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CONSIGLIO SUPERIORE DELLA SANITA’ Riunione del 3 maggio 2007 RELAZIONE DEL PRESIDENTE DELLA FMSI DOTT. MAURIZIO CASASCO INTRODUZIONE:LA COMPETENZA L’Italia è internazionalmente riconosciuta come Nazione all’avanguardia in tema di legislazione e protocolli atti alla tutela sanitaria di coloro che sono tesserati ad una Federazione Sportiva o Disciplina Associata o Ente di Promozione e praticano attività sportiva agonistica e non. Tale riconoscimento deriva dalla Storia del Sistema Sportivo e Legislativo Italiano. Il ruolo svolto, nel nostro Paese, a differenza di altre Nazioni, dal Comitato Olimpico Nazionale Italiano nell’organizzazione sportiva ha fatto si che particolare attenzione sia stata data alla tutela della salute di tutti coloro che praticavano e praticano attività sportiva e che a ciò sia stata sostanzialmente delegata la Federazione Medico Sportiva Italiana (Federazione del Coni e Società Scientifica di Medicina dello Sport iscritta all’Albo della Federazione delle Società Scientifiche Italiane). Già nell’atto costitutivo del CONI (2/12/29) si affermava che alla Federazione Italiana Medici Sportivi “competerà l’obbligo di una visita di orientamento a tutti i soci sportivi delle società per stabilirne lo stato di sanità o di malattia, e dovranno per ogni socio attivo fare una visita di idoneità fisica per l’attività sportiva da lui prescelta, ripetendola periodicamente come collaudo”(art. 3); “ Tale visita ed il giudizio conseguente dovrà essere ristretto entro norme fisse che saranno studiate dal Comitato Nazionale Medico di cultura fisica e impartite dalla Presidenza della FIMS” (art. 4). Nel 1933 Ugo Cassinis, uno dei Fondatori della Federazione Medico Sportiva Italiana, pubblicava un libro, prima linea guida e pietra fondamentale della Medicina dello Sport in Italia e nel Mondo, nel quale si fornivano le indicazioni per l’attuazione pratica della tutela della salute degli sportivi. Nel giugno 1946 si riuniva a Roma la “Costituente dello Sport Italiano” ed in tale occasione il Commissario della Federazione Medico Sportiva Italiana (La Cava) auspicava la promulgazione di una legge che fissasse alcuni punti fondamentali per il controllo sanitario dell’educazione fisica scolastica e particolarmente dell’attività sportiva e richiamava l’attenzione delle Autorità perché venisse accertata l’idoneità fisica di coloro che allo sport si dedicavano sia come dilettanti, sia come professionisti. A tale fine, e con il parere favorevole del CONI, veniva approvata, in data 28/12/50, la legge 1055 con la quale la tutela sanitaria delle attività sportive veniva affidata alla Federazione Medico Sportiva Italiana . 1 Tale Legge venne sostituita dalla 1099 del 1971, “Tutela sanitaria delle attività sportive”. Il punto più qualificante di questa nuova legge, voluto dalle Regioni, secondo un programma fissato dal Ministero della Sanità, era quello che la visita fosse obbligatoria ed allo stesso tempo gratuita per i dilettanti. Contestualmente vennero delineati i primi criteri per la lotta al doping che la Federazione Medico Sportiva Italiana subito promosse e che ad essa fu affidata. Nel 1975 veniva disciplinato e regolamentato l’accesso alle singole attività sportive in base al sesso, all’età, allo sforzo e conseguentemente venivano definiti gli accertamenti sanitari da praticarsi durante le visite mediche di selezione e di controllo periodico ed in tale ambito la Federazione Medico Sportiva Italiana svolse un ruolo di primo piano in quanto competente della materia. Nel 1978 vide la luce la legge 833 e, nell’attesa dell’attuazione delle norme specifiche, il CONI deliberava i criteri generali per l’esercizio della tutela sanitaria delle attività sportive. Dopo la legge n. 91 del 1981 sul professionismo venivano promulgati i DM 18/2/82 e DM 28/2/83 riguardante le norme applicative per la tutela sanitaria rispettivamente dell’attività agonistica e non agonistica per i tesserati delle Federazioni Sportive Nazionali, delle Discipline Associate e degli Enti di Promozione Sportiva. Successivamente si promulgò la legge concernente i diversamente abili e furono emanati Decreti Ministeriali di attuazione per la tutela sanitaria dei professionisti. E’ utile sottolineare come siano nate in Italia nel 1975, prime nel mondo, le Scuole di Specializzazione in Medicina dello Sport, sulla spinta di due grandi scienziati italiani, il prof. Margaria a Milano ed il prof. Venerando ( Presidente FMSI) a Roma. I corsi di Medicina dello Sport per i laureati in Medicina e Chirurgia avevano l’obiettivo di fornire le cognizioni scientifiche e la preparazione pratica, necessaria ai fini dell’accertamento all’idoneità generica e specifica ai vari tipi di esercizio fisico – sportivo nonché agli altri compiti indicati dal regolamento delle Federazioni Sportive Nazionali del CONI. Le Scuole in Medicina dello Sport sono state difese strenuamente dalla Federazione Medico Sportiva Italiana allorché alcuni anni fa se ne discusse la soppressione nel riordino universitario nazionale. Esse oggi rappresentano un riferimento per gran parte d’Europa (sono infatti presenti in 11 nazioni) e l’ UE ne ha ormai compreso l’utilità grazie all’esperienza del modello italiano, parte integrante della quale è l’obbligatorietà della certificazione agonistica, strumento per la tutela della salute degli sportivi, d’avanguardia, efficiente e scientificamente apprezzato. Basti pensare ad un famoso atleta di colore, valutato a Londra (non esiste nei Paesi Anglosassoni l’obbligatorietà della certificazione ma la sola valutazione) e morto su un campo di gara in Francia pochi anni or sono, mentre in Italia, con la stessa patologia, veniva dichiarato non idoneo dall’Istituto di Medicina e Scienza dello Sport del CONI di Roma un grande atleta, oro a Sidney, prima delle Olimpiadi di Atene. Altri casi eclatanti sono quelli di Kanu (poi operato al cuore) e Fatigà, giocatori dell’AJAX e nazionali olandesi, venuti all’Inter e dichiarati non idonei a Milano dall’Istituto di Medicina dello Sport della FMSI. Una ricerca effettuata in Veneto sull’incidenza, negli ultimi 25 anni, delle morti improvvise tra chi aveva effettuato le visite di idoneità agonistica (di selezione e controllo) e chi no, ha evidenziato una minore incidenza di tale evento tra i primi con un rapporto di 1 a 10 (Corrado et al, Jama, 2006). La causa principale di morte improvvisa negli Stati Uniti è la miocardiopatia ipertrofica, mentre in Italia tale patologia, normalmente diagnosticata in corso di visita di idoneità, ha un’incidenza estremamente più limitata. Questi esempi sono solo parziale spiegazione del perché il mondo scientifico internazionale guardi con attenzione al modello italiano, come un’organizzazione da avvicinare se non da copiare. E’ straordinario pensare che mentre gli Stati Uniti si interessano al nostro sistema, mentre l’Europa ci richiede supporto per acquisire la nostra Legislazione ed i nostri protocolli (Congresso Internazionale Novembre 2007 Montecarlo), così come l’Asia (Giappone, Cina), in Italia alcuni pensano in controtendenza, discutendone l’efficacia e addirittura l’utilità. 2 Ogni miglioramento è tuttavia auspicabile e sicuramente possibile sulla base dell’esperienza e della competenza che l’Italia si è guadagnata in 80 anni di storia: un patrimonio quindi da difendere, prima che da discutere, guardando Paesi che invece guardano a noi come modello di riferimento. Ciò significa che invece di rincorrere acriticamente voglie di novità, si dovrebbe utilizzare un saggio procedere scientifico, partendo dalla consapevolezza di avere un know how invidiato e riconosciuto, con l’obiettivo di migliorare e non di stravolgere, per riaffermare il ruolo di leadership internazionale. Alla base della grande considerazione di cui godiamo a livello internazionale c’è la competenza e l’esperienza acquisita dai nostri 5000 soci, dai 60 nostri Istituti di Medicina dello Sport, distribuiti su tutto il territorio nazionale, che da 25 anni svolgono tutela sanitaria delle attività sportive agonistiche e non (con piena soddisfazione da parte di Federazioni, Enti di Promozioni, Associazioni Sportive, genitori di minorenni e singoli atleti adulti), l’apprezzamento della Federazione Internazionale di Medicina dello Sport, e, per finire, la condivisione di obiettivi e strumenti con le Società Scientifiche Interessate. Dunque, appare in assurda controtendenza la proposta avanzata dalla Regione Toscana, come coordinatrice per il 2007 della Conferenza delle Regioni (anche se non in accordo con la maggioranza delle Regioni) con un documento identico a quello già valutato e bocciato dal Consiglio Superiore di Sanità in data 2004, che si ispira alle raccomandazioni del Dossier Fidippide che l’ Agenzia Regionale di Sanità Toscana ha redatto nel 2005. Tale Dossier è stato già contestato nei suoi vari aspetti, oltre che da diverse Regioni, anche e soprattutto da ricercatori e clinici di chiara ed indiscussa competenza: per la componente pneumologica, dal Presidente e dal Vice Presidente della Società Europea di Pneumologia (Prof. Vieggi, Prof. Fabbri), dal Presidente della Società Italiana di Pneumologia dello Sport (Prof. Todaro), dal Presidente dell’AIPO, dal Responsabile della Fisiopatologia Respiratoria della Sezione Italiana Pneumologi Ospedalieri (Prof. Andrea Rossi) e da altre Autorità Universitarie di Pneumologia (Prof. Brusasco) e della Prof.ssa Moscato (IRCCS-Maugeri); per la componente di Medicina Interna dal Prof. Vecchiet; per la componente di Endocrinologia dal Prof. Di Luigi; per la componente di Ortopedia dal Presidente della Società Italiana di Ortopedia (Prof. Del Sasso) e da altre Autorità Universitarie (Prof. Paolo Rossi). Il dossier è stato inoltre criticato dalla Società Italiana di Cardiologia dello Sport (Presidente Prof. Delise), della Società Italiana di Pediatria (Presidente Prof. Tancredi e Prof. Di Pietro) e dal Coordinamento dei Direttori delle Scuole di Specializzazione in Medicina dello Sport (Prof. Zeppilli) – (documenti allegati). ALCUNE CONSIDERAZIONI SUL TEMA: - - - La Costituzione Italiana garantisce la tutela della salute del cittadino e ciò è stato anche ricordato ultimamente dal Presidente della Repubblica con riferimento specifico agli sportivi. La certificazione di idoneità riguarda la popolazione sportiva ed in particolare soggetti (agonisti e non) liberamente tesserati per il CONI (FSN-DSA) per gli EPS e per il CIP e quindi non tutta la popolazione che svolge attività motoria; dunque, nell’esprimere valutazioni in merito, vanno considerate le legittime posizioni e la competenza specifica del Comitato Nazionale Olimpico, nonché la sua autonomia organizzativa e gestionale, sulla base anche dei regolamenti internazionali, nell’individuare categorie agonistiche e relative età di partecipazione. La visita medico sportiva di certificazione dell’idoneità agonistica rappresenta, nel nostro Sistema Sanitario, il primo ed unico screening clinico-funzionale, essendo venuta meno la medicina scolastica e le visite di leva per i maschi. 3 - - - - Prima di tale visita, che avviene di norma tra gli otto e i dodici anni, i nostri ragazzi non sono ad esempio sottoposti, se non casualmente, ad un elettrocardiogramma di base. La visita medico sportiva d’idoneità, inoltre, ben lungi dall’essere un mero e solo strumento di prevenzione della morte improvvisa, come alcuni vogliono sostenere, dà la possibilità di evidenziare tante piccole patologie (es. obesità, diabete, sindrome metabolica, aritmie, varicoceli, visus ridotti, scoliosi, allergie, ecc.) che non costituiscono causale di non idoneità, ma che diagnosticate per tempo e segnalate al Medico di Medicina Generale o al Pediatra di libera scelta possono rappresentare un intervento utilissimo per la salute ed un risparmio delle spese sanitarie future grazie ad un monitoraggio della nostra popolazione giovanile ad oggi inesistente (Ricerca pubblicata su Medicina dello Sport FMSI 2003). La visita oltre i 18 anni ed al di sotto dell’età minima agonistica di ogni Federazione (Stato di Buona Salute D.M. 1983) è a carico del cittadino, per cui la biennalità e la modifica dei protocolli, quali l’abolizione della spirometria, non comportano alcun risparmio per il S.S.N.. Nella fascia di età tra i 10 e i 18 anni (con differenza tra i sessi) avvengono delle trasformazioni fisiologiche così importanti che cambiano radicalmente lo status morfofunzionale del soggetto. In due anni una ragazza o ragazzo in quella fascia di età cresce 30/40 cm e diventa da bambina a donna, da fanciullo a uomo (vedi documento allegato dei Proff. Tancredi e Di Pietro Presidenti Società di Pediatria ). Le linee guida ufficiali della Comunità Scientifica, non solo di Medicina dello Sport, ma di Cardiologia, Pediatria, Endocrinologia, Pneumologia, stabiliscono rigorosamente l’annualità come limite massimo di controllo (le linee guida di Pediatria Americane addirittura la semestralità). Non a caso molte Federazioni considerano nelle categorie giovanili la semestralità per il passaggio di categoria e quindi come limite temporale per la possibile variazione dell’intensità e quantità dello sforzo in gara e soprattutto in allenamento. L’innalzamento indiscriminato a 12 anni per tutti gli sport (indipendentemente anche dal sesso) delle visite di idoneità “agonistica” farebbe pensare a leggerezza, se non ad incompetenza, nel non riconoscere che sovente all’interno di ogni specifico sport è differente l’età di partecipazione a singole discipline: è uguale forse la ginnastica alla boxe e lo sci di fondo allo slalom oppure la maratona alla pallavolo? CONCLUSIONI: Sulla base della nostra esperienza e delle considerazioni sopra esposte è, dunque, possibile fare alcune considerazioni, sia pratiche che scientifiche, finalizzate al mantenimento degli standard minimi di qualità ed ad un ulteriore miglioramento di tutto ciò che garantisce la tutela della salute degli atleti. 1) La decisione sull’età di inizio delle attività agonistiche spetta alle singole Federazioni; qualora così non fosse ci si troverebbe nella situazione paradossale di atleti considerati agonisti (e praticanti attività agonistica) dalle Federazioni sulla base di competenze proprie e regolamenti internazionali, mentre gli stessi non verrebbero sottoposti ad adeguata tutela sanitaria; è opportuno, invece, stabilire i protocolli in base all’età, allo sforzo della specifica disciplina ed in sostanza al rischio specifico sportivo, così come è altrettanto importante far coincidere l’inizio del tesseramento con l’obbligatorietà della certificazione. 2) Come conseguenza di ciò, appare evidente che l’età di effettuazione di una visita per attività agonistica non può essere fissata indiscriminatamente a 12 anni. 3) La spirometria è l’unico esame di valutazione e controllo della funzionalità respiratoria. Le Società Scientifiche European Respiratory Society – ERS ed American Thoracic Society, massimi riferimenti internazionali, hanno affermato congiuntamente come l’esame spirometrico sia di rilievo pari alla misura della PA nella valutazione cardiovascolare. 4 L’OMS attraverso il progetto GARD sta per lanciare una campagna mondiale per disseminazione della spirometria (vedi documento allegato del Prof. Vieggi Presidente della Società Europea di Pneumologia). Al contrario è necessario potenziare l’efficacia dell’esame spirometrico con l’introduzione di ulteriori parametri valutativi come la curva Flusso/Volume per lo studio del flussi espiratori [Flusso Espiratorio Max al 50% della CVF (MEF50) ed il Flusso Espiratorio Medio al 25%-75% della CVF (MMEF o FEF 25-75)], come da anni proposto dalla FMSI che ha pubblicato in tal senso linee guida per la valutazione respiratoria unitamente alla SIP Sport. 4) Nella valutazione cardiologia è opportuno inserire, in corso di visita di idoneità agonistica il monitoraggio dell’ECG durante lo sforzo di tre minuti (oltre che basale e dopo sforzo); a tal proposito può essere utilizzato anche il cicloergometro, oltre allo step, così da favorire il rilievo della traccia, con il raggiungimento di almeno il 70-80% della frequenza cardiaca massima. 5) Sarebbe, inoltre, utile introdurre un ecocardiogramma alla prima visita di idoneità agonistica e comunque prima dell’accesso alla categoria “Adulti”. 6) Il test massimale con Ecg da sforzo nei protocolli valutativi per soggetti masters (con età variabile tra i 35/40 anni in funzione della disciplina sportiva) è accertamento la cui introduzione è opportunamente condivisa da tutti. 7) Andrebbe valutata l’opportunità di introdurre un Ecg di base nei protocolli di visita di idoneità alla pratica sportiva per i tesserati non agonisti (D.M. 28/02/1983). 8) La certificazione di idoneità alla pratica agonistica deve essere effettuata esclusivamente da un Medico Specialista in Medicina dello Sport e deve consistere in un protocollo valido sull’intero territorio nazionale (come è attualmente); durante tale visita devono essere valutati tutti gli apparati ed in particolare quello cardiologico, quello pneumologico, quello muscolo scheletrico (con valutazione funzionale biomeccanica riferito all’analisi della gestualità sportiva), quello endocrinologico, oltre che la funzionalità epatica e renale e va valutato con attenzione il rischio sportivo specifico della singola disciplina sportiva riferita all’atleta in base ad anamnesi, valutazioni soggettive, sesso, età ecc.. 9) La certificazione di idoneità agonistica non è generalizzata ma riferita alla singola disciplina ed all’uopo è necessario che essa venga richiesta dal Presidente della Società Sportiva, sottoscritta in originale, con indicata la disciplina sportiva per cui si richiede la certificazione. 10) Deve essere considerato fondamentale il principio della contemporaneità certificativa degli esami standard con la sola possibilità esterna degli esami integrativi e delle consulenze medico specialistiche; vietato l’utilizzo di mezzi mobili e devono essere stabiliti criteri di qualità delle Strutture. 11) Gli esami integrativi attualmente previsti per specifico sport e l’inserimento di altri in base al rischio specifico sportivo sono un elemento fondamentale per una corretta valutazione dell’idoneità, in virtù della specificità delle risposte acute e croniche agli stimoli propri di ogni singolo sport. 12) Per garantire realmente la tutela della salute dello sportivo è indispensabile che la certificazione all’idoneità agonistica mantenga l’attuale valore giuridico di autorizzazione pubblica e che sia obbligatoria per legge; ciò anche per un più efficace controllo delle sospensione e delle inidoneità, che deve essere effettuato a livello di Sistema Nazionale; va, inoltre, considerato che la certificazione di idoneità agonistica, con valore giuridico legislativo, è fondamentale nella lotta al doping e in particolar modo nella verifica della congruità della richiesta di esenzione terapeutica del farmaco; infatti, le normative antidoping richiedono che la presentazione della domanda di esenzione sia accompagnata dalla certificazione di idoneità (la spirometria svolge anche qui un ruolo fondamentale). 5 13) Le sospensioni e le inidoneità dovrebbero essere comunicate entro 5 giorni oltre che all’atleta, alla società sportiva, all’Asl di competenza, anche alla Federazione Nazionale di riferimento e alla FMSI, per garantire l’efficacia ai fini della inibizione alla partecipazione alle gare su scala nazionale. 14) La revoca della sospensione di idoneità o della non idoneità deve essere effettuata dallo stesso Medico che ne ha determinato lo status (e non da altri !) o dalla Commissione d’Appello Regionale all’uopo costituita. 15) E’ opportuno che venga prevista una regolamentazione per il ritorno all’attività sportiva agonistica dell’atleta che abbia subito un grave infortunio o che sia stato soggetto a ricovero, così come venga prevista una normativa che disciplini l’attività agonistica della donna in gravidanza; a tal proposito sarebbe utile l’introduzione della relazione sanitaria annuale del medico sociale o del medico curante da allegare al rilievo anamnestico della visita. 16) La certificazione non agonistica, così come è attualmente e così come concordato dalle Regioni, deve essere effettuata da uno Specialista in Medicina dello Sport oppure dal Medico di Medicina Generale o dal Pediatra di libera scelta, limitatamente ai propri assistiti. (T.U. e Accordo Regioni concordano). 17) Si auspica l’introduzione di un libretto sanitario uniforme, omogeneo e valido su tutto il territorio nazionale, con diversi obbiettivi quali il controllo dell’inidoneità, l’inserimento di ulteriori accertamenti acquisiti al di fuori dalla visita medico sportiva, il controllo incrociato con il tesseramento federale finalizzato a combattere l’evasione, la costruzione del profilo biologico (ematochimico, ormonale, ecc.) dell’atleta ai fini della tutela della salute e della prevenzione al doping. 18) E’ necessario realizzare una normativa che sia adeguatamente aggiornata e che comprenda tutte le categorie di sportivi speciali o con patologie specifiche, come Disabili fisici e mentali, Professionisti, Masters, Diabetici. 19) E’ opportuno trovare un sistema che, pur mantenendo il valore di annualità dell’idoneità, permetta la distribuzione delle visite e ne eviti l’affollamento all’inizio delle attività sportive (mesi di settembre ed ottobre). 20) Si ritiene ormai necessario istituire un osservatorio epidemiologico per un monitoraggio costante degli atleti delle Federazioni Sportive Nazionali e delle altre organizzazioni sportive; la Federazione Medico Sportiva Italiana sarebbe ben lieta di fornire il proprio contributo, interagendo con il sistema pubblico Ministero/Regioni; 21) E’ auspicabile una legislazione che introduca una certificazione riferita alle attività motorie che vengono svolte al di fuori delle Federazioni Sportive Nazionali e delle altre Organizzazioni Sportive (cioè nelle palestre e nei centri fitness) con indicazione delle valutazioni da effettuarsi e le prescrizioni relative. Roma 3 maggio 2007 Dott. Maurizio Casasco 6