Le responsabilità dell`Europa nel conflitto israeliano – palestinese.

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Le responsabilità dell`Europa nel conflitto israeliano – palestinese.
Le responsabilità dell’Europa nel conflitto israeliano – palestinese.
Introduzione
A più di sessant'anni dalla proclamazione dello stato d’Israele, avvenuta il 14 maggio 1948,
non è stato ancora portato a termine nessun processo di pace in grado di porre fine alla "questione
mediorientale”. Israeliani e Arabi si trovano ancora oggi in conflitto per affermare la propria
sovranità sulla Palestina.
Chi non conosce la storia del Medio Oriente del secolo scorso potrebbe chiedersi perché
l’Unione Europea insiste nel voler risolvere questo conflitto investendo notevoli risorse finanziare?
I motivi possono essere tanti: la vicinanza geografica dell’area del conflitto; la rilevanza strategica
che il Medio Oriente riveste a livello internazionale ecc. Qualunque sia il motivo, è innegabile che
l’Europa è storicamente e moralmente responsabile della nascita dello Stato d’Israele e della
questione palestinese.
Il contesto sociale e politico in cui nasce il Sionismo
Per comprendere meglio quali sono queste responsabilità, bisogna partire dalla seconda metà
del XIX secolo. In quel periodo la maggior parte degli intellettuali ebrei d’Europa pensava che il
«problema ebraico» si sarebbe risolto con la loro assimilazione ai popoli fra i quali vivevano.
All’inizio lo stesso Herzl, fondatore del movimento sionista era fra questi. Fu in seguito, a Parigi
seguendo l’affare Dreyfus come corrispondente della Neue Freie Presse, un quotidiano austriaco,
che decise di fondare il Sionismo. Furono le condizioni di vita degli ebrei nei vari paesi europei che
gli fecero cambiare idea. In Francia dove nonostante il riconoscimento dei loro diritti, iniziati con la
Rivoluzione Francese, Herzl capì che l’assimilazione e l’integrazione sarebbe stata comunque
impossibile, ancora di più lo era nel resto dell’Europa, nella Russia zarista e in Polonia, gli ebrei
vivevano nella miseria ed erano oggetto di discriminazioni.
Nel1882, iniziò una nuova ondata di attacchi di pogrom, la polizia zarista alimentava la violenza
antisemita. Nel 1903, essa metterà in circolazione il noto falso intitolato “Il Protocollo dei Savi di
Sion”, considerato uno dei migliori strumenti di diffusione dell’antisemitismo, che aveva come
scopo l’idea del complotto ebraico per la conquista del mondo. Nel 1886 Herzl pubblica “l’Etat des
Juifs” e l’anno seguente organizza il primo congresso mondiale Sionista. Sostanzialmente, i quattro
i punti più importanti del loro programma sono:
1. l’esistenza di un popolo ebraico;
2. l’impossibilità della sua assimilazione da parte delle società nelle quali esso vive disperso;
3. il suo diritto sulla «Terra promessa»;
4. l’inesistenza su questa terra di ogni altro popolo che possa avere, anch’esso, dei diritti su di
essa.
Il movimento sionista decide che il nuovo Stato Ebraico dovrà sorgere in Palestina, la diaspora
avvenuta diciannove secoli prima che aveva portato gli ebrei ad abbandonare la loro terra stava per
terminare. Spinte dall'ormai diffuse teorie sioniste fra il 1919 e il 1939, arrivarono nella Palestina
occupata ondate successive di immigranti ebrei. Trentacinquemila arrivarono fra il 1919 e il 1923,
prevalentemente dalla Russia, e influenzarono profondamente il carattere e l'organizzazione della
comunità per gli anni futuri.
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Si può quindi affermare che i contesti politico-sociali in cui vivevano gli ebrei europei alla fine
del diciannovesimo secolo, favorirono la nascita del Sionismo con tutte le conseguenze che esso
porterà in seguito. Bisogna ricordare che una parte del popolo ebraico coltivava il sogno di tornare
in Palestina già molti secoli prima che Herzl fondasse il movimento sionista. Questa idea
accompagnerà gli ebrei nel loro percorso anche perché non c’è mai stata una completa integrazione
con le popolazione dei paesi europei nei quali essi vivevano. La mancata integrazione è dovuta alle
diversità culturali e religiose in particolare. Oggi quando si parla di antisemitismo, il pensiero va
alla Germania nazista ebbene ricordare che questo fenomeno favorì fortemente la nascita del
sionismo e che dopo la prima guerra mondiale si diffuse in tutta l’Europa e negli Stati Uniti.
Il ruolo dell’Inghilterra
Il ruolo della Gran Bretagna si rileverà fondamentale per la nascita dello Stato Ebraico. Herzl
cercò di ottenere appoggi internazionali per il progetto sionista e fin dall’inizio privilegio
soprattutto i rapporti con la Gran Bretagna perché era sicuro che con l’aiuto inglese il progetto
Sionista sarebbe andato sempre più avanti.
Il sostegno Britannico alla causa sionista arriverà dieci anni dopo la sua morte nel 1917, con la
“Dichiarazione Balfour“ una lettera scritta dall’allora ministro degli esteri inglese Arthur Balfour a
Lord Rothschild, principale rappresentante della comunità ebraica inglese, e referente del
movimento sionista, con la quale il governo britannico affermava di guardare con favore alla
creazione di una sede nazionale per il popolo ebraico in Palestina.
L’errore Inglese fu dunque, quello di promettere una nazione agli ebrei in un territorio già
occupato dal Popolo palestinese. Perché gli inglesi decisero di sostenere il progetto sionista? Tra i
tanti motivi non va dimenticato quello economico, una parte degli Ebrei europei aveva accumulato
negli anni enormi ricchezze e tra questi molti erano proprietari di banche. Un altro motivo che si
rilevò decisivo fu inizialmente l’inconsistenza della diplomazia palestinese e araba soprattutto. Da
questo punto di vista i sionisti erano meglio organizzati: avevano rapporti con gli ambienti politici
in Inghilterra e in altri paesi europei.
Le conseguenze della “Dichiarazione Balfour “ si faranno sentire negli anni successivi e
culmineranno nello sciopero insurrezionale palestinese del 1936 che durerà tre anni. Approfittando
del clima di forte tensione che si andava creando fra Arabi e Israeliani l'Inghilterra nel maggio del
1939 pubblicò un "Libro Bianco" che imponeva drastiche restrizioni sull'immigrazione ebraica
dall'Europa verso il Medio Oriente. Questa in realtà era una forma di tutela che l'Inghilterra dava a
se stessa di fronte al continuo arrivo di ebrei dall'Europa: evitare che questi diventassero talmente
numerosi da poter richiedere l'indipendenza dall'Inghilterra stessa a fronte anche della possibilità di
risolvere in maniera autonoma il conflitto con gli Arabi anche perché i paesi arabi confinanti
minacciavano Londra di cambiare le loro alleanze e schierarsi con la Germania nazista.
Paradossalmente questa decisione fu presa nel momento in cui in Europa il piano di Sterminio degli
ebrei da parte dei nazisti era ormai in una fase avanzata.
La Shoah
A distanza di settant’anni da quella data non si capisce ancora come mai le potenze della
coalizione antinazista, in particolare l’Inghilterra pur sapendo quanto stava accadendo in Germania
e successivamente nelle zone occupate dai tedeschi, lasciarono fare senza reagire.
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Nel dicembre del 1942 le nazioni alleate condannarono apertamente la politica di sterminio ma
le deportazioni e le uccisioni di massa nei campi di concentramento continuarono fino alla fine della
guerra. Ancora più assurdo e incomprensibile appare il comportamento del Vaticano e il silenzio di
Papa Pio XII. Il piano dei nazisti era noto fin dall’inizio, le risorse umane e finanziarie per mandare
avanti la macchina dello sterminio non vennero mai meno, neanche quando le sorti della guerra
erano segnate a dimostrazione che quanto disse Goebbels nel 1941: “Gli Ebrei portano la
responsabilità della guerra, sbarazzarsi definitivamente di loro è affare del Governo”, non era sola
propaganda. Alla fine della guerra gli ebrei morti saranno circa sei milioni la metà di quelli che
vivevano in Europa nel 1939, un terzo di tutti quelli che vivevano nel mondo.
Le conseguenze della Shoah e la nascita dello Stato Ebraico.
L’appoggio della Gran Bretagna è stato decisivo per il movimento sionista, ma ciò che ha
influito affinché il sogno di Herzl, di Weizman e di tutti sionisti si avverasse fu la Shoah. L’ascesa
del nazismo aveva già provocato un’accelerazione dell’immigrazione ebraica in Palestina, dal 1932
al 1939 gli ebrei aumentarono di quasi 250.000 unità, circa 30.000 l’anno. I nuovi coloni erano in
maggioranza tedeschi che emigravano per sottrarsi alle persecuzioni. L’Organizzazione sionista
aveva stipulato con Berlino, nel 1933, una convenzione che autorizzava l’esportazione di capitali
ebraici dalla Germania in Palestina.
Le conseguenze della Shoah fanno si che l’idea dei sionisti si concretizzi a spese del popolo
Palestinese, troppo forte è il senso di colpa che turba le coscienze dell’opinione pubblica
occidentale perché la politica possa opporsi alla nascita dello Stato Ebraico. D’altra parte i dirigenti
palestinesi continuano a portare avanti una politica costellata di errori: prima si schierano con i
nazisti, poi decidono di boicottare le commissioni internazionali d’inchiesta, in particolare quella
delle Nazioni Unite, l’UNSCOP, nell’estate del 1947. Il 29 novembre 1947, l’Assemblea Generale
delle Nazioni Unite con la maggioranza dei due terzi adotta la risoluzione 181, in cui si stabilisce di
creare uno Stato ebraico e uno Stato arabo in Palestina, oltre ad una zona internazionale per
Gerusalemme e i luoghi santi. Il 14 maggio 1948, dopo che gli inglesi avevano annunciato
ufficialmente il loro ritiro, con la dichiarazione d’indipendenza d’Israele proclamata da Ben Gurion,
nasce lo Stato Ebraico. Lo stesso giorno scoppia la prima guerra arabo - israeliana.
Il ruolo marginale dell’Europa nelle trattative di pace.
La nascita dello Stato d'Israele rappresentò per gli Stati Uniti: da una parte la possibilità di
crearsi una postazione per contrastare i sogni espansionistici dei sovietici che ambivano ad avere
uno sbocco sul mar Mediterraneo, dall’altra la possibilità di avere un maggior peso politico in tutta
l’area Mediorientale, non va dimenticato che nei territori dei paesi arabi vicini sono concentrati i più
grandi giacimenti petroliferi del pianeta. E’ evidente che fino alla caduta del comunismo tutte le
iniziative rivolte a trovare una pace condivisa da entrambe le parti, sono state condizionate dalla
logica dei due blocchi contrapposti. E’ altrettanto evidente che l’Europa per quasi cinquant’anni non
ha avuto alcun ruolo attivo nelle trattative di pace. L’assenza dell’Europa dipende principalmente da
due motivi: la mancanza di una voce unica in politica estera ha fatto si che gli organi comunitari si
limitassero a utilizzare le dichiarazioni come unico strumento diplomatico alle quali però, non sono
mai seguite azioni sul campo; ma il motivo più importante è sicuramente il rifiuto d’Israele a
riconoscere gli europei come interlocutore politico per la risoluzione del conflitto. La Shoah ha
lasciato da una parte la diffidenza degli ebrei verso l’Europa e dall’altra il senso di colpa degli
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europei, due ferite aperte che a quasi sessantacinque anni dalla fine della seconda guerra mondiale
non sono ancora guarite.
L’ Unione Europea deve sostenere attivamente qualsiasi piano che porti alla pace tra i due
popoli, come del resto sta facendo da quasi un decennio e visti anche i buoni rapporti che ha con il
mondo arabo potrebbe farsi carico di nuove iniziative. Per fare questo però è indispensabile che essa
si liberi completamente del senso di colpa che le deriva dalle troppe responsabilità che ha in questo
conflitto.
Conclusioni
La nascita dello Stato di Israele e la questione palestinese sono la conseguenza di due
avvenimenti storici accaduti in Europa: il primo fu la nascita del sionismo che con il fondamentale
sostegno della Gran Bretagna, gettò le basi per la costruzione del nuovo Stato in Palestina; il
secondo avvenimento che in un certo senso “legittimò” il progetto sionista fu la Shoah.
Alcuni sostengono che le sofferenze degli ebrei perseguitati dai nazisti sono simili a quelle che
gli israeliani causano ai palestinesi. Ciò che colpisce è la passività con cui si guarda a questa
tragedia.
Vorrei ricordare ciò che scrisse Szmul Zygelbojm un Ebreo-Polacco che si suicido a Londra il
12 maggio del 1943, in seguito alla rivolta nel ghetto di Varsavia dove quasi tutti gli ebrei vennero
uccisi, pochi si salvarono e furono deportati nel campo di sterminio di Treblinka: “Non posso
restare da solo. Non posso vivere adesso, che il resto del Popolo Ebraico in Polonia che io qui
rappresento, è stato eliminato. I miei compagni sono morti con le armi in mano, combattendo
l’ultima eroica battaglia. Non mi è stato concesso di morire insieme con loro. Ma io appartengo a
loro e alla loro tomba di massa. Con la mia Morte desidero esprimere la mia più forte protesta
contro la passività con la quale il mondo guarda e consente la distruzione del Popolo ebraico”.
Infine, come si può risolvere questo conflitto? È indispensabile che in Israele maturi una nuova
cultura di pace, per far questo probabilmente servirà che le future generazioni siano educate
guardando oltre i propri confini con la consapevolezza che il progetto sionista è terminato il 14
maggio 1948, senza dimenticare le sofferenze storiche del loro popolo. Contestualmente i
palestinesi devono trarre insegnamento dai loro errori, potranno avere un loro Stato solo quando
diventeranno un Popolo unito. Per fare questo dovranno liberarsi degli integralismi religiosi che da
sempre trovano il sostegno dei paesi arabi che non vogliono uno Stato palestinese.
E.Muto
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