Nella pa disabili col posto fisso

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Nella pa disabili col posto fisso
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ENTI LOCALI
Venerdì 1 Novembre 2013
La legge del 1999 non poneva vincoli al tipo di contratto da stipulare. Il dl D’Alia cambia tutto
Nella p.a. disabili col posto fisso
Contratti a tempo indeterminato per le categorie protette
DI
L
LUIGI OLIVERI
e amministrazioni pubbliche debbono assumere
i lavoratori appartenenti alle categorie protette
solo mediante contratti a tempo indeterminato.
L’articolo 7, comma 6, del
dl 101/2013, come modificato dalla legge di conversione
125/2013 (pubblicata sulla
Gazzetta Ufficiale n. 255 del
30 ottobre 2013) introduce
un’innovazione nel sistema di
assunzione dei disabili di cui
alla legge 68/1999, coerente
con la stretta alle assunzioni
«flessibili» contenuta nel decreto sulla pubblica amministrazione.
Il citato articolo 7, comma
6, stabilisce che le amministrazioni pubbliche debbono
rideterminare il numero delle
assunzioni obbligatorie delle
categorie protette, applicando
i criteri previsti dalla legge
68/1999 sulle dotazioni organiche rideterminate a seguito
all’attuazione della normativa
vigente, in particolare, dunque, tenendo conto degli
effetti della spending review. Sulla base del nuovo
computo degli obblighi di
assunzione obbligatoria, le
amministrazioni dovranno
assumere un numero di lavoratori corrispondente
alla differenza
tra il numero
delle scoperture accertato
rideterminando le dotazioni organiche
e il numero
d e i l av o ratori già
presenti.
l’appunto mediante assunzioni a tempo indeterminato.
Così da evitare la creazione di
sacche di precariato proprio
tra soggetti colpiti da altri
svantaggi.
Si spiega meglio, dunque, il
penultimo periodo sempre del
citato articolo 7, comma 6, il
quale chiarisce che le disposizioni ivi contenute derogano
«ai divieti di nuove assunzioni previsti dalla legislazione
vigente, anche nel caso in cui
l’amministrazione interessata
sia in situazione di soprannumerarietà». Disposizione, questa, che sembra consentire anche alle province, nonostante
il divieto di assumere a tempo
indeterminato e di stabilizzare,
di regolare le proprie posizioni
ai fini del rispetto della legge
68/1999 mediante contratti a
tempo indeterminato.
Il penultimo periodo dell’articolo 7, comma 6, si cura della situazione dei lavoratori
appartenenti alle categorie
protette assunti, in passato, a
tempo determinato. Nei loro
confronti, stabilisce la norma,
«si applica l’articolo 5, commi
4-quater, 4-sexies del decreto
legislativo 6 settembre 2001,
n. 368, nei limiti della quota
d’obbligo». In sostanza, quindi
i lavoratori disabili assunti con
contratti a tempo determinato
che abbiano prestato servizio
per oltre 6 mesi, acquisiranno il diritto di precedenza
per assunzioni a tempo
indeterminato, effettuate dal datore di lavoro
entro i successivi
12 mesi con riferimento alle
mansioni
Gianpiero D’Alia
già espletate.
L’innovazione consiste nel
fatto che il testo novellato
dell’articolo 7, comma 6, citato dispone espressamente che
«ciascuna amministrazione è
obbligata ad assumere a tempo
indeterminato».
L’intento, dunque, non è
solo indurre le amministrazioni pubbliche a rispettare
gli obblighi posti dalla legge
68/1999, ma di considerare
esclusivamente l’assunzione
a tempo indeterminato come
strumento per adempiere.
È una novità di non poco
conto. La legge 68/1999 non
pone vincoli alla tipologia di
contratti da stipulare. Di certo, tuttavia, se da un lato la
legge 125/2013, convertendo il
decreto del ministro Gianpiero D’Alia conferma e rafforza
il principio secondo il quale il
rapporto di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni
pubbliche deve essere regolato in via principale e predominante da contratti di lavoro a
tempo indeterminato, sembra
una conseguenza inevitabile
che l’adempimento agli
obblighi
della legge
68/1999 avvenga per
Consulta: tesoreria unica in Valle d’Aosta
I comuni della Valle d’Aosta non possono sfuggire al regime di tesoreria unica. Lo ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza 31 ottobre 2013,
n. 256, che ha dichiarato incostituzionale l’articolo 2, comma 10, della legge
della Regione autonoma Valle d’Aosta/
Vallée d’Aoste n. 30 del 2012.
Detta norma stabiliva che «le disposizioni vigenti riguardanti il sistema
di tesoreria unica non si applicano
agli enti locali della Regione e alle
istituzioni scolastiche ed educative
dipendenti dalla Regione che non usufruiscono di assegnazioni fi nanziarie
statali».
La presidenza del consiglio ha sollevato la questione di legittimità costituzionale eccependo il contrasto con
l’articolo 35, comma 8, del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito in
legge 24 marzo 2012, n. 27, ai sensi del
quale ai fini della tutela dell’unità economica della Repubblica e del coordinamento della finanza pubblica, si prevede la sospensione, fino al 31 gennaio
2014, del regime di tesoreria mista e la
contestuale applicazione del regime di
tesoreria unica per regioni, enti locali,
università statali ed enti del servizio
sanitario. Tale norma è uno strumento
di coordinamento della finanza pubblica, che non può essere leso nemmeno
dalla potestà normativa di una regione
autonoma. La Corte ha, in effetti, ritenuto che la norma regionale ha vulnerato un principio fondamentale di
coordinamento della finanza pubblica
previsto dalla legislazione statale ai
fi ni del contenimento del fabbisogno
finanziario violando gli artt. 117, terzo
comma, e 120 della Costituzione.
Nella stessa data del 31 ottobre, la
Consulta ha depositato la sentenza n.
255, che dichiara la parziale illegittimità costituzionale della legge della Provincia autonoma di Trento 4 ottobre
2012, n. 21 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento provinciale in
materia di servizi pubblici, di revisione
della spesa pubblica, di personale e di
commercio), riguardanti specificamente la distribuzione delle farmacia nei
territori locali. Colpita, per la stessa
materia, anche la legge della Provincia
autonoma di Bolzano 11 ottobre 2012,
n. 16 (Assistenza farmaceutica).
Luigi Oliveri
Negli enti locali al massimo
7 mila stabilizzazioni
Possono essere stabilizzati i dipendenti che hanno
maturato almeno tre anni di anzianità con lo stesso
ente alla data di entrata in vigore della legge di conversione. Possono essere stabilizzati, con un canale
privilegiato, i collaboratori coordinati e continuativi
che sono stati assunti a tempo determinato utilizzando il comma 560 della legge finanziaria 2007. La
possibilità di effettuare stabilizzazioni con questi
strumenti sarà utilizzabile fino a tutto l’anno 2016.
Tanto i dipendenti che gli ex co.co.co. per i quali
le amministrazioni indicono procedure di stabilizzazione possono essere destinatari di una proroga
fino alla conclusione dell’iter e comunque non oltre
il 31 dicembre 2016, nel caso in cui il loro rapporto
raggiunga il tetto dei 36 mesi. Sono queste le principali novità introdotte dal parlamento alla legge
di conversione del dl n. 101/2013. Esse vanno, aggiungendosi alla previsione di concorsi interamente riservati entro il tetto del 50% della spesa per
le nuove assunzioni, nella direzione di un ulteriore
ampliamento della possibilità di stabilizzazione dei
lavoratori precari. Si deve comunque sottolineare
subito che il numero dei precari che potrà essere effettivamente stabilizzato è da ritenere limitato: negli
enti locali si può ipotizzare una quantità intorno alle
5-7 mila unità all’anno. Si arriva a questa conclusione
considerando che per le stabilizzazioni gli enti non
possono spendere più del 50% della somma destinabile a nuove assunzioni, e cioè il 20% degli oneri
per il personale cessato nell’anno precedente cifra
cui, sulla base delle letture prevalenti delle sezioni
regionali di controllo della Corte dei conti, possono
aggiungere una analoga quota dei risparmi derivanti
dalle cessazioni del 2011 e del 2012 non utilizzate
per nuove assunzioni e il 10% della spesa dei dipendenti cessati e non sostituiti nell’anno 2010. A queste ridotte previsioni occorre aggiungere che, con gli
oneri determinati dalle stabilizzazioni e dalle nuove
assunzioni, si deve comunque stare nel tetto della
spesa del personale dell’anno precedente (ovvero
nel tetto della spesa 2008 per gli enti non soggetti
al patto). Ed ancora che il tetto invalicabile del 50%
della spesa per le nuove assunzioni determina nei
comuni più piccoli una sostanziale impossibilità di
dare corso a stabilizzazioni, avendo spesso tali enti
avuto una sola cessazione e non avendone di altre nel
corso del quadriennio 2013/2016. Né miglior sorta
sembra destinata ad avere la norma che consente la
stabilizzazione degli Lsu e degli Lpu, in quanto le
singole amministrazioni locali non possono provvedere per quelli che hanno utilizzato direttamente, ma
devono ricorrere alla graduatoria che ogni regione
deve formare sulla base dei criteri della anzianità
anagrafica e di servizio e dei carichi di famiglia.
La disposizione mette in relazione le stabilizzazioni negli enti locali alla adesione al monitoraggio del
numero dei precari e degli idonei nelle graduatorie
concorsuali che la Funzione pubblica è impegnata ad
effettuare. E inoltre impegna i comuni ad applicare
i principi che in questa materia saranno dettati in
uno specifi co decreto del presidente del consiglio
dei ministri da emanare entro la fine del prossimo
mese di marzo. Se ne deve trarre la conclusione che
l’avvio delle procedure di stabilizzazione dei precari
negli enti locali sia da considerare comunque subordinato a questi adempimenti. Si deve infine ricordare
che non vi è un obbligo di stabilizzazione, ma che le
disposizioni offrono una possibilità che le giunte,
in sede di programmazione del fabbisogno, possono
utilizzare. E che non possono essere stabilizzabili,
come in passato, né i dirigenti, né i dipendenti degli
uffici di staff degli organi politici né i responsabili
assunti ai sensi dell’articolo 110 del testo unico delle
leggi sull’ordinamento degli enti locali. dirigenti e
dipendenti degli uffici di staff per esplicita previsione legislativa, responsabili per la lettura largamente
consolidata data sia dalla Corte dei conti che dal
dipartimento della funzione pubblica.
Giuseppe Rambaudi