Strato Limite - Macroarea di Scienze

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Strato Limite - Macroarea di Scienze
LO STRATO LIMITE (Boundary Layer – BL)
E’ possibile definire lo strato limite come quella porzione di troposfera direttamente influenzata dalla
presenza della superficie terrestre e che risponde alla sua azione forzante (forcing) con una scala temporale
1h.
Le principali forzanti superficiali sono:
attrito di scorrimento, evaporazione/traspirazione, trasporto di calore, emissione di inquinanti, modifiche ai
flussi di aria indotte dalle caratteristiche del terreno.
Lo spessore del BL non è univocamente definito in quanto varia nello spazio e nel tempo secondo le
caratteristiche geomorfologiche e meteorologiche della località. L’altezza è in genere compresa tra
102 103 m con un minimo nelle notti serene e calme ed un massimo nelle giornate ad elevato
soleggiamento e forte vento. La durata è generalmente compresa tra 10 102 mi n .
Un fenomeno classico del BL sulla terra ferma è il ciclo giorno/notte della temperatura. Questo andamento,
già a 1500 m ( 850 hPa ) può non essere più evidente.
T suolo
T 850
Temperature (°C)
30
25
20
15
10
5
0
0
6
12
18
0
6
12
18
0
6
12
18
0
6
12
18
0
Ore
Fig. 1.
Evoluzione termica misurata mediante un radiosondaggio al suolo (T suolo) e
ad una quota di circa 850 hPa (T 850).
Tale fenomeno non è causato dall’azione della radiazione solare sull’atmosfera. La radiazione solare agisce
direttamente sul suolo che assorbe energia riscaldandosi ed innescando processi di trasporto.
La turbolenza è un processo di trasporto fondamentale nel BL e può essere usata per definirlo.
In realtà, anche se lentamente, tutta la troposfera è influenzata dalle caratteristiche superficiali.
Si definisce come scala temporale del fenomeno 1 h . In tale intervallo non necessariamente si raggiunge
l’equilibrio, ma i processi si sono già ampiamente sviluppati.
Studiando il BL si osservano in genere questi tipi di nubi:
cumuli (CU) di bel tempo;
stratocumuli (SC) caratteristici di un BL umido e ben mescolato;
F. Travaglioni – Appunti di Strato limite
1
nebbia (caso particolare di SC).
L’azione dei cumulonembi (CB), nubi la cui base è in genere al di sotto dei 1000 m , ma non classificabili in
quelle “basse”, “medie”, “alte” e influenza direttamente il BL attraverso la salita e la discesa di aria calda e
fredda sia al di dentro che al di fuori del CB.
I moti atmosferici all’interno del BL possono essere divisi in tre categorie:
vento medio che determina il trasporto orizzontale;
turbolenza che determina il trasporto verticale;
onde,
che generalmente coesistono ma possono anche agire isolatamente.
Le principali grandezze che subiscono il trasporto orizzontale e verticali nello strato limite sono l’umidità, il
calore, la quantità di moto e gli inquinanti.
Il vento medio, responsabile dei processi avvettivi, è caratterizzato da un trasporto:
orizzontale rapido le cui velocità sono dell’ordine di grandezza di 2 10 ms 1 ;
verticale trascurabile con velocità dell’ordine di grandezza di 10 3 10 2 ms 1 .
Il trasporto medio orizzontale, con l’approssimarsi del suolo, tende a ridursi fino a tendere a zero per l’attrito
con il terreno.
Le onde sono osservate soprattutto nelle ore notturne.
La loro azione è rilevante nel caso di trasporto di energia e quantità di moto, ma risultano poco efficaci per la
propagazione del calore, dell’umidità e di altre grandezze scalari.
Possono essere generate localmente da shear del vento medio o dalla presenza di ostacoli che modificano il
profilo verticale del vento medio.
La principale caratteristica dello strato limite, che lo differenzia sostanzialmente dalla regione sovrastante di
libera atmosfera, è tuttavia la turbolenza.
La turbolenza
Il termine proviene dal latino turbare lentus: pieno di disturbo.
Essa caratterizza tutto il BL, mentre in atmosfera libera è presente nelle nubi convettive e nel getto (CAT clear air turbulence). Può originarsi da onde atmosferiche.
Si può visualizzare come composta da rotazioni irregolari del moto di diverse dimensioni e intensità
sovrapposti tra loro (vortici o eddies) che formano lo spettro di turbolenza.
In genere viene originata dall’azione forzante operata dalla superficie terrestre. E’ possibile infatti individuare
facilmente alcuni fenomeni quali:
il riscaldamento solare diurno che causa l’ascesa termica di aria;
l’attrito superficiale che crea un gradiente verticale di vento, wind shear;
gli ostacoli che deviano il flusso con turbolenza a valle di essi,
che generano turbolenza.
In genere è possibile avere un’idea dell’altezza dello strato limite attraverso la massima dimensione dei vortici
presenti. Ricordando che si hanno componenti rotatorie di ogni ordine di grandezza, è possibile evidenziare
alcuni fenomeni che permettono di individuare la presenza del fenomeno:
i “baffi di gatto” sui laghi e le rotazioni del fumo provenienti dagli incendi evidenziano le massime
dimensioni a livello locale;
F. Travaglioni – Appunti di Strato limite
2
il tremolio delle foglie e i moti dell’erba sono in genere legati a vortici a scala intermedia;
gli effetti dissipativi della viscosità molecolare i cui vortici hanno dimensioni millimetriche.
I moti che determinano il trasporto di calore (e le altre proprietà quali la quantità di moto, l’umidità, ecc.)
hanno carattere “casuale” e sono così efficienti da permettere di trascurare la conduzione ovunque eccetto che
nelle superfici di separazione.
In definitiva, la turbolenza è caratterizzata da moti non predicibili nel dettaglio, aventi fluttuazioni
tridimensionali.
Le proprietà del fluido risultano essere ben mescolate nel suo interno e, per garantire il mantenimento del
fenomeno è necessario un continuo apporto energetico in ragione della continua dissipazione caratteristica dei
moti viscosi.
z
z
_
<0
w<0
_
>0
w>0
<0
w>0
>0
w<0
Fig. 2. Schema ideale di un processo di mescolamento turbolento. A sinistra: atmosfera staticamente instabile - flusso
di calore turbolento netto verso l’alto (freccia marcata in rosso verso l’alto). A destra: atmosfera stabile –
flusso di calore turbolento netto verso il basso.
I moti turbolenti trasportano, in particolare:
calore, verso l’alto;
quantità di moto, verso il basso.
E’ chiaro che non tutti i fenomeni casuali sono turbolenti: l’interfaccia aria/mare non è mai in moto turbolento
tranne quando c’è rottura dell’onda.
Come è stato brevemente trattato in precedenza, non è possibile ottenere una soluzione analitica delle
equazioni del moto. Lo studio dei moti turbolenti richiede pertanto l’impiego di tecniche statistiche quali la
media di Reynolds.
In tal caso si ipotizza che una qualsiasi grandezza s è caratterizzata dalla sovrapposizione di una componente
'
media s e di una perturbata s :
s
s s'
F. Travaglioni – Appunti di Strato limite
3
dove:
T
1
sdT
T 0
s
Fig. 3.
Schema dello spettro dell’intensità del vento in
prossimità del suolo. In ascissa il tempo in
ore, in ordinata l’intensità spettrale relativa.
Adattato da Stull (1988).
Intensità Spettrale Relativa
Nel caso in cui venga soddisfatta la condizione s ' 0 si ha una situazione stazionaria.
Il tempo medio deve essere grande rispetto ai periodi caratteristici della turbolenza e piccolo rispetto alle
variazioni del moto medio. In tal modo si definisce T 1 h . Infatti, analizzando la struttura spettrale dei moti
atmosferici si può notare nella scala temporale l’esistenza di un gap proprio intorno a tale valore.
100
10
1
0.1
0.01
t (h)
Scala temporale
200 m
Getto nei bassi
strati
Linee di groppo
Effetti geografici
Temporali
Effetti urbani
Onde interne di
gravità
Strato
limite
Cumuli
Piccole
onde di
gravità
Termiche
Dust
devils
20 m
2m
Pennacchi dello
strato limite
20 cm
Turbolenza
meccanica
2 mm
Turbolenza
isotropica
>
Microscala
2 km
1 secondo
<
Scala spaziale orizzontale
20 km
1 minuto
>
Fronti
Uragani
1 ora
Mesoscala
200 km
1 giorno
<
1 mese
Fig. 4. Ordini di grandezza spazio-temporali tipici per mesoscala e microscala.
F. Travaglioni – Appunti di Strato limite
4
Struttura ed altezza del BL
L’altezza dello strato limite, comunemente indicata con zi , è una grandezza difficilmente definibile e
misurabile. Non esiste quindi univocità sul concetto di altezza del BL.
La difficoltà della definizione e l’incertezza nella misura del limite superiore del BL si evince
immediatamente dall’analisi della sua struttura verticale (figure 5 e 6). Lo strato limite, d’altronde, presenta
valori molto diversi qualora si indaghi su atmosfere al di sopra di superfici marine, di terre emerse, in
condizioni diurne con forte o debole soleggiamento, o notturne.
Qualora si intenda il valore massimo raggiunto dalle componenti convettive turbolente diurne, esso sarà tanto
maggiore quanto più elevata è l’instabilità. Nel caso in cui si definisca il limite superiore del BL come quello
rappresentativo della quota della base delle nubi, risulterebbe in genere un valore di zi inferiore nelle L
rispetto a quello nelle H .
Al di sopra delle superfici marine le variazioni spaziali e temporali di zi sono piccole. Ciò in quanto la
grande capacità termica dell’acqua determina un basso scostamento termico nel ciclo giorno/notte. Le masse
d’acqua sono inoltre caratterizzate da un’elevata omogeneità orizzontale, prive di significativi gradienti
orizzontali e/o fronti.
La zi di una massa d’aria in equilibrio varia al massimo del 10% su una distanza orizzontale di 1000 km .
Nel caso in cui si verifichino variazioni maggiori, è possibile associarli a moti verticali connessi a processi
sinottici, a mesoscala o da avvezioni di masse d’aria.
Una caratteristica eccezione è data dalle grandi correnti oceaniche, quali la Corrente del Golfo, che
possiedono elevati gradienti termici nelle vaste zone di interfaccia.
L’altezza del BL è generalmente più sottile nelle regioni di alta pressione ( H ), associate a subsidenza e
quindi con cielo sereno o poco nuvoloso per cumuli di bel tempo, rispetto a quelle di bassa pressione ( L )
dove i moti ascensionali non permettono di definire facilmente la sommità del BL che può anche raggiungere
la tropopausa.
FA
1500
EZ
CI
1000
E
Z
RL
CML
ML
500
SBL
0
12:00
SL
SL
S1
TR
S2
24:00
S3
AL
S4
S5
S6
Fig. 5. Schema di strato limite, in condizioni di alta pressione ed al di sopra di una superficie solida.
Sull’asse delle ascisse è mostrata l’evoluzione temporale giornaliera, dalle ore 12:00. La quota, in metri, è
sulle ordinate. I termini S1-S6 rappresentano sei sondaggi atmosferici, TR e AL indicano rispettivamente il
tramonto e l’alba. Si individuano tre principali componenti:
a) strato mescolato diurno, turbolento, in giallo (ML –mixed layer);
b) strato notturno, con residua turbolenza, in bianco (RL – residual layer);
c) strato notturno stabile, con rara turbolenza, in verde chiaro (SBL – stable boundary layer).
Sono inoltre presenti le seguenti altre regioni:
d) EZ (entrainment zone) interfaccia diurna tra CML ed atmosfera libera (FA – free atmosphere);
e) CI (capping inversion) interfaccia notturna tra RL e FA;
f) SL (surface layer) interfaccia con il suolo del CML o dello SBL.
Adattato da Stull (1988).
F. Travaglioni – Appunti di Strato limite
5
z
FA
FA
FA
ML
RL
RL
FA
FA
FA
RL
RL
ML
SBL
SBL
SBL
ML
ML
Fig. 6. Profili verticali della temperatura potenziale virtuale media relativi alla situazione schematizzata nella figurav 5
(S1-S6) che mostrano l’evoluzione dello strato limite nel ciclo giornaliero a partire dalle 16:00 locali. Adattato
da Stull (1988).
Sulla terra in condizioni di cielo sereno, la struttura del BL si evolve con ciclo giornaliero ed è possibile
classificarla nel seguente modo:
strato limite convettivo (convective boundary layer – CBL) diurno, suddiviso in:
strato superficiale (surface layer – SL) instabile, regione più a contatto con il suolo, definita come
quello strato in cui i flussi turbolenti variano meno del 10% della loro intensità;
strato mescolato (mixed layer – ML), a livello superiore, in cui lo sviluppo convettivo e gli effetti
turbolenti sono i fenomeni predominanti e permettono un significativo rimescolamento delle
grandezze termodinamiche;
strato residuale (residual layer – RL) notturno in quota;
strato limite stabile (stable boundary layer – SBL) notturno.
Si definisce quindi strato di interfaccia (microlayer o interfacial layer - IL) la regione atmosferica, spessa
pochi cm, dove il trasporto molecolare domina su quello turbolento.
Lo Strato Convettivo
Al termine della presentazione generale delle caratteristiche dello strato limite, diviene interessante andare ad
analizzare più nel dettaglio problematiche che interessano i diversi strati del BL ed i fenomeni ivi connessi.
L’origine del nome strato convettivo è chiaramente legata all’insorgere della condizione turbolenta all’interno
dello strato limite legata in massima parte a fenomeni quali il:
trasporto di calore dalla superficie calda (attraverso lo sviluppo delle termiche);
raffreddamento radiativo dalla sommità delle nubi (subsidenza di aria fredda).
Affinché si verifichi lo sviluppo di fenomeni convettivi, in genere, è opportuno che la dinamica atmosferica
presenti venti deboli. Tale condizione non è obbligatoria in quanto è possibile la formazione di termiche
anche in regioni con venti moderati. Questi fenomeni possono presentarsi simultaneamente quando uno
stratocumulo (SC), freddo, situato alla sommità dello strato mescolato, viene trasportato per avvezione su di
un terreno più caldo.
Anche nel caso in cui il meccanismo dominante sia la convezione, esiste alla sommità del ML uno shear del
vento che, analogamente al fenomeno della turbolenza in aria chiara (CAT - clear air turbulence)
identificabile nelle correnti a getto presenti a quote più elevate caratteristiche dell’atmosfera libera,
contribuisce alla generazione della turbolenza ed è associabile alle onde di Kelvin-Helmoltz (figura 7).
Nelle giornate soleggiate lo strato convettivo cresce in ragione del riscaldamento del suolo. Il mescolamento
verticale è quindi intenso e pressochè uniforme, presentando un massimo nel pomeriggio.
F. Travaglioni – Appunti di Strato limite
6
E’ abbastanza facile individuarne la formazione quando si è in presenza di traccianti quali l’emissione di
fumi. Questi ultimi tendono a disperdersi con caratteristiche strutture a voluta (looping) legate alla presenza di
circolazioni convettive originate dal riscaldamento del suolo, le cosiddette termiche (figura 22 a).
Fig. 7.
Rappresentazione schematica dell’instabilità di KelvinHelmoltz. Dall’alto:
a)
moto orizzontale contrapposto di due fluidi;
b-e) formazione di un’onda fino alla formazione di
frangenti;
f)
instabilità finale.
Adattato da Stull (1988).
In condizioni di soleggiamento estive, il profilo della temperatura potenziale virtuale media
assume le
seguenti caratteristiche (figura 8 a):
adiabatico nella regione mediana del ML;
superadiabatico nel SL (in prossimità del suolo);
una regione di inversione termica (denominata di giorno strato di trascinamento o entrainment zone - EZ,
e di notte capping inversion - CI), è posizionata tra il ML e la libera atmosfera (free atmosphere - FA).
Tende ad impedire lo sviluppo convettivo delle termiche verso l’alta troposfera e favorendo nel contempo
il processo di inglobamento di aria più fresca da parte del BL.
Il livello medio della regione di inversione termica viene in genere considerato come l’altezza del BL zi .
a)
b)
c)
d)
z
FA
EZ
ML
SL
v
M
q
c
Fig. 8. Profili verticali delle principali grandezze medie nello strato convettivo:
a) temperatura potenziale virtuale; b) velocità del vento; c) contenuto di vapore; d)
concentrazione di inquinanti.
Nel caso b) è stato inserito il profilo, estrapolato fino al suolo, del vento geostrofico
(tratteggio in blu).
Adattato da Stull (1988).
F. Travaglioni – Appunti di Strato limite
7
2
2
2
u
Il gradiente verticale del vento medio ( M
) può essere rappresentato come in figura 8 b:
nell’intero strato limite, a causa dell’attrito, il profilo è sub-geostrofico e, non più parallelo rispetto alle
isobare, le interseca entrando nelle L ;
nel ML risulta essere pressoché costante. L’angolo che forma con le isobare è piccolo;
nel SL, regione più prossima al terreno, decresce con profilo logaritmico tendendo ad annullarsi al suolo.
L’angolo tra il vettore e le isobare assume valori che raggiungono i 45 .
Nel BL, il contenuto di vapore q r presenta un profilo medio decrescente con la quota (figura 8 c).
All’interno del ML tale gradiente è decisamente meno pronunciato a causa sia dei processi di evaporazione
dal basso del suolo e delle piante, sia del trascinamento di aria più secca dall’alto sia, infine, dei processi di
rimescolamento particolarmente attivi nella regione. In corrispondenza della zona di inversione,
nell’entrainment zone, si ha il massimo gradiente verticale.
Il profilo verticale della concentrazione di inquinanti (figura 8 d) tende a seguire quello del contenuto di
vapore ( c q ).
I cumuli di bel tempo possono formarsi quando:
zi cresce;
vi è sufficiente umidità;
le termiche più alte raggiungono il livello di condensazione per sollevamento.
La presenza di nubi riduce l’insolazione e l’intensità delle termiche.
Il ML può anche essere non turbolento o neutro (stratificato).
Lo strato superficiale instabile
Questo strato si sviluppa con il soleggiamento diurno, in conseguenza dei processi convettivi innescati dal
forcing superficiale raggiungendo al massimo quote di 10 102 m . E’ opportuno ricordare come il processo
conduttivo avvenga nello strato di interfaccia dove il gradiente verticale di
è più intenso (negativo).
Pertanto l’evoluzione dei profili verticali di temperatura ed umidità, a differenza di quella del vento che è
sempre nulla al suolo, dipende in modo significativo dalle condizioni preesistenti nello strato.
Analizzando i profili delle principali grandezze, è possibile individuare:
un gradiente termico verticale di tipo superadiabatico che, con la quota, tende a ridursi fino a divenire
neutro nella regione più elevata del SL;
una riduzione dell’umidità con la quota analoga a quella descritta per la
;
un sensibile incremento del vento (wind shear) con la quota.
La teoria della similarità di Monin-Obukhov permette di descrivere validamente tali andamenti.
La direzione dei flussi di calore e di quantità di moto è pertanto opposta con evidente pozzo di quest’ultima
rappresentato dall’interazione con il suolo.
I pennacchi
Il meccanismo convettivo innescato dal riscaldamento diurno della superficie terrestre, determina nel SL la
formazione discontinua (sul piano orizzontale) ed intermittente di strutture, di dimensioni dell’ordine di
102 m , che possono essere evidenziate dall’esame di alcune grandezze meteorologiche nello SL. Un
F. Travaglioni – Appunti di Strato limite
8
meteogramma, in venga presentata l’evoluzione temporale delle grandezze a diverse quote, rappresenta un
valido ausilio per la comprensione del fenomeno che:
inizialmente cresce con un profilo relativamente lento (per esempio lineare). Una lenta crescita della
temperatura è in genere associata a velocità verticali positive, cioè dirette verso l’alto, segno di processi
che producono bolle di aria calda. Si è in presenza quindi di uno sviluppo convettivo che dà luogo ad un
flusso netto diretto verso l’alto (updraft) con velocità dell’ordine di grandezza di 1 2 m s 1 ;
successivamente diminuisce bruscamente. La rapida caduta del campo termico è di solito associata ad
una inversione della direzione delle velocità verticali, indice di un flusso compensativo discendente di
aria più fredda (downdraft), più lento, che tende a sostituire l’aria calda formatasi in precedenza e che,
raggiungendo il suolo, sarà oggetto di un nuovo processo di riscaldamento.
Nella regione di confine, ai bordi di tale configurazione, si presentano quindi le situazioni di massima
turbolenza.
Il processo di formazione di un pennacchio può essere pertanto esemplificato attraverso l’analisi di una
singola bolla di aria calda di ridotte dimensioni che si espande verticalmente interagendo con l’ambiente
circostante a partire dalle zone di contatto (figura 9). L’aria ambiente sovrastante è costretta a sollevarsi,
raffreddandosi adiabaticamente, per poi scorrere verso il basso, lateralmente alla bolla.
Quest’ultima, nel suo processo ascensionale, tenderà a “diluire” le proprie caratteristiche termodinamiche
lasciando una sorta di scia che risulterà essere quindi leggermente più calda dell’ambiente circostante.
Aria più fredda
Aria più calda
Direzione del vento
Fronte
del
pennacchio
Fig. 9. Schema ideale di un processo di sviluppo di un pennacchio. In alto: l’aria in prossimità del suolo è più calda di
quella sovrastante (sinistra); l’aria tende a salire in una regione limitata (centro); si forma una bolla che tende
a staccarsi (destra). In basso: inizia il processo di produzione di diverse bolle (sinistra) che tenderanno ad
orientarsi in direzione del vento medio; le bolle si aggregano formando una struttura verticale coerente, il
pennacchio, inclinato in direzione del vento medio e caratterizzato da flussi ascensionali interni (updraft). Per
semplicità non sono stati presentati i flussi discendenti esterni (downdraft).
F. Travaglioni – Appunti di Strato limite
9
L’espansione di tale bolla termina con il completo rimescolamento con l’ambiente. La regione atmosferica
interessata dalla sua risalita, leggermente più calda, può tendere a sollevarsi, seppure molto lentamente, per
galleggiamento.
Una successiva bolla verrà a svilupparsi in un ambiente meno freddo di quello incontrato dalla precedente. Il
processo di rimescolamento sarà quindi meno efficace, permettendo alla nuova bolla di salire fino ad una
quota superiore.
Ipotizzando che l’apporto energetico (termico) della superficie terrestre mantenga efficiente la produzione di
nuove bolle, si avrà la formazione di strutture coerenti, i pennacchi, che si estendono verso l’alto. Poiché in
genere tale processo non è isolato, condizioni analoghe si verificano nelle immediate vicinanze della singola
struttura finora considerata. I pennacchi avranno pertanto la possibilità di unirsi formando processi più
significativi (fisicamente e dimensionalmente) che, qualora le condizioni termodinamiche lo consentano,
potranno svilupparsi in strutture coerenti. Queste ultime, superando lo strato superficiale, andranno ad
interessare l’intero strato mescolato prendendo il nome di termiche.
In ragione dell’alimentazione termica dal basso e dell’azione meccanica orizzontale del vento, nel corso della
giornata, possono pertanto determinarsi strutture:
discontinue caratterizzate da una serie di bolle distinte che rimangono isolate ed il cui sviluppo verticale
è molto limitato;
continue e relativamente ampie, pennacchi termici, conseguenti all’aggregazione di bolle contigue. Con
la quota, la struttura di ciascun pennacchio tende a diffondersi creando configurazioni coerenti di
dimensioni ancora maggiori ( 103 m ) che possono quindi svilupparsi nel ML sotto forma di termiche.
Il rapporto tra la forzante meccanica (vento medio) e quella termica (galleggiamento) determina la maggiore o
minore inclinazione del profilo verticale del pennacchio che può pertanto raggiungere dimensioni orizzontali
di 102 103 m in ragione della crescita relativa del vento rispetto all’attività convettiva.
Buona parte del flusso di calore turbolento si manifesta, come mostrato anche in figura 10, nella regione del
pennacchio definita come “scia posteriore” (trailing edge).
z (m)
150
Fig. 10. Schema di sezione trasversale della
temperatura di un pennacchio. Le aree in
grigio rappresentano le regioni di sviluppo del
pennacchio. Adattato da Wiczak, (1984).
100
50
0
x
Rispetto ad un suolo omogeneo, la presenza di discontinuità orizzontali e verticali comporta una modulazione
nella formazione dei pennacchi, maggiormente evidenti sulle porzioni di terreno più calde della media
circostante.
Le condizioni di equilibrio termodinamico ed il vento possono interferire significativamente con il citato
meccanismo di sviluppo. In particolare, le condizioni:
termodinamiche di instabilità permetteranno lo sviluppo di pennacchi più ampi verso quote più elevate,
mentre quelle di stabilità limiteranno il processo ascensionale, che risulterà tendenzialmente molto
discontinuo, con bolle isolate, e di ampiezza verticale ridotta;
meccaniche di stabilità, associate a calma di vento, in analogia con la stabilità termodinamica,
tenderanno a limitare la formazione dei pennacchi.
F. Travaglioni – Appunti di Strato limite
10
La condizione migliore per lo sviluppo di tali pennacchi è pertanto quella che presenta venti deboli (
5 10 nodi ) che permettono un adeguato ricambio di aria in prossimità del suolo. Nei primi strati tale azione
dinamica tende ad inclinare la struttura termica nel verso della propria direzione.
Venti più intensi possono in genere produrre maggiori inclinazioni e l’eventuale erosione e distruzione della
coerenza verticale, ma soprattutto impediranno l’ottimale riscaldamento del suolo, limitando l’apporto
energetico.
Lo strato mescolato
La convezione rappresenta il principale processo di rimescolamento con la quota di grandezze
termodinamiche quali la temperatura e l’umidità che, di conseguenza, tendono ad assumere profili verticali
sostanzialmente costanti. In tale strato anche l’intensità e la direzione del vento tendono a disporsi in maniera
più omogenea con la quota.
Sebbene anche lo shear del vento generi mescolamento verticale, sono i moti convettivi a rendere più efficace
ed uniforme il processo a causa della marcata anisotropia verticale della turbolenza.
I processi fisici non possono ovviamente agire istantaneamente su tutto lo strato. Pertanto, sebbene il tempo di
scala sia di 10 min , l’azione delle forzanti presenti nelle regioni di contatto, la superficie e lo strato
trascinamento, rende comunque localmente non uniforme il mescolamento.
I profili verticali della temperatura potenziale e dell’umidità, risentono in genere da un lato del riscaldamento
e dei processi di evaporazione superficiale, dall’altro dell’ingresso di aria dall’alto.
La teoria della similarità può essere applicata allo strato mescolato nel caso in cui non si verifichino
significative variazioni della sua altezza, cioè al primo mattino o nel pomeriggio.
Nel primo caso, infatti, il ML è abbastanza sottile 102 m , ed il processo convettivo è limitato dalla
presenza dello strato stabile notturno.
Le termiche
A seguito del soleggiamento diurno, negli strati prossimi al suolo, con la formazione dei pennacchi si crea un
flusso di calore di tipo “sensibile” e “latente” diretto verso la medio-bassa troposfera.
Tale meccanismo, qualora le condizioni termodinamiche lo consentano, durante la giornata tende ad
interessare porzioni sempre più significative della troposfera ed è quindi rappresentativo della formazione
delle termiche.
Queste ultime sono strutture coerenti che possono raggiungere nel pomeriggio dimensioni orizzontali
dell’ordine di grandezza di 103 m e l’intensità dei flussi verticali può determinare velocità variabili da un
minimo di 1 2 m s
1
fino a valori superiori i 5 m s 1 .
Come era stato descritto in precedenza, le strutture discontinue caratteristiche del processo di formazione dei
pennacchi, si sviluppano principalmente durante la mattinata. Le bolle tendono quindi ad accrescere la propria
dimensione ed incrementare la frequenza di formazione con l’approssimarsi del massimo soleggiamento.
Intorno al mezzogiorno il processo tenderà a sviluppare la massima potenza ed assumere una coerenza
verticale attraverso pennacchi relativamente stretti. Tali strutture, nel pomeriggio, evolvono incrementando la
propria dimensione orizzontale, ma riducendo nel contempo le velocità verticali a causa del minore apporto
energetico.
L’analisi di una sezione trasversale sufficientemente ampia (figura 11) permette di individuare flussi
ascensionali che si alternano a subsidenze di minore intensità. Tali flussi verticali, se dotati di adeguata
componente cinetica, possono superare il livello di inversione termica sovrastante penetrando nella regione di
trascinamento (entrainment zone), la cui quota è stata definita in precedenza essere legata a zi , attraverso il
F. Travaglioni – Appunti di Strato limite
11
fenomeno definito come penetrazione (overshooting). Esaurita la spinta propulsiva, il galleggiamento
negativo determinerà l’inversione del processo. Di conseguenza le particelle soggette alla spinta verso il basso
tenderanno a portare con se caratteristiche termodinamiche tipiche della regione superiore (entrainment). Il
risultato netto di tale processo è l’incremento graduale della regione di confine, l’ entrainment zone, e quindi
della quota media di zi .
In ragione del processo di risalita di aria all’interno delle termiche, alla base di tali strutture si forma una zona
di convergenza, compensata in quota da una regione avente divergenza orizzontale.
E’ opportuno notare, inoltre, che le piccole masse di aria aventi le caratteristiche termodinamiche
dell’atmosfera libera trascinate all’interno dello strato mescolato a seguito del processo di overshooting, in
genere, non riescono a raggiungere il suolo a causa del processo di rimescolamento che le diluisce
rapidamente e completamente nell’ambiente circostante.
_
zi
zi
Fig. 11. Schema ideale di un processo convettivo (termica). Il flusso ascensionale (updraft) è forte e limitato
orizzontalmente (curva rossa spessa). Le particelle possono penetrare nella regione sovrastante l’altezza
media del BL (livello di equilibrio - linea tratteggiata blu). Il flusso discendente (downdraft) è più debole e
distribuito su di una superficie maggiore (curva blu sottile). Localmente la quota z i (curva punteggiata in
verde) del BL presenta quindi un andamento variabile in ragione dello sviluppo dei processi convettivi.
Ai bordi della regione intermedia dello strato è possibile altresì individuare effetti di interazione tra le masse
d’aria in cui componenti esterne alla termica vengono catturate e trascinate verso l’alto (l’analisi delle
grandezze termodinamiche evidenzia velocità verticali negative associate a temperature in crescita), mentre
particelle appartenenti al pennacchio ne fuoriescono per essere trasportate verso il basso.
Il tempo complessivo impiegato dalle particelle nel completare i processi descritti è di
la regione orizzontale è limitata ad una estensione di
10 20 min , mentre
2
10 m .
Attraverso l’analisi dei fenomeni a scala inferiore è possibile inoltre individuare la formazione di turbolenza
ai limiti superiori delle termiche, conseguente alla formazione di onde di Kelvin-Helmholtz che si sviluppano,
si rompono e decadono rapidamente nel periodo di pochi minuti.
Sebbene siano stati già accennati i fenomeni di interazione che diluiscono le caratteristiche termodinamiche ai
bordi dei pennacchi originatori, è ora opportuno analizzare anche la struttura orizzontale della termica (figura
12). La regione centrale della termica (core) presenta infatti i massimi flussi ascensionali che tendono a
ridursi di intensità nelle regioni più esterne.
F. Travaglioni – Appunti di Strato limite
12
Fig. 12.
Schema della sezione orizzontale di una termica. La curva
continua verde rappresenta il limite ideale esterno, mentre
la rossa interna tratteggiata è il nucleo (core) colorato in
grigio. Nella regione d’intrusione la curva blu con meandri
irregolari, colorata in grigio chiaro, rappresenta quindi la
regione di aria della termica diluita. Adattato da Stull
(1988).
Il trascinamento laterale di aria dell’ambiente circostante più fresca, altrimenti definibile come intrusione,
determina fenomeni di rimescolamento orizzontale, radialmente non omogenei. Il core della termica, non è
praticamente interessato da questo fenomeno mantenendo il ruolo di trasporto dell’aria superficiale verso
l’alto. Di conseguenza la sezione orizzontale viene caratterizzata da meandri più o meno accentuati ed
asimmetrici.
L’interazione tra i flussi ascendenti e discendenti, presenti in prossimità dell’interfaccia tra le masse d’aria,
favorisce moderate componenti di turbolenza. Pertanto anche il campo di velocità verticale presenta
irregolarità spaziali.
Per completare l’informazione relativa all’interazione del vento con i pennacchi e le termiche è possibile
illustrare che la distribuzione del vento al suolo, mostrata in figura 13, risulta essere ottimale per il continuo
sostentamento energetico della termica. La riduzione del vento apparente, dovuta alla composizione vettoriale
tra il vento medio e l’effetto di convergenza al suolo, favorisce il migliore sviluppo delle componenti
energetiche necessarie al sostentamento del processo.
Fig. 13. Schema ideale di composizione dei moti in
una termica nell’ipotesi di una
componente ciclonica che entra nella
termica con angolo di 45°. La minima
componente longitudinale del vento
risultante si ha nella regione frontale
della termica: i moti tendono a calmarsi
favorendo condizioni per un ulteriore
sviluppo convettivo. Nella regione
posteriore, tale componente tende a
crescere.
Direzione del
vento medio
Aria richiamata
nella termica
Termica
Vettore risultante
Fronte della termica
Le strade di cumuli
In condizioni di riscaldamento superficiale associato ad elevata ventilazione, si può formare nel ML una
circolazione caratterizzata da coppie speculari di rotori (orizzontali), orientate quindi in senso orario ed
antiorario, il cui asse principale è diretto parallelamente, o con pochi gradi di divergenza, rispetto al vento
medio.
F. Travaglioni – Appunti di Strato limite
13
Qualora sia presente una quantità sufficiente di contenuto di vapore, è possibile la formazione di strade di
nubi cumuliformi, preferibilmente sulle regioni oceaniche. L’altezza del moto interessa generalmente l’intero
ML, mentre la componente longitudinale si può estendere con dimensioni superiori ai 100 km .
Come schematizzato nella figura 14 ed illustrato nell’immagine satellitare di figura 15, ad ogni coppia di
rotori è associata un cumulo, ed il rapporto tra componente trasversale e verticale risulta essere di circa 3:1.
Tali strade sono in genere il prodotto di un’avvezione di aria fredda, per esempio post-frontale, al di sopra di
superfici marine relativamente più calde e sono bene identificabili attraverso le immagini satellitari.
Occasionalmente, nella regione più avanzata, possono svilupparsi formazioni cumuliformi più importanti che
possono dar luogo alla fenomenologia tipica dei cumulonembi: raffiche e shear del vento, temporali e rovesci
di pioggia.
3
1
Fig. 14.
Configurazione di strade di cumuli. Sezione trasversale (sinistra) e longitudinale (destra) della circolazione
elicoidale. Le linee continue superiori (in verde) indicano la quota z i del BL al di sopra della quale è presente
lo strato di inversione. A sinistra è mostrato anche il rapporto tra dimensioni trasversali e verticali.
Fig. 15.
Immagine telerilevata di una configurazione di strade di cumuli (Atollo di Tiladumati, Isole Maldive - Space
Shuttle; da LPI/NASA).
F. Travaglioni – Appunti di Strato limite
14
Le caratteristiche più idonee alla formazione delle strade di cumuli, riportate graficamente in figura 16, sono
così sintetizzabili:
venti al suolo dell’ordine dei 5 10 m s 1 ( 10 15 nodi );
direzione del vento costante con la quota all’interno dello strato convettivo (ML);
gradiente verticale del vento dell’ordine di 5 m s 1 ;
profilo termico verticale caratterizzato da uno strato stabile posto al di sotto di un livello di inversione,
posizionato a 1500 2000 m , che limiti lo sviluppo convettivo verticale.
~ 2 km
5 m/s
T
Fig. 16.
U
Profili verticali della temperatura (sinistra) e del vento (destra) che
caratterizzano una configurazione di strade di cumuli. Le linee tratteggiate
verdi rappresentano lo strato di inversione. E’ inoltre mostrata la quota
dell’inversione ed il gradiente verticale del vento.
Lo Strato Residuo
A seguito del decadimento della turbolenza e quindi del fenomeno delle termiche, in orari prossimi al
tramonto, tende a formarsi il RL. Le grandezze atmosferiche tendono da quel momento a conservare i valori
medi precedenti caratteristici del ML.
Nel RL possono ancora manifestarsi relative condizioni di turbolenza, tendenzialmente di tipo isotropo.
Durante la notte la
media decresce debolmente ed uniformemente su tutto il RL ed il suo profilo verticale
si mantiene sostanzialmente adiabatico. Tali condizioni di neutralità determinano la formazione di lasche
configurazioni stratificate in cui le emissioni di inquinanti si disperdono omogeneamente in strutture di forma
conica (cone-shaped plume), come mostrato in figura 22 b.
Qualora nella regione si verifichi in un arco temporale di più giorni l’accumulo di umidità, come conseguenza
dei processi superficiali di evapotraspirazione e di trasporto verticale turbolento all’interno del ML, si può
determinare la formazione notturna di nubi di tipo stratiforme.
Lo Strato Limite Stabile
L’azione delle termiche si conclude comunque con il tramonto del sole, quando viene a mancare l’apporto energetico da
parte del suolo.
Se lo strato superiore del ML tende a mantenere immutate le caratteristiche termodinamiche generando un RL, gli strati
inferiori, più a contatto con il suolo, iniziano a subire l’influenza diretta del raffreddamento superficiale. Con il
fenomeno dell’irraggiamento in onda lunga (IR), la Terra cede calore all’atmosfera circostante. Per conduzione gli strati
F. Travaglioni – Appunti di Strato limite
15
immediatamente a contatto con il terreno saranno caratterizzati da temperature prossime a quelle del suolo e quindi
decrescenti nel tempo.
Si viene pertanto a creare una regione di inversione termica, stabile, in cui il gradiente cresce con la quota divenendo
superadiabatico.
Tale regione, mantenendosi invariate le condizioni al contorno, tende ad approfondirsi con l’avanzare della notte a
scapito del RL e prende il nome di strato stabile notturno (NL - nocturnal layer).
I flussi verticali e la turbolenza associata, tendono ad essere via via attenuati per scomparire quasi completamente.
Residui turbolenti possono essere comunque individuati localmente nelle regioni di confine con il RL, in corrispondenza
del cosiddetto getto nei bassi strati (LLJ – low level jet).
Le principali grandezze termodinamiche presentano i profili schematizzati nella figura 17. Risulta evidente, dall’analisi
dei gradienti di T e , che le massime condizioni di stabilità statica siano presenti in prossimità del suolo, decrescendo
poi lentamente con la quota ed assumere infine profili neutri (adiabatici).
Il profilo dell’umidità, sebbene possa essere assimilato a quello della temperatura, deve essere trattato con particolare
cura in quanto, nelle aree extraurbane, per le quali è stata finora sviluppata tutta la trattazione, sono sempre presenti
pozzi o sorgenti legati alla presenza di superfici umide caratterizzate da elevata evaporazione oppure alla presenza di
condizioni di condensazione. E’ quindi possibile individuare aree con elevati gradienti verticali di umidità alternate ad
aree i cui gradienti risultano molto meno evidenti.
Anche il profilo del vento nello SBL presenta delle caratteristiche complesse dovute principalmente alle caratteristiche
del terreno ed alle forzanti sinottiche o a mesoscala che si manifestano pertanto nelle regioni di contatto o di interfaccia
con gli strati contigui (suolo, RL).
Nei primi metri di quota la topografia agisce significativamente sulla dinamica del vento. In presenza di pendii, si
generano circolazioni catabatiche con venti di caduta freddi, spessi pochi metri, originati dalle masse d’aria che si
formano in cima e lungo le pendici del rilievo e che tendono per gravità a scendere lungo i fianchi per terminare la loro
azione nelle zone pianeggianti (valli, depressioni) dove tendono a rigenerarsi condizioni di calma.
Nelle regioni superiori dello SBL tale profilo cresce con la quota e spesso raggiunge e supera i valori geostrofici,
presentando un tipico massimo intorno alla sommità dello strato (LLJ). Tale andamento, presente durante le ore notturne
(nocturnal jet) è in genere associato ad una variazione, sovente oraria, della direzione orizzontale e può evolversi
significativamente durante l’arco della nottata stessa.
z
T
Fig. 17.
M
q
Schema dei profili verticali di alcune grandezze termodinamiche nello SBL. Da sinistra:
a) temperatura assoluta (in rosso). Il tratteggio verde indica il livello dell’inversione;
b) temperatura potenziale (in rosso). Il tratteggio verde indica il limite dello SBL;
c) intensità del vento (in rosso). Il tratteggio verde indica il livello del vento massimo (LLJ);
d) contenuto di vapore (in rosso).
Adattato da Stull (1988).
L’aria staticamente stabile del SBL tende a sopprimere i moti verticali turbolenti per cui i profili verticali
medi delle quantità turbolente mostrano una lenta diminuzione con la quota.
La principale forzante turbolenta risulta essere di origine meccanica, il wind shear. Nello SBL ciò è
rappresentato dal LLJ in quota e dall’attrito su flussi superficiali. In particolare sui pendii, lo shear può
svilupparsi alla sommità dello strato fluido catabatico.
Piccole raffiche turbolente legate a tale meccanismo tendono a generare rimescolamento alla sommità dello
strato.
F. Travaglioni – Appunti di Strato limite
16
Ulteriori oscillazioni verticali si manifestano per galleggiamento dalle onde di gravità che possono tendere ad
incrementare la turbolenza.
In questo quadro, quindi, esistono componenti turbolente nello strato stabile notturno di tipo debole e
sporadico e spazialmente le si può trovare distribuite in modo discontinuo ed intermittente.
Gli inquinanti, infine, così come qualsiasi altro componente scalare (tracciante), qualora siano emessi
all’interno del SBL, tendono a diffondersi orizzontalmente “a ventaglio” (processo di fanning) determinando
una caratteristica struttura stratificata lamellare (figura 22 c). Tale processo è dovuto principalmente alla
elevata stratificazione dei livelli inferiori, più stabili, dell’atmosfera associata alla presenza di shear
orizzontale e verticale del vento.
Nel capitolo riservato alla stabilità atmosferica erano stati individuati numerosi indici che permettevano di
determinare le condizioni di uno strato in funzione delle grandezze termodinamiche osservabili. Nel caso
dello SBL è possibile avere un indice dell’intensità dell’inversione, quindi del livello di stabilità presente,
attraverso la differenza tra la temperatura potenziale RL osservata al livello della base del RL e quella
dell’aria in prossimità della superficie (
RL
S
):
s
Tale indice è rappresentativo del raffreddamento dello strato avvenuto a partire dalla formazione del SBL. I
15 C , quando si è in presenza di turbolenza o
valori estremi sono compresi nell’intervallo tra 0 C
RL
copertura nuvolosa.
Come accennato in precedenza l’altezza dello SBL non è facilmente quantificabile poiché spesso non esiste
un’evidente separazione con il RL. I valori più frequenti sono compresi tra 100 500 m , ma si possono
raggiungere anche quote intorno ai 1000 m .
z
z
z
z
h
h
h
h
0
0
s
Fig. 18.
RL
0
s
RL
0
s
RL
s
RL
Modelli schematici di profili verticali di nello SBL. Da sinistra:
a) costante: strato ben mescolato con discontinuità a livello h;
b) crescita lineare con una discontinuità a livello h;
c) crescita lineare senza discontinuità a livello h;
d) crescita polinomiale (eventualmente esponenziale) senza evidente separazione con il RL.
In rosso il profilo dello SBL, in blu quello del RL, in verde la discontinuità a livello h.
Adattato da Stull (1988).
F. Travaglioni – Appunti di Strato limite
17
Al fine di valutare l’estremità superiore del dello SBL sono stati definiti diversi metodi che tengono conto
delle considerazioni sviluppate in precedenza. Ricordando come il risultato non sia in genere univoco e possa
fornire anche sostanziali differenze, è possibile citare tre esempi in cui il limite superiore è rappresentato dalla
quota in cui:
il gradiente verticale è adiabatico (
z
0 );
il gradiente verticale è isotermo ( T z 0 );
il vento raggiunge il valore massimo, livello del LLJ.
Ciascuno di essi contiene difficoltà legate alla presenza evidente di condizioni adiabatiche, isoterme o di
vento massimo in quota.
In ragione della varietà di configurazioni che permettono lo sviluppo di SBL aventi diverse caratteristiche
termodinamiche, sono stati sviluppati differenti modelli che tendono a rappresentare meglio l’andamento del
profilo verticale di temperatura potenziale.
In figura 18 sono presentati alcuni che prevedono:
const ' caratteristico di nebbie. E’ presente una
uno strato ben mescolato con S const
RL
discontinuità tra i due strati a livello h ;
uno strato in cui la
cresce linearmente con la quota, ma si mantengono sia il
con il RL che la
discontinuità termica tra gli strati;
uno strato in cui la
cresce linearmente con la quota, ma nella regione di contatto non è più presente
alcuna discontinuità termica;
una crescita polinomiale, eventualmente esponenziale, della
con la quota. Profili in cui non è più
possibile individuare una marcata separazione tra gli strati. La quota dello SBL potrà essere stabilita solo
attraverso la definizione di un
piccolo a piacere (per esempio il 5% del
iniziale) che, raggiunto,
fornirà il livello voluto.
Il getto nei bassi strati
Il LLJ è una sottile corrente di aria che si muove con velocità dell’ordine di 10 20 m s
1
ad una quota di
circa 100 500 m con valori di picco osservati di 900 m di quota e 30 m s 1 di intensità.
La sua estensione è molto varia raggiungendo dimensioni molto vaste tipiche di uno strato atmosferico (
1000 km di larghezza per 100 km di lunghezza).
L’evoluzione notturna del profilo del vento è rappresentata nella figura 19.
z (m)
Fig. 19.
Esempio di evoluzione notturna del LLJ. Sono
presentati i profili verticali del vento alle ore:
18:00 (tratteggio rosso piccolo); 21:00 (curva
continua grigia); 00:00 (tratteggio blu
grande); 06:00 (tratteggio verde medio).
Adattato da Malcher and Kraus (1983).
1000
800
600
400
200
5
F. Travaglioni – Appunti di Strato limite
10
15
M
18
E’ pertanto possibile definire come LLJ, non univocamente, quella regione al di sotto della quota di 1500 m
in cui il vento presenta un’intensità massima relativa con valori di almeno 2 m s 1 più elevati rispetto a quelli
dei livelli superiori.
Le cause generatrici del LLJ possono essere diverse, anche tra loro associate:
baroclinicità a scala sinottica associata a caratteristiche meteorologiche locali;
baroclinicità a scala locale associata a condizioni geomorfologiche del terreno, principalmente
l’inclinazione;
oscillazioni inerziali;
fronti;
brezze di terra, di mare, di valle, di monte.
In genere il fenomeno presenta il suo massimo sviluppo nelle ore immediatamente precedenti l’alba.
Flussi su terreni inclinati
Come è stato accennato in precedenza, di notte, per effetto dell’azione da parte del suolo, lo strato formato dai
primi metri di atmosfera risulta essere più freddo e denso di quelli superiori. Qualora il terreno non sia
pianeggiante, per effetto della gravità, tale strato tenderà comunque a muoversi lungo le pendici.
Pendii con inclinazione dell’ordine dell’ 1 ‰ possono determinare, su scale relativamente ampie, velocità della
massa d’aria dell’ordine di 1 m s 1 , il che permette di stabilire che moti di tipo catabatico sono presenti
ovunque, con esclusione delle superfici marine e lacustri quando queste siano di adeguata superficie.
Il profilo del vento nei primi metri di atmosfera sarà quindi rappresentabile come quelli della figura 20. La
velocità cresce con la quota per raggiungere un massimo laddove l’influenza del raffreddamento dal basso è
ancora significativa, mentre l’azione dell’attrito comincia a ridursi.
Con il crescere della quota la velocità diminuisce, ma si presentano fenomeni di wind shear ai limiti dello
strato in moto con conseguente incremento della turbolenza, del mescolamento e quindi del fenomeno del
trascinamento.
Come è facile intuire, l’intensità del vento massimo e la quota del suo massimo sono funzione
dell’inclinazione e della dimensione del pendio, come anche della rugosità del terreno.
z (m)
Fig. 20.
Esempio di evoluzione del flusso catabatico
con un pendio inclinato di 10°. Sono
presentati i profili verticali del vento a
distanza di: 250 m (rosso); 600 m (verde);
1000 m (blu). Adattato da Horst and Doran
(1986).
10
8
6
4
2
1
2
u (m/s)
Le regioni anteriori dei venti catabatici, una volta sfociati nelle pianure o nelle vallate sottostanti, possono
assumere le caratteristiche di un debole fronte presentando nello strato di contatto fenomeni ondulatori di tipo
Kelvin-Helmoltz.
F. Travaglioni – Appunti di Strato limite
19
L’isola di calore
Le caratteristiche termodinamiche degli strati atmosferici posti al di sopra dei centri abitati, sono
generalmente diverse da quelle presenti nei terreni non urbanizzati. La presenza di sorgenti di calore associate
ad industrie, edifici più o meno pronunciati, vie di comunicazione, veicoli a combustione fossile tende a
modificare l’apporto energetico degli agglomerati urbani rispetto a quello delle zone rurali.
y
a)
x
z
b)
x
z
c)
x
Fig. 21. Schema ideale dell’“isola di calore”. Dall’alto in basso, sono stati mostrati:
a) la pianta orizzontale della struttura posta in assi cartesiani. L’area grigia delimitata in rosso rappresenta
l’area urbana; le curve blu, alternate in continuo e tratteggio, sono le isoterme che hanno un massimo
centrale di 20 °C, l’intervallo è di 2 °C.
b) la sezione trasversale diurna. Gli edifici sono rettangolari. In blu è rappresentato il limite dello “strato
limite urbano” con l’effetto pennacchio a valle della città. In rosso i profili verticali di temperatura
potenziale.
c) la sezione trasversale notturna con le stesse notazioni. Il pennacchio non interessa più l’intero strato limite
a valle della città, dove tende a ricrearsi uno strato limite stabile.
Le frecce nere indicano la direzione e l’intensità del vento. Adattato da Oke (1984).
L’analisi prettamente termica del problema porta a definire queste aree come “isole di calore” sebbene gli
effetti antropici influenzino significativamente anche altri aspetti meteorologici locali quali:
il bilancio radiativo;
il profilo del vento;
F. Travaglioni – Appunti di Strato limite
20
l’umidità atmosferica;
i fenomeni nuvolosi;
le precipitazioni;
la turbolenza.
Le modifiche prodotte sono principalmente legate alla presenza in tutto il territorio cittadino di componenti
asciutte ed impermeabili quali i materiali usati nell’edilizia e nella viabilità (cemento, asfalto, ecc.).
Ovviamente l’impatto termodinamico di una piccola cittadina è molto più limitato di quello di una grande
metropoli e le variazioni termiche osservate rispetto alle regioni rurali circostanti possono essere di pochi
gradi nel primo caso, ma raggiungere la decina di gradi nel secondo.
L’effetto principale si risente anche durante la notte quando l’eccesso di calore cittadino determina modifiche
sostanziali nel profilo termico verticale. In tal caso l’isola di calore può essere in grado di mantenere
efficiente lo strato mescolato diurno, in contatto con lo SBL circostante.
La dinamica locale permetterebbe pertanto la presenza nella prime ore della notte di un piccolo ML
convettivo che, in ragione delle condizioni iniziali ed al contorno, potrebbe mantenersi fino all’alba oppure
ridursi gradualmente per lasciare spazio alla formazione di un sottile strato limite cittadino.
E’ interessante notare come uno strato stabile notturno rurale ben sviluppato possa sovrapporsi a quello
mescolato locale cittadino creando una situazione di mescolamento turbolento nei livelli prossimi al suolo e
stratificazione stabile superiore.
Associati ad elevati gradienti termici dovuti all’isola di calore, qualora le condizioni sinottiche lo permettano,
possono generarsi delle circolazioni locali quali:
shear del vento che al di sopra della città può favorire ulteriormente il rimescolamento turbolento
dell’aria;
brezze, con possibili formazioni cumuliformi al di sopra dell’ambiente urbano, soprattutto in situazioni di
calma di vento adeguato riscaldamento.
E’ opportuno sottolineare come la presenza di edifici determini un flusso irregolare del vento medio che,
localmente, genera rotori ed instabilità. Di conseguenza la lunghezza di rugosità raggiungerà valori elevati
dell’ordine di alcuni metri.
Come rappresentato nella figura 21 l’azione di un vento medio determina l’incremento delle temperature a
valle dell’isola di calore con un effetto pennacchio sullo strato limite cittadino. Di conseguenza l’eccesso
termico, associato alla ridotta umidità ed al tasso di inquinanti, possono essere trasportati in zone rurali anche
molto distanti dalla città ( 102 km ).
Gli inquinanti
Le sorgenti inquinanti emettono in genere a livello degli strati inferiori del PBL. In particolare è determinante
comprendere il comportamento degli effluenti in funzione dell’evoluzione dello strato superficiale (sia diurno
che notturno) rispetto a quello immediatamente superiore (ML o CBL e RL). E’ quindi opportuno esaminare
le capacità diffusive e dispersive dell’atmosfera nelle loro componenti verticali ed orizzontali.
Nel caso dello SBL si è visto come i processi verticali fossero trascurabili rispetto a quelli orizzontali a causa
dell’elevata stabilità dell’aria e la conseguente stratificazione orizzontale.
Le grandezze scalari quali le concentrazioni di inquinanti tendono a disperdersi, con eventuali “volute”, sul
piano orizzontale.
L’azione dinamica del vento agirà nel senso della modifica di tale dispersione che potrà mostrarsi più o meno
“sinusoidale” in ragione della stazionarietà e della variabilità del campo.
Chiaramente la presenza di un pronunciato shear del vento determinerà una più ampia distribuzione delle
concentrazioni nelle diverse direzioni.
La stratificazione non permette la diffusione verso l’alto di tali grandezze minimizzando nel contempo il
processo di ricaduta al suolo. Il processo di trasporto delle sostanze inquinanti può quindi manifestarsi anche
per lunghe distanze dalla sorgente.
F. Travaglioni – Appunti di Strato limite
21
E’ tuttavia necessario ricordare un parametro fondamentale della geometria del sistema: la quota di emissione
dell’inquinante rispetto all’altezza relativa tra lo SBL ed il RL, ovvero rispetto allo strato di inversione dello
SBL.
Nel caso in cui l’emissione avvenga direttamente nel RL (lo SBL si trova al di sotto della sorgente) le
concentrazioni si evolveranno con il tipico pennacchio solamente nel RL, come mostrato nella figura 22 d),
soggetto a condizioni mescolate e gradiente adiabatico. Ciò in quanto le caratteristiche stabili dello SBL, che
formano un tappo rigido inferiore, ne impediscono la diffusione verso il basso (configurazione detta di
“lofting”) permettendo, al massimo, uno scorrimento del pennacchio sulla superficie di contatto.
Di notte le caratteristiche termodinamiche atmosferiche impediscono la diffusione verso il basso degli
inquinanti. Con il sorgere del sole inizia il processo di riscaldamento della superficie terrestre ed il
conseguente sviluppo di condizioni idonee al mescolamento verticale. Il ML inizia a sostituirsi nei bassi strati
allo SBL favorendo il trascinamento degli inquinanti che contaminano rapidamente i livelli prossimi al suolo.
Sebbene questi possano svilupparsi anche lungo la componente verticale, saranno comunque limitati e
vincolati dalle condizioni di stabilità ancora presenti in quota. Si ha pertanto il fenomeno della fumigazione
che favorisce elevate concentrazioni di inquinanti nelle regioni prossime alla sorgente (al suolo e nei primi
livelli atmosferici).
E’ possibile pertanto schematizzare tale situazione come una sorgente posta al di sotto del livello di
inversione (figura 22 e)).
a)
Fig. 22.
b)
c)
d)
e)
Schemi caratteristici di pennacchi emessi da una sorgente (ciminiera). Dall’alto condizioni:
a) volute (looping): instabilità tipica dello strato mescolato (ML);
b) sviluppo coniforme (coning): neutralità (gradiente adiabatico);
c) ventaglio (fanning): stabilità tipica di uno strato stabile (SL);
d) (lofting): instabilità (ML al di sopra) e stabilità (SL al di sotto);
e) fumigazione (fumigation): stabilità (SL al di sopra) ed instabilità (ML al di sotto).
Le curve continue rosse rappresentano il limite dello SBL. Quella verde tratteggiata rappresenta il ML in
formazione. Adattato da Pasquill (1983).
F. Travaglioni – Appunti di Strato limite
22
Tale fenomeno, che può determinare fattori critici per l’ambente, è più probabile nelle prime ore successive
all’alba, ma può verificarsi anche d’estate in condizioni favorevoli alla formazione delle brezze marine. Una
sorgente posizionata in prossimità della costa e sufficientemente elevata emetterà inquinanti nello SBL, ma
l’azione dei venti di brezza determinerà il loro trasporto verso il ML dell’entroterra. Il processo di
trascinamento permetterà quindi la diffusione verso il basso e la conseguente fumigazione.
Da un punto di vista dinamico, si è in presenza di uno shear verticale del vento rappresentato da un iniziale
incremento con la quota ed una successiva riduzione in prossimità dell’inversione, ovvero di uno sviluppo di
moti turbolenti (ancora su piccola scala) negli strati inferiori, sormontati da residui quali laminari in
prossimità ed al di sopra dell’inversione.
La trattazione fin qui sviluppata delle problematiche relative allo strato limite terrestre si è limitata ad una
presentazione puramente qualitativa dei principali fenomeni che interessano la regione in cui si verificano la
gran parte delle attività antropiche.
Allo scopo di definire un quadro quantitativo, è possibile studiare il problema analizzandone le caratteristiche
dinamiche, attraverso la definizione di opportune equazioni del moto, oppure quelle diffusive, attraverso la
definizione dell’altezza di mescolamento.
Per quanto attiene all’approccio dinamico, le basi teoriche sono state ricordate nel capitolo precedente
presentando gli aspetti ed i sistemi di equazioni che descrivono il problema. Successivamente verranno
mostrati gli approfondimenti legati ai casi di maggiore interesse mostrando le tecniche per la soluzione
approssimata dei predetti sistemi.
Per quanto riguarda l’approccio diffusivo, esso coinvolge lo studio della dispersione degli inquinanti in
atmosfera e, successivamente, ne verranno mostrate le principali caratteristiche.
F. Travaglioni – Appunti di Strato limite
23