Pax, il rabdomante A forza di ribellioni, Pax si era rivoltato da ogni
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Pax, il rabdomante A forza di ribellioni, Pax si era rivoltato da ogni
Pax, il rabdomante A forza di ribellioni, Pax si era rivoltato da ogni parte: più nulla ne usciva. Cavalcando fieramente la sua radicale contestazione, era arrivato al punto di non sapere più chi e che cosa fosse stato al principio: in quale posto l'avessero condotto le sue incursioni. Non aveva mai accettato il fatto di essere stato formato da una cultura che praticava il contrario dei suoi pomposi ideali. Aveva quindici anni, e da quattro la sua famiglia lo piangeva per morto. Apparteneva alla banda dei “Rabdomanti” terrore dei commercianti e delle tonache cattoliche. Viveva in una città del mediterraneo, dove non vi faceva quasi mai freddo, ed abitava in un battello demolito, tra i ferri vecchi di un cimitero delle auto, in periferia. Pax e i Rabdomanti si opponevano agli “Spaventosi”, che a loro volta odiavano le femmine ed i maschi della razza umana, essendo essi nati da un incubo ad occhi aperti. I Rabdomanti si sforzavano di costruire. Gli Spaventosi neppure distruggevano: annullavano di un tratto! I Rabdomanti arrivavano carichi di frutta e verdura, si piazzavano di fronte ad un supermercato ed iniziavano una distribuzione gratuita, provocando la ressa tra i passanti. I commercianti cominciavano a ragliare, andando a stuzzicare il timpano del meno addormentato degli sbirri al commissionario, che una volta allertato, si presentava in forze. A quel punto i nostri tagliavano la corda, non prima di aver lasciato al suolo qualche buccia di banana: una “madama”, non ancora del tutto “agente”, sarebbe sicuramente scivolata. La “Tre Carciofi” batteva una bandiera indecifrabile. Molto tempo era trascorso dall'ultima volta che era stata scrostata la merda di gabbiano che la ricopriva: nemmeno più sventolava, rimaneva rigida! Il suo carico era vario: vi era del tè in scatola, dei maiali, che avevano visto giorni migliori e dei giocattoli meccanici: certi robots, animali con le ruote e bambole. Quegli oggetti potevano muoversi grazie all'installazione di batterie auto-rigeneranti. Nel tè, vi era soltanto del tè; nei maiali, nemmeno più il ricordo del buon vecchio letame; ma nei giocattoli, invece, c'era dell'eroina. I Rabdomanti, saliti a bordo grazie a dei molloni sottomarini di loro invenzione, avevano attivato i giocattoli, che una volta usciti dalla stiva, cominciarono a raggiungere l'ammasso di rifiuti che li attendeva sul fondo del mare e, una volta accostato il molo, si riversarono a terra, tra i disperati sguardi del capitano. Anche a quell'ora tarda della della notte, al porto c'era gente. Alcuni tentavano di afferrare una bambola, altri ridevano divertiti e uno calpestava l'auto di Topolino, dalla quale, però, la preziosa polvere bianca iniziava ad uscire. Ancora una volta la sveglia dovette suonare al commissariato, poiché, appena un quarto d'ora più tardi, tutto l'equipaggiamento faceva la coda, di fronte a cellette imprigionanti! I Rabdomanti erano un popolo eterogeneo. Vi era il tossicomane, che si diceva: “Considerando il lato intellettuale della cosa, ora io mi sento male, perchè il programma che ho inserito per farmi funzionare, è una schifezza! E pure lo sprecato, in profondo dialogo con l'anima eterna.:.: “Un giorno o l'altro il menefreghismo finirà, e allora...” “Come?” “Dice a me?” “Oh! Scusa...Sono io! A volte non mi riconosco!” “Ehi! Mi hai fatto paura!” Pax meditava, seduto e assorto. Attraverso il rilassamento tentava di separarsi dalla mente, a tratti riuscendovi. “Voglio trasformarmi; staccarmi dalle opinioni, dai pareri, cerco un cambiamento interiore... parti di me si dissolvono attraverso le geometrie rosso e blu della tenda...” Stava guardando un fiore; ne seguiva i contorni, senza riflettere, oltre i giudizi. Pax era lontano dai propri pensieri, dal passato; anche la sua identità svaniva. Si muoveva in uno spazio dove egli e il vegetale non erano che forme, nel vuoto di un infinito momento presente. Poi, una lacrima cadeva; ed ecco risorgere le immagini, le parole... “Sono triste... Questo lento scorrere sul volto mi distoglie dall'assenza; sento l'umidità scendere sullo zigomo. Riemergo...” Connessioni tra le cose e riferimenti dall'esperienza poco a poco riapparivano: frutti del suo “ego”: creatura dell'apprendimento e retaggio della sua stirpe. Da tanto quel personaggio aveva vinto la lotta per il territorio; già bazzicava tra i suoi antenati: era un ostacolo difficile da sormontare. Gli Spaventosi avevano appena obbligato una vecchia donna a deglutire una manciata di cottoli: essa aveva aperto la porta di casa a due delle loro donne che domandavano dell'acqua da bere. Con le pietre inghiottì pure la metà della dentiera fracassata, e il tutto ferì talmente il suo organismo che, mugolando poco dopo schiattò. A quel modo, andavano le cose... (1998)