emendamenti al documento politico - Partito Comunista dei Lavoratori

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emendamenti al documento politico - Partito Comunista dei Lavoratori
Secondo Congresso del Partito Comunista dei Lavoratori
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EMENDAMENTI AL DOCUMENTO POLITICO
EMENDAMENTO A – VENEZIA Documento politico, parte 1, pag. 2, riga 7
Togliere “sovrapproduzione cap. internazionale” e sostituire con: “sta nella contraddizione tra la proprietà privata dei
mezzi di produzione e il carattere sociale delle forze produttive, di cui la crisi di sovrapproduzione è solo la
manifestazione economica”.
EMENDAMENTO B – NAPOLI Aggiuntivo al cap. “NATURA E LIMITI DELL’ASCESA CINESE”. PAG. 6
L'intero contenuto dell'emendamento 2, a firma Gianfranco Camboni , al documento "Analisi, proposte e programma
nella grande crisi capitalista" sia aggiuntivo, e non sostitutivo, del capitolo "Natura e limiti dell'ascesa cinese".
EMENDAMENTO C – VENEZIA pag. 8, 2° capoverso, penultima riga. Aggiungere a “libertà” l'aggettivo “democratiche”
EMENDAMENTO D – VENEZIA Parte III: la nostra proposta politica e programmatica dentro la crisi. cap. per la
liberazione dall’oppressione di genere. per il rilancio del movimento di lotta delle donne. aggiungere a pag. 50 rigo 18
dopo … di proposte.
Affinchè il nostro partito diventi, soprattutto per le giovani generazioni, un riferimento politico, è necessario che esso si
rifaccia ai principi e ai valori fondanti del comunismo rivoluzionario sulle questioni che riguardano la condizione della
donna. Le leggi approvate dal governo sovietico immediatamente dopo la vittoriosa rivoluzione del 1917 e le risoluzioni
della III Internazionale sul lavoro politico verso le donne basate sui principi del marxismo, vanno attualizzati e
trasformati in efficaci strumenti di propoaganda, agitazione e azione nel movimento operaio e nel contesto politico
contemporaneo.
All’indomani della presa del potere dei soviet in Russia due aspetti fondamentali dovette affrontare il Governo dei
lavoratori: l’ineguaglianza della donna rispetto all’uomo e la liberazione della donna dai compiti domestici.
Per quanto concerne il primo aspetto, furono abolite tutte le leggi che ponevano la donna in una situazione di
ineguaglianza rispetto all’uomo, tra cui quelle relative al divorzio, ai figli naturali e alla corresponsione degli alimenti.
Furono ugualmente aboliti tutti i privilegi legati alla proprietà, mantenuti nel diritto familiare a beneficio dell’uomo. Furono
introdotti decreti che sancivano la protezione legale per le donne e i bambini che lavoravano, l’assicurazione sociale e la
parificazione dei diritti all’interno del matrimonio. Le donne conquistarono il diritto all’aborto legale e gratuito negli
ospedali statali. La prima costituzione della Repubblica sovietica promulgata nel 1918 diede alla donna il diritto di votare
e di essere votata per incarichi pubblici.
Tuttavia la reale parità tra uomo e donna si sarebbe raggiunta solo liberando la donna dal giogo del lavoro domestico e
cioè socializzando i compiti da lei svolti all’interno della casa, della famiglia. Nel luglio del 1919, Lenin insisteva sul fatto
che il ruolo della donna all’interno della famiglia costituiva la chiave di volta della sua oppressione: “Indipendentemente
da tutte le leggi che emancipano la donna, ella continua ad essere una schiava, perché il lavoro domestico la opprime,
la strangola, la degrada e la limita alla cucina e alla cura dei figli; ella spreca la sua forza in lavori improduttivi, senza
prospettiva, che distruggono i nervi e la rendono idiota. E’ per questo motivo che l’emancipazione della donna, il vero
comunismo inizierà solamente quando sarà intrapresa una lotta senza quartiere, diretta dal proletariato, possessore del
potere dello Stato, contro questa natura del lavoro domestico o, meglio, quando avrà luogo la totale trasformazione di
questo lavoro in un’economia di grande scala”.
Nel 1920 Klara Zetkin, incaricata di elaborare la risoluzione sulle forme e i modi del lavoro comunista tra le donne, che
successivamente verrà approvata dal III Congresso dell’Internazionale Comunista, discusse con Lenin i nodi cruciali di
quel documento.
La risoluzione, adottata solamente nel giugno del 1921 trattava sia aspetti politici che organizzativi. Essa sottolineò la
necessità della rivoluzione socialista per ottenere la liberazione della donna e la necessità che i partiti comunisti
conquistassero il sostegno delle masse femminili se volevano condurre la rivoluzione socialista alla vittoria. Nessuno dei
due obiettivi poteva essere ottenuto senza l’altro. Se i comunisti avessero fallito nel compito di mobilitare le masse
femminili a fianco della rivoluzione, le forze reazionarie si sarebbero sforzate di organizzarle contro di loro.
In un altro punto venne affermato che “non ci sono delle questioni femminili particolari” intendendo con ciò che non ci
sono problemi che preoccupano la donna che non siano alla stessa stregua una questione sociale più vasta, d’interesse
vitale per il movimento rivoluzionario, per il quale devono combattere sia gli uomini che le donne.
La risoluzione condannava il femminismo borghese, in riferimento a quel settore del movimento femminista che era
convinto che si potesse raggiungere l’emancipazione della donna riformando il sistema capitalista. La risoluzione
esortava le donne a rifiutare questo orientamento.
Dal punto di vista organizzativo la III Internazionale dei primi anni non prevedeva un’organizzazione distinta per le
donne nel partito. All’interno di ciascun partito (sezione nazionale dell’Internazionale Comunista) dovevano essere
istituiti degli organismi speciali per il lavoro tra le donne. Divenne obbligatorio che ciascuna sezione nazionale
organizzasse una commissione di donne, una struttura funzionante a tutti i livelli del partito, a partire dalla direzione
nazionale fino alle sezione o alle cellule. La risoluzione imponeva ai partiti di garantire che almeno una compagna
avesse il compito permanente di dirigere il lavoro a livello nazionale. Creò inoltre un Segretariato Internazionale della
donna che si occupasse di supervisionare il lavoro e convocare, ogni sei mesi, regolari conferenze di rappresentanti di
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tutte le sezioni per esaminare e coordinare la loro attività.
La risoluzione trattò anche alcuni tipi di azioni concrete che potevano essere d’aiuto per la mobilitazione delle donne in
ogni parte del mondo. La proposte riguardavano manifestazioni e scioperi, conferenze pubbliche per organizzare le
donne prive di partito, corsi, scuole quadri, l’invio di membri del partito nelle fabbriche dove lavoravano un gran numero
di donne, l’utilizzo del giornale di partito, ecc. Il principale terreno d’azione fu individuato nei sindacati e nelle
associazioni professionali femminili.
Inoltre l’Internazionale Comunista dava molta importanza al lavoro tra le donne oppresse nei paesi coloniali.
Le indicazioni della risoluzione non furono applicate in maniera omogenea in tutte le sezioni nazionali dell’Internazionale
Comunista ma furono un evento di importanza storica per l’intero movimento socialista mondiale, tracciarono un
programma e un orientamento per il lavoro tra le donne che, per la loro chiarezza e coerenza con i principi marxisti
rimangono ancora oggi un'utile guida.
Venne ribadito che “Quello che il comunismo darà alla donna, non potrà mai esserle dato dal movimento femminista
borghese. Finchè esisterà il dominio del capitale e della proprietà privata, la liberazione della donna sarà impossibile”. In
relazione alla recente (di allora) conquista del diritto al voto l’Internazionale mise in guardia le donne: il diritto di voto era
una conquista importante che però non rimuoveva la causa primordiale della sua servitù all’interno della famiglia e della
società e non risolveva il problema delle relazioni tra i sessi. “La parità reale, e non formale, della donna sarà possibile
solamente in un regime in cui la donna della classe operaia è proprietaria dei mezzi di produzione e di distribuzione,
prendendo parte all’organizzazione (del lavoro) e alle medesime condizioni di tutti gli altri membri della classe operaia;
ciò significa che sarà realizzabile solo dopo la distruzione del sistema capitalista e la sua sostituzione con forme
economiche comuniste”.
Sulla questione della maternità fu affermato che “unicamente all’interno del comunismo, questa funzione naturale della
donna non entrerà più in conflitto con gli obbighi sociali e non impedirà il suo lavoro produttivo. E dato che il comunismo
è il fine ultimo di tutto il proletariato “è per questo che la lotta della donna e dell’uomo deve essere condotta in maniera
inseparabile”.
Venne ribadito inoltre che secondo i principi fondamentali del marxismo, non esistono problemi specificamente femminili
e che la donna deve mantenersi collegata alla sua classe e non unirsi alla donna borghese. “Tutte le relazioni dei
lavoratori con il femminismo borghese e le alleanze di classe indeboliscono le forze del proletariato e rallentano la
rivoluzione sociale, impedendo così la realizzazione del comunismo e la liberazione della donna”.
Infine, l’Internazionale Comunista rinforzò il principio secondo cui il comunismo sarebbe stato raggiunto solo tramite
l’unione di tutti gli sfruttati e non con l’unione delle forze femminili delle due classi opposte. Esortò tutte le compagne dei
lavoratori a partecipare attivamente e direttamente alle azioni di massa, sia nel quadro nazionale che su scala
internazionale.
Alla fine degli anni 20, l’eredità dei principi affermati nelle risoluzioni dei congressi della III Internazionale sulla questione
femminile, venne raccolta dalle forze riunite nell’Opposizione sovietica di sinistra e in seguito nell’Opposizione
Internazionale di Sinistra, nella Quarta Internazionale delle origini, diretta da Trotsky.
Interessante è la lettura del testo “La rivoluzione tradita” dove Trotsky analizza le conseguenze sociali della
degenerazione stalinista e nel capitolo “La famiglia, la gioventù e la cultura” spiega quali furono le cause materiali che
determinarono il fallimento della liberazione della donna. Oltre alla miseria diffusa ovvero “socializzata” ci si trovò di
fronte ad un mancato elevamento generale del livello politico e culturale. La burocrazia ricominciò a rivalutare la famiglia
piccolo-borghese.
A partire dalla necessità ancora attuale di liberare la donna dall’oppressione di classe e di genere, nella consapevolezza
che le conquiste realizzate nei passati decenni hanno solo in parte migliorato la condizione della donna all’interno dei
paesi più industrializzati, lasciando invece nella miseria e nell’oppressione le donne dei paesi più poveri, avanziamo una
serie di proposte per l’azione immediata, per la battaglia nel movimento femminile e nella classe operaia:
Cancellare rigo 18 e rigo 19. lasciare il seguito del capitolo tutto uguale da rigo 20 a rigo 41 cioè da … Una battaglia
contro i tagli … fino a … pratica discriminatoria. Poi aggiungere alla fine del capitolo:
Il Partito Comunista dei Lavoratori si batte quindi per i diritti delle donne. Ma la nostra battaglia si inserisce nella
prospettiva transitoria della costruzione delle condizione per la presa del potere da parte del proletariato, per conquista
della maggioranza dei lavoratori al programma per la rivoluzione. Noi ci battiamo per:
- La parità di salario alle donne a parità di lavoro
- La piena occupazione femminile
- L’istituzione di Nidi d’infanzia pubblici e gratuiti
- I servizi sociali di cura degli anziani e dei disabili pubblici e gratuiti
- Le mense pubbliche in ogni quartiere e le lavanderie gratuite.
- L’innalzamento dell’obbligo scolastico per tutti/e fino a 18 anni.
-L’istituzione di Case protette per la difesa delle donne dalla violenza.
Il Partito Comunista dei Lavoratori combatte al proprio interno ogni fenomeno di maschilismo affinchè il programma
rivoluzionario che si è dato sia rispettato, difeso e applicato. Promuove la più ampia partecipazione delle compagne in
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tutti i ruoli dell’organizzazione nel rispetto della nostra morale rivoluzionaria.
EMENDAMENTO E – GENOVA capitolo su questione femminile
L’economia mondiale, in piena crisi finanziaria e di sovrapproduzione, scarica sul proletariato gli effetti devastanti di
essa. A farne maggiormente le spese è il proletariato femminile doppiamente colpito, sia per l’arretramento delle
conquiste sociali sia per le condizioni generali del lavoro : precarietà, licenziamenti, disoccupazione e salari più bassi
rispetto al maschio. Questo accade in un momento storico in cui la donna ha subìto un arretramento e nei diritti acquisiti
con dure lotte e nel ritorno alla passività sociale che riporta al periodo precedente alle rivendicazioni femministe.
Pertanto è necessario intervenire come PCL in tutte le situazioni lavorative a prevalente componente femminile (scuola,
sanità, comunità sociali, ecc.) per ricreare dal basso un movimento di lotta che coinvolga un numero sempre maggiore
di lavoratrici e lavoratori nella prospettiva rivoluzionaria e per l’egemonia di classe e anticapitalista.
Gli effetti della crisi si abbattono maggiormente sulla donna perché, nel sistema capitalistico, le persone
economicamente più deboli sono le prime a risentirne. E’ noto che anche nei paesi occidentali la condizione economica
femminile è inferiore a quella maschile, per una serie di fattori quali un minor salario per uguale lavoro soprattutto nelle
aziende private, una posizione subalterna in quasi tutte le qualifiche, una maggiore precarietà spesso motivata dalla
eventualità di una gravidanza.
Storicamente la figura femminile è rimasta nell’ombra, con qualche eccezione per confermare la regola. Relegata tra le
mura di casa o al lavoro nei campi, subalterna al maschio nelle figure del padre, del marito, del fratello, del figlio, non
poteva partecipare all'azione politica. Oggetto di riproduzione e per lo sfruttamento lavorativo:"..finché non la sfiori
vecchiezza all'opra delle spole intenta" dice Agamennone a Crise, padre di Criseide che gli chiede il riscatto della figlia,
nel poema omerico. Ancora oggi, in molti paesi extraeuropei, la donna vive in condizioni spesso subumane, vittima della
miseria, dei pregiudizi e del potere maschile che spesso, a sua volta, è oppresso e sfruttato dal sistema globale cioè il
capitalismo in fase di crisi (la donna schiava dello schiavo).
In occidente la condizione femminile è migliore, tuttavia il miglioramento non fu ottenuto per gentile concessione, ma
come frutto di lotte dure e costanti nell’arco di un secolo e mezzo. Nella seconda metà dell’800 e nel 900, le lotte del
proletariato femminile hanno condotto alla conquista della riduzione dell’orario di lavoro. In Italia furono le mondine ad
iniziare la battaglia per la riduzione da 10 a 8 ore lavorative. Durante le due guerre mondiali, in nome della patria, le
donne proletarie vennero mandate a sostituire gli uomini, inviati al fronte sempre per la patria, nelle fabbriche del nord e
fecero anche importanti lotte. A fine guerra vennero rispedite a casa senza aver diritto neppure al voto, che ottennero
solo nel 1946.
Il potere nelle sue molteplici forme ha utilizzato nel corso dei secoli l’arma religiosa per sottomettere la donna attraverso
il controllo totale del suo corpo. In Italia, sede del Vaticano, l’oppressione della chiesa sul genere femminile è stata
feroce. Nel 1929 Mussolini firma il concordato con il Vaticano ( mantenuto a fine guerra con il benestare di Togliatti ).
Tra gli accordi, oltre ai privilegi, quello del riconoscimento del matrimonio religioso che acquistava valenza civile e che
stabiliva la totale sottomissione della donna nei confronti del marito. La patria potestà sui figli era esercitata solo dal
padre, delegata in sua assenza alla madre. Con ogni mezzo il Vaticano ha cercato di impedire l'emancipazione
femminile in quanto, essa, presuppone la completa libertà sul proprio corpo e la possibilità di poter partecipare alla vita
politica.
Le donne borghesi furono l’avanguardia delle lotte per l’emancipazione, affiancate presto dalla parte più avanzata del
proletariato femminile. Accanto alle richieste di diritti specifici di genere (contraccezione, aborto,diritto di famiglia), le
femministe borghesi rivendicavano la parità dei ruoli, non all’interno degli interessi del proletariato, ma nell’ambito della
classe borghese (attualmente la maggioranza delle femministe della prima ora militano nel PDL e nel PD). Il coraggio e
la determinazione del movimento femminista negli anni 70/80 hanno permesso di conquistare i diritti che adesso
vogliono togliere:contraccezione, Legge 194, Nuovo diritto di famiglia. Quelle lotte furono sostenute anche da un fronte
maschile democratico.
Il progressivo spostamento della sinistra verso il centro ha condotto l’ex PCI, attraverso vari passaggi, all’attuale Pd
ormai partito liberal-borghese e alleato con la diaspora democristiana a formare il nuovo centrosinistra. I governi di
centrosinistra hanno avuto una gestione antifemminile su numerosi fronti, dall’ introduzione della precarietà del lavoro(
Legge Treu), all’innalzamento dell’età pensionabile , tagli ai servizi (scuola, sanità trasporti), Legge Turco Napolitano
che introduceva in Italia i CPT. Queste scelte impopolari hanno pesato sulle donne non solo italiane ma anche
migranti, quest’ultime sfruttate all’inverosimile nel ruoli di assistenza e cura alla persona, e hanno funzionato da
apripista alla legge Bossi – Fini, a quella sulla sicurezza e sulle leggi razziste dei vari governi reazionari di Berlusconi.
La sinistra radicale (PRC, ecc.), quando partecipava ai governi di centrosinistra firmava le leggi e faceva un femminismo
di facciata oppure alle scelte del PD opponeva una sterile resistenza.
Il quadro attuale internazionale è prevalentemente negativo. Nel periodo neoliberista la condizione femminile ha subito
una regressione sia nei paesi in via di sviluppo, dove le donne avevano conquistato diritti minimi, sia nei paesi a
capitalismo avanzato. In occidente sono state create false parità come quella che ha consentito alla donna di lavorare
nel sistema repressivo come poliziotta o militare, ovviamente in ruoli subalterni. Assai raramente le donne raggiungono
livelli apicali e quando lo raggiungono utilizzano spesso per il comando metodi maschili.
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In Italia, mentre l’azione del femminismo era ancora in atto, il padronato ricorreva a tutti i sistemi già in suo possesso
per far arretrare il movimento femminile al periodo precedente alle conquiste di genere e sociali. Ha utilizzato i governi
compiacenti di destra e di sinistra che hanno promulgato leggi contro i diritti acquisiti, es. la legge sulla precarietà ha
colpito la donna in due modi: come lavoratrice, in quanto la sua presenza è maggiore proprio nei servizi e come utente.
Ha aumentato i privilegi del Vaticano, sicuro alleato per il controllo femminile e ha utilizzato il sistema mediatico
massicciamente, soprattutto negli ultimi anni dell'era berlusconiana.
La pubblicità, in particolare quella televisiva, è destinata per la maggior parte alle donne che sostengono in massima
parte il consumo nazionale. Ossessivamente il messaggio televisivo ruota attorno al corpo femminile mostrato quasi
sempre come un “vuoto a perdere”, bello, attraente, allettante e desiderabile come una bella macchina, utile come una
lavatrice, seducente come la biancheria intima. La sirena pubblicitaria ha incantato una parte delle donne adulte e la
maggioranza delle nuove generazioni prevalentemente femminili, in quanto prive dei meccanismi di difesa che la
generazione adulta non le ha fornito. Si è venuta così a creare una nuova fragilità di genere (anche maschile), dove il
corpo è solo un’immagine da mostrare. I disturbi alimentari sono la risposta giovanile, prevalentemente femminile, alla
paura di perdere quella immagine e rappresentano la negazione del corpo a favore di un’idea di sé distorta. La
frequenza dell’obesità e dell’anoressia( una volta patologie sporadiche), è notevolmente aumentata negli ultimi 10 anni
nei paesi ricchi, compresa l’Italia.
La nuova generazione femminile sta dimostrando la sua fragilità nel rifiuto e nella paura di un qualsiasi rapporto con la
politica e nella “castrazione” di un pensiero autonomo. Durante la campagna elettorale del referendum abrogativo della
Legge n 40 che regola la fecondazione assistita, la maggior parte delle ragazze avvicinate o non accettava nessun tipo
di colloquio,anche solo attraverso un volantino, o era d'accordo con la legge. Al momento del voto, a livello nazionale,
l’urna è stata disertata, rispondendo così in modo positivo all’invito di non andare a votare delle gerarchie vaticane e
approvando paradossalmente la legittimità sul controllo del corpo femminile da parte del potere. E’ importante però
ricordare che le donne hanno risposto in massa, nel 2003, al primo attacco alla legge 194. Il movimento femminile, che
sembrava sopito, veniva risvegliato da un tam tam di sms: “Vediamoci a Milano”. Fu una manifestazione grandiosa.
Donne di tutte le età e di ogni ceto sociale riempirono le strade di Milano insieme a numerosissimi uomini. Il governo
reazionario e il Vaticano dovettero ritornare sui loro passi, anche se continuano nella loro lotta contro il genere
femminile. Questo conferma che i due generi trovano conciliazione solo nella lotta di classe.
EMENDAMENTO F – MOLISE pag.54 aggiunta alla FINE del primo capoverso:
“Il PCL deve valutare concretamente la possibilità di alleanze elettorali con altre formazioni politiche comuniste
anticapitaliste che si pongono in alternativa al sistema capitalista”
EMENDAMENTO G – BOLOGNA
Strategia e tattica: l’Internazionale
Il primo passo da compiere è la costruzione del partito internazionale, cioè dell’internazionale come partito. Vale poco
avere delle sessioni internazionali se queste non portano alla costruzione di un’organizzazione che riesce poi a farsi
percepire come tale sia verso i componenti sparsi dei suoi segmenti nazionali, sia verso l’esterno. Conosciamo
l’importanza di obbiettivi unificanti a livello internazionale,quale fu per esempio la lotta per la giornata di otto ore dalla
fine dell’800 in poi.
Il nostro percorso deve portare allora alla costruzione di un’organizzazione internazionale che coordini le lotte in tutti gli
stati in cui trova aderenti, a partire dagli stati europei e, sottolineo, per gli stati comunisti ( non socialisti ) d’Europa. Per
quanto l’idea della vertenza generale sia assolutamente corretta, questa deve partire da una istanza internazionale per
essere efficace.
Ci vuole un movimento costitutivo del partito europeo comunista.
Che punti diritto alla meta finale senza disperdersi su mille battaglie, tutte gloriose, tutte giuste, ma che alla fine ci
impediscono di chiudere la partita perché disperdono energie, confondono fino quasi a far dimenticare l’obbiettivo che ci
siamo proposti dall’inizio.
L’organizzazione internazionale è l’elemento fondamentale ai fini della trasformazione comunista della società, anzi
tutte le battaglie costrette e condotte in ambito nazionale sono illusorie ai limiti dell’opportunismo. L’antistalinismo e lo
stalinismo, in maniera opposta, sono figli forse primogeniti di questa questione: socialismo in un paese solo sì,
socialismo in un paese solo no. Anche la restrizione all’ambito europeo volendo si espone alla critica del socialismo in
un paese solo se vista dal punto di vista mondiale, ma rappresenta storicamente l’orizzonte internazionale più ampio
per noi a cui poter puntare, e sarebbe una macro-organizzazione politico-geografica che potrebbe trainare e porsi come
esempio.
EMENDAMENTO STASI. al capitolo “Per un ambientalismo comunista”, pag.44.
Al termine del primo capoverso inserire: Storicamente le organizzazioni del movimento operaio hanno sottovalutato
l'importanza delle questioni ambientali. Il capitalismo, fin dalla sua nascita, ha mostrato in ambito ambientale tutta la sua
natura spietata ed antipopolare, riversando sulle classi subalterne, già sfruttate e ricattate attraverso il lavoro, anche
tutte le conseguenze sanitarie causate dalla scelleratezza di un sistema di produzione barbarico. Vicende come quelle
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dell'amianto, del traffico internazionale di rifiuti tossici, della colonizzazione industriale nel triangolo del Niger, risultano
emblematiche ed offrono gli spunti necessari per ottenere una chiave di lettura efficace rispetto a fenomeni di questo
tipo. È evidente, inoltre, che molte sfaccettature e conseguenze della questione ambientale ricalchino e si intersechino
con altre questioni rilevanti nel quadro di una società capitalista e di un'analisi marxista conseguente. Ecco qualche
esempio generale. Rispetto alla questione meridionale: non è sicuramente un caso che la vicenda del traffico di rifiuti
tossici riveli i territori del meridione come privilegiati per l'occultamento di materiale di derivazione industriale e sanitario,
con effetti nefasti sulla salute e sull'ambiente; non è sicuramente casuale che i grandi speculatori energetici abbiano
"investito" e continuino a tentare di investire nelle regioni del meridione con l'installazione di impianti di produzione,
spesso con tecnologie arretrate e inquinanti, anche laddove non esista, di fatto, potenzialità di consumo di quell'energia.
In questo chiaramente è necessario non sottovalutare il controllo sociale e del territorio, oltre che politico diretto e/o
indiretto, da parte della malavita organizzata. Si pensi all'imperialismo: è ormai accertato che i paesi occidentali
smaltiscano le scorie prodotte dal proprio tessuto industriale in paesi del terzo mondo, colpiti da conflitti bellici o da
guerre civili, correlando spesso allo smaltimento il traffico di armi, utilizzate come merce di scambio: un espediente
piuttosto utile anche per smaltire arsenale datato. Inoltre buona parte degli equilibri economici, quindi bellici, del pianeta
si giocano sul campo petrolifero e più in generale energetico. La questione del lavoro è per altro centrale per una
corretta analisi dei fenomeni territoriali: il ricatto occupazionale, diretta conseguenza della barbarie capitalista e del
mercato, è spesso l'arma più incisiva in mano agli speculatori, i quali la impugnano per imporre alle classi subalterne di
interi territori l'accettazione di disastri e devastazioni. È la legge del profitto che impone la gestione affaristica di
qualsiasi tipo di risorsa disponibile, comprese quelle direttamente correlate alla salute. In questo quadro.
Dopo multinazionali: Già in passato le privatizzazioni progressive di un settore oramai strategico come quello dei rifiuti,
talvolta persino a speculatori internazionali (si pensi a Veolià ed Hera), in termini di gestione tanto della raccolta e della
distribuzione quanto delle discariche, ha di fatto dato vita alla drammatica emergenza di alcuni territori ed ha visto
l'ascesa di importanti sacche di risposta sociale soprattutto nel mezzogiorno.
Dopo crisi ambientali: Del resto non è possibile razionalizzare un sistema energetico ed un ciclo dei rifiuti che fanno
fronte ad un sistema di produzione basato sul profitto e non sui bisogni, che quindi non ha nessun interesse nella
salvaguardia della salute e delle prospettive territoriali. Solo attraverso una ristrutturazione strutturale del sistema di
produzione, affidata a quegli stessi lavoratori che si trovano oggi a pagare le conseguenze delle scelleratezze
ambientali, si potranno risolvere le attuali gravi crisi energetiche e di smaltimento dei rifiuti.
Dopo gestione delle campagne: In questa fase e nella logica del fronte unico, la proposizione di campagne e
piattaforme rivendicative di breve/medio termine, indipendenti oppure all'interno dei comitati popolari, può essere un
utile strumento per sollevare contraddizioni tanto nei fronti populisti e riformisti, i quali in questi frangenti tendono a
cavalcare le lotte, quanto, più in generale, nel sistema capitalistico. La ripubblicizzazione dell'intero sistema di gestione
dei rifiuti, la fine dei ridicoli commissariamenti per le emergenze ambientali, l'opposizione alla costruzione di impianti di
incenerimento, l'opposizione alla costruzione di mega-impianti termo-elettrici, il loro progressivo smantellamento ed una
gestione totalmente pubblica (quindi con ripubblicizzazione) di impianti e siti produttivi di energia elettrica che si basano
su fonti rinnovabili: sono tutti punti di partenza, da sviluppare e contestualizzare, coerenti con la nostra prospettiva, con
cui poter dare inizio al lavoro sui territori.
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