Il libretto è scaricabile qui
Transcript
Il libretto è scaricabile qui
____________________________________________________________________________ ASSOCIAZIONE VOLONTARI OSPEDALIERI ____________________________________________________________________________ Quadro informativo sull’attività AVO (A cura di AVO e AVO Giovani di Rovigo) Iscritta a: “Quale azione a fin di bene, sul piano morale, ha maggior valore? Quella incoraggiata da un talento naturale messo al servizio di chi ha bisogno,o quella spinta dalla sola, semplice convinzione di fare una cosa giusta?” “Tutte le azioni a fin di bene sono apprezzabili in egual misura. Chi ha un talento naturale e lo mette a servizio di chi ha bisogno è solo avvantaggiato rispetto a chi è semplicemente spinto dalla convinzione di fare una cosa giusta, perché per i primi l’azione viene spontanea, senza alcuna fatica; per i secondi, forse, c’è l’ulteriore merito di fare uno sforzo maggiore nel metterla in pratica. In entrambe i casi è al risultato finale, a cui si deve guardare.” Sommario 1. COS’E’ L’AVO ............................................................................... 5 2. IL VOLONTARIO AVO................................................................... 6 3. IL PERCORSO FORMATIVO DEL VOLONTARIO ............................ 7 4. AVO GIOVANI.............................................................................. 8 5. ESPERIENZE RACCONTATE DAI VOLONTARI ............................. 11 Reparto di Cardiologia .................................................................. 12 Gli americani ............................................................................. 12 Reparto di Geriatria e di Lungodegenza ....................................... 14 Il menù ...................................................................................... 14 Reparto di Oncologia .................................................................... 17 Il confine ................................................................................... 17 Reparto di Ortopedia .................................................................... 19 Fisarmonica............................................................................... 19 Reparto di Pediatria ...................................................................... 20 Giulia ......................................................................................... 20 6. INFORMAZIONI ......................................................................... 24 Per saperne di più: ........................................................................ 24 Link utili: ....................................................................................... 24 Vuoi contattarci? .......................................................................... 24 1. COS’E’ L’AVO L’AVO -Associazione Volontari Ospedalieri - è un'associazione a livello nazionale, laica , di volontari che dedicano una parte del loro tempo al servizio dei malati con l'obiettivo di favorire la umanizzazione delle cure. E’ stata fondata a Milano nel 1975. L’AVO di Rovigo è nata ad Aprile del 2011 .I Volontari, dopo avere seguito un corso di preparazione, tenuto da Medici, Infermieri, Psicologi etc, prestano servizio gratuito in turno settimanale presso i Reparti degli Ospedali di Rovigo e Trecenta. E’ stata stipulata apposita convenzione con l’Azienda ospedaliera e polizza assicurativa per infortuni , malattia e responsabilità civile. AVO Rovigo è anche iscritta , oltre che al C.S.V., al Registro Regionale delle Associazioni di Volontariato. AVO Rovigo si compone di volontari operativi e di soci sostenitori. AVO Rovigo organizza 2 corsi annui di formazione di base ed incontri di formazione permanente. 2. IL VOLONTARIO AVO Di seguito sono riportati i principali punti che caratterizzano l’attività di Assistenza dei Volontari AVO. Il Volontario AVO: Offre la sua presenza accanto ai malati per aiutarli ad affrontare i momenti di solitudine, di paura, di disagio e sofferenza Garantisce continuità nello svolgimento di un turno di servizio settimanale Si coordina con gli altri volontari e contribuisce all’affiatamento del gruppo partecipando ad una riunione Collabora con il personale sanitario, nel rispetto dei diversi ruoli, per favorire l’umanizzazione delle cure. 3. IL PERCORSO FORMATIVO DEL VOLONTARIO L’aspirante volontario viene seguito dall’Associazione fin dal primo giorno, al fine di rendere il percorso di preparazione e di assistenza il più professionale e personalizzato. Tale percorso può essere riassunto nei seguenti punti: Corso di formazione di base con colloquio orientativo finale Periodo di tirocinio pratico, a fianco di un volontario esperto Incontri periodici di formazione permanente destinati all’aggiornamento dei volontari 4. AVO GIOVANI Tutte le sedi AVO hanno, tra i loro volontari, dei giovani di età compresa tra 18 e 35 anni che possono decidere di dare il loro contributo di entusiasmo creativo all’associazione creando un gruppo AVO Giovani. L’AVO Giovani è innanzitutto un gruppo di amici, accomunati dall’appartenenza e dalla condivisione dei principi ispiratori dell’AVO. L’associazione riconosce all’AVO Giovani autonomia organizzativa e ne sostiene le iniziative, rivolte: a promuovere il volontariato AVO soprattutto tra i giovani, tramite incontri nelle scuole, stand, eventi e uso dei social network; all’animazione nelle strutture dove l’AVO è presente; ad elaborare proposte innovative che tengano l’associazione al passo con i tempi, soprattutto in materia di comunicazione; a fare rete con le altre associazioni di volontariato operanti sul territorio. 5. ESPERIENZE RACCONTATE DAI VOLONTARI In questa sezione sono raccolte testimonianze di alcuni volontari che prestano attualmente servizio negli Ospedali di Rovigo e Trecenta. Le esperienze riportate raccontano momenti vissuti in Reparto, momenti che possono far nascere sensazioni contrastanti, come amarezza o speranza, frustrazione o un senso (dal punto di vista umano) di gratifica personale, di rifiuto del dolore o della necessità di condividerlo. Ogni sensazione che se ne può trarre è puramente soggettiva, ma può far capire meglio le realtà di un turno all’interno di un Reparto. Reparto di Cardiologia Gli americani "Adesso ho capito, ho capito perché venite qua invece di andare al mare!". Così mi dice un paziente di cardiologia, anziano ma molto attivo e assolutamente vivace, pronto ad andare a casa dopo che gli hanno applicato il pacemaker per aiutare un cuore un po' stanco. Un cuore che ha vissuto tanta vita, tante situazioni: quella che ti racconta per prima è l'aver fatto la guerra, essere stato in Sicilia a cercare di fermare gli americani, poi ad essere fatto prigioniero, portato in Nord Africa, poi in Francia e alla fine della guerra, a Milano. Dove lui, prigioniero fortunato "perché gli americani ti trattavano bene, ti davano da mangiare, e poi alla fine, ci hanno dato soldi e vestiti", incontra i prigionieri italiani che tornano, quasi cadaveri, dai campi di Germania o Polonia. E allora diventa normale dividersi i soldi, i vestiti, "perché noi stavamo bene, ma loro ...". E allora grazie a questo gli spiego che non siamo lì per soldi, non ci paga nessuno, ma come ha fatto lui a suo tempo, sentendoci più fortunati condividiamo un po' del nostro tempo con chi è in difficoltà a causa della malattia. "Adesso ho capito ...". Maria Teresa Volontaria AVO da Settembre 2011 Reparto di Geriatria e di Lungodegenza Il menù In una stanza di lungodegenza aiuto un paziente a riempire con precisione i pallini ovali a fianco delle minestre, dei purè, dei micron all'olio, delle mele cotte tipiche di un menù da ospedale. Lui non sente tanto bene, io provo a parlare a voce alta per farmi capire: chissà se domani mangerà veramente quello che voleva! Il paziente del letto di fianco si agita: vorrà essere aiutato anche lui? Lo raggiungo, cerco di capire se sta chiedendo qualcosa; muove la mani, le palpebre si agitano, si contorce: non capisco proprio, non so che fare ... "Ha solo bisogno di contatto fisico: gli prenda la mano. I figli vengono raramente e parlano solo di ereditá": la figlia di un paziente anche lui nella stanza e nelle stesse condizioni mi aiuta a capire che fare. Gli prendo la mano destra con la mia destra, gli metto la mano sinistra sulla spalla e lo accarezzo: lui stringe forte la mano, deve essere stato un gran lavoratore! Stringe, stringe, si muove un po', ma piano piano rallenta, si calma, si rilassa e nell'arco di qualche minuto cade in un sonno tranquillo e ristoratore, con lo stupore della figlia del paziente di fianco. È un'emozione forte: sono entrato in sintonia con uno sconosciuto, non ci siamo mai parlati, ma il mio contatto gli ha permesso di calmarsi fino ad addormentarsi. Quante volte avremmo bisogno di una carezza ... Tiziana Volontaria AVO da Ottobre 2013 “Viene anche Sabato prossimo?” Sabato mattina. Ospedale di Rovigo. Reparto di Lungadegenza. Mi trattengo a parlare con un’anziana Signora che, nonostante l’età, è più che mai arzilla e, dando un paio di colpi alla sedia che le sta davanti, mi invita a sedermi di fronte a lei. Parliamo, lei mi interrompe, fa le sue precisazioni, mi racconta un pò della sua vita, mi chiede qualche cosa della mia, si compiace della nostra presenza, si lamenta per la sua acconciatura che non è più quella di una volta, mi mostra orgogliosa la foto del nipotino, compiliamo insieme il menù per il giorno dopo, mi offre uno spicchio del mandarino che stava mangiando, si rammarica per le troppe giornate trascorse in quell’ospedale, in quel reparto, in quel letto e, senza accorgermene, vidi che erano trascorsi circa quaranta minuti. Al chè, prima di congedarmi, chiesi se potevo fare qualche cosa d’altro per lei, e la risposta che mi diede fu: “Si, qualche cosa la può fare: Sabato prossimo vorrei che tornasse a trovarmi, ci terrei molto. Verrà?” E come fai a dire di no? Anche con tutti gli impegni che ti puoi ritrovare, il tempo per una visita lo trovi, in un modo o nell’altro. Francesca Volontaria AVO da Marzo 2012 Reparto di Oncologia Il confine Mi avvicino all’ultima stanza del reparto, una stanza singola con la porta socchiusa. Dal carrellino, posizionato nel corridoio di fianco all’entrata, prendo una mascherina e un paio di guanti in lattice, misure precauzionali a tutela del paziente che, a causa del degrado nello stato fisico, ha le difese immunitarie abbassate. Entro con discrezione e vedo sul letto, distesa, quella signora di mezza età con la quale avevo parlato in più occasioni nelle settimane passate; già due settimane fa non voleva saperne di compilare il menù del giorno successivo, diceva di provare nausea solo al pensiero del cibo. Dovetti insistere un po’ per convincerla, facendole presente che la compilazione non implicava necessariamente il dover mangiare, ma solo il tutelarsi nel caso, il giorno dopo, avesse avuto un po’ di appetito. Otto giorni fa, invece, non se la sentiva nemmeno di parlare; il suo sguardo era serioso, il tono di voce preoccupato, come di chi si ritrova a dover fare i conti con l’ultimo, grande problema, al che mi congedai con discrezione e passai ad un altro paziente. Ora la ritrovo in stato di semi incoscienza, la mascherina dell’ossigeno che attenua lievemente il respiro affannoso. Mi avvicino, la chiamo per nome, ma senza avere risposta; gli occhi hanno perso quella lucidità dei giorni passati, la pupilla è opaca, e guardano verso chissà quale direzione. Prendo la mano della paziente e lentamente mi accorgo che le pupille assumono un contorno più definito, segno che la signora ha avvertito il contatto fisico; provo a chiamarla nuovamente e lei reagisce con un fiacco lamento, chissà cosa avrebbe voluto dire. L’infermiera, poco prima mi aveva avvertito che questa paziente probabilmente non sarebbe arrivata a sera e che poco prima le era stata data l’estrema unzione. Guardando l’opacità di quegli occhi e l’immobilismo di quel corpo, non posso non avvertire, immaginare, ciò che quella persona, in punto di morte, sta provando. “… Immagino un’immensa difficoltà nel mantenere un minimo di contatto con ciò che mi circonda, la fatica nell’interpretare i segnali che provengono da quel mondo che tra non molto non mi apparterrà più, l’incredulità che tutto questo sta accadendo proprio a me, il domandarmi se sto vivendo un sogno o sono veramente alla fine del mio cammino. Vedo delle ombre muoversi ma non le distinguo, sento una voce che mi dice qualche cosa ma non ne capisco le parole, avverto il calore di una mano che stringe la mia ma senza sapere di chi. Il continuo conflitto tra la tentazione di abbandonarmi a questo stato di apatia, preludio della fine, e la non accettazione di questo destino orribile che vuole strapparmi a tutto e a tutti; l’incapacità di reagire, quel senso di impotenza che non ti permette nemmeno di affrontare con lucidità il tuo destino, in una terribile altalena tra incoscienza e paura di morire. Ciò che percepisco attorno a me è reale o è solo un’aberrazione di suoni, odori, colori? La paura e la solitudine sono le sole cose che continuano ad essere presenti, ad accompagnarmi, incuranti di tutto il resto, sempre più forti e vigorose, immuni da ogni mio tentativo di scacciarle, e quel che resta della mia capacità di realizzare è ciò che rimane ancora della mia vita…”. Forse è questo ciò che la paziente sta provando o, forse, qualcosa di mille volte peggio. Franco Volontario AVO da Settembre 2011 Reparto di Ortopedia Fisarmonica L'aria un po' triste di chi ha un destino difficile e non lo accetta, non lo capisce, è un po' rassegnato e aspetta per vedere che succede. All'inizio fai fatica a dare confidenza, cerchi di concentrarti sul menu da riempire: ma poi piano piano parliamo, e mi racconti tante cose. L'operazione all'anca fatta, che ora ti duole anche l'altra, che vorresti operarti. Mi parli dei lavori che hai fatto: muratore, agricoltore, pescatore di vongole. Ora la pensione! Abiti molto in provincia, ma parli italiano: io ci metto un po' di dialetto, ma tu continui in italiano, così mi adeguo. E un po' alla volta viene fuori il motivo della delusione: sei stato uno sportivo, correvi, hai fatto judo, non fumavi, non bevevi, eri donatore di sangue! Un po' di tristezza, un po' di rassegnazione, ma la voglia di venirne fuori c'è: hai voglia di tornare al tuo gruppo di canti popolari, alla tua fisarmonica, con cui ti piace allietare la gente, creare allegria e serenità, sentirti dire grazie dalla gente che vi sente e si diverte con voi. E ora vorresti che quella fisarmonica che allieta suonasse per te, ti facesse felice per scacciare un po' di malinconia. Suonerà ancora, se ci sarà un po' di fortuna, e tu tornerai a farla muovere, a pigiare i tasti! Non sappiamo perché ci capita un destino avverso, non lo si merita o meno: capita, e la musica che abbiamo dentro può aiutarci a reagire ... Giuseppe Volontario AVO da Settembre 2011 Reparto di Pediatria Giulia I racconti seguenti fanno riferimento ad un unico caso vissuto da più volontari nel reparto di Pediatria; si tratta di una neonata, affetta da sindrome d Down e abbandonata dalla giovanissima madre indigente. I due racconti sono esposti da due prospettive differenti: quella del volontario e quella, immaginata, della piccola paziente. Il nome è naturalmente di fantasia, ma la storia, le impressioni e le sensazioni sono reali. Giulia. Questo il suo nome. Lo hanno scelto le infermiere, la giovane mamma non ne ha avuto il tempo, ed è fuggita dopo il parto. Giulia è sola ma non piange, mi guarda con quegli occhioni a mandorla e dorme serena, avvolta dal mio braccio e da una coperta rosa. Guardo questo caldo fagottino, inerme, e non posso fare a meno di chiedermi cosa starà pensando,sognando,sentendo. Per me solo una gran pace dentro, sono con lei, interamente e solamente qui con lei, persa nel suo tepore. La cullo, cammino quasi danzando, lentamente nella sala , le canto qualcosa improvvisando suoni bisbigliati … ho paura di svegliarla e d’interrompere l’incanto. Non sento più il braccio ... e se mi cade? Meglio sedersi. Sorrido da sola e le accarezzo a lungo la testa e le piccole orecchie buffe. Sorrido all’infermiera e chiedo come sta questa piccolina: “… tutto bene, sta benissimo”. Giulia apre gli occhi e mi sorride. Sono certa che ringrazia tutti noi volontari che ci stiamo prendendo cura di lei ogni giorno per garantirle quel minimo contatto umano che i medici hanno richiesto, perché importante per la sua crescita. Ha bisogno di contatto. Anche noi abbiamo bisogno di contatto. Comunicare senza parlare. È arrivata la collega a darmi il cambio! ... esco contenta da quell’atmosfera ovattata con una strana sensazione di sazietà..cos’ho mangiato? Grazie Giulia! Michela Volontario AVO da Febbraio 2013 "Ciao, sono Giulia. E' la prima volta che ci vediamo, quindi mi pare giusto presentarsi. E' un po' che sono qua, non so ancora contare, le signorine dicono sia più di un mese: è tanto o è poco? Non lo so. So che dopo un po' che ero qua ho notato che gli altri bimbi con cui dormo venivano visitati ogni giorno da una donna e da un uomo, che mi sembra chiamino mamma e papà, mentre io venivo presa in braccio solo dalle signorine. Allora ho iniziato a protestare un po': qualche strillo qua e là, qualche sguardo un po' strano mandato alle signorine e ... la cosa ha funzionato! Hanno iniziato a venirmi a trovare prima alcune donne e oggi finalmente anche un uomo: senza offesa, speravo un po' più bello ... Dai, scherzo, non te la prendere !!! Vedi che ad aspettare e a protestare al momento giusto si ottiene ciò che si vuole? Ora sono più fortunata degli altri bimbi perché loro hanno solo una mamma e un papà, io ne ho tanti, tutti diversi, e quando vengono mi coccolano e mi tengono sempre in braccio. E' bello stare in braccio: le lenzuola sono sempre un po' fredde, mentre tra le braccia senti il caldo e poi senti muovere allo stesso modo che sento muovere il mio petto! Bello! Fin che cercavo di dormire, ho sentito una signorina dirti che ho altri due motivi per sentirmi fortunata: uno è essere arrivata qui, e l'altro che la mia mamma mi abbia lasciato qui. Vorrei capire meglio: lei dice che quelli con questa cosa che ho ("sindrome di daun" è possibile si chiami così?) ormai i bimbi non arrivano più qui. Ma dove vanno? Dice che le mamme e i papà decidono di non andare avanti. Ma dove vanno? Boh ci sarà un posto che però deve essere più brutto di questo, visto che io sono fortunata ad essere qua. E poi, perché sono fortunata se la mia mamma mi ha lasciata qui? Lei dice che è stato meglio così. Avrei rischiato di girovagare sempre ed effettivamente con questo freddo non avrei avuto tanta voglia di girare: qui si sta al caldo, mi danno il latte caldo, quando faccio la cacca mi puliscono, mi prendono in braccio, mi coccolano, cosa voglio di più? Beh, posso confermare, sono fortunata! Posso farti una domanda? Ma sarà sempre così? Beh non è male, ma sto latte un po' mi fa male alla pancia: non è che si può mangiare qualcos'altro? Cosa fai, mi metti giù? Tra le lenzuola fredde? Dai, mi fido di te: sicuramente starai andando a cercare qualcosa da mangiare che non faccia male alla pancia!" Antonio Volontario AVO da Febbraio 2013 6. INFORMAZIONI Per saperne di più: AVO Rovigo: http://www.azisanrovigo.it/nqcontent.cfm?a_id=29171 AVO Giovani: http://www.avogiovani.it/ Link utili: Federavo: http://www.federavo.it/ AVO Veneto: http://www.avoveneto.org/ Centro di Servizio per il Volontariato di Rovigo (CSV): http://www.csvrovigo.it/ Ospedale “Santa Maria della Misericordia” di Rovigo: http://www.azisanrovigo.it/nqcontent.cfm?a_id=1155 Ospedale “San Luca” di Trecenta: http://www.azisanrovigo.it/nqcontent.cfm?a_id=1128 Vuoi contattarci? Scrivici a [email protected]