Oggetto: Comunicato stampa FISAT. IO NON C`ERO E SE C`ERO

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Oggetto: Comunicato stampa FISAT. IO NON C`ERO E SE C`ERO
 Federazione Italiana Storia Armi Tiro
www.fisat.us
Oggetto: Comunicato stampa FISAT.
IO NON C’ERO E SE C’ERO DORMIVO
Rapporto informativo su come è andata veramente la storia
delle catalogazioni delle armi simil militari
ECCO IL MATERIALE CHE NON LEGGERETE SULLE
STAMPATE DA CUI FISAT E’ STATA LETTERALMENTE
(PERCHE’ VI RACCONTA QUESTE COSE)
RIVISTE
BANDITA
Ve
l’avevamo
promesso
(lo
abbiamo
scritto
anche
sull’ultimo numero di Armi e Tiro) ed ora manteniamo.
Il nostro legale ha effettuato un accesso agli atti per
sapere come è andata DAVVERO che dall’oggi al domani il
“Ministero” (ma dovremmo dire l’ASSE tra esponenti
dell’Area Armi ed Esplosivi e membri della Commissione)
non catalogano più le armi simil-militari che abbiano gli
attacchi del caricatore compatibili con quelle militari.
Veniamo adesso a sviscerare il contenuto delle sedute da
cui si evince – e sia chiaro per tutti – che le decisioni
risultano in atti prese all’unanimità (senza dissenso).
Ciò la dice lunga su chi fuori a parole si strappa i
capelli per difenderci (magari in convegni di facciata)
poi nelle segrete stanze propone o quantomeno appoggia le
restrizioni securitarie.
Vi risparmio la parte iniziale (sostituita da omissis)
precisando che trovate il documento INTEGRALE in fondo a
questa pagina (sempre che abbiate ancora lo stomaco di
leggerlo).
….omissis….
ll Presidente, prima di procedere alla disamina delle singole problematiche indicate
specificatamente ai punti dell’Ordine del Giorno, pone alla valutazione del Consesso, alcune
tematiche afferenti alla procedura di catalogazione, per le quali, con nota riservata alla sua
persona, e che costituisce parte integrante del presente verbale (All. 1), l'Ufficio per
l'Amministrazione
Generale,
si
chiede
il
parere
di
Questo
Collegio.
In particolare, in riferimento a cogenti esigenze di certezza del procedimento amministrativo
e, in via prioritaria, di ordine e sicurezza pubblica, il primo punto di criticità segnalato verte,
sulla necessità di fornire, in via definitiva, una indicazione tecnica in merito all’esatta
procedura
di
misurazione
della
lunghezza
della
canna
di
un'arma.
La sentita necessità di pervenire ad un criterio di misurazione certo ed univoco, è tesa in
particolare, a fugare dubbi interpretativi che, di frequente, in tempi recenti, hanno dato luogo,
in misura esponenziale, a numerose istanze finalizzate alla rettifica di questo dato.
Ciò posto, il Presidente, dà lettura della possibile soluzione suggerita dal'Ufficio.
Il Consesso, all'unanimità, dopo ampia disamina, conviene con le osservazioni sollevate dal
Col. Riso e dal dott. Pedersoli, laddove nel testo si fa menzione delle diverse tipologie di
materiale dell'asta metallica rigida, quale strumento richiesto per effettuare una puntuale
operazione di misurazione, proponendo di cassarle e, di conseguenza, omettere anche il
termine “metallica” in esso pure indicato, convenendo altresì, circa l’opportunità di specificare
che la misurazione della canna debba avvenire “senza accessorio".
A parere del Consesso, infatti, la presenza di un freno di bocca e/o spegnifiamma reso
solidale alla canna, in conformità alla prescrizione imposta da questo Dicastero, mediante
incoraggio ovvero punti di saldatura, ha più volte, nel passato, anche in riferimento alla
tipologia strutturale dei medesimi, evidenziato una oggettiva difficoltà al momento della
verifica tecnica effettuata sul prototipo di un'arma.
Si conviene, pertanto, come sopra cennato, che le operazioni concernenti la puntuale
misurazione della lunghezza della canna di un arma munita di questi accessori, al fine di
evitare erronee approssimazioni debba convenientemente avvenire senza di essi.
Il dott. Pedersoli, in proposito, per le anni dotate di freno di bocca inamovibile, ritiene che, in
via generale, in riferimento alla specifica prescrizione che l'Ufficio ha determinato circa
appunto, l'obbligatorietà di detta “inamovibilità” e, in specifico, la stretta correlazione alla
tematica in oggetto, oramai non possa essere più differibile l'esigenza di rivederne quanto
prima l'efficacia e finanche il senso di tale imposizione.
A parer suo, infatti, basti solo ricordare che, sotto un profilo prettamente tecnico, il concetto
stesso di “inamovibilità” non è in assoluto aderente alla prescrizione che il Ministero
dell'Interno impone nei relativi Decreti di catalogazione laddove viene stabilito che “…il freno
di bocca deve essere fissato con adesivo che garantisca a temperatura di 150 gradi una
resistenza meccanica superiore al 70% della resistenza offerta a freddo…"
Se infatti, l'inamovibilità di un accessorio è riferita ad una percentuale parziale, e se , come
tecnicamente avviene, il freno di bocca è applicato alla canna in un secondo tempo, allora è
pur
vero
che
esiste
la
possibilità
che
il
medesimo
venga
rimosso.
Infatti, solo un accessorio integrale alla canna può essere sicuramente considerato
inamovibile, diversamente lo stesso concetto di inamovibilità è alquanto discutibile e,
pertanto, è parimenti discutibile ogni prescrizione in tal senso.
Il Presidente, recependo le osservazioni del dott. Pedersoli, ritiene ormai improcrastinabile la
necessità di pervenire quanto prima, in via generale, ad una riformulazione dei criteri stabiliti,
soprattutto,
alla
luce
della
recente
ricostituzione
del
Collegio.
Infine, il Consesso all'unanimità ritenendo ovviamente non applicabile il predetto
criterio di misurazione alla categoria delle armi a rotazione stabilisce che la puntuale
enunciazione tecnica nel caso in esame debba essere quella di seguito riportata: “Si
intende per lunghezza della canna dei revolver il tratto interno misurato dal piano
passante per il vivo di volata al piano passante perla base del cono di forzamento
escludendo pertanto il tamburo”.
Si comincia bene; dopo quasi quarant’anni siamo ancora a
discernere
su
come
debba
essere
fatta
l’asta
di
misurazione della canna (e si ignora che questa secondo
le Direttive Europea deve solo avere una lunghezza minima
di 300 mm.) e che per misurare la canna dei revolver non
si deve contare il tamburo (poco ma sicuro).
Commento della FISAT: i problemi sono sostanzialmente due
1) L’Asse tra Polizia e membri della Commissione
insiste pervicacemente nel voler misurare lunghezza
di canna, lunghezza minima, lunghezza massima quando
basta
verificare
che
l’arma
stia
dentro
le
dimensioni della direttiva europea 91/477/CE che
dice “IV. Ai sensi del presente allegato, si intende
per: a) « arma da fuoco corta » un'arma da fuoco la
cui canna ha una lunghezza inferiore ai 30 cm – (2)
oppure la cui lunghezza totale non supera i 60 cm;
b) « arma da fuoco lunga » qualsiasi arma da fuoco
diversa dalle armi da fuoco corte).
Che in italiano (e in tutte le altre lingue europee)
vuol dire “se hanno canna inferiore ai 30 cm. E
lunghezza inferiore ai 60 sono armi corte, se sono
superiori sono lunghe. Senza tante pippe su spegni
fiamma, lunghezze, aste quant’altro).
Per fortuna all’Unione Europea ci sono tedeschi ed
austriaci che al Ministero ci mandano veri esperti
d’armi e non si perdono in queste scemate.
2) Le specifiche di come si misura questo e quello
VARIANO CONTINUAMENTE tanto che perfino la stessa
Area AE non le pubblica neanche più. E variano non
perché la situazione dell’ordine pubblico vari
(l’Italia è uno dei paesi europei con meno reati) ma
perché
variano
costantemente
le
richieste
dei
produttori
che
fanno
propalare
ai
loro
rappresentanti
in
Commissione
le
trovate
più
straordinarie per avere un mercato più protetto.
Non ci credete ancora ? Leggete sotto.
Continua la lettura del verbale:
punto 2)
Il Presidente, illustra ai componenti della Commissione l'osservazione di criticità segnalata
dall'Ufficio allorquando un importatore richieda di rettificare la lunghezza della canna di
un'arma indicata in Catalogo per un asserito errore di misurazione. Pertanto, invita il
Consesso, in conformità a quanto chiesto, a rivalutare tale iter procedurale, tenuto conto che,
di fatto, la rettifica in sé cancella la lunghezza in origine indicata in Catalogo, esponendo od
inducendo, verosimilmente, terzi in una posizione di illegalità per la detenzione di un’arma
considerata in origine lecita.
Il Collegio, dopo ampia disamina, conviene sull'opportunità di aderire in deroga al criterio
adottato all'unanimità, nella seduta del 10 febbraio 2010, per il quale non possono essere
inserite in nota le dotazioni di canne intercambiabili di lunghezza diversa da quella dell'arma
iscritta in Catalogo, alla procedura proposta dall'Ufficio.
Si ritiene pertanto di condividere per la logica insita nella medesima, a carattere decisamente
più garantista, la soluzione prospettata secondo la quale, limitatamente a casi particolari, può
adottarsi la procedura della aggiunta in nota a Catalogo prevedendo la possibilità che l’arma
sia dotata di una canna di diversa lunghezza che si va dunque ad aggiungere a quella
precedentemente indicata, a condizione che, siffatta procedura, valga esclusivamente da
oggi per il pregresso.
Al riguardo, tenuto fermo il criterio predeterminato concernente l'esatta procedura di
misurazione della canna di un'arma e, preso atto che la totalità delle richieste di rettifica
pervengono da parte degli importatori del settore, è deciso convincimento, del dott. Pedersoli,
del Col. Riso e del dott. Angeletti che anche per essi, debba prevedersi l'obbligatorietà di una
verifica preventiva della lunghezza della canna del prototipo di un'arma da parte del Banco
Nazionale di Prova di Gardone V.T.
Solo tale Ente riconosciuto, infatti, può certificare, in maniera inequivocabile, l'esatta
corrispondenza dimensionale. Questa obbligatorietà varrebbe, ovviamente, anche per le armi
che per la convenzione C.I.P. rechino impressi i punzoni degli altri Banchi riconosciuti, ma
che per detta convenzione non effettuano tale operazione.
Solo siffatta previsione, auspicata dalla maggioranza del Collegio, in effetti escluderebbe a
questo punto, la diffusa necessità di dover ricorrere alla formulazione di richieste di
“sanatoria” a mezzo rettifica o nota.
Ciò, soprattutto, anche in considerazione, che ad oggi gli operatori che procedono
all'importazione dell'arma ivi compresi i soggetti privati, nella maggior parte dei casi,
formulano una istanza di iscrizione in Catalogo senza averne la materiale disponibilità,
necessaria per le opportune verifiche dimensionali e meccaniche, rilevando le medesime
nella maggior parte dei casi, meramente sulla base di cataloghi commerciali od addirittura
tramite contatti telefonici col produttore estero senza alcun addebito di responsabilità.
Nota della FISAT: Lesa maestà il presentare un’arma alla
Commissione errando (magari di qualche centimetro) la
lunghezza
di
canna.
I colpevoli; uno che aveva presentato una pistola calibro
.22 che non tornava di qualche centimetro.
In tutto il mondo i produttori cambiano le specifiche
quando vogliono (ad esempio finiscono gli spegni fiamma
di un tipo e li sostituiscono con quelli di un altro)
senza che vi siano problemi per l’ordine pubblico.
Solo in Italia se cambi lo spegni fiamma o cambi il
calciolo (e quindi cambi la lunghezza dell’arma) succede
un macello perché il Banco inflessibile, tanto stimato
solo dai ministeriali e (neanche tutti) i produttori
nostrani, blinda le armi e le rimanda indietro. Solo che
per le armi italiane le rimanda al produttore e quelle
straniere le rimanda al paese di provenienza con un danno
incalcolabile per l’importatore.
E’ ora, davvero di cambiare le cose e mettere tutti alle
stesse condizioni di mercato.
Anche volendo riconoscergli il massimo della buonafede
torna il concetto della politica securitaria e del perché
ci si ostini a voler indicare tutte le lunghezze di canna
e totali ecc. invece di quelle minime come previsto dalle
Direttive UE.
Possibile che i nostri funzionari non capiscano che per
l’ordine pubblico non cambia nulla che il fucile M4 (nota
dolente) abbia la canna di 61 invece di 62 ma cambia
moltissimo per l’importatore e per il pubblico (che si
scelgono il modello che vogliono) ed anche per i
produttori nostrani (che si trovano un mercato meno
“protetto”).
La puzza di protezionismo è sempre più forte.Ma le cose
vanno di male in peggio.
Per quanto riguarda le armi di cui al punto (3) armi di derivazione militare …… il Presidente
procede preliminarmente a dare lettura del in forma integrale della proposta espressa
dall’Ufficio. IL CONSESSO ALL’UNANIMITA’ per quanto attiene le armi da guerra
“demilitarizzate” per l’uso civile concorda in merito alla rigida e scrupolosa osservanza di tutte
le operazioni previste dalla circolare del 2002.
Fin qui niente di male, ma ora arriva il meglio e ciò che
tutti state aspettando ….
Punto 4)
Per quanto concerne, invece, alla problematica di cui al punto 4 relativa alle armi che siano
solo somiglianti a quelle militari, ma che provengano da una linea di produzione
“civile”, il Consesso, dopo ampia ed approfondita disamina, conviene sull'opportunità
di inserire nel costrutto di testo alcuni adempimenti e precisazioni tecniche ritenute
essenziali. In particolare, pertanto, per questa tipologia di armi, il costruttore ovvero
l'importatore, preliminarmente alla richiesta di iscrizione in Catalogo, dovrà presentare presso
il Banco Nazionale di Prova di Gardone V.Trompia (BS) unitamente al prototipo dell'arma il
progetto, ritenuto essenziale per il puntuale raffronto, inerente i disegni tecnici quotati relativi
alla scatola di scatto e dei suoi componenti le cui quote dimensionali dovranno risultare
inferiori a quelle delle armi di uso militare. Il richiedente, inoltre, dovrà produrre sotto propria
responsabilità penale di mendacio, una dichiarazione sottoscritta dalla quale risulti che 1'
arma che intende importare o produrre è di esclusiva progettazione civile indicando in essa,
gli accorgimenti tecnici adottati al fine di non consentire la intercambiabilità della scatola di
scatto o dei suoi componenti con quelli di un'arma da guerra che ne consentano il
funzionamento automatico.
Infine, si conviene circa l'opportunità che i caricatori di detta tipologia di armi,
debbano contenere esclusivamente 5 cartucce per costruzione, essere non
intercambiabili con quello militare e i relativi punti di attacco essere diversi.
Di male in peggio.
Qualcuno mi deve spiegare in base a quale parametro (che
non sia quello di protezionismo del mercato, su cui
andremo dopo) i caricatori delle armi demilitarizzate (ex
militari private della raffica) debbano essere diversi da
quelli della stessa arma nata civile.
Vengo a chiarire per i non addetti; se ho un M16 ex
militare demilitarizzato (cioè privato della raffica) le
cose rimangono come stanno ma se lo stesso fucile è un
AR15 .223 nato civile (e quindi con la cassa “stretta” in
cui non si possono inserire i pacchetti scatto a raffica)
gli attacchi del caricatore devono essere diversi. Il che
equivale a dire che tali armi non possono averle perché
non esisterà mai un produttore straniero che farà gli
attacchi solo per l’Italia.
Ora visto che nessuno potrà avere il coraggio di dire che
i criminali rimarranno disarmati l’unica cosa che ne
deriva è che da oggi in poi NON POTRETE COMPERARVI UN
FUCILE DELLA FAMIGLIA AR15 NUOVO IMPORTATO MA SOLO USATI
EX MILITARI (EX ORDINANZA).
Altrimenti vi comprate un Benelli MR1 (su cui ci
sarebbero da versare letteralmente fiumi di inchiostro e
su cui torneremo a suo tempo) che non essendo stato
adottato da nessuno non ha problemi.
Ditemi voi se non è protezionismo.
Se non lo è spiegatemi come mai i membri della
Commissione che appartengono al settore (o almeno quelli
che
appartengono
alle
associazioni
come
UITS,
ASSOARMIERI, Consorzio Armieri “Nazionale”) non hanno
divulgato le brutte notizie appena usciti almeno ai loro
soci o almeno ai consigli direttivi.
Non chiediamo che ci diano delle soluzioni ma almeno che
dicano cosa architettano in quelle sedute.
Forse non ce le dicono perché hanno votato a favore di
queste cose e quindi fino a ieri potevano discostarsene
pubblicamente ma da oggi non possono più farlo (perché
FISAT va a vedersi gli atti e vi racconta come stanno le
cose).
Purtroppo dovete tener duro perché dopo c’e’ ancora di
peggio… ossia il problema delle armi di spiccata
potenzialità offensiva
Punto 5)
Si passa all'esame del punto 5 del documento in cui l'Ufficio, al fine preminente di tutela
dell'ordine e della sicurezza pubblica, invita la Commissione a voler prestare sensibile
riflessione e fornire opportuna valutazione riguardo quelle armi che, seppur
riconducibili in un ambito sportivo, utilizzano calibri con spiccata potenzialità
offensiva.
In merito, il Collegio, prende atto dal Sig. Galeazzi dell'U.I.T.S. che, allo stato attuale,
all'interno delle strutture dei poligoni di questa Federazione Sportiva affiliata al C.O.N.I., in
conformità a quanto previsto dalla Direttiva Tecnica Poligoni del Polo del Genio Militare, è
praticabile in ambito nazionale ed in via esclusiva, solo una attività di tiro che, in relazione al
calibro, esprima in termini di energia cinetica iniziale alla bocca un valore di 3931,60 joule.
A riguardo, il Presidente, in considerazione della complessità della problematica e delle
diversificate opinioni, decide di costituire un sottogruppo di lavoro che pianifichi una analitica
metodologia procedurale attraverso cui contemperare le diverse esigenze.
Da quanto emerso, appare assai difficoltoso fissare un parametro tecnico di riferimento in
termini di offensività al di sopra del quale, poter vietare, ovvero al di sotto, poter consentire.
Nell'argomento, infatti, si innestano dissertazioni tecniche molto complesse tra le quali,
sopratutto, emergono quelle, se debba farsi riferimento alla sola potenzialità della cartuccia,
ovvero al binomio arma-munizionamento o, piuttosto, limitarsi agli effetti di balistica terminale.
Cose da non credere. Già dal primo insediamento il membro dell’UITS fa
notare che nei poligoni della sua Federazione non si spara sopra il .308 (non
è vero ma forse davvero non lo sa) per cui è inutile catalogare armi di energia
superiore. Si continua a far finta di ignorare che si devono applicare le
Direttive Europee e nient’altro, senza farsi tante idee su cosa sia da guerra e
da pace (e magari è sportivo nel paese accanto al nostro).
L’ UITS si vantava tanto di aver avuto accesso alla Commissione ma se il
buon giorno si vede dal mattino sarebbe stato molto meglio se avesse
lasciato perdere.
E poi la scena in cui il Presidente Obrist abbia raccomandato al suo membro
di Commissione “ mi raccomando…vada la a risolvere il problema delle armi
di spiccata capacità offensiva che mi spaccano i poligoni…” proprio non mi
riesce di figurarmela.
E’ molto più facile che sia stata tirata fuori la questione per sollevare un
problema che non esiste (quello delle armi di spiccata potenzialità offensiva) e
risolverlo vietando armi che i produttori italiani non fabbricano.
Per rispondergli circa l’ordine e la sicurezza pubblica bastava chiedere quante
persone sono state uccise l’anno scorso con un fucile M4 o un .338 Lapua ?
La
risposta
ve
la
diamo
noi….ZERO).
I signori vieta tutto dell’Area Armi ed Esplosivi cercano gente malleabile in
Commissione e parrebbe proprio che l’abbiano trovata….
COSA FARE ADESSO ?
Chiunque abbia letto questa pagina con attenzione e
buonafede ha capito come stanno davvero le cose.
L’art. 6 della L. 110/1975 istituì l’istituzione di una
Commissione composta di membri del Ministero dell’Interno
(che
ovviamente,
essendo
funzionari
di
polizia,
vieterebbero anche le pistole ad elastico) e di esperti
del settore armiero sia produttivo che del dettaglio che
sportivo che avrebbero dovuto portare avanti le esigenze
del settore contemperandole con quelle della compagine
buropoliziesca.
Già allora – e la società era molto lontana da quella di
oggi – si cercava di contemperare le esigenze della
presunta sicurezza (le BR compravano le armi dall’OLP e
le importavano in barca a vela) con quelle del settore.
Purtroppo nei quasi quarant’anni di esercizio della
Commissione è accaduto che la parte del settore sia stata
sempre più egemonizzata dalla componente dei produttori.
Vediamo quindi che la categoria degli importatori, quella
degli
armieri
e
quella
delle
ditte
minori
viene
soffocata, cosa dimostrata dal fatto che quando si va a
votare si vota in modo unanimitario, senza dialettica.
Il peggio del peggio avviene quando si osserva l’operato
dell’unico rappresentante della parte sportiva quando si
osserva che una sola Federazione (l’UITS) è rappresentata
in
Commissione
e
non
esita
a
tutelare
in
modo
spregiudicato la propria posizione di mercato rispetto a
tutte le altre (che ricomprendono la maggior parte dei
tiratori ma che non possono vedersi riconosciute come
Federazioni del CONI a causa del predetto sistema
antidiluviano delle posizioni dominanti).
Volete un’altra dimostrazione ?
Ecco la composizione della Commissione:
Presidente Dr. Mario Licciardello – Prefetto a riposo
Dr. Maria Paravati – Ministero Interno (supplente Vq. A.
Dr. Mario Gagliardi)
Dr. Paola Mureddu – Direttore Ufficio Affari Polizia
Amm.va e Sociale (suppl. I Dirigente Dr. Domenico Parisi)
Ten. Col Benigno Riso – Ministero Difesa (supplente Cap.
Andrea Candian)
Ten. Col. Donato D’Orsi – Carabinieri (supplente Magg.
Claudio Ferraro)
Civili:
Ministero sviluppo economico:
Ing. Antonio Girlando (anche Direttore del Banco
Nazionale di Prova ed ex dipendente Beretta) e Dr. Pietro
Maria Paolucci (supplenti D.ssa Marzia Conti e D.ssa
Sveza Raimonda Tecca)
ANPAM: Dr. Marco Vignaroli (Direttore Tecnico di Benelli
Armi e progettista della Benelli MR1) – Sig. Bortolo
Tanfoglio (contitolare della Armi Tanfoglio) – supplenti
Dr. Mauro Silvis e Sig. Alessandro Tamburini (Avvocato
ex presidente CNCN)
Confcommercio:
Sig. Edgardo Fegro (già presidente Assoarmieri ed ex
dipendente Beretta) – suppl. Rag. Massimo Moroni
Frinchillucci
Consorzio Armieri Nazionale:
Dr. Pierangelo Pedersoli (presidente Cons. Arm.
“Nazionale”) - supplente Rag. Luca Rizzini
Ministero Economia e Finanze
Agenzia Dogane: Dr. Stefano Solitano – suppl. Dr.
Giuliano Della Penna
Guardia di Finanza: Ten. Col Alfonso Amaturo – suppl.
Ten. Col Gianfranco Parisi
“Esperti” in balistica:
Dir. Tec. Prov. PS. Dr. Federico Boffi
Ing. Manlio Averna
Ing. Riccardo Mariani
Suppl. Sost. Comm. Giuseppe Galletta – Sig. G. M. Alberto
Bassano – Sig. Emilio Galeazzi
Armi Antiche Artistiche rare o di importanza storica:
Prof. Glauco Angeletti – Suppl. D.ssa Rosaria Valazzi
Segretari: V.Q.A. Pierfrancesco Iovino o Sost. Comm.
Massimo Fiorentini
Va infine un plauso doveroso alla rivista Armi e Tiro,
sensibile (per quanto possibile) all’argomento, che
nell’articolo
sull’edizione
di
questo
“BLACK
RIFLE
ADDIO?” ha intervistato i big del settore sulla materia
(oltre a noi che non siamo big e che allora non avevamo
ancora ricevuto il materiale documentale), che hanno
risposto così:
Dr. Pierangelo Pedersoli – (Presidente Consorzio Armieri “Nazionale”):
….Pedersoli non ha fornito particolari sull’accaduto dichiarandosi, anzi, all’oscuro della
vicenda (ma come, se in Commissione c’era eccome ed ha fatto anche degli interventi ? Se
la cava così ?)
“E’ evidente…ha commentato su nostra sollecitazione …. che il limite principale su questo
tipo di decisioni è il trattamento differente che si viene a creare tra situazioni identiche e la
conseguente mancanza di regole certe, chiave di volta del nostro settore.
E’ anche vero, d’altro canto, che purtroppo in alcuni casi il mondo degli appassionati non è
compatto al 100% nel rifiutare l’acquisto e l’uso di determinati “accessori” privando così noi
rappresentanti delle categorie produttive del principale strumento di difesa nei confronti dei
“falchi” presenti in Commissione.
Il fraseggio è così sibillino (e dopo vediamo perché e per come) che l’autore
dell’articolo si sente in dovere di chiarire:
in altre parole, se interpretiamo correttamente, se non ci fossero appassionati disposti, per
esempio, a fare carte false per acquistare caricatori di capacità non conforme al catalogo,
dall’altra parte non ci sarebbero funzionari ai quali viene in mente di prendere misure così
drastiche.
L’interpretazione è più o meno giusta ma il trucco è
vecchio e non funziona più.
Il Dr. Pedersoli ci deve spiegare soprattutto perché
prima
vota
coi
falchi,
rimane
in
silenzio
senza
rispondere a nessuno – neanche al suo consiglio direttivo
- e quando lo mettono davanti al fatto dai la colpa ai
soliti mariuoli che comprano i caricatori a capacità
piena (ma come, la legge non dice che non sono più parte
d’arma ?)
E l’articolo 27 della Costituzione – che dice che la
responsabilità penale è personale - dove lo metti ?
E il problema delle regole certe chi deve sollevarlo se
non proprio i membri del settore delle armi ?
Antonio Bana, presidente di Assoarmieri (che in Commissione ha un rappresentante) : “Non
mi sorprende affatto il contenuto della decisione. Bisognerebbe intervenire direttamente,
come Assoarmieri, presso il Ministero ed iniziare a dialogare con fermezza sia da un punto di
vista normativo sia da un punto di vista giuridico con precise prese di posizione nelle
comptenti sedi, come per esempio a livello di presentazione di un esposto all?Authority per la
concorrenza sleale, di un ricorso alla Corte di Giustizia Europea nei confronti del catalogo
nazionale per le vigenti procedure di catalogazione, in palese contrasto con le procedure ed i
principi di libera concorrenza e di libero accesso al mercato, presentazione di un ricorso al
giudice amministrativo.
Nicola Perrotti, presidente di Anpam: nessun commento (ottima idea) poi seguito da
un commento sul sito di Armi e Tiro “"Ci scusiamo innanzitutto per il ritardo nel rispondere alla
Vostra sollecitazione, dovuto al susseguirsi di impegni internazionali verso i quali l’industria
italiana, come è noto, ha particolari doveri. Riteniamo apprezzabile che il Ministero
dell’Interno mostri cautela e senso di responsabilità nella garanzia della sicurezza pubblica
anche con riferimento alle armi comuni da sparo. In relazione al Catalogo nazionale,
pensiamo che l’attenzione dedicata ai requisiti di catalogazione dovrebbe essere spostata
verso l’aderenza al criterio unico di accesso alle armi comuni da parte dei cittadini europei,
sul modello descritto dall'Allegato I della Direttiva 91/477/CEE e simili, riservando a forze e
corpi armati dello Stato solo la categoria A (Armi da fuoco proibite), e considerando tutte le
altre come armi consentite".
Meglio tardi che mai.
Ed ora il commento di FISAT: non si perde battuta per
procurarsi un mercato protetto. In questo mercato gli
importatori ed i piccoli produttori (che fanno gli M4
magari assemblandoli, quelle stupende carabine in .408
Cheytac o gli adattatori PDW che vorrebbero metter fuori
legge) sono una spina nel fianco.
Si deve controllarli ed ora che il Banco non basta più
(perché gli fanno causa) si inventano le disposizioni
securitarie in base a cui queste cose sui caricatori si
fanno perché ci sono i mariuoli che comprano i caricatori
più lunghi.
La verità è che ogni volta, OGNI VOLTA, che gli diamo dei
soldi battiamo un chiodo sulla bara delle nostre libertà.
Lo abbiamo visto (le prove sono sulle pagine di
campagnafisat.it) con l’iter di approvazione della Legge
204/2010 su cui non c’era da preoccuparsi sinché non
siamo riusciti ad avere il testo della bozza grazie alla
Segreteria della Lega Nord presso la Camera dei Deputati
e che siamo riusciti in gran parte a rimediare dopo
un’odissea
estiva
in
cui
grazie
al
lavoro
di
sensibilizzazione dei soci siamo riusciti a incontrare il
Ministro Roberto Calderoli e l’On. Pierguido Vanalli .
E ciò nonostante l’UITS professasse l’istituzione della
licenza questorile sulla ricarica pur di vendere quattro
corsi fatti da gente preparata solo in teoria (perché
nelle discipline olimpiche non si usano munizioni
ricaricate).
Oggi il membro UITS sconsiglia la catalogazione di armi
superiori al .308 perché nei poligoni UITS non si possono
usare (tra l’altro non è neanche vero, fa addirittura un
danno ai poligoni UITS ma chi ci mandano in Commissione
?).
LA VERITA’ E’ CHE QUESTA GENTE NON HA IMPARATO NULLA
DALLA LEZIONE PRECEDENTE ED ORA DEVE PRENDERNE UN’ALTRA
ANCORA PEGGIORE. HANNO FINITO DI PRENDERCI PER IL SEDERE.
Il resoconto verbale delle riunioni della Commissione (se
avete lo stomaco di leggerlo) lo trovate qui
Il Direttivo FISAT
PS. Se i big della montagna avessero impegnato per i
diritti comuni metà delle risorse che hanno impegnato per
far buttare fuori FISAT dalla totalità della carta
stampata, probabilmente avremmo la legislazione più
avanzata
d’Europa.
E
invece
abbiamo
quella
più
arretrata……
Prossimamente (ai primi della prossima settimana perché
ci stiamo lavorando) COSA POSSIAMO FARE PER CAMBIARE LE
COSE.