzione sul tronco aumenta, così che la struttura della chioma
si modifica considerevolmente. Questo deve
essere tenuto in considerazione nella gestione
degli alberi monumentali.
Cambiamenti nel legno
Negli alberi senescenti o in quelli più vecchi,
il legno non ha caratteristiche uniformi lungo
tutto il tronco: c’è uno schema definito nel suo
sviluppo che riflette i cambiamenti di attività
del cambio vascolare e quelli nella differenziazione cellulare durante i diversi periodi della
vita di un albero (16). In effetti, diverse e importanti trasformazioni anatomiche che si manifestano durante l’invecchiamento dell’albero
influenzano la qualità del legno. Kozlowski (18),
riassumendo relazioni di altri autori, afferma
▼
Cambiamenti
nella crescita vegetativa
che con l’aumentare dell’età la percentuale di
legno formatosi durante la stagione avanzata
aumenta per un certo numero di anni e il
cambiamento è accompagnato da un incremento di peso specifico e durezza. Negli alberi più che maturi, in ogni caso, il peso specifico
del legno spesso declina e il legno autunnale
prodotto è molto limitato, se non assente. Inoltre, il legno più che maturo può avere un contenuto più alto di lignina e più basso di cellulosa
rispetto a quello di un albero giovane.
Un altro cambiamento di importanza fondamentale che riguarda le caratteristiche anatomiche e meccaniche del legno è la formazione
del duramen. Come noto, il legno degli alberi
giovani è interamente composto da alburno che
è fisiologicamente attivo (contiene dal 5 al 40%
di cellule vive) perché serve come via di traslocazione per acqua e minerali (18). Secondo Shigo
(28)
i cambiamenti nel legno associati all’invecchiamento sono il risultato di un processo geneticamente controllato e sono principalmente
funzionali, perché, dopo un po’ di tempo, il
parenchima in ogni zona del legno perde il
protoplasto vivente e i vasi e le tracheidi interrompono la funzione conduttiva (16). È opinione comune che, successivamente a questi
cambiamenti, l’unica funzione del legno sia
quella di supporto e deposito di materiali di
scarto, ed è considerato fisiologicamente inattivo, sebbene sia stato ipotizzato che esso possa
ancora servire come riserva d’acqua.
Quando l’alburno si trasforma in duramen si
verificano alcuni cambiamenti fisiologici e
anatomici. Questi includono: reazioni metaboliche alterate; variazioni nell’attività enzimatica (aumento dell’attività della perossidasi);
impoverimento delle riserve di amido e nutrienti; imbrunimento dello xilema associato alla
deposizione di gomme, resine e composti fenolici, tannici, coloranti; cambiamenti nella
densità del legno e anatomici quali aumento del
collassamento delle pareti nelle gimnosperme,
formazione di tillosi (costituite dal protoplasma
delle cellule parenchimatiche e dalle diverse
sostanze che contenevano quali amido, cristalli, resine, gomme) nelle angiosperme; diminuzione nel contenuto di umidità (16, 18, 14).
Queste modifiche possono avere una diretta
influenza sulla resistenza del legno alle malattie, dato che il duramen è meno incline agli
attacchi da parte di funghi e insetti; ciò pare
dovuto al più alto contenuto in sostanze conservanti, sebbene questo concetto sia stato contestato da vecchi e nuovi studi dai quali emerge
che nel duramen esiste ossigeno sufficiente per
lo sviluppo dei funghi, mentre l’alburno, più
umido, non contiene aria sufficiente per poter
costituire un ottimale substrato di crescita per
i funghi patogeni o agenti di carie (16, 23).
Il decadimento del legno interno può essere
positivo poiché le cavità sono parte di un
processo di riciclo di nutrienti e gli alberi,
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▼
come affermano alcuni autori (23), possono
utilizzare i prodotti della carie del legno all’interno del tronco, producendo radici aeree che si
dipartono da quelle nel suolo e raggiungono la
fonte di nutrimento nel tronco stesso.
■
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balance and tree biomechanics” tenuta al convegno
“Trees of history” di Torino del 1° e 2 aprile 2004.
Abstract
Treating veterans
Ageing in trees, still not fully researched
for the entire tree, shows a series of management consequences that it is better to know.
Before dealing with action techniques and
their effects on the physiological and biomechanical balance of monumental trees, some
explanations about the language used and an
analysis of the various changes (physiological, anatomic, in plant growth and in the
features of the wood) that take place during
the ageing process.
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