Piano di Zona RI-1
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Piano di Zona RI-1
DISTRETTO SOCIO-SANITARIO RIETI 1 Piano di zona sociale Anno 2011 Comuni di: Ascrea Belmonte Cantalice Castel di Tora Cittaducale Collalto Sabino Colle di Tora Collegiove Colli sul Velino Contigliano Greccio Labro Leonessa Longone Sabino Monte S. Giovanni Montenero Sabino Morro Nespolo Paganico Poggio Bustone Rieti (Capofila) Rivodutri Rocca Sinibalda Torricella in Sabina Turania Anno 2011 1 INDICE INTRODUZIONE ............................................................................................................................................................... 3 PARTE PRIMA ................................................................................................................................................................ 5 L’ASSETTO ORGANIZZATIVO-GESTIONALE DEL PIANO DI ZONA ...................................................................................... 5 L’INTEGRAZIONE TRA SOCIALE E SANITARIO .................................................................................................................. 8 IL CONTRIBUTO DEL TERZO SETTORE ............................................................................................................................. 9 OBIETTIVI E PRIORITÀ DEL PIANO ................................................................................................................................. 10 LE PRIORITA’ DI INTERVENTO ....................................................................................................................................... 12 PARTE SECONDA ........................................................................................................................................................ 15 IL CONTESTO TERRITORIALE ......................................................................................................................................... 15 RESPONSABILITA’ FAMILIARI, DIRITTI DELL’INFANZIA E DELL’ADOLESCENZA: SITUAZIONE, OBIETTIVI E PRIORITÀ DI INTERVENTO ................................................................................................................................................................. 19 AREA ANZIANI: SITUAZIONE, OBIETTIVI E PRIORITÀ DI INTERVENTO ............................................................................ 27 DISABILITÀ, CONTRASTO ALLA POVERTÀ E ALL’ESCLUSIONE SOCIALE: SITUAZIONE, OBIETTIVI E PRIORITÀ DI INTERVENTO ................................................................................................................................................................. 32 IMMIGRATI: SITUAZIONE, OBIETTIVI E PRIORITÀ DI INTERVENTO .................................................................................. 42 PARTE TERZA .............................................................................................................................................................. 48 SCHEDE PROGETTUALI ................................................................................................................................................. 48 1. PROGETTO UFFICIO DI PIANO ................................................................................................................................... 49 2. PROGETTO CASE ALLOGGIO PER DISAGIATI PSICHICI ................................................................................................. 54 3. PROGETTO CENTRO SOCIO – RIABILITATIVO “SIMONETTA RIGLIANI” ....................................................................... 58 4. PROGETTO ASSISTENZA DOMICILIARE DI BASE .......................................................................................................... 62 5. PROGETTO SEGRETARIATO SOCIALE.......................................................................................................................... 66 6. PROGETTO CENTRI CREATIVI E RICREATIVI ............................................................................................................... 72 7. PROGETTO LEGGE 162/98 ......................................................................................................................................... 76 8. PROGETTO IPPOTERAPIA PER DISABILI ...................................................................................................................... 80 9. CRESCERE INSIEME (LEGGE L. 286/98)..................................................................................................................... 84 MINIPIANO PER I PICCOLI COMUNI ................................................................................................................................ 90 PIANO DISTRETTUALE PER L’AFFIDAMENTO FAMILIARE ............................................................................................... 94 PIANO DISTRETTUALE PER LE TOSSICODIPENDENZE (LEGGE 309/90).......................................................................... 107 SOGGIORNI ESTIVI E WEEK-END DI SOLLIEVO IN LUOGHI DI VILLEGGIATURA PER DISABILI IN ETÀ EVOLUTIVA E ADULTI ................................................................................................................................................................................... 118 PUNTO UNICO DI ACCESSO (PUA) ............................................................................................................................... 119 PROGETTI DELLE ASSOCIAZIONI DI VOLONTARIATO NON RIENTRANTI NEL BUDGET DI DISTRETTO MA CHE MERITEREBBERO DI ESSERE FINANZIATI VISTO L’ALTO VALORE PER IL TERRITORIO .............................................................................................................................................................. 128 PARTE QUARTA ........................................................................................................................................................ 129 PROSPETTO RIEPILOGATIVO PROGETTI FINANZIABILI............................................................................... 129 ALLEGATI AL PIANO DI ZONA. ACCORDO DI PROGRAMMA, VERBALE DELL’ASSEMBLEA DEI SINDACI DI APPROVAZIONE DEL PIANO DI ZONA E DELL’ACCORDO DI PROGRAMMA, VERBALI DELLE RIUNIONI CON IL TERZO SETTORE E DELLA CONCERTAZIONE CON I SINDACATI .......... 131 ACCORDO DI PROGRAMMA ................................................................................................................................ 132 2 Introduzione Anche per questo anno si presenta il Piano di Zona del distretto Ri1 che, a differenza del passato, è pianificato per una sola annualità, di contro alla triennalizzazione che lo ha caratterizzato nelle precedenti realizzazioni. Questa differenza rimanda a novità imminenti che la Regione Lazio ha deciso di introdurre e che produrranno sostanziali, ancorché auspicate, innovazioni volte a rendere sempre più efficace ed efficiente la gestione dei Piani di Zona. Proprio quest ultimo aspetto è particolarmente sentito nel distretto di Rieti 1, in cui su 25 comuni che lo compongono, uno, Rieti stesso, ha poco più di 47.000 abitanti, mentre 19 hanno meno di 2.000 abitanti. Questa disparità costitutiva, cui proprio la legge 328/00 cerca di far fronte puntando sulla compartecipazione di tutti, ha creato in questi anni non poche difficoltà, sia in sede di organizzazione e gestione delle attività progettate, che in quella di compartecipazione alla spesa da parte degli enti locali, specie in regime di risorse sempre più scarse e disponibili con notevoli ritardi. Permangono, quindi, le difficoltà già segnalate in passato e legate al fatto che il budget finanziario negli anni si è mantenuto sostanzialmente inalterato cosicché, a fronte di iniziative positive che stanno affrontando problemi particolarmente sentiti nel territorio, risulta al momento impossibile riuscire a progettare iniziative diverse. Nel corso di questi anni si sono realizzate una serie di attività diversificate, volte non solo alla gestione del Piano, ma anche al controllo della spesa e al monitoraggio delle attività: tutto questo nella consapevolezza che l’unico modo certo per contrastare il declino dei finanziamenti nazionali e regionali a favore delle Politiche Sociali, fosse quello di garantire la spesa e gli interventi, attraverso un’attenta valutazione sia delle voci di spesa che delle attività intraprese, nella loro efficacia, nell’efficienza e nell’economicità. Tutto questo, in sintesi, è consistito in: 1. aggiornamento dei dati concernenti le spese e le iniziative dei comuni nel settore socio-assistenziale; 2. integrazione all’interno del Piano di Zona dei minipiani realizzati in base ai finanziamenti erogati nel corso dell’anno, relative ai “Contributi a favore dei piccoli comuni per le emergenze socioassistenziali” e al “Fondo per l’Affido”; 3. monitoraggio dei servizi attivati con i Piano di Zona; 4. consultazione delle realtà del Terzo Settore operanti nel territorio; 5. concertazione con le OO.SS. Per quanto riguarda il Piano che qui si presenta, nella versione annuale 2011, emrge una sostanziale continuità rispetto al passato. Ciò per ottemperare alle richieste della Regione, e di cui si è detto, ma soprattutto per dare continuità a servizi rivelatisi fondamentali per il distretto e che hanno fornito assistenza e sollievo a numerose persone e famiglie bisognose. Nella sua forma il piano si suddivide in quattro parti: 1. una prima parte presenta l’assetto organizzativo che consente la realizzazione del Piano di Zona, l’integrazione Socio-sanitaria e gli obiettivi strategici che ci si propone di raggiungere nei prossimi anni; 2. la seconda parte presenta il territorio (sia dal punto di vista morfologico che demografico), analizza i bisogni del territorio attraverso specifiche aree tematiche (minori e responsabilità familiari, anziani, disabili, povertà ed esclusione sociale, immigrati); 3. la terza parte è dedicata ai progetti posti in essere per il raggiungimento degli obiettivi iniziali – compresi i minipiani per i piccoli comuni e per l’Affido; 4. infine, la quarta e ultima parte, presenta i prospetti finanziari e le rendicontazioni annuali riferite agli anni precedenti. 3 In merito al monitoraggio delle azioni finanziate con il PDZ nella rilevazione ci si è mossi secondo la logica della valutazione in itinere con l’obiettivo di: a) verificare l’attivazione dei progetti nella loro interezza; b) rilevare l’eventuale scarto tra quanto programmato e quanto in corso di realizzazione; c) valutare la possibilità di realizzare delle economie di scala. Come ogni anno si è provveduto all’aggiornamento della banca-dati relativa ai servizi e alle strutture attivate nei 25 comuni del distretto e delle iniziative attivate e svolte dalle associazioni del Terzo Settore. Questo consente di delineare con maggiore precisione il quadro dell’offerta di interventi e servizi sociali, alla luce di una più approfondita analisi dei bisogni da realizzarsi con il concorso delle realtà associazionistiche. La speranza e l’augurio è che in questo contesto di profonda crisi economica – di cui il territorio reatino risente in misura significativa – si possa continuare a dare soddisfazione ai diritti di cittadinanza, così come questo Distretto – rispetto al quale chi scrive ha l’onere del coordinamento – ha cercato di fare in questi anni, mostrando, pur nella differenza di appartenenze politiche che hanno caratterizzato le diverse amministrazioni componenti, un’unità di intenti e un senso di responsabilità orientato a garantire al maggior numero di persone residenti nel distretto, la certezza dei diritti e il sollievo dal bisogno, indipendentemente dal Comune in cui questi risiedono: nel pieno spirito della legge 328/00. ASSESSORE ALLE POLITICHE SOCIALI DEL COMUNE CAPOFILA DEL DISTRETTO DI RIETI/1 Prof. Ettore Saletti 4 PARTE PRIMA L’assetto organizzativo-gestionale del piano di zona L’assetto organizzativo complessivo del Piano di Zona, rimanda ai seguenti livelli ed organismi: a) b) c) un coordinamento politico di ambito distrettuale, il Comitato dei Sindaci, che sovrintende alle diverse fasi della predisposizione e della gestione del Piano di zona e dell'Accordo di programma, provvedendo a precisare ruoli e funzioni dei diversi organi, a individuare il Comune capofila e i suoi compiti, la composizione e le competenze di un organismo tecnico di supporto; un tavolo tecnico per il Piano di zona, con funzioni di presidio della funzione di realizzazione e attuazione del Piano e delle relative attività di monitoraggio e valutazione; un tavolo di regia, denominato Ufficio di Piano, che ha il compito di coordinare l’intera fase di redazione del piano di zona e di fare da connessione tra la componente politica e quella tecnica. La metodologia di lavoro La predisposizione del presente “Piano di Zona per l’anno 2011” è stata effettuata in coerenza con quanto disposto dall’art. 19 della Legge 28 Novembre 2000, n. 328, dalla legge Regionale 9 Settembre 1996 n. 38, della deliberazione di Giunta Regionale n. 500 del 03.08.2006 e della deliberazione di Giunta Regionale n. 202 del 06.05.2011. Il presente Piano di Zona è stato realizzato con il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali nella fase di concertazione e delle organizzazioni del Terzo Settore con funzioni di consultazione, così come previsto dalla citata delibera regionale. La sua redazione è stata curata dall’Ufficio di Piano, costituito ed operante dall’anno 2005, con la collaborazione del Forum degli Assessorati. L’ufficio Di Piano Nel 1999, nell’ambito di una sperimentazione per la gestione integrata dei servizi socio – sanitari promossa dalla Regione Lazio con individuazione del Comune di Greccio quale Comune Capofila, fu previsto e costituito un Gruppo Tecnico di lavoro costituito da n. 4 unità, per la pianificazione dei servizi e degli interventi da attivare a livello locale e specificatamente dei dodici comuni ricompresi nell’area di sperimentazione (Cittaducale, Colli sul Velino, Contigliano Greccio, Labro, Leonessa, Monte San Giovanni in Sabina, Montenero Sabino, Torricella, Roccasinibalda, Belmonte e Longone). Durante la suddetta fase di sperimentazione furono individuati i LIVEAS (livelli essenziali di assistenza socio-sanitaria) e avviati i relativi servizi (ADI, Centro Riabilitativo, Segretariato Sociale, Case Alloggio), alcuni dei quali già preesistenti e che negli anni a venire furono tuttavia inseriti a corredo dei Piani di Zona di cui all’art. 19 della legge 328/2000. Successivamente, negli anni 2002 e 2003, a seguito di diverse trasformazioni, l’ambito territoriale fu rimodulato sul Distretto Rieti/1 composto di n. 25 comuni (Ascrea, Belmonte, Cantalice, Castel di Tora, Cittaducale, Collalto Sabino, Colle di Tora, Collegiove, Colli sul Velino, Contigliano, Greccio, Labro, Leonessa, Longone Sabino, Monte San Giovanni in Sabina, 5 Montenero Sabino, Morro Reatino, Nespolo, Paganico Sabino, Poggio Bustone, Rieti, Rivodutri, Roccasinibalda, Torricella in Sabina, Turania) e il ruolo di Comune capofila, a decorrere dall’anno 2004, trasferito al Comune di Rieti. Di conseguenza, è stato rimodulato anche l’originario Ufficio Tecnico per adattarlo alle nuove, crescenti e diversificate esigenze. Alle quattro unità iniziali ne sono state aggiunte altre nove per un totale di tredici, di cui una con funzione di Coordinatore. Dal 2005 quindi l’Ufficio di piano è operativo. Giusto quanto previsto dall’art. 22 della legge 328/2000 e successive modificazioni, l’Ufficio di Piano, nell’anno 2011, è così composto: Falconi Luca Impiegato amm.vo del Comune di Leonessa (Coordinatore dell’Ufficio di Piano) Becci Paola Funzionario – Assistente Sociale - Capo Ufficio Assistenza sociale del Comune di Rieti (Comune Capofila) Ceccarelli Sonia Impiegata amm.va del Comune di Greccio Nicoli Tiziana Impiegata amm.va del Comune di Greccio Santoni Marcella Impiegata amm.va del Comune di Monte San Giovanni De Santis Anna Assistente sociale dell’ Azienda USL di Rieti Di Sisto Lina Collaboratore Amministrativo del Comune di Rieti (Comune Capofila) Foffi Maddalena Collaboratore Amministrativo del Comune di Rieti (Comune Capofila) Piagnerelli Fabrizio Collaboratore Amministrativo del Comune di Rieti (Comune Capofila) Cappelli Catia Collaboratore Amministrativo del Comune di Rieti (Comune Capofila) Imperatori Michela Assistente sociale del Comune di Colle di Tora Novelli Fabiola Assistente sociale del Comune di Colle di Tora Dionisi Antonella Collaboratore Amministrativo del Comune di Rieti (Comune Capofila) L’attività dell’organo tecnico Nel corso del 2011 l’attività dell’Ufficio di Piano si è sviluppata in una duplice direzione: 1) Attività di progettazione di distretto con i fondi messi a disposizione dalla Regione Lazio; 2) Attività amministrativa volta all’attivazione, gestione e/o prosecuzione dei servizi. L’attività di cui al punto 1), propedeutica all’attività di programmazione si è concentrata, ovviamente, sull’aggiornamento e l’analisi dei dati sui bisogni delle risorse presenti sul territorio. Nel corso dell’anno di riferimento il suddetto Ufficio di Piano, i cui componenti sono stati individuati tenuto conto dei fabbisogni di gruppi di comuni disaggregati e della loro disomogeneità, ha: provveduto al reperimento di imprescindibili dati da collocare all’interno del Piano di Zona al fine di individuare le criticità ed i fabbisogni di interventi a livello distrettuale; 6 consentito la prosecuzione dei servizi avviati sul distretto provvedendo alla redazione e stesura di tutti gli atti necessari (bandi di gara, capitolati, pagamenti, ed altri atti amministrativi conseguenti e conseguenziali). L’attività amministrativa di cui al punto 2) è consistita in un’attività di supporto alle scelte di politica sociale operate dai Comuni. Nello specifico, si è provveduto a porre in essere tutte le procedure giuridico - amministrative prescritte dalla legge sia per l’attivazione di nuovi servizi che per la prosecuzione di quelli già esistenti (deliberazioni, determinazioni, bandi di gara, capitolati speciali di appalto, verbali e contratti di aggiudicazione, verifica e controllo fatture, liquidazioni, pagamenti, monitoraggio dell’attivazione e prosecuzione dei servizi e rispettiva rendicontazione, ecc.). In tale attività rientra anche quella di supporto al Comitato dei Sindaci relativamente alla sua convocazione, alla redazione degli ordini del giorno, alla stesura verbali delle decisioni adottate e alla conseguente attivazione delle relative scelte, alle comunicazioni agli enti interessati. Strumenti di lavoro Il reperimento dei dati è consistito nell’invio e nella raccolta presso tutti i comuni del distretto dei dati aggiornati rispetto alle attività da questi svolti in campo socio-assistenziale. Ciò ha consentito di mantenere attiva la rete organizzativa e progettuale a partire dall’analisi effettiva dei bisogni e delle risorse ma anche di tenere in vita rapporti collaborativi e funzionali che andassero oltre la mera richiesta di dati statistici. A questa attività è stata affiancata, in via complementare, l’utilizzazione degli strumenti di seguito indicati: La conoscenza diretta del territorio da parte dei componenti l’Ufficio di Piano; Una scheda di rilevazione di base per una prima analisi dei bisogni per macroaree con riferimento all’esistente ed alle carenze; la richiesta dei dati relativi alle tipologie di spese e di entrate in grado di sintetizzare l’attività sociale e la tipologia dei servizi forniti in vista di una migliore riallocazione delle disponibilità. Quanto sopra potrà condurre ad una moltiplicazione delle risorse umane a disposizione, soprattutto per quei servizi che non richiedono alte specializzazioni, alla condivisione di obiettivi comuni con un maggiore impatto territoriale, alla creazione di reti di monitoraggio per l’analisi continua e periodica dei bisogni tesa al miglioramento qualitativo dei servizi, alla valorizzazione della popolazione, soprattutto anziana, con l’attribuzione di ruoli sociali riconosciuti e all’affidamento di obiettivi specifici nell’ambito di una pianificazione strategica. 7 L’integrazione tra sociale e sanitario L’integrazione tra servizi sociali e sanitari nel nostro Distretto costituisce una delle principali sfide per la costruzione del sistema integrato prefigurato dalla legge n. 328/2000 . Le linee guida per l’elaborazione del Piano di Zona hanno specificato tutte le caratteristiche e l’impiego del fondo nazionale e di quello regionale . Lo scenario in cui si collocano le riflessioni e gli orientamenti contenuti in questo Piano di Zona si caratterizza per alcuni elementi essenziali: 1) ruolo centrale dei Comuni, che si esprime nella dimensione distrettuale, nel governo del sistema complessivo di servizi; 2) elaborazione programmatica rispondente a principi di integrazione e collaborazione tra soggetti diversi. Si è trattato, quindi, da parte degli Enti locali, di abbandonare in questi anni la logica della delega e di assumere pienamente la responsabilità di governo relativamente alla programmazione, progettazione e realizzazione del sistema locale dei servizi sociali, valorizzando e promuovendo la dialettica e l’interazione con l’Azienda Sanitaria che si è espressa delineando, in questo settore e per tutti i distretti, politiche sociali unitarie, sviluppando il concorso degli altri soggetti del territorio, in particolare del Terzo Settore. L’accordo di programma del 1° distretto ha previsto l’integrazione con l’azienda ASL all’interno delle strutture organizzative dell’accordo di programma stesso (Assemblea dei Sindaci e Ufficio di Piano). Possibili Strumenti e percorsi di integrazione istituzionale I Comuni del Distretto, si sono impegnati con l’Azienda USL nella stesura di un Protocollo operativo per singoli argomenti al fine di sancire un rapporto istituzionale basato sui principi della collaborazione, dell’integrazione e del coordinamento. L’obiettivo finale consiste nella definizione delle modalità di governo integrato del sistema di servizi e delle linee guida per tutti i cinque distretti socio-sanitari della Provincia di Rieti, per una declinazione tecnico-operativa ad esso funzionale e coerente . Sembra, quindi, di poter sottolineare fin d’ora l’importanza del percorso condiviso di elaborazione per una migliore integrazione organizzativa e operativa dei servizi sociali con l’obiettivo anche di definire modelli operativi di integrazione per tutti e 5 i distretti socio sanitari . Il protocollo d’intesa è orientato al perseguimento dei seguenti obiettivi e finalità: a) individuare criteri condivisi di definizione del sistema di offerta di servizi, modalità di accesso ai servizi stessi e forme di presa in carico integrata; b) enucleare precise e specifiche situazioni nelle quali si renda necessario prevedere ed impostare modalità di raccordo, di integrazione operativa e di valutazione dell’offerta di servizi, anche attraverso équipe di lavoro integrate . c) creare elementi di continuità e consequenzialità fra distinte situazioni assistenziali di natura sociale e sanitaria, spesso però legate da rapporti di interdipendenza. 8 Il contributo del Terzo Settore La legge 328/00 prevede che gli enti locali sono tenuti a riconoscere e agevolare “il ruolo degli organismi non lucrativi di utilità sociale, degli organismi della cooperazione, delle associazioni e degli enti di promozione sociale, delle fondazioni e degli enti di patronato, delle organizzazioni di volontariato […] operanti nel settore nella programmazione, nella organizzazione e nella gestione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”, tanto che “alla gestione ed all’offerta dei servizi provvedono soggetti pubblici nonché, in qualità di soggetti attivi nella progettazione e nella realizzazione concertata degli interventi, organismi non lucrativi di utilità sociale, organismi della cooperazione, organizzazioni di volontariato, associazioni ed enti di promozione sociale, fondazioni, enti di patronato e altri soggetti privati”. Questo principio, però, cozza con un dato di fatto acclarato, indipendente dalla volontà degli enti territoriali, ma tale da incidere pesantemente sulla praticabilità e la soddisfazione piena di quanto disposto dal dettato normativo: la progressiva erosione e il mantenimento costante negli anni dei fondi destinati alle politiche sociali. Questo fatto determina un vincolo insuperabile nelle fasi di programmazione e pianificazione delle politiche sociali. Infatti, dal momento che non è pensabile la soppressione dei servizi già finanziati nel Piano di Zona – dal momento che questi sono attivi e ben funzionamenti, rispondendo, tra l’altro, a pieno ad esigenze sentite nel territorio – pena il venir meno di strutture e iniziative strategiche per il benessere della popolazione del territorio, ne deriva che la pianificazione risulta bloccata, senza la possibilità di venire incontro alle, pur legittime, aspirazioni delle realtà del Terzo Settore. Ciò ha inciso profondamente sulla possibilità di far funzionare i tavoli tematici, dal momento che le associazioni li hanno sempre vissuti in questi anni come un onere che non consentiva loro di incidere quali protagonisti della gestione dei servizi del territorio e, quindi, senza alcuna speranza di vedersi assegnati dei fondi per svolgere le attività connesse con la loro mission. Rimane il fatto che le realtà del Terzo Settore continuano a rispondere, e dove possibile partecipare, ogni qual volta il distretto le invita a riunioni, incontri e alla progettazione di attività, tesimoniando, qualora ce ne fosse bisogno, dell’impegno da questi profuso nella realizzazione del “Sistema Integrato di Interventi e Servizi sociali” prefigurato dalla legge 328/00. 9 Obiettivi e priorità del piano Il Piano di Zona per il 2011 si pone l’obiettivo generale di dare continuità ai servizi già attivati nel territorio nel precedente triennio, anche alla luce della necessità di attuare una programmazione annuale, così come richiesto dalla Regione. Nella tabella che segue sono sintetizzati gli obiettivi strategici e le priorità di intervento di questo Piano di Zona Obiettivi strategici Lo sviluppo dell’integrazione, non solo sul versante socio-sanitario, ma anche della rete dei servizi e degli interventi nel distretto Il miglioramento dell’equità di accesso ai servizi Priorità di intervento Rafforzamento del segretariato sociale e del servizio sociale professionale Le politiche a sostegno della non autosufficienza e per la domiciliarità Le politiche a sostegno delle famiglie Economicità, Efficacia ed Efficienza in un Monitoraggio e valutazione continua dei servizi contesto di risorse sempre più ridotte e degli interventi OBIETTIVI STRATEGICI Obiettivo 1 Lo sviluppo dell’integrazione L’integrazione costituisce sicuramente la parola chiave dei Piani di Zona; poiché attraverso esso si tenta di concretizzare la logica del “sistema integrato degli interventi e dei servizi ” proposta dalla 328/00. La logica di “rete ” e lo sviluppo dell’integrazione costituiscono quindi i presupposti fondamentali per il miglioramento dei servizi. In particolare in questi anni l’integrazione è stata declinata su tre diversi livelli: territoriale e di comunità, delle politiche, istituzionale. L’integrazione territoriale e di comunità Nel rispetto dello spirito della 328/00 la dimensione istituzionale dei Piani di Zona non è sufficiente per affrontare le sfide poste in essere dalle esigenze di un territorio coinvolto da processi critici sia dal punto di visa demografico che economico. Facendo nostra l’idea di un welfare civile, relazionale, comunitario si è ritenuto indispensabile coinvolgere nella valutazione dei bisogni e nel monitoraggio dei servizi le Associazioni di volontariato in una logica di corresponsabilizzazione per la promozione di forme diffuse di solidarietà. L’ integrazione delle politiche Il respiro del nuovo welfare non può che essere ampio e lontano da logiche assistenzialistiche e marginalizzanti. Il sociale in senso stretto deve farsi socio sanitario, socio educativo; deve cercare collegamenti con l’urbanistica, le politiche per la casa, i trasporti; connettersi intimamente con gli interventi formativi e del lavoro. Va segnalato inoltre che con il Piano di zona vengono abbandonate le programmazioni che in precedenza avevano carattere settoriale (L. 285/97 su infanzia e adolescenza; D.Lvo 286/97 sull’immigrazione). 10 L’integrazione Istituzionale La costruzione della Zona sociale, come ambito privilegiato del sistema dell’offerta, è un processo complesso che va sviluppato con convinzione ma anche con gradualità e con un sensato riconoscimento delle peculiarità dei diversi ambiti territoriali. Pur con questi limiti è cresciuta significativamente la collaborazione sia a livello politico che sul piano tecnico. Obiettivo 2 Il miglioramento dell’equità di accesso ai servizi L’obiettivo dell’omogeneizzazione dei criteri di accesso alle prestazioni sociali agevolate del sistema integrato di servizi ed interventi sociali e socio-sanitari è perseguito attraverso l’utilizzo dell’ISEE come unico indicatore per la valutazione della situazione socio-economica del nucleo familiare ai fini della determinazione della compartecipazione alla spesa da parte degli utenti a tutti i servizi a domanda individuale e in tutti i Comuni del comprensorio. Detto obiettivo viene declinato attraverso: Individuazione di livelli di ISEE per l’accesso agli interventi di contrasto alla povertà e che garantiscono l’esenzione dalla contribuzione alla spesa dei servizi omogenei in ambito territoriale Introduzione di ulteriori parametri da coordinare con l’utilizzo dell’ISEE che consentano di valorizzare specificità o differenze date: ad es. dal risiedere in un dato territorio o dalla tipologia familiare (es. nucleo monoparentale, famiglia con disabili, famiglia multiproblematica ecc.); Sviluppo di modalità comuni e coordinate di controllo delle dichiarazioni ISEE; Sviluppo di un sistema informativo comune (anagrafe familiare) che consenta di monitorare le prestazioni sociali agevolate erogate per nucleo familiare anche al fine di distribuire più equamente le risorse tra i nuclei per intensità di bisogno. L’ulteriore obiettivo per migliorare l’equità di accesso al sistema attiene all’individuazione di standard di servizio omogenei per ambito territoriale. Detto obiettivo si realizza attraverso: sviluppo della qualità delle prestazioni in coerenza con il perseguimento dell’efficienza e dell’economicità della gestione; efficacia delle prestazioni attraverso qualità omogenea delle stesse; efficienza nell’uso delle risorse: omogeneità dei costi per le medesime prestazioni. Obiettivo 3 Economicità, Efficacia ed Efficienza in un contesto di risorse sempre più ridotte Coerentemente con quanto stabilito al punto precedente, in un contesto di risorse sempre più scarse, diviene indispensabile riuscire a realizzare le stesse prestazioni contando su risorse minori. Ciò rimanda ad una costante opera di raccolota di dati e informazioni rilevanti per la gestione delle Politiche Sociali nel territorio. Infatti, la raccolta, l’elaborazione e l’analisi dei dati rappresentano il momento cruciale della costruzione dei Piani di Zona, quando questi vogliono essere costruiti per soddisfare i reali bisogni del territorio, anziché rispondere a logiche di mantenimento dello statu quo e di difesa dei rapporti di forza costituiti al suo interno tra situazioni e 11 imprese del privato sociale. Se non si ha una chiara, sistematica, puntuale rappresentazione dei problemi che caratterizzano il territorio, non si può poi pensare di soddisfare, nel rispetto dei criteri di efficacia, efficienza ed economicità, le esigenze espresse dalla cittadinanza. Questo è quanto l’Ufficio di Piano ha cercato di realizzare in questi anni di gestione del Piano di Zona, realizzando anche riprogettazione dei servizi e spostamento di fondi. Le priorita’ di intervento Rafforzamento del segretariato sociale e del servizio sociale professionale La realizzazione di un sistema integrato di interventi e servizi, che sappia coinvolgere e sfruttare apieno le risorse presenti nel territorio, passa attraverso un efficace ed efficiente presenza e operatività nel terriotrio del Segretariato Sociale e del Servizio Sociale Professionale, specialmente in connessione con le caratteristiche del territorio, segnata da polverizzazione spaziale e scarsa consistenza demografica della quasi totalità dei Comuni del distretto – con ovvie conseguenze sull’operatività finanziaria. L’informazione e la conoscenza della rete dei servizi di welfare sono infatti elementi importanti per permettere ai cittadini di scegliere in modo consapevole e di coniugare diritti e responsabilità individuali e collettive. Obiettivi mettere in primo piano il rapporto tra il cittadino e il sistema dei servizi sociali e sociosanitari, garantendo, nell’intero territorio distrettuale: uniformità, completezza e chiarezza dell’informazione ai cittadini sui diritti e le opportunità sociali, sui servizi e gli interventi del sistema locale dei servizi sociali e socio-sanitari; razionalizzazione e semplificazione delle modalità di accesso alle informazioni e alla rete dei servizi, facilitando l’accesso alle informazioni e ai servizi anche da parte di coloro che, per problemi personali e sociali, hanno difficoltà a rivolgersi direttamente ai servizi; equità e pari opportunità dei cittadini nell’accesso al sistema dei servizi; uniformità e certezza dei percorsi socio-assistenziali nel territorio comprensoriale; trasparenza delle procedure e dei criteri di accesso al sistema locale dei servizi. Il Servizio Sociale professionale centrato sulla presa in carico delle persone in difficoltà per facilitarne l’inclusione sociale, per promuovere azioni sociali e politiche di tutela e promozione delle persone stesse Obiettivi Educare e promuovere nei confronti della persone, dei gruppi, della Comunità la ricostruzione, costruire di un processo di autonomia e di promozione delle risorse personali, ambientali e sociali Connettere cura, prevenzione e riabilitazione sociale promovendo reti di solidarietà sociale Reperire, attivare, trasformare risorse sia per facilitare l’utente nella fruizione di tale risorse, ma anche finalizzate alla promozione e allo sviluppo di sistemi di risorse che rendano gli ambienti più”nutritivi” per la persona e che rinforzino il tessuto sociale. Trasformare la domanda tecnica individuale in domanda sociale Promuovere processi di integrazione ai diversi livelli organizzativi 12 Promuovere processi di integrazione sociale, oggi particolarmente richiesti dal moltiplicarsi delle differenziazioni sociali, sul piano delle abilità psicofisiche, delle peculiarità culturali,etniche relazionali. Le politiche a sostegno delle famiglie In coerenza con quanto detto a proposito della dimensione comunitaria del Piano di Zona si ribadisce l’attenzione peculiare riservata alle famiglie intese come luoghi delle cure e degli affetti, come risorse insostituibili della convivenza civile. Questo non significa peraltro disconoscere i bisogni e i carichi di cui possono essere portatrici: valorizzarne la funzione non può infatti significare lasciarle sole di fronte alle crisi che nelle diverse fasi della vita possono manifestarsi. Il Piano di Zona assume dunque l’ottica del sostegno al protagonismo e alla responsabilità familiare, senza naturalmente trascurare i diritti e le specificità dei singoli componenti. Naturalmente specifiche azioni vengono declinate in tutte le aree tematiche, con particolare evidenza per la parte riservata al sostegno alle competenze e alle responsabilità familiari. Un particolare impegno, che ha già portato a significativi risultati, proseguirà inoltre sul versante dei servizi educativi per l ’infanzia, della tutela dei minori, dei giovani Le politiche a sostegno della non autosufficienza e per la domiciliarità L’invecchiamento della popolazione che investe il nostro territorio in modo assolutamente rilevante è un elemento che contiene in sé aspetti positivi (una maggiore aspettativa di vita) ma anche elementi evidentemente negativi tra cui la “rarefazione ”della popolazione giovanile e l’aumento degli impegni di cura e assistenza per i cosiddetti grandi anziani. Le tendenze che si vanno evidenziando, di aumento e mutamento dei bisogni, sembrano indicare la necessità di rivedere progressivamente il sistema delle forme assistenziali per la non autosufficienza. Si tratta di delineare una ridistribuzione delle risorse fra i servizi. Va inoltre rivisto il rapporto tra le diverse risposte assistenziali fornite dalle strutture (Centri Diurni, Residenze Sanitarie-Assistenziali) e gli interventi a sostegno della domiciliarità (Servizio di Assistenza Domiciliare, Assistenza domiciliare integrata, Assegno di cura) Particolare rilievo assume questo orientamento generale nel fronteggiare le situazioni di grave marginalità sociale,che assumono oggi connotati di crescente complessità: le manifestazioni del disagio adulto (la povertà economica e l’isolamento sociale di individui e famiglie, la difficile integrazione degli stranieri immigrati, le problematiche di dipendenze e di salute psichica,…) investono sempre più una pluralità di dimensioni dell’esistenza (casa, lavoro, socializzazione, etc.). Per fornire risposte efficaci a questo disagio occorre quindi adottare metodologicamente una linea di integrazione delle politiche e di lavoro in rete da parte dei servizi e dei diversi attori della società civile. Occorre peraltro promuovere una responsabilizzazione complessiva della comunità nella costruzione di un tessuto sociale sempre più capace di accoglienza e di legame solidale: è all’interno di questa trama di rapporti di fiducia, che si può sviluppare quel capitale sociale in grado da un lato di rispondere alle pressanti esigenze di sicurezza, dall’altro alla sfida rappresentata dalla crescente vulnerabilità sociale. Da questo punto di vista, è opportuno sottolineare come un sistema di welfare locale che si prefigga di valorizzare e promuovere la costruzione di legame sociale si muove in un ottica marcatamente preventiva, che appare oggi particolarmente pertinente in un quadro di incertezza delle risorse e di fragilità diffusa. 13 Monitoraggio e valutazione continua dei servizi e degli interventi Il monitoraggio prima, e la valutazione poi, costituiscono due momenti essenziali dell’azione pubblica, quando questa sia volta al miglioramento e al cambiamento della Pubblica Amministrazione: nei suoi diversi ruoli, nelle sue funzioni, a qualsiasi livello questo si attui e indipendentemente dalle varie modalità organizzative e territoriali a cui l’intervento si colloca (centro e periferia, burocrazie amministrative e organizzazioni di servizio). Questo perché a queste due attività è assegnato il compito di introdurre parametri e norme ispirate alla responsabilità dell’azione amministrativa delle agenzie e dei Settori pubblici, costringendoli a misurarsi con criteri di efficienza e di efficacia che consentano, non solo, il raggiungimento degli obiettivi prefissi, ma anche di economizzare su risorse economiche in questi anni sempre più scarse. La verifica del rapporto fra obiettivi e risultati (la valutazione di efficacia) e fra mezzi, obiettivi e risultati (la valutazione di efficienza) sono le due modalità al centro del dibattito teorico e delle sperimentazioni pratiche in materia. Attraverso questi si realizza quella economicità che sempre più diviene indipensabile in un contesto di risorse finanziarie ed economiche in continuo calo. 14 PARTE SECONDA Il contesto territoriale Morfologia del territorio L’ambito Rieti 1 è composto da 25 Comuni 1 dislocati su un territorio molto ampio e disomogeneo dal punto di vista morfologico. Infatti, l’area si estende nella zona centro e centronord del territorio provinciale e copre una superficie di 971,6 KM quadrati, con oltre 100 frazioni, distanziate, a volte, anche notevolmente tra loro. Questa configurazione produce una bassa densità abitativa (circa 80 abitanti per KM/q) che si accompagna al carattere prevalentemente montuoso del territorio; ciò determina per i residenti notevolissime difficoltà nella mobilità e nella comunicazione. Le strade, inoltre, sono, nel complesso, strette e tortuose, per cui gli stessi mezzi pubblici impiegano tempi notevoli per spostarsi da un paese all’altro, scoraggiando soprattutto gli anziani a spostarsi nei centri limitrofi, specie nel periodo invernale. Così, l’unica infrastruttura efficace è rappresentata dal tratto di superstrada Terni-L’Aquila, che collega direttamente Greccio, Contigliano, Rieti e Cittaducale; mentre l’unica rete ferroviaria operativa è Terni-Rieti-L’AquilaSulmona: non esiste nessun collegamento ferroviario diretto con la Capitale (è necessario andare in Autobus o con mezzi privati fino a Passo Corese e poi in treno fino a Roma). Date queste caratteristiche, non meraviglia se si assiste a un sostanziale "isolamento" del territorio distrettuale sia verso l'esterno – rispetto alle zone limitrofe extradistrettuali ed extraprovinciali – sia verso l'interno – fra gli stessi Comuni. L’habitat geofisico è uno dei fattori che inducono i giovani e gli adulti a “emigrare” verso centri a maggior attrattiva culturale e formativa (p. es. Roma o Terni). Per di più, questo isolamento rispetto alle vie di comunicazione scoraggia anche gli investitori, tanto che il territorio risulta in questi ultimi anni piuttosto depresso anche dal punto di vista occupazionale. Questa è la seconda ragione che spinge i giovanie le forze produttive più intraprendenti a guardare oltre e a indirizzarsi verso territori più centrali rispetto alle grandi vie di comunicazione. Se questo è, generalmente, comprensibile, ancora di più lo è in questo periodo, dominato da processi di globalizzazione che rendono ogni punto del globo più vicino a tutti gli altri. In un territorio così articolato e complesso, garantire a tutti l’accessibilità dei servizi è possibile solo confrontandosi sugli obiettivi, ottimizzando i servizi, “sinergizzando” gli interventi e valorizzando le risorse, laddove per risorse non si intendono solo quelle economico-finanziarie e strutturali o umano-professionali, ma anche quelle nascoste in ognuno dei singoli potenziali utenti poiché loro stessi (noi stessi) sono (siamo) parte integrante e principale del SISTEMA BENESSERE che il Piano di Zona vuole e deve raggiungere. Descrizione del territorio dal punto di vista demografico La popolazione complessiva dell’ambito RI1 ammontava a 75.871 a dicembre 2006 (con un incremento pari al 5,6% rispetto al censimento 2001 in cui si contavano 71.845 residenti). Il primo dato ricavabile, quindi, è che il territorio, nonostante le difficoltà legate all’economia e alla mobilità, risulta demograficamente vivo e attivo, contrastando la generale tendenza nazionale ad una riduzione della popolazione residente (se non nelle grandi città e grazie al contributo della popolazione immigrata). 1 Ascrea, Belmonte, Cantalice, Castel di Tora, Cittaducale, Collalto Sabino, Colle di Tora, Collegiove, Colli sul Velino, Contigliano, Greccio, Labro, Leonessa, Longone Sabino, Monte San Giovanni in Sabina, Montenero Sabino, Morro Reatino, Nespolo, Paganico Sabino, Poggio Bustone, Rieti, Rivodutri, Roccasinibalda, Torricella in Sabina, Turania. 15 Oltre alla morfologia dispersa, prima citata, un’altra caratteristica del Distretto consiste nella modesta ampiezza demografica dei Comuni che lo compongono; infatti, di 25 comuni sono due quelli con una popolazione superiore alle 5.000 unità (Rieti e Cittaducale), 4 con un numero di abitanti compreso tra 2.000 e 5.000 (Cantalice, Contigliano, Leonessa e Poggio Bustone), e i rimanenti con una popolazione complessiva inferiore ai 1.500 abitanti, dei quali 16 con meno di 1.000 abitanti. Dal punto di vista della distinzione di genere, la componente femminile è più frequente di quella maschile, secondo un rapporto pari a 51,6% di femmine contro un 48,4% di maschi. Come accade nel resto del Paese anche a Rieti si assiste ad una configurazione demografica per età sostanzialmente sbilanciata in direzione della componente più anziana (cfr. fig. 1). La fascia ultrasessantacinquenne è pari al 22,4% dei residenti (16.968 individui), di contro ad una consistenza degli infra quindicenni pari al 12,5% (9.520 ragazzi) e di minori pari al 15,5% (11.754 giovani). È significativa la crescita della popolazione anziana, piuttosto repentina, se si considera che nel 2005 i giovani infraquindicenni erano 9.695 (pari al 12,8%), mentre gli anziani erano 15.609 (con un’incidenza del 20,7%). Il profilo demografico emergente risulta congruo con l’andamento della fecondità e della speranza di vita che determinano rilevanti mutamenti nella configurazione strutturale della popolazione, laddove alla perdita di peso della componente giovani fa da contraltare un allungamento e, di conseguenza, una maggiore consistenza, della componente anziana. Questa tendenza, ormai affermatasi da un terzo di secolo, indica che siamo in presenza di un processo strutturale di evoluzione che contribuisce a delineare una inedita configurazione sociale: una società con meno bambini e più anziani, esito delle più recenti trasformazioni demografiche. In definitiva, quindi, il secondo elemento caratteristico del territorio del distretto Rieti 1 consiste nel progressivo invecchiamento della popolazione. Fig. 1– Composizione percentuale della popolazione residente nel distretto. Anno 2006 65 e oltre 2 2,4 % 0 -1 4 12 ,5% 1 5-64 6 5,1 % Fonte: elaborazioni su dati Istat Se si prende in considerazione la distribuzione a livello dei singoli comuni emerge che, per la classe di età 0-14 anni (cfr. Tab. 1), i Comuni che mostrano una consistenza relativa superiore al parametro distrettuale sono cinque (Belmonte, Colli sul Velino, Rieti, Cittaducale e Cantalice), con un valore massimo in corrispondenza del comune di Belmonte (13,5%); i rimanenti venti Comuni si collocano al di sotto di tale soglia per l’incidenza della componente minorile della popolazione, fino al valore minimo riscontrato per il Comune di Nespolo (5,3%), inferiore del 7,2% al parametro del Distretto (12,5%). 16 Tab. 1 – Graduatorie distrettuali della popolazione per classi di età e singolo comune (valori percentuali) – Anno 2006 – Fasce di età 0 - 14 COMUNE Nespolo Collalto Sabino Collegiove Paganico Turania Ascrea Montenero Sabino Longone Sabino Monte San Giovanni Leonessa Greccio Torricella in Sabina Castel di Tora Morro Reatino Colle di Tora Labro Rocca Sinibalda Poggio Bustone Contigliano Rivodutri Distretto Cantalice Cittaducale Rieti Colli sul Velino Belmonte 0-14 5,3 5,9 6,0 6,3 6,6 7,1 8,1 8,1 10,1 10,3 10,3 10,6 10,7 10,7 10,8 11,2 11,6 11,8 11,9 12,1 12,5 12,6 12,9 13,2 13,3 13,5 Per quanto riguarda la distribuzione dei valori percentuali relativi alle classi di età anziane (cfr. Tab. 2) i Comuni con i valori più alti sono Collegiove (44,5%) Paganico (41,1%), Ascrea (34,8%), Collalto Sabino (33,5%), Longone Sabino (33,0%) e sono 21, in totale, i Comuni in cui si registra una consistenza percentuale di popolazione in età avanzata superiore al parametro distrettuale. Tab. 2 – Graduatorie distrettuali della popolazione per classi di età e singolo comune (valori percentuali) – Anno 2006 – Fasce di età 65 e oltre COMUNE Cittaducale Belmonte Rieti Poggio Bustone Distretto Contigliano Labro Cantalice Monte San Giovanni 65 e oltre 18,3 20,8 21,1 21,5 22,4 23,6 24,1 24,1 24,9 17 Rivodutri Turania Torricella in Sabina Colli sul Velino Colle di Tora Greccio Castel di Tora Rocca Sinibalda Nespolo Leonessa Morro Reatino Montenero Sabino Longone Sabino Collalto Sabino Ascrea Paganico Collegiove 25,3 25,8 26,4 27,4 28,2 28,2 28,3 28,7 28,8 29,4 31,7 32,7 33,0 33,5 34,8 41,1 44,5 Fonte: dati Comunali 18 AREA Minori e responsabilità familiari Responsabilita’ Familiari, Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza: situazione, obiettivi e priorità di intervento 19 1. Analisi dei bisogni e obiettivi strategici Parlare oggi di famiglia significa andare incontro ad un banale errore di numero. Infatti, più che di famiglia, occorre piuttosto parlare di famiglie, dal momento che in questi ultimi anni si sono moltiplicate le forme e le tipologie dei legami affettivi. Questo mutamento culturale che ha riguardato le coppie, ha finito, ovviamente, per incidere anche sul ruolo genitoriale. I genitori si sono trovati di fronte all’esigenza di dare una nuova e più chiara definizione delle loro responsabilità educative e sociali. Tutto questo si nota anche nel numero e nei contenuti dei provvedimenti normativi che hanno avuto come oggetto i minori e che sono apparsi in questi ultimi anni, a sottolineare l’esigenza di configurare anche una nuova serie di strumenti normativi che possano aiutare le agenzie educative nel loro ruolo socializzante. Questi interventi si sono sempre più orientati verso la promozione dei diritti ed il soddisfacimento di bisogni personali e relazionali dei bambini e dei ragazzi: difficoltà, criticità e normalità sono infatti aspetti diversi ma strettamente connessi alla vita delle persone. Così, la legge n. 176/91 (ratifica convenzione ONU sui diritti dell’infanzia), la legge n. 66/96 ( norme contro la violenza sessuale), la legge n. 285/97 (promozione dei diritti e delle opportunità per l’infanzia e per l’adolescenza), la legge 451/97 (osservatorio nazionale per l’infanzia), la 149/01 che ha modificato la 184/83 (sull’affido e l’adozione) la L.R. 38/96 e la L. 328/00, delineano in maniera precisa gli interventi di competenza dei servizi socio sanitari in materia di tutela minorile. Il Piano intende sostenere le responsabilità familiari e i compiti di cura, valorizzare i legami e le relazioni familiari, promuovere la solidarietà tra le generazioni e i generi, riconoscendo alla famiglia una insostituibile funzione nella formazione e crescita degli individui e della comunità. L’intervento è orientato al sostegno della normalità e della quotidianità della vita delle persone, punta a rafforzare le risorse proprie delle famiglie riconoscendo i diritti soggettivi, l’equità tra le generazioni, la parità tra i sessi, e le pari responsabilità nei confronti dei compiti di cura, il valore della mutualità, della solidarietà, il superamento di ogni forma di discriminazione. Ai fini di una crescita equilibrata dei/delle figli/e sia piccoli che adolescenti, si rivela particolarmente importante supportare i genitori nelle fasi più critiche del loro difficile e fondamentale ruolo per un sano sviluppo dei bambini e degli adolescenti. 2. Le responsabilità familiari In questi ultimi anni si nota un incremento della fragilità dei legami familiari: crescono le separazioni e i divorzi, aumentano i casi di legami precari e di durata limitata. Nel 2008 le separazioni in Italia sono state 84.165 e i divorzi 54.351. Rispetto al 1995 le prime sono praticamente raddoppiate (+ 101 per cento) e i secondi sono aumentati di oltre una volta e mezza (+61 per cento). Tali incrementi si sono osservati in un contesto in cui i matrimoni diminuiscono e quindi sono imputabili ad un effettivo aumento della propensione alla rottura dell'unione coniugale. Questi eventi − costituenti in modo diverso l'espressione giuridico-formale della fine del matrimonio − sono fortemente aumentati nell'ultimo decennio, pur mantenendosi ancora al di sotto della media europea. Per quanto riguarda il contesto del comune di Rieti, emerge in tutta evidenza una crescita progressiva del numero di divorziati residenti, secondo una tendenza quasi perfettamente sovrapponibile con la tendenza nazionale. 20 Fig. 3 - I divorziati residenti a Rieti 800 700 600 500 400 300 200 100 0 677 571 341 384 389 2005 2006 439 499 258 227 2002 2003 2004 2007 2008 2009 2010 Diviene fondamentale, quindi, porre la famiglia al centro di politiche che la possano sostenere e accompagnare nel difficile ruolo di principale agenzia educativa. Ciò, anche tenendo conto dell’impegno che si riversa su di lei a causa delle carenze e della crisi del Welfare, che finisce per scaricare sulle famiglie gran parte degli oneri di cura e sostegno. L’alto tasso di disoccupazione non solo tra i giovani ma anche nei quarantenni e cinquantenni per la grave crisi che ha colpito il polo industriale reatino, con la conseguenza di messa in mobilità e cassa integrazione, ha comportato una forte fragilità economica nelle famiglie che non hanno più la capacità di affrontare spesso neanche la quotidianità. Questa grave situazione che sta interessando il reatino trova un indicatore indiscutibile nell’aumento sensibile del numero di famiglie che chiedono sostegno economico, specialmente all’interno dello strato sociale individuante la classe media reatina. L’ancora di salvezza del sistema italiano di welfare è costituito dalla famiglia. Questa, soprattutto quella di origine, resta il punto di riferimento principale, in molti casi l'unico “ammortizzatore sociale” disponibile per il soddisfacimento di bisogni e la tutela dei rischi attraverso l'attivazione di quella rete di solidarietà intergenerazionale e parentale che, come 21 abbiamo detto, caratterizza il modello di welfare delle società sud-europee. In questo modo, però, la famiglia può trasformarsi in una sorta di gabbia: se da un lato tutela i giovani rispetto ad un’arena sociale poco aperta alla loro inclusione attiva, dall’altro, trattenendoli nel proprio seno, ne ostacola la mobilità, ne rallenta e ne irrigidisce i processi di riproduzione sociale. Ma dire famiglia significa soprattutto dire donne. Infatti, In questo contesto sono le donne che continuano ad essere un pilastro fondamentale del sistema italiano di welfare, soprattutto in termini di sussidiarietà, se non di vera e propria sostituzione, dei compiti altrove svolti dalle strutture pubbliche. Ciò ha effetto da un lato sull’ammontare di lavoro che grava su di esse, soprattutto se sono occupate, e, in generale, sul funzionamento della società: infatti, le donne erogano due terzi degli oltre tre miliardi di ore destinate in un anno dalla rete informale all’aiuto di componenti di altre famiglie, costituendo un risparmio enorme per le casse dello Stato, che altrimenti si vedrebbe costretto, nella migliore delle ipotesi, a finanziarie queste attività ricorrendo alla leva fiscale, oppure, nella peggiore, a lasciare insoddisfatti i bisogni della cittadinanza. 3. La situazione minorile nel distretto Si è già detto che il territorio è interessato da una progressiva, ma inesorabile, senilizzazione. L’indicatore controparte è rappresentato dal tasso di natalità, che nel distretto fa registrare un calo costante di nascite, soprattutto nelle aree periferiche dove risiedono quasi esclusivamente persone anziane . Il contesto sociale del distretto appare comunque sufficientemente “protetto” per quanto riguarda la popolazione giovanile, soprattutto nelle fasce di età preadolescenziali , rispetto ai più ampi contesti regionali e nazionali; la famiglia mantiene una forte funzione di cura e di attenzioni verso i minori con l’ausilio anche dei nonni che garantiscono continuità e stabilità valoriale. Diverso il caso della preadolescenza e dell’adolescenza, età tipicamente interessate da cambiamenti profondi dal punto di vista fisico e, conseguentemente cognitivo ed emotivo. Il correlato della difficile riconversione della personalità è l’emergere di problematiche che assumono forme diverse che si esprimono in forme di disagio scolastico o, nelle forme più estreme, di vera e propria devianza o criminalità giovanile. Per quanto riguarda il primo aspetto come emerge dal 2° Rapporto sulla Qualità della Scuola, edito da Tuttoscuola nel 2011, la provincia di Rieti si colloca all’ultimo posto tra le province italiane nella macroarea “Strutture e risorse” (100ª su 100), all’ottavo posto per quanto riguarda la macroarea “Organizzazione e servizi”, di nuovo al penultimo posto (sopra solo a Reggio Calabria) per quanto attiene alla macroarea “Condizioni del personale”. Nonostante questo, nella macroarea “Risultati scolastici” la provincia sabina si colloca al 62 posto (al di sopra, comunque, della media nazionale) e, in sintesi, chiude alla 87ª posizione se ponderiamo i risultati nelle 4 macroaree. Per quanto riguarda i risultati conseguiti negli ultimi 2 anni scolastici2, emerge che nel 200809 la percentuale di respinti alla primaria è stato dello 0,5%, che è passato al 3,9% nella scuola media di I° grado. Diversa e più difficile la situazione nella scuola secondaria: qui i respinti sono stati il 13,7%, le evasioni dall’obbligo hanno inciso per lo 0,3% e gli abbandoni per l’1,5% (cfr. tab. 1). I dati si confermano sostanzialmente simili nell’anno scolastico successivo; infatti, come si può osservare dalla tabella 2, i respinti nella scuola primaria diventano lo 0,6%, mentre nella secondaria di primo grado l’incidenza resta invariata (3,9%). Lo stesso discorso può essere fatto per la scuola secondaria di secondo grado, nella quale si osserva una diminuzione dei respinti (passano al 12,6%), un’uniformità tra le evasioni e un incremento dell’incidenza degli abbandoni (che passano all’1,8%). 2 Riferiti alla città di Rieti nella quale si trovano le scuole superiori cui afferiscono la maggior parte dei giovani del distretto. 22 Questi dati testimoniano di una situazione più difficile rispetto alla media italiana, dove l’incidenza delle ripetente nella scuola secondaria di primo grado si attesta intorno al 3,0%, mentre nella scuola secondaria di secondo grado è di circa l’11,0%. Tab. 1 – I dati delle scuole di Rieti nell’anno scolastico 2008-2009 Anno scolastico 2008-2009 ALUNNI FREQUENTANTI MASCHI FEMMINE STRANIERI PROMOSSI RESPINTI SCUOLA PRIMARIA 2.090 1.065 SCUOLA SEC. 1° GRADO 1.634 872 SCUOLA SEC. 2° GRADO 4.941 2589 1.025 EVASIONI OBBLIGO ABBANDONI 111 2.080 10 (0,5%) 762 79 1.574 63 (3,9%) 0 0 2352 219 4.225 675 (13,7%) 16 (0,3%) 74 (1,5%) Tab. 2 – I dati delle scuole di Rieti nell’anno scolastico 2009-2010 ALUNNI Anno scolastico 2009-2010 FREQUENTANTI MASCHI FEMMINE STRANIERI PROMOSSI RESPINTI 0 EVASIONI OBBLIGO ABBANDONI SCUOLA PRIMARIA 2.165 1.106 1.059 122 2.153 12 (0,6%) 0 SCUOLA SEC. 1° GRADO 1.646 825 821 71 1.580 64 (3,9%) 0 SCUOLA SEC. 2° GRADO 4.903 2.546 2.357 214 4.222 616 (12,6%) 14 (0,3%) 0 0 86 (1,8%) Per quanto riguarda la devianza, invece, nel territorio il fenomeno è presente, anche se la sua incidenza è meno preoccupante rispetto a quanto accade nel resto del Paese e della regione: i minori denunciati sono circa il 2,5% del totale degli individua accusati di reato, contro il 5,2% e il 4,9% rispettivamente per l’Italia e per il Lazio. Il quadro rimanda ad una devianza minorile più contenuta, effetto, per certi versi, sicuramente di un contesto sociale e di una Comunità civile che, forse proprio perché strutturata in centri di piccole dimensioni, riesce ancora ad esercitare sulle giovani generazioni un’azione efficace in termini di controllo sociale. Aumenta invece l’uso di sostanze stupefacenti tra i giovani adolescenti tanto che i dati indicano un abbassamento del primo consumo già verso i 16 anni. Le risorse per l’area dei minori e delle responsabilità genitoriali per la gestione delle attività sono assicurate dagli Enti locali e, nell’ottica della interdisciplinarità, gli interventi sanitari e di prevenzione primaria anche in ambito scolastico vengono assicurati dall’Azienda Sanitaria Locale attraverso i propri servizi tra cui il Materno Infantile (aree UTR, Consultorio Adolescenti e Centri di Informazione e Consulenza), e l’area per le Dipendenze e patologie d’Abuso. FATTORI POSITIVI Persistenza di un quadro culturale comune che facilita i processi di educazione e controllo dei minori Aumento delle possibilità educative e di interazione di bambini e ragazzi FATTORI CRITICI Presenza tuttora di alcune problematicità nell’interazione e nell’integrazione dei diversi soggetti territoriali Livelli di socialità differenziata, difficoltà di servizi in rete per la particolare configurazione territoriale del distretto (distanza tra i Comuni) Maggiore qualificazione degli interventi di Carenze di ordine economico soprattutto per i accoglienza in particolare rivolti ai minori piccoli comuni stranieri privi di riferimenti parentali con l’apertura di una casa di prima accoglienza nel Comune capoluogo Buona presenza del privato sociale, in Squilibrio nella presenza di informazioni particolare per quanto riguarda i servizi dei riguardo all’affido e all’adozione su tutto il bambini (asili nido e scuole materne) territorio del distretto 23 FATTORI POSITIVI Progetto di Prevenzione primaria fondi 309/90 parternariato Comune Centro Giovanile e Area Dipendenze e Patologie D’Abuso della ASL per i Centri Giovanili “ANTRAN” Positiva presenza di Centri giovanili nei comuni più popolosi del distretto FATTORI CRITICI Carenza di strutture pubbliche e/o private di prima accoglienza in caso situazioni di grave disagio sia minorile che per donne sole in difficoltà e ragazze madri Aumento dello scollamento nel patto educativo che dovrebbe coinvolgere famiglie e scuola Spostamento dell’ottica progettuale nella Scarsa considerazione sull’importanza del prevenzione dalla dimensione del disagio a protagonismo giovanile e della necessità di sana quella dell’agio aggregazione da parte degli adulti Progetti-ricerca di prevenzione primaria promossi dalla ASL sui disturbi dell’alimentazione e dell’abuso di alcol e sostanze stupefacenti e gruppi genitori 4. Bisogni del territorio distrettuale Tra i bisogni più sentiti in quest’area si ricordano: Fragilità del tessuto familiare e aumento della conflittualità tra genitori Nuove povertà legate a fragilità economiche e sociali Bisogno di maggiore sostegno alle responsabilità e competenze genitoriali Necessità di una maggiore flessibilità e diversificazione negli interventi di cura per la prima infanzia Potenziamento e, a volte, creazione di luoghi, attrezzature e strumenti per l’infanzia e l’adolescenza e di aggregazione giovanile in orario extrascolastico diffuse sul territorio anche in forma itinerante Necessità di interventi di contrasto alla crescente diffusione in senso verticale e orizzontale delle situazioni di disagio, soprattutto in relazione ai bambini e ragazzi con handicap 5. Obiettivi strategici prioritari Per quanto riguarda gli obiettivi più importanti da perseguire, si rimanda a: Sostenere i genitori, specie quelli che hanno un passato travagliato e conflittuale, nell’esercizio della loro funzione genitoriale, attraverso percorsi di sostegno in strutture educative di supporto; Valorizzare e sostenere le reti familiari e il ruolo genitoriale al fine di favorire la permanenza del bambino e adolescente nella famiglia Rafforzare l’istituto dell’Affido Familiare, laddove non è possibile realizzare quanto previsto al punto precedente; Potenziare l’azione di cooperazione tra Comune, ASL e Scuola nell’opera di prevenzione e contrasto delle dipendenze; 6. Il Sistema dell’Offerta dei Servizi Socio Assistenziali L’Ufficio di Piano ha, anche per questo anno, raccolto i dati relativi alle strutture attivate nei singoli comuni nel settore delle Politiche Sociali. In particolare, le aree interessate alla rilevazione sono state quelle relative alle : 24 - prestazioni/servizi assistenziali ai minori e alla famiglia naturale ed affidataria nonché la permanenza in strutture residenziali e semiresidenziali servizi che garantiscono il diritto allo studio, ricreativi, socioculturali, educativi sportivi ed informativi. dislocazione delle strutture residenziali e semiresidenziali Si rimanda alla relativa appendice per la consultazione della banca dati prodotta. In sintesi, gli interventi di natura economica a sostegno a famiglie con minori e per il contrasto alla povertà sono i più rappresentati. Ovviamente, il Comune Capofila, data la sostanziale differenza nella consistenza numerica rispetto agli altri comuni, mostra valori significativamente più elevati in ogni ordine di servizio. Di fatto sono cresciuti, rispetto agli anni precedenti gli aiuti economici all’intero nucleo familiare proprio per l’impoverimento della classe media che fino a qualche anno fa poteva contare sul lavoro di entrambi i genitori e che, per la chiusura del nucleo industriale e del relativo indotto, ha portato invece mobilità e disoccupazione. 7. Il sistema dell’Offerta dei Servizi dell’Azienda Sanitaria Locale Il Dipartimento di integrazione Socio-Sanitaria e Tutela Materno Infantile (DISSTMI) dell’Azienda Unità Sanitaria Locale ha come obiettivo prioritario la prevenzione primaria che esercita attraverso i strutture afferenti all’Area Materno Infantile, Consultorio Adolescenti, e Area Dipendenze e Patologie d’Abuso, sia all’interno del sistema scolastico che sul territorio in rete con gli Enti pubblici e privati che si occupano a qualsiasi titolo di prevenzione. Il Consultorio Adolescenti, area del Materno Infantile, oltre che esercitare il suo mandato presso le scuole medie superiori, è a disposizione dei giovani e delle loro famiglie presso il servizio per l’attività di ascolto e di consulenza . All’interno del Servizio Materno Infantile è attivo anche il GIL Adozioni integrato con gli operatori del Comune di Rieti: si occupa di adozioni nazionali, internazionali, affidamenti familiari e problematiche familiari Con la legge 309/90 l’integrazione tra il mondo della scuola e il mondo della salute si è resa possibile con l’istituzione in tutte le Scuole Medie Superiori della Provincia di Rieti dei Centri Informazione e Consulenza, spazi di progettualità gestiti dagli insegnanti, alunni ed esperti della ASL, nei quali programmare progetti di educazione alla salute . Il CIC è composto dal Preside, da uno o più insegnanti referenti per l’educazione alla salute , dai rappresentati degli alunni e dei genitori e, in qualità di esperti esterni, due operatori del DISSTMI della ASL, nella fattispecie uno Psicologo ed una Assistente Sociale del Consultorio Adolescenti e del Ser.T. I CIC cosi composti, di fatto, hanno facilitato la comunicazione tra Scuola, servizi sanitari, Enti locali e volontariato, al fine di offrire ai giovani, alle loro famiglie e al corpo docente informazioni, formazione, orientamento supporto ed assistenza in materia di prevenzione del disagio adolescenziale, delle dipendenze patologiche, valorizzando soprattutto il ruolo propositivo dei giovani. Una formazione congiunta docenti operatori ASL sulle nuove metodologie di intervento (peer educational) ha permesso di organizzare un modello unico di intervento su tutte le scuole superiori . La progettualità che si attua sostenendo le capacità progettuali degli studenti e del corpo docente nella realizzazione di attività e progetti extracurriculari; gli operatori socio sanitari dei CIC lavorano all’interno delle classi con progetti mirati alle esigenze degli stessi alunni: Educazione alla affettività e alla sessualità 25 Educazione ai processi comunicativi Prevenzione del bullismo Prevenzione delle tossicodipendenze ed alcolismo Prevenzione dei disturbi alimentari e dell’obesità Progetti genitori Infine non si può non ricordare l’azione del Consultorio Familiare: servizio territoriale che svolge un’attività d’informazione e promozione della salute, tutela della maternità responsabile e della gravidanza, assistenza psicologica e sociale dei bambini, adolescenti, giovani, donne, uomini, coppie e famiglie. 26 AREA Anziani Area Anziani: situazione, obiettivi e priorità di intervento 27 Il contesto Come detto il territorio del distretto Ri1 è interessato da un processo di graduale e ineludibile senilizzazione. Le problematiche rilevate nel territorio riguardano soprattutto la solitudine e l’isolamento, infatti, in molti casi il principale problema non concerne soltanto la precarietà economica quanto, insieme, la carenza relazionale. A tal proposito, il potenziamento dei centri diurni e l’incremento dei servizi di assistenza domiciliare costituiscono i bisogni primari rilevati nel territorio. L’aumento della domanda di questo tipo di servizi è dovuto, non solo, alla crescita della popolazione anziana, ma anche al fatto che i servizi socio sanitari ed assistenziali hanno registrato in questi ultimi anni un incremento della spesa per le differenti prestazioni. In molti casi, le famiglie con anziani a carico si organizzano autonomamente, ricorrendo alle badanti, rivolgendosi agli enti locali per ottenere supporto economico e assistenza domiciliare. Quando poi la situazione non é più sostenibile al domicilio, viene spesso richiesto l’inserimento in strutture protette, richiesto solo per situazioni di bisogno sanitario rilevante per persone meno abbienti. Per quanto riguarda gli importi delle pensioni, poi, si osserva che la pressocché totalità delle pensioni di invalidità civile, il 99,0%, sono di importo inferiore ai 500 euro, e lo stesso vale per il 53,4% delle “Pensioni di vecchiaia per coltivatori diretti, mezzadri, coloni”, il 46,7% delle “Pensioni per i superstiti” e per il 21,5% di quelle di “vecchiaia per lavoratori dipendenti”. Questo prefigura un quadro di gravi difficoltà dal punto di vista economico e una precarietà che rischia di trasformarsi facilmente in povertà. Tra gli elementi positivi e quelli negativi caratteristici del distretto si rilevano i seguenti. Elementi positivi In tutto il distretto sono stati consolidati i servizi socioassistenziali e sanitari a sostegno della domiciliarità. In particolare: sono state aumentate le ore di assistenza infermieristica e specialistica a domicilio Attivazione del telesoccorso in alcuni comuni del distretto e delle deospedalizzazioni protette Incremento del pagamento di canoni di locazione, in particolare nel Comune capofila Apertura di un centro diurno distrettuale per i malati Alzheimer (che però è soggetto ad alterne fortune in relazione ai finanziamenti) Servizio di assistenza domiciliare distrettuale per i malati di Alzheimer Erogazione di buoni farmacia per i meno abbienti Apertura di Centri Diurni nel capoluogo e nei Comuni a più alta densità di anziani Elementi di criticità Necessità di incrementare ulteriormente i servizi domiciliari per gli anziani Difficoltà di integrazione tra sanitario e sociale nelle deospedalizzazioni protette specialmente con la caduta del fondo per la non-autosufficienza Rimane alta la domanda di inserimenti nel Centro Alzheimer. Le risorse umane impiegate nei servizi sociali e sanitari permangono insufficienti a garantire continuità ed adeguatezza ai servizi, si registra inoltre una carenza di operatori socio sanitari Necessità di aprire Centri sociali e diurni anche nei comuni più piccoli ma con alta percentuale di persone anziane Difficoltà legate alle distante dei piccoli comuni e i servizi centralizzati Ampliamento e migliore collegamento tra la ASL e i Comuni per l’ADI 28 Elementi positivi Elementi di criticità a tutto il distretto Il volontariato a sostegno degli anziani sia in ospedale che nelle strutture è presente ed attivo (Caritas diocesana ed ARVO in ospedale ) L’azienda ASL, in collaborazione con i servizi sociali comunali, ha attivato l’unità valutativa per l’ADI 1. I Comuni, il Distretto e le criticità riscontrate L’Ufficio di Piano attraverso il questionario inviato a tutti i Comuni del distretto, ha potuto evidenziare diverse criticità nell’area anziani. Nel corso della rilevazione si è, inoltre, ritenuto indispensabile individuare con chiarezza i comuni in cui tali criticità emergono, e questo al fine di poter elaborare progetti mirati per ciascun Comune. Alla luce di quanto emerso, sintetizzando le indicazioni provenienti dai comuni si rileva che i bisogni più pressanti sono riferiti a: Carenza di fondi per l’assistenza domiciliare integrata (problema maggiormente espresso). Costante e consistente aumento della domanda di assistenza domiciliare agli anziani. Difficoltà di attivare Centro diurni dove poter svolgere attività di socializzazione. Crescente complessità delle situazioni che si presentano e quindi degli interventi prestati da operatori socio assistenziali e sanitari. Necessità degli anziani e delle loro famiglie di avere un riferimento unitario per ricevere informazioni ed essere orientate su come muoversi all’interno del sistema delle risorse territoriali e dei servizi sociali e sanitari. Tale esigenza è particolarmente importante e delicata nel momento delle dimissioni dall’Ospedale. Un capitolo a parte va dedicato al tema della non-autosufficienza. Il sistema dei servizi rivolti alle persone in condizione di non autosufficienza, attivo nel territorio, ha sviluppato un complesso di interventi in relazione ai bisogni espressi: 1) la tutela della salute sia nelle situazioni di domiciliarità che in quelle di semiresidenzialità (Centro Diurno Alzheimer e Centro Diurno Handicap) che sono un riferimento importante per alcune famiglie (n°32 per Centro Diurno Handicap e n°8 per Centro Diurno Alzheimer). 2) Interventi per la domiciliarità che ricomprendono interventi economici e l’erogazione di prestazioni assistenziali a domicilio (Assistenza Domiciliare Integrata). Il fondo precedentemente introdotto dal Governo aveva creato le condizioni affinché si realizzassero attività di potenziamento degli interventi tali da consentire lo sviluppo di “Piani assistenziali individualizzati a sostegno della domiciliarità” e “Piani assistenziali individualizzati a sostegno della domiciliarità nelle deospedalizzazioni protette”. La caduta del fondo ha messo in forte pregiudizio la continuità di queste iniziative. 2. Obiettivi prioritari Tra gli obiettivi prioritari individuati dall’ufficio di Piano si ricordano: Favorire la domiciliarità. Monitorare l’attuale offerta dei servizi a sostegno della domiciliarità per renderla più rispondente alla domanda. Rivedere il percorso delle dimissione protette, individuandone le criticità, per formulare proposte di cambiamento e rendere il percorso più adeguato alle necessità delle famiglie. 29 Istituire e valorizzare i centri diurni, i circoli e i centri di aggregazione per anziani anche in collaborazione con le risorse non istituzionali del territorio (volontariato, associazionismo). Incrementare la collaborazione col volontariato e con l’associazionismo locale, migliorare la sensibilizzazione delle reti familiari e parentali. 3. Il sistema di offerta dei servizi I servizi a sostegno degli anziani, hanno nella nostra zona una sufficiente e consolidata tradizione per quanto attiene le modalità di intervento; tuttavia, i bisogni degli anziani e delle loro famiglie sono talmente aumentati e mutati nella domanda, che meritano un deciso sforzo di ripensamento e riprogettazione della rete dei servizi domiciliari, semiresidenziali e residenziali con l’obiettivo di diversificare l’offerta in risposta ai bisogni e alle risorse diversificate degli anziani e delle loro famiglie e nel rispetto delle loro libertà di scelta. L’Ufficio di Piano ha raccolto i dati relativi alle strutture attivate nei singoli comuni nel settore delle Politiche Sociali dedicato agli anziani. Le aree interessate alla rilevazione sono state quelle relative alle : - prestazioni/servizi assistenziali agli anziani e alle famiglie - servizi che garantiscono il sistema ricreativo, socioculturale, sportivo ed informativo - dislocazione delle strutture residenziali e semiresidenziali. Dall’esame dei questionari e dall’analisi della domanda che perviene direttamente o indirettamente ai servizi emergono diversi elementi significativi: 1. L’assistenza domiciliare, l’assistenza domiciliare integrata e il contrasto alle povertà sono i servizi più richiesti dagli anziani e più presenti nel distretto, sia in termini di domanda economica che per quantità di comuni interessati; il numero sicuramente è più alto di quello definito in quanto alcuni Comuni non hanno risposto, per questa voce, al questionario. 2. La spesa sociale a carico dei Comuni, in particolare per Rieti e i Comuni più grandi è cresciuta rispetto agli anni precedenti segno di un forte aumento di domanda di assistenza da parte degli anziani. 3. I Centri sociali e i centri Diurni per anziani sono presenti in diversi comuni del distretto; sono però assenti in particolare nei Comuni meno popolosi, dove la densità della fascia d’età degli ultrasessantacinquenni è alta. Un obiettivo prioritario sarà quello di dare avvio ad ulteriori centri, in particolare in quei Comuni più piccoli e popolati quasi esclusivamente da persone anziane. 5. Il Sistema dei Servizi Sanitari Il Distretto Montepiano Reatino ha perseguito con tenacia e costanza, negli ultimi anni il coinvolgimento dei Medici di Medicina Generale in tutte le fasi dell’Assistenza domiciliare integrata non solo per anziani, ma anche in tutti quei casi in cui le patologie croniche o traumatiche possono avere provocato una immobilità permanente o temporanea. Sono comunque stati raggiunti dei risultati di buona qualità del servizio perché: - I medici di medicina generale sono stati coinvolti sia nelle valutazioni delle condizione cliniche per l’inserimento in ADI, sia per la redazione dei piani di trattamento che sul controllo e la verifica dei risultati e delle eventuali dimissioni. Questo ha necessariamente conferito al servizio la necessaria dinamicità ed ha consentito un maggiore numero di interventi e razionalizzato i tempi di trattamento. - L’accesso concordato del personale ADI del distretto n. 1, anche per conto degli altri distretti, nei reparti dell’OGP di Rieti, ha favorito le dimissioni programmate e l’appropriatezza delle prestazioni, nonché la promozione della continuità assistenziale 30 - Rispetto agli anni precedenti e grazie al coinvolgimento dei medici di base che hanno visto aumentare i loro accessi si è riusciti a migliorare le qualità del servizio; a fronte di un lieve decremento di pazienti in carico si è riusciti a trattare un numero maggiore di pazienti, ad effettuare più visite specialistiche, più medicazioni, più prelievi segno di una più attenta analisi del bisogno e una valutazione accurata della situazione sanitaria. 31 AREA Disabilità Povertà Disabilità, contrasto alla povertà e all’esclusione sociale: situazione, obiettivi e priorità di intervento Disabilità: situazione, obiettivi e priorità di intervento Il contesto È noto che non esiste nel nostro Paese una statistica ufficiale precisa sul numero dei disabili. Una stima ufficiosa, ma solo parzialmente realistica, può essere ricavata considerando la popolazione del distretto e calcolando su questa una stima del 3%, poiché questa è la percentuale stimata di disabili rilevata su tutto il territorio nazionale. 32 D’altro canto non ci aiutano neanche i dati forniti dalla medicina legale della ASL che non ha a tutt’oggi una banca dati informatizzata utile allo scopo. Rimane indubbio che il problema resta presente e grave. Per di più, e la carenza dei dati in proposito si rivela significativa, intorno al fenomeno permangono atteggiamenti negativi, che inducono spesso le famiglie a mantenerlo sommerso: vuoi per una forma di “vergogna” legato al pregiudizio, quasi che essere disabili sia una colpa, sia per l’assenza di adeguate politiche di sostegno, che scoraggiano spesso le famiglie dal richiedere aiuto e sostegno agli enti locali. Ne deriva, così, la situazione paradossale che proprio chi ha più bisogno di aiuto rimane nascosto, lontano dai circuiti in cui le politiche di sostegno si producono, e lasciando le stesse prive di quel preciso supporto numerico che, consentendo di quantificare e qualificare con precisione il fenomeno, possono adattare strumenti di intervento preventivi e di supporto. Comunque, dalle indicazioni provenienti dai comuni è possibile ricavare i seguenti elementi positivi e critici rilevanti per il territorio. Fattori positivi Apertura del Centro Diurno per l’Alzheimer a Cantalice Costituzione di un coordinamento e di rete tra soggetti del terzo settore (CIDHA) Esistenza di un centro diurno per ragazzi e adulti con handicap (ARFH) Progetto integrato ASL , Comuni distretto di Ippoterapia per minori disabili Presenza di 7 Case Alloggio per disagiati psichici Corsi di formazione per operatori socio sanitari Fattori critici Scarsa conoscenza del fenomeno della “disabilità” nelle sue reali dimensioni sia sanitarie che sociali Assenza di strutture residenziali per i casi di handicap più grave e per le persone che non hanno familiari (“dopo di noi” che deve essere affrontato “Durante Noi”) Carenza di strutture semiresidenziali sul territorio Necessità di raccordo tra Scuola ASL e Comuni per l’accesso ai servizi educativi e ricreativi per minori con disabilità Carenza di formazione e servizi per i giovani diversamente abili che terminano il percorso scolastico Necessità di creare un’area specifica che si occupi di handicap adulto nell’Azienda Unità Sanitaria Locale Carenza di servizi di domiciliarità Frammentazione degli interventi sia sociali che socio sanitari Mancanza di formazione e assistenza per i familiari Mancanza di percorsi definiti per la continuità assistenziale Necessità di potenziamento delle rete tra le associazioni e Associazioni e strutture pubbliche Carenza di un segretariato sociale di ASL che si raccordi e si integri con quello dei Comuni I Comuni del distretto e le criticità riscontrate L’Ufficio di Piano, attraverso il questionario inviato a tutti i Comuni del distretto, ha individuato le diverse criticità nell’area del disagio e i Comuni nei quali tali criticità emergono. Di seguito si propone una tabella reipilogativa di quanto rilevato. Criticità Comuni interessati Carenza centro Diurno Cittaducale Carenza Assistenza in ambito Colli Sul velino 33 scolastico minori Carenza integrazione lavorativa Monte S. Giovanni, Poggio Bustone Carenza nei trasporti, anche nel Poggio Bustone, Cantalice Centro di Spinacceto A fronte di queste carenze è necessario pertanto: Definire ed integrare la rete dei servizi in termini di specializzazione e differenziazione delle risposte, per garantire una maggiore capacità di accogliere i nuovi bisogni. Istituire possibilmente il servizio per l’handicap adulto all’interno della ASL che si integri con i servizi sociali comunali. Potenziare l’area del tempo libero/socializzazione tramite il sempre più integrato coinvolgimento di Enti e Associazioni che svolgono attività culturali, sportive, ricreative. Sperimentare forme di domiciliarità innovativa in sinergia tra pubblico e privato che consenta anche di attrarre verso l’area della disabilità risorse private che non sarebbero altrimenti entrate nella rete dei servizi. Accrescere l’accessibilità e la fruibilità delle informazioni per favorire l’accesso ai diritti. Inoltre comincia ad aprirsi lo scenario del “dopo di noi” ossia la condizione nella quale i genitori del disabile vengono meno o non sono più in grado, con il procedere dell’età, di continuare a svolgere le attività di cura; si tenga presente che in tutta la Provincia non esiste ancora un centro residenziale per disabili soli. 2. Bisogni Emergenti Tra i numerosi bisogni che caratterizzano il nostro territorio si ricordano soprattutto: l’esigenza di una conoscenza realistica della disabilità sociale e sanitaria nel distretto con particolare riferimento a quella minorile, sia in termini di problematicità che di risorse pubbliche e private la necessità di punti di informazioni corretti completi e condivisi tra Enti locali, ASL e Associazioni di volontariato circa i percorsi assistenziali e le risorse territoriali il potenziamento e qualificazione degli interventi di assistenza domiciliare la necessità di risposte integrate ai temi del “dopo di noi” e della vita “indipendente”, anche attraverso la sperimentazione di soluzioni innovative, valorizzando le scelte e la responsabilità familiari con l’apporto del volontariato. il reperimento di fondi altri per offrire più risposte alla domanda sociale e sanitaria la necessità di definire il percorso di transizione tra i Servizi nel passaggio all’età adulta. Si sottolinea l’importanza di garantire la continuità del progetto di vita socio riabilitativo e di integrazione sociale nella difficile fase di uscita dalla scuola. 3. Obiettivi prioritari − Conoscere e monitorare la situazione dell’handicap nel distretto in senso quantitativo e secondo i parametri di tipo sanitario − Rileggere e ridefinire la mappatura dei servizi per consentire un lavoro di rete integrato ed efficace − Ripensare e migliorare il processo di presa in carico integrato nel quadro dei servizi per la disabilità minorile ed adulta − Garantire la continuità tra il sistema scolastico, formativo e dell’inserimento lavorativo attraverso la collaborazione tra gli operatori dei diversi sistemi codificata sulla base di protocolli operativi interistituzionali che abbiano alla base il progetto di vita del disabile e monitorino gli snodi di passaggio tra i diversi sistemi attraverso l'utilizzo di strumenti integrati (socio-educativi e sanitari) di descrizione e valutazione del percorso del disabile 34 − Acquisire fondi alternativi a quello della non-autosufficienza per garantire i “Piani assistenziali individualizzati a sostegno della domiciliarità” e i “Piani assistenziali individualizzati a sostegno della domiciliarità nelle deospedalizzazioni protette” 4. I minori con disabilità Negli ultimi anni si è assistito ad un sempre maggiore interesse per la tutela della salute in età evolutiva, tradotto in termini di promozione e di progetti di intervento finalizzati ad attività di promozione della salute, di prevenzione e di tempestiva presa in carico della patologia. Si evidenzia, in particolare: − un aumento progressivo dell’utenza che si rivolge ai Servizi per valutazioni in ambito neuropsichiatrico − l’aumento della quota di nuove segnalazioni riferite a bambini nelle fasce d’età più basse (il trend della richiesta si sta spostando verso la 1° e la 2° infanzia ), − la necessità di attivare interventi di sostegno, sia domiciliare sia sul territorio, a genitori con figli adolescenti, per facilitare l’accesso a servizi educativi/aggregativi e favorire occasioni di maggiore integrazione. 5. L’area del Disagio: il sistema dei Servizi Socio Assistenziali L’Ufficio di Piano ha inviato ad ogni singolo Comune questionari per la rilevazione dei servizi e dei relativi fondi con particolare riferimento alle risorse economiche che ciascun comune investe per l’area del disagio. Il questionario e’ stato costruito dall’ufficio di piano tenendo presente l’area del disagio nella sua completezza, i dati sono stati richiesti distinguendo le diverse tipologie di disagio: Handicap fisico e psichico, Alcolismo, tossicodipendenza, nuclei familiari in difficoltà economica e sociale, persone sole. Le aree interessate alla rilevazione sono state quelle relative alle : prestazioni/servizi assistenziali per quelle fasce di popolazione che sono a rischio di esclusione sociale dislocazione delle strutture residenziali e semiresidenziali del distretto. 6. Il Sistema dei Servizi Sanitari La ASL, non possiede a tutt’oggi dati significativi relativi all’handicap adulto, poiché non esiste un servizio specifico per tali patologie; l’handicap minorile invece è tutelato dalla Unità Territoriale Riabilitativa, sita nell’Area Materno Infantile che si occupa di seguire da un punto di vista medico sociale e psicologico, bambini e ragazzi durante il percorso scolastico. Tale attività viene svolta in forma integrata con gli insegnanti nei gruppi di lavoro per l’handicap. Per quanto attiene ai Servizi sanitari , la ASL, oltre che istituire l’Assistenza domiciliare integrata per le persone con disabilità fisica, acuta, temporanea e cronica, il settore di medicina legale ha il compito di effettuare i riconoscimento rispetto alla legge 104/92. 35 Il contrasto alla povertà e all’esclusione sociale: dati, obiettivi e priorità di intervento 1. Il contesto La povertà rappresenta un tema centrale di ogni agenda politica, oggi più che prima, in relazione alla crescita dei fenomeni di pauperizzazione rilevati annualmente anche dall’Istat. La drammaticità di tale condizione dipende dal fatto che questa rimanda ad un complesso quadro diagnostico, nel quale è possibile rilevare almeno la co-occorrenza di queste dimensioni: 1) una difficoltà individuale, che si palesa in 3 forme diverse: una debolezza fisica o psichica (a causa di una malattia o di una disabilità, congenita o intervenuta – come, per esempio, nel caso di incidenti o di abuso di alcol o di droghe) oppure di carattere prestazionale (cioè di competenze o di capacità lavorative che rendono la persona non appetibile sul mercato del lavoro); 2) una condizione di povertà estrema dal punto di vista sociale, che si declina, a sua volta, lungo due direttrici, una relazionale e una culturale: secondo la prima linea, la persona mostra una difficoltà nella capacità di creare e/o mantenere in vita delle amicizie/affetti – rispetto al tema in oggetto, ciò si traduce nel fatto che la persona non ha alcun affetto che gli dia ospitalità, è priva di Capitale Sociale –; in base alla seconda direttrice, invece, la persona può manifestare un rifiuto verso la forma dominante di cultura-civiltà, che non si esprime in qualche modalità di risposta sub-culturale o contro-culturale (che richiederebbero, comunque, un’accettazione della socialità), ma che si traduce in auto-emarginazione ed auto-esclusione, con il rifiuto a partecipare a qualunque forma di socialità, inducendo alle forme più estreme di barbonismo e asocialità. Il combinato disposto di queste 5 dimensioni sfocia, come effetto, in una condizione di povertà dal punto di vista economico: la persona non ha denaro non solo per comprare, ma neanche per affittare uno spazio dove vivere, oppure, più semplicemente, per nutrirsi. La povertà economica rappresenta, dunque, solo la forma più nota e visibile della povertà estrema, ne costituisce l’esito estremo, il risultato palese, laddove, e da qui deriva la problematicità del fenomeno, le dimensioni che la causano si mantengono nell’ombra, sono più difficilmente individuabili e rappresentabili, anche perché rimandano ad aspetti privati, personali, che il soggetto è restio a rendere pubblici. In sintesi, quindi, si può asserire che quando si parla di una persona povera, in particolar modo se senza dimora, ci si riferisce a “una persona” che è “individualmente in difficoltà, socioculturalmente isolata e, come esito di questa combinazione, economicamente povera” . I dati di sfondo dell’area “Povertà” risentono chiaramente di questa complessità e dell’ampia variabilità interna allo stesso fenomeno. Si è quindi posta l’attenzione sui fattori che possono essere a rischio di caduta in povertà, tra cui in particolare l’essere immigrato, l’essere in presenza di casi di separazioni e divorzi tra i coniugi, la scarsa disponibilità di risorse economiche, l’esperienza del carcere, un basso livello di istruzione,la disoccupazione. Non solo, oggi cominciano ad emergere forme e modalità della povertà con caratteristiche completamente nuove rispetto al passato. Ciò per una serie di fattori: a) innanzitutto, questa non è più legata esclusivamente – come emergeva negli studi classici di sociologia urbana – alle aree urbane marginali e periferiche, bensì "attraversa non univocamente, ma verticalmente e trasversalmente, più spazi sociali, ambiti di vita, luoghi fisici prodotti". Specialmente quando si lega all’immigrazione, la marginalità si concentra nelle aree urbane centrali, dove maggiori sono le opportunità di trovare lavoro, dando luogo a modalità di sovraffollamento residenziale, in cui un numero considerevole di persone convive sotto lo stesso tetto, in condizioni igieniche precarie. Viceversa, una volta stabilizzatesi, queste tendono ad integrarsi nel territorio, cercando un’abitazione stabile e trasferendosi nelle periferie urbane; 36 b) in secondo luogo, oggi assistiamo a condizioni marginali caratterizzate non tanto dalla cumulazione dei fattori di esclusione (quale può essere esemplificata dalla figura paradigmatica del `barbone', un individuo cioè senza casa, senza lavoro e senza diritti politici) quanto dall'accesso differenziato e limitato a diversi sistemi distributivi e a diversi ambiti sociali e istituzionali; si pensi ad esempio alla progressiva marginalizzazione della popolazione anziana urbana a basso reddito, per la quale l'accesso a una pensione di entità ridotta è accompagnato spesso da isolamento sociale, trasferimento forzato in quartieri anonimi, indebolimento dei legami familiari; c) infine, nelle società contemporanee si amplia l'area della "vulnerabilità sociale", in cui ricadono soggetti per i quali la marginalità non costituisce una condizione di partenza quanto l'esito di eventi precipitanti che si innestano su una situazione precedente di instabilità e di indebolimento dei legami sociali (si pensi, ad esempio, ai figli di coppie separate, ai disoccupati di lungo periodo, agli anziani soli); la marginalità finisce così, almeno in parte, di costituire un carattere ascritto per divenire una posizione acquisita. Parlare oggi di povertà estrema significa monitorare e descrivere un processo di mutamento sociale che si svolge sotto i nostri occhi, in grado di coinvolgere persone prima lontane dal problema e che costituiranno, probabilmente, le future tipologie di senza tetto. Per esempio, si può far riferimento ai seguenti soggetti sociali a rischio: - anziani con pensioni sociali, privi di dimora di proprietà e ormai impossibilitati a pagare l’affitto; - famiglie monoreddito, che non arrivano alla fatidica quarta settimana, nelle quali, al contrario di quanto avveniva nel passato, non sono in pregiudizio le relazioni affettive tra i membri del nucleo – al contrario, ben salde e profonde – ma che, inevitabilmente, potranno finire in pregiudizio a causa delle prolungate difficoltà economiche e delle rinunce a queste connesse; - giovani residenti fuori dalla città d’origine, privi di una salda rete sociale e familiare che possa riaccoglierli, con occupazioni precarie o sommerse. La Caritas diocesana ci dà una misura della difficoltà della situazione nella città quando, nel suo ultimo Rapporto 2010 dell’Osservatorio delle Povertà e delle Risorse, asserisce che «il Centro di Ascolto è ormai quasi al massimo delle sue possibilità operative, vista anche la disponibilità di viveri non sempre adeguata alle richieste. Ciò nonostante molte centinaia di persone continuano ad avvalersi dei suoi servizi . In parallelo vengono moltiplicate le attività presso la sede del Vescovado grazie all’aumento dei contributi economici erogati allo sportello lavoro e, nel 2009, al servizio di assistenza ai rifugiati politici». Per quanto riguarda la provenienza, emerge che, rallentato il flusso dei migranti provenienti dall’est europeo dopo l’entrata di questi nell’UE, e aumentato quello di Eritrei e Somali in conseguenza del programma Caritas dedicato ai rifugiati politici, «gli italiani tornano ad essere la comunità più numerosa anche se non raggiungono da soli la maggioranza assoluta degli assistiti». Dal punto di vista anagrafico, l’età delle persone che frequentano le strutture della Caritas continua a mantenersi nella fascia dei 43-45enni, cioè una fascia della popolazione giovane adulta, caratterizzata in prevalenza da immigrati, che costituisce una potenziale risorsa inespressa della comunità, posta ai margini della collettività, e che rappresenta un costo umano, non tanto per il fatto che costituiscono una spesa in assistenza, ma soprattutto perché rappresentano una risorsa umana, economica, culturale e sociale di cui la collettività non riesce ad avvalersi appieno, e di cui resta depauperata. Il genere è prevalentemente femminile e lo stato civile è prevalentemente quello dei coniugati (ma questi dati medi si devono soprattutto al contributo degli immigrati). Infatti, diversamente dagli stranieri, tra gli italiani i separati/divorziati sono il 25,0%, con un’incidenza doppia rispetto agli stranieri. 37 Infine, per quanto riguarda la residenza, l’utenza del capoluogo reatino rappresenta l’80,0% del totale. Nella casa circondariale di Rieti situata al centro della città, i detenuti sono mediamente 50 (con valori in più o in meno a seconda del periodo) tutti uomini. Vista la caratteristica della struttura, e gli spazi all’interno ridotti, è difficile poter sostenere delle attività occupazionali diverse da quelle tradizionali (pulizie, cucina, ecc), né effettuare corsi che richiedono attrezzature particolari (sono stati realizzati corsi per l’accesso alla licenza media inferiore e corsi di computer). I soggetti sottoposti a misure esterne di esecuzione penale sono, invece, circa una ventina e, di questi, la maggior parte è rappresentata da tossicodipendenti in affidamento ai servizi sociali del CSSA con un programma terapeutico presso il Ser.T. Come si può ricavare dal recente rapporto dell’Osservatorio Economico della Provincia di Rieti (Camcom Rieti-Istituto Tagliacarne) il territorio reatino può essere collocato nel cluster definito “Ruralità e Filiere Produttive”, caratterizzato dalla significativa presenza di importanti aree rurali e/o montane, in cui le imprese di piccola dimensione sono impegnate in produzioni limitate, ma di qualità. In generale, il territorio si caratterizza per i seguenti fattori: un contesto socio economico caratterizzato dalle dimensioni piuttosto modeste che ha giovato più del dinamismo della Capitale che della propria capacità di costruzione della ricchezza; un modello di sviluppo caratterizzato dalla presenza di piccole imprese (nel 2009 le ditte individuali sono il 76,8%; Italia 63,2%), che hanno una maggiore difficoltà di accesso al credito (non potendo fornire garanzie particolarmente elevate) e che sovente si collocano nelle posizioni finali delle filiere cui appartengono, subendo le restrizioni di mercato accusate a monte dai committenti; una elevata incidenza di imprese agricole (29,3%; Italia 16,4%), polverizzate su un territorio orograficamente poco favorevole; un tessuto manifatturiero (incidenza sul valore aggiunto 2008 13,1%; Italia 20,8%) che subisce il calo della domanda sui mercati esteri (propensione all’export Rieti 4,5%; Italia 19,4%); una diffusione di imprese che risulta poco incline a sperimentare percorsi di aggregazione di rete o di filiera e, quindi, economie di scopo finalizzate a rendere più solido il sistema produttivo; un mercato del lavoro che, proprio per le contenute dimensioni, sconta in maniera eccessiva le crisi industriali; una consistente presenza di terziario avanzato, ma eccessivamente localizzato sul territorio; una situazione territoriale caratterizzata da sperequazione nella distribuzione della ricchezza; una dotazione infrastrutturale caratterizzata da squilibri. Una situazione in chiaroscuro, quindi, cui ha corrisposto risultati economici non proprio lusinghieri. Infatti, si è registrata una contrazione delle esportazioni, anche se il territorio non ha risentito della recessione che ha invece caratterizzato il resto del Paese (ma c’è da aggiungere che il reatino l’aveva anticipata 2 anni fa). Inoltre, nel corso del 2009 il 12,3% delle imprese della provincia di Rieti non è stato in grado di far fronte al proprio fabbisogno finanziario, specialmente quelle del settore edile (13%) e del commercio (14,3%). Per quanto riguarda la disoccupazione, invece, emerge che il tasso di disoccupazione passa dal 7,1% del 2008 all’8,0% del 2009, riprendendo a crescere dopo che l’anno prima si era assistito ad una sua diminuzione. 38 Conforta solo un poco sapere che, comunque, il tasso di disoccupazione registrato a Rieti, se confrontato con le altre provincie laziali, è il penultimo, più alto solo di quello registrato nella provincia di Frosinone e superiore al valore nazionale dello 0,2%. Comunque, si sostiene nel Rapporto, «i dati analizzati sottolineano come nel corso dell’anno si sia assistito ad una sostenuta ripresa della disoccupazione, aspetto questo che meglio si presta a intercettare la presenza dei segnali della crisi» e tale disoccupazione ha interessato soprattutto il comparto dei servizi. A questa situazione è venuto in soccorso un tipico meccanismo di ammortizzazione sociale, in carico all’Inps, come la cassa integrazione – ordinaria e straordinaria – che ha inciso pesantemente nel contesto reatino: «nel corso del 2009, in provincia di Rieti sono state complessivamente erogate a favore dei dipendenti delle imprese aventi diritto ben 1.168.962 ore di cassa integrazione, di cui 214.363 ordinaria e 196.999 straordinaria. Tale dato, cresciuto sensibilmente rispetto al 2008 – nel 2008 si registra il numero di ore di cig più basso del quinquennio considerato – , risulta il più elevato negli anni 2005-2009, segno evidente che la crisi affonda le radici in particolare nel 2009. Dal confronto con le altre province laziali, inoltre, a fronte di un monte ore più basso, la provincia di Rieti registra, dopo Roma (+513,9%), la più alta variazione percentuale 2009/2008 (+184,2%) che ha in parte ed ovviamente garantito l’andamento ancora in crescita – e in controtendenza – dei livelli occupazionali reatini». Va sottolineato, infatti, che i lavoratori in cassa integrazione risultano conteggiati tra gli occupati, e non tra i disoccupati, perché ancora formalmente non licenziati dall’azienda. In conseguenza di ciò, le prospettive delineate dal rapporto sono tutt’altro che rosee; infatti, in prospettiva «si temono le ricadute sul tessuto socio-economico locale – tra l’altro già visibili nei livelli di reddito e consumi – e in particolare sulle famiglie reatine la cui vulnerabilità potrebbe risentire del peggioramento delle condizioni del mercato del lavoro, soprattutto se le vicende del distretto Rieti-Cittaducale non troveranno soluzioni positive». Gli interventi di inserimento lavorativo e sociale vedono coinvolti principalmente il Comune capoluogo, dove si sono sperimentati inserimenti lavorativi per detenuti in esecuzione esterna, per tossicodipendenti, disabili psichici e per capofamiglia e/o persone sole a basso reddito. Infine, per quanto riguarda il problema della casa, anche se non rientra strictu sensu nel novero delle politiche sociali, questo costituisce una voce cruciale del bilancio familiare, specialmente in questi ultimi anni in cui si è registrato un incremento del valore degli immobili che è più che raddoppiato (facendo sì che il numero medio di anni per l’acquisto di una casa di proprietà di medie dimensioni, circa 80mq., sia ormai giunto a 18): emerge in tutta evidenza la presenza di un tema sentito, anche se non drammatico. Infatti, nel comune di Rieti il numero di famiglie che hanno fatto domanda di un alloggio sono state 394 nel 2009-2010. Di questi, 14 nuclei sono stati esclusi a causa dell’assenza dei requisiti adatti (in genere perché stranieri senza permesso di soggiorno o senza contratto di lavoro). Le assegnazioni sono state 33 alloggi nel 2009 e 18 nel 2010. Si tratta, in genere, di nuclei con più componenti e tendenzialmente italiani (7 ogni 10 richiedenti). Fattori positivi La rete dei servizi dedicati al contrasto all’esclusione sociale sta cercando di rafforzarsi E’ cresciuta la collaborazione e l’interrelazione reciproca tra servizi sociali comunali e servizi specialistici (Ser.T, DSM,) Caritas e volontariato Fattori critici Scarsità di risorse economiche a disposizione Necessità di bisogni relazionali,di socialità, che spesso non possono essere soddisfatte senza mediazioni dei servizi e del volontariato Carenza di risorse lavorative Carenza di risorse abitative in particolare per l’accoglienza temporanea 39 2. Bisogni Emergenti Aumentano le persone e le famiglie che si rivolgono alla Caritas e Associazioni di volontariato richiedendo beni di prima necessità Difficoltà di inserimento nel mercato del lavoro per le fasce deboli e bisogni di mediazioni e accompagnamento Difficoltà strutturale di accesso alla casa per fasce deboli (famiglie monoreddito, anziani soli o in coppia, lavoratori in cassa integrazione ecc) Difficoltà di accedere alle misure alternative alla detenzione, in particolare per gli stranieri, per mancanza opportunità di accoglienza residenziale temporanea e di lavoro Necessità di rafforzare l’integrazione tra servizi sociali di base e servizi specialistici della ASL 3. Obiettivi prioritari Coordinamento e sviluppo della rete dei servizi pubblici e del volontariato per conoscere realisticamente i bisogni dei cittadini e per evitare interventi doppi e non efficaci Valutare la possibilità di intervenire per l’accoglienza temporanea con l’obiettivo di dare risposte più rispondenti ai bisogni identificati e di aiutare l’inclusione delle fasce deboli Potenziare le capacità della zona sociale, attraverso protocolli e modalità di lavoro integrato, per produrre più opportunità di lavoro e di inserimento lavorativo per le fasce deboli, anche attraverso un maggiore coinvolgimento delle aziende non profit Ri-pensare gli interventi di accompagnamento (alla casa, al lavoro, ai servizi, alla socialità, alla riorganizzazione degli stili di vita, alla salute fisica e psichica) in forma integrata Rafforzare, attraverso protocolli operativi l’integrazione fra servizi sociali di base e servizi specialistici. − − − − Questi obiettivi si potranno conseguire attraverso: la programmazione, nel futuro, degli interventi di accoglienza temporanea con l’obiettivo di diversificare e modulare la risposta alloggiativa il Ri-Pensare alla riattivazione della casa o centro antiviolenza per fornire consulenza, ascolto, sostegno e accoglienza a donne, anche con figli, minacciate o vittime di violenza fisica, sessuale, psicologica e di costrizione economica la sperimentazione di soluzioni abitative protette, con forte e significativa presenza del volontariato, per persone con ridotta autonomia (es. soluzioni abitative temporanee per ex detenuti in particolare immigrati)). Il potenziamento della capacità della zona sociale di produrre opportunità di lavoro e di inserimento lavorativo per le fasce deboli anche attraverso un maggior coinvolgimento delle aziende profit. 4. Il Disagio Psichico 4.A. Il Dipartimento di salute Mentale Il Dipartimento di Salute Mentale è l’articolazione dell’Azienda sanitaria che gestisce tutte le attività concernenti la tutela della salute mentale. Il programma di psichiatria: 40 Promuove, programma, coordina e verifica tutte le attività di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione necessarie per assicurare la tutela e la promozione della salute mentale della popolazione. Per il raggiungimento di tali obiettivi il Dipartimento di Salute Mentale mette a disposizione della propria utenza un insieme di attività: 4.B. I Centri di Salute Mentale I Centri di Salute Mentale (C.S.M) prendono in carico il paziente psichiatrico,formulano i programmi terapeutico-riabilitativi e di risocializzazione, svolgono attività ambulatoriale e domiciliare. L’accesso può avvenire tramite richiesta diretta dell’interessato o con impegnativa del medico di famiglia. 4.C. I Centri Diurni I Centri Diurni sono strutture semiresidenziali dove i pazienti vengono seguiti con maggiore continuità. Vi si svolgono attività riabilitative e risocializzanti e vi si accede su proposta del Centro di Salute Mentale. 4.D. Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura Reparto ospedaliero per la diagnosi ed il trattamento di quei disturbi mentali non curabili in modo adeguato presso i presidi territoriali. 4.E. Residenze Sanitarie Terapeutico Riabilitative Sono presidi, finalizzati alla riabilitazione di soggetti, che, per particolari condizioni di patologia o di ambiente familiare, abbisognano di un periodo di trattamento residenziale con assistenza continua nelle 24 ore, ai quali si accede su proposta dei Centri di salute mentale. 4.F. Case famiglia Sono strutture residenziali destinate a pazienti con disturbi psichici stabilizzati, che hanno un buon grado di autonomia personale e che sono privi di adeguato supporto familiare. Prevedono un’assistenza socio-sanitaria limitata ad alcuni momenti della giornata. Vi si accede attraverso i servizi del DSM 41 AREA Immigrati Immigrati: situazione, obiettivi e priorità di intervento 42 IL CONTESTO Per quanto concerne la presenza di stranieri regolari nel distretto presenta dimensioni piuttosto contenute, tanto in valore assoluto che in percentuale. Vi è, comunque, una tendenza all’incremento della presenza straniera sul territorio, in linea con quanto si verifica a livello nazionale, da attribuire in massima parte ai ricongiungimenti familiari, ovvero alla natalità a carico di questa componente della popolazione che contribuisce, in questo modo, al mantenimento del tasso di fecondità totale. La maggiore concentrazione di cittadini extracomunitari, oltre alla zona centrale, si registra nei comuni della bassa Sabina; in conseguenza della progressiva caratterizzazione della zona come gravitante nella sfera metropolitana di Roma. La gran parte di stranieri proviene dai paesi dell’Unione Europea, soprattutto dall’est Europa. Per quanto riguarda la consistenza per fasce di età dalla tabella 1 si rileva il peso della classe 15-64 anni, nella quale i 18-54 anni, la fascia più legata al lavoro, ne costituisce circa il 96,0%. Tab. 1 La consistenza degli stranieri per fasce d’età Età v.a. % 361 15,7 0-14 419 18,2 0-17 1.791 77,9 18-54 1.867 81,2 15-64 72 3,1 65 e oltre Fonte: elaborazione dati Comune di Rieti Per quanto riguarda l’incidenza sul totale della popolazione (cfr. tab. 5) emerge che il comune maggiormente interessato è Labro (10,0%) seguito da Paganico (5,8%) e Monte San Giovanni, Contigliano e Torricella in Sabina (tutti con un’incidenza sul toale della popolazione pari al 5,6%). A Collegiove non risultano residenti stranieri, mentre a Castel di Tora (1,0%), Morro Reatino (1,4%), Turania (1,6%)), Belmonte (1,7%) e Cittaducale (1,9%) i valori non superano il 2,0%, a fronte di un parametro medio distrettuale del 3,0%. Tab. 5 L’incidenza degli stranieri sul totale della popolazione COMUNE Collegiove Castel di Tora Morro Reatino Turania Belmonte Cittaducale Leonessa Longone Sabino Rieti Greccio Collalto Sabino Colle di Tora Poggio Bustone Distretto Montenero Sabino Rocca Sinibalda Ascrea Cantalice Colli sul Velino Incidenza sul totale della popolazione 0,0 1,0 1,4 1,6 1,7 1,9 2,4 2,7 2,8 2,9 3,0 3,0 3,0 3,0 3,1 3,5 3,7 3,8 4,0 43 COMUNE Rivodutri Nespolo Monte San Giovanni Contigliano Torricella in Sabina Paganico Labro Incidenza sul totale della popolazione 4,6 4,9 5,6 5,6 5,6 5,8 10,4 Fonte: elaborazione dati del Comune di Rieti MINORI STRANIERI Un buon indicatore del grado di integrazione della popolazione straniera nel contesto sociale di appartenenza è la presenza nelle scuole. Il numero di alunni stranieri rilevato nelle scuole di tutta la provincia e di poco meno di 400 unità (circa il 2%) del totale degli iscritti. Tale scarsa incidenza è imputabile alle ridotte dimensioni del fenomeno dell’immigrazione nella zona, ma anche si può ipotizzare una diversa qualità della componente straniera ed una più contenuta presenza di minori stranieri nella provincia di Rieti rispetto ad altri contesti, in conseguenza di un più recente coinvolgimento di quest’area di flussi migratori. La maggiore concentrazione di alunni stranieri, tanto in senso assoluto che in percentuale, si riscontra nelle scuole medie, con circa il 2,4% del totale. Il numero minimo di stranieri si ha in corrispondenza dell’asilo nido e quello massimo nelle scuole elementari a conferma del rapporto positivo della popolazione straniera al ricambio generazionale e al mantenimento di un buon livello di natalità. Anche la distribuzione dei valori percentuali calcolati sul totale degli alunni stranieri indica la massima concentrazione di immigrati nelle scuole elementari. Nelle scuole di Rieti risultano iscritti il 39,6% (cfr. tab. 5 e graf. 1) mentre la percentuale dei ragazzi iscritti in Sabina è lievemente inferiore (34,8%). La percentuale si abbassa nelle zone del Cicolano (2,6%). Tab. 6 La presenza dei minori stranieri Iscritti nelle scuole di Rieti Iscritti nelle scuole di Rieti 39,60 % Sabina 34,80 % Zone limitrofe a Rieti 13,20 % Valle del Velino 9,70 % Cicolano 2,70 % Fonte: elaborazione dati del Comune di Rieti Graf. 4 La presenza dei minori stranieri Iscritti nelle scuole di Rieti 44 Fonte: elaborazione dati del Comune di Rieti Per quanto riguarda la Scuola Superiore la maggior parte dei ragazzi in questione predilige gli istituti tecnici e professionali a discapito dei Licei e degli Istituti d’Arte (cfr. tab. 7 e graf. 5) Tab. 7 La presenza dei minori stranieri del distretto socio-sanitario n° 1 nella scuola Istituti professionali Istituti tecnici Licei Istituto d’arte 39 % 33 % 22 % 6% Fonte: elaborazione dati del Comune di Rieti Graf. 5 La presenza dei minori stranieri del distretto socio-sanitario n° 1 nella scuola Fonte: elaborazione dati del Comune di Rieti 45 La presenza dei minori stranieri nel distretto socio-sanitario n° 1 della Provincia di Rieti raggiunge quasi il 50 % della popolazione e la maggiore presenza è nei seguenti comuni: Rieti, Contigliano, Cittaducale, Cantalice, Poggio Bustone. Il problema principale in questi casi è quello di ostacolare fenomeni di dispersione scolastica che si verificano soprattutto nelle scuole medie e superiori. Tali fenomeni possono favorire episodi di devianza. Questi fenomeni vengono riscontrati soprattutto nei confronti dei ragazzi appena immigrati, che non hanno ancora ricevuto un’adeguata inculturazione. Il passo principale è l’accettazione; quindi fare in modo che i ragazzi immigrati trovino il giusto approccio con la realtà del luogo e una facile convivenza con gli altri ragazzi. Un momento critico nella vita del bambino straniero coincide con il suo ingresso nella scuola e nel mondo dei saperi e, in particolare, con l’apprendimento della letteratura e della scrittura nella seconda lingua. Questo evento rappresenta un elemento di discontinuità nella trasmissione culturale e nella storia familiare: apprendere a leggere e a scrivere solo nella lingua del paese di accoglienza significa segnare una rottura definitiva con i legami fondamentali rappresentati dalla lingua materna. Con l’ingresso a scuola e con l’apprendimento della scrittura inizia, inoltre, per il bambino straniero una fase di individuazione sulla quale la famiglia sente di avere poche possibilità di controllo. A scuola il bambino straniero sperimenta spesso anche un vissuto di distanza e di differenza: rispetto ai riferimenti e ai modelli proposti dai genitori e dagli insegnanti; rispetto alle modalità di manifestare gli effetti e di strutturare i ruoli e le relazioni familiari, che appaiono diverse nel proprio nucleo e in quello dei compagni di classe; rispetto alle aspettative differenti che gli vengono rinviate dai due spazi educativi. A scuola i minori stranieri sperimentano in certi casi anche le forme, piccole e grandi, dell’esclusione dal gruppo dei pari e dell’insuccesso. L’adolescenza, invece, presenta e propone con forza la questione dei legami di filiazione, della scelta identitaria tra fedeltà alle origini e distacco dai riferimenti familiari. In questo periodo, le forme ed i vissuti di autosvalutazione possono essere rinforzati e resi più acuti dalla valorizzazione sociale e dall’esclusione dal gruppo dei coetanei. Cercare se stessi tra memoria e progetto, andare verso il mondo senza perdere i riferimenti e gli “ancoraggi” rispetto alla propria storia: è il processo che coinvolge tutti gli adolescenti. La migrazione rende più acute determinate scelte, poiché introduce con forza gli elementi del confronto tra luoghi, spazi e tempi differenti. I contesti coinvolti nei percorsi di acculturazione dei ragazzi immigrati sono infatti molteplici: il nucleo familiare, il gruppo dei connazionali presenti, la famiglia di origine in patria, la scuola, il gruppo dei pari, il quartiere o la zona di abitazione. Contesti che disegnano via via le appartenenze, definiscono i confini, interagiscono o si contrappongono a seconda dei riferimenti e dei temi in gioco. La molteplicità e la pluralità dei contesti consentono al ragazzo in cerca della propria identità di avvicinarsi, allontanarsi, sentirsi uguali e diverso in questo viaggio segnato da sentimenti ambivalenti di appartenenza. Gli consentono in altre parole di “scegliere” come e dove collocarsi all’interno della geografia familiare e sociale. Questa possibilità di allargamento delle scelte identitarie è certamente una chance, ma è anche una sfida aggiuntiva che comporta perdite e solitudini, oltre che nuove sicurezze e conquiste. FATTORI POSITIVI FATTORI CRITICI Si sta consolidando nelle Scuole una modalità di Mancanza di un Centro di Coordinamento delle intervento per l’accoglienza che, pur scontando Associazioni ancora difficoltà,consente di considerare 46 superata la fase dell’emergenza E’ cresciuta la disponibilità dei mediatori interculturali preparati e in grado di muoversi nel sistema scolastico Le famiglie straniere sono concentrate soprattutto nel comune capoluogo Assenza di interventi strutturali per il sostegno nell’accesso della casa e del lavoro Scarsa comunicazione e coordinamento tra i diversi sportelli informativi e di orientamento del territorio del privato sociale Sono state avviate: 1) casa di Pronta accoglienza ”Nuur” per donne sole e/o con figli minori; 2) casa di accoglienza per uomini soli; 3) Centro di Pronta accoglienza per minori che ospita anche minori stranieri non accompagnati E’ stata potenziata la mediazione interculturale nei servizi-sociali, sanitari, Questura …. Ufficio relazioni stranieri distrettuale istituito c/o il Comune capofila Progetto rifugiati politici Progetto Casa Dublino con finanziamenti del Comune di Rieti I bisogni emergenti I bisogni di cui i migranti sono portatori si stanno diversificando: bisogni di informazione, di accesso in condizioni di parità ai servizi e alle risorse del territorio, bisogni connessi alla “qualità della vita” e alla partecipazione alla vita della comunità. Le criticità Tra le difficoltà maggiori si rilevano le seguenti: - la difficoltà di accesso all’abitazione o, più precisamente, ad un’abitazione che non sia sovraffollata, fatiscente, insalubre e a canoni elevati; - la ricerca di identità. Obiettivi prioritari Il fine ultimo delle politiche di integrazione è rappresentato dal superamento della visione del cittadino straniero come soggetto collocabile nella categoria delle fasce deboli. In vista di questo fine è necessaria una strategia di riconoscimento socio/culturale che veda tra i promotori e come protagonisti gli stessi migranti,che possono svolgere il ruolo di mediazione attiva tra le città, i suoi servizi e i bisogni di inserimento dei nuovi residenti. Un altro assunto della programmazione di questa area di intervento è quindi quello di riconoscere un ruolo importante agli stranieri nelle politiche dell’integrazione. 47 PARTE TERZA Schede Progettuali 48 1. Progetto Ufficio Di Piano 1. Titolo del progetto L’UFFICIO DI PIANO: LA CREAZIONE DI UNA RETE STRATEGICA 2. Nuovo progetto - Si - No X 3. Progetto già avviato - Si X - No 4. Se il progetto dà continuità a servizi/strutture già attivati, indicare se amplia l’ambito territoriale c/o l’utenza di riferimento L’Ufficio di Piano Centrale, già funzionante e a valenza distrettuale, deve continuare a svilupparsi creando una rete tecnica, progettuale ed organizzativa sul territorio, come punto di riferimento logistico-organizzativo e fulcro progettuale-operativo non solo per i Comuni dell’ambito, ma anche per gli enti e le realtà pubbliche e private che, di volta in volta, entreranno “in rete”, avendo verificato la funzionalità e la necessità di tale organismo. 5. Descrizione delle attività, dei servizi e/o prestazioni previste dal progetto (es. casa famiglia, comunità alloggio, servizio di assistenza domiciliare, ADI) L’Ufficio di Piano è lo strumento operativo tecnicamente strategico della programmazione locale e dell’Assemblea dei Sindaci con il compito di provvedere all’elaborazione del Piano di Zona, secondo le modalità indicate dal Comitato dei Sindaci. I componenti dell’Ufficio di Piano vengono individuati dal Comitato dei Sindaci. L’Ufficio di Piano ha una sede definita e adeguatamente attrezzata anche dal punto di vista informatico. Il personale dell’Ufficio di Piano è costituito dal personale dei Servizi Sociali comunali attraverso distacchi di personale ovvero incarichi a operatori esterni di cui sia dimostrata la competenza in campo amministrativo e socio-sanitario. 6. Liveas NO 7. Macroarea Generale amministrativa/organizzativa 8. Costo del progetto (finanziamento regionale) Il costo del Progetto sarà di € 76.000 9. Servizi/prestazioni erogati 49 Si tratta, in primo luogo, delle prestazioni e servizi standard propri dell’Ufficio di Piano e previste dalle linee guida regionali, che risultano essere: a) elaborare il Piano di Zona; b) elaborare e sottopone alla valutazione ed approvazione del Comitato dei Sindaci i piani di lavoro e di sviluppo dei servizi; c) supportare il Comitato dei Sindaci nell’attuazione degli indirizzi politico-amministrativi e nelle attività di programmazione, coordinamento e verifica dei servizi nonché nella gestione del budget delle risorse assegnate; d) progettare e coordinare le analisi e le ricerche propedeutiche alla definizione dei piani; e) curare i lavori di raccolta e coordinamento dei progetti previsti per la definizione del Piano di zona in relazione alle aree di intervento previste ai sensi della L. 328/00 ai fini della presentazione del Piano sociale di zona. Una volta elaborato ed approvato il Piano di zona e sottoscritto il relativo accordo di programma al fine di garantire la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, l’Ufficio di piano avrà le seguenti competenze: - predisporre gli atti per l’organizzazione dei servizi e per l’eventuale affidamento di essi; - predisporre gli atti finanziari: a) per la gestione corrente dell’ufficio di piano medesimo (spese beni strumentali e beni di consumo, percentuale per i costi generali di funzionamento quali telefono, personale ecc.); b) per la materiale erogazione delle somme destinate al finanziamento dei soggetti che gestiscono i servizi (Comuni, privato sociale, privati che agiscono in regime di convenzione); - predisporre l’articolato dei protocolli d’intesa e degli altri atti volti a realizzare il coordinamento con gli organi periferici delle amministrazioni statali; - organizzare la raccolta delle informazioni e dei dati anche al fine della realizzazione del sistema di monitoraggio e valutazione; - promuovere iniziative per il reperimento di altre risorse, come i progetti europei, per cui potranno essere necessari periodici trasferimenti formativi e informativi a Bruxelles per accordi transnazionali con altri Enti o Associazioni (i progetti transnazionali sono approvati come si sa, più facilmente) - predisporre tutti gli atti necessari all’assolvimento da parte del Comune capofila (gestore del fondo complessivo dell’ambito) dell’obbligo di rendicontazione; - formulare indicazioni e suggerimenti diretti all’’Assemblea dei Sindaci in tema di iniziative di formazione e aggiornamento degli operatori, rimodulazione delle attività previste dal Piano di zona, acquisizione di diverse competenze o nuove figure professionali per l’espletamento dei propri compiti. L’Ufficio di Piano e gli esperti che lo costituiscono, sono un supporto stabile per tutti i Comuni del Distretto, anche per progettualità differenti da quelle comprese nei Piani di Zona e riguardanti i LIVEAS, purché incidano sul Sistema Salute Distrettuale. 10. Bacino di utenza - 11. Distrettuale Sub-distrettuale (specificare i Comuni) Comunale (specificare il Comune) X Tipologia di utenza 50 Comuni del Distretto – AUSL – Terzo Settore – Prefettura – Questura – Volontariato – Carcere, Tribunale dei minori, C.S.S.A. ecc. 12. Obiettivi del progetto L’Obiettivo generale del progetto è quello di continuare e sviluppare un organismo “ l’Ufficio di Piano”, in grado, di essere il MOTORE di una effettiva svolta metodologica dei servizi, sulla base di quanto previsto dalla Legge 328/2000. Oltre ai servizi gestionali previsti nel paragrafo 9, risulteranno obiettivi determinanti e specifici: 1) La costituzione di una rete con il volontariato territoriale che, partendo dalla creazione di tavoli di lavoro settoriali per l’analisi analitica e periodica dei bisogni, arrivi all’elaborazione di progetti volti allo sviluppo del Sistema Salute. Si costituiranno, quindi, equipe progettuali trasversali che, ottenuti fondi “altri”, attiveranno nuove risorse (per la progettazione, una volta ottenuti fondi altri, europei o di altra natura, deve essere prevista una quota del 10% da ridistribuire proporzionalmente all’equipè) e servizi, la cui gestione, previa analisi delle competenze, potrà essere affidata alle stesse associazioni o cooperative partners. Il Ruolo dell’Ufficio di Piano e dei suoi componenti, sarà quello di coordinamento e verifica della fattibilità tecnica, nonché di promotore e garante tecnico. Questo Sistema di promozione, stimolazione e coinvolgimento progettuale, inciderà sicuramente sulla qualità dei servizi determinando, peraltro, una rilevante partecipazione del privato sociale, all’insegna del principio della sussidiarietà, prevenendo la logica della “richiesta passiva” di finanziamento per idee proprie, ma lavorando insieme, nell’ambito di una logica sistemica a vantaggio della collettività. 2) La costituzione di una rete interistituzionale, ufficializzata dall’Assemblea dei Sindaci dei Sindaci, che preveda la partecipazione di più soggetti istituzionali, a livello tecnico e a livello politico nell’elaborazione di strategie allargate, ad ampio respiro, per un Sistema collegato, sinergico e ottimizzato. Questo anche per evitare la ricerca simultanea delle informazioni e dei dati. Questo percorso, già attivato informalmente in fase di elaborazione del precedente Piano, potrebbe essere confermato tra gli organismi citati nel paragrafo 11 e altri ancora. 3) L’elaborazione,concordata insieme al Segretariato sociale, e approvata dall’Assemblea dei Sindaci, di un Regolamento dei Servizi per ciò che concerne, in primo luogo, i Liveas e i progetti attivati con il fondo del Piano, che consenta di raggiungere la trasparenza nell’erogazione e la qualità dei vari servizi. 4) Una consulenza tecnica stabile, come si è anticipato nel paragrafo 9, ai Comuni del distretto, che, per la maggior parte non hanno personale che si occupi dei servizi sociali in modo esclusivo, per l’ideazione, l’elaborazione e la stesura di progetti altri rispetto a quelli inseriti nei Piani di Zona, purchè incidano sul Sistema Salute distrettuale: questo servizio/obiettivo vuole rafforzare la natura solidale di Distretto ma anche consentire di non fare domande/progetti duplicate, come Distretto e come Comune, per esempio, ad uno stesso Ente erogatore. 5) Il coordinamento del Segretariato Sociale sia ai fini di un’analisi costante e attenta dei Bisogni, sia nella verifica della qualità dei servizi attivati, sia ai fin dell’elaborazione degli indicatori più idonei sia, infine, nell’ attivazione di progetti che prevedono la stimolazione e il coinvolgimento attivo del tessuto sociale e nella divulgazione delle opportunità e dei servizi all’utenza potenziale (eventualmente anche con interventi massmediatici) . 13. Tempi di attuazione 51 Già in funzione dal 2004 e attivo a pieno regime dal 2005, se ne prevede la continuazione per il 2011. 14. Tipologia di strutture Numero strutture Tipologia struttura - Gruppo appartamento - Casa famiglia - Comunità alloggio - Comunità di pronta accoglienza - Casa di riposo - Casa albergo - Strutture semiresidenziali (specificare) - Altro (Specificare) Capacità di accoglienza della/e struttura/e (n. posti) 15. Numero utenti nel 2010 16. Soggetto che gestisce - Comune - Convenzione - Convenzione con Associazioni di volontariato - Altro (Specificare: Ufficio di Piano) X 17. Utenza annuale prevista 18. Personale coinvolto nel progetto 1.Amministrativi: 2. Assistenti sociali: 3. Collaboratori Amm.vi 4.Ragioniera 5.Pedagogisti 6. Educatori professionali 7.Operatori socio-sanitari 8.Volontari 9. Mediatori culturali 10.Coordinatore supervisore (individuato tra il personale di cui al punti 1) 12.Personale amministrativo con contratto atipico 0 0 0 0 0 0 4 4 3 1 0 0 1 19. Sede della struttura e/o dell’attività Presso la sede del Comune capofila 20. Esistono strumenti di monitoraggio e verifica dei risultati? • Si X 52 • • • • • gradimento dei Comuni del Distretto privato sociale e associazionismo coinvolto grado di uniformità delle procedure altro No 21. Esiste compartecipazione da parte degli utenti? - Si, totalmente - Si, parzialmente - No (i Comuni valuteranno quest’anno una partecipazione per il prossimo anno, X secondo quanto esposto nel paragrafo 8) 22. Quali sono le modalità di integrazione con la ASL? La nomina, da parte della ASL, di personale esperto (Assistente sociale) che interagisca, a livello tecnico-organizzativo, a garanzia dell’integrazione sociosanitaria, soprattutto nei progetti LIVEAS ( che verrà retribuito con il fondo regionale): 23. Finanziamenti e Coofinanziamenti previsti: specificare i costi Coofinanziamento Finanziamento Nazionale/Regio nale Costo umane risorse €. 76.000,00 Totale Finanziamento Prov Comunal Asl Altro inci e ale €. 76.000,00 Costo di funzionamento e gestione Costo di struttura e di mantenimento Totale €. 76.000,00 €. 76.000,00 53 2. Progetto case alloggio per disagiati psichici 1.Titolo del progetto “CASE ALLOGGIO PER DISAGIATI PSICHICI” 2. Nuovo progetto - Si - No X 3. Progetto già avviato - Si X - No 4. Se il progetto dà continuità a servizi/strutture già attivati, indicare se amplia l’ambito territoriale c/o l’utenza di riferimento 5. Descrizione delle attività, dei servizi e/o prestazioni previste dal progetto (es. casa famiglia, comunità alloggio, servizio di assistenza domiciliare, ADI) Casa alloggio per disagiati psichici sita in Monte San Giovanni In S.; Casa alloggio per disagiati psichici sita in Colli sul Velino; Casa alloggio per disagiati psichici sita in Cantalice; Casa alloggio per disagiati psichici sita in Rieti (via Pollastrini); Casa alloggio per disagiati psichici sita in Rieti (via Salaria); Casa alloggio per disagiati psichici sita in Rieti (via Pollastrini); Casa alloggio per disagiati psichici sita in Rieti (via dell’Ospedale); 6. Liveas Sì 7. Macroarea Disabili 8. Costo del progetto (finanziamento regionale) € 193.923,64 9. Servizi/prestazioni erogati Riabilitazione dei pazienti sulla base di appositi progetti da parte del D.S.M. 10. Bacino di utenza Distrettuale Sub-distrettuale (specificare i Comuni) Comunale (specificare il Comune) X 54 11. Obiettivi del progetto L’obiettivo generale sarà il recupero della dignità, la riappropriazione di spazi, bisogni, diritti, di decisionalità e benessere da parte dei soggetti fruitori del servizio, nonché formazione di autonomie ed abilità, inserimento relazionale e comunitario attraverso la promozione e realizzazione di progetti specifici. Obiettivi strategici più specifici saranno: • L’attivazione urgente di reti sociali, con l’apporto del volontariato e l’associazionismo locale e parrocchiale del Servizio civile volontario al fine di permettere ai pazienti il contatto con figure professionali diverse (che, comunque, convivono con gli utenti circa 7-10 ore, lasciandoli in autonomia per la restante parte del giorno) ma anche per ridurre e/o ottimizzare i costi puramente assistenziali verso un’autonomia di gestione del proprio tempo, pressoché assoluta (per i soggetti, chiaramente, con potenzialità maggiore in tal senso). • L’attivazione di protocolli ed accordi programmatici con le realtà imprenditoriali locali per il reinserimento lavorativo, Dal punto di vista economico-gestionale sarà necessario, visto che di servizio distrettuale trattasi, vengano attivate procedure atte ad uniformarne la gestione. Attualmente un soggetto privato sociale gestisce le 4 case di Rieti , un soggetto privato sociale diverso gestisce le case di Monte S Giovanni e Colli sul Velino e il Comune di Cantalice gestisce direttamente la casa presente nel proprio territorio: dal punto di vista tecnicoamministrativo. 12. Tempi di attuazione Annuale 13. Tipologia di strutture Numero strutture 7 Tipologia struttura Gruppo appartamento Casa famiglia Comunità alloggio Comunità di pronta accoglienza Casa di riposo Casa albergo Strutture semiresidenziali (specificare) Altro (Specificare) X Capacità di accoglienza della/e struttura/e (n. posti) 4 2 14. Numero utenti nel 2010 2 9 15. Soggetto che gestisce - Comune - Convenzione 55 - Convenzione con Associazioni di volontariato - Altro (Comuni di ubicazione) X 16. Utenza annuale prevista 2 9 17. Personale coinvolto nel progetto - Amministrativi - Assistenti sociali (AUSL) - Sociologi - Psicologi (AUSL) - Pedagogisti - Educatori professionali - Operatori socio-sanitari - Volontari - Mediatori culturali - Altre figure (assistenti domiciliari) 2 2 7 18. Sede della struttura e/o dell’attività Comuni di: Rieti, Cantalice, Monte San Giovanni, Colli sul Velino. 19. Liste di attesa - Si (specificare i motivi) - No X 20. Esistono strumenti di monitoraggio e verifica dei risultati? - Si (specificare quali) -Livello di gradimento del servizio -decremento graduale dell’utenza -numero di inserimenti lavorativi e corsi formativi - No X 21. Esiste compartecipazione da parte degli utenti? - Si, totalmente - Si, parzialmente - No X 22.Quali sono le modalità di integrazione con la ASL? Fornitura personale specializzato del D.S.M. 23. Finanziamenti e Cofinanziamenti previsti: specificare i costi Cofinanziamento Totale Finanziamento Finanziament 56 Nazionale/Regio nale Costo risorse €. 193.923,64 umane Costo di funzionament o e gestione per attività distrettuali Costo di struttura e di mantenimento Totale €. 193.923,64 Provincial Comunal e e As Altr o l o €. 193.923,64 €. 193.923,64 57 3. Progetto centro socio – riabilitativo “Simonetta Rigliani” Titolo del progetto CENTRO SOCIO-RIABILITATIVO “SIMONETTA RIGLIANI” SPINACCETO: “VERSO UN IMPATTO EFFICACE SUL TERRITORIO” Nuovo progetto - Si - No X Progetto già avviato - Si X - No Se il progetto dà continuità a servizi/strutture già attivati, indicare se amplia l’ambito territoriale c/o l’utenza di riferimento Servizio esteso a tutti i Comuni del Distretto. Descrizione delle attività, dei servizi e/o prestazioni previste dal progetto (es. casa famiglia, comunità alloggio, servizio di assistenza domiciliare, ADI) Nel Centro diurno,si svolgono attività socio-riabilitative, finalizzate al reinserimento sociale, abilitazione e riabilitazione motoria. Liveas Sì Macroarea Disabili Costo del progetto (finanziamento regionale) € 76.800,00 Servizi/prestazioni erogati Abilitazione e Riabilitazione motoria, socializzazione. Bacino di utenza Distrettuale Sub-distrettuale (specificare i Comuni) Comunale (specificare il Comune) X Tipologia di utenza Portatori di handicap, disagiati psichici medio-gravi. Obiettivi del progetto 58 Riabilitazione motoria, socializzazione, integrazione nel gruppo e sul territorio dei soggetti fruitori del centro, apprendimento di nuove attività; supporto e sostegno alle famiglie. Si ritiene necessario trovare misure atte a rendere più efficiente la struttura, che è comunque efficace attraverso un ampliamento dell’offerta di attività ed un’estensione dell’orario di apertura su sei giorni alla settimana, dalle ore 8.00 alle 18.00 mentre ora è aperto per quattro giorni e dalle ore 9.00 alle 13.00. Tempi di attuazione Già attivo sul territorio Tipologia di strutture Numero strutture Tipologia struttura Gruppo appartamento Casa famiglia Comunità alloggio Comunità di pronta accoglienza Casa di riposo Casa albergo Strutture semiresidenziali (specificare) Altro (Centro socio-riabilitativo) 1 X Capacità di accoglienza della/e struttura/e (n. posti) 1 5 Numero utenti nel 2010 1 5 1 5 Soggetto che gestisce - Comune - Convenzione - Convenzione con Associazioni di volontariato - Altro (Specificare) Utenza annuale prevista Personale coinvolto nel progetto - Amministrativi - Assistenti sociali - Sociologi - Psicologi - Pedagogisti - Educatori professionali - Operatori socio-sanitari - Volontari - Mediatori culturali - Altre figure (assistenti domiciliari) - Altre figure (fisiatra) X 1 1 2 1 59 - Altre figure (fisioterapista) 1 Sede della struttura e/o dell’attività Comune di Greccio Liste di attesa - Si (spazi limitati) - No X Esistono strumenti di monitoraggio e verifica dei risultati? Si (specificare quali) Livello di gradimento del servizio, mantenimento/incremento dell’utenza n° di pz. inviati da MMG aumento delle ore effettive di terapia socioriabilitativa No Esiste compartecipazione da parte degli utenti? - Si, totalmente - Si, parzialmente - No X X Quali sono le modalità di integrazione con la ASL? Medico Fisiatra e Fisioterapista. 24. Finanziamenti e Cofinanziamenti previsti: specificare i costi Cofinanziamento Finanziamento Nazionale/Regio nale Costo umane risorse €. 76.800,00 Provinciale Comunale Totale Finanziamento Asl Altr o €. 76.800,00 Costo di funzionamento e gestione per attività distrettuale 60 Costo di struttura e di mantenimento Totale €. 76.800,00 € 76.800,00 61 4. Progetto assistenza domiciliare di base 1. Titolo del Progetto ASSISTENZA DOMICILIARE DI BASE: PARAMETRI E QUALITA’ 2.Nuovo progetto - Si - No X 3. Progetto già avviato - Si X - No 4. Se il progetto dà continuità a servizi/strutture già attivati, indicare se amplia l’ambito territoriale c/o l’utenza di riferimento Il progetto prevede, oltre alla prosecuzione di servizi già attivati (ADI anziani ed handicap), il potenziamento di preesistenti servizi e l’attuazione di nuovi a favore di minori in condizione di svantaggio sociale e/o familiare. 5. Descrizione delle attività, dei servizi e/o prestazioni previste dal progetto (es. casa famiglia, comunità alloggio, servizio di assistenza domiciliare, ADI) Assistenza domiciliare di base 6. Liveas Sì 7. Macroare Anziani, disabili, minori e famiglia, disagio-esclusione sociale 8. Costo del progetto (finanziamento regionale) € 338.127,57 9. Servizi/prestazioni erogati Servizi differenziati in grado di rispondere alle esigenze personali e familiari, allo scopo di consentirne la permanenza nel proprio contesto sociale e ambientale con l’obiettivo di ridurre il ricorso al ricovero presso strutture residenziali e/o ospedaliere. 10. Bacino di utenza Distrettuale Sub-distrettuale (specificare i Comuni) Comunale (specificare il Comune) X 11. Tipologia di utenza 62 Anziani in condizioni di non autosufficienza, portatori di handicap, minori in condizioni di svantaggio sociale e/o familiare. 12. Obiettivi del progetto L’obiettivo generale del progetto è favorire il benessere dei beneficiari del servizio e la permanenza nel proprio contesto familiare e sociale. Obiettivi specifici: • garantire l’omogeneità del Servizio sul territorio distrettuale attraverso il monitoraggio dello stesso ottimizzando il coordinamento tra il Sistema Socio Sanitario, il Segretariato Sociale, gli operatori domiciliari e il volontariato. • Sostegno alle famiglie nell’attività di cura e assistenza, potenziamento del servizio, realizzazione di una più adeguata integrazione con le strutture socio-sanitarie del territorio. Andranno da subito intraprese le seguenti azioni per l’ottimizzazione del servizio: APPROPRIATEZZA DEGLI INTERVENTI A tal fine risulta necessario attivare, per l’assistenza domiciliare di base, meccanismi di ottimizzazione degli interventi con la creazione di indicatori oggettivi per determinare l’effettiva necessità della prestazione. L’Ufficio di Piano e il Segretariato sociale, auspicabilmente sostenuti dai Sindaci, valuteranno i parametri reali quali: la solitudine, la non autonomia, lo scarso reddito e l’inserimento del minore nel contesto familiare. Inoltre le prestazioni privilegiate dovranno essere quelle legate all’igiene e la cura della persona, e al sostegno alla famiglia nella responsabilità genitoriale. ATTIVAZIONE DI PERCORSI ALTERNATIVI DI SOLIDARIETA’ SOCIALE Nel caso in cui si verifichino difficoltà di gestione della rete familiare, sarà opportuno attivare sistemi di solidarietà sociale, che partano dai centri anziani o dalle associazioni di volontariato e che, e che supportate a livello logistico e metodologico dal Segretariato sociale e dall’Ufficio di Piano, siano rivolte a cittadini in stato di bisogno. 13. Tempi di attuazione Il progetto è già attivo (si tratta di continuità assistenziale) 14. Tipologia di strutture Numero strutture Tipologia struttura Gruppo appartamento Casa famiglia Comunità alloggio Comunità di pronta accoglienza Casa di riposo Casa albergo Strutture semiresidenziali (specificare) Altro (Specificare) Capacità di accoglienza della/e struttura/e (n. posti) 15. Numero utenti nel 2010 3 5 8 63 Soggetto che gestisce - Comune - Convenzione - Convenzione con Associazioni di volontariato - Altro (Specificare 17. Utenza annuale prevista X X 3 7 0 18. Personale coinvolto nel progetto - Amministrativi - Assistenti sociali - Sociologi - Psicologi - Pedagogisti - Educatori professionali - Operatori socio-sanitari - Volontari - Mediatori culturali - Altre figure (assistenti domiciliari) - Altre figure (medici generici) - Altre figure (medici specialisti) - Altre figure (infermieri professionali) - Altre figure (fisioterapisti) 7 1 1 5 3 3 3 19. Sede della struttura e/o dell’attività Presso il domicilio degli utenti nei Comuni del distretto 20. Liste di attesa - Si (specificare i motivi): il bisogno è superiore al servizio reso - No X 21. Esistono strumenti di monitoraggio e verifica dei risultati? - Si (specificare quali) X Livello di gradimento del servizio, mantenimento/incremento dell’utenza e incontri con cadenza mensile tra il Segretariato Sociale e gli Operatori impegnati nel servizio - No 22. Esiste compartecipazione da parte degli utenti? - Si, totalmente - Si, parzialmente - No X 23. Quali sono le modalità di integrazione con la ASL? Compartecipazione per i costi relativi al personale per l’intervento integrato (medici, infermieri, fisioterapisti) 64 24. Finanziamenti e Cofinanziamenti previsti: specificare i costi Coofinanziamento Finanziamento Comunale Nazionale/Regio Provinciale nale Costo umane risorse Totale Finanziamento Asl Altro €. 338.127,57 €. 338.127,57 € 338.127,57 € 338.127,57 Costo di funzionamento e gestione per attività distrettuali Costo di struttura e di mantenimento Totale 65 5. Progetto segretariato sociale 1. Titolo del Progetto SEGRETARIATO SOCIALE: SCOPRITORI DEL PUNTO DI FORZA DEL SISTEMA (Sportello Informa-Famiglia – Servizio Pronto-Famiglia) 2.Nuovo progetto - Si - No X 3. Progetto già avviato - Si - No X 4.Se il progetto dà continuità a servizi/strutture già attivati, indicare se amplia l’ambito territoriale c/o l’utenza di riferimento Il Servizio di Segretariato Sociale supporta e informa nell’ambito territoriale l’utenza di riferimento. 5.Descrizione delle attività, dei servizi e/o prestazioni previste dal progetto (es. casa famiglia, comunità alloggio, servizio di assistenza domiciliare, ADI, minori, famiglie) Il servizio di Segretariato sociale costituisce una base organizzativa e professionale che realizza le finalità proprie della legge 328/00 attraverso il primo “livello essenziale” delle prestazioni sociali erogabili e che si riferisce specificamente al diritto di informazione sulla situazione delle risorse e dei servizi pubblici, privati e misti da parte dei cittadini, oltre che sulle modalità per accedervi ed utilizzarle correttamente in rapporto alle esigenze da soddisfare. L’informazione offerta dal Segretariato Sociale si configura per accessibilità, completezza, immediatezza, personalizzazione, obiettività imparzialità, riservatezza. La consulenza rinvia alla professionalità di chi è abilitato all’esercizio della prestazione. Se l’informazione si rivolge all’universalità della cittadinanza a partire da una domanda, la consulenza rappresenta il livello della selettività a partire da un bisogno. La domanda rappresenta la manifestazione delle aspettative e delle esigenze dei cittadini in merito all’aspetto previdenziale, sociale e sanitario, attraverso specifico iter amministrativo codificato. Il bisogno rappresenta la condizione personale da cui occorre partire nel caso in cui la domanda non sia risolta dal livello informativo. Il Servizio, tenendo conto delle indicazioni sulle aree prioritarie si suddivide in tre settori di base: Area socio-assistenziale di base per l'età evolutiva e la genitorialità; Area socio-assistenziale di base per l'età giovanile e adulta; Area socio-assistenziale di base per l'età anziana e la vecchiaia. Gli interventi rivolti ai disabili motori e psichici, nonché le azioni di contrasto alle povertà, dipendenze, comprese il sostegno alle famiglie degli stessi, si collocano trasversalmente all'interno delle tre macro aree. Il Segretariato Sociale si configura, e si configurerà, come realtà in stretto collegamento con l’Ufficio di Piano, il Sistema Informativo sui servizi sociali Distrettuale con il Distretto sanitario, gli Istituti scolastici del territorio, le organizzazioni partner del terzo settore e gli enti locali, attraverso: Progetti personalizzati 66 Mobilizzazione delle reti sociali Coordinamento ed integrazione con gli altri servizi territoriali. Il Servizio si manterrà in linea con le seguenti finalità: Informazione sulle opportunità offerte dalla rete dei servizi e dalla comunità, consulenza sui problemi familiari e sociali Lettura del bisogno, definizione del problema e accompagnamento nel percorso di attivazione Raccolta dei dati e delle informazioni Prevenzione dei rischi del disagio sociale promovendo reti sociali di supporto Valorizzazione delle risorse del territorio, favorendo la partecipazione attiva delle persone nella definizione degli interventi Sostegno alle responsabilità genitoriali ed accompagnamento del singolo e della famiglia Consulenza e sostegno nelle situazioni di disagio sociale e per le fasce di popolazione a rischio Collaborazione con l’autorità giudiziaria Collaborazione con le istituzioni formative e occupazionali Sportello “Informa Famiglia” Lo sportello supporterà gli altri servizi per la famiglia garantendo l’informazione sui diritti, le prestazioni e le opportunità che devono sostenere gli impegni di cura, di assistenza e di educazione all’interno delle famiglie. Con questa finalità il personale predisposto dovrà porsi i seguenti obiettivi: - raccogliere i contributi dei servizi sociali comunali, dei servizi socio-sanitari e sanitari del Distretto, delle istituzioni educative, ma anche delle associazioni e delle altre formazioni del Terzo settore; - organizzare e stimolare le funzioni di solidarietà all’interno delle comunità locali, proponendo l’attivazione o attivando direttamente nuove iniziative in rapporto alle esigenze che non trovano risposte nel sistema locale dei servizi; - realizzare il raccordo informativo tra i diversi soggetti presenti nella comunità, tramite l’elaborazione di materiale esplicativo e di schede per la raccolta di richieste e segnalazioni da parte delle famiglie; - agire da fonte informativa nei confronti delle famiglie, fornendo loro informazioni ma anche raccogliendo dalle stesse, richieste e segnalazioni su problemi e difficoltà; Lo sportello dunque, in stretta relazione con l’Ufficio di Piano, che avrà il quadro del Macrosistema, e che dovrà supportare, soprattutto nell’analisi e nel monitoraggio delle criticità e delle opportunità di stimolazione del sistema, costituirà per la collettività il primo punto di riferimento al quale rivolgersi e al quale rappresentare le proprie esigenze. I requisiti strutturali essenziali richiesti per l’attività degli Sportelli famiglia sono che tali strutture siano facilmente accessibili al pubblico e privi di barriere architettoniche, ubicati preferibilmente all’interno di edifici pubblici (Comuni e ASL) e comunque in aree facilmente raggiungibili rispetto al territorio del distretto di appartenenza. All’interno dello sportello famiglia verrà attivato un servizio informativo denominato: ”Pronto famiglia” il quale si occuperà di mantenere le relazioni a distanza con le famiglie che ne chiederanno l’intervento. Liveas Si Macroarea 67 Anziani, disabili, minori e famiglia, disagio-esclusione sociale, immigrati. 8. Costo del progetto (finanziamento regionale) € 202.725,85 9.Servizi/prestazioni erogati ATTIVITÀ DI SERVIZIO SOCIALE INTEGRATO Attività svolte dall’èquipe direttamente con i cittadini attraverso interventi di consulenza, sostegno e progettazione con la rete dei servizi. INTERVENTI DI CONSULENZA E INFORMAZIONE Supporto nell’analisi del problema e ricerca delle possibili soluzioni. E’ un’attività contenuta nel tempo e può essere la fase preliminare al trattamento o alla segnalazione ad altro servizio, cioè un intervento compiuto che mira all’autonomia dell’utente nell’uso delle proprie risorse. ATTIVITA’ DI PROGETTAZIONE Intervento articolato con sistematicità nel tempo, programmato con altre istituzioni e con gli utenti. Comprende il sostegno per l’uso delle risorse personali e sociali e per la riorganizzazione dei servizi attraverso l’accesso a nuove forme di finanziamento: in stretta sinergia con l’Ufficio di Piano RAPPORTI SISTEMATICI CON I SERVIZI SANITARI Per la progettazione e conduzione di interventi integrati (sociali e sanitari in forma residenziale e non), con condivisione progettuale e responsabilità professionale dei diversi servizi verso l’utente: in stretta sinergia con l’Ufficio di piano. RAPPORTI SISTEMATICI CON OPERATORI SCOLASTICI Per il coordinamento degli interventi socio-educativi sull’utente, sia nelle azioni curriculari scolastiche, sia nelle attività extrascolastiche. RAPPORTI SISTEMATICI CON VOLONTARI E/O ALTRE AGENZIE SOCIALI DEL TERRITORIO Per la progettazione e conduzione di interventi coordinati attraverso il coinvolgimento dell’associazionismo, della cooperazione del mondo del lavoro, ecc… In sostanza lo scopo del Segretariato Sociale sarà quello di favorire e stimolare il nucleo parentale e il contesto ambientale, più che di cura del processo (proprio del Servizio sociale professionale) L’equipe del Segretariato Sociale farà un lavoro di sede ed un lavoro “itinerante” presso il domicilio degli utenti (solo se programmato e richiesto come assolutamente necessario), presso Servizi Istituzionali e non, ecc. alternando almeno 2 volte settimanali per 5 ore giornaliere in sede e almeno 3 giorni settimanali per 4 ore giornaliere in “itinere”. All’interno di tale strutturazione sono previste ore di lavoro in équipe per la programmazione operativa degli interventi, la definizione dei livelli di integrazione, la formazione degli operatori, la progettazione, il monitoraggio e la valutazione degli interventi e dei servizi, la definizione dell’approccio e dei criteri di qualità, ecc. La priorità, sarà dunque quella dell’Attivazione di Reti a sostegno dell’ Ufficio di Piano come organo principale del Sistema. Nell’opera di coinvolgimento delle Istituzioni, il Segretariato Sociale dovrà appoggiare il lavoro dell’Ufficio di Piano e non sostituirsi ad esso, fungerà da stimolatore di reti e relazioni, in stretta collaborazione sinergica e dialogica. Non si dovrà confondere con il Servizio sociale professionale, caricandosi del percorso dell’utente. 68 10.Bacino di utenza Distrettuale Sub-distrettuale (specificare i Comuni) Comunale (specificare il Comune) X 11.Tipologia di utenza L’utenza “tipo” del servizio è costituita in prevalenza dai soggetti esposti a situazioni di disagio (anziani, disabili, famiglie indigenti, minori e adolescenti a rischio, famiglie con patologie gravi, ecc.) e dove un’eventuale stima numerica precisa è difficilmente formulabile; ma l’altra fondamentale tipologia d’utenza è rappresentata dalle persone potenzialmente “motrici” del sistema. Il segretariato sociale dovrà scoprirle e “attivarle”. 12.Obiettivi del progetto Il Segretariato sociale è il braccio operativo e territoriale (sul campo) dell’Ufficio di Piano (che, in base al “sondaggio attuato” progetta ed elabora il Piano). Tutto il Piano si basa su un forte Ufficio di Piano e un efficace Segretariato Sociale, che, per questo, non potrà e non dovrà svolgere funzioni di Servizio sociale professionale (se non in emergenze assolute). Al fine di rendere il lavoro degli operatori più efficace ed efficiente, ci si attende che vengano raggiunti i seguenti obiettivi: Promozione di un diverso atteggiamento dei soggetti pubblici e privati operanti nel settore delle politiche socio – sanitarie Garantire la corretta informazione, orientamento e consulenza ai cittadini residenti, facilitando l’accesso ai servizi, riducendo il rischio di fenomeni di esclusione sociale; Coordinamento con la struttura ASL competente, con le diverse figure degli Enti Comunali, con le associazioni del privato sociale Progetti di intervento su famiglie con minori a rischio psicosociale, tramite l’elaborazione, il monitoraggio e la valutazione delle azioni educative che includano l’integrazione ed il coinvolgimento con le realtà scolastiche e formative del territorio 13.Tempi di attuazione Data la essenzialità del servizio (art. 22 comma 4 lett. a della L.328/00) e le specifiche esigenze emergenti in sede di costituzione del Piano di Zona, si propone l’avvio delle singole azioni per aree prioritarie e la continuità su tutto il territorio del Distretto a partire dalla data di approvazione del progetto. 14. Tipologia di strutture Numero strutture Tipologia struttura Gruppo appartamento Casa famiglia Comunità alloggio Comunità di pronta accoglienza 69 Casa di riposo Casa albergo Strutture semiresidenziali (specificare) Altro (centri di aggregazione cittadina) X Capacità di accoglienza della/e struttura/e (n. posti) Numero utenti nel 2010 15.Soggetto che gestisce - Comune - Convenzione - Convenzione con Associazioni di volontariato - Altro x 16. Utenza annuale prevista 17. Personale coinvolto nel progetto - Amministrativi - Assistenti sociali - Sociologi - Psicologi - Pedagogisti - Educatori professionali - Operatori socio-sanitari - Volontari - Mediatori culturali - Altre figure (specificare LSU) 7 18. Sede della struttura e/o dell’attività Comuni del Distretto 19. Liste di attesa - Si (specificare i motivi) - No X 20. Esistono strumenti di monitoraggio e verifica dei risultati? - Si (specificare quali) x Attraverso personale responsabile dei vari Comuni che elabora relazioni periodiche sull’andamento del Servizio - No 21.Esiste compartecipazione da parte degli utenti? 70 - Si, totalmente - Si, parzialmente - No x 22. Quali sono le modalità di integrazione con la ASL? Collaborazione dei referenti nella elaborazione di un piano di lavoro e discussione per favorire l’integrazione, attraverso riunioni di coordinamento con gli operatori responsabili dei vari servizi territoriali sociali e sanitari ( Enti Comunali – Azienda ASL). 23. Finanziamenti e Cofinanziamenti previsti: specificare i costi Cofinanziamento Finanziamento Nazionale/Regio nale Costo umane € 202.725,85 (comprensivo risorse del servizio INFORMA famiglia e del servizio P.U.A.) Provinciale Comunale Totale Finanziamento Asl Altr o € 202.725,85 Costo di funzionamento e gestione per attività distrettuali Costo di struttura e di mantenimento Totale €. 202.725,85 € 202.725,85 71 6. Progetto centri creativi e ricreativi Titolo del progetto CENTRI CREATIVI E RICREATIVI: VERSO UN TERRITORIO A MISURA DI BAMBINO IN RETE Nuovo progetto - Si - No X Progetto già avviato - Si - No X Se il progetto dà continuità a servizi/strutture già attivati, indicare se amplia l’ambito territoriale c/o l’utenza di riferimento. Il progetto prevede la continuazione del Servizio dei Centri Creativi e Ricreativi per minori già attivato con i Fondi del primo e secondo triennio della Legge 285/97, nei Comuni di Rieti, Leonessa, Greccio, Contigliano, Cittaducale, Cantalice e Poggio Bustone. Si prvede inoltre di destinare una tranche del finanziamento ad altri 6 Comuni l’organizzazione di attività ricreative varie e centri estivi campi scuola. Liveas Si Macroarea Minori Costo del progetto (finanziamento regionale) €. 103.612,80 Servizi/prestazioni erogati Accordo e collaborazione dei coordinatori locali al fine di programmare le varie attività relative alle azioni informative e formative dei bambini Divulgazione delle attività dei centri Sensibilizzazione delle istituzioni (scuole, Asl, Comuni, Province) verso le proposte elaborate dai bambini Creare momenti di raccordo con le istituzioni (scuola, Asl, Enti Locali) sarà compito specifico dei coordinatori locali (ciascuno per la propria area), supportati dall’Ufficio di Piano e dal Segretariato Sociale, che avranno inoltre l’obiettivo di sondare eventuali situazioni di rischio/disagio. Gli Educatori professionali che gestiranno i centri seguiranno una metodologia di fondo, finalizzata al protagonismo del bambino e a far sì che abbia “voce in capitolo” nel proprio contesto territoriale (Comune e Distretto) I Centri, che entreranno in rete tramite riunioni mensili tra operatori (educatori professionali in primo luogo), il Segretariato sociale e l’Ufficio di Piano, saranno laboratori, pensatoi, dove i bambini, fondamentalmente elaboreranno progetti “importanti”, a livello socioculturale e territoriale. 72 L’aspetto ludico sarà solo un pretesto, un approccio per “farsi valere” con le idee e la creatività, sul territorio. I Comuni potranno incrementare le ore a proprie spese. E’ previsto un “contributo al proprio centro dei ragazzi”, da stabilire, che potrà essere gestito dagli stessi, insieme agli educatori, per le attività e le spese correnti dei centri. A tal proposito è prevista la costituzione di Associazioni di ragazzi, interne ai Centri, anche al fine di responsabilizzarli. Laddove l’utenza fosse ridotta, rispetto alle aspettative, (problemi nei trasferimenti ecc)si prevede di spostare un educatore in altri centri “a bacino inferiore”, attivando strutture similari in modo più capillare sul territorio. In estate si potranno organizzare campi estivi con il coinvolgimento degli stessi operatori/educatori e la compartecipazione (da valutare) dei ragazzi e, soprattutto a livello logistico/organizzativo, dei Comuni: la meta importante è comunque quella di creare Habitat a misura dei più piccoli, spazi dove i bambini possano riconoscersi e che possano gestire Ove non è possibile organizzare centri creativi né campi estivi si darà luogo all’organizzazione di attività ricreative per bambini commisurate alle esigenze di ogni specifica e singola realtà. Bacino di utenza Distrettuale Sub-distrettuale (sub area 3 del Distretto Rieti 1) Comunale (Rieti) x Tipologia di utenza Attività ludico-ricreative: bambini dai 6 ai 13 anni. Obiettivi del progetto obiettivo generale del progetto Promuovere la socializzazione Stimolare il protagonismo del bambino e le sue capacità espressive Favorire un approccio interculturale Promuovere un’azione sinergica adulti-bambini Incentivare l’integrazione dei soggetti portatori di disagio psico-sociale obiettivi specifici, cambiamenti desiderati e risultati attesi Dar voce alle esigenze dei bambini e realizzare progetti elaborati dai bambini quali risistemazione ed allestimento di area-gioco attrezzata secondo le loro esigenze e/o un giornalino del Centro (e/o distrettuale). Recuperare,laddove sia possibile, spazi verdi di quartiere e/o paese. Tempi di attuazione Annuale Tipologia di strutture Numero strutture 0 1 0 Gli operatori svolgeranno la propria attività in luoghi stabili ma aperti ai residenti dei comuni limitrofi nei Comuni del Distretto. Tipologia struttura 73 Gruppo appartamento Casa famiglia Comunità alloggio Comunità di pronta accoglienza Casa di riposo Casa albergo Strutture semiresidenziali (specificare) Altro (Centri creativi ) Capacità di accoglienza della/e struttura/e (n. posti) Numero utenti nel 2010 x 0 6 0 0 3 0 0 0 Soggetto che gestisce - Comuni - Convenzione - Convenzione con Associazioni di volontariato - Altro (Specificare) Utenza annuale prevista x 3 2 0 Personale coinvolto nel progetto - Amministrativi - Assistenti sociali –Segretariato Sociale - Sociologi - Psicologi - Pedagogisti - Educatori professionali - Operatori socio-sanitari - Volontari (Genitori e insegnanti) - Mediatori culturali 1 7 n. q. Sede della struttura e/o dell’attività Comuni sedi dei centri Liste di attesa - Si (specificare i motivi) - No X Esistono strumenti di monitoraggio e verifica dei risultati? Si (specificare quali) X Il monitoraggio e la valutazione in itinere verrà effettuata attraverso il dossier di servizio, uno strumento in progress da aggiornare, che permette di analizzare il servizio in tutte le sue componenti strutturali, organizzative, gestionali, di funzionamento e legate alle attività delle azioni progettuali. 74 Indicatori della qualità del servizio saranno il numero degli iscritti e il numero dei frequentanti con valenza quantitativa, mentre gli incontri periodici con i genitori dei bambini avranno valenza qualitativa. Livello del gradimento del servizio, mantenimento/incremento dell’utenza N° di progetti attivati N° di partners istituzionali e informali coinvolti nelle iniziative - No Esiste compartecipazione da parte degli utenti? - Si, totalmente - Si, parzialmente - No X Quali sono le modalità di integrazione con la ASL? Progetti integrati personalizzati per l’inserimento dei bambini problematici. Finanziamenti e Cofinanziamenti previsti: specificare i costi Finanziamento Nazionale/ Regionale Costo risorse € 82.750,00 umane Costo per centri estivi, campi scuola e attività € 20.862,80 ricretativa Cofinanziamento Totale Finanziamento Provinciale Comunal Asl Altro e € 82.750,00 € 20.862,80 Costo per attività distrettuali Totale € 103.612,80 € 103.612,80 75 7. Progetto legge 162/98 Titolo del progetto PROGRAMMI DI AIUTO ALLA PERSONA Nuovo progetto - Si - No X Progetto già avviato - Si X - No Se il progetto dà continuità a servizi/strutture già attivati, indicare se amplia l’ambito territoriale c/o l’utenza di riferimento Amplia l’utenza di riferimento in quanto l’ufficio di Piano e l’Assemblea dei Sindaci, sentite anche le Organizzazioni Sindacali, considerate le numerose richieste ha deciso, nel tempo, di investire più fondi sul progetto. Descrizione delle attività, dei servizi e/o prestazioni previste dal progetto (es. casa famiglia, comunità alloggio, servizio di assistenza domiciliare, ADI) Trattasi di programmi di aiuto alla persona gestiti in forma indiretta mediante piani personalizzati per i soggetti in situazione di gravità, come definita dall’art. 3 comma 3 della legge 104/92, che ne facciano richiesta, con verifica delle prestazioni erogate e della loro efficacia. Al fine di poter accedere ai citati contributi gli interessati dovranno presentare domanda al Comune di residenza facente parte del Distretto Socio-Sanitario RI/1. La domanda, compilata in tutte le sue parti, dovrà essere corredata dalla seguente documentazione: 1) piano personalizzato, contenente la situazione socio-economica, redatto secondo le linee guida predisposte dal Settore Socio-Assistenziale; 2) certificazione rilasciata dalla Commissione medica integrata individuata dall'art. 4 della Legge 104/92; 3) ulteriore certificazione medica , facoltativa, rilasciata da una struttura pubblica, riguardante le eventuali: - deficit intellettivo grave; - impossibilità alla deambulazione; - impossibilità a mantenere il controllo sfinterico; - impossibilità, se di età superiore ai 10 anni, all’assunzione del cibo, o/e a lavarsi o/e vestirsi; 4) dichiarazione sostitutiva unica per la determinazione dell’indicatore della situazione economica (I.S.E.) redatta secondo le modalità previste dal Decreto Legislativo 31.02.1998, n. 109 – e successive modificazioni ed integrazioni – e delle relativa norme attuative;; Di tutte le domande regolarmente presentate verrà formulata una graduatoria, da parte di una commissione esaminatrice appositamente istituita, formata dai componenti dell’Ufficio di Piano e da un medico dell’ASL, elaborata in base alla maggiore necessità degli utenti in relazione, in ordine 76 di precedenza, alla situazione di gravità ed alla condizione socio-economica secondo i seguenti parametri . GRADUATORIA PORTATORI DI HANDICAPS IN SITUAZIONE DI GRAVITA’ PRIORITA’ 1) – Tipo di handicap 2) – Situazione socio-economica (ISEE). LEGENDA Tipo di handicap ( i punteggi sono cumulabili ad eccezione delle lettere b ed e) abcde- deficit intellettivo grave: impossibilità assunzione cibo, lavarsi, vestirsi: impossibilità alla deambulazione: impossibilità a mantenere controllo sfinterico: limitazione autonomia personale: punti 10 punti 08 punti 06 punti 04 punti 02 Ai singoli richiedenti verrà data comunicazione, a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno, del punteggio loro attribuito nonché della posizione nella suddetta graduatoria. Avverso l’attribuzione del punteggio gli stessi potranno presentare opposizione al Comune Capofila entro 30 giorni dalla data di ricevimento della comunicazione. Gli interventi saranno commisurati alle esigenze assistenziali dei soggetti stessi. Liveas SI Macroarea Disabili Costo del progetto (finanziamento regionale) €. 124.000 [contributo di €. 4.000,00 (Euroquattromila) pro-capite] Servizi/prestazioni erogati Assistenza diretta, attività ludico-ricreative, attività sportive e riabilitative Bacino di utenza Distrettuale Sub-distrettuale (specificare i Comuni) Comunale (specificare il Comune) X Tipologia di utenza Disabili gravi in base all’art. 3 comma 3 L.104/92 Obiettivi del progetto I piani personalizzati tendono all’integrazione sociale del disabile ed al potenziamento e mantenimento dell’autonomia personale e quindi ad una migliore attività socio-relazionale 77 Tempi di attuazione Annuale Tipologia di strutture Numero strutture Tipologia struttura Gruppo appartamento Casa famiglia Comunità alloggio Comunità di pronta accoglienza Casa di riposo Casa albergo Strutture semiresidenziali (Centro diurno) Altro (Appartamento degli utenti richiedenti) X Capacità di accoglienza della/e struttura/e (n. posti) 15. Numero utenti nel 2011 0 0 3 1 16. Soggetto che gestisce - Comune - Convenzione - Convenzione con Associazioni di volontariato - Altro (Specificare) 17. Utenza annuale prevista x 0 0 2 4 18. Personale coinvolto nel progetto - Amministrativi - Assistenti sociali - Sociologi - Psicologi - Pedagogisti - Educatori professionali - Operatori socio-sanitari - Volontari - Mediatori culturali - Altre figure (specificare LSU) 0 0 2 19. Sede della struttura e/o dell’attività Comuni del Distretto Rieti 1 20. Liste di attesa - Si (specificare i motivi) Insufficienza di fondi Statali Regionali e Comunali. X 78 - No 21. Esistono strumenti di monitoraggio e verifica dei risultati? - Si (specificare quali) – Aumento delle richieste Verifiche indirette con i familiari Relazione semestrale e finale dei familiari Questionario finale di verifica sull’efficacia del servizio - No X 22. Esiste compartecipazione da parte degli utenti? - Si, totalmente - Si, parzialmente - No X 23. Quali sono le modalità di integrazione con la ASL? Progetti integrati e valutazione handicap 24. Finanziamenti e Cofinanziamenti previsti: specificare i costi Cofinanziamento Finanziamento Nazionale/Regio nale Costo umane Provinciale Comunale Totale Finanziamento Asl Altro risorse €. 124.000,00 €. 124.000,00 Costo di funzionamento e gestione Costo di struttura e di mantenimento Totale €. 124.000,00 €.124.000,00 79 8. Progetto ippoterapia per disabili Titolo del progetto IPPOTERAPIA PER DISABILI Nuovo progetto - Si - No X Progetto già attivato - Si X - No 4. Se il progetto dà continuità a servizi/strutture già attivati, indicati se amplia l’ambito territoriale c/o l’utenza di riferimento. Il primo piano di zona elaborato dai comuni dell’accordo di programma che hanno sperimentato l’integrazione socio sanitaria, ha evidenziato una discreta presenza di disabili di qualsiasi fascia di età distribuita a macchia sul territorio del Distretto 1 della Provincia di Rieti, compreso il Comune di Rieti. Si evince che la presenza dell’handicap nell’ambito dell’ utenza è conseguenzialmente ampliato. 5. Descrizione delle attività, dei servizi e/o prestazioni previste dal progetto Le attività equestri, svolgono una funzione importante per un esteso numero di utenti sia per gli aspetti funzionali che aspetti psico- sociali, data la particolare efficacia per la socializzazione e potenziamento o recupero di competenze relazionali, comportamentali e comunicativo-affettive. Tali attività inoltre favoriscono l’incontro delle persone disabili con quelle normodotate, facilitando così una reale integrazione attraverso attività comuni. Liveas Si Macroarea Disabili Costo del progetto (finanziamento regionali) € 25.000,00 Servizi / prestazioni erogati Riabilitazione dei pazienti sulla base di appositi progetti. Bacino di utenza Distrettuale Sub- distrettuale (specificare i Comuni) Comunale (Specificare il Comune) X Tipologia di utenza Disabili con difficoltà psicomotorie. 80 Obiettivi del progetto Il progetto realizza un servizio ad elevata integrazione socio sanitaria poiché favorisce i processi di integrazione sociale attraverso attività sportive specifiche con operatori professionisti dell’area sanitaria di riabilitazione ed operatori socio sportivi ad elevata specializzazione. Passare dalla riabilitazione “sanitaria” alla riabilitazione di funzioni sociali. Offrire ai disabili stimoli significativi in ambienti non medicalizzati Raggiungere sempre maggiori gradi di autonomie psicomotorie, affettive relazionali e sociali da parte degli utenti minori ed adulti. Integrare le risorse del territorio attraverso una fattiva collaborazione tra organizzazioni del terzo settore, Enti pubblici e Azienda U.S.L. 12.Tempi di attuazione Già attivo sul territorio 13.Tipologia di strutture Numero strutture 1 Tipologia struttura Gruppo appartamento Casa famiglia Comunità alloggio Comunità di pronta accoglienza Casa di riposo Casa albergo Strutture semiresidenziali (specificare) Altro (centro polivalente sperimentale) X Capacità di accoglienza della/e struttura/e (n. posti) 15. Utenza annuale prevista 16. Soggetto che gestisce - Comune - Convenzione - Convenzione con Associazioni di volontariato - Altro 3 0 n° 12 X X 17. Personale coinvolto nel progetto - Amministrativi - Assistenti sociali (AUSL) - Sociologi - Psicologi (AUSL) - Medico ortopedico fisiatra - Psichiatra - Neuropsichiatria infantile -Terapista della riabilitazione, formatore esperto in A.E.D. -Psicopedagogisti - Educatori professionali 1 1 1 1 1 1 81 - Operatori socio-sanitari - Volontari - Mediatori culturali - Altre figure (assistenti domiciliari) - Gestione Progetto Tecnica – Amministrativa (4% del costo del progetto) 18. Sede della struttura e/o dell’attività Comune di Greccio 19. Liste di attesa - Si (specificare i motivi) - No X 20. Esistono strumenti di monitoraggio e verifica dei risultati? - Si (specificare quali) Livello di gradimento del servizio, mantenimento/incremento dell’utenza - No X 21. Esiste compartecipazione da parte degli utenti? - Si - No x 22 .Quali sono le modalità di integrazione con la ASL? Compartecipazione 24. Finanziamenti e Cofinanziamenti previsti: specificare i costi Cofinanziamento Finanziamento Nazionale/Regio nale Costo umane Prov.le Com.le Asl € 25.000,00 risorse € 25.000,00 Compartecipazi one Totale Finanziamento € 20.000,00 € 20.000,00 Costo di struttura e di mantenimento 82 Totale € 25.000,00 € 20.000,00 € 45.000,00 83 9. Crescere Insieme (Legge L. 286/98) 1. Titolo del progetto “Crescere Insieme”: progetto per l’integrazione scolastica, sociale e culturale dei minori stranieri esposti a disagio socio-ambientale. 2. 3. - Nuovo progetto Sì X No Progetto già avviato Sì No X 4. Se il progetto dà continuità a servizi/strutture già attivati, indicare se amplia l’ambito territoriale e/o l’utenza di riferimento Il progetto “Crescere insieme” potenzia i servizi già attivati attraverso la previsione di aspetti innovativi basati sul mettere in rete relazioni, conoscenze e progetti di solidarietà. L’approccio vuole rafforzare la “cittadinanza-attiva” nei minori stranieri esposti a disagio sociale per la piena realizzazione delle loro risorse secondo la logica della ricostruzione della persona attraverso la messa in risalto e l’attivazione dei loro punti di forza. Gli impatti positivi derivanti dalle metodologie messe in atto nei confronti dei minori possono essere raggruppati nei seguenti aspetti: a) Formativi: - acquisire una conoscenza più approfondita del proprio intorno; - sollecitare a superare la visione egocentrica della realtà ed alcuni stereotipi sociali. b) Strumentali: - acquisire gli strumenti di base per una lettura di realtà diverse dalla propria; - stabilire ed elaborare relazioni tra i dati dei diversi indicatori delle realtà esaminate; c) Comportamentali e cognitivi: - introdurre nel proprio quotidiano un’attenzione alle realtà differenti dalla propria; - stimolare, attraverso l’analisi critica, il confronto con la realtà. 5. Descrizione delle attività, dei servizi e/o prestazioni previste dal Progetto (es. casa di accoglienza, comunità alloggio, servizio di assistenza domiciliare, ADI) 84 Il progetto “Crescere Insieme” si configura come un insieme di interventi socio-assistenziali, educativi e riabilitativi a favore di minori stranieri esposti a particolari situazioni di disagio psicosociale residenti nell’ambito territoriale del Distretto Socio-Sanitario n. 1 della Provincia di Rieti. Nel Comune di Rieti è presente una vasta area di disagio, disabilità e psicopatologia infantile e adolescenziale. Approssimativamente 300 famiglie con minori ricevono sussidi economici dai Servizi Sociali e circa un terzo di queste famiglie sono di origine straniera. Inoltre gli interventi socio-educativi e socio-sanitari sui minori disagiati, spesso multiproblematici, sono parcellizzati e poco sinergici e per molti di loro non viene elaborato un reale progetto integrato (Comune, ASL, Scuola, Famiglie ed altri servizi territoriali). Dai numerosi confronti e scambi intercorsi tra operatori su una comune utenza di minori con disagio socio-ambientale e relazionale è emersa la chiara necessità, per molti di loro, d’introdurre nella presa in carico dei minori stranieri una figura caratterizzabile come “Educatore - Mediatore Culturale” che possa svolgere importanti funzioni integrative, socializzanti e di sostegno al processo di sviluppo dell’autonomia. 6. Liveas No. 7. Macroarea Minori stranieri. 8. Costo del progetto (totale) € 11.063,44. L’importo è impegnato dalla Regione Lazio sul capitolo H41504 finalizzato al finanziamento degli interventi distrettuali in favore dell’integrazione scolastica, sociale e culturale degli immigrati e compresi nei Piani di Zona per l’annualità 2011, secondo la ripartizione, operata con D.G.R. n. 307/2011. 9. Servizi/prestazioni erogati Da un elenco di operatori selezionati verrà costituito un gruppo operativo dove ogni singolo operatore segua uno o più utenti secondo una modalità specifica di seguito descritta, in uno scambio continuo con gli altri operatori del gruppo, con il referente progettuale dei Servizi Sociali e, eventualmente, con lo specialista dell’Area Dipartimentale Materno-Infantile. L’operatore individuato viene inserito nell’ambito del progetto educativo individuale per espletare la seguente funzione: diventare, per il minore, una sorta di “fratello maggiore” attraverso il quale egli possa effettuare una serie di esperienze concrete sia in casa che fuori in grado di mobilitare le sue risorse affettivo-relazionali e sociali. Il costituire un rapporto empatico e di amicizia attraverso la 85 condivisione di momenti significativi della quotidianità con una figura adulta ma nello stesso tempo sentita come “un compagno”, “un amico”, “un fratello”, permette al minore straniero di affrontare aspetti di sé percepiti come fragili o addirittura sconosciuti. Concretamente, le azioni da attuare sono le seguenti: a) I Servizi Sociali elaborano un progetto per il singolo minore e lo condividono con la relativa famiglia. b) In relazione alla specifica situazione, alle caratteristiche e necessità del minore, alla tipologia familiare, viene individuato l’operatore idoneo e vengono concordati obiettivi e modalità di lavoro. c) L’operatore viene presentato all’utente e alla sua famiglia dai Servizi coinvolti. Si stipula con la famiglia “il contratto”, vale a dire si chiariscono le funzioni e gli orari dell’operatore, si definiscono gli obiettivi nonché gli strumenti e le modalità ritenute necessarie per il loro conseguimento. d) Vengono effettuati periodici incontri di supervisione con l’operatore. e) Vengono effettuate periodiche riunioni del gruppo degli operatori impegnati con i diversi minori al fine di permettere lo scambio delle esperienze e competenze maturate. f) Vanno previsti incontri dei singoli operatori con i referenti dei Servizi coinvolti per fare il punto sull’andamento del caso ed apportare eventuali modifiche. g) E’ possibile promuovere la partecipazione degli operatori ad eventuali corsi di formazione organizzati dal Comune, Provincia, Regione ecc. 10. Bacino di utenza - Distrettuale - Sub-distrettuale(specificare i Comuni) - Comunale (specificare il Comune) 11. X Tipologia di utenza Minori stranieri con disagio psico-ambientale a forte rischio psico-patologico individuati dai Servizi Sociali del Comune di Rieti. 12. Obiettivi del progetto Obiettivo generale Creare veri percorsi individuali d’integrazione dei minori stranieri beneficiari del progetto “Crescere Insieme”, in modo da consentire loro di sviluppare relazioni interpersonali significative e, nel contempo, di realizzare percorsi di cambiamento personale nella direzione della maturità e dell’empowerment personale. 86 Obiettivi specifici - Sostenere lo sviluppo del minore straniero in difficoltà nelle situazioni in cui la patologia, le condizioni familiari e socio-ambientali non permettono di individuare altre risorse o di utilizzare al meglio quelle in atto; - Affiancare la famiglia nell’accudimento quotidiano riguardo alle cure speciali che il minore straniero con disagio richiede.; - Favorire il superamento di fasi critiche per il soggetto, di eventuali dinamiche familiari conflittuali, e sostenere il bisogno di sperimentare situazioni di vita indipendente dalla famiglia, momenti di evasione dalla quotidianità, etc.; - Agevolare la famiglia nei processi educativi e sociali ed alleggerire il peso della cura e della gestione della patologia del minore; 13. Tempi di attuazione (data inizio – data fine) Dall’approvazione del progetto. 14. Tipologia di strutture Numero strutture |_|_|_| Tipologia struttura - Gruppo appartamento - Casa famiglia - Comunità alloggio - Comunità di pronta accoglienza - Casa di riposo - Casa albergo - Strutture semiresidenziali (specificare __________________________) - Altro (diversi luoghi nel rispetto dell’esigenze del minore) X Capacità di accoglienza della/e struttura/e (n° posti) |_|_|1|0| ___________________________________________________________________ 15. Numero utenti nel 2010 |_|_|_|_| ___________________________________________________________________ 16. - Soggetto che gestisce Comune Convenzione con cooperative Convenzione con Associazioni di volontariato Altro (specificare ____________________________) X 87 17. Utenza annuale prevista |_|_|3|0| ___________________________________________________________________ 18. Personale coinvolto nel progetto - Amministrativi ( operanti nel settore ) |_|_|1| - Assistenti sociali ( operanti nel settore ) |_|_|2| - Sociologi |_|_|_| - Psicologi ( ASL di Rieti ) |_|_|1| - Pedagogisti |_|_|_| - * Educatori professionali |_|_|2| - Operatori socio-sanitari |_|_|_| - Volontari |_|_|_| - Mediatori culturali ( operanti nel settore ) |_|_|2| - Altre figure (specificare _______________________________) |_|_|_| * E’ previsto l’impiego di n. 2 Educatori Professionali con esperienza nel settore migrazione e formazione specifica in mediazione culturale. 19. Sede della struttura e/o dell’attività La sede centrale del progetto è sita presso gli uffici dei Servizi Sociali del Comune di Rieti. Le attività sono svolte in diversi luoghi che variano a seconda delle esigenze e possono riguardare, ad esempio, aspetti come la scuola, la casa e la famiglia, gli incontri protetti, le attività ludiche e le attività sportive. 20. Liste di attesa - Sì (specificare i motivi) - No X 21. Esistono strumenti di monitoraggio e verifica dei risultati? - Sì (specificare quali) X La valutazione sarà effettuata ex ante, in itinere ed ex post dal responsabile del progetto assieme allo staff di educatori e dall’assistente sociale di riferimento di ogni minore, e prevede le seguenti azioni: - formulazione di ipotesi realistiche di problem solving; - definizione dei tempi di ciascun obiettivo; - individuazione e coinvolgimento degli stakeholder. Sulle seguenti tematiche è previsto l’impiego dei seguenti indicatori: - personalizzazione dell’intervento; - progetti personalizzati co-progettati in rete; - tempestività e flessibilità nelle risposte; 88 - livello di soddisfazione degli utenti e dei familiari. 22. Esiste copartecipazione da parte degli utenti? X - Sì, totalmente - Sì, parzialmente - No 23. Quali sono le modalità di integrazione con la Asl? Sono previste delle modalità d’intergrazione con l’Azienda ASL ed in particolare con l’Area del Dipartimento Materno Infantile sulla base delle collaborazioni già consolidate riguardo la presa in carico di minori con disagio socio-ambientale. 24. Finanziamenti e Cofinanziamenti previsti: specificare i costi Costo risorse umane Cofinanziamento Finanziamento regionale Provinciale Comunale Asl N.2 Educatori Professionali con esperienza e formazione specifica in mediazione culturale. Altro Totale finanziamento € 11.063,44 € 11.063,44 Costo di funzionamento e gestione Costo di struttura e di mantenimento Totale € 11.063,44 € 11.063,44 89 Minipiano per i piccoli comuni Il Distretto Socio - Sanitario Rieti 1 comprende 25 Comuni (Ascrea, Belmonte, Cantalice, Castel di Tora, Cittaducale, Collalto Sabino, Colle di Tora, Collegiove, Colli sul Velino, Contigliano, Greccio, Labro, Leonessa, Longone Sabino, Monte San Giovanni in Sabina, Montenero Sabino, Morro Reatino, Nespolo, Paganico Sabino, Poggio Bustone, Rieti, Rivodutri, Roccasinibalda, Torricella in Sabina e Turania (Si veda Tab. A, colonna A). Di questi 19 sono al di sotto dei 2.000 abitanti (tranne Cantalice, Cittaducale, Contigliano, Leonessa, Poggio Bustone e Rieti). Il territorio si estende su un’area molto ampia e disomogenea dal punto di vista fisico-geografico, che comporta notevoli difficoltà nel riuscire a garantire uniformità nella fornitura di prestazioni e servizi sociali. Dal punto di vista morfologico il territorio si estende nella zona centro-sud e centro-nord del territorio provinciale e copre una superficie di 971,6 KM quadrati. Il risultato più evidente è, quindi, proprio la disomogeneità del territorio, che consta di oltre 100 frazioni distanziate notevolmente tra loro. Questa configurazione, data la bassa densità abitativa per KM/q (74,3 abitanti per KM/q) e la distanza media dal capoluogo di provincia (sede primaria dei servizi essenziali), rende necessari interventi integrati e sinergici che tengano conto di tale difficoltà e siano in grado di conciliare le esigenze di costruzione della rete con gli ostacoli geografici e nelle comunicazioni. Va da sé che, a fronte di un territorio morfologicamente caratterizzato in zone montuose e con distanze significative tra un comune e l’altro, specie in relazione all’assenza di vie di comunicazione ad elevato scorrimento, tali condizioni incidono negativamente sulla qualità della vita degli abitanti, rendendoli per lo più “isolati”. Tale isolamento, purtroppo, si riversa in particolar modo sulle persone più deboli, gli anziani o i disabili che, scoraggiati dagli scarsissimi e lenti mezzi di trasporto, subiscono più degli altri il disagio di chi non può usufruire dei servizi perché non vi può accedere comodamente, o almeno senza soverchie difficoltà. Una ulteriore considerazione, che deriva da quanto appena detto, si riferisce al fatto che tale elevata presenza di piccoli comuni sbilancia il distretto rispetto alle sue esigenze economiche e possibilità operative. Infatti, a fronte di un comune capofila come Rieti – anche capoluogo di provincia – che conta più di 40.000 abitanti, il comune subito dopo più popoloso ne conta poco meno di 7.000 e, tranne Contigliano, tutti gli altri ne hanno meno di 3.000. Di conseguenza, il distretto è segnato da una cronica e strutturale difficoltà a far fronte alle esigenze emergenti, dato il loro importo tendenzialmente fisso ed elevato, a fronte di bilanci comunali decisamente scarni. A tal proposito, per far fronte agli ostacoli morfologici del territorio, la Conferenza dei Sindaci ha deciso di suddividere il distretto in 3 sub-aree al loro interno omogenee e con i comuni tra loro vicini: la prima contempla il solo comune capofila (Subarea 1), la seconda è riferita alla zona nord (sub area 2) e la terza è riferita alla zona a sud del comune capofila (sub-area 3). Le principali emergenze emerse in maniera omogenea all’interno delle sub-aree riguardano fondamentalmente: a. la realizzazione di interventi diretti ed indiretti conseguenti a ricoveri ospedalieri ed assistenza socio sanitaria extraospedaliera; b. l’assistenza a famiglie in particolari situazioni economiche e singoli soggetti costituenti nuclei familiari privi di reddito; 90 c. la realizzazione di interventi di sostegno, supporto economico ed inserimento sociale per persone con disabilità grave; d. l’accesso a un servizio di trasporto per garantire ai cittadini la fruizione del sistema delle prestazioni, degli interventi e dei servizi attivati a livello distrettuale. Questa serie di servizi è, in particolar modo, indirizzata alle seguenti tipologie di disagio: anziani con difficoltà motorie o tali da non garantire una piena autosufficienza; insufficiente disponibilità economica, soprattutto in famiglie con minori; assistenza socio-sanitaria; disabilità fisica o psicologica; inclusione di soggetti immigrati. I Comuni, di piccole o modeste dimensioni, a volte articolati in piccole frazioni, sono costituiti da una popolazione residente sostanzialmente anziana che percepisce, nella maggior parte dei casi, una pensione sociale al minimo di legge come unica fonte di reddito. Questa condizione di carenza economica degli anziani, spesso accompagnata da disagio psico-fisico, da solitudine conseguente alla mancata assistenza da parte dei familiari, fa sì che debbano essere i Comuni a doversi far carico di tali oneri, gravando notevolmente sul bilancio comunale. Gli anziani soli costituiscono l’emergenza prioritaria cui ci si trova a dover far fronte, proprio perché non potendo provvedere a loro stessi autonomamente, né potendo ricevere adeguata assistenza dai familiari – spesso assenti - nelle primarie esigenze quotidiane, necessitano, conseguentemente, di ricoveri in “case di riposo” o strutture residenziali adeguate alle loro esigenze e bisogni. La loro difficoltà è rappresentata dall’impossibilità a sostenere la spesa di permanenza presso tali strutture, perché spesso la retta mensile da erogare è di gran lunga superiore al reddito mensile percepito dagli stessi. Una ulteriore emergenza è rappresentata da nuclei familiari con minori a carico, o singoli soggetti con problematiche di tipo economiche e socio-sanitarie che non sono né occupati né pensionati e che si trovano senza un reddito che possa consentirgli di fronteggiare i bisogni primari della vita quotidiana. Tali situazioni richiedono un’attenzione particolare da parte dell’Ente Comunale, che si trova a mettere in atto interventi volti al supporto di particolari momenti di disagio. Farsi carico di queste situazioni comporta, dunque, il far fronte a spese di gestione che rientrano in una criticità non sempre prevedibile e sostenibile con mezzi economici propri del bilancio comunale. Altri nuclei familiari sono caratterizzati da componenti con disagio psichiatrico o gravi handicap psico-fisici o psico-sociali (come disagio psichico e dipendenza da alcool) o, ancora, con problematiche socio-sanitarie, come la tossicodipendenza (che necessitano di sostegno psicologico, inserimento in centri riabilitativi e contributi economici volti al supporto di particolari momenti di difficoltà). Sono presenti anche casi di figli a carico con problematiche di tipo socio-sanitarie che richiedono particolare attenzione perché i familiari si trovano ad affrontare rilevanti spese di gestione. Tali spese costituiscono voci di costo familiare di carattere straordinario e non prevedibile e, di conseguenza, non sono sostenibili ricorrendo a mezzi economici propri o ordinari – anche tenendo conto che il Servizio Sanitario pubblico non sempre assicura e garantisce l’intera copertura dei costi – tanto da indurre i cittadini bisognosi a chiedere il sostegno del Comune. Il tutto, ovviamente, si ripercuote sul bilancio di questi, che si trovano ad accogliere richieste non preventivate a bilancio e non eludibili. 91 Ci sono poi richieste che provengono dai residenti extracomunitari presenti in numero sempre crescente nel territorio del distretto. A tale migrazione si accompagnano anche fenomeni di irregolarità e difficoltà di inserimento sociale che si presentano improvvisamente sotto forma di richieste di sostegno economico per incombenze sociali (bollette, utenze o altro) o sanitario (medicine). C’è quindi una urgente necessità di predisporre tutti quei sevizi atti a favorire l’integrazione di queste famiglie straniere, nel contesto sociale di appartenenza e anche tutti quei servizi di competenza dell’Ente Comune che favoriscono la realizzazione dei livelli essenziali delle prestazioni di assistenza sociale. Infine, viste le caratteristiche del territorio, spesso si presenta la difficoltà di accedere ai servizi a causa della distanza di questi e dell’assenza di un servizio di trasporto per ovviare a questa esigenza. L’obiettivo della sub-area è quello di giungere a costituire un servizio integrato che ottemperi alle esigenze di tutti i soggetti segnalati nei piccoli comuni ad essa afferenti. Di comune accordo fra tutti i Sindaci del Distretto, si è ritenuto di procedere nella direzione indicata già nel Piano precedente. Si è così provveduto ad una ripartizione che tenesse conto delle esigenze emerse con carattere di priorità, dotandole delle necessarie risorse economiche messe a disposizione dalla Regione Lazio. Si è deciso di mantenersi lungo le tre direttrici individuate negli anni precedenti: in primo luogo, la prima parte della somma pari a € 141.968,00 è stata ripartita dalla Regione stessa, su base percentuale, con il criterio della popolazione, tenuto conto della diversa distribuzione della stessa sul territorio regionale. In secondo luogo, principalmente, per stimolare i comuni che fino ad oggi, per mancanza di adeguate strutture tecniche e capacità operative, pur in presenza di emergenze sociali, non hanno prodotto progettualità, né richiesto e ottenuto fondi, si è accordato loro un contributo fisso che ammonta a € 2.400,00, come nel precedente esercizio. Tale contributo, sempre per ragioni di equità distributiva, è stato esteso a tutti i comuni, andando quindi a costituire uno “zoccolo” comune. Tale base ammonta complessivamente a € 45.600,00. La maggiore quota destinata quale zoccolo vuole essere un premio e allo stesso tempo uno stimolo per quelle piccole realtà che mostrano difficoltà a camminare da sole, sprovviste di strumenti tecnici e spesso di professionalità adeguate per programmare, gestire e monitorare interventi del tipo. Una quota di € 5.577,34 viene accantonata per le necessarie attività amministrative di gestione del progetto, focalizzando l’attenzione sull’attività di monitoraggio, che richiede tempi lunghi e adeguati sforzi, data la peculiare caratteristica geografica del Distretto di cui si è parlato sopra. Infine, la rimanente quota del finanziamento complessivo di € 384.006,15 concesso con deliberazione di Giunta Regionale e pari a € 190.860,61, al fine di dare continuità e favorire la prosecuzione delle emergenze socio-assistenziali già finanziate con il fondo di cui alla legge regionale n. 6/2004, e che hanno assunto un carattere di stabilità, nello spirito della richiamata deliberazione di Giunta Regionale n. 359/2007 e della deliberazione di Giunta Regionale 552/2009, si è assegnato ai comuni interessati una quota del budget complessivo sulla scorta delle somme già assegnate, liquidate e spese nelle annualità precedenti. Ne è risultato il quadro riportato di seguito nella Tabella A) allegata al presente Piano, in cui alla colonna F sono riportati i fondi complessivi assegnati a ciascun Comune. 92 QUOTA ZOCCOLO COMUNE FISSO ASCREA 2.400,00 BELMONTE IN SABINA 2.400,00 CASTEL DI TORA 2.400,00 COLLALTO SABINO 2.400,00 COLLE DI TORA 2.400,00 COLLEGIOVE 2.400,00 COLLI SUL VELINO 2.400,00 GRECCIO 2.400,00 LABRO 2.400,00 LONGONE SABINO 2.400,00 MONTENERO SABINO 2.400,00 MONTE SAN GIOVANNI 2.400,00 MORRO REATINO 2.400,00 NESPOLO 2.400,00 PAGANICO SABINO 2.400,00 RIVODUTRI 2.400,00 ROCCA SINIBALDA 2.400,00 TORRICELLA IN SABINA 2.400,00 TURANIA 2.400,00 TOTALE 45.600,00 QUOTA QUOTA IN COSTO IN BASE BASE A ANNI PERCENTUA AL POPOLAZI PRECEDEN LE COSTO COSTO CONTRIBUTO ONE TI STORICO STORICO CONCESSO 3.529,82 4200 3,21% 6.296,09 12.225,91 8.857,35 3600 2,75% 5.396,65 16.654,00 3.989,09 0 0,00% 0,00 6.389,09 5.983,63 0 0,00% 0,00 8.383,63 5.130,70 15000 11,45% 22.486,05 30.016,75 2.729,38 0 0,00% 0,00 5.129,38 6.862,81 15000 11,45% 22.486,05 31.748,86 20.614,66 10200 7,78% 15.290,52 38.305,18 4.999,48 12960 9,89% 19.427,95 26.827,43 8.201,25 0 0,00% 0,00 10.601,25 4.015,33 4200 3,21% 6.296,09 12.711,42 10.103,03 9540 7,28% 14.301,13 26.804,16 4.789,53 10740 8,20% 16.100,01 23.289,54 3.700,40 0 0,00% 0,00 6.100,40 2.377,08 6000 4,58% 8.994,42 13.771,50 17.347,28 15000 11,45% 22.486,05 42.233,33 7.348,32 13200 10,07% 19.787,73 29.536,05 18.134,60 3.254,26 141.968,00 6000 5400 131.040 4,58% 8.994,42 4,12% 8.094,98 100% 196.438,15 29.529,02 13.749,24 384.006,15 Il presente Aggiornamento per l’anno 2011 al Piano Distrettuale di Intervento in favore dei Piccoli Comuni appartenenti al Distretto Socio-sanitario Rieti/1, con il Comune di Rieti quale Comune Capofila, è stato approvato dall’Assemblea dei Sindaci nella seduta del 13 Ottobre 2011. 93 Piano distrettuale per l’affidamento familiare Il Distretto Socio Sanitario di Rieti/1, che ha come comune capofila Rieti, comprende nel complesso 25 Comuni caratterizzati da un assetto territoriale e demografico particolarmente complesso e diversificato. Da un lato si ha una significativa dispersione territoriale, con molti comuni siti in territori montani, che rende problematici gli spostamenti e non facilita la comunicazione; in secondo luogo emerge la scarsa entità della popolazione, tanto che in almeno 19 Comuni l’ammontare totale non supera i 12.000 abitanti; infine, la prevalenza delle fasce più anziane e un pronunciato indice di invecchiamento. Ciò determina, soprattutto in questi luoghi, una scarsa presenza di minori. Data la particolare presenza di nuclei anziani, risulta scarso anche il numero e la tipologia di famiglie disposte all’affidamento temporaneo di un minore. Le famiglie affidatarie sono difficili da reperire nel territorio del Distretto Rieti/1 sia per le difficoltà nell’affrontare la multiproblematicità dei minori da affidare che per l’affiancamento alle famiglie d’origine. Nonostante le varie iniziative messe in atto dai servizi territoriali sono poche le coppie e/o le famiglie che si avvicinano a tale progetto non essendo, per la maggior parte, ancora pronte ad accettare la temporaneità di questo istituto giuridico, ma, soprattutto, ad accogliere minori in situazione di disagio sociale e psicologico derivanti dalle patologie sociali contemporanee. Il territorio non è preparato all’affidamento. Esso risulta carente di Associazioni che operino nel settore dell’affido. Comunque, Le famiglie beneficiarie del finanziamento per l’affido vengono individuate sia nell’ambito dei corsi periodici organizzati dal GIL adozioni sia attraverso un’azione di divulgazione con avvisi, manifesti, stands, in collaborazione col volontariato sociale, giusto quanto stabilito dall’apposito regolamento comunale del Comune capofila. Attualmente esistono poi tre case famiglia di tipo privatistico, a cui i servizi territoriali del Distretto Rieti/1 fanno riferimento soprattutto nei momenti di emergenza, di cui 2 situate nel territorio del Distretto Rieti/1 per minori fino a 11 anni. Esiste poi un centro di prima accoglienza,“Il Nespolo”, per minori dai dodici a diciotto anni. E’ una struttura pubblica gestita con fondi comunali dal Comune di Rieti; Il primo progetto qualificante del Distretto è stato quello di sviluppare un sistema organizzato dei servizi favorendo un protocollo di intesa che omogeneizzasse gli interventi in tutto il territorio come indicato dalla Regione Lazio. Per quanto riguarda il centro di accoglienza per minori “Il Nespolo”, durante il periodo estivo 2008, i ragazzi in fase adolescenziale sono stati coinvolti in progetti di inserimento di lavoro protetto attraverso stage e tirocini lavorativi che hanno consentito loro di sviluppare autonomia e 94 indipendenza, inserendosi con più facilità nel progetto di appartenenza; il costo complessivo degli stages e tirocini formativi si è aggirato intorno a € 3.750,00, oltre alle spese INAIL e assicurative di responsabilità civile e un simbolico rimborso spese per i partecipanti erogate dai datori di lavoro. Nel quadro delle linee guida tracciate dalla Giunta Regionale Lazio, il Distretto ha provveduto ad effettuare una ricognizione degli affidi familiari a tutto oggi attivati nel territorio distrettuale, i cui dati affluiti sono riepilogati nella tabella A) allegata al presente Piano. Da essa ne emerge il seguente quadro (aggiornato a giugno 2011): il numero degli affidi familiari ammonta a complessivi 21 interventi, distinti per sesso in 13 femmine e 8 maschi. Quanto alla tipologia, si tratta di 13 affidi parentali e 3 affidi eterofamiliari,. Rispetto alla modalità giuridica di risoluzione del procedimento, in 10 casi si è trattato di affidi giudiziari e in 4 di procedimenti consensuali. Per quanto concerne le famiglie di origine, si tratta di famiglie con minori che presentano problematiche relative a: a) carenze educative ed affettive; b) presenza di famiglie multiproblematiche con un grave degrado sociale ed economico, spesso collegato ad un alto numero di minori; c) tossicodipendenza, compreso l’alcolismo dei genitori; d) figli di immigrati, famiglie allargate con difficoltà relazionali. Quanto alla distribuzione territoriale, gli affidi sono concentrati su Rieti capoluogo (n. 20) mentre il rimanente caso appartiene al comune di Cittaducale. Il contributo Regionale di € 81.228,00 verrà, quindi, ripartito tra il Comune di Rieti e il Comune di Cittaducale come emerge dall’allegato. Al fine di omogeneizzare gli interventi e stimolare i Comuni che non hanno assicurato contributi alle famiglie affidatarie residenti nei rispettivi territori, con il presente Piano Distrettuale si intende provvedere al sostegno di tutte le famiglie affidatarie, mediante l’assegnazione dei contributi messi a disposizione dalla Regione Lazio. Si prevede inoltre di riservare una somma di € 6.202,27 per interventi integrativi che si sono resi necessari o che dovessero rendersi necessari e che emergeranno senz’altro da una maggiore conoscenza e diffusione dello strumento dell’affido familiare, di cui i comuni si faranno carico quali ad esempio: contributo testi scolastici; attività sportive e relative a spese mediche. Nell’ambito del Distretto Socio-Sanitario n. 1, relativamente all’affido familiare, opera un team tecnico interprofessionale costituito dagli Assistenti Sociali che operano nei Comuni e da Neuropsichiatri e Psicologi dell’A.S.L. RIETI/1 – Dipartimento Materno Infantile. 95 Infine, circa le iniziative per la redazione di un Regolamento Distrettuale per l’affido, si è provveduto nel corso dell’anno 2008 e anche del 2009 alla stesura di uno schema di Regolamento Distrettuale del servizio di affidamento familiare dei minori che è stato approvato dall’Assemblea dei Sindaci il giorno 04.05.2010. Successivamente si è avviata la procedura di approvazione da parte dei Consigli Comunali del distretto: si allegano al presente piano i verbali di approvazione sinora pervenuti al comune capofila. Nella medesima seduta del 04.05.2010 si è pure approvato il relativo e collegato Protocollo Operativo da sottoscrivere con la ASL di Rieti e che, in quanto modello organizzativo unitario e omogeneo per tutti i cinque Distretti della Provincia di Rieti, sarà sottoscritto tra la ASL di Rieti ed i Sindaci dei Comuni capofila di tutti i Distretti socio – sanitari della Provincia di Rieti Il presente Piano Distrettuale di intervento per l’anno 2010 è stato approvato nell’Assemblea dei Sindaci del Distretto Socio Sanitario Rieti/1 nella seduta del 13 Ottobre 2011. 96 ALLEGATO A) Data di nascita Sesso Comune di Residenza Data inizio affido 12/01/2002 M RIETI 29/04/1993 F 19/11/1994 Bambino istituzionalizzato con decreto affido Tipologia affido Parentale Consensuale 02/02/2010 1 1 RIETI 07/01/2002 1 1 M RIETI 07/01/2002 1 1 05/10/1995 F RIETI 29/10/1996 1 1 06/11/1990 F RIETI 10/03/2001 1 31/08/1994 M RIETI 23/01/2001 02/11/1993 F RIETI 21/04/2000 09/12/1991 F RIETI 29/10/2002 08/03/1992 F RIETI 07/01/2000 1 01/01/2006 M RIETI 20/11/2007 1 1 29/10/1988 M RIETI 04/03/1996 1 1 15/01/1991 F RIETI 12/05/2003 1 1 18/02/1986 F RIETI 01/09/1989 28/06/1998 24/10/1999 11/02/2005 03/09/2006 M M M F Eterofamiliare RIETI RIETI 1 1 1 1 1 1 1 1 RIETI RIETI NO 1 1 1 SI 1 1 1 Giudiziario NOTE 1 1 1 in casa famiglia per minori dal 13/12/2006 * 1 in casa famiglia per minori dal 13/12/2006 * 1 1 in casa famiglia per minori dal 03/02/2010 * in casa famiglia per minori dal 03/02/2010 * 97 Data di nascita Sesso Comune di Residenza Data inizio affido Bambino istituzionalizzato con decreto affido Tipologia affido Eterofamiliare Parentale Consensuale Giudiziario SI NOTE NO 20/07/2008 F RIETI 1 in comunità terapeutica dall'agosto 2009 11/08/2009 M RIETI 1 in comunità terapeutica dall'agosto 2009 03/05/1999 F RIETI in casa famiglia per minori dall' 1/10/2004 in casa famiglia per minori dal 14/06/2007 30/10/1993 F RIETI 30/05/2005 F CITTADUCALE 1 1 1 vedi lettera allegata 98 ALLEGATO B) PROGETTO 1. Nuovo progetto - Si - No 2. x progetto già avviato - Si - No x 3. Se il progetto dà continuità a servizi/strutture già attivati, indicare se amplia l’ambito territoriale c/o l’utenza di riferimento Il servizio si articola su diversi livelli: - Territoriale, corrispondente al servizio sociale Comunale, del distretto socio-sanitario n°1 ed ai servizi ASL interessati. - Di Zona con l’estensione dell’attività del progetto di lavoro integrato tra Comune di Rieti ed ASL-dipartimento materno infantile e del regolamento Comunale per l’affido familiare approvato con deliberazione del Consiglio Comunale di Rieti n°26 dell’01/07/2005. 5. - Miglioramento della prassi operativa adottata. - Di diffusione della cultura dell’accoglienza e, in particolare, dell’affido familiare. - Di individuazione di reti familiari all’interno della singola comunità locale. Descrizione delle attività, dei servizi e/o prestazioni previste dal progetto (es. casa famiglia, comunità alloggio, servizio di assistenza domiciliare, ADI) Sulla base dell’esperienza dell’affido familiare in ambito territoriale si ritiene quindi opportuno: - attivare un piano per la presentazione del “Gruppo di Coordinamento Distrettuale” e del privato sociale e la diffusione della prassi operativa; - sviluppo delle reti familiari all’interno dell’ambito familiare. Le motivazione della scelta di tali obiettivi sono riconducibili: - alla opportunità di valorizzare esperienze, professionalità, procedure già consolidate nell’ambito territoriale, per garantire nella misura più elevata possibile il potenziamento dell’affido familiare, in quanto espressione della solidarietà tra le famiglie e, più in generale, della presa in carico comunitaria della situazione di disagio o di difficoltà; 99 - alla necessità di inserire elementi di ulteriore qualificazione nel percorso di lavoro oggi delineato, non solo per estendere/sviluppare l’assetto organizzativo dell’attuale servizio, ma anche per migliorare gli interventi a favore dei minori, dotando gli operatori di nuove risorse; - alla scelta strategica di promuovere e sostenere il funzionamento del “Gruppo di Coordinamento Distrettuale“ attraverso la valorizzazione del ruolo del Privato Sociale, in grado di mobilitare le risorse del territorio ed orientarle verso forme di mutua solidarietà. 6. Liveas Si 7. Macroarea Si 8. Costo del progetto (finanziamento regionale): € 81.228,00 9. Servizi/prestazioni erogati a) Gruppo di coordinamento distrettuale (composto da Ufficio di Piano, Segretariato sociale del Distretto, Operatori del Servizio Materno Infantile della AZ. USL): - informazione e sensibilizzazione della comunità alle problematiche del minore, della famiglia, dell’affidamento; - collaborazione e collegamento per una progettualità comune con il Privato Sociale, anche in riferimento alla creazione di una rete di famiglie disponibile all’accoglienza di minori stranieri; - valutazione, preparazione sul piano sociale e psico pedagogico degli affidatari attraverso momenti individuali e di gruppo; - tenuta ed aggiornamento di uno schedario delle famiglie disponibili (banca dati); - monitoraggio del Servizio; - sostegno agli affidatari attraverso momenti individuali e/o di gruppo; - coordinamento, supporto e consulenza tecnica agli operatori del servizio; - elaborazione periodica di dati inerenti gli affidamenti; - piano di lavoro annuale; - formulazione di proposte, indicazioni di linee programmatiche inerenti l’affidamento; - verifica e valutazione dell’attività del gruppo; 100 - attività di monitoraggio, predisposizione di programmi, attuazione di verifiche sui minori affidati. b) Servizi Az. Usl - diagnosi e prognosi familiare in situazione di rischio; - supporto c/o trattamento psicoterapeutico, se necessario, alla famiglia d’origine, alla famiglia affidataria ed al minore; - collaborazione alla formulazione del progetto di affidamento e alla verifica dello stesso con i servizi sociali distrettuali. c) Segretariato sociale dei Comuni: - Individuare i minori da affidare e svolgere indagine sociale sul minore e sulla famiglia d’origine; - formulazione delle proposte e del progetto di affidamento in stretta collaborazione con Gruppo di coordinamento Distrettuale e Servizi Az. USL; - rapporto con l’Autorità Giudiziaria minorile; - abbinamento tra minore e famiglia affidataria; - sostegno alla famiglia di origine ed al minore; - supporto e monitoraggio dell’affido come da progetto le modalità e cadenze temporali ritenute necessarie ed opportune per ogni singola situazione; - definizione e gestione dell’avvio e della chiusura dell’affidamento. GLI AFFIDATARI La famiglia o l’affidatario ideale non sono identificabili rigidamente; si terrà conto, perciò, delle seguenti caratteristiche: 1. conoscenza e consapevolezza della temporaneità dell’affido e delle sue caratteristiche di servizio rivolto in via prioritaria a soddisfare le necessità psicologiche e sociali del minore; 2. capacita di comprendere l’individualità dell’affidato e di aiutarlo nel processo di crescita, tenendo conto delle sue esperienze e dei suoi vissuti; 3. consapevolezza degli impegni da assumere nei riguardi del minore, della sua famiglia, dei servizi sociali e disponibilità ad instaurare rapporti di collaborazione con gli stessi; 4. capacita degli affidatari di far fronte a situazioni nuove, in riferimento alla necessità di modificare le relazioni familiari e di organizzare la vita quotidiana per dare accoglienza ad un nuovo soggetto; 101 5. atteggiamento positivo di tutti i membri della famiglia nei confronti dell’ingresso di “un altro” nell’ambito familiare. OBBLIGHI DEL COMUNE 1. disporre il provvedimento di affido consensuale attraverso il responsabile del Distretto Sociale; ad esso devono essere allegati “l’atto di consenso” e “l’atto di impegno” sottoscritti rispettivamente dai genitori e dagli affidatari, nonché la relazione sociale, che vengono trasmessi al Giudice Tutelare per la formalizzazione; 2. nel caso di affido giudiziale, il responsabile del distretto sociale predispone il provvedimento dell’affido non consensuale, allegando la sola sottoscrizione dell’atto di impegno da parte degli affidatari; 3. erogare una somma mensile di denaro a favore degli affidatari per contribuire ad ogni necessita del minore; per gli affidi a tempo pieno l’importo corrisposto non dovrà essere inferiore al minimo INPS stabilito annualmente; 4. garantire eventuali servizi aggiuntivi c/o provvidenze ulteriori in relazione alle condizioni psicofisiche del minore e particolari elementi di complessità del progetto; 5. solo nei casi di affido familiare presso parenti obbligati (ex art. 433 e ss. del C.C.) l’erogazione del contributo e subordinata all’accertamento da parte del Servizio Sociale della situazione socioeconomica del nucleo affidatario e delle esigenze del minore; 6. è facoltà dell’ente, su motivata relazione del Servizio Sociale stabilire una quota di contribuzione a carico della famiglia d’origine, salvo diverse disposizioni dell’Autorità Giudiziaria; 7. favorire l’accesso e la frequenza del minore alle strutture assistenziali ed educative; 8. favorire la formazione degli operatori addetti al Servizio sulle tematiche specifiche riguardanti l’affidamento, anche in collaborazione con gli enti e le risorse del territorio. OBBLIGHI DEGLI AFFIDATARI rispettare tutte le prescrizioni dell’Ente che ha disposto l’affido e dell’Autorità Giudiziaria; provvedere al mantenimento, alla cura, all’educazione e all’istruzione del minore in affido per garantire la sua evoluzione collaborando all’attuazione del progetto predisposto: rispettare le caratteristiche culturali, religiose ed etniche del minore e della sua famiglia: mantenere, in collaborazione, con gli operatori del servizio, rapporti con la famiglia d’origine del minore in affido, tenendo conto di eventuali disposizioni dell’Autorità Giudiziaria; rispettare gli accordi relativi alle modalità di rapporto, informando tempestivamente il servizio di ogni novità rilevante, riguardante il proprio nucleo familiare ed il minore: 102 assicurare la massima discrezione circa la situazione del minore in affido e della famiglia d’origine; non richiedere alla famiglia d’origine a terzi alcun contributo a qualsiasi titolo: far eseguire tutte le terapie mediche che si rendano necessarie e, nel caso di situazione particolare gravità (ad esempio ricovero ospedaliero), darne tempestiva comunicazione al servizio; partecipare alle attività di sostegno (gruppi, colloqui, formazione, ecc,) predisposte dai servizi secondo le modalità ed i tempi specificati nel progetto; stipulare un contratto di assicurazione per gli incidenti o i danni provocati o subiti dall’affidato. OBBLIGHI DELLA FAMIGLIA DI ORIGINE 1. attivarsi per il superamento delle condizioni che hanno portato all’affido per favorire il rientro del minore in famiglia anche in collaborazione con gli operatori del servizi; 2. mantenere rapporti costanti con gli operatori dei servizi sociali e favorire il buon andamento dell’affido; 3. mantenere i rapporti con gli affidatari secondo le modalità concordate con gli operatori del servizio; 4. rispettare le modalità di rapporto, con il minore, preventivamente concordati con gli operatori del servizio, nel rispetto delle esigenze del minore stesso e delle eventuali prescrizioni dell’Autorità Giudiziaria: 5. contribuire alle spese di mantenimento del minore in relazione alle proprie possibilità economiche e nella misura stabilita dal Servizio Sociale o dal Tribunale per i minorenni all’atto dell’affidamento; 6. collaborare con i servizi e con gli affidatari, per favorire il rientro del minore in famiglia. TERMINE DELL ‘AFFIDO L’affidamento termina con il cessare delle condizioni di necessità che lo hanno determinato e comunque può essere interrotto anticipatamente da chi lo ha disposto, tenuto conto dell’interesse del minore. Bacino di utenza - Distrettuale x - Sub-distrettuale (specificare i Comuni) 103 - Comunale (specificare il Comune) 11. Tipologia di utenza - Minori temporaneamente privi di ambiente familiare idoneo; - Famiglia d’origine; - Persone singole disponibili all’affido; - Famiglie affidatarie 12. Obiettivi del progetto - omogeneizzazione dei protocolli operativi nel Distretto - sostegno economico alle famiglie affidatarie ed erogazione dei contributi per spese eccezionali ed urgenti (sanitarie, testi scolastici, ecc) - diffusione della cultura dell’accoglienza e, in particolare, dell’affido familiare - promozione di reti familiari all’interno delle singole comunità locali - supporto e monitoraggio degli affidi Si intende, quindi, in un’ottica di lavoro di rete: - ampliare il numero di famiglie e di persone singole disponibile all’affido; - offrire loro un’adeguata formazione; - dare loro sostegno per superare gli ostacoli anche economici che si possono incontrare nella gestione dei rapporti del minore con le famiglie da seguire; - garantire al minore la possibilità di trovare punti di riferimento affettivi ed educativi; - creazione di una rete di famiglia affidataria che si configurino come gruppi di auto-mutuoaiuto a livello distrettuale. 13. Tempi di attuazione Annuale 14. Tipologia di strutture Numero strutture 0 Tipologia struttura - Gruppo appartamento - Casa famiglia - Comunità alloggio - Comunità di pronta accoglienza 104 - Casa di riposo Casa albergo Strutture semiresidenziali (Centro diurno) Altro (Appartamento degli utenti richiedenti) x Capacità di accoglienza della/e struttura/e (n. posti) 15. Numero utenti al 30.06.2011 2 1 16. Soggetto che gestisce - Comune - Convenzione - Convenzione con Associazioni di volontariato Altro (Specificare) Distretto socio-sanitario 17. Utenza annuale prevista x 2 1 18. Personale coinvolto nel progetto - Amministrativi - Assistenti sociali - Sociologi 0 0 0 0 - Pedagogisti - Educatori professionali - Operatori socio-sanitari ASL - Psicologi - Mediatori culturali - Altre figure (specificare LSU) Medico di area neurologica Autisti per trasporto utenti 2 7 1 19. Sede della struttura e/o dell’attività Comuni del distretto 20. Liste di attesa - Si (specificare i motivi) Insufficienza di fondi Regionali e Comunali. - No x 21. Esistono strumenti di monitoraggio e verifica dei risultati? - Si (specificare quali) - No x 105 - Verifiche indirette con i familiari - Relazione semestrale e finale sull’andamento dell’affido - Questionario finale di verifica - Aumento delle famiglie che si rendono disponibili all’affido - Aumento delle segnalazioni di minori, da parte degli Assistenti Sociali dei Comuni,corrispondente alla diminuzione di inserimenti in comunità - Attivazione di nuovi interventi che qualifichino ulteriormente il percorso affido - Maggiore collaborazione favorita dalla definizione condivisa dei ruoli educativi di ciascun ente con il privato sociale 22. Esiste compartecipazione da parte degli utenti? - Si, totalmente - Si, parzialmente - No x 23. Quali sono le modalità di integrazione con la ASL? Estensione del protocollo operativo esistente tra il Comune di Rieti e la ASL a tutti i Comuni del distretto. 24. Finanziamenti e Cofinanziamenti previsti: specificare i costi Cofinanziamento Finanziamento regionale Assegni mensili alle famiglie affidatarie 75.025,73 Assegni integrativi Totale 6.202,27 81.228,00 Provinciale Comunale Asl Altro Totale Finanziamento 75.025,73 6.202,27 81.228,00 106 Piano distrettuale per le tossicodipendenze (Legge 309/90) Tipologie e bisogni prevalenti L’U.O.C. Dipendenze e patologie d’abuso della ASL di Rieti, riferisce di una situazione territoriale nei confronti di consumi di sostanze tendenzialmente non si discosta da quanto affermato già nell’aggiornamento del piano di zona 2010. Il fenomeno delle dipendenze patologie, da un punto di vista dell’analisi, sta assumendo anche nel nostro territorio, negli ultimi anni, connotazione differenti sia per la tipologia dell’utenza che per le modalità di consumo Le caratteristiche dell’utenza, infatti si possono riassumere brevemente in. • rapida evoluzione del profilo del consumatore: femminilizzazione dei consumi, crescita dei fenomeni di alcol dipendenza, policonsumi di sostanze legali ed illegali, inizio del consumo sempre di più ad una età precoce (circa 14 anni), • difficoltà di aggancio da parte dei servizi pubblici soprattutto per chi abusa di nuove sostanze o alcol dipendenti giovani che non riconoscono nell’abuso una vera forma di dipendenza poiché sono cambiati i significati e la percezione del rischio • Bisogni intermedi tra sanitario e sociale, soprattutto legati al disagio psichico e relazionale di giovani e adulti; sempre di più i giovani che afferiscono al servizio presentano problematiche di disagio spesso di doppia diagnosi. Tale disagio generalizzato viene percepito spesso precocemente dagli operatori dei CIC (gli stessi dell’U.O.C. Dipendenze e del consultorio adolescenti della stessa ASL)che operano nelle scuole superiori della provincia A fronte di una tale situazione, il servizio sta ripensando e lavorando intorno a nuove strategie di prevenzione e cura, nonché alla riorganizzazione del sistema dei servizi, offrendo trattamenti differenziati, flessibili, accoglienti e prossimi ad una domanda che è difficile intercettare e che comunque muta velocemente, portandosi dietro non solo aspetti di ordine sanitario legati alla dipendenza patologica ma anche di ordine sociale come quelli della casa, del lavoro, della socializzazione. Emerge anche quest’anno, perché problema irrisolto, la carenza nel territorio di soluzioni di accoglienza abitativa a bassa soglia anche per persone in stato di cronicità ; è ormai divenuto indispensabile anche per la nostra provincia individuare un luogo di pronta accoglienza dove possano afferire persone sprovviste, anche momentaneamente di abitazione, o per carenze economiche legate alle poche risorse lavorative o per problematiche legate ad un disagio sociale più vasto (tossicodipendenza, senza fissa dimora, malati psichiatrici , immigrati ecc.) Per gli aspetti del reinserimento sociale l’U.O.C. Dipendenze ,in questo anno, in collaborazione con i diversi comuni del territorio oltre che con le altre istituzioni pubbliche e del privato sociale sta sviluppando ,con modalità più strutturate e condivise un sistema di rete e raccordi che permetta di realizzare progetti riabilitativi individualizzati, che ampli le opportunità di inserimento e che favorisca il reingresso nel mondo del lavoro reale. Per quanto attiene ai progetti di prevenzione, proprie per le caratteristiche del fenomeno emergente la ASL ed il distretto socio sanitario si stanno adoperando per conoscere, consolidare ed integrare tutti gli interventi sin qui svolti dai progetti in collaborazione con i servizi del territorio, strutturando insieme progetti che abbiano validità scientifica perché già testati anche a livello europeo come il 107 progetto Unplagged che in questo anno scolastico verrà sperimentato nell’ultimo anno delle scuole medie . Il progetto di prevenzione distrettuale inserito nel piano di zona (ANTRAN) sta diventando non solo un contenitore dei diversi progetti esistenti nel territorio, ma anche un volano di nuove idee e progettualità con al collaborazione degli operatori pubblici che operano nella prevenzione sia in ambito scolastico che per i centri giovanili . Questa collaborazione che si sta consolidando è doverosa proprio per i dati dell’ U.O.C. Dipendenze e Patologie d’abuso che confermano il trend già osservato negli ultimi due anni: diminuzione dell’età di prima assunzione, abbassamento dell’età di presa in carico al servizio (23 anni) poliabuso di sostanze psicoattive, grave incremento di abuso di alcolici assunti per sballare; di contro i pesanti disagi di ordine sociale, le carenze di ordine educativo sia in famiglia che a scuola, le difficoltà nell’affrontare lo stress ed il quotidiano, la mancanza di opportunità lavorative, ,non aiutano i giovani ad inserirsi in maniera positiva nel contesto sociale. I Servizi dunque si stanno attivando insieme per affrontare al meglio le nuove problematiche e i le nuove forme di disagio giovanile ormai sempre più diffuse. Per quanto attiene alla prevenzione ed alla promozione della salute si ravvisa la necessità di attivarsi su due fronti specifici espressi anche nel progetto di prevenzione “ANTRAN”: creare spazi di socializzazione per i giovani, non connotati in maniera specifica, nei centri giovanili e di aggregazione nei quali poter ascoltare i giovani e i loro disagi; attivarsi all’interno delle scuole , in collaborazione con gli operatori dei CIC per attivare progetti mirati di prevenzione primaria. Nell’ambito del reinserimento sociale si ritiene opportuno rafforzare la rete dei servizi pubblici e privati per ampliare le opportunità di inserimento collaborando con il provato sociale e le associazioni non profit. Lo stato dell’arte dei progetti annualità 2011 Progetto di prevenzione “ANTRAN” I due progetti di prevenzione e di reinserimento in questo anno, si sono rimodulati proprio per affrontare più efficacemente le criticità riscontrate dai servizi e si sono ampliati, nello specifico il progetto di prevenzione verso altri campi di azione, in particolare nelle scuole . Pertanto nell’anno 2011 il progetto Antran ha sviluppato diverse attività appresso specificate: • E’ stato concluso il cortometraggio che ha visto protagonisti circa 15 giovani di 4 centri giovanili progettato già nel 2009 Già dalla fine del 2009 i ragazzi, insieme alle sentinelle, adulti di riferimento, hanno iniziato a scrivere la sceneggiatura di 4 brevi racconti che narrassero storie di vita giovanili; tali racconti sono stati poi sviluppati in un cortometraggio dalla società di cinematografia “Mediart” con gli stessi ragazzi come attori delle loro storie. Questo progetto ha avuto molteplici obiettivi il primo dei quali è stato quello di formare un gruppo di giovani che parlassero dei loro disagi traducendoli in storie ed in filmato con l’obiettivo di raccontare e di far parlare altri giovani . Tale video intitolato “Storie a matita” si sta rivelando uno degli strumenti di lavoro importante per la promozione della salute all’interno dei centri giovanili, delle scuole ed in tutti i luoghi di aggregazione. Il cortometraggio è stato presentato il giorno 26/11/2010 alla cittadinanza . 108 • La commissione , nel corso di quest’anno, ha attivato una serie di incontri con le scuole superiori al fine di progettare interventi di prevenzione alle dipendenze utilizzando il video “Vite a matite”. Quasi tutte le scuole superiori hanno risposte positivamente al progetto. Un primo intervento sperimentale è stato già realizzato con una classe del liceo scientifico di Rieti al fine di testare le modalità di intervento. • Le collaborazioni attivate già dal 2010 dalla Commissione ANTRAN con gli operatori dei Centri di Informazione e Consulenza della ASL di Rieti, attivi in tutte le scuola medie superiori , hanno già dato risultati positivi tanto che nell’anno scolastico 2011/2012 gli operatori dei CIC e di ANTRAN , con equipe integrate inizieranno a svolgere attività di prevenzione nelle scuole medie superiori utilizzando, la dove è possibile, il cortometraggio realizzato dai ragazzi dei centri giovanili. • In questo anno inoltre due comuni del distretto hanno richiesto la collaborazione di ANTRAN e dell’Informagiovani del Comune di Rieti per realizzare progetti di aggregazione giovanile all’interno del loro territorio Progetto di reinserimento socio Lavorativo “Il lavoro da scoprire” Il progetto ha visto nel 2011 la partecipazione di 3 (2 uomini e 1 donna) utenti dell' Area Dipendenza, di cui uno ex alcolista e un due con pregresse problematiche di poliabuso . Nel 2011 il progetto di reinserimento non ha potuto subire sviluppi ulteriori per le difficoltà di erogazione economica dei fondi da parte del comune capofila alla cooperativa ospitante . Il contesto lavorativo presso cui gli utenti, quest’anno, hanno svolto l'attività è stato quello di una cooperativa sociale integrata con esperienza di inserimenti di persone svantaggiate; questo ha permesso al servizio, nella fase iniziale, di effettuare delle specifiche scelte rispetto ad alcuni utenti per i quali l'attenzione alle difficoltà relazionali ed emotive ha prevalso sui compiti più produttivi e sull'acquisizione di competenze specifiche. I 3 utenti hanno svolto il loro reinserimento nella Cooperativa Sociale integrata “Oltre” ; due di loro nel settore della tipografia , il terzo nel laboratorio del restauro. Gli obiettivi degli inserimenti lavorativi protetti effettuati all'interno di un percorso terapeutico riabilitativo cosi come previsto dal progetto " Il lavoro da scoprire" e cosi come è stato già evidenziato nel primo minipiano per le dipendenze, sono stati 1. mantenere una condizione di drug free, 2. riappropriarsi dei ruoli sociali, 3. acquisire capacità per fronteggiare situazioni a rischio 4. riacquisire regole e senso della vita quotidiana 5. permettere un graduale reinserimento nel proprio sistema di relazioni familiari e sociali 6. acquisire responsabilità, autonomia ed indipendenza 7. ri- attivare le competenze relazionali 8. ri- acquisire competenze e capacità lavorative e professionali. Per i borsisti il lavoro protetto ha avuto obiettivi , all’inizio ,più a bassa soglia (in particolare con un utente) come la ri-acquisizione di regole della vita quotidiana, ri-acquisizione di competenze relazionali ; per altri, invece, attraverso il lavoro, sono stati raggiunti obiettivi a più alta soglia come l'acquisizione di specifiche competenze nell'ambito di una sempre maggiore differenziazione dei compiti, per un terzo ancora il lavoro ha rappresentato la riappropriazione di un ruolo familiare e sociale che ha comportato la stabilizzazione della situazione familiare. A giugno 2011 un utente è uscito dal programma di reinserimento per problematiche legate all’abuso di alcol correlate ad un disturbo di personalità . Pertanto negli ultimi 6 mesi gli utenti sono stati solo due. E’ al momento difficile inserire nuove persone proprio per le difficoltà di regolarizzare il sostegno economico del comune capofila alla cooperativa che spesso è costretta ad anticipare il rimborso 109 spese ai borsisti con fondi propri. Tale difficoltà di ulteriori inserimenti diventano ancora più pesanti nella misura in cui diminuiscono, anche a livello regionale, i fondi a disposizione per il nostro distretto; a fronte di una sempre maggiore richiesta di progetti di reinserimento in cui il lavoro è lo strumento terapeutico principale, si evidenzia , negli anni , una sempre maggiore diminuzione dei fondi a disposizione che sicuramente non aiutano a sostenere progetti efficaci. Comunque si sottolinea come l'esperienza lavorativa abbia determinato, per tutti, una crescita nella capacità di collaborare e di sostenersi reciprocamente, aumentando l'empowerment. Il progetto quindi ha avuto comunque un esito positivo, in quanto tutti hanno raggiunto gli obiettivi prefissati dal progetto terapeutico individualizzato. 110 PROGETTI LEGGE 309/90 1. Titolo del progetto IL LAVORO DA SCOPRIRE: conoscenze costruite nella convivenza 2. Nuovo progetto - Si -No X 3. Progetto già avviato - Si ■ - No 4. Se il progetto dà continuità a servizi/strutture già attivati, indicare se amplia l’ambito territoriale c/o l’utenza di riferimento il progetto di reinserimento lavorativo è parte integrante di un progetto terapeutico individualizzato per persone afferenti all’ U.O.C. Dipendenze e Patologie d’abuso della ASL che si trovano in una fase avanzata del programma terapeutico o persone all’uscita dal carcere. I pazienti con programmi a media- alta soglia possono accedere al lavoro in ambiente protetto dove, ri-acquistano capacità relazionali , autostima oltre che competenze lavorative spendibili nel mercato de lavoro .I fondi a disposizione nel 2011 non potranno ampliare l’utenza di riferimento. 5. Descrizione delle attività, dei servizi e/o prestazioni previste dal progetto (es. casa famiglia, comunità alloggio, servizio di assistenza domiciliare, ADI) I pazienti sono inseriti nelle attività di una cooperativa sociale integrata (“Oltre”) dove svolgono attività di restauro, tipografiche, sempre con la presenza di un tutor. Si verificherà sul campo la possibilità di aggiungere un'altra cooperativa capace di accogliere persone segnalate dall’U.O.C. Dipendenze che abbia una esperienza nel settore al fine di ampliare la gamma delle attività 6. Liveas Le borse lavoro ed ogni altra formula di inserimento lavorativo permettono a persone emarginate per le caratteristiche della patologia ,di sperimentare percorsi di inclusione sociale e lavorativa con l’obiettivo finale di un possibile inserimento reale nel mondo del lavoro . Il lavoro è lo strumento più efficace per rinforzare le capacità personali indispensabile per uscire da ogni forma di dipendenza patologica. 7. Macroarea Area disagio 8. Costo del progetto € 24.234,50 (DGR n. 202 del 6.05.2011) 9. Servizi/prestazioni erogati Lavoro in ambienti protetti con un tutoraggio continuo che ha dato agli utenti l’opportunità di consolidare le proprie capacità/risorse personali in termini di autostima e di relazione oltre che offrire formazione professionale sul campo 10. Bacino di utenza a. Distrettuale b. Sub-distrettuale (specificare i Comuni) ■ 111 c. Comunale (specificare il Comune) 11. Tipologia di utenza Max. 4 utenti selezionati dagli Operatori del SER.T. con un programma ad alta soglia 12. Obiettivi del progetto Obiettivi generali: Reinserimento sociale e lavorativo per soggetti che hanno concluso un programma terapeutico, o persone all’uscita dal carcere attraverso un programma di reinserimento progressivo. Obiettivi specifici: - rientro graduale all’interno del proprio sistema di relazione garantendo la continuità del rapporto con la propria comunità di appartenenza; - mantenimento dello stato di astensione dall’uso di sostanze psicoattive; - cogestione dei compiti e mansione della vita comunitaria; - riattivazione di positive competenze relazionali, nella consapevolezza di sé e del proprio ruolo; - orientamento alla scelta formativa; - formazione professionale; - inserimento lavorativo attraverso tirocini. 13. Tempi di attuazione Annuale 14. Tipologia di strutture Numero strutture 1/2 Tipologia struttura - Gruppo appartamento - Casa famiglia - Comunità alloggio - Comunità di pronta accoglienza - Casa di riposo - Casa albergo - Strutture semiresidenziali (Centro diurno) - Altro (specificare) Coperative sociali integrate Capacità di accoglienza della/e struttura/e (n. posti) 15. Numero utenti: 6 16 oggetto che gestisce - Comune Capofila del Distretto RI/1 - Convenzione - Convenzione con Associazioni di volontariato - Altro (Specificare) 17. Utenza annuale prevista: ■ 4 112 18. Personale coinvolto nel progetto - Esperto in materie legali - Amministrativo - Assistenti sociali laureati - Sociologi - Psicologi - Pedagogisti - Educatori professionali - Operatori socio-sanitari - Volontari - Mediatori culturali - Altre figure: Inservienti - Medico di area neurologica - Autisti per trasporto utenti - Infermiere professionale 1 2 1 19. Sede della struttura e/o dell’attività Comune di Rieti 20. Liste di attesa - Si (specificare i motivi) X - utenti che possono proseguire il percorso terapeutico attraverso un lavoro protetto per i quali non sono sufficienti i finanziamenti previsti per il 2011 - No 21. Esistono strumenti di monitoraggio e verifica dei risultati? - Si (specificare quali) ■ riunioni di gruppo; riunioni periodiche d’equipe; rispetto degli accordi terapeuticiriabilitativi sottoscritti dagli utenti inseriti nel progetto riunioni con la/le cooperativa - No 22. Esiste compartecipazione da parte degli utenti? - Si, totalmente - Si, parzialmente - No ■ 23. Quali sono le modalità di integrazione con la ASL? Il SER.T. della A.U.S.L. provvede alla preparazione e selezione di coloro che fra i propri utenti risultino essere in grado di sostenere impegni di reinserimento lavorativo e effettua, le valutazioni periodiche sul percorso terapeutico lavorativo. Riunioni Ser.T Comune capofila sull’andamento del progetto 24. Finanziamenti previsti: specificare i costi €. 24.234,50 113 1. Titolo del progetto ANTRAN 2. Nuovo progetto - Si - No X 3. Progetto già avviato - Si X - No 4. Se il progetto dà continuità a servizi/strutture già attivati, indicare se amplia l’ambito territoriale c/o l’utenza di riferimento Il progetto, in questo anno si è ampliato, in seguito all’inserimento nel paino di zona,sia in termini di collaborazioni che di progettualità a tutto il distretto per cui si sono attivati nuovi centri di aggregazione giovanile nei diversi paesi del distretto. Il video “Vite a Matita” presentato con una conferenza pubblica, si sta adoperando per i progetti di prevenzione nelle scuole. La esiguità dei fondi per il 2011 limitano di fatto lo sviluppo di ulteriori progettualità 5. Descrizione delle attività, dei servizi e/o prestazioni previste dal progetto (es. casa famiglia, comunità alloggio, servizio di assistenza domiciliare, ADI) progetti di prevenzione in tutte le scuole medie superiori , in collaborazione con gli operatori CIC, con l’utilizzo del video “Vite a matita” Incontri con alcune Amministrazioni Comunali del distretto per la creazione di Informagiovani PARTENARIATO ANTRAN è un progetto pilota che nasce dalla collaborazione del Centro Giovanile del Comune di Rieti – Assessorato ai Servizi Sociali, A.U.S.L. di Rieti – D.I.S.S.T.M.I. e A.D.P.A., Comunità Emmanuel - Centro Pedagogico di Rieti Gli Operatori, che sono rappresentanti del partenariato, compongono una Commissione tecnicoscientifica che ha il compito di valutare la fattibilità, l’efficacia e l’efficienza degli interventi e, non ultimo, ha il compito di valutare l’intero processo ed i risultati raggiunti attraverso le azioni progettuali. L’istituzione della Commissione permette le verifiche in progress, evidenziando le positività e le criticità delle azioni progettuali. Il progetto dedicato inizialmente alla promozione della aggregazione giovanile attraverso l’istituzione e il potenziamento dei centri giovanili già esistenti sull’intero territorio del Distretto , ha poi sviluppato anche con la collaborazione dei partner quali la comunità terapeutica, l’informagiovani e la Asl altri possibilità progettuali diventando una fucina di idee allo scopo di impegnare capacità, potenzialità e risorse in maniera efficace ed efficiente, percorrendo la strada della promozione al benessere olistico della persona. 6. Liveas la rilevanza del progetto risiede nella funzione di prevenzione dei comportamenti giovanili devianti che possono portare a conclamati stati di emarginazione sociale (delinquenza, tossicodipendenza, comportamento antisociale in genere) che stanno ponendosi sempre più all’attenzione come emergenze sociali. 114 7. Macroarea Area minori, giovani e famiglie 8. Costo del progetto € 24.234,50 (DGR n. 202 del 6.05.2011) 9. Servizi/prestazioni erogati Offrire ai giovani delle scuole superiori la possibilità di confrontarsi, con esperti e con strumenti nuovi quali il video ideato e realizzato da ragazzi , sui temi del benessere e del disagio possibilità ai giovani del Distretto di acceder in forma libera ad una struttura che proponga, sotto opportuno coordinamento di persona che sappia “leggere” il disagio adolescenziale e giovanile, attività ed incontri che offrano stili positivi di vita e che educhino a tale finalità. 10. Bacino di utenza a. Distrettuale b. Sub-distrettuale (specificare i Comuni) c. Comunale (specificare il Comune) 2. ■ Tipologia di utenza Popolazione giovanile di età compresa fra i 12 ed i 30 anni Genitori dei bambini accolti in asilo nido 3. Obiettivi del progetto Le finalità del Progetto oltre a quelle evidenziate nel progetto inviato alla Regione Lazio nell’anno 2004 se ne sono previste altre : • Prevenzione delle dipendenze patologiche attraverso la riduzione del disagio con conseguente riduzione della domanda della sostanza o del comportamento di abuso. • • • Promuovere il ben –essere dei ragazzi in ambito scolastico ed extra scolastico Emersione dei fenomeni relativi al disagio ancora sommersi e/o latenti. Promozione dell’aggregazione basata su modelli comportamentali positivi e sani con nuove attività e nuovi strumenti più adeguati alla popolazione giovanile Interessamento della fascia d’età compresa fra i 12 ed i 30 anni. • 4. Tempi di attuazione Annuale 5. Tipologia di strutture Numero strutture Le Scuole superiori 0 Tipologia struttura - Gruppo appartamento - Casa famiglia - Comunità alloggio 115 - Comunità di pronta accoglienza Casa di riposo Casa albergo Strutture semiresidenziali (Centro diurno) Altro (Centri Giovanili) Genitori, Associazioni ■ Capacità di accoglienza della/e struttura/e (n. posti) 15. Numero utenti: Variabile 16 oggetto che gestisce - Comune Capofila del Distretto RI/1 - Convenzione - Convenzione con Associazioni di volontariato - Altro (Specificare) ■ 17. Utenza annuale prevista: Variabile 18. Personale coinvolto nel progetto - Operatori CIC - Assistenti sociali laureati (SER.T. “Commissione”) - Sociologi (“Commissione”) - Psicologi (“Commissione”) - Pedagogisti - Educatori professionali (Centro giov. “Commissione”) - Operatori socio-sanitari - Volontari - Mediatori culturali (“Sentinelle”) - Altre figure: Inservienti - Medico di area neurologica - Autisti per trasporto utenti - Infermiere professionale 8 1 2 1 2 3 19. Sede della struttura e/o dell’attività Comune di Rieti 20. Liste di attesa - Si (specificare i motivi) Insufficienza di fondi Regionali e Comunali. - No ■ 21. Esistono strumenti di monitoraggio e verifica dei risultati? - Si (specificare quali) ■ incontri periodici (max quindicinali) della “Commissione” per la verifica periodica dell’efficacia dei progetti anche con gli operatori coinvolti - No 22. Esiste compartecipazione da parte degli utenti? 116 - Si, totalmente - Si, parzialmente - No ■ 23. Quali sono le modalità di integrazione con la ASL? L’A.D.P.A., all’interno della “Commissione”, si occupa degli interventi di prevenzione, cura e reinserimento riguardo le dipendenze latenti e patologiche conclamate. 24. Finanziamenti previsti: specificare i costi €. 24.234,50 117 Soggiorni estivi e week-end di sollievo in luoghi di villeggiatura per disabili in età evolutiva e adulti Si tratta di una iniziativa erogata a favore di 5 utenti con disabilità, ai quali viene garantita la partecipazione a soggiorni estivi e ad attività a carattere ludico-ricreativo nel territorio del Comune di Rieti. Si tratta di gite della durata breve volte a garantire agli utenti e alle loro famiglie un week-end di sollievo: ai primi con un’attività ludico-ricreative che li porta lontano dai luoghi della quotidianità; ai secondi, garantendo un week-end di relax senza le incombenze tipiche di chi ha un familiare disabile e che vede ricadere su di lui la gran parte degli oneri di assistenza. Visto l’esiguo importo finanziato, 4.075,00 euro, questo anno il progetto sarà attivato per soli 5 utenti. 118 Punto unico di accesso (PUA) Il distretto Socio-Sanitario Ri1 ha dato avvio ai processi che avranno come momento finale l’attivazione del PUA, quale funzione in grado di fornire informazioni e orientamento al cittadino, risolvere problemi semplici e rinviare i casi a maggior complessità verso le sedi adeguate (funzione filtro – triage), attivando un’unità funzionale di pre-valutazione integrata, così come indicato dalle Linee d’Indirizzo della Regione Lazio. L’attivazione del PUA integrato socio-sanitario colma una mancanza rispetto a quanto già previsto dall’art. 5 del “Regolamento Di Organizzazione Del Distretto” emanato dalla’Asl di Rieti. Art. 5 Punto Unico di Accesso (P.U.A.) Il PUA (Punto Unico di Accesso) integrato, sanitario e sociale è il front office avanzato distrettuale con la funzione di realizzare una presa in carico “ globale” del bisogno del cittadino (sociale, sanitario o sociosanitario) mediante attivazione di una rete dei servizi idonea a dare la risposta più immediata ed appropriata. Detto strumento realizza l’integrazione e il raccordo fra servizi, enti, agenzie pubbliche e private diverse. Il Punto Unico di Accesso distrettuale (PUA) è luogo del Distretto sociosanitario che svolge funzione di prima valutazione del bisogno, orientamento del cittadino ed eventuale iniziale presa in carico. Fornisce informazioni ed orientamento al cittadino, risolvendone i problemi semplici e rinviando i casi di maggior complessità ai servizi preposti; effettua una pre-valutazione integrata attraverso strumenti di valutazione multidimensionale standardizzati e semplificati; si relaziona con la rete dei servizi ed effettua la presa in carico per i differenti livelli di intensità assistenziale, mediante valutazione multidimensionale. Le stesse Linee d’Indirizzo colgono alcuni elementi di criticità del distretto Ri1 (criticità peraltro comuni ad altre realtà) e di cui si è detto in questo Piano e di cui si dovrà tener conto in sede di attivazione del PUA: - la carenza di Assistenti Sociali nei 23 piccoli Comuni del distretto, cui si è ovviato con l’attivazione del Segretariato Sociale; - le difficoltà legate alla dimensione e conformazione geografica del territorio (che in passato aveva indotto il distretto a suddividersi in 2 sub-aree), che comporta difficoltà di spostamento da un punto all’altro del distretto con tempi di percorrenza molti elevati. Per far fronte a questa particolare situazione, nei Comuni più piccoli del distretto socio-sanitario Ri1 ci si avvarrà “anche degli “sportelli distrettuali” o degli “sportelli di cittadinanza” (Segretariati Sociali), presenti nei Comuni e nelle associazioni intercomunali.”, così come previsto al punto 2.4 delle Linee d’Indirizzo Regionali. 119 Per facilitare il lavoro del PUA nell’indirizzamento degli utenti ai servizi adeguati al loro bisogno, il distretto metterà a disposizione la “Banca dati” dei Servizi Attivati dai Comuni (Punto 3.2 delle Linee di Indirizzo Regionali), che ormai da diversi anni è stata attivata dall’Ufficio di Piano. Questa raccoglie sistematicamente i dati sulle strutture e i servizi attivi per i cittadini nei Comuni afferenti al distretto ed è allegata al presente Piano di Zona. Un ulteriore strumento che sarà posto a disposizione dal distretto saranno i siti istituzionali dei Comuni afferenti al distretto e della Asl, nonché il sito dell’Osservatorio Comunale sulla Qualità e le Politiche Sociali attivo ormai da anni presso l’Assessorato alle Politiche Sociali del Comune di Rieti. Al momento, sono stati approntati la bozza di Protocollo d’Intesa e di Regolamento del PUA che saranno sottoposti ai fini dell’approvazione all’Assemblea dei Sindaci del distretto e al Direttore della Asl di Rieti (che si propongono qui di seguito). 120 BOZZA DI PROTOCOLLO D’INTESA TRA I COMUNI DEL DISTRETTO SOCIO-SANITARIO RI/1 e IL DISTRETTO AUSL RIETI PER LA REALIZZAZIONE DEL “Punto Unico di Accesso, PUA” Visto il Decreto Legislativo n. 229 del 19 giugno 1999 “Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale a norma dell'art.1 della Legge 30 novembre 1998 n. 419” con riferimento alla parte relativa all'integrazione sociosanitaria (art.3 septies); Vista la Legge n. 328 del 8 novembre 2000 “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali"; Vista la DGR Lazio n. 433 del 19 giugno 2007 “Indicazioni ed interventi per la realizzazione di iniziative tese ad integrare le attività sanitarie e sociosanitarie. Incentivazione dei processi di deospedalizzazione nella Regione Lazio”; Visto il Decreto del Presidente della Regione Lazio in qualità di Commissario ad Acta n. U 0018 del 5 settembre 2008 allegato 1 “Programmazione per l’integrazione sociosanitaria nella Regione Lazio” ed allegato 2 “Linee guida per la stesura del Piano Attuativo Locale Triennale 2008-2010” nella parte relativa alla progressiva istituzione presso ogni Distretto Sanitario, di un Punto Unico di Accesso Integrato (PUA), con funzioni di orientamento ed accompagnamento, interconnessione, continuità assistenziale, valutazione e personalizzazione dell’assistenza; Vista la Legge Regione Lazio n 2 del 27 02 2009 “ Istituzione del centro di accesso unico alla disabilità (CAUD). Modifica alla legge regionale 12 dicembre 2003 n. 41 (Norme in materia di autorizzazione all’apertura ed al funzionamento di strutture che prestano servizi socioassistenziali)“ Vista Legge 7 giugno 2000 n. 150 “Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle Pubbliche Amministrazioni”; Preso atto che la realizzazione della Punto Unico di Accesso al sistema dei servizi sociali e sanitari ha come caratteristica peculiare il fatto di considerare la persona nella sua unità permettendo di affrontare le situazioni nella loro complessità, attraverso una azione integrata e globale in modo tale da poter rispondere esaurientemente all’esigenza di informazione e di orientamento dei cittadini; Considerato che il “Punto unico di accesso integrato sanitario e sociale (PUA), inteso quale funzione del Distretto è in grado di fornire informazioni e orientamento al cittadino, risolvere problemi semplici e rinviare i casi a maggior complessità verso le sedi adeguate”, per la ASL, tali sedi vanno individuate con i servizi sanitari, per i Comuni con i propri servizi sociali e socioassistenziali, svolgendo così una funzione di filtro e triage, svolgendo un’attività di pre-valutazione integrata, che potrà essere svolta sia in uno o più punti di accesso, ma anche promossa come funzione e modello organizzativo” (Allegato linee guida Decreto del Presidente della Regione Lazio 2008) I COMUNI DEL DISTRETTO SOCIO-SANITARIO RI/1 e l’AUSL Rieti nella persona dell’Assessore alle Politiche Sociali di Rieti, in qualità di Comune Capofila, e nella persona del Direttore del Distretto Sanitario, 121 sottoscrivono il presente protocollo di intesa per l’attivazione del Punto Unico di Accesso rivolto ai cittadini presenti nel Distretto Socio-Sanitario Rieti1. ART 1 Finalità Obiettivo del presente Accordo sono : realizzare attraverso il Punto Unico di Accesso (P.U.A.) una modalità e un sistema di accesso ai servizi sociali e sanitari – da parte dei cittadini presenti nel territorio (residenti, domiciliati, presenti temporaneamente) del Distretto Socio-Sanitario Rieti1, che garantisca alla singola persona e alla collettività un’informazione e un orientamento ai servizi sanitari, socio-sanitari, sociali e socioassistenziali presenti nel territorio del Distretto Socio-Sanitario Rieti1 o in altri territori, questo in particolare per gli interventi di tipo sanitario e socio-sanitario. ART 2 Obiettivi del PUA a) Il PUA si pone: 1. “con una funzione prevalente di orientamento e accompagnamento”, in questa funzione si pone come sistema di sicurezza per il cittadino per “trovare il servizio giusto” in grado di rispondere al proprio bisogno di assistenza; 2. come sistema di rete integrato dei servizi socio-sanitari, garantendo una vera e propria presa in carico del cittadino, attraverso anche una valutazione di primo livello dei differenti livelli di intensità assistenziale, mediante valutazione multidimensionale. b) Il PUA per la funzione che svolge promuove, direttamente ed indirettamente, un modello di accoglienza ed orientamento dei cittadini, facilitando altresì la cultura dell’integrazione tra i servizi e gli interventi in ambito socio-sanitario ; c) Il PUA deve essere considerato come uno “spazio” fisico e funzionale non monotematico, dove il cittadino di qualunque fascia di età, con qualunque problematica sanitaria, socio-sanitaria, socio-assistenziale, di qualunque estrazione sociale ed etnia, può e deve trovare il giusto orientamento ai servizi. Il ché significa che nel PUA avranno titolo ad essere accolte e gestite tutte le istanze: da quelle delle persone diversamente abili, a quelle dei minori, da quelle degli anziani a quelle con particolari patologie, da quelle con disagi socio-assistenziali a quelle disagi psicologici; d) Per una ottimizzazioni delle risorse, una gestione più efficace ed efficiente delle richieste, per migliorare la capacità di accoglienza e di risposta ai cittadini, tutte le diverse attività attualmente configurate come punti o sportelli indipendenti dedicati dovranno confluire all’interno del PUA. Fermo restando che si dovrà dare visibilità e chiara tracciabilità dell’accoglienza destinata alle diverse tipologie di utenze attraverso specifiche campagne informative e promozionali integrate promosse e attuate dagli uffici e servizi deputati a tale funzione; e) Funzione del PUA è promuovere una semplificazione dei percorsi che i cittadini debbono seguire attraverso un’appropriata accoglienza ed una attenta analisi dei bisogni. 122 f) Garantire un sistema aggiornato dei dati riguardanti le diverse risorse sanitari, sociosanitarie, sociali, socio-assistenziali pubbliche, del privato accreditato, dell’associazionismo e del volontario attraverso la banca dati del Distretto Socio-Sanitario Rieti1; g) Promuovere, attraverso i rispettivi servizi competenti delle programmate campagne di informazione rivolte ai cittadini e alle istituzioni sia pubbliche che del privato sociale. ART.3 Procedure di attuazione Al fine di rendere operativo e adeguato alle reali esigenze dei cittadini l’Assessore alle Politiche Sociali di Rieti, in qualità di Comune Capofila, e il Direttore del Distretto Sanitario, direttamente o tramite i Servizi di riferimento dovranno definire entro 30 giorni dalla sottoscrizione del presente Protocollo un REGOLAMENTO che definisca: • modalità di organizzazione e gestione del PUA; • procedure di erogazione degli interventi; • le modalità di accesso dei cittadini al PUA; • giorni e orari di apertura al pubblico, diretta, telefonica, via e-mail; • le risorse umane, strutturali, strumentali, economiche, impegnate dai due Enti; • l’individuazione di referenti da parte degli Enti sottoscrittori del presente protocollo. L’attività di programmazione e verifica che si prevede debba essere effettuata almeno ogni 6 mesi dai firmatari del presente protocollo, e che può prevedere modifiche e cambiamenti in rapporto alle esigenze del territorio, non richiede nessuna modificazione del presente atto in quanto indipendente dallo stesso, seppure ed esso correlata negli obiettivi e nelle finalità che non possono essere disattese. . ART. 4 Modifiche e durata del Protocollo d’Intensa. Il presente Protocollo d’Intesa può essere sottoposto a verifica, modificazione ed integrazioni su richiesta di una delle parti, ma non prima da un anno di sperimentazione dalla data del presente Protocollo. Il presente Protocollo d’Intesa, sottoscritto dai legali rappresentanti delle Amministrazioni interessate, è approvato ai sensi dell’art. 34, comma 1, del D.Lgs 267/2000. Rieti li_________________________ Letto confermato e sottoscritto l’Assessore alle Politiche Sociali di Rieti Direttore del Distretto Sanitario Comune Capofila 123 BOZZA DI REGOLAMENTO DEL “PUNTO UNICO D’ACCESSO” (PUA) Approvato dai Comuni Del distretto Socio-Sanitario Ri1 con Assemblea del __/__/201_ Art 1 – OGGETTO Il presente regolamento disciplina gli interventi di carattere sociosanitario in risposta ai bisogni complessi, erogati a favore dei cittadini residenti o temporaneamente presenti nei Comuni del Distretto Sociosanitario di Rieti1. Tali interventi vengono attivati con l’istituzione di un PUA (Punto Unico di Accesso) integrato Distrettuale e comportano, scelte condivise sulle modalità di recepimento dei bisogni e dell’omogeneità delle risposte socio assistenziali date, con assunzione di responsabilità negli adempimenti e nelle decisioni ed il reciproco coinvolgimento degli Enti aderenti alla gestione associata. Con il presente regolamento si vogliono definire gli aspetti organizzativi generali del Servizio, nonché, gli aspetti procedurali inerenti le fasi di intervento previste dal progetto. Gli interventi hanno la funzione di garantire ai cittadini risposte personalizzate rispetto ai loro bisogni ed allo stesso tempo equità di trattamento per l’accesso ai servizi. Inoltre il sistema della rete opportunamente attivato permette l’omogeneità della risposta per tutto l’ambito Territoriale del Distretto nel rispetto almeno dei Livelli Essenziali di Assistenza. Nel Regolamento vengono descritte le modalità di accesso ai servizi e di valutazione omogenea al fine di favorire l’unitarietà della risposta a parità di bisogno, con particolare riferimento alla tutela dei soggetti più deboli. Inoltre, al fine di garantire risposte adeguate in tempi certi e soprattutto la continuità assistenziale , in modo particolare nel caso di interventi Ospedale – Territorio , definisce le modalità di interazione tra le varie strutture esistenti nel territorio, concorrendo ad un utilizzo più appropriato del ricorso al ricovero nelle strutture ospedaliere. Disciplina, altresì, il funzionamento dell’équipe multidisciplinare e i rapporti tra questa e i servizi sociali e sanitari degli Enti aderenti alla gestione associata. Art. 2 – FINALITA’ DEL SERVIZIO Il Punto Unico di Accesso (PUA) rappresenta il luogo di attivazione della rete socio-sanitaria territoriale, dove si realizza l’integrazione istituzionale tra i servizi sociali e i servizi sanitari e l’integrazione professionale delle diverse figure coinvolte. Il PUA garantisce, anche attraverso la tempestiva attivazione delle UV (Unità di Valutazione garantita dall’équipe multidisciplinare), la tempestività e la continuità delle cure alla persona con problemi socio-sanitari complessi, assicura adeguate informazioni sull’offerta dei servizi a sostegno di una scelta consapevole dell’utente e della sua famiglia, garantisce una valutazione multidimensionale del bisogno e la predisposizione di un progetto personalizzato, accorciando i tempi di risposta ed evitando percorsi complicati che costituiscono spesso le cause dell’ospedalizzazione impropria. Attraverso i tre livelli operativi individuati nel progetto, si intende assicurare: - l’accoglienza, l’ascolto e la valutazione del bisogno socio-sanitario; - l’equità nell’accesso ai servizi, con particolare tutela dei soggetti più deboli; - l’unitarietà della risposta. Art. 3 – ÉQUIPE MULTIDISCIPLINARE L’équipe multidisciplinare della rete PUA-UVT è costituita, come da Progetto, dai seguenti operatori: - N. __ Operatori Sociali dei Comuni del Distretto Sociosanitario ; 124 - Medici referenti del PUA del Distretto Sociosanitario; - N. __ Assistenti Sociali referenti del PUA del Distretto Sociosanitario; - N. __ Infermieri del PUA del Distretto Sociosanitario; - N. ___ Istruttori Amministrativi del PUA del Distretto Sociosanitario; - N. __ Assistenti Sociali Pua territoriale II° livello (18 ore settimali); - N. __ Assistente Sociale Ospedale-territorio (30 ore settimanali). - N. __ Psicologo Pua territoriale II° livello (16 ore settimanali). I componenti dell’équipe multidisciplinare operano nei tre livelli d’intervento, contemplati nel Progetto, in termini collaborativi e in un ottica di costante integrazione degli interventi sociosanitari. Collaborano per l’attuazione del Progetto personalizzato, sia in ordine agli specifici interventi previsti, sia nell’espletamento della attività necessarie alla concretizzazione delle azioni programmate. Art. 4 – SEGNALAZIONE La segnalazione può essere di due tipi: Diretta, quando il cittadino, un suo familiare o il suo rappresentante legale, si rivolge al servizio personalmente per segnalare un bisogno. Indiretta: quando il PUA riceve una segnalazione dal Medico di Medicina Generale, dalla struttura ospedaliera o da altra fonte non contemplata nella segnalazione diretta (Interlocutori istituzionali locali e del Terzo Settore; Operatori dei servizi sociali; Operatori dei servizi sanitari). La presentazione della domanda può avvenire o con accesso diretto o tramite altri mezzi di comunicazione (telefono, fax, mail). La comunicazione va sempre indirizzata al Front Office del PUA. Art. 5 – I LIVELLI OPERATIVI DEL PUA Il PUA è organizzato nei seguenti tre Livelli Operativi: I Livello: accesso, in termini di accoglienza, informazione, orientamento e accompagnamento (Funzioni Front Office) L’attività di primo livello viene svolta da tutti gli operatori sociali dei Comuni del Distretto e dagli operatori del PUA sito nel Distretto Sociosanitario della Asl di Rieti. Il primo livello (Front Office) rappresenta la porta d’accesso ai servizi, nella quale l’operatore assume un ruolo centrale nell’accoglienza, ascolto e orientamento dell’utente, finalizzato a fornire risposte adeguate ai bisogni espressi. L’operatore di primo livello fornisce informazioni sulle risorse e sui servizi presenti nel territorio, al fine di consentirne l’utilizzo appropriato da parte degli utenti, e un primo orientamento. L’operatore di primo livello, dai dati raccolti durante il colloquio, valuterà la natura del bisogno espresso dall’utente, distinguendolo in bisogno semplice, la cui soluzione troverà risposta nei servizi di competenza dislocati nel territorio, oppure, in bisogno complesso, la cui soluzione troverà risposta nell’integrazione tra i servizi sociali e sanitari. Nel caso in cui l’operatore di primo livello (Front Office) risolva il problema o risponda direttamente alla richiesta, registra comunque le informazioni sulla scheda standardizzata e le trasmette al secondo livello di competenza territoriale (Back Office) per tenere traccia dell’intervento. L’operatore di primo livello individuato il bisogno complesso, provvederà alla compilazione di un’apposita scheda di contatto e il modulo d’autorizzazione al trattamento dei dati personali, la quale verrà tempestivamente inviata (fax, mail o altro) alla sede PUA di secondo livello di competenza territoriale (Back Office). Quando sia necessario trasferire ulteriori informazioni, non contenute nella scheda di segnalazione, l’operatore di primo livello dovrà contattare telefonicamente l’Assistente Sociale del PUA di secondo livello (Back Office). In caso di bisogno complesso, sarà cura dell’operatore di primo livello informare l’utente sull’iter procedimentale che verrà seguito per la presa in carico della richiesta. 125 Per accelerare la procedura, nel caso di utenti già conosciuti al Servizio Comunale o alla ASL, è possibile procedere direttamente, soprattutto nei casi di richieste per Progetti “ritornare a casa” o di rivalutazioni, senza attivare il II livello. II Livello: Pre valutazione, avvio della presa in carico, identificazione dei percorsi assistenziali e attivazione dei servizi (Funzioni Back Office) Per ottemperare alle funzioni previste in questa fase, è necessario l’intervento di tutte le figure professionali presenti nella rete (MMG, Medico Distrettuale, Ass. Sociale, Psicologo, etc.) che, in base alle competenze adeguate al singolo caso effettueranno la lettura e la decodifica del bisogno complesso, al fine di garantire la presa in carico globale della persona da parte dell’équipe multidisciplinare. In questo modello svolge un ruolo fondamentale, proprio al fine di interagire con la rete, l’Assistente Sociale propria del II livello, del PUA che svolge i seguenti compiti : - Ricezione della scheda di contatto, proveniente dal I livello ; - Creazione di apposita “cartella” individuale; - Trasmissione della scheda di segnalazione alla sede PUA sita nel Distretto Sociosanitario, affinché si provveda alla registrazione del caso nella banca dati; - Attivazione dell’indagine sociale sul caso utilizzando gli strumenti tipici della professione, provvedendo non solo all’analisi del bisogno espresso, ma studiando e analizzando le risorse presenti e/o potenziali del nucleo familiare e della rete sociale, le risorse presenti nel territorio (o extra ambito) istituzionali e non; - Eventuale attivazione dell’Intervento dello Psicologo, il quale con l’attività di couseling, supporterà la famiglia nella decodifica del bisogno e nella valorizzazione delle risorse presenti. Tale supporto potrà essere richiesto anche nei casi di improvvisi eventi invalidanti che influiscono sugli equilibri individuali e familiari, con importanti mutamenti di ruoli e dei rapporti familiari e sociali. Lo psicologo e l’Assistente Sociale opereranno in modo integrato e coordinato, al fine di offrire all’UVT una diagnosi psicosociale utile alla predisposizione del Piano Personalizzato d’intervento. - Raccolta della documentazione sociale e sanitaria, da inserire nella cartella individuale, sulla base di quanto previsto nell’apposito modulo di “check list”, relativa al caso preso in carico; - Contatti con il Medico Distrettuale ASL per il completamento delle informazioni sanitarie (scheda di valutazione multidimensionale e relazioni sanitarie compilata dal Medico di Medicina Generale dell’utente ); - Compilazione della scheda di prevalutazione, nella quale verranno riportate le informazioni relative al bisogno rilevato, alle azioni intraprese, ai soggetti coinvolti, etc.; - Conclusione dell’istruttoria, con invio all’Unita di Valutazione Territoriale e all’operatore sociale del Comune di residenza dell’utente circa le risultanze dell’indagine effettuata per l’effettuazione dell’UVT integrata . In questa fase il medico del Distretto si occuperà di coinvolgere tutte le figure professionali sanitarie (MMG, eventuali specialisti,etc) al fine di garantire una valutazione sociosanitaria globale del caso. Terminata la fase di prevalutazione, il caso dettagliatamente analizzato dalle singole figure professionali, verrà portato all’attenzione dell’Unita di Valutazione Territoriale che, sulla base dell’indagine effettuata dall’equipè del PUA, provvederà alla predisposizione del Progetto Personalizzato, contenente interventi sociali e sanitari integrati, e attuerà periodiche rivalutazioni dei risultati perseguiti. L’UVT effettua una valutazione Multidimensionale del bisogno dell’utente, utilizzando una metodologia standardizzata e omogenea su tutto il territorio distrettuale, attraverso l’utilizzo di uno strumento univocamente definito. 126 La parte amministrativa del Distretto sociosanitario, sarà responsabile della calendarizzazione delle UVT , in base alle segnalazioni pervenute dalla rete e dal rispetto dei tempi richiesti per ogni singolo caso. I vari interventi e le valutazioni professionali verranno raccolte, insieme alla cartella individuale nel fascicolo dell’utente e andranno curate a carico del Distretto . III Livello : Monitoraggio e valutazione (Funzioni Back Office): In cui si provvederà a realizzarre le seguenti funzioni: - monitoraggio e valutazione dei percorsi attivati e delle procedure operative per l’accesso alle prestazioni e ai percorsi assistenziali. - aggiornamento della mappa dei servizi e delle risorse del territorio. Art. 4 – SEDI DEL PUA TERRITORIALE I livello : Sede del Distretto sanitario della Asl di Rieti, sito a __________________, con orario di apertura dal __________ al ________ dalle ore ____ alle ore ____; Sede dei Servizi Sociali Professionali dei Comuni del Distretto , con orario di apertura dal __________ al ________ dalle ore ____ alle ore ____. II livello: ha sede presso i Comuni di: Rieti: che avrà in carico i cittadini residenti nei Comuni di Rieti e gli utenti ricoverati c/o l’Ospedale _________, , con orario di apertura dal __________ al ________ dalle ore ____ alle ore ____; _____: che avrà in carico i cittadini residenti nei Comuni di ____________ , con orario di apertura dal __________ al ________ dalle ore ____ alle ore ____; ______: che avrà in carico i cittadini residenti nei Comuni di ____________, , con orario di apertura dal __________ al ________ dalle ore ____ alle ore ____. Sede del Distretto sanitario della Asl di Rieti, sito a ___________________________, , con orario di apertura dal __________ al ________ dalle ore ____ alle ore ____. Art. 5 – TEMPISTICA DI ATTIVAZIONE DELLA RISPOSTA Per quanto riguarda i tempi di risposta alle domande dell’utenza si prevedono i seguenti: I Livello: Accoglienza-Segnalazione: giorni _____ II Livello: Registrazione dell’utente, indagine sociosanitaria, prevalutazione giorni _____ III Livello : Presa in carico e ipotesi di intervento, affidamento e collegamento con UVT giorni _____ Art. 6 – INDIVIDUAZIONE DEL RESPONSABILE DEL PUA TERRITORIALE E SUOI COMPITI È previsto che ogni PUA abbia un referente responsabile cui l’utenza possa rivolgere le proprie istanze. I suoi compiti sono quelli di coordinare e monitorare l’adempimento delle funzione del PUA, secondo le procedure, i tempi e le modalità esplicative previste nel presente regolamento. 127 Progetti non rientranti nel budget di distretto ma che meriterebbero di essere finanziati visto l’alto valore per il territorio 128 PARTE QUARTA PROSPETTO RIEPILOGATIVO PROGETTI FINANZIABILI ANNO 2011 (D.G.R. 202/2011 e 307/2011) Budget Assegnato (DGR 307/2011) Fondo Emergenze piccoli Comuni (LR.6/04) Legge 309/90 (Tossicodipendenza) Affido Familiare Non Autosufficienza Soggiorni estivi e week-end di sollievo in luoghi di villeggiatura per disabili in età evolutiva e adulti Totale 1 Ufficio di Piano3 10 11 12 13 14 Case alloggio Dis. Psichici Centro riabilitativo Spinacceto ADI persone non autosufficienti Segretariato sociale Progetto Legge 285/974 Progetto Legge 162/985 Ippoterapia L. 286/98 Immigrati TOTALE PARZIALE Minipiano emergenze Piccoli Comuni Fondo L. 309/90 Affido Familiare Non Autosufficienza6 Soggiorni estivi e week-end di sollievo in luoghi di villeggiatura per disabili in età evolutiva e adulti TOTALE 1.151.253,30 384.006,15 48.469,00 81.228,00 0,00 € € 4.075,00 1.669.031,45 Importo Compartecipazione Totale Finanziato 76.000,00 0,00 76.000,00 Progetto 2 3 4 5 6 7 8 9 € € € € € 193.923,64 76.800,00 338.127,57 202.725,85 103.612,80 124.000,00 25.000,00 11.063,44 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 20.000,00 384.006,15 0,00 1.151.253,30 193.923,64 76.800,00 338.127,57 202.725,85 103.612,80 124.000,00 25.000,00 11.063,44 20.000,00 1.171.253,30 384.006,15 48.469,00 81.228,00 0,00 48.469,00 81.228,00 0,00 4.075,00 4.075,00 1.669.031,45 20.000,00 1.689.031,45 3 Quota non superiore all’8% del budget assegnato dalla Regione Lazio pari a € 1.151.253,30 (DGR 965/2009) – La quota è comprensiva del Forum Assessorati. 4 Quota non inferiore al 9% del budget di cui alla DGR 307/2011 pari a € 1.151.253,30. 5 Quota non inferiore al 5% del budget di cui alla DGR 307/2011 pari a € 1.151.253,30. 6 Quota che non deve essere inferiore al 15% del budget di cui alla DGR 307/2011 pari a € 1.151.253,30. Il Fondo “Non Autosufficenza” non risulta finanziato per l’anno 2011. 129 Indirizzo sede operativa dell’Ufficio di Piano : c/o Servizi Sociali del Comune di Rieti V.le Matteucci, 82 02100 Rieti Numero telefonico: 0746/287243 - 287275 Numero fax: 0746/498566 Indirizzo E-Mail: [email protected] Nominativo coordinatore: Dr. Luca FALCONI c/o Settore Amministrativo del Comune di Leonessa Piazza VII Aprile 02016 Leonessa (RI) Numero telefonico: 0746/923212 Numero fax: 0746/923219 Indirizzo E-Mail: [email protected] 130 ALLEGATI AL PIANO DI ZONA. ACCORDO DI PROGRAMMA, VERBALE DELL’ASSEMBLEA DEI SINDACI DI APPROVAZIONE DEL PIANO DI ZONA E DELL’ACCORDO DI PROGRAMMA, VERBALI DELLE RIUNIONI CON IL TERZO SETTORE E DELLA CONCERTAZIONE CON I SINDACATI 131 ACCORDO DI PROGRAMMA L’Accordo di programma vigente si intende valido anche per l’attuazione del piano di zona relativo all’anno 2011. Per quanto riguarda le sub aree, nel rispetto di quanto stabilito dalla Regione Lazio, le stesse sono abolite (così come comunicato alla Regione Lazio in data 01/08/2011 con lettera raccomandata, prot. n. 41036), restando in capo al Comune Capofila tutto l’iter procedurale per la stesura, attivazione, prosecuzione ecc. dei relativi progetti contenuti nel Piano di Zona, ivi compresi i bandi per l’appalto dei servizi. 132