Piano di Zona RI-1

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Piano di Zona RI-1
DISTRETTO SOCIO-SANITARIO RIETI 1
Piano di zona sociale
Anno 2011
Comuni di:
Ascrea
Belmonte
Cantalice
Castel di Tora
Cittaducale
Collalto Sabino
Colle di Tora
Collegiove
Colli sul Velino
Contigliano
Greccio
Labro
Leonessa
Longone Sabino
Monte S. Giovanni
Montenero Sabino
Morro
Nespolo
Paganico
Poggio Bustone
Rieti (Capofila)
Rivodutri
Rocca Sinibalda
Torricella in Sabina
Turania
Anno 2011
1
INDICE
INTRODUZIONE ............................................................................................................................................................... 3
PARTE PRIMA ................................................................................................................................................................ 5
L’ASSETTO ORGANIZZATIVO-GESTIONALE DEL PIANO DI ZONA ...................................................................................... 5
L’INTEGRAZIONE TRA SOCIALE E SANITARIO .................................................................................................................. 8
IL CONTRIBUTO DEL TERZO SETTORE ............................................................................................................................. 9
OBIETTIVI E PRIORITÀ DEL PIANO ................................................................................................................................. 10
LE PRIORITA’ DI INTERVENTO ....................................................................................................................................... 12
PARTE SECONDA ........................................................................................................................................................ 15
IL CONTESTO TERRITORIALE ......................................................................................................................................... 15
RESPONSABILITA’ FAMILIARI, DIRITTI DELL’INFANZIA E DELL’ADOLESCENZA: SITUAZIONE, OBIETTIVI E PRIORITÀ DI
INTERVENTO ................................................................................................................................................................. 19
AREA ANZIANI: SITUAZIONE, OBIETTIVI E PRIORITÀ DI INTERVENTO ............................................................................ 27
DISABILITÀ, CONTRASTO ALLA POVERTÀ E ALL’ESCLUSIONE SOCIALE: SITUAZIONE, OBIETTIVI E PRIORITÀ DI
INTERVENTO ................................................................................................................................................................. 32
IMMIGRATI: SITUAZIONE, OBIETTIVI E PRIORITÀ DI INTERVENTO .................................................................................. 42
PARTE TERZA .............................................................................................................................................................. 48
SCHEDE PROGETTUALI ................................................................................................................................................. 48
1. PROGETTO UFFICIO DI PIANO ................................................................................................................................... 49
2. PROGETTO CASE ALLOGGIO PER DISAGIATI PSICHICI ................................................................................................. 54
3. PROGETTO CENTRO SOCIO – RIABILITATIVO “SIMONETTA RIGLIANI” ....................................................................... 58
4. PROGETTO ASSISTENZA DOMICILIARE DI BASE .......................................................................................................... 62
5. PROGETTO SEGRETARIATO SOCIALE.......................................................................................................................... 66
6. PROGETTO CENTRI CREATIVI E RICREATIVI ............................................................................................................... 72
7. PROGETTO LEGGE 162/98 ......................................................................................................................................... 76
8. PROGETTO IPPOTERAPIA PER DISABILI ...................................................................................................................... 80
9. CRESCERE INSIEME (LEGGE L. 286/98)..................................................................................................................... 84
MINIPIANO PER I PICCOLI COMUNI ................................................................................................................................ 90
PIANO DISTRETTUALE PER L’AFFIDAMENTO FAMILIARE ............................................................................................... 94
PIANO DISTRETTUALE PER LE TOSSICODIPENDENZE (LEGGE 309/90).......................................................................... 107
SOGGIORNI ESTIVI E WEEK-END DI SOLLIEVO IN LUOGHI DI VILLEGGIATURA PER DISABILI IN ETÀ EVOLUTIVA E ADULTI
................................................................................................................................................................................... 118
PUNTO UNICO DI ACCESSO (PUA) ............................................................................................................................... 119
PROGETTI DELLE ASSOCIAZIONI DI VOLONTARIATO NON RIENTRANTI NEL BUDGET DI
DISTRETTO MA CHE MERITEREBBERO DI ESSERE FINANZIATI VISTO L’ALTO VALORE PER IL
TERRITORIO .............................................................................................................................................................. 128
PARTE QUARTA ........................................................................................................................................................ 129
PROSPETTO RIEPILOGATIVO PROGETTI FINANZIABILI............................................................................... 129
ALLEGATI AL PIANO DI ZONA. ACCORDO DI PROGRAMMA, VERBALE DELL’ASSEMBLEA DEI
SINDACI DI APPROVAZIONE DEL PIANO DI ZONA E DELL’ACCORDO DI PROGRAMMA, VERBALI
DELLE RIUNIONI CON IL TERZO SETTORE E DELLA CONCERTAZIONE CON I SINDACATI .......... 131
ACCORDO DI PROGRAMMA ................................................................................................................................ 132
2
Introduzione
Anche per questo anno si presenta il Piano di Zona del distretto Ri1 che, a differenza
del passato, è pianificato per una sola annualità, di contro alla triennalizzazione che lo ha
caratterizzato nelle precedenti realizzazioni.
Questa differenza rimanda a novità imminenti che la Regione Lazio ha deciso di
introdurre e che produrranno sostanziali, ancorché auspicate, innovazioni volte a rendere
sempre più efficace ed efficiente la gestione dei Piani di Zona.
Proprio quest ultimo aspetto è particolarmente sentito nel distretto di Rieti 1, in cui su
25 comuni che lo compongono, uno, Rieti stesso, ha poco più di 47.000 abitanti, mentre 19
hanno meno di 2.000 abitanti. Questa disparità costitutiva, cui proprio la legge 328/00 cerca di
far fronte puntando sulla compartecipazione di tutti, ha creato in questi anni non poche
difficoltà, sia in sede di organizzazione e gestione delle attività progettate, che in quella di
compartecipazione alla spesa da parte degli enti locali, specie in regime di risorse sempre più
scarse e disponibili con notevoli ritardi.
Permangono, quindi, le difficoltà già segnalate in passato e legate al fatto che il budget
finanziario negli anni si è mantenuto sostanzialmente inalterato cosicché, a fronte di iniziative
positive che stanno affrontando problemi particolarmente sentiti nel territorio, risulta al
momento impossibile riuscire a progettare iniziative diverse.
Nel corso di questi anni si sono realizzate una serie di attività diversificate, volte non
solo alla gestione del Piano, ma anche al controllo della spesa e al monitoraggio delle attività:
tutto questo nella consapevolezza che l’unico modo certo per contrastare il declino dei
finanziamenti nazionali e regionali a favore delle Politiche Sociali, fosse quello di garantire la
spesa e gli interventi, attraverso un’attenta valutazione sia delle voci di spesa che delle attività
intraprese, nella loro efficacia, nell’efficienza e nell’economicità.
Tutto questo, in sintesi, è consistito in:
1. aggiornamento dei dati concernenti le spese e le iniziative dei comuni nel
settore socio-assistenziale;
2. integrazione all’interno del Piano di Zona dei minipiani realizzati in base ai
finanziamenti erogati nel corso dell’anno, relative ai “Contributi a favore dei
piccoli comuni per le emergenze socioassistenziali” e al “Fondo per l’Affido”;
3. monitoraggio dei servizi attivati con i Piano di Zona;
4. consultazione delle realtà del Terzo Settore operanti nel territorio;
5. concertazione con le OO.SS.
Per quanto riguarda il Piano che qui si presenta, nella versione annuale 2011, emrge
una sostanziale continuità rispetto al passato. Ciò per ottemperare alle richieste della Regione,
e di cui si è detto, ma soprattutto per dare continuità a servizi rivelatisi fondamentali per il
distretto e che hanno fornito assistenza e sollievo a numerose persone e famiglie bisognose.
Nella sua forma il piano si suddivide in quattro parti:
1.
una prima parte presenta l’assetto organizzativo che consente la
realizzazione del Piano di Zona, l’integrazione Socio-sanitaria e gli obiettivi
strategici che ci si propone di raggiungere nei prossimi anni;
2.
la seconda parte presenta il territorio (sia dal punto di vista morfologico che
demografico), analizza i bisogni del territorio attraverso specifiche aree
tematiche (minori e responsabilità familiari, anziani, disabili, povertà ed
esclusione sociale, immigrati);
3.
la terza parte è dedicata ai progetti posti in essere per il raggiungimento
degli obiettivi iniziali – compresi i minipiani per i piccoli comuni e per
l’Affido;
4.
infine, la quarta e ultima parte, presenta i prospetti finanziari e le
rendicontazioni annuali riferite agli anni precedenti.
3
In merito al monitoraggio delle azioni finanziate con il PDZ nella rilevazione ci si è
mossi secondo la logica della valutazione in itinere con l’obiettivo di:
a) verificare l’attivazione dei progetti nella loro interezza;
b) rilevare l’eventuale scarto tra quanto programmato e quanto in corso di
realizzazione;
c) valutare la possibilità di realizzare delle economie di scala.
Come ogni anno si è provveduto all’aggiornamento della banca-dati relativa ai servizi
e alle strutture attivate nei 25 comuni del distretto e delle iniziative attivate e svolte dalle
associazioni del Terzo Settore. Questo consente di delineare con maggiore precisione il
quadro dell’offerta di interventi e servizi sociali, alla luce di una più approfondita analisi dei
bisogni da realizzarsi con il concorso delle realtà associazionistiche.
La speranza e l’augurio è che in questo contesto di profonda crisi economica – di cui il
territorio reatino risente in misura significativa – si possa continuare a dare soddisfazione ai
diritti di cittadinanza, così come questo Distretto – rispetto al quale chi scrive ha l’onere del
coordinamento – ha cercato di fare in questi anni, mostrando, pur nella differenza di
appartenenze politiche che hanno caratterizzato le diverse amministrazioni componenti,
un’unità di intenti e un senso di responsabilità orientato a garantire al maggior numero di
persone residenti nel distretto, la certezza dei diritti e il sollievo dal bisogno,
indipendentemente dal Comune in cui questi risiedono: nel pieno spirito della legge 328/00.
ASSESSORE ALLE POLITICHE SOCIALI DEL
COMUNE CAPOFILA DEL DISTRETTO DI
RIETI/1
Prof. Ettore Saletti
4
PARTE PRIMA
L’assetto organizzativo-gestionale del piano di zona
L’assetto organizzativo complessivo del Piano di Zona, rimanda ai seguenti livelli ed
organismi:
a)
b)
c)
un coordinamento politico di ambito distrettuale, il Comitato dei Sindaci, che sovrintende
alle diverse fasi della predisposizione e della gestione del Piano di zona e dell'Accordo di
programma, provvedendo a precisare ruoli e funzioni dei diversi organi, a individuare il
Comune capofila e i suoi compiti, la composizione e le competenze di un organismo tecnico
di supporto;
un tavolo tecnico per il Piano di zona, con funzioni di presidio della funzione di
realizzazione e attuazione del Piano e delle relative attività di monitoraggio e valutazione;
un tavolo di regia, denominato Ufficio di Piano, che ha il compito di coordinare l’intera fase
di redazione del piano di zona e di fare da connessione tra la componente politica e quella
tecnica.
La metodologia di lavoro
La predisposizione del presente “Piano di Zona per l’anno 2011” è stata effettuata in coerenza
con quanto disposto dall’art. 19 della Legge 28 Novembre 2000, n. 328, dalla legge Regionale 9
Settembre 1996 n. 38, della deliberazione di Giunta Regionale n. 500 del 03.08.2006 e della
deliberazione di Giunta Regionale n. 202 del 06.05.2011.
Il presente Piano di Zona è stato realizzato con il coinvolgimento delle organizzazioni
sindacali nella fase di concertazione e delle organizzazioni del Terzo Settore con funzioni di
consultazione, così come previsto dalla citata delibera regionale.
La sua redazione è stata curata dall’Ufficio di Piano, costituito ed operante dall’anno 2005,
con la collaborazione del Forum degli Assessorati.
L’ufficio Di Piano
Nel 1999, nell’ambito di una sperimentazione per la gestione integrata dei servizi socio –
sanitari promossa dalla Regione Lazio con individuazione del Comune di Greccio quale Comune
Capofila, fu previsto e costituito un Gruppo Tecnico di lavoro costituito da n. 4 unità, per la
pianificazione dei servizi e degli interventi da attivare a livello locale e specificatamente dei dodici
comuni ricompresi nell’area di sperimentazione (Cittaducale, Colli sul Velino, Contigliano Greccio,
Labro, Leonessa, Monte San Giovanni in Sabina, Montenero Sabino, Torricella, Roccasinibalda,
Belmonte e Longone).
Durante la suddetta fase di sperimentazione furono individuati i LIVEAS (livelli essenziali di
assistenza socio-sanitaria) e avviati i relativi servizi (ADI, Centro Riabilitativo, Segretariato
Sociale, Case Alloggio), alcuni dei quali già preesistenti e che negli anni a venire furono tuttavia
inseriti a corredo dei Piani di Zona di cui all’art. 19 della legge 328/2000.
Successivamente, negli anni 2002 e 2003, a seguito di diverse trasformazioni, l’ambito
territoriale fu rimodulato sul Distretto Rieti/1 composto di n. 25 comuni (Ascrea, Belmonte,
Cantalice, Castel di Tora, Cittaducale, Collalto Sabino, Colle di Tora, Collegiove, Colli sul Velino,
Contigliano, Greccio, Labro, Leonessa, Longone Sabino, Monte San Giovanni in Sabina,
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Montenero Sabino, Morro Reatino, Nespolo, Paganico Sabino, Poggio Bustone, Rieti, Rivodutri,
Roccasinibalda, Torricella in Sabina, Turania) e il ruolo di Comune capofila, a decorrere dall’anno
2004, trasferito al Comune di Rieti.
Di conseguenza, è stato rimodulato anche l’originario Ufficio Tecnico per adattarlo alle
nuove, crescenti e diversificate esigenze. Alle quattro unità iniziali ne sono state aggiunte altre
nove per un totale di tredici, di cui una con funzione di Coordinatore. Dal 2005 quindi
l’Ufficio di piano è operativo.
Giusto quanto previsto dall’art. 22 della legge 328/2000 e successive modificazioni, l’Ufficio
di Piano, nell’anno 2011, è così composto:
Falconi Luca
Impiegato amm.vo del Comune di Leonessa (Coordinatore dell’Ufficio di
Piano)
Becci Paola
Funzionario – Assistente Sociale - Capo Ufficio Assistenza sociale del Comune
di Rieti (Comune Capofila)
Ceccarelli Sonia
Impiegata amm.va del Comune di Greccio
Nicoli Tiziana
Impiegata amm.va del Comune di Greccio
Santoni Marcella Impiegata amm.va del Comune di Monte San Giovanni
De Santis Anna
Assistente sociale dell’ Azienda USL di Rieti
Di Sisto Lina
Collaboratore Amministrativo del Comune di Rieti (Comune Capofila)
Foffi Maddalena
Collaboratore Amministrativo del Comune di Rieti (Comune Capofila)
Piagnerelli
Fabrizio
Collaboratore Amministrativo del Comune di Rieti (Comune Capofila)
Cappelli Catia
Collaboratore Amministrativo del Comune di Rieti (Comune Capofila)
Imperatori
Michela
Assistente sociale del Comune di Colle di Tora
Novelli Fabiola
Assistente sociale del Comune di Colle di Tora
Dionisi
Antonella
Collaboratore Amministrativo del Comune di Rieti (Comune Capofila)
L’attività dell’organo tecnico
Nel corso del 2011 l’attività dell’Ufficio di Piano si è sviluppata in una duplice direzione:
1) Attività di progettazione di distretto con i fondi messi a disposizione dalla Regione
Lazio;
2) Attività amministrativa volta all’attivazione, gestione e/o prosecuzione dei servizi.
L’attività di cui al punto 1), propedeutica all’attività di programmazione si è concentrata,
ovviamente, sull’aggiornamento e l’analisi dei dati sui bisogni delle risorse presenti sul territorio.
Nel corso dell’anno di riferimento il suddetto Ufficio di Piano, i cui componenti sono stati
individuati tenuto conto dei fabbisogni di gruppi di comuni disaggregati e della loro disomogeneità,
ha:
provveduto al reperimento di imprescindibili dati da collocare all’interno del Piano di Zona al
fine di individuare le criticità ed i fabbisogni di interventi a livello distrettuale;
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consentito la prosecuzione dei servizi avviati sul distretto provvedendo alla redazione e stesura
di tutti gli atti necessari (bandi di gara, capitolati, pagamenti, ed altri atti amministrativi
conseguenti e conseguenziali).
L’attività amministrativa di cui al punto 2) è consistita in un’attività di supporto alle scelte di
politica sociale operate dai Comuni. Nello specifico, si è provveduto a porre in essere tutte le
procedure giuridico - amministrative prescritte dalla legge sia per l’attivazione di nuovi servizi che
per la prosecuzione di quelli già esistenti (deliberazioni, determinazioni, bandi di gara, capitolati
speciali di appalto, verbali e contratti di aggiudicazione, verifica e controllo fatture, liquidazioni,
pagamenti, monitoraggio dell’attivazione e prosecuzione dei servizi e rispettiva rendicontazione,
ecc.).
In tale attività rientra anche quella di supporto al Comitato dei Sindaci relativamente alla sua
convocazione, alla redazione degli ordini del giorno, alla stesura verbali delle decisioni adottate e
alla conseguente attivazione delle relative scelte, alle comunicazioni agli enti interessati.
Strumenti di lavoro
Il reperimento dei dati è consistito nell’invio e nella raccolta presso tutti i comuni del distretto
dei dati aggiornati rispetto alle attività da questi svolti in campo socio-assistenziale.
Ciò ha consentito di mantenere attiva la rete organizzativa e progettuale a partire dall’analisi
effettiva dei bisogni e delle risorse ma anche di tenere in vita rapporti collaborativi e funzionali che
andassero oltre la mera richiesta di dati statistici.
A questa attività è stata affiancata, in via complementare, l’utilizzazione degli strumenti di
seguito indicati:
La conoscenza diretta del territorio da parte dei componenti l’Ufficio di Piano;
Una scheda di rilevazione di base per una prima analisi dei bisogni per macroaree con
riferimento all’esistente ed alle carenze;
la richiesta dei dati relativi alle tipologie di spese e di entrate in grado di sintetizzare l’attività
sociale e la tipologia dei servizi forniti in vista di una migliore riallocazione delle
disponibilità.
Quanto sopra potrà condurre ad una moltiplicazione delle risorse umane a disposizione,
soprattutto per quei servizi che non richiedono alte specializzazioni, alla condivisione di obiettivi
comuni con un maggiore impatto territoriale, alla creazione di reti di monitoraggio per l’analisi
continua e periodica dei bisogni tesa al miglioramento qualitativo dei servizi, alla valorizzazione
della popolazione, soprattutto anziana, con l’attribuzione di ruoli sociali riconosciuti e
all’affidamento di obiettivi specifici nell’ambito di una pianificazione strategica.
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L’integrazione tra sociale e sanitario
L’integrazione tra servizi sociali e sanitari nel nostro Distretto costituisce una delle principali
sfide per la costruzione del sistema integrato prefigurato dalla legge n. 328/2000 .
Le linee guida per l’elaborazione del Piano di Zona hanno specificato tutte le caratteristiche e
l’impiego del fondo nazionale e di quello regionale .
Lo scenario in cui si collocano le riflessioni e gli orientamenti contenuti in questo Piano di
Zona si caratterizza per alcuni elementi essenziali:
1) ruolo centrale dei Comuni, che si esprime nella dimensione distrettuale, nel governo del
sistema complessivo di servizi;
2) elaborazione programmatica rispondente a principi di integrazione e collaborazione tra
soggetti diversi.
Si è trattato, quindi, da parte degli Enti locali, di abbandonare in questi anni la logica della
delega e di assumere pienamente la responsabilità di governo relativamente alla programmazione,
progettazione e realizzazione del sistema locale dei servizi sociali, valorizzando e promuovendo la
dialettica e l’interazione con l’Azienda Sanitaria che si è espressa delineando, in questo settore e per
tutti i distretti, politiche sociali unitarie, sviluppando il concorso degli altri soggetti del territorio, in
particolare del Terzo Settore.
L’accordo di programma del 1° distretto ha previsto l’integrazione con l’azienda ASL
all’interno delle strutture organizzative dell’accordo di programma stesso (Assemblea dei Sindaci e
Ufficio di Piano).
Possibili Strumenti e percorsi di integrazione istituzionale
I Comuni del Distretto, si sono impegnati con l’Azienda USL nella stesura di un Protocollo
operativo per singoli argomenti al fine di sancire un rapporto istituzionale basato sui principi della
collaborazione, dell’integrazione e del coordinamento.
L’obiettivo finale consiste nella definizione delle modalità di governo integrato del sistema di
servizi e delle linee guida per tutti i cinque distretti socio-sanitari della Provincia di Rieti, per una
declinazione tecnico-operativa ad esso funzionale e coerente . Sembra, quindi, di poter sottolineare
fin d’ora l’importanza del percorso condiviso di elaborazione per una migliore integrazione
organizzativa e operativa dei servizi sociali con l’obiettivo anche di definire modelli operativi di
integrazione per tutti e 5 i distretti socio sanitari .
Il protocollo d’intesa è orientato al perseguimento dei seguenti obiettivi e finalità:
a) individuare criteri condivisi di definizione del sistema di offerta di servizi, modalità di
accesso ai servizi stessi e forme di presa in carico integrata;
b) enucleare precise e specifiche situazioni nelle quali si renda necessario prevedere ed
impostare modalità di raccordo, di integrazione operativa e di valutazione dell’offerta di
servizi, anche attraverso équipe di lavoro integrate .
c) creare elementi di continuità e consequenzialità fra distinte situazioni assistenziali di natura
sociale e sanitaria, spesso però legate da rapporti di interdipendenza.
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Il contributo del Terzo Settore
La legge 328/00 prevede che gli enti locali sono tenuti a riconoscere e agevolare “il ruolo
degli organismi non lucrativi di utilità sociale, degli organismi della cooperazione, delle
associazioni e degli enti di promozione sociale, delle fondazioni e degli enti di patronato, delle
organizzazioni di volontariato […] operanti nel settore nella programmazione, nella organizzazione
e nella gestione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”, tanto che “alla gestione ed
all’offerta dei servizi provvedono soggetti pubblici nonché, in qualità di soggetti attivi nella
progettazione e nella realizzazione concertata degli interventi, organismi non lucrativi di utilità
sociale, organismi della cooperazione, organizzazioni di volontariato, associazioni ed enti di
promozione sociale, fondazioni, enti di patronato e altri soggetti privati”.
Questo principio, però, cozza con un dato di fatto acclarato, indipendente dalla volontà degli
enti territoriali, ma tale da incidere pesantemente sulla praticabilità e la soddisfazione piena di
quanto disposto dal dettato normativo: la progressiva erosione e il mantenimento costante negli anni
dei fondi destinati alle politiche sociali.
Questo fatto determina un vincolo insuperabile nelle fasi di programmazione e pianificazione
delle politiche sociali. Infatti, dal momento che non è pensabile la soppressione dei servizi già
finanziati nel Piano di Zona – dal momento che questi sono attivi e ben funzionamenti,
rispondendo, tra l’altro, a pieno ad esigenze sentite nel territorio – pena il venir meno di strutture e
iniziative strategiche per il benessere della popolazione del territorio, ne deriva che la pianificazione
risulta bloccata, senza la possibilità di venire incontro alle, pur legittime, aspirazioni delle realtà del
Terzo Settore.
Ciò ha inciso profondamente sulla possibilità di far funzionare i tavoli tematici, dal momento
che le associazioni li hanno sempre vissuti in questi anni come un onere che non consentiva loro di
incidere quali protagonisti della gestione dei servizi del territorio e, quindi, senza alcuna speranza di
vedersi assegnati dei fondi per svolgere le attività connesse con la loro mission.
Rimane il fatto che le realtà del Terzo Settore continuano a rispondere, e dove possibile
partecipare, ogni qual volta il distretto le invita a riunioni, incontri e alla progettazione di attività,
tesimoniando, qualora ce ne fosse bisogno, dell’impegno da questi profuso nella realizzazione del
“Sistema Integrato di Interventi e Servizi sociali” prefigurato dalla legge 328/00.
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Obiettivi e priorità del piano
Il Piano di Zona per il 2011 si pone l’obiettivo generale di dare continuità ai servizi già
attivati nel territorio nel precedente triennio, anche alla luce della necessità di attuare una
programmazione annuale, così come richiesto dalla Regione.
Nella tabella che segue sono sintetizzati gli obiettivi strategici e le priorità di intervento di
questo Piano di Zona
Obiettivi strategici
Lo sviluppo dell’integrazione, non solo sul
versante socio-sanitario, ma anche della rete dei
servizi e degli interventi nel distretto
Il miglioramento dell’equità di accesso ai servizi
Priorità di intervento
Rafforzamento del segretariato sociale e del
servizio sociale professionale
Le politiche a sostegno della non autosufficienza
e per la domiciliarità
Le politiche a sostegno delle famiglie
Economicità, Efficacia ed Efficienza in un Monitoraggio e valutazione continua dei servizi
contesto di risorse sempre più ridotte
e degli interventi
OBIETTIVI STRATEGICI
Obiettivo 1
Lo sviluppo dell’integrazione
L’integrazione costituisce sicuramente la parola chiave dei Piani di Zona; poiché attraverso
esso si tenta di concretizzare la logica del “sistema integrato degli interventi e dei servizi ” proposta
dalla 328/00. La logica di “rete ” e lo sviluppo dell’integrazione costituiscono quindi i presupposti
fondamentali per il miglioramento dei servizi. In particolare in questi anni l’integrazione è stata
declinata su tre diversi livelli: territoriale e di comunità, delle politiche, istituzionale.
L’integrazione territoriale e di comunità
Nel rispetto dello spirito della 328/00 la dimensione istituzionale dei Piani di Zona non è
sufficiente per affrontare le sfide poste in essere dalle esigenze di un territorio coinvolto da processi
critici sia dal punto di visa demografico che economico. Facendo nostra l’idea di un welfare civile,
relazionale, comunitario si è ritenuto indispensabile coinvolgere nella valutazione dei bisogni e nel
monitoraggio dei servizi le Associazioni di volontariato in una logica di corresponsabilizzazione per
la promozione di forme diffuse di solidarietà.
L’ integrazione delle politiche
Il respiro del nuovo welfare non può che essere ampio e lontano da logiche assistenzialistiche
e marginalizzanti. Il sociale in senso stretto deve farsi socio sanitario, socio educativo; deve cercare
collegamenti con l’urbanistica, le politiche per la casa, i trasporti; connettersi intimamente con gli
interventi formativi e del lavoro.
Va segnalato inoltre che con il Piano di zona vengono abbandonate le programmazioni che in
precedenza avevano carattere settoriale (L. 285/97 su infanzia e adolescenza; D.Lvo 286/97
sull’immigrazione).
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L’integrazione Istituzionale
La costruzione della Zona sociale, come ambito privilegiato del sistema dell’offerta, è un
processo complesso che va sviluppato con convinzione ma anche con gradualità e con un sensato
riconoscimento delle peculiarità dei diversi ambiti territoriali.
Pur con questi limiti è cresciuta significativamente la collaborazione sia a livello politico che
sul piano tecnico.
Obiettivo 2
Il miglioramento dell’equità di accesso ai servizi
L’obiettivo dell’omogeneizzazione dei criteri di accesso alle prestazioni sociali agevolate del
sistema integrato di servizi ed interventi sociali e socio-sanitari è perseguito attraverso l’utilizzo
dell’ISEE come unico indicatore per la valutazione della situazione socio-economica del nucleo
familiare ai fini della determinazione della compartecipazione alla spesa da parte degli utenti a tutti
i servizi a domanda individuale e in tutti i Comuni del comprensorio.
Detto obiettivo viene declinato attraverso:
Individuazione di livelli di ISEE per l’accesso agli interventi di contrasto alla povertà e che
garantiscono l’esenzione dalla contribuzione alla spesa dei servizi omogenei in ambito
territoriale
Introduzione di ulteriori parametri da coordinare con l’utilizzo dell’ISEE che consentano di
valorizzare specificità o differenze date: ad es. dal risiedere in un dato territorio o dalla
tipologia familiare (es. nucleo monoparentale, famiglia con disabili, famiglia
multiproblematica ecc.);
Sviluppo di modalità comuni e coordinate di controllo delle dichiarazioni ISEE;
Sviluppo di un sistema informativo comune (anagrafe familiare) che consenta di monitorare le
prestazioni sociali agevolate erogate per nucleo familiare anche al fine di distribuire più
equamente le risorse tra i nuclei per intensità di bisogno.
L’ulteriore obiettivo per migliorare l’equità di accesso al sistema attiene all’individuazione di
standard di servizio omogenei per ambito territoriale.
Detto obiettivo si realizza attraverso:
sviluppo della qualità delle prestazioni in coerenza con il perseguimento dell’efficienza e
dell’economicità della gestione;
efficacia delle prestazioni attraverso qualità omogenea delle stesse;
efficienza nell’uso delle risorse: omogeneità dei costi per le medesime prestazioni.
Obiettivo 3
Economicità, Efficacia ed Efficienza in un contesto di risorse sempre più ridotte
Coerentemente con quanto stabilito al punto precedente, in un contesto di risorse sempre più
scarse, diviene indispensabile riuscire a realizzare le stesse prestazioni contando su risorse minori.
Ciò rimanda ad una costante opera di raccolota di dati e informazioni rilevanti per la gestione
delle Politiche Sociali nel territorio. Infatti, la raccolta, l’elaborazione e l’analisi dei dati
rappresentano il momento cruciale della costruzione dei Piani di Zona, quando questi vogliono
essere costruiti per soddisfare i reali bisogni del territorio, anziché rispondere a logiche di
mantenimento dello statu quo e di difesa dei rapporti di forza costituiti al suo interno tra situazioni e
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imprese del privato sociale. Se non si ha una chiara, sistematica, puntuale rappresentazione dei
problemi che caratterizzano il territorio, non si può poi pensare di soddisfare, nel rispetto dei criteri
di efficacia, efficienza ed economicità, le esigenze espresse dalla cittadinanza.
Questo è quanto l’Ufficio di Piano ha cercato di realizzare in questi anni di gestione del Piano
di Zona, realizzando anche riprogettazione dei servizi e spostamento di fondi.
Le priorita’ di intervento
Rafforzamento del segretariato sociale e del servizio sociale professionale
La realizzazione di un sistema integrato di interventi e servizi, che sappia coinvolgere e
sfruttare apieno le risorse presenti nel territorio, passa attraverso un efficace ed efficiente presenza e
operatività nel terriotrio del Segretariato Sociale e del Servizio Sociale Professionale, specialmente
in connessione con le caratteristiche del territorio, segnata da polverizzazione spaziale e scarsa
consistenza demografica della quasi totalità dei Comuni del distretto – con ovvie conseguenze
sull’operatività finanziaria.
L’informazione e la conoscenza della rete dei servizi di welfare sono infatti elementi
importanti per permettere ai cittadini di scegliere in modo consapevole e di coniugare diritti e
responsabilità individuali e collettive.
Obiettivi
mettere in primo piano il rapporto tra il cittadino e il sistema dei servizi sociali e sociosanitari, garantendo, nell’intero territorio distrettuale:
uniformità, completezza e chiarezza dell’informazione ai cittadini sui diritti e le opportunità
sociali, sui servizi e gli interventi del sistema locale dei servizi sociali e socio-sanitari;
razionalizzazione e semplificazione delle modalità di accesso alle informazioni e alla rete dei
servizi, facilitando l’accesso alle informazioni e ai servizi anche da parte di coloro che, per
problemi personali e sociali, hanno difficoltà a rivolgersi direttamente ai servizi;
equità e pari opportunità dei cittadini nell’accesso al sistema dei servizi;
uniformità e certezza dei percorsi socio-assistenziali nel territorio comprensoriale;
trasparenza delle procedure e dei criteri di accesso al sistema locale dei servizi.
Il Servizio Sociale professionale centrato sulla presa in carico delle persone in difficoltà per
facilitarne l’inclusione sociale, per promuovere azioni sociali e politiche di tutela e promozione
delle persone stesse
Obiettivi
Educare e promuovere nei confronti della persone, dei gruppi, della Comunità la ricostruzione, costruire di un processo di autonomia e di promozione delle risorse personali,
ambientali e sociali
Connettere cura, prevenzione e riabilitazione sociale promovendo reti di solidarietà sociale
Reperire, attivare, trasformare risorse sia per facilitare l’utente nella fruizione di tale risorse,
ma anche finalizzate alla promozione e allo sviluppo di sistemi di risorse che rendano gli
ambienti più”nutritivi” per la persona e che rinforzino il tessuto sociale.
Trasformare la domanda tecnica individuale in domanda sociale
Promuovere processi di integrazione ai diversi livelli organizzativi
12
Promuovere processi di integrazione sociale, oggi particolarmente richiesti dal moltiplicarsi
delle differenziazioni sociali, sul piano delle abilità psicofisiche, delle peculiarità
culturali,etniche relazionali.
Le politiche a sostegno delle famiglie
In coerenza con quanto detto a proposito della dimensione comunitaria del Piano di Zona si
ribadisce l’attenzione peculiare riservata alle famiglie intese come luoghi delle cure e degli affetti,
come risorse insostituibili della convivenza civile. Questo non significa peraltro disconoscere i
bisogni e i carichi di cui possono essere portatrici: valorizzarne la funzione non può infatti
significare lasciarle sole di fronte alle crisi che nelle diverse fasi della vita possono manifestarsi.
Il Piano di Zona assume dunque l’ottica del sostegno al protagonismo e alla responsabilità
familiare, senza naturalmente trascurare i diritti e le specificità dei singoli componenti.
Naturalmente specifiche azioni vengono declinate in tutte le aree tematiche, con particolare
evidenza per la parte riservata al sostegno alle competenze e alle responsabilità familiari.
Un particolare impegno, che ha già portato a significativi risultati, proseguirà inoltre sul
versante dei servizi educativi per l ’infanzia, della tutela dei minori, dei giovani
Le politiche a sostegno della non autosufficienza e per la domiciliarità
L’invecchiamento della popolazione che investe il nostro territorio in modo assolutamente
rilevante è un elemento che contiene in sé aspetti positivi (una maggiore aspettativa di vita) ma
anche elementi evidentemente negativi tra cui la “rarefazione ”della popolazione giovanile e
l’aumento degli impegni di cura e assistenza per i cosiddetti grandi anziani.
Le tendenze che si vanno evidenziando, di aumento e mutamento dei bisogni, sembrano
indicare la necessità di rivedere progressivamente il sistema delle forme assistenziali per la non
autosufficienza. Si tratta di delineare una ridistribuzione delle risorse fra i servizi.
Va inoltre rivisto il rapporto tra le diverse risposte assistenziali fornite dalle strutture (Centri
Diurni, Residenze Sanitarie-Assistenziali) e gli interventi a sostegno della domiciliarità (Servizio di
Assistenza Domiciliare, Assistenza domiciliare integrata, Assegno di cura)
Particolare rilievo assume questo orientamento generale nel fronteggiare le situazioni di grave
marginalità sociale,che assumono oggi connotati di crescente complessità: le manifestazioni del
disagio adulto (la povertà economica e l’isolamento sociale di individui e famiglie, la difficile
integrazione degli stranieri immigrati, le problematiche di dipendenze e di salute psichica,…)
investono sempre più una pluralità di dimensioni dell’esistenza (casa, lavoro, socializzazione, etc.).
Per fornire risposte efficaci a questo disagio occorre quindi adottare metodologicamente una
linea di integrazione delle politiche e di lavoro in rete da parte dei servizi e dei diversi attori della
società civile. Occorre peraltro promuovere una responsabilizzazione complessiva della comunità
nella costruzione di un tessuto sociale sempre più capace di accoglienza e di legame solidale: è
all’interno di questa trama di rapporti di fiducia, che si può sviluppare quel capitale sociale in grado
da un lato di rispondere alle pressanti esigenze di sicurezza, dall’altro alla sfida rappresentata dalla
crescente vulnerabilità sociale.
Da questo punto di vista, è opportuno sottolineare come un sistema di welfare locale che si
prefigga di valorizzare e promuovere la costruzione di legame sociale si muove in un ottica
marcatamente preventiva, che appare oggi particolarmente pertinente in un quadro di incertezza
delle risorse e di fragilità diffusa.
13
Monitoraggio e valutazione continua dei servizi e degli interventi
Il monitoraggio prima, e la valutazione poi, costituiscono due momenti essenziali dell’azione
pubblica, quando questa sia volta al miglioramento e al cambiamento della Pubblica
Amministrazione: nei suoi diversi ruoli, nelle sue funzioni, a qualsiasi livello questo si attui e
indipendentemente dalle varie modalità organizzative e territoriali a cui l’intervento si colloca
(centro e periferia, burocrazie amministrative e organizzazioni di servizio). Questo perché a queste
due attività è assegnato il compito di introdurre parametri e norme ispirate alla responsabilità
dell’azione amministrativa delle agenzie e dei Settori pubblici, costringendoli a misurarsi con criteri
di efficienza e di efficacia che consentano, non solo, il raggiungimento degli obiettivi prefissi, ma
anche di economizzare su risorse economiche in questi anni sempre più scarse.
La verifica del rapporto fra obiettivi e risultati (la valutazione di efficacia) e fra mezzi,
obiettivi e risultati (la valutazione di efficienza) sono le due modalità al centro del dibattito teorico e
delle sperimentazioni pratiche in materia. Attraverso questi si realizza quella economicità che
sempre più diviene indipensabile in un contesto di risorse finanziarie ed economiche in continuo
calo.
14
PARTE SECONDA
Il contesto territoriale
Morfologia del territorio
L’ambito Rieti 1 è composto da 25 Comuni 1 dislocati su un territorio molto ampio e
disomogeneo dal punto di vista morfologico. Infatti, l’area si estende nella zona centro e centronord del territorio provinciale e copre una superficie di 971,6 KM quadrati, con oltre 100 frazioni,
distanziate, a volte, anche notevolmente tra loro. Questa configurazione produce una bassa densità
abitativa (circa 80 abitanti per KM/q) che si accompagna al carattere prevalentemente montuoso del
territorio; ciò determina per i residenti notevolissime difficoltà nella mobilità e nella
comunicazione. Le strade, inoltre, sono, nel complesso, strette e tortuose, per cui gli stessi mezzi
pubblici impiegano tempi notevoli per spostarsi da un paese all’altro, scoraggiando soprattutto gli
anziani a spostarsi nei centri limitrofi, specie nel periodo invernale. Così, l’unica infrastruttura
efficace è rappresentata dal tratto di superstrada Terni-L’Aquila, che collega direttamente Greccio,
Contigliano, Rieti e Cittaducale; mentre l’unica rete ferroviaria operativa è Terni-Rieti-L’AquilaSulmona: non esiste nessun collegamento ferroviario diretto con la Capitale (è necessario andare in
Autobus o con mezzi privati fino a Passo Corese e poi in treno fino a Roma).
Date queste caratteristiche, non meraviglia se si assiste a un sostanziale "isolamento" del
territorio distrettuale sia verso l'esterno – rispetto alle zone limitrofe extradistrettuali ed
extraprovinciali – sia verso l'interno – fra gli stessi Comuni.
L’habitat geofisico è uno dei fattori che inducono i giovani e gli adulti a “emigrare” verso
centri a maggior attrattiva culturale e formativa (p. es. Roma o Terni). Per di più, questo isolamento
rispetto alle vie di comunicazione scoraggia anche gli investitori, tanto che il territorio risulta in
questi ultimi anni piuttosto depresso anche dal punto di vista occupazionale. Questa è la seconda
ragione che spinge i giovanie le forze produttive più intraprendenti a guardare oltre e a indirizzarsi
verso territori più centrali rispetto alle grandi vie di comunicazione. Se questo è, generalmente,
comprensibile, ancora di più lo è in questo periodo, dominato da processi di globalizzazione che
rendono ogni punto del globo più vicino a tutti gli altri.
In un territorio così articolato e complesso, garantire a tutti l’accessibilità dei servizi è
possibile solo confrontandosi sugli obiettivi, ottimizzando i servizi, “sinergizzando” gli interventi e
valorizzando le risorse, laddove per risorse non si intendono solo quelle economico-finanziarie e
strutturali o umano-professionali, ma anche quelle nascoste in ognuno dei singoli potenziali utenti
poiché loro stessi (noi stessi) sono (siamo) parte integrante e principale del SISTEMA
BENESSERE che il Piano di Zona vuole e deve raggiungere.
Descrizione del territorio dal punto di vista demografico
La popolazione complessiva dell’ambito RI1 ammontava a 75.871 a dicembre 2006 (con un
incremento pari al 5,6% rispetto al censimento 2001 in cui si contavano 71.845 residenti). Il primo
dato ricavabile, quindi, è che il territorio, nonostante le difficoltà legate all’economia e alla
mobilità, risulta demograficamente vivo e attivo, contrastando la generale tendenza nazionale ad una
riduzione della popolazione residente (se non nelle grandi città e grazie al contributo della
popolazione immigrata).
1
Ascrea, Belmonte, Cantalice, Castel di Tora, Cittaducale, Collalto Sabino, Colle di Tora, Collegiove, Colli sul Velino,
Contigliano, Greccio, Labro, Leonessa, Longone Sabino, Monte San Giovanni in Sabina, Montenero Sabino, Morro
Reatino, Nespolo, Paganico Sabino, Poggio Bustone, Rieti, Rivodutri, Roccasinibalda, Torricella in Sabina, Turania.
15
Oltre alla morfologia dispersa, prima citata, un’altra caratteristica del Distretto consiste nella
modesta ampiezza demografica dei Comuni che lo compongono; infatti, di 25 comuni sono due
quelli con una popolazione superiore alle 5.000 unità (Rieti e Cittaducale), 4 con un numero di
abitanti compreso tra 2.000 e 5.000 (Cantalice, Contigliano, Leonessa e Poggio Bustone), e i
rimanenti con una popolazione complessiva inferiore ai 1.500 abitanti, dei quali 16 con meno di
1.000 abitanti.
Dal punto di vista della distinzione di genere, la componente femminile è più frequente di
quella maschile, secondo un rapporto pari a 51,6% di femmine contro un 48,4% di maschi.
Come accade nel resto del Paese anche a Rieti si assiste ad una configurazione demografica
per età sostanzialmente sbilanciata in direzione della componente più anziana (cfr. fig. 1). La fascia
ultrasessantacinquenne è pari al 22,4% dei residenti (16.968 individui), di contro ad una consistenza
degli infra quindicenni pari al 12,5% (9.520 ragazzi) e di minori pari al 15,5% (11.754 giovani). È
significativa la crescita della popolazione anziana, piuttosto repentina, se si considera che nel 2005 i
giovani infraquindicenni erano 9.695 (pari al 12,8%), mentre gli anziani erano 15.609 (con
un’incidenza del 20,7%).
Il profilo demografico emergente risulta congruo con l’andamento della fecondità e della
speranza di vita che determinano rilevanti mutamenti nella configurazione strutturale della
popolazione, laddove alla perdita di peso della componente giovani fa da contraltare un
allungamento e, di conseguenza, una maggiore consistenza, della componente anziana. Questa
tendenza, ormai affermatasi da un terzo di secolo, indica che siamo in presenza di un processo
strutturale di evoluzione che contribuisce a delineare una inedita configurazione sociale: una società
con meno bambini e più anziani, esito delle più recenti trasformazioni demografiche.
In definitiva, quindi, il secondo elemento caratteristico del territorio del distretto Rieti 1
consiste nel progressivo invecchiamento della popolazione.
Fig. 1– Composizione percentuale della popolazione residente nel distretto. Anno 2006
65 e oltre
2 2,4 %
0 -1 4
12 ,5%
1 5-64
6 5,1 %
Fonte: elaborazioni su dati Istat
Se si prende in considerazione la distribuzione a livello dei singoli comuni emerge che, per
la classe di età 0-14 anni (cfr. Tab. 1), i Comuni che mostrano una consistenza relativa superiore al
parametro distrettuale sono cinque (Belmonte, Colli sul Velino, Rieti, Cittaducale e Cantalice), con
un valore massimo in corrispondenza del comune di Belmonte (13,5%); i rimanenti venti Comuni si
collocano al di sotto di tale soglia per l’incidenza della componente minorile della popolazione, fino
al valore minimo riscontrato per il Comune di Nespolo (5,3%), inferiore del 7,2% al parametro del
Distretto (12,5%).
16
Tab. 1 – Graduatorie distrettuali della popolazione per classi di età e singolo comune (valori
percentuali) – Anno 2006 – Fasce di età 0 - 14
COMUNE
Nespolo
Collalto Sabino
Collegiove
Paganico
Turania
Ascrea
Montenero Sabino
Longone Sabino
Monte San Giovanni
Leonessa
Greccio
Torricella in Sabina
Castel di Tora
Morro Reatino
Colle di Tora
Labro
Rocca Sinibalda
Poggio Bustone
Contigliano
Rivodutri
Distretto
Cantalice
Cittaducale
Rieti
Colli sul Velino
Belmonte
0-14
5,3
5,9
6,0
6,3
6,6
7,1
8,1
8,1
10,1
10,3
10,3
10,6
10,7
10,7
10,8
11,2
11,6
11,8
11,9
12,1
12,5
12,6
12,9
13,2
13,3
13,5
Per quanto riguarda la distribuzione dei valori percentuali relativi alle classi di età anziane
(cfr. Tab. 2) i Comuni con i valori più alti sono Collegiove (44,5%) Paganico (41,1%), Ascrea
(34,8%), Collalto Sabino (33,5%), Longone Sabino (33,0%) e sono 21, in totale, i Comuni in cui si
registra una consistenza percentuale di popolazione in età avanzata superiore al parametro
distrettuale.
Tab. 2 – Graduatorie distrettuali della popolazione per classi di età e singolo comune (valori
percentuali) – Anno 2006 – Fasce di età 65 e oltre
COMUNE
Cittaducale
Belmonte
Rieti
Poggio Bustone
Distretto
Contigliano
Labro
Cantalice
Monte San
Giovanni
65 e
oltre
18,3
20,8
21,1
21,5
22,4
23,6
24,1
24,1
24,9
17
Rivodutri
Turania
Torricella in Sabina
Colli sul Velino
Colle di Tora
Greccio
Castel di Tora
Rocca Sinibalda
Nespolo
Leonessa
Morro Reatino
Montenero Sabino
Longone Sabino
Collalto Sabino
Ascrea
Paganico
Collegiove
25,3
25,8
26,4
27,4
28,2
28,2
28,3
28,7
28,8
29,4
31,7
32,7
33,0
33,5
34,8
41,1
44,5
Fonte: dati Comunali
18
AREA
Minori e
responsabilità
familiari
Responsabilita’ Familiari, Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza:
situazione, obiettivi e priorità di intervento
19
1. Analisi dei bisogni e obiettivi strategici
Parlare oggi di famiglia significa andare incontro ad un banale errore di numero. Infatti, più
che di famiglia, occorre piuttosto parlare di famiglie, dal momento che in questi ultimi anni si sono
moltiplicate le forme e le tipologie dei legami affettivi.
Questo mutamento culturale che ha riguardato le coppie, ha finito, ovviamente, per incidere
anche sul ruolo genitoriale. I genitori si sono trovati di fronte all’esigenza di dare una nuova e più
chiara definizione delle loro responsabilità educative e sociali. Tutto questo si nota anche nel
numero e nei contenuti dei provvedimenti normativi che hanno avuto come oggetto i minori e che
sono apparsi in questi ultimi anni, a sottolineare l’esigenza di configurare anche una nuova serie di
strumenti normativi che possano aiutare le agenzie educative nel loro ruolo socializzante.
Questi interventi si sono sempre più orientati verso la promozione dei diritti ed il
soddisfacimento di bisogni personali e relazionali dei bambini e dei ragazzi: difficoltà, criticità e
normalità sono infatti aspetti diversi ma strettamente connessi alla vita delle persone. Così, la legge
n. 176/91 (ratifica convenzione ONU sui diritti dell’infanzia), la legge n. 66/96 ( norme contro la
violenza sessuale), la legge n. 285/97 (promozione dei diritti e delle opportunità per l’infanzia e per
l’adolescenza), la legge 451/97 (osservatorio nazionale per l’infanzia), la 149/01 che ha modificato
la 184/83 (sull’affido e l’adozione) la L.R. 38/96 e la L. 328/00, delineano in maniera precisa gli
interventi di competenza dei servizi socio sanitari in materia di tutela minorile.
Il Piano intende sostenere le responsabilità familiari e i compiti di cura, valorizzare i legami e
le relazioni familiari, promuovere la solidarietà tra le generazioni e i generi, riconoscendo alla
famiglia una insostituibile funzione nella formazione e crescita degli individui e della comunità.
L’intervento è orientato al sostegno della normalità e della quotidianità della vita delle
persone, punta a rafforzare le risorse proprie delle famiglie riconoscendo i diritti soggettivi, l’equità
tra le generazioni, la parità tra i sessi, e le pari responsabilità nei confronti dei compiti di cura, il
valore della mutualità, della solidarietà, il superamento di ogni forma di discriminazione.
Ai fini di una crescita equilibrata dei/delle figli/e sia piccoli che adolescenti, si rivela
particolarmente importante supportare i genitori nelle fasi più critiche del loro difficile e
fondamentale ruolo per un sano sviluppo dei bambini e degli adolescenti.
2. Le responsabilità familiari
In questi ultimi anni si nota un incremento della fragilità dei legami familiari: crescono le
separazioni e i divorzi, aumentano i casi di legami precari e di durata limitata.
Nel 2008 le separazioni in Italia sono state 84.165 e i divorzi 54.351. Rispetto al 1995 le
prime sono praticamente raddoppiate (+ 101 per cento) e i secondi sono aumentati di oltre una volta
e mezza (+61 per cento). Tali incrementi si sono osservati in un contesto in cui i matrimoni
diminuiscono e quindi sono imputabili ad un effettivo aumento della propensione alla rottura
dell'unione coniugale. Questi eventi − costituenti in modo diverso l'espressione giuridico-formale
della fine del matrimonio − sono fortemente aumentati nell'ultimo decennio, pur mantenendosi
ancora al di sotto della media europea. Per quanto riguarda il contesto del comune di Rieti, emerge
in tutta evidenza una crescita progressiva del numero di divorziati residenti, secondo una tendenza
quasi perfettamente sovrapponibile con la tendenza nazionale.
20
Fig. 3 - I divorziati residenti a Rieti
800
700
600
500
400
300
200
100
0
677
571
341
384
389
2005
2006
439
499
258
227
2002
2003
2004
2007
2008
2009
2010
Diviene fondamentale, quindi, porre la famiglia al centro di politiche che la possano sostenere
e accompagnare nel difficile ruolo di principale agenzia educativa. Ciò, anche tenendo conto
dell’impegno che si riversa su di lei a causa delle carenze e della crisi del Welfare, che finisce per
scaricare sulle famiglie gran parte degli oneri di cura e sostegno.
L’alto tasso di disoccupazione non solo tra i giovani ma anche nei quarantenni e cinquantenni
per la grave crisi che ha colpito il polo industriale reatino, con la conseguenza di messa in mobilità
e cassa integrazione, ha comportato una forte fragilità economica nelle famiglie che non hanno più
la capacità di affrontare spesso neanche la quotidianità. Questa grave situazione che sta interessando
il reatino trova un indicatore indiscutibile nell’aumento sensibile del numero di famiglie che
chiedono sostegno economico, specialmente all’interno dello strato sociale individuante la classe
media reatina.
L’ancora di salvezza del sistema italiano di welfare è costituito dalla famiglia. Questa,
soprattutto quella di origine, resta il punto di riferimento principale, in molti casi l'unico
“ammortizzatore sociale” disponibile per il soddisfacimento di bisogni e la tutela dei rischi
attraverso l'attivazione di quella rete di solidarietà intergenerazionale e parentale che, come
21
abbiamo detto, caratterizza il modello di welfare delle società sud-europee. In questo modo, però, la
famiglia può trasformarsi in una sorta di gabbia: se da un lato tutela i giovani rispetto ad un’arena
sociale poco aperta alla loro inclusione attiva, dall’altro, trattenendoli nel proprio seno, ne ostacola
la mobilità, ne rallenta e ne irrigidisce i processi di riproduzione sociale.
Ma dire famiglia significa soprattutto dire donne. Infatti, In questo contesto sono le donne che
continuano ad essere un pilastro fondamentale del sistema italiano di welfare, soprattutto in termini
di sussidiarietà, se non di vera e propria sostituzione, dei compiti altrove svolti dalle strutture
pubbliche. Ciò ha effetto da un lato sull’ammontare di lavoro che grava su di esse, soprattutto se
sono occupate, e, in generale, sul funzionamento della società: infatti, le donne erogano due terzi
degli oltre tre miliardi di ore destinate in un anno dalla rete informale all’aiuto di componenti di
altre famiglie, costituendo un risparmio enorme per le casse dello Stato, che altrimenti si vedrebbe
costretto, nella migliore delle ipotesi, a finanziarie queste attività ricorrendo alla leva fiscale,
oppure, nella peggiore, a lasciare insoddisfatti i bisogni della cittadinanza.
3. La situazione minorile nel distretto
Si è già detto che il territorio è interessato da una progressiva, ma inesorabile, senilizzazione.
L’indicatore controparte è rappresentato dal tasso di natalità, che nel distretto fa registrare un calo
costante di nascite, soprattutto nelle aree periferiche dove risiedono quasi esclusivamente persone
anziane .
Il contesto sociale del distretto appare comunque sufficientemente “protetto” per quanto
riguarda la popolazione giovanile, soprattutto nelle fasce di età preadolescenziali , rispetto ai più
ampi contesti regionali e nazionali; la famiglia mantiene una forte funzione di cura e di attenzioni
verso i minori con l’ausilio anche dei nonni che garantiscono continuità e stabilità valoriale.
Diverso il caso della preadolescenza e dell’adolescenza, età tipicamente interessate da
cambiamenti profondi dal punto di vista fisico e, conseguentemente cognitivo ed emotivo.
Il correlato della difficile riconversione della personalità è l’emergere di problematiche che
assumono forme diverse che si esprimono in forme di disagio scolastico o, nelle forme più estreme,
di vera e propria devianza o criminalità giovanile.
Per quanto riguarda il primo aspetto come emerge dal 2° Rapporto sulla Qualità della Scuola,
edito da Tuttoscuola nel 2011, la provincia di Rieti si colloca all’ultimo posto tra le province
italiane nella macroarea “Strutture e risorse” (100ª su 100), all’ottavo posto per quanto riguarda la
macroarea “Organizzazione e servizi”, di nuovo al penultimo posto (sopra solo a Reggio Calabria)
per quanto attiene alla macroarea “Condizioni del personale”. Nonostante questo, nella macroarea
“Risultati scolastici” la provincia sabina si colloca al 62 posto (al di sopra, comunque, della media
nazionale) e, in sintesi, chiude alla 87ª posizione se ponderiamo i risultati nelle 4 macroaree.
Per quanto riguarda i risultati conseguiti negli ultimi 2 anni scolastici2, emerge che nel 200809 la percentuale di respinti alla primaria è stato dello 0,5%, che è passato al 3,9% nella scuola
media di I° grado.
Diversa e più difficile la situazione nella scuola secondaria: qui i respinti sono stati il 13,7%,
le evasioni dall’obbligo hanno inciso per lo 0,3% e gli abbandoni per l’1,5% (cfr. tab. 1).
I dati si confermano sostanzialmente simili nell’anno scolastico successivo; infatti, come si
può osservare dalla tabella 2, i respinti nella scuola primaria diventano lo 0,6%, mentre nella
secondaria di primo grado l’incidenza resta invariata (3,9%).
Lo stesso discorso può essere fatto per la scuola secondaria di secondo grado, nella quale si
osserva una diminuzione dei respinti (passano al 12,6%), un’uniformità tra le evasioni e un
incremento dell’incidenza degli abbandoni (che passano all’1,8%).
2
Riferiti alla città di Rieti nella quale si trovano le scuole superiori cui afferiscono la maggior parte dei giovani del
distretto.
22
Questi dati testimoniano di una situazione più difficile rispetto alla media italiana, dove
l’incidenza delle ripetente nella scuola secondaria di primo grado si attesta intorno al 3,0%, mentre
nella scuola secondaria di secondo grado è di circa l’11,0%.
Tab. 1 – I dati delle scuole di Rieti nell’anno scolastico 2008-2009
Anno scolastico 2008-2009
ALUNNI
FREQUENTANTI MASCHI FEMMINE STRANIERI PROMOSSI RESPINTI
SCUOLA PRIMARIA
2.090
1.065
SCUOLA SEC. 1° GRADO
1.634
872
SCUOLA SEC. 2° GRADO
4.941
2589
1.025
EVASIONI
OBBLIGO ABBANDONI
111
2.080
10 (0,5%)
762
79
1.574
63 (3,9%)
0
0
2352
219
4.225 675 (13,7%)
16 (0,3%)
74 (1,5%)
Tab. 2 – I dati delle scuole di Rieti nell’anno scolastico 2009-2010
ALUNNI
Anno scolastico 2009-2010 FREQUENTANTI MASCHI FEMMINE STRANIERI PROMOSSI RESPINTI
0
EVASIONI
OBBLIGO ABBANDONI
SCUOLA PRIMARIA
2.165
1.106
1.059
122
2.153 12 (0,6%)
0
SCUOLA SEC. 1° GRADO
1.646
825
821
71
1.580 64 (3,9%)
0
SCUOLA SEC. 2° GRADO
4.903
2.546
2.357
214
4.222 616 (12,6%) 14 (0,3%)
0
0
86 (1,8%)
Per quanto riguarda la devianza, invece, nel territorio il fenomeno è presente, anche se la sua
incidenza è meno preoccupante rispetto a quanto accade nel resto del Paese e della regione: i minori
denunciati sono circa il 2,5% del totale degli individua accusati di reato, contro il 5,2% e il 4,9%
rispettivamente per l’Italia e per il Lazio.
Il quadro rimanda ad una devianza minorile più contenuta, effetto, per certi versi, sicuramente
di un contesto sociale e di una Comunità civile che, forse proprio perché strutturata in centri di
piccole dimensioni, riesce ancora ad esercitare sulle giovani generazioni un’azione efficace in
termini di controllo sociale.
Aumenta invece l’uso di sostanze stupefacenti tra i giovani adolescenti tanto che i dati
indicano un abbassamento del primo consumo già verso i 16 anni.
Le risorse per l’area dei minori e delle responsabilità genitoriali per la gestione delle attività
sono assicurate dagli Enti locali e, nell’ottica della interdisciplinarità, gli interventi sanitari e di
prevenzione primaria anche in ambito scolastico vengono assicurati dall’Azienda Sanitaria Locale
attraverso i propri servizi tra cui il Materno Infantile (aree UTR, Consultorio Adolescenti e Centri di
Informazione e Consulenza), e l’area per le Dipendenze e patologie d’Abuso.
FATTORI POSITIVI
Persistenza di un quadro culturale comune che
facilita i processi di educazione e controllo dei
minori
Aumento delle possibilità educative e di
interazione di bambini e ragazzi
FATTORI CRITICI
Presenza tuttora di alcune problematicità
nell’interazione e nell’integrazione dei diversi
soggetti territoriali
Livelli di socialità differenziata, difficoltà di
servizi in rete per la particolare configurazione
territoriale del distretto (distanza tra i Comuni)
Maggiore qualificazione degli interventi di Carenze di ordine economico soprattutto per i
accoglienza in particolare rivolti ai minori piccoli comuni
stranieri privi di riferimenti parentali con
l’apertura di una casa di prima accoglienza nel
Comune capoluogo
Buona presenza del privato sociale, in Squilibrio nella presenza di informazioni
particolare per quanto riguarda i servizi dei riguardo all’affido e all’adozione su tutto il
bambini (asili nido e scuole materne)
territorio del distretto
23
FATTORI POSITIVI
Progetto di Prevenzione primaria fondi 309/90
parternariato Comune Centro Giovanile e Area
Dipendenze e Patologie D’Abuso della ASL per
i Centri Giovanili “ANTRAN”
Positiva presenza di Centri giovanili nei comuni
più popolosi del distretto
FATTORI CRITICI
Carenza di strutture pubbliche e/o private di
prima accoglienza in caso situazioni di grave
disagio sia minorile che per donne sole in
difficoltà e ragazze madri
Aumento dello scollamento nel patto educativo
che dovrebbe coinvolgere famiglie e scuola
Spostamento dell’ottica progettuale nella Scarsa considerazione sull’importanza del
prevenzione dalla dimensione del disagio a protagonismo giovanile e della necessità di sana
quella dell’agio
aggregazione da parte degli adulti
Progetti-ricerca di prevenzione primaria
promossi
dalla
ASL
sui
disturbi
dell’alimentazione e dell’abuso di alcol e
sostanze stupefacenti e gruppi genitori
4. Bisogni del territorio distrettuale
Tra i bisogni più sentiti in quest’area si ricordano:
Fragilità del tessuto familiare e aumento della conflittualità tra genitori
Nuove povertà legate a fragilità economiche e sociali
Bisogno di maggiore sostegno alle responsabilità e competenze genitoriali
Necessità di una maggiore flessibilità e diversificazione negli interventi di cura per la prima
infanzia
Potenziamento e, a volte, creazione di luoghi, attrezzature e strumenti per l’infanzia e
l’adolescenza e di aggregazione giovanile in orario extrascolastico diffuse sul territorio anche
in forma itinerante
Necessità di interventi di contrasto alla crescente diffusione in senso verticale e orizzontale
delle situazioni di disagio, soprattutto in relazione ai bambini e ragazzi con handicap
5. Obiettivi strategici prioritari
Per quanto riguarda gli obiettivi più importanti da perseguire, si rimanda a:
Sostenere i genitori, specie quelli che hanno un passato travagliato e conflittuale,
nell’esercizio della loro funzione genitoriale, attraverso percorsi di sostegno in strutture
educative di supporto;
Valorizzare e sostenere le reti familiari e il ruolo genitoriale al fine di favorire la permanenza
del bambino e adolescente nella famiglia
Rafforzare l’istituto dell’Affido Familiare, laddove non è possibile realizzare quanto previsto
al punto precedente;
Potenziare l’azione di cooperazione tra Comune, ASL e Scuola nell’opera di prevenzione e
contrasto delle dipendenze;
6. Il Sistema dell’Offerta dei Servizi Socio Assistenziali
L’Ufficio di Piano ha, anche per questo anno, raccolto i dati relativi alle strutture attivate nei
singoli comuni nel settore delle Politiche Sociali.
In particolare, le aree interessate alla rilevazione sono state quelle relative alle :
24
-
prestazioni/servizi assistenziali ai minori e alla famiglia naturale ed affidataria nonché la
permanenza in strutture residenziali e semiresidenziali
servizi che garantiscono il diritto allo studio, ricreativi, socioculturali, educativi sportivi ed
informativi.
dislocazione delle strutture residenziali e semiresidenziali
Si rimanda alla relativa appendice per la consultazione della banca dati prodotta.
In sintesi, gli interventi di natura economica a sostegno a famiglie con minori e per il
contrasto alla povertà sono i più rappresentati. Ovviamente, il Comune Capofila, data la sostanziale
differenza nella consistenza numerica rispetto agli altri comuni, mostra valori significativamente più
elevati in ogni ordine di servizio.
Di fatto sono cresciuti, rispetto agli anni precedenti gli aiuti economici all’intero nucleo
familiare proprio per l’impoverimento della classe media che fino a qualche anno fa poteva contare
sul lavoro di entrambi i genitori e che, per la chiusura del nucleo industriale e del relativo indotto,
ha portato invece mobilità e disoccupazione.
7. Il sistema dell’Offerta dei Servizi dell’Azienda Sanitaria Locale
Il Dipartimento di integrazione Socio-Sanitaria e Tutela Materno Infantile (DISSTMI)
dell’Azienda Unità Sanitaria Locale ha come obiettivo prioritario la prevenzione primaria che
esercita attraverso i strutture afferenti all’Area Materno Infantile, Consultorio Adolescenti, e Area
Dipendenze e Patologie d’Abuso, sia all’interno del sistema scolastico che sul territorio in rete con
gli Enti pubblici e privati che si occupano a qualsiasi titolo di prevenzione.
Il Consultorio Adolescenti, area del Materno Infantile, oltre che esercitare il suo mandato
presso le scuole medie superiori, è a disposizione dei giovani e delle loro famiglie presso il servizio
per l’attività di ascolto e di consulenza .
All’interno del Servizio Materno Infantile è attivo anche il GIL Adozioni integrato con gli
operatori del Comune di Rieti: si occupa di adozioni nazionali, internazionali, affidamenti familiari
e problematiche familiari
Con la legge 309/90 l’integrazione tra il mondo della scuola e il mondo della salute si è resa
possibile con l’istituzione in tutte le Scuole Medie Superiori della Provincia di Rieti dei Centri
Informazione e Consulenza, spazi di progettualità gestiti dagli insegnanti, alunni ed esperti della
ASL, nei quali programmare progetti di educazione alla salute .
Il CIC è composto dal Preside, da uno o più insegnanti referenti per l’educazione alla salute ,
dai rappresentati degli alunni e dei genitori e, in qualità di esperti esterni, due operatori del
DISSTMI della ASL, nella fattispecie uno Psicologo ed una Assistente Sociale del Consultorio
Adolescenti e del Ser.T. I CIC cosi composti, di fatto, hanno facilitato la comunicazione tra Scuola,
servizi sanitari, Enti locali e volontariato, al fine di offrire ai giovani, alle loro famiglie e al corpo
docente informazioni, formazione, orientamento supporto ed assistenza in materia di prevenzione
del disagio adolescenziale, delle dipendenze patologiche, valorizzando soprattutto il ruolo
propositivo dei giovani. Una formazione congiunta docenti operatori ASL sulle nuove metodologie
di intervento (peer educational) ha permesso di organizzare un modello unico di intervento su tutte
le scuole superiori .
La progettualità che si attua sostenendo le capacità progettuali degli studenti e del corpo
docente nella realizzazione di attività e progetti extracurriculari; gli operatori socio sanitari dei CIC
lavorano all’interno delle classi con progetti mirati alle esigenze degli stessi alunni:
Educazione alla affettività e alla sessualità
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Educazione ai processi comunicativi
Prevenzione del bullismo
Prevenzione delle tossicodipendenze ed alcolismo
Prevenzione dei disturbi alimentari e dell’obesità
Progetti genitori
Infine non si può non ricordare l’azione del Consultorio Familiare: servizio territoriale che
svolge un’attività d’informazione e promozione della salute, tutela della maternità responsabile e
della gravidanza, assistenza psicologica e sociale dei bambini, adolescenti, giovani, donne, uomini,
coppie e famiglie.
26
AREA
Anziani
Area Anziani: situazione, obiettivi e priorità di intervento
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Il contesto
Come detto il territorio del distretto Ri1 è interessato da un processo di graduale e ineludibile
senilizzazione. Le problematiche rilevate nel territorio riguardano soprattutto la solitudine e
l’isolamento, infatti, in molti casi il principale problema non concerne soltanto la precarietà
economica quanto, insieme, la carenza relazionale.
A tal proposito, il potenziamento dei centri diurni e l’incremento dei servizi di assistenza
domiciliare costituiscono i bisogni primari rilevati nel territorio. L’aumento della domanda di
questo tipo di servizi è dovuto, non solo, alla crescita della popolazione anziana, ma anche al fatto
che i servizi socio sanitari ed assistenziali hanno registrato in questi ultimi anni un incremento della
spesa per le differenti prestazioni.
In molti casi, le famiglie con anziani a carico si organizzano autonomamente, ricorrendo alle
badanti, rivolgendosi agli enti locali per ottenere supporto economico e assistenza domiciliare.
Quando poi la situazione non é più sostenibile al domicilio, viene spesso richiesto l’inserimento in
strutture protette, richiesto solo per situazioni di bisogno sanitario rilevante per persone meno
abbienti.
Per quanto riguarda gli importi delle pensioni, poi, si osserva che la pressocché totalità delle
pensioni di invalidità civile, il 99,0%, sono di importo inferiore ai 500 euro, e lo stesso vale per il
53,4% delle “Pensioni di vecchiaia per coltivatori diretti, mezzadri, coloni”, il 46,7% delle
“Pensioni per i superstiti” e per il 21,5% di quelle di “vecchiaia per lavoratori dipendenti”. Questo
prefigura un quadro di gravi difficoltà dal punto di vista economico e una precarietà che rischia di
trasformarsi facilmente in povertà.
Tra gli elementi positivi e quelli negativi caratteristici del distretto si rilevano i seguenti.
Elementi positivi
In tutto il distretto sono stati consolidati i servizi socioassistenziali e sanitari a sostegno della domiciliarità.
In particolare: sono state aumentate le ore di assistenza
infermieristica e specialistica a domicilio
Attivazione del telesoccorso in alcuni
comuni del distretto
e delle deospedalizzazioni protette
Incremento del pagamento di canoni di locazione,
in particolare nel Comune capofila
Apertura di un centro diurno distrettuale per i malati
Alzheimer (che però è soggetto ad alterne fortune
in relazione ai finanziamenti)
Servizio di assistenza domiciliare distrettuale
per i malati di Alzheimer
Erogazione di buoni farmacia per i meno abbienti
Apertura di Centri Diurni nel capoluogo e nei
Comuni a più alta densità di anziani
Elementi di criticità
Necessità di incrementare ulteriormente
i servizi domiciliari per gli anziani
Difficoltà di integrazione tra sanitario
e sociale nelle deospedalizzazioni
protette specialmente con la caduta
del fondo per la non-autosufficienza
Rimane alta la domanda di inserimenti
nel Centro Alzheimer.
Le risorse umane impiegate nei
servizi sociali e sanitari
permangono insufficienti a
garantire continuità ed
adeguatezza ai servizi,
si registra inoltre una
carenza di operatori socio sanitari
Necessità di aprire Centri sociali
e diurni anche nei comuni
più piccoli ma con alta
percentuale di persone anziane
Difficoltà legate alle distante
dei piccoli comuni e i servizi
centralizzati
Ampliamento e migliore collegamento
tra la ASL e i Comuni per l’ADI
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Elementi positivi
Elementi di criticità
a tutto il distretto
Il volontariato a sostegno degli anziani sia in ospedale
che nelle strutture è presente ed attivo
(Caritas diocesana ed ARVO in ospedale )
L’azienda ASL, in collaborazione con i servizi sociali
comunali, ha attivato l’unità valutativa per l’ADI
1. I Comuni, il Distretto e le criticità riscontrate
L’Ufficio di Piano attraverso il questionario inviato a tutti i Comuni del distretto, ha potuto
evidenziare diverse criticità nell’area anziani. Nel corso della rilevazione si è, inoltre, ritenuto
indispensabile individuare con chiarezza i comuni in cui tali criticità emergono, e questo al fine di
poter elaborare progetti mirati per ciascun Comune.
Alla luce di quanto emerso, sintetizzando le indicazioni provenienti dai comuni si rileva che i
bisogni più pressanti sono riferiti a:
Carenza di fondi per l’assistenza domiciliare integrata (problema maggiormente espresso).
Costante e consistente aumento della domanda di assistenza domiciliare agli anziani.
Difficoltà di attivare Centro diurni dove poter svolgere attività di socializzazione.
Crescente complessità delle situazioni che si presentano e quindi degli interventi prestati da
operatori socio assistenziali e sanitari.
Necessità degli anziani e delle loro famiglie di avere un riferimento unitario per ricevere
informazioni ed essere orientate su come muoversi all’interno del sistema delle risorse
territoriali e dei servizi sociali e sanitari. Tale esigenza è particolarmente importante e
delicata nel momento delle dimissioni dall’Ospedale.
Un capitolo a parte va dedicato al tema della non-autosufficienza.
Il sistema dei servizi rivolti alle persone in condizione di non autosufficienza, attivo nel territorio,
ha sviluppato un complesso di interventi in relazione ai bisogni espressi:
1) la tutela della salute sia nelle situazioni di domiciliarità che in quelle di
semiresidenzialità (Centro Diurno Alzheimer e Centro Diurno Handicap) che sono
un riferimento importante per alcune famiglie (n°32 per Centro Diurno Handicap e
n°8 per Centro Diurno Alzheimer).
2) Interventi per la domiciliarità che ricomprendono interventi economici e
l’erogazione di prestazioni assistenziali a domicilio (Assistenza Domiciliare
Integrata).
Il fondo precedentemente introdotto dal Governo aveva creato le condizioni affinché si
realizzassero attività di potenziamento degli interventi tali da consentire lo sviluppo di “Piani
assistenziali individualizzati a sostegno della domiciliarità” e “Piani assistenziali individualizzati a
sostegno della domiciliarità nelle deospedalizzazioni protette”.
La caduta del fondo ha messo in forte pregiudizio la continuità di queste iniziative.
2. Obiettivi prioritari
Tra gli obiettivi prioritari individuati dall’ufficio di Piano si ricordano:
Favorire la domiciliarità.
Monitorare l’attuale offerta dei servizi a sostegno della domiciliarità per renderla più
rispondente alla domanda.
Rivedere il percorso delle dimissione protette, individuandone le criticità, per formulare
proposte di cambiamento e rendere il percorso più adeguato alle necessità delle famiglie.
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Istituire e valorizzare i centri diurni, i circoli e i centri di aggregazione per anziani anche in
collaborazione con le risorse non istituzionali del territorio (volontariato, associazionismo).
Incrementare la collaborazione col volontariato e con l’associazionismo locale, migliorare la
sensibilizzazione delle reti familiari e parentali.
3. Il sistema di offerta dei servizi
I servizi a sostegno degli anziani, hanno nella nostra zona una sufficiente e consolidata
tradizione per quanto attiene le modalità di intervento; tuttavia, i bisogni degli anziani e delle loro
famiglie sono talmente aumentati e mutati nella domanda, che meritano un deciso sforzo di
ripensamento e riprogettazione della rete dei servizi domiciliari, semiresidenziali e residenziali con
l’obiettivo di diversificare l’offerta in risposta ai bisogni e alle risorse diversificate degli anziani e
delle loro famiglie e nel rispetto delle loro libertà di scelta.
L’Ufficio di Piano ha raccolto i dati relativi alle strutture attivate nei singoli comuni nel
settore delle Politiche Sociali dedicato agli anziani.
Le aree interessate alla rilevazione sono state quelle relative alle :
- prestazioni/servizi assistenziali agli anziani e alle famiglie
- servizi che garantiscono il sistema ricreativo, socioculturale, sportivo ed informativo
- dislocazione delle strutture residenziali e semiresidenziali.
Dall’esame dei questionari e dall’analisi della domanda che perviene direttamente o
indirettamente ai servizi emergono diversi elementi significativi:
1. L’assistenza domiciliare, l’assistenza domiciliare integrata e il contrasto alle povertà sono i
servizi più richiesti dagli anziani e più presenti nel distretto, sia in termini di domanda
economica che per quantità di comuni interessati; il numero sicuramente è più alto di quello
definito in quanto alcuni Comuni non hanno risposto, per questa voce, al questionario.
2. La spesa sociale a carico dei Comuni, in particolare per Rieti e i Comuni più grandi è
cresciuta rispetto agli anni precedenti segno di un forte aumento di domanda di assistenza da
parte degli anziani.
3. I Centri sociali e i centri Diurni per anziani sono presenti in diversi comuni del distretto;
sono però assenti in particolare nei Comuni meno popolosi, dove la densità della fascia d’età
degli ultrasessantacinquenni è alta. Un obiettivo prioritario sarà quello di dare avvio ad
ulteriori centri, in particolare in quei Comuni più piccoli e popolati quasi esclusivamente da
persone anziane.
5. Il Sistema dei Servizi Sanitari
Il Distretto Montepiano Reatino ha perseguito con tenacia e costanza, negli ultimi anni il
coinvolgimento dei Medici di Medicina Generale in tutte le fasi dell’Assistenza domiciliare
integrata non solo per anziani, ma anche in tutti quei casi in cui le patologie croniche o traumatiche
possono avere provocato una immobilità permanente o temporanea.
Sono comunque stati raggiunti dei risultati di buona qualità del servizio perché:
- I medici di medicina generale sono stati coinvolti sia nelle valutazioni delle
condizione cliniche per l’inserimento in ADI, sia per la redazione dei piani di
trattamento che sul controllo e la verifica dei risultati e delle eventuali dimissioni.
Questo ha necessariamente conferito al servizio la necessaria dinamicità ed ha
consentito un maggiore numero di interventi e razionalizzato i tempi di trattamento.
- L’accesso concordato del personale ADI del distretto n. 1, anche per conto degli altri
distretti, nei reparti dell’OGP di Rieti, ha favorito le dimissioni programmate e
l’appropriatezza delle prestazioni, nonché la promozione della continuità assistenziale
30
-
Rispetto agli anni precedenti e grazie al coinvolgimento dei medici di base che hanno
visto aumentare i loro accessi si è riusciti a migliorare le qualità del servizio; a fronte
di un lieve decremento di pazienti in carico si è riusciti a trattare un numero maggiore
di pazienti, ad effettuare più visite specialistiche, più medicazioni, più prelievi segno
di una più attenta analisi del bisogno e una valutazione accurata della situazione
sanitaria.
31
AREA
Disabilità
Povertà
Disabilità, contrasto alla povertà e all’esclusione sociale: situazione,
obiettivi e priorità di intervento
Disabilità: situazione, obiettivi e priorità di intervento
Il contesto
È noto che non esiste nel nostro Paese una statistica ufficiale precisa sul numero dei disabili.
Una stima ufficiosa, ma solo parzialmente realistica, può essere ricavata considerando la
popolazione del distretto e calcolando su questa una stima del 3%, poiché questa è la percentuale
stimata di disabili rilevata su tutto il territorio nazionale.
32
D’altro canto non ci aiutano neanche i dati forniti dalla medicina legale della ASL che non ha
a tutt’oggi una banca dati informatizzata utile allo scopo.
Rimane indubbio che il problema resta presente e grave. Per di più, e la carenza dei dati in
proposito si rivela significativa, intorno al fenomeno permangono atteggiamenti negativi, che
inducono spesso le famiglie a mantenerlo sommerso: vuoi per una forma di “vergogna” legato al
pregiudizio, quasi che essere disabili sia una colpa, sia per l’assenza di adeguate politiche di
sostegno, che scoraggiano spesso le famiglie dal richiedere aiuto e sostegno agli enti locali.
Ne deriva, così, la situazione paradossale che proprio chi ha più bisogno di aiuto rimane
nascosto, lontano dai circuiti in cui le politiche di sostegno si producono, e lasciando le stesse prive
di quel preciso supporto numerico che, consentendo di quantificare e qualificare con precisione il
fenomeno, possono adattare strumenti di intervento preventivi e di supporto.
Comunque, dalle indicazioni provenienti dai comuni è possibile ricavare i seguenti elementi
positivi e critici rilevanti per il territorio.
Fattori positivi
Apertura del Centro Diurno per l’Alzheimer a
Cantalice
Costituzione di un coordinamento e di rete tra
soggetti del terzo settore
(CIDHA)
Esistenza di un centro diurno per ragazzi e
adulti con handicap (ARFH)
Progetto integrato ASL , Comuni distretto di
Ippoterapia per minori disabili
Presenza di 7 Case Alloggio per disagiati
psichici
Corsi di formazione per operatori socio
sanitari
Fattori critici
Scarsa conoscenza del fenomeno della “disabilità”
nelle sue reali dimensioni sia sanitarie che sociali
Assenza di strutture residenziali per i casi di
handicap più grave e per le persone che non hanno
familiari (“dopo di noi” che deve essere affrontato
“Durante Noi”)
Carenza di strutture semiresidenziali sul territorio
Necessità di raccordo tra Scuola ASL e Comuni per
l’accesso ai servizi educativi e ricreativi per minori
con disabilità
Carenza di formazione e servizi per i giovani
diversamente abili che terminano il percorso
scolastico
Necessità di creare un’area specifica che si occupi
di handicap adulto nell’Azienda Unità Sanitaria
Locale
Carenza di servizi di domiciliarità
Frammentazione degli interventi sia sociali che
socio sanitari
Mancanza di formazione e assistenza per i familiari
Mancanza di percorsi definiti per la continuità
assistenziale
Necessità di potenziamento delle rete tra le
associazioni e Associazioni e strutture pubbliche
Carenza di un segretariato sociale di ASL che si
raccordi e si integri con quello dei Comuni
I Comuni del distretto e le criticità riscontrate
L’Ufficio di Piano, attraverso il questionario inviato a tutti i Comuni del distretto, ha
individuato le diverse criticità nell’area del disagio e i Comuni nei quali tali criticità emergono.
Di seguito si propone una tabella reipilogativa di quanto rilevato.
Criticità
Comuni interessati
Carenza centro Diurno
Cittaducale
Carenza Assistenza in ambito Colli Sul velino
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scolastico minori
Carenza integrazione lavorativa Monte S. Giovanni, Poggio Bustone
Carenza nei trasporti, anche nel Poggio Bustone, Cantalice
Centro di Spinacceto
A fronte di queste carenze è necessario pertanto:
Definire ed integrare la rete dei servizi in termini di specializzazione e differenziazione delle
risposte, per garantire una maggiore capacità di accogliere i nuovi bisogni.
Istituire possibilmente il servizio per l’handicap adulto all’interno della ASL che si integri
con i servizi sociali comunali.
Potenziare l’area del tempo libero/socializzazione tramite il sempre più integrato
coinvolgimento di Enti e Associazioni che svolgono attività culturali, sportive, ricreative.
Sperimentare forme di domiciliarità innovativa in sinergia tra pubblico e privato che
consenta anche di attrarre verso l’area della disabilità risorse private che non sarebbero
altrimenti entrate nella rete dei servizi.
Accrescere l’accessibilità e la fruibilità delle informazioni per favorire l’accesso ai diritti.
Inoltre comincia ad aprirsi lo scenario del “dopo di noi” ossia la condizione nella quale i genitori
del disabile vengono meno o non sono più in grado, con il procedere dell’età, di continuare a
svolgere le attività di cura; si tenga presente che in tutta la Provincia non esiste ancora un centro
residenziale per disabili soli.
2. Bisogni Emergenti
Tra i numerosi bisogni che caratterizzano il nostro territorio si ricordano soprattutto:
l’esigenza di una conoscenza realistica della disabilità sociale e sanitaria nel distretto con
particolare riferimento a quella minorile, sia in termini di problematicità che di risorse
pubbliche e private
la necessità di punti di informazioni corretti completi e condivisi tra Enti locali, ASL e
Associazioni di volontariato circa i percorsi assistenziali e le risorse territoriali
il potenziamento e qualificazione degli interventi di assistenza domiciliare
la necessità di risposte integrate ai temi del “dopo di noi” e della vita “indipendente”, anche
attraverso la sperimentazione di soluzioni innovative, valorizzando le scelte e la
responsabilità familiari con l’apporto del volontariato.
il reperimento di fondi altri per offrire più risposte alla domanda sociale e sanitaria
la necessità di definire il percorso di transizione tra i Servizi nel passaggio all’età adulta. Si
sottolinea l’importanza di garantire la continuità del progetto di vita socio riabilitativo e di
integrazione sociale nella difficile fase di uscita dalla scuola.
3. Obiettivi prioritari
− Conoscere e monitorare la situazione dell’handicap nel distretto in senso quantitativo e secondo i
parametri di tipo sanitario
− Rileggere e ridefinire la mappatura dei servizi per consentire un lavoro di rete integrato ed
efficace
− Ripensare e migliorare il processo di presa in carico integrato nel quadro dei servizi per la
disabilità minorile ed adulta
− Garantire la continuità tra il sistema scolastico, formativo e dell’inserimento lavorativo
attraverso la collaborazione tra gli operatori dei diversi sistemi codificata sulla base di protocolli
operativi interistituzionali che abbiano alla base il progetto di vita del disabile e monitorino gli
snodi di passaggio tra i diversi sistemi attraverso l'utilizzo di strumenti integrati (socio-educativi
e sanitari) di descrizione e valutazione del percorso del disabile
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− Acquisire fondi alternativi a quello della non-autosufficienza per garantire i “Piani assistenziali
individualizzati a sostegno della domiciliarità” e i “Piani assistenziali individualizzati a sostegno
della domiciliarità nelle deospedalizzazioni protette”
4. I minori con disabilità
Negli ultimi anni si è assistito ad un sempre maggiore interesse per la tutela della salute in età
evolutiva, tradotto in termini di promozione e di progetti di intervento finalizzati ad attività di
promozione della salute, di prevenzione e di tempestiva presa in carico della patologia. Si
evidenzia, in particolare:
− un aumento progressivo dell’utenza che si rivolge ai Servizi per valutazioni in ambito
neuropsichiatrico
− l’aumento della quota di nuove segnalazioni riferite a bambini nelle fasce d’età più basse (il
trend della richiesta si sta spostando verso la 1° e la 2° infanzia ),
− la necessità di attivare interventi di sostegno, sia domiciliare sia sul territorio, a genitori con figli
adolescenti, per facilitare l’accesso a servizi educativi/aggregativi e favorire occasioni di
maggiore integrazione.
5. L’area del Disagio: il sistema dei Servizi Socio Assistenziali
L’Ufficio di Piano ha inviato ad ogni singolo Comune questionari per la rilevazione dei
servizi e dei relativi fondi con particolare riferimento alle risorse economiche che ciascun comune
investe per l’area del disagio.
Il questionario e’ stato costruito dall’ufficio di piano tenendo presente l’area del disagio nella
sua completezza, i dati sono stati richiesti distinguendo le diverse tipologie di disagio: Handicap
fisico e psichico, Alcolismo, tossicodipendenza, nuclei familiari in difficoltà economica e sociale,
persone sole.
Le aree interessate alla rilevazione sono state quelle relative alle :
prestazioni/servizi assistenziali per quelle fasce di popolazione che sono a rischio di
esclusione sociale
dislocazione delle strutture residenziali e semiresidenziali del distretto.
6. Il Sistema dei Servizi Sanitari
La ASL, non possiede a tutt’oggi dati significativi relativi all’handicap adulto, poiché non
esiste un servizio specifico per tali patologie; l’handicap minorile invece è tutelato dalla Unità
Territoriale Riabilitativa, sita nell’Area Materno Infantile che si occupa di seguire da un punto di
vista medico sociale e psicologico, bambini e ragazzi durante il percorso scolastico. Tale attività
viene svolta in forma integrata con gli insegnanti nei gruppi di lavoro per l’handicap.
Per quanto attiene ai Servizi sanitari , la ASL, oltre che istituire l’Assistenza domiciliare
integrata per le persone con disabilità fisica, acuta, temporanea e cronica, il settore di medicina
legale ha il compito di effettuare i riconoscimento rispetto alla legge 104/92.
35
Il contrasto alla povertà e all’esclusione sociale: dati, obiettivi e priorità di intervento
1. Il contesto
La povertà rappresenta un tema centrale di ogni agenda politica, oggi più che prima, in
relazione alla crescita dei fenomeni di pauperizzazione rilevati annualmente anche dall’Istat. La
drammaticità di tale condizione dipende dal fatto che questa rimanda ad un complesso quadro
diagnostico, nel quale è possibile rilevare almeno la co-occorrenza di queste dimensioni:
1)
una difficoltà individuale, che si palesa in 3 forme diverse: una debolezza fisica o
psichica (a causa di una malattia o di una disabilità, congenita o intervenuta – come,
per esempio, nel caso di incidenti o di abuso di alcol o di droghe) oppure di carattere
prestazionale (cioè di competenze o di capacità lavorative che rendono la persona non
appetibile sul mercato del lavoro);
2)
una condizione di povertà estrema dal punto di vista sociale, che si declina, a sua
volta, lungo due direttrici, una relazionale e una culturale: secondo la prima linea, la
persona mostra una difficoltà nella capacità di creare e/o mantenere in vita delle
amicizie/affetti – rispetto al tema in oggetto, ciò si traduce nel fatto che la persona non
ha alcun affetto che gli dia ospitalità, è priva di Capitale Sociale –; in base alla seconda
direttrice, invece, la persona può manifestare un rifiuto verso la forma dominante di
cultura-civiltà, che non si esprime in qualche modalità di risposta sub-culturale o
contro-culturale (che richiederebbero, comunque, un’accettazione della socialità), ma
che si traduce in auto-emarginazione ed auto-esclusione, con il rifiuto a partecipare a
qualunque forma di socialità, inducendo alle forme più estreme di barbonismo e
asocialità.
Il combinato disposto di queste 5 dimensioni sfocia, come effetto, in una condizione di
povertà dal punto di vista economico: la persona non ha denaro non solo per comprare, ma neanche
per affittare uno spazio dove vivere, oppure, più semplicemente, per nutrirsi. La povertà economica
rappresenta, dunque, solo la forma più nota e visibile della povertà estrema, ne costituisce l’esito
estremo, il risultato palese, laddove, e da qui deriva la problematicità del fenomeno, le dimensioni
che la causano si mantengono nell’ombra, sono più difficilmente individuabili e rappresentabili,
anche perché rimandano ad aspetti privati, personali, che il soggetto è restio a rendere pubblici.
In sintesi, quindi, si può asserire che quando si parla di una persona povera, in particolar
modo se senza dimora, ci si riferisce a “una persona” che è “individualmente in difficoltà, socioculturalmente isolata e, come esito di questa combinazione, economicamente povera” .
I dati di sfondo dell’area “Povertà” risentono chiaramente di questa complessità e dell’ampia
variabilità interna allo stesso fenomeno.
Si è quindi posta l’attenzione sui fattori che possono essere a rischio di caduta in povertà, tra
cui in particolare l’essere immigrato, l’essere in presenza di casi di separazioni e divorzi tra i
coniugi, la scarsa disponibilità di risorse economiche, l’esperienza del carcere, un basso livello di
istruzione,la disoccupazione.
Non solo, oggi cominciano ad emergere forme e modalità della povertà con caratteristiche
completamente nuove rispetto al passato. Ciò per una serie di fattori:
a) innanzitutto, questa non è più legata esclusivamente – come emergeva negli studi classici di
sociologia urbana – alle aree urbane marginali e periferiche, bensì "attraversa non
univocamente, ma verticalmente e trasversalmente, più spazi sociali, ambiti di vita, luoghi
fisici prodotti". Specialmente quando si lega all’immigrazione, la marginalità si concentra
nelle aree urbane centrali, dove maggiori sono le opportunità di trovare lavoro, dando luogo
a modalità di sovraffollamento residenziale, in cui un numero considerevole di persone
convive sotto lo stesso tetto, in condizioni igieniche precarie. Viceversa, una volta
stabilizzatesi, queste tendono ad integrarsi nel territorio, cercando un’abitazione stabile e
trasferendosi nelle periferie urbane;
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b) in secondo luogo, oggi assistiamo a condizioni marginali caratterizzate non tanto dalla
cumulazione dei fattori di esclusione (quale può essere esemplificata dalla figura
paradigmatica del `barbone', un individuo cioè senza casa, senza lavoro e senza diritti
politici) quanto dall'accesso differenziato e limitato a diversi sistemi distributivi e a diversi
ambiti sociali e istituzionali; si pensi ad esempio alla progressiva marginalizzazione della
popolazione anziana urbana a basso reddito, per la quale l'accesso a una pensione di entità
ridotta è accompagnato spesso da isolamento sociale, trasferimento forzato in quartieri
anonimi, indebolimento dei legami familiari;
c) infine, nelle società contemporanee si amplia l'area della "vulnerabilità sociale", in cui
ricadono soggetti per i quali la marginalità non costituisce una condizione di partenza
quanto l'esito di eventi precipitanti che si innestano su una situazione precedente di
instabilità e di indebolimento dei legami sociali (si pensi, ad esempio, ai figli di coppie
separate, ai disoccupati di lungo periodo, agli anziani soli); la marginalità finisce così,
almeno in parte, di costituire un carattere ascritto per divenire una posizione acquisita.
Parlare oggi di povertà estrema significa monitorare e descrivere un processo di mutamento
sociale che si svolge sotto i nostri occhi, in grado di coinvolgere persone prima lontane dal
problema e che costituiranno, probabilmente, le future tipologie di senza tetto. Per esempio, si può
far riferimento ai seguenti soggetti sociali a rischio:
- anziani con pensioni sociali, privi di dimora di proprietà e ormai impossibilitati a pagare
l’affitto;
- famiglie monoreddito, che non arrivano alla fatidica quarta settimana, nelle quali, al
contrario di quanto avveniva nel passato, non sono in pregiudizio le relazioni affettive tra i
membri del nucleo – al contrario, ben salde e profonde – ma che, inevitabilmente, potranno
finire in pregiudizio a causa delle prolungate difficoltà economiche e delle rinunce a queste
connesse;
- giovani residenti fuori dalla città d’origine, privi di una salda rete sociale e familiare che
possa riaccoglierli, con occupazioni precarie o sommerse.
La Caritas diocesana ci dà una misura della difficoltà della situazione nella città quando, nel
suo ultimo Rapporto 2010 dell’Osservatorio delle Povertà e delle Risorse, asserisce che «il Centro
di Ascolto è ormai quasi al massimo delle sue possibilità operative, vista anche la disponibilità di
viveri non sempre adeguata alle richieste. Ciò nonostante molte centinaia di persone continuano ad
avvalersi dei suoi servizi . In parallelo vengono moltiplicate le attività presso la sede del Vescovado
grazie all’aumento dei contributi economici erogati allo sportello lavoro e, nel 2009, al servizio di
assistenza ai rifugiati politici».
Per quanto riguarda la provenienza, emerge che, rallentato il flusso dei migranti provenienti
dall’est europeo dopo l’entrata di questi nell’UE, e aumentato quello di Eritrei e Somali in
conseguenza del programma Caritas dedicato ai rifugiati politici, «gli italiani tornano ad essere la
comunità più numerosa anche se non raggiungono da soli la maggioranza assoluta degli assistiti».
Dal punto di vista anagrafico, l’età delle persone che frequentano le strutture della Caritas
continua a mantenersi nella fascia dei 43-45enni, cioè una fascia della popolazione giovane adulta,
caratterizzata in prevalenza da immigrati, che costituisce una potenziale risorsa inespressa della
comunità, posta ai margini della collettività, e che rappresenta un costo umano, non tanto per il fatto
che costituiscono una spesa in assistenza, ma soprattutto perché rappresentano una risorsa umana,
economica, culturale e sociale di cui la collettività non riesce ad avvalersi appieno, e di cui resta
depauperata.
Il genere è prevalentemente femminile e lo stato civile è prevalentemente quello dei coniugati
(ma questi dati medi si devono soprattutto al contributo degli immigrati). Infatti, diversamente dagli
stranieri, tra gli italiani i separati/divorziati sono il 25,0%, con un’incidenza doppia rispetto agli
stranieri.
37
Infine, per quanto riguarda la residenza, l’utenza del capoluogo reatino rappresenta l’80,0%
del totale.
Nella casa circondariale di Rieti situata al centro della città, i detenuti sono mediamente 50
(con valori in più o in meno a seconda del periodo) tutti uomini.
Vista la caratteristica della struttura, e gli spazi all’interno ridotti, è difficile poter sostenere
delle attività occupazionali diverse da quelle tradizionali (pulizie, cucina, ecc), né effettuare corsi
che richiedono attrezzature particolari (sono stati realizzati corsi per l’accesso alla licenza media
inferiore e corsi di computer).
I soggetti sottoposti a misure esterne di esecuzione penale sono, invece, circa una ventina e, di
questi, la maggior parte è rappresentata da tossicodipendenti in affidamento ai servizi sociali del
CSSA con un programma terapeutico presso il Ser.T.
Come si può ricavare dal recente rapporto dell’Osservatorio Economico della Provincia di
Rieti (Camcom Rieti-Istituto Tagliacarne) il territorio reatino può essere collocato nel cluster
definito “Ruralità e Filiere Produttive”, caratterizzato dalla significativa presenza di importanti aree
rurali e/o montane, in cui le imprese di piccola dimensione sono impegnate in produzioni limitate,
ma di qualità.
In generale, il territorio si caratterizza per i seguenti fattori:
un contesto socio economico caratterizzato dalle dimensioni piuttosto modeste che ha
giovato più del dinamismo della Capitale che della propria capacità di costruzione della
ricchezza;
un modello di sviluppo caratterizzato dalla presenza di piccole imprese (nel 2009 le ditte
individuali sono il 76,8%; Italia 63,2%), che hanno una maggiore difficoltà di accesso al
credito (non potendo fornire garanzie particolarmente elevate) e che sovente si collocano
nelle posizioni finali delle filiere cui appartengono, subendo le restrizioni di mercato
accusate a monte dai committenti;
una elevata incidenza di imprese agricole (29,3%; Italia 16,4%), polverizzate su un
territorio orograficamente poco favorevole;
un tessuto manifatturiero (incidenza sul valore aggiunto 2008 13,1%; Italia 20,8%) che
subisce il calo della domanda sui mercati esteri (propensione all’export Rieti 4,5%; Italia
19,4%);
una diffusione di imprese che risulta poco incline a sperimentare percorsi di aggregazione
di rete o di filiera e, quindi, economie di scopo finalizzate a rendere più solido il sistema
produttivo;
un mercato del lavoro che, proprio per le contenute dimensioni, sconta in maniera
eccessiva le crisi industriali;
una consistente presenza di terziario avanzato, ma eccessivamente localizzato sul
territorio;
una situazione territoriale caratterizzata da sperequazione nella distribuzione della
ricchezza;
una dotazione infrastrutturale caratterizzata da squilibri.
Una situazione in chiaroscuro, quindi, cui ha corrisposto risultati economici non proprio
lusinghieri. Infatti, si è registrata una contrazione delle esportazioni, anche se il territorio non ha
risentito della recessione che ha invece caratterizzato il resto del Paese (ma c’è da aggiungere che il
reatino l’aveva anticipata 2 anni fa). Inoltre, nel corso del 2009 il 12,3% delle imprese della
provincia di Rieti non è stato in grado di far fronte al proprio fabbisogno finanziario, specialmente
quelle del settore edile (13%) e del commercio (14,3%).
Per quanto riguarda la disoccupazione, invece, emerge che il tasso di disoccupazione passa
dal 7,1% del 2008 all’8,0% del 2009, riprendendo a crescere dopo che l’anno prima si era assistito
ad una sua diminuzione.
38
Conforta solo un poco sapere che, comunque, il tasso di disoccupazione registrato a Rieti, se
confrontato con le altre provincie laziali, è il penultimo, più alto solo di quello registrato nella
provincia di Frosinone e superiore al valore nazionale dello 0,2%.
Comunque, si sostiene nel Rapporto, «i dati analizzati sottolineano come nel corso dell’anno
si sia assistito ad una sostenuta ripresa della disoccupazione, aspetto questo che meglio si presta a
intercettare la presenza dei segnali della crisi» e tale disoccupazione ha interessato soprattutto il
comparto dei servizi.
A questa situazione è venuto in soccorso un tipico meccanismo di ammortizzazione sociale, in
carico all’Inps, come la cassa integrazione – ordinaria e straordinaria – che ha inciso pesantemente
nel contesto reatino: «nel corso del 2009, in provincia di Rieti sono state complessivamente erogate
a favore dei dipendenti delle imprese aventi diritto ben 1.168.962 ore di cassa integrazione, di cui
214.363 ordinaria e 196.999 straordinaria. Tale dato, cresciuto sensibilmente rispetto al 2008 – nel
2008 si registra il numero di ore di cig più basso del quinquennio considerato – , risulta il più
elevato negli anni 2005-2009, segno evidente che la crisi affonda le radici in particolare nel 2009.
Dal confronto con le altre province laziali, inoltre, a fronte di un monte ore più basso, la provincia
di Rieti registra, dopo Roma (+513,9%), la più alta variazione percentuale 2009/2008 (+184,2%)
che ha in parte ed ovviamente garantito l’andamento ancora in crescita – e in controtendenza – dei
livelli occupazionali reatini». Va sottolineato, infatti, che i lavoratori in cassa integrazione risultano
conteggiati tra gli occupati, e non tra i disoccupati, perché ancora formalmente non licenziati
dall’azienda.
In conseguenza di ciò, le prospettive delineate dal rapporto sono tutt’altro che rosee; infatti, in
prospettiva «si temono le ricadute sul tessuto socio-economico locale – tra l’altro già visibili nei
livelli di reddito e consumi – e in particolare sulle famiglie reatine la cui vulnerabilità potrebbe
risentire del peggioramento delle condizioni del mercato del lavoro, soprattutto se le vicende del
distretto Rieti-Cittaducale non troveranno soluzioni positive».
Gli interventi di inserimento lavorativo e sociale vedono coinvolti principalmente il Comune
capoluogo, dove si sono sperimentati inserimenti lavorativi per detenuti in esecuzione esterna, per
tossicodipendenti, disabili psichici e per capofamiglia e/o persone sole a basso reddito.
Infine, per quanto riguarda il problema della casa, anche se non rientra strictu sensu nel
novero delle politiche sociali, questo costituisce una voce cruciale del bilancio familiare,
specialmente in questi ultimi anni in cui si è registrato un incremento del valore degli immobili che
è più che raddoppiato (facendo sì che il numero medio di anni per l’acquisto di una casa di proprietà
di medie dimensioni, circa 80mq., sia ormai giunto a 18): emerge in tutta evidenza la presenza di un
tema sentito, anche se non drammatico.
Infatti, nel comune di Rieti il numero di famiglie che hanno fatto domanda di un alloggio
sono state 394 nel 2009-2010. Di questi, 14 nuclei sono stati esclusi a causa dell’assenza dei
requisiti adatti (in genere perché stranieri senza permesso di soggiorno o senza contratto di lavoro).
Le assegnazioni sono state 33 alloggi nel 2009 e 18 nel 2010.
Si tratta, in genere, di nuclei con più componenti e tendenzialmente italiani (7 ogni 10
richiedenti).
Fattori positivi
La rete dei servizi dedicati al contrasto
all’esclusione sociale sta cercando di rafforzarsi
E’ cresciuta la collaborazione e l’interrelazione
reciproca tra servizi sociali comunali e servizi
specialistici (Ser.T, DSM,) Caritas e volontariato
Fattori critici
Scarsità di risorse economiche a disposizione
Necessità di bisogni relazionali,di socialità, che
spesso non possono essere soddisfatte senza
mediazioni dei servizi e del volontariato
Carenza di risorse lavorative
Carenza di risorse abitative in particolare per
l’accoglienza temporanea
39
2. Bisogni Emergenti
Aumentano le persone e le famiglie che si rivolgono alla Caritas e Associazioni di
volontariato richiedendo beni di prima necessità
Difficoltà di inserimento nel mercato del lavoro per le fasce deboli e bisogni di mediazioni e
accompagnamento
Difficoltà strutturale di accesso alla casa per fasce deboli (famiglie monoreddito, anziani soli
o in coppia, lavoratori in cassa integrazione ecc)
Difficoltà di accedere alle misure alternative alla detenzione, in particolare per gli stranieri,
per mancanza opportunità di accoglienza residenziale temporanea e di lavoro
Necessità di rafforzare l’integrazione tra servizi sociali di base e servizi specialistici della
ASL
3. Obiettivi prioritari
Coordinamento e sviluppo della rete dei servizi pubblici e del volontariato per conoscere
realisticamente i bisogni dei cittadini e per evitare interventi doppi e non efficaci
Valutare la possibilità di intervenire per l’accoglienza temporanea con l’obiettivo di dare
risposte più rispondenti ai bisogni identificati e di aiutare l’inclusione delle fasce deboli
Potenziare le capacità della zona sociale, attraverso protocolli e modalità di lavoro integrato,
per produrre più opportunità di lavoro e di inserimento lavorativo per le fasce deboli, anche
attraverso un maggiore coinvolgimento delle aziende non profit
Ri-pensare gli interventi di accompagnamento (alla casa, al lavoro, ai servizi, alla socialità,
alla riorganizzazione degli stili di vita, alla salute fisica e psichica) in forma integrata
Rafforzare, attraverso protocolli operativi l’integrazione fra servizi sociali di base e servizi
specialistici.
−
−
−
−
Questi obiettivi si potranno conseguire attraverso:
la programmazione, nel futuro, degli interventi di accoglienza temporanea con l’obiettivo di
diversificare e modulare la risposta alloggiativa
il Ri-Pensare alla riattivazione della casa o centro antiviolenza per fornire consulenza, ascolto,
sostegno e accoglienza a donne, anche con figli, minacciate o vittime di violenza fisica, sessuale,
psicologica e di costrizione economica
la sperimentazione di soluzioni abitative protette, con forte e significativa presenza del
volontariato, per persone con ridotta autonomia (es. soluzioni abitative temporanee per ex
detenuti in particolare immigrati)).
Il potenziamento della capacità della zona sociale di produrre opportunità di lavoro e di
inserimento lavorativo per le fasce deboli anche attraverso un maggior coinvolgimento delle
aziende profit.
4. Il Disagio Psichico
4.A. Il Dipartimento di salute Mentale
Il Dipartimento di Salute Mentale è l’articolazione dell’Azienda sanitaria che gestisce tutte le
attività concernenti la tutela della salute mentale.
Il programma di psichiatria:
40
Promuove, programma, coordina e verifica tutte le attività di prevenzione, diagnosi, cura e
riabilitazione necessarie per assicurare la tutela e la promozione della salute mentale della
popolazione.
Per il raggiungimento di tali obiettivi il Dipartimento di Salute Mentale mette a disposizione
della propria utenza un insieme di attività:
4.B. I Centri di Salute Mentale
I Centri di Salute Mentale (C.S.M) prendono in carico il paziente psichiatrico,formulano i
programmi terapeutico-riabilitativi e di risocializzazione, svolgono attività ambulatoriale e
domiciliare.
L’accesso può avvenire tramite richiesta diretta dell’interessato o con impegnativa del medico
di famiglia.
4.C. I Centri Diurni
I Centri Diurni sono strutture semiresidenziali dove i pazienti vengono seguiti con maggiore
continuità.
Vi si svolgono attività riabilitative e risocializzanti e vi si accede su proposta del Centro di
Salute Mentale.
4.D. Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura
Reparto ospedaliero per la diagnosi ed il trattamento di quei disturbi mentali non curabili in
modo adeguato presso i presidi territoriali.
4.E. Residenze Sanitarie Terapeutico Riabilitative
Sono presidi, finalizzati alla riabilitazione di soggetti, che, per particolari condizioni di
patologia o di ambiente familiare, abbisognano di un periodo di trattamento residenziale con
assistenza continua nelle 24 ore, ai quali si accede su proposta dei Centri di salute mentale.
4.F. Case famiglia
Sono strutture residenziali destinate a pazienti con disturbi psichici stabilizzati, che hanno un
buon grado di autonomia personale e che sono privi di adeguato supporto familiare.
Prevedono un’assistenza socio-sanitaria limitata ad alcuni momenti della giornata. Vi si
accede attraverso i servizi del DSM
41
AREA
Immigrati
Immigrati: situazione, obiettivi e priorità di intervento
42
IL CONTESTO
Per quanto concerne la presenza di stranieri regolari nel distretto presenta dimensioni
piuttosto contenute, tanto in valore assoluto che in percentuale. Vi è, comunque, una tendenza
all’incremento della presenza straniera sul territorio, in linea con quanto si verifica a livello
nazionale, da attribuire in massima parte ai ricongiungimenti familiari, ovvero alla natalità a carico
di questa componente della popolazione che contribuisce, in questo modo, al mantenimento del
tasso di fecondità totale.
La maggiore concentrazione di cittadini extracomunitari, oltre alla zona centrale, si registra
nei comuni della bassa Sabina; in conseguenza della progressiva caratterizzazione della zona come
gravitante nella sfera metropolitana di Roma.
La gran parte di stranieri proviene dai paesi dell’Unione Europea, soprattutto dall’est Europa.
Per quanto riguarda la consistenza per fasce di età dalla tabella 1 si rileva il peso della classe 15-64
anni, nella quale i 18-54 anni, la fascia più legata al lavoro, ne costituisce circa il 96,0%.
Tab. 1 La consistenza degli stranieri per fasce d’età
Età
v.a. %
361 15,7
0-14
419 18,2
0-17
1.791 77,9
18-54
1.867 81,2
15-64
72 3,1
65 e oltre
Fonte: elaborazione dati Comune di Rieti
Per quanto riguarda l’incidenza sul totale della popolazione (cfr. tab. 5) emerge che il comune
maggiormente interessato è Labro (10,0%) seguito da Paganico (5,8%) e Monte San Giovanni,
Contigliano e Torricella in Sabina (tutti con un’incidenza sul toale della popolazione pari al 5,6%).
A Collegiove non risultano residenti stranieri, mentre a Castel di Tora (1,0%), Morro Reatino
(1,4%), Turania (1,6%)), Belmonte (1,7%) e Cittaducale (1,9%) i valori non superano il 2,0%, a
fronte di un parametro medio distrettuale del 3,0%.
Tab. 5 L’incidenza degli stranieri sul totale della popolazione
COMUNE
Collegiove
Castel di Tora
Morro Reatino
Turania
Belmonte
Cittaducale
Leonessa
Longone Sabino
Rieti
Greccio
Collalto Sabino
Colle di Tora
Poggio Bustone
Distretto
Montenero Sabino
Rocca Sinibalda
Ascrea
Cantalice
Colli sul Velino
Incidenza sul totale
della popolazione
0,0
1,0
1,4
1,6
1,7
1,9
2,4
2,7
2,8
2,9
3,0
3,0
3,0
3,0
3,1
3,5
3,7
3,8
4,0
43
COMUNE
Rivodutri
Nespolo
Monte San
Giovanni
Contigliano
Torricella in
Sabina
Paganico
Labro
Incidenza sul totale
della popolazione
4,6
4,9
5,6
5,6
5,6
5,8
10,4
Fonte: elaborazione dati del Comune di Rieti
MINORI STRANIERI
Un buon indicatore del grado di integrazione della popolazione straniera nel contesto sociale
di appartenenza è la presenza nelle scuole.
Il numero di alunni stranieri rilevato nelle scuole di tutta la provincia e di poco meno di 400
unità (circa il 2%) del totale degli iscritti.
Tale scarsa incidenza è imputabile alle ridotte dimensioni del fenomeno dell’immigrazione
nella zona, ma anche si può ipotizzare una diversa qualità della componente straniera ed una più
contenuta presenza di minori stranieri nella provincia di Rieti rispetto ad altri contesti, in
conseguenza di un più recente coinvolgimento di quest’area di flussi migratori. La maggiore
concentrazione di alunni stranieri, tanto in senso assoluto che in percentuale, si riscontra nelle
scuole medie, con circa il 2,4% del totale. Il numero minimo di stranieri si ha in corrispondenza
dell’asilo nido e quello massimo nelle scuole elementari a conferma del rapporto positivo della
popolazione straniera al ricambio generazionale e al mantenimento di un buon livello di natalità.
Anche la distribuzione dei valori percentuali calcolati sul totale degli alunni stranieri indica la
massima concentrazione di immigrati nelle scuole elementari. Nelle scuole di Rieti risultano iscritti
il 39,6% (cfr. tab. 5 e graf. 1) mentre la percentuale dei ragazzi iscritti in Sabina è lievemente
inferiore (34,8%). La percentuale si abbassa nelle zone del Cicolano (2,6%).
Tab. 6 La presenza dei minori stranieri Iscritti nelle scuole di Rieti
Iscritti nelle scuole di Rieti 39,60 %
Sabina
34,80 %
Zone limitrofe a Rieti
13,20 %
Valle del Velino
9,70 %
Cicolano
2,70 %
Fonte: elaborazione dati del Comune di Rieti
Graf. 4 La presenza dei minori stranieri Iscritti nelle scuole di Rieti
44
Fonte: elaborazione dati del Comune di Rieti
Per quanto riguarda la Scuola Superiore la maggior parte dei ragazzi in questione predilige
gli istituti tecnici e professionali a discapito dei Licei e degli Istituti d’Arte (cfr. tab. 7 e graf. 5)
Tab. 7 La presenza dei minori stranieri del distretto socio-sanitario n° 1 nella scuola
Istituti professionali
Istituti tecnici
Licei
Istituto d’arte
39 %
33 %
22 %
6%
Fonte: elaborazione dati del Comune di Rieti
Graf. 5 La presenza dei minori stranieri del distretto socio-sanitario n° 1 nella scuola
Fonte: elaborazione dati del Comune di Rieti
45
La presenza dei minori stranieri nel distretto socio-sanitario n° 1 della Provincia di Rieti
raggiunge quasi il 50 % della popolazione e la maggiore presenza è nei seguenti comuni: Rieti,
Contigliano, Cittaducale, Cantalice, Poggio Bustone.
Il problema principale in questi casi è quello di ostacolare fenomeni di dispersione scolastica
che si verificano soprattutto nelle scuole medie e superiori. Tali fenomeni possono favorire episodi
di devianza. Questi fenomeni vengono riscontrati soprattutto nei confronti dei ragazzi appena
immigrati, che non hanno ancora ricevuto un’adeguata inculturazione. Il passo principale è
l’accettazione; quindi fare in modo che i ragazzi immigrati trovino il giusto approccio con la realtà
del luogo e una facile convivenza con gli altri ragazzi. Un momento critico nella vita del bambino
straniero coincide con il suo ingresso nella scuola e nel mondo dei saperi e, in particolare, con
l’apprendimento della letteratura e della scrittura nella seconda lingua.
Questo evento rappresenta un elemento di discontinuità nella trasmissione culturale e nella
storia familiare: apprendere a leggere e a scrivere solo nella lingua del paese di accoglienza
significa segnare una rottura definitiva con i legami fondamentali rappresentati dalla lingua
materna.
Con l’ingresso a scuola e con l’apprendimento della scrittura inizia, inoltre, per il bambino
straniero una fase di individuazione sulla quale la famiglia sente di avere poche possibilità di
controllo.
A scuola il bambino straniero sperimenta spesso anche un vissuto di distanza e di differenza:
rispetto ai riferimenti e ai modelli proposti dai genitori e dagli insegnanti; rispetto alle modalità di
manifestare gli effetti e di strutturare i ruoli e le relazioni familiari, che appaiono diverse nel proprio
nucleo e in quello dei compagni di classe; rispetto alle aspettative differenti che gli vengono rinviate
dai due spazi educativi. A scuola i minori stranieri sperimentano in certi casi anche le forme,
piccole e grandi, dell’esclusione dal gruppo dei pari e dell’insuccesso.
L’adolescenza, invece, presenta e propone con forza la questione dei legami di filiazione,
della scelta identitaria tra fedeltà alle origini e distacco dai riferimenti familiari.
In questo periodo, le forme ed i vissuti di autosvalutazione possono essere rinforzati e resi più
acuti dalla valorizzazione sociale e dall’esclusione dal gruppo dei coetanei.
Cercare se stessi tra memoria e progetto, andare verso il mondo senza perdere i riferimenti e
gli “ancoraggi” rispetto alla propria storia: è il processo che coinvolge tutti gli adolescenti.
La migrazione rende più acute determinate scelte, poiché introduce con forza gli elementi del
confronto tra luoghi, spazi e tempi differenti.
I contesti coinvolti nei percorsi di acculturazione dei ragazzi immigrati sono infatti molteplici:
il nucleo familiare, il gruppo dei connazionali presenti, la famiglia di origine in patria, la scuola, il
gruppo dei pari, il quartiere o la zona di abitazione.
Contesti che disegnano via via le appartenenze, definiscono i confini, interagiscono o si
contrappongono a seconda dei riferimenti e dei temi in gioco.
La molteplicità e la pluralità dei contesti consentono al ragazzo in cerca della propria identità
di avvicinarsi, allontanarsi, sentirsi uguali e diverso in questo viaggio segnato da sentimenti
ambivalenti di appartenenza.
Gli consentono in altre parole di “scegliere” come e dove collocarsi all’interno della geografia
familiare e sociale. Questa possibilità di allargamento delle scelte identitarie è certamente una
chance, ma è anche una sfida aggiuntiva che comporta perdite e solitudini, oltre che nuove
sicurezze e conquiste.
FATTORI POSITIVI
FATTORI CRITICI
Si sta consolidando nelle Scuole una modalità di Mancanza di un Centro di Coordinamento delle
intervento per l’accoglienza che, pur scontando Associazioni
ancora difficoltà,consente di considerare
46
superata la fase dell’emergenza
E’ cresciuta la disponibilità dei mediatori
interculturali preparati e in grado di muoversi nel
sistema scolastico
Le famiglie straniere sono concentrate
soprattutto nel comune capoluogo
Assenza di interventi strutturali per il sostegno
nell’accesso della casa e del lavoro
Scarsa comunicazione e coordinamento tra i
diversi sportelli informativi e di orientamento del
territorio del privato sociale
Sono state avviate: 1) casa di Pronta accoglienza
”Nuur” per donne sole e/o con figli minori; 2)
casa di accoglienza per uomini soli; 3) Centro di
Pronta accoglienza per minori che ospita anche
minori stranieri non accompagnati
E’ stata potenziata la mediazione interculturale
nei servizi-sociali, sanitari, Questura ….
Ufficio relazioni stranieri distrettuale istituito c/o
il Comune capofila
Progetto rifugiati politici
Progetto Casa Dublino con finanziamenti del
Comune di Rieti
I bisogni emergenti
I bisogni di cui i migranti sono portatori si stanno diversificando:
bisogni di informazione, di accesso in condizioni di parità ai servizi e alle risorse del
territorio,
bisogni connessi alla “qualità della vita” e alla partecipazione alla vita della comunità.
Le criticità
Tra le difficoltà maggiori si rilevano le seguenti:
- la difficoltà di accesso all’abitazione o, più precisamente, ad un’abitazione che non
sia sovraffollata, fatiscente, insalubre e a canoni elevati;
- la ricerca di identità.
Obiettivi prioritari
Il fine ultimo delle politiche di integrazione è rappresentato dal superamento della visione del
cittadino straniero come soggetto collocabile nella categoria delle fasce deboli.
In vista di questo fine è necessaria una strategia di riconoscimento socio/culturale che veda tra
i promotori e come protagonisti gli stessi migranti,che possono svolgere il ruolo di mediazione
attiva tra le città, i suoi servizi e i bisogni di inserimento dei nuovi residenti.
Un altro assunto della programmazione di questa area di intervento è quindi quello di
riconoscere un ruolo importante agli stranieri nelle politiche dell’integrazione.
47
PARTE TERZA
Schede Progettuali
48
1. Progetto Ufficio Di Piano
1.
Titolo del progetto
L’UFFICIO DI PIANO: LA CREAZIONE DI UNA RETE STRATEGICA
2.
Nuovo progetto
- Si
- No
X
3.
Progetto già avviato
- Si
X
- No
4.
Se il progetto dà continuità a servizi/strutture già attivati, indicare se amplia l’ambito
territoriale c/o l’utenza di riferimento
L’Ufficio di Piano Centrale, già funzionante e a valenza distrettuale, deve continuare a
svilupparsi creando una rete tecnica, progettuale ed organizzativa sul territorio, come punto di
riferimento logistico-organizzativo e fulcro progettuale-operativo non solo per i Comuni
dell’ambito, ma anche per gli enti e le realtà pubbliche e private che, di volta in volta, entreranno
“in rete”, avendo verificato la funzionalità e la necessità di tale organismo.
5.
Descrizione delle attività, dei servizi e/o prestazioni previste dal progetto (es. casa
famiglia, comunità alloggio, servizio di assistenza domiciliare, ADI)
L’Ufficio di Piano è lo strumento operativo tecnicamente strategico della programmazione
locale e dell’Assemblea dei Sindaci con il compito di provvedere all’elaborazione del Piano di
Zona, secondo le modalità indicate dal Comitato dei Sindaci.
I componenti dell’Ufficio di Piano vengono individuati dal Comitato dei Sindaci.
L’Ufficio di Piano ha una sede definita e adeguatamente attrezzata anche dal punto di vista
informatico.
Il personale dell’Ufficio di Piano è costituito dal personale dei Servizi Sociali comunali
attraverso distacchi di personale ovvero incarichi a operatori esterni di cui sia dimostrata la
competenza in campo amministrativo e socio-sanitario.
6.
Liveas
NO
7.
Macroarea
Generale amministrativa/organizzativa
8.
Costo del progetto (finanziamento regionale)
Il costo del Progetto sarà di € 76.000
9.
Servizi/prestazioni erogati
49
Si tratta, in primo luogo, delle prestazioni e servizi standard propri dell’Ufficio di Piano e
previste dalle linee guida regionali, che risultano essere:
a) elaborare il Piano di Zona;
b) elaborare e sottopone alla valutazione ed approvazione del Comitato dei Sindaci i piani
di lavoro e di sviluppo dei servizi;
c) supportare il Comitato dei Sindaci nell’attuazione degli indirizzi politico-amministrativi
e nelle attività di programmazione, coordinamento e verifica dei servizi nonché nella
gestione del budget delle risorse assegnate;
d) progettare e coordinare le analisi e le ricerche propedeutiche alla definizione dei piani;
e) curare i lavori di raccolta e coordinamento dei progetti previsti per la definizione del
Piano di zona in relazione alle aree di intervento previste ai sensi della L. 328/00 ai fini
della presentazione del Piano sociale di zona.
Una volta elaborato ed approvato il Piano di zona e sottoscritto il relativo accordo di
programma al fine di garantire la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi
sociali, l’Ufficio di piano avrà le seguenti competenze:
- predisporre gli atti per l’organizzazione dei servizi e per l’eventuale affidamento di essi;
- predisporre gli atti finanziari:
a) per la gestione corrente dell’ufficio di piano medesimo (spese beni strumentali e beni
di consumo, percentuale per i costi generali di funzionamento quali telefono,
personale ecc.);
b) per la materiale erogazione delle somme destinate al finanziamento dei soggetti che
gestiscono i servizi (Comuni, privato sociale, privati che agiscono in regime di
convenzione);
- predisporre l’articolato dei protocolli d’intesa e degli altri atti volti a realizzare il
coordinamento con gli organi periferici delle amministrazioni statali;
- organizzare la raccolta delle informazioni e dei dati anche al fine della realizzazione del
sistema di monitoraggio e valutazione;
- promuovere iniziative per il reperimento di altre risorse, come i progetti europei, per cui
potranno essere necessari periodici trasferimenti formativi e informativi a Bruxelles per
accordi transnazionali con altri Enti o Associazioni (i progetti transnazionali sono approvati
come si sa, più facilmente)
- predisporre tutti gli atti necessari all’assolvimento da parte del Comune capofila (gestore
del fondo complessivo dell’ambito) dell’obbligo di rendicontazione;
- formulare indicazioni e suggerimenti diretti all’’Assemblea dei Sindaci in tema di
iniziative di formazione e aggiornamento degli operatori, rimodulazione delle attività
previste dal Piano di zona, acquisizione di diverse competenze o nuove figure professionali
per l’espletamento dei propri compiti.
L’Ufficio di Piano e gli esperti che lo costituiscono, sono un supporto stabile per tutti i
Comuni del Distretto, anche per progettualità differenti da quelle comprese nei Piani di Zona e
riguardanti i LIVEAS, purché incidano sul Sistema Salute Distrettuale.
10.
Bacino di utenza
-
11.
Distrettuale
Sub-distrettuale (specificare i Comuni)
Comunale (specificare il Comune)
X
Tipologia di utenza
50
Comuni del Distretto – AUSL – Terzo Settore – Prefettura – Questura – Volontariato –
Carcere, Tribunale dei minori, C.S.S.A. ecc.
12.
Obiettivi del progetto
L’Obiettivo generale del progetto è quello di continuare e sviluppare un organismo “ l’Ufficio di
Piano”, in grado, di essere il MOTORE di una effettiva svolta metodologica dei servizi, sulla base
di quanto previsto dalla Legge 328/2000.
Oltre ai servizi gestionali previsti nel paragrafo 9, risulteranno obiettivi determinanti e specifici:
1) La costituzione di una rete con il volontariato territoriale che, partendo dalla creazione di
tavoli di lavoro settoriali per l’analisi analitica e periodica dei bisogni, arrivi all’elaborazione di
progetti volti allo sviluppo del Sistema Salute. Si costituiranno, quindi, equipe progettuali
trasversali che, ottenuti fondi “altri”, attiveranno nuove risorse (per la progettazione, una volta
ottenuti fondi altri, europei o di altra natura, deve essere prevista una quota del 10% da ridistribuire
proporzionalmente all’equipè) e servizi, la cui gestione, previa analisi delle competenze, potrà
essere affidata alle stesse associazioni o cooperative partners. Il Ruolo dell’Ufficio di Piano e dei
suoi componenti, sarà quello di coordinamento e verifica della fattibilità tecnica, nonché di
promotore e garante tecnico. Questo Sistema di promozione, stimolazione e coinvolgimento
progettuale, inciderà sicuramente sulla qualità dei servizi determinando, peraltro, una rilevante
partecipazione del privato sociale, all’insegna del principio della sussidiarietà, prevenendo la logica
della “richiesta passiva” di finanziamento per idee proprie, ma lavorando insieme, nell’ambito di
una logica sistemica a vantaggio della collettività.
2) La costituzione di una rete interistituzionale, ufficializzata dall’Assemblea dei Sindaci dei
Sindaci, che preveda la partecipazione di più soggetti istituzionali, a livello tecnico e a livello
politico nell’elaborazione di strategie allargate, ad ampio respiro, per un Sistema collegato,
sinergico e ottimizzato. Questo anche per evitare la ricerca simultanea delle informazioni e dei dati.
Questo percorso, già attivato informalmente in fase di elaborazione del precedente Piano, potrebbe
essere confermato tra gli organismi citati nel paragrafo 11 e altri ancora.
3) L’elaborazione,concordata insieme al Segretariato sociale, e approvata dall’Assemblea dei
Sindaci, di un Regolamento dei Servizi per ciò che concerne, in primo luogo, i Liveas e i progetti
attivati con il fondo del Piano, che consenta di raggiungere la trasparenza nell’erogazione e la
qualità dei vari servizi.
4) Una consulenza tecnica stabile, come si è anticipato nel paragrafo 9, ai Comuni del distretto,
che, per la maggior parte non hanno personale che si occupi dei servizi sociali in modo esclusivo,
per l’ideazione, l’elaborazione e la stesura di progetti altri rispetto a quelli inseriti nei Piani di Zona,
purchè incidano sul Sistema Salute distrettuale: questo servizio/obiettivo vuole rafforzare la natura
solidale di Distretto ma anche consentire di non fare domande/progetti duplicate, come Distretto e
come Comune, per esempio, ad uno stesso Ente erogatore.
5) Il coordinamento del Segretariato Sociale sia ai fini di un’analisi costante e attenta dei Bisogni,
sia nella verifica della qualità dei servizi attivati, sia ai fin dell’elaborazione degli indicatori più
idonei sia, infine, nell’ attivazione di progetti che prevedono la stimolazione e il coinvolgimento
attivo del tessuto sociale e nella divulgazione delle opportunità e dei servizi all’utenza potenziale
(eventualmente anche con interventi massmediatici) .
13.
Tempi di attuazione
51
Già in funzione dal 2004 e attivo a pieno regime dal 2005, se ne prevede la continuazione per
il 2011.
14.
Tipologia di strutture
Numero strutture
Tipologia struttura
- Gruppo appartamento
- Casa famiglia
- Comunità alloggio
- Comunità di pronta accoglienza
- Casa di riposo
- Casa albergo
- Strutture semiresidenziali (specificare)
- Altro (Specificare)
Capacità di accoglienza della/e struttura/e (n. posti)
15. Numero utenti nel 2010
16.
Soggetto che gestisce
- Comune
- Convenzione
- Convenzione con Associazioni di volontariato
- Altro (Specificare: Ufficio di Piano)
X
17. Utenza annuale prevista
18. Personale coinvolto nel progetto
1.Amministrativi:
2. Assistenti sociali:
3. Collaboratori Amm.vi
4.Ragioniera
5.Pedagogisti
6. Educatori professionali
7.Operatori socio-sanitari
8.Volontari
9. Mediatori culturali
10.Coordinatore supervisore (individuato tra il personale di cui al punti 1)
12.Personale amministrativo con contratto atipico
0
0
0
0
0
0
4
4
3
1
0
0
1
19. Sede della struttura e/o dell’attività
Presso la sede del Comune capofila
20. Esistono strumenti di monitoraggio e verifica dei risultati?
• Si
X
52
•
•
•
•
•
gradimento dei Comuni del Distretto
privato sociale e associazionismo coinvolto
grado di uniformità delle procedure
altro
No
21. Esiste compartecipazione da parte degli utenti?
- Si, totalmente
- Si, parzialmente
- No (i Comuni valuteranno quest’anno una partecipazione per il prossimo anno,
X
secondo quanto esposto nel paragrafo 8)
22. Quali sono le modalità di integrazione con la ASL?
La nomina, da parte della ASL, di personale esperto (Assistente sociale) che interagisca, a
livello tecnico-organizzativo, a garanzia dell’integrazione sociosanitaria, soprattutto nei progetti
LIVEAS ( che verrà retribuito con il fondo regionale):
23. Finanziamenti e Coofinanziamenti previsti: specificare i costi
Coofinanziamento
Finanziamento
Nazionale/Regio
nale
Costo
umane
risorse €. 76.000,00
Totale
Finanziamento
Prov Comunal Asl Altro
inci e
ale
€. 76.000,00
Costo
di
funzionamento
e gestione
Costo
di
struttura e di
mantenimento
Totale
€. 76.000,00
€. 76.000,00
53
2. Progetto case alloggio per disagiati psichici
1.Titolo del progetto
“CASE ALLOGGIO PER DISAGIATI PSICHICI”
2. Nuovo progetto
- Si
- No X
3. Progetto già avviato
- Si
X
- No
4. Se il progetto dà continuità a servizi/strutture già attivati, indicare se amplia l’ambito
territoriale c/o l’utenza di riferimento
5. Descrizione delle attività, dei servizi e/o prestazioni previste dal progetto (es. casa
famiglia, comunità alloggio, servizio di assistenza domiciliare, ADI)
Casa alloggio per disagiati psichici sita in Monte San Giovanni In S.;
Casa alloggio per disagiati psichici sita in Colli sul Velino;
Casa alloggio per disagiati psichici sita in Cantalice;
Casa alloggio per disagiati psichici sita in Rieti (via Pollastrini);
Casa alloggio per disagiati psichici sita in Rieti (via Salaria);
Casa alloggio per disagiati psichici sita in Rieti (via Pollastrini);
Casa alloggio per disagiati psichici sita in Rieti (via dell’Ospedale);
6. Liveas
Sì
7. Macroarea
Disabili
8. Costo del progetto (finanziamento regionale)
€ 193.923,64
9. Servizi/prestazioni erogati
Riabilitazione dei pazienti sulla base di appositi progetti da parte del D.S.M.
10. Bacino di utenza
Distrettuale
Sub-distrettuale (specificare i Comuni)
Comunale (specificare il Comune)
X
54
11. Obiettivi del progetto
L’obiettivo generale sarà il recupero della dignità, la riappropriazione di spazi, bisogni,
diritti, di decisionalità e benessere da parte dei soggetti fruitori del servizio, nonché
formazione di autonomie ed abilità, inserimento relazionale e comunitario attraverso la
promozione e realizzazione di progetti specifici.
Obiettivi strategici più specifici saranno:
• L’attivazione urgente di reti sociali, con l’apporto del volontariato e
l’associazionismo locale e parrocchiale del Servizio civile volontario al fine di
permettere ai pazienti il contatto con figure professionali diverse (che, comunque,
convivono con gli utenti circa 7-10 ore, lasciandoli in autonomia per la restante
parte del giorno) ma anche per ridurre e/o ottimizzare i costi puramente
assistenziali verso un’autonomia di gestione del proprio tempo, pressoché assoluta
(per i soggetti, chiaramente, con potenzialità maggiore in tal senso).
• L’attivazione di protocolli ed accordi programmatici con le realtà imprenditoriali
locali per il reinserimento lavorativo,
Dal punto di vista economico-gestionale sarà necessario, visto che di servizio distrettuale
trattasi, vengano attivate procedure atte ad uniformarne la gestione. Attualmente un
soggetto privato sociale gestisce le 4 case di Rieti , un soggetto privato sociale diverso
gestisce le case di Monte S Giovanni e Colli sul Velino e il Comune di Cantalice gestisce
direttamente la casa presente nel proprio territorio: dal punto di vista tecnicoamministrativo.
12. Tempi di attuazione
Annuale
13. Tipologia di strutture
Numero strutture
7
Tipologia struttura
Gruppo appartamento
Casa famiglia
Comunità alloggio
Comunità di pronta accoglienza
Casa di riposo
Casa albergo
Strutture semiresidenziali (specificare)
Altro (Specificare)
X
Capacità di accoglienza della/e struttura/e (n. posti)
4
2
14. Numero utenti nel 2010
2
9
15. Soggetto che gestisce
- Comune
- Convenzione
55
- Convenzione con Associazioni di volontariato
- Altro (Comuni di ubicazione)
X
16. Utenza annuale prevista
2
9
17. Personale coinvolto nel progetto
- Amministrativi
- Assistenti sociali (AUSL)
- Sociologi
- Psicologi (AUSL)
- Pedagogisti
- Educatori professionali
- Operatori socio-sanitari
- Volontari
- Mediatori culturali
- Altre figure (assistenti domiciliari)
2
2
7
18. Sede della struttura e/o dell’attività
Comuni di: Rieti, Cantalice, Monte San Giovanni, Colli sul Velino.
19. Liste di attesa
- Si (specificare i motivi)
- No
X
20. Esistono strumenti di monitoraggio e verifica dei risultati?
- Si (specificare quali)
-Livello di gradimento del servizio
-decremento graduale dell’utenza
-numero di inserimenti lavorativi e corsi formativi
- No
X
21. Esiste compartecipazione da parte degli utenti?
- Si, totalmente
- Si, parzialmente
- No
X
22.Quali sono le modalità di integrazione con la ASL?
Fornitura personale specializzato del D.S.M.
23. Finanziamenti e Cofinanziamenti previsti: specificare i costi
Cofinanziamento
Totale
Finanziamento
Finanziament
56
Nazionale/Regio
nale
Costo risorse
€. 193.923,64
umane
Costo
di
funzionament
o e gestione
per
attività
distrettuali
Costo
di
struttura e di
mantenimento
Totale
€. 193.923,64
Provincial Comunal
e
e
As Altr o
l
o
€. 193.923,64
€. 193.923,64
57
3. Progetto centro socio – riabilitativo “Simonetta Rigliani”
Titolo del progetto
CENTRO SOCIO-RIABILITATIVO “SIMONETTA RIGLIANI” SPINACCETO: “VERSO UN
IMPATTO EFFICACE SUL TERRITORIO”
Nuovo progetto
- Si
- No X
Progetto già avviato
- Si
X
- No
Se il progetto dà continuità a servizi/strutture già attivati, indicare se amplia l’ambito
territoriale c/o l’utenza di riferimento
Servizio esteso a tutti i Comuni del Distretto.
Descrizione delle attività, dei servizi e/o prestazioni previste dal progetto (es. casa famiglia,
comunità alloggio, servizio di assistenza domiciliare, ADI)
Nel Centro diurno,si svolgono attività socio-riabilitative, finalizzate al reinserimento sociale,
abilitazione e riabilitazione motoria.
Liveas
Sì
Macroarea
Disabili
Costo del progetto (finanziamento regionale)
€ 76.800,00
Servizi/prestazioni erogati
Abilitazione e Riabilitazione motoria, socializzazione.
Bacino di utenza
Distrettuale
Sub-distrettuale (specificare i Comuni)
Comunale (specificare il Comune)
X
Tipologia di utenza
Portatori di handicap, disagiati psichici medio-gravi.
Obiettivi del progetto
58
Riabilitazione motoria, socializzazione, integrazione nel gruppo e sul territorio dei soggetti fruitori
del centro, apprendimento di nuove attività; supporto e sostegno alle famiglie.
Si ritiene necessario trovare misure atte a rendere più efficiente la struttura, che è comunque
efficace attraverso un ampliamento dell’offerta di attività ed un’estensione dell’orario di apertura su
sei giorni alla settimana, dalle ore 8.00 alle 18.00 mentre ora è aperto per quattro giorni e dalle ore
9.00 alle 13.00.
Tempi di attuazione
Già attivo sul territorio
Tipologia di strutture
Numero strutture
Tipologia struttura
Gruppo appartamento
Casa famiglia
Comunità alloggio
Comunità di pronta accoglienza
Casa di riposo
Casa albergo
Strutture semiresidenziali (specificare)
Altro (Centro socio-riabilitativo)
1
X
Capacità di accoglienza della/e struttura/e (n. posti)
1
5
Numero utenti nel 2010
1
5
1
5
Soggetto che gestisce
- Comune
- Convenzione
- Convenzione con Associazioni di volontariato
- Altro (Specificare)
Utenza annuale prevista
Personale coinvolto nel progetto
- Amministrativi
- Assistenti sociali
- Sociologi
- Psicologi
- Pedagogisti
- Educatori professionali
- Operatori socio-sanitari
- Volontari
- Mediatori culturali
- Altre figure (assistenti domiciliari)
- Altre figure (fisiatra)
X
1
1
2
1
59
- Altre figure (fisioterapista)
1
Sede della struttura e/o dell’attività
Comune di Greccio
Liste di attesa
- Si (spazi limitati)
- No
X
Esistono strumenti di monitoraggio e verifica dei risultati?
Si (specificare quali)
Livello di gradimento del servizio, mantenimento/incremento dell’utenza
n° di pz. inviati da MMG
aumento delle ore effettive di terapia socioriabilitativa
No
Esiste compartecipazione da parte degli utenti?
- Si, totalmente
- Si, parzialmente
- No
X
X
Quali sono le modalità di integrazione con la ASL?
Medico Fisiatra e Fisioterapista.
24. Finanziamenti e Cofinanziamenti previsti: specificare i costi
Cofinanziamento
Finanziamento
Nazionale/Regio
nale
Costo
umane
risorse €. 76.800,00
Provinciale Comunale
Totale
Finanziamento
Asl Altr
o
€. 76.800,00
Costo
di
funzionamento
e gestione per
attività
distrettuale
60
Costo
di
struttura e di
mantenimento
Totale
€. 76.800,00
€ 76.800,00
61
4. Progetto assistenza domiciliare di base
1. Titolo del Progetto
ASSISTENZA DOMICILIARE DI BASE: PARAMETRI E QUALITA’
2.Nuovo progetto
- Si
- No X
3. Progetto già avviato
- Si
X
- No
4. Se il progetto dà continuità a servizi/strutture già attivati, indicare se amplia l’ambito
territoriale c/o l’utenza di riferimento
Il progetto prevede, oltre alla prosecuzione di servizi già attivati (ADI anziani ed handicap), il
potenziamento di preesistenti servizi e l’attuazione di nuovi a favore di minori in condizione di
svantaggio sociale e/o familiare.
5. Descrizione delle attività, dei servizi e/o prestazioni previste dal progetto (es. casa famiglia,
comunità alloggio, servizio di assistenza domiciliare, ADI)
Assistenza domiciliare di base
6. Liveas
Sì
7. Macroare
Anziani, disabili, minori e famiglia, disagio-esclusione sociale
8. Costo del progetto (finanziamento regionale)
€ 338.127,57
9. Servizi/prestazioni erogati
Servizi differenziati in grado di rispondere alle esigenze personali e familiari, allo scopo di
consentirne la permanenza nel proprio contesto sociale e ambientale con l’obiettivo di ridurre il
ricorso al ricovero presso strutture residenziali e/o ospedaliere.
10. Bacino di utenza
Distrettuale
Sub-distrettuale (specificare i Comuni)
Comunale (specificare il Comune)
X
11. Tipologia di utenza
62
Anziani in condizioni di non autosufficienza, portatori di handicap, minori in condizioni di
svantaggio sociale e/o familiare.
12. Obiettivi del progetto
L’obiettivo generale del progetto è favorire il benessere dei beneficiari del servizio e la
permanenza nel proprio contesto familiare e sociale.
Obiettivi specifici:
• garantire l’omogeneità del Servizio sul territorio distrettuale attraverso il monitoraggio dello
stesso ottimizzando il coordinamento tra il Sistema Socio Sanitario, il Segretariato Sociale,
gli operatori domiciliari e il volontariato.
• Sostegno alle famiglie nell’attività di cura e assistenza, potenziamento del servizio,
realizzazione di una più adeguata integrazione con le strutture socio-sanitarie del territorio.
Andranno da subito intraprese le seguenti azioni per l’ottimizzazione del servizio:
APPROPRIATEZZA DEGLI INTERVENTI
A tal fine risulta necessario attivare, per l’assistenza domiciliare di base, meccanismi di
ottimizzazione degli interventi con la creazione di indicatori oggettivi per determinare l’effettiva
necessità della prestazione.
L’Ufficio di Piano e il Segretariato sociale, auspicabilmente sostenuti dai Sindaci, valuteranno i
parametri reali quali: la solitudine, la non autonomia, lo scarso reddito e l’inserimento del minore
nel contesto familiare.
Inoltre le prestazioni privilegiate dovranno essere quelle legate all’igiene e la cura della persona, e
al sostegno alla famiglia nella responsabilità genitoriale.
ATTIVAZIONE DI PERCORSI ALTERNATIVI DI SOLIDARIETA’ SOCIALE
Nel caso in cui si verifichino difficoltà di gestione della rete familiare, sarà opportuno attivare
sistemi di solidarietà sociale, che partano dai centri anziani o dalle associazioni di volontariato e
che, e che supportate a livello logistico e metodologico dal Segretariato sociale e dall’Ufficio di
Piano, siano rivolte a cittadini in stato di bisogno.
13. Tempi di attuazione
Il progetto è già attivo (si tratta di continuità assistenziale)
14. Tipologia di strutture
Numero strutture
Tipologia struttura
Gruppo appartamento
Casa famiglia
Comunità alloggio
Comunità di pronta accoglienza
Casa di riposo
Casa albergo
Strutture semiresidenziali (specificare)
Altro (Specificare)
Capacità di accoglienza della/e struttura/e (n. posti)
15. Numero utenti nel 2010
3
5
8
63
Soggetto che gestisce
- Comune
- Convenzione
- Convenzione con Associazioni di volontariato
- Altro (Specificare
17. Utenza annuale prevista
X
X
3
7
0
18. Personale coinvolto nel progetto
- Amministrativi
- Assistenti sociali
- Sociologi
- Psicologi
- Pedagogisti
- Educatori professionali
- Operatori socio-sanitari
- Volontari
- Mediatori culturali
- Altre figure (assistenti domiciliari)
- Altre figure (medici generici)
- Altre figure (medici specialisti)
- Altre figure (infermieri professionali)
- Altre figure (fisioterapisti)
7
1
1 5
3
3
3
19. Sede della struttura e/o dell’attività
Presso il domicilio degli utenti nei Comuni del distretto
20. Liste di attesa
- Si (specificare i motivi): il bisogno è superiore al servizio reso
- No
X
21. Esistono strumenti di monitoraggio e verifica dei risultati?
- Si (specificare quali)
X
Livello di gradimento del servizio, mantenimento/incremento dell’utenza e incontri con cadenza
mensile tra il Segretariato Sociale e gli Operatori impegnati nel servizio
- No
22. Esiste compartecipazione da parte degli utenti?
- Si, totalmente
- Si, parzialmente
- No
X
23. Quali sono le modalità di integrazione con la ASL?
Compartecipazione per i costi relativi al personale per l’intervento integrato (medici, infermieri,
fisioterapisti)
64
24. Finanziamenti e Cofinanziamenti previsti: specificare i costi
Coofinanziamento
Finanziamento
Comunale
Nazionale/Regio Provinciale
nale
Costo
umane
risorse
Totale
Finanziamento
Asl Altro
€. 338.127,57
€. 338.127,57
€ 338.127,57
€ 338.127,57
Costo
di
funzionamento e
gestione
per
attività distrettuali
Costo di struttura e
di mantenimento
Totale
65
5. Progetto segretariato sociale
1. Titolo del Progetto
SEGRETARIATO SOCIALE: SCOPRITORI DEL PUNTO DI FORZA DEL SISTEMA
(Sportello Informa-Famiglia – Servizio Pronto-Famiglia)
2.Nuovo progetto
- Si
- No
X
3. Progetto già avviato
- Si
- No
X
4.Se il progetto dà continuità a servizi/strutture già attivati, indicare se amplia l’ambito
territoriale c/o l’utenza di riferimento
Il Servizio di Segretariato Sociale supporta e informa nell’ambito territoriale l’utenza di riferimento.
5.Descrizione delle attività, dei servizi e/o prestazioni previste dal progetto (es. casa famiglia,
comunità alloggio, servizio di assistenza domiciliare, ADI, minori, famiglie)
Il servizio di Segretariato sociale costituisce una base organizzativa e professionale che realizza le
finalità proprie della legge 328/00 attraverso il primo “livello essenziale” delle prestazioni sociali
erogabili e che si riferisce specificamente al diritto di informazione sulla situazione delle risorse e
dei servizi pubblici, privati e misti da parte dei cittadini, oltre che sulle modalità per accedervi ed
utilizzarle correttamente in rapporto alle esigenze da soddisfare.
L’informazione offerta dal Segretariato Sociale si configura per accessibilità, completezza,
immediatezza, personalizzazione, obiettività imparzialità, riservatezza. La consulenza rinvia alla
professionalità di chi è abilitato all’esercizio della prestazione. Se l’informazione si rivolge
all’universalità della cittadinanza a partire da una domanda, la consulenza rappresenta il livello
della selettività a partire da un bisogno.
La domanda rappresenta la manifestazione delle aspettative e delle esigenze dei cittadini in merito
all’aspetto previdenziale, sociale e sanitario, attraverso specifico iter amministrativo codificato. Il
bisogno rappresenta la condizione personale da cui occorre partire nel caso in cui la domanda non
sia risolta dal livello informativo.
Il Servizio, tenendo conto delle indicazioni sulle aree prioritarie si suddivide in tre settori di base:
Area socio-assistenziale di base per l'età evolutiva e la genitorialità;
Area socio-assistenziale di base per l'età giovanile e adulta;
Area socio-assistenziale di base per l'età anziana e la vecchiaia.
Gli interventi rivolti ai disabili motori e psichici, nonché le azioni di contrasto alle povertà,
dipendenze, comprese il sostegno alle famiglie degli stessi, si collocano trasversalmente all'interno
delle tre macro aree.
Il Segretariato Sociale si configura, e si configurerà, come realtà in stretto collegamento con
l’Ufficio di Piano, il Sistema Informativo sui servizi sociali Distrettuale con il Distretto sanitario,
gli Istituti scolastici del territorio, le organizzazioni partner del terzo settore e gli enti locali,
attraverso:
Progetti personalizzati
66
Mobilizzazione delle reti sociali
Coordinamento ed integrazione con gli altri servizi territoriali.
Il Servizio si manterrà in linea con le seguenti finalità:
Informazione sulle opportunità offerte dalla rete dei servizi e dalla comunità, consulenza sui
problemi familiari e sociali
Lettura del bisogno, definizione del problema e accompagnamento nel percorso di
attivazione
Raccolta dei dati e delle informazioni
Prevenzione dei rischi del disagio sociale promovendo reti sociali di supporto
Valorizzazione delle risorse del territorio, favorendo la partecipazione attiva delle persone
nella definizione degli interventi
Sostegno alle responsabilità genitoriali ed accompagnamento del singolo e della famiglia
Consulenza e sostegno nelle situazioni di disagio sociale e per le fasce di popolazione a
rischio
Collaborazione con l’autorità giudiziaria
Collaborazione con le istituzioni formative e occupazionali
Sportello “Informa Famiglia”
Lo sportello supporterà gli altri servizi per la famiglia garantendo l’informazione sui diritti, le
prestazioni e le opportunità che devono sostenere gli impegni di cura, di assistenza e di educazione
all’interno delle famiglie. Con questa finalità il personale predisposto dovrà porsi i seguenti
obiettivi:
- raccogliere i contributi dei servizi sociali comunali, dei servizi socio-sanitari e sanitari del
Distretto, delle istituzioni educative, ma anche delle associazioni e delle altre formazioni del
Terzo settore;
- organizzare e stimolare le funzioni di solidarietà all’interno delle comunità locali,
proponendo l’attivazione o attivando direttamente nuove iniziative in rapporto alle esigenze
che non trovano risposte nel sistema locale dei servizi;
- realizzare il raccordo informativo tra i diversi soggetti presenti nella comunità, tramite
l’elaborazione di materiale esplicativo e di schede per la raccolta di richieste e segnalazioni
da parte delle famiglie;
- agire da fonte informativa nei confronti delle famiglie, fornendo loro informazioni ma anche
raccogliendo dalle stesse, richieste e segnalazioni su problemi e difficoltà;
Lo sportello dunque, in stretta relazione con l’Ufficio di Piano, che avrà il quadro del
Macrosistema, e che dovrà supportare, soprattutto nell’analisi e nel monitoraggio delle criticità e
delle opportunità di stimolazione del sistema, costituirà per la collettività il primo punto di
riferimento al quale rivolgersi e al quale rappresentare le proprie esigenze.
I requisiti strutturali essenziali richiesti per l’attività degli Sportelli famiglia sono che tali strutture
siano facilmente accessibili al pubblico e privi di barriere architettoniche, ubicati preferibilmente
all’interno di edifici pubblici (Comuni e ASL) e comunque in aree facilmente raggiungibili rispetto
al territorio del distretto di appartenenza.
All’interno dello sportello famiglia verrà attivato un servizio informativo denominato: ”Pronto
famiglia” il quale si occuperà di mantenere le relazioni a distanza con le famiglie che ne
chiederanno l’intervento.
Liveas
Si
Macroarea
67
Anziani, disabili, minori e famiglia, disagio-esclusione sociale, immigrati.
8. Costo del progetto (finanziamento regionale)
€ 202.725,85
9.Servizi/prestazioni erogati
ATTIVITÀ DI SERVIZIO SOCIALE INTEGRATO
Attività svolte dall’èquipe direttamente con i cittadini attraverso interventi di consulenza, sostegno e
progettazione con la rete dei servizi.
INTERVENTI DI CONSULENZA E INFORMAZIONE
Supporto nell’analisi del problema e ricerca delle possibili soluzioni. E’ un’attività contenuta nel
tempo e può essere la fase preliminare al trattamento o alla segnalazione ad altro servizio, cioè un
intervento compiuto che mira all’autonomia dell’utente nell’uso delle proprie risorse.
ATTIVITA’ DI PROGETTAZIONE
Intervento articolato con sistematicità nel tempo, programmato con altre istituzioni e con gli utenti.
Comprende il sostegno per l’uso delle risorse personali e sociali e per la riorganizzazione dei servizi
attraverso l’accesso a nuove forme di finanziamento: in stretta sinergia con l’Ufficio di Piano
RAPPORTI SISTEMATICI CON I SERVIZI SANITARI
Per la progettazione e conduzione di interventi integrati (sociali e sanitari in forma residenziale e
non), con condivisione progettuale e responsabilità professionale dei diversi servizi verso l’utente:
in stretta sinergia con l’Ufficio di piano.
RAPPORTI SISTEMATICI CON OPERATORI SCOLASTICI
Per il coordinamento degli interventi socio-educativi sull’utente, sia nelle azioni curriculari
scolastiche, sia nelle attività extrascolastiche.
RAPPORTI SISTEMATICI CON VOLONTARI E/O ALTRE AGENZIE SOCIALI DEL
TERRITORIO
Per la progettazione e conduzione di interventi coordinati attraverso il coinvolgimento
dell’associazionismo, della cooperazione del mondo del lavoro, ecc…
In sostanza lo scopo del Segretariato Sociale sarà quello di favorire e stimolare il nucleo parentale e
il contesto ambientale, più che di cura del processo (proprio del Servizio sociale professionale)
L’equipe del Segretariato Sociale farà un lavoro di sede ed un lavoro “itinerante” presso il
domicilio degli utenti (solo se programmato e richiesto come assolutamente necessario), presso
Servizi Istituzionali e non, ecc. alternando almeno 2 volte settimanali per 5 ore giornaliere in sede e
almeno 3 giorni settimanali per 4 ore giornaliere in “itinere”.
All’interno di tale strutturazione sono previste ore di lavoro in équipe per la programmazione
operativa degli interventi, la definizione dei livelli di integrazione, la formazione degli operatori, la
progettazione, il monitoraggio e la valutazione degli interventi e dei servizi, la definizione
dell’approccio e dei criteri di qualità, ecc.
La priorità, sarà dunque quella dell’Attivazione di Reti a sostegno dell’ Ufficio di Piano come
organo principale del Sistema.
Nell’opera di coinvolgimento delle Istituzioni, il Segretariato Sociale dovrà appoggiare il lavoro
dell’Ufficio di Piano e non sostituirsi ad esso, fungerà da stimolatore di reti e relazioni, in stretta
collaborazione sinergica e dialogica.
Non si dovrà confondere con il Servizio sociale professionale, caricandosi del percorso dell’utente.
68
10.Bacino di utenza
Distrettuale
Sub-distrettuale (specificare i Comuni)
Comunale (specificare il Comune)
X
11.Tipologia di utenza
L’utenza “tipo” del servizio è costituita in prevalenza dai soggetti esposti a situazioni di disagio
(anziani, disabili, famiglie indigenti, minori e adolescenti a rischio, famiglie con patologie gravi,
ecc.) e dove un’eventuale stima numerica precisa è difficilmente formulabile; ma l’altra
fondamentale tipologia d’utenza è rappresentata dalle persone potenzialmente “motrici” del sistema.
Il segretariato sociale dovrà scoprirle e “attivarle”.
12.Obiettivi del progetto
Il Segretariato sociale è il braccio operativo e territoriale (sul campo) dell’Ufficio di Piano (che, in
base al “sondaggio attuato” progetta ed elabora il Piano).
Tutto il Piano si basa su un forte Ufficio di Piano e un efficace Segretariato Sociale, che, per questo,
non potrà e non dovrà svolgere funzioni di Servizio sociale professionale (se non in emergenze
assolute).
Al fine di rendere il lavoro degli operatori più efficace ed efficiente, ci si attende che vengano
raggiunti i seguenti obiettivi:
Promozione di un diverso atteggiamento dei soggetti pubblici e privati operanti nel settore delle
politiche socio – sanitarie
Garantire la corretta informazione, orientamento e consulenza ai cittadini residenti, facilitando
l’accesso ai servizi, riducendo il rischio di fenomeni di esclusione sociale;
Coordinamento con la struttura ASL competente, con le diverse figure degli Enti Comunali, con
le associazioni del privato sociale
Progetti di intervento su famiglie con minori a rischio psicosociale, tramite l’elaborazione, il
monitoraggio e la valutazione delle azioni educative che includano l’integrazione ed il
coinvolgimento con le realtà scolastiche e formative del territorio
13.Tempi di attuazione
Data la essenzialità del servizio (art. 22 comma 4 lett. a della L.328/00) e le specifiche esigenze
emergenti in sede di costituzione del Piano di Zona, si propone l’avvio delle singole azioni per aree
prioritarie e la continuità su tutto il territorio del Distretto a partire dalla data di approvazione del
progetto.
14. Tipologia di strutture
Numero strutture
Tipologia struttura
Gruppo appartamento
Casa famiglia
Comunità alloggio
Comunità di pronta accoglienza
69
Casa di riposo
Casa albergo
Strutture semiresidenziali (specificare)
Altro (centri di aggregazione cittadina)
X
Capacità di accoglienza della/e struttura/e (n. posti)
Numero utenti nel 2010
15.Soggetto che gestisce
- Comune
- Convenzione
- Convenzione con Associazioni di volontariato
- Altro
x
16. Utenza annuale prevista
17. Personale coinvolto nel progetto
- Amministrativi
- Assistenti sociali
- Sociologi
- Psicologi
- Pedagogisti
- Educatori professionali
- Operatori socio-sanitari
- Volontari
- Mediatori culturali
- Altre figure (specificare LSU)
7
18. Sede della struttura e/o dell’attività
Comuni del Distretto
19. Liste di attesa
- Si (specificare i motivi)
- No
X
20. Esistono strumenti di monitoraggio e verifica dei risultati?
- Si (specificare quali)
x
Attraverso personale responsabile dei vari Comuni che elabora relazioni
periodiche sull’andamento del Servizio
- No
21.Esiste compartecipazione da parte degli utenti?
70
- Si, totalmente
- Si, parzialmente
- No
x
22. Quali sono le modalità di integrazione con la ASL?
Collaborazione dei referenti nella elaborazione di un piano di lavoro e discussione per favorire
l’integrazione, attraverso riunioni di coordinamento con gli operatori responsabili dei vari servizi
territoriali sociali e sanitari ( Enti Comunali – Azienda ASL).
23. Finanziamenti e Cofinanziamenti previsti: specificare i costi
Cofinanziamento
Finanziamento
Nazionale/Regio
nale
Costo
umane
€ 202.725,85
(comprensivo
risorse del
servizio
INFORMA
famiglia e del
servizio P.U.A.)
Provinciale Comunale
Totale
Finanziamento
Asl Altr
o
€ 202.725,85
Costo
di
funzionamento
e gestione per
attività
distrettuali
Costo
di
struttura e di
mantenimento
Totale
€. 202.725,85
€ 202.725,85
71
6. Progetto centri creativi e ricreativi
Titolo del progetto
CENTRI CREATIVI E RICREATIVI: VERSO UN TERRITORIO A MISURA DI
BAMBINO IN RETE
Nuovo progetto
- Si
- No
X
Progetto già avviato
- Si
- No
X
Se il progetto dà continuità a servizi/strutture già attivati, indicare se amplia l’ambito
territoriale c/o l’utenza di riferimento.
Il progetto prevede la continuazione del Servizio dei Centri Creativi e Ricreativi per minori già
attivato con i Fondi del primo e secondo triennio della Legge 285/97, nei Comuni di Rieti,
Leonessa, Greccio, Contigliano, Cittaducale, Cantalice e Poggio Bustone. Si prvede inoltre di
destinare una tranche del finanziamento ad altri 6 Comuni l’organizzazione di attività ricreative
varie e centri estivi campi scuola.
Liveas
Si
Macroarea
Minori
Costo del progetto (finanziamento regionale)
€. 103.612,80
Servizi/prestazioni erogati
Accordo e collaborazione dei coordinatori locali al fine di programmare le varie attività relative alle
azioni informative e formative dei bambini
Divulgazione delle attività dei centri
Sensibilizzazione delle istituzioni (scuole, Asl, Comuni, Province) verso le proposte elaborate dai
bambini
Creare momenti di raccordo con le istituzioni (scuola, Asl, Enti Locali) sarà compito specifico dei
coordinatori locali (ciascuno per la propria area), supportati dall’Ufficio di Piano e dal Segretariato
Sociale, che avranno inoltre l’obiettivo di sondare eventuali situazioni di rischio/disagio.
Gli Educatori professionali che gestiranno i centri seguiranno una metodologia di fondo, finalizzata
al protagonismo del bambino e a far sì che abbia “voce in capitolo” nel proprio contesto territoriale
(Comune e Distretto)
I Centri, che entreranno in rete tramite riunioni mensili tra operatori (educatori professionali in
primo luogo), il Segretariato sociale e l’Ufficio di Piano, saranno laboratori, pensatoi, dove i
bambini, fondamentalmente elaboreranno progetti “importanti”, a livello socioculturale e
territoriale.
72
L’aspetto ludico sarà solo un pretesto, un approccio per “farsi valere” con le idee e la creatività, sul
territorio.
I Comuni potranno incrementare le ore a proprie spese.
E’ previsto un “contributo al proprio centro dei ragazzi”, da stabilire, che potrà essere gestito dagli
stessi, insieme agli educatori, per le attività e le spese correnti dei centri.
A tal proposito è prevista la costituzione di Associazioni di ragazzi, interne ai Centri, anche al fine
di responsabilizzarli.
Laddove l’utenza fosse ridotta, rispetto alle aspettative, (problemi nei trasferimenti ecc)si prevede di
spostare un educatore in altri centri “a bacino inferiore”, attivando strutture similari in modo più
capillare sul territorio.
In estate si potranno organizzare campi estivi con il coinvolgimento degli stessi operatori/educatori
e la compartecipazione (da valutare) dei ragazzi e, soprattutto a livello logistico/organizzativo, dei
Comuni: la meta importante è comunque quella di creare Habitat a misura dei più piccoli, spazi
dove i bambini possano riconoscersi e che possano gestire
Ove non è possibile organizzare centri creativi né campi estivi si darà luogo all’organizzazione di
attività ricreative per bambini commisurate alle esigenze di ogni specifica e singola realtà.
Bacino di utenza
Distrettuale
Sub-distrettuale (sub area 3 del Distretto Rieti 1)
Comunale (Rieti)
x
Tipologia di utenza
Attività ludico-ricreative: bambini dai 6 ai 13 anni.
Obiettivi del progetto
obiettivo generale del progetto
Promuovere la socializzazione
Stimolare il protagonismo del bambino e le sue capacità espressive
Favorire un approccio interculturale
Promuovere un’azione sinergica adulti-bambini
Incentivare l’integrazione dei soggetti portatori di disagio psico-sociale
obiettivi specifici, cambiamenti desiderati e risultati attesi
Dar voce alle esigenze dei bambini e realizzare progetti elaborati dai bambini quali risistemazione
ed allestimento di area-gioco attrezzata secondo le loro esigenze e/o un giornalino del Centro (e/o
distrettuale).
Recuperare,laddove sia possibile, spazi verdi di quartiere e/o paese.
Tempi di attuazione
Annuale
Tipologia di strutture
Numero strutture
0
1
0
Gli operatori svolgeranno la propria attività in luoghi stabili ma aperti ai residenti dei comuni
limitrofi nei Comuni del Distretto.
Tipologia struttura
73
Gruppo appartamento
Casa famiglia
Comunità alloggio
Comunità di pronta accoglienza
Casa di riposo
Casa albergo
Strutture semiresidenziali (specificare)
Altro (Centri creativi )
Capacità di accoglienza della/e struttura/e (n. posti)
Numero utenti nel 2010
x
0
6
0
0
3
0
0
0
Soggetto che gestisce
- Comuni
- Convenzione
- Convenzione con Associazioni di volontariato
- Altro (Specificare)
Utenza annuale prevista
x
3
2
0
Personale coinvolto nel progetto
- Amministrativi
- Assistenti sociali –Segretariato Sociale
- Sociologi
- Psicologi
- Pedagogisti
- Educatori professionali
- Operatori socio-sanitari
- Volontari (Genitori e insegnanti)
- Mediatori culturali
1
7
n. q.
Sede della struttura e/o dell’attività
Comuni sedi dei centri
Liste di attesa
- Si (specificare i motivi)
- No
X
Esistono strumenti di monitoraggio e verifica dei risultati?
Si (specificare quali)
X
Il monitoraggio e la valutazione in itinere verrà effettuata attraverso il dossier di servizio, uno
strumento in progress da aggiornare, che permette di analizzare il servizio in tutte le sue componenti
strutturali, organizzative, gestionali, di funzionamento e legate alle attività delle azioni progettuali.
74
Indicatori della qualità del servizio saranno il numero degli iscritti e il numero dei frequentanti con
valenza quantitativa, mentre gli incontri periodici con i genitori dei bambini avranno valenza
qualitativa.
Livello del gradimento del servizio, mantenimento/incremento dell’utenza
N° di progetti attivati
N° di partners istituzionali e informali coinvolti nelle iniziative
- No
Esiste compartecipazione da parte degli utenti?
- Si, totalmente
- Si, parzialmente
- No
X
Quali sono le modalità di integrazione con la ASL?
Progetti integrati personalizzati per l’inserimento dei bambini problematici.
Finanziamenti e Cofinanziamenti previsti: specificare i costi
Finanziamento
Nazionale/
Regionale
Costo risorse € 82.750,00
umane
Costo
per
centri estivi,
campi scuola
e
attività € 20.862,80
ricretativa
Cofinanziamento
Totale
Finanziamento
Provinciale Comunal Asl Altro
e
€ 82.750,00
€ 20.862,80
Costo
per
attività
distrettuali
Totale
€ 103.612,80
€ 103.612,80
75
7. Progetto legge 162/98
Titolo del progetto
PROGRAMMI DI AIUTO ALLA PERSONA
Nuovo progetto
- Si
- No
X
Progetto già avviato
- Si
X
- No
Se il progetto dà continuità a servizi/strutture già attivati, indicare se amplia l’ambito
territoriale c/o l’utenza di riferimento
Amplia l’utenza di riferimento in quanto l’ufficio di Piano e l’Assemblea dei Sindaci, sentite anche
le Organizzazioni Sindacali, considerate le numerose richieste ha deciso, nel tempo, di investire più
fondi sul progetto.
Descrizione delle attività, dei servizi e/o prestazioni previste dal progetto (es. casa famiglia,
comunità alloggio, servizio di assistenza domiciliare, ADI)
Trattasi di programmi di aiuto alla persona gestiti in forma indiretta mediante piani personalizzati
per i soggetti in situazione di gravità, come definita dall’art. 3 comma 3 della legge 104/92, che ne
facciano richiesta, con verifica delle prestazioni erogate e della loro efficacia.
Al fine di poter accedere ai citati contributi gli interessati dovranno presentare domanda al
Comune di residenza facente parte del Distretto Socio-Sanitario RI/1.
La domanda, compilata in tutte le sue parti, dovrà essere corredata dalla seguente
documentazione:
1) piano personalizzato, contenente la situazione socio-economica, redatto secondo le linee guida
predisposte dal Settore Socio-Assistenziale;
2) certificazione rilasciata dalla Commissione medica integrata individuata dall'art. 4 della Legge
104/92;
3) ulteriore certificazione medica , facoltativa, rilasciata da una struttura pubblica, riguardante le
eventuali:
- deficit intellettivo grave;
- impossibilità alla deambulazione;
- impossibilità a mantenere il controllo sfinterico;
- impossibilità, se di età superiore ai 10 anni, all’assunzione del cibo, o/e a lavarsi o/e vestirsi;
4) dichiarazione sostitutiva unica per la determinazione dell’indicatore della situazione economica
(I.S.E.) redatta secondo le modalità previste dal Decreto Legislativo 31.02.1998, n. 109 – e
successive modificazioni ed integrazioni – e delle relativa norme attuative;;
Di tutte le domande regolarmente presentate verrà formulata una graduatoria, da parte di una
commissione esaminatrice appositamente istituita, formata dai componenti dell’Ufficio di Piano e
da un medico dell’ASL, elaborata in base alla maggiore necessità degli utenti in relazione, in ordine
76
di precedenza, alla situazione di gravità ed alla condizione socio-economica secondo i seguenti
parametri .
GRADUATORIA PORTATORI DI HANDICAPS IN SITUAZIONE DI GRAVITA’
PRIORITA’
1) – Tipo di handicap
2) – Situazione socio-economica (ISEE).
LEGENDA
Tipo di handicap ( i punteggi sono cumulabili ad eccezione delle lettere b ed e)
abcde-
deficit intellettivo grave:
impossibilità assunzione cibo, lavarsi, vestirsi:
impossibilità alla deambulazione:
impossibilità a mantenere controllo sfinterico:
limitazione autonomia personale:
punti 10
punti 08
punti 06
punti 04
punti 02
Ai singoli richiedenti verrà data comunicazione, a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno, del
punteggio loro attribuito nonché della posizione nella suddetta graduatoria. Avverso l’attribuzione
del punteggio gli stessi potranno presentare opposizione al Comune Capofila entro 30 giorni dalla
data di ricevimento della comunicazione. Gli interventi saranno commisurati alle esigenze
assistenziali dei soggetti stessi.
Liveas
SI
Macroarea
Disabili
Costo del progetto (finanziamento regionale)
€. 124.000 [contributo di €. 4.000,00 (Euroquattromila) pro-capite]
Servizi/prestazioni erogati
Assistenza diretta, attività ludico-ricreative, attività sportive e riabilitative
Bacino di utenza
Distrettuale
Sub-distrettuale (specificare i Comuni)
Comunale (specificare il Comune)
X
Tipologia di utenza
Disabili gravi in base all’art. 3 comma 3 L.104/92
Obiettivi del progetto
I piani personalizzati tendono all’integrazione sociale del disabile ed al potenziamento e
mantenimento dell’autonomia personale e quindi ad una migliore attività socio-relazionale
77
Tempi di attuazione
Annuale
Tipologia di strutture
Numero strutture
Tipologia struttura
Gruppo appartamento
Casa famiglia
Comunità alloggio
Comunità di pronta accoglienza
Casa di riposo
Casa albergo
Strutture semiresidenziali (Centro diurno)
Altro (Appartamento degli utenti richiedenti)
X
Capacità di accoglienza della/e struttura/e (n. posti)
15. Numero utenti nel 2011
0
0
3
1
16. Soggetto che gestisce
- Comune
- Convenzione
- Convenzione con Associazioni di volontariato
- Altro (Specificare)
17. Utenza annuale prevista
x
0
0
2
4
18. Personale coinvolto nel progetto
- Amministrativi
- Assistenti sociali
- Sociologi
- Psicologi
- Pedagogisti
- Educatori professionali
- Operatori socio-sanitari
- Volontari
- Mediatori culturali
- Altre figure (specificare LSU)
0
0
2
19. Sede della struttura e/o dell’attività
Comuni del Distretto Rieti 1
20. Liste di attesa
- Si (specificare i motivi)
Insufficienza di fondi Statali Regionali e Comunali.
X
78
- No
21. Esistono strumenti di monitoraggio e verifica dei risultati?
- Si (specificare quali) –
Aumento delle richieste
Verifiche indirette con i familiari
Relazione semestrale e finale dei familiari
Questionario finale di verifica sull’efficacia del servizio
- No
X
22. Esiste compartecipazione da parte degli utenti?
- Si, totalmente
- Si, parzialmente
- No
X
23. Quali sono le modalità di integrazione con la ASL?
Progetti integrati e valutazione handicap
24. Finanziamenti e Cofinanziamenti previsti: specificare i costi
Cofinanziamento
Finanziamento
Nazionale/Regio
nale
Costo
umane
Provinciale Comunale
Totale
Finanziamento
Asl Altro
risorse €. 124.000,00
€. 124.000,00
Costo
di
funzionamento e
gestione
Costo di struttura
e di mantenimento
Totale
€. 124.000,00
€.124.000,00
79
8. Progetto ippoterapia per disabili
Titolo del progetto
IPPOTERAPIA PER DISABILI
Nuovo progetto
- Si
- No
X
Progetto già attivato
- Si
X
- No
4. Se il progetto dà continuità a servizi/strutture già attivati, indicati se amplia l’ambito
territoriale c/o l’utenza di riferimento.
Il primo piano di zona elaborato dai comuni dell’accordo di programma che hanno sperimentato
l’integrazione socio sanitaria, ha evidenziato una discreta presenza di disabili di qualsiasi fascia di
età distribuita a macchia sul territorio del Distretto 1 della Provincia di Rieti, compreso il Comune
di Rieti.
Si evince che la presenza dell’handicap nell’ambito dell’ utenza è conseguenzialmente ampliato.
5. Descrizione delle attività, dei servizi e/o prestazioni previste dal progetto
Le attività equestri, svolgono una funzione importante per un esteso numero di utenti sia per gli
aspetti funzionali che aspetti psico- sociali, data la particolare efficacia per la socializzazione e
potenziamento o recupero di competenze relazionali, comportamentali e comunicativo-affettive.
Tali attività inoltre favoriscono l’incontro delle persone disabili con quelle normodotate, facilitando
così una reale integrazione attraverso attività comuni.
Liveas
Si
Macroarea
Disabili
Costo del progetto (finanziamento regionali)
€ 25.000,00
Servizi / prestazioni erogati
Riabilitazione dei pazienti sulla base di appositi progetti.
Bacino di utenza
Distrettuale
Sub- distrettuale (specificare i Comuni)
Comunale (Specificare il Comune)
X
Tipologia di utenza
Disabili con difficoltà psicomotorie.
80
Obiettivi del progetto
Il progetto realizza un servizio ad elevata integrazione socio sanitaria poiché favorisce i processi di
integrazione sociale attraverso attività sportive specifiche con operatori professionisti dell’area
sanitaria di riabilitazione ed operatori socio sportivi ad elevata specializzazione. Passare dalla
riabilitazione “sanitaria” alla riabilitazione di funzioni sociali.
Offrire ai disabili stimoli significativi in ambienti non medicalizzati
Raggiungere sempre maggiori gradi di autonomie psicomotorie, affettive relazionali e sociali da
parte degli utenti minori ed adulti. Integrare le risorse del territorio attraverso una fattiva
collaborazione tra organizzazioni del terzo settore, Enti pubblici e Azienda U.S.L.
12.Tempi di attuazione
Già attivo sul territorio
13.Tipologia di strutture
Numero strutture
1
Tipologia struttura
Gruppo appartamento
Casa famiglia
Comunità alloggio
Comunità di pronta accoglienza
Casa di riposo
Casa albergo
Strutture semiresidenziali (specificare)
Altro (centro polivalente sperimentale)
X
Capacità di accoglienza della/e struttura/e (n. posti)
15. Utenza annuale prevista
16. Soggetto che gestisce
- Comune
- Convenzione
- Convenzione con Associazioni di volontariato
- Altro
3
0
n° 12
X
X
17. Personale coinvolto nel progetto
- Amministrativi
- Assistenti sociali (AUSL)
- Sociologi
- Psicologi (AUSL)
- Medico ortopedico fisiatra
- Psichiatra
- Neuropsichiatria infantile
-Terapista della riabilitazione, formatore esperto in A.E.D.
-Psicopedagogisti
- Educatori professionali
1
1
1
1
1
1
81
- Operatori socio-sanitari
- Volontari
- Mediatori culturali
- Altre figure (assistenti domiciliari)
- Gestione Progetto Tecnica – Amministrativa (4% del costo del
progetto)
18. Sede della struttura e/o dell’attività
Comune di Greccio
19. Liste di attesa
- Si (specificare i motivi)
- No
X
20. Esistono strumenti di monitoraggio e verifica dei risultati?
- Si (specificare quali)
Livello di gradimento del servizio, mantenimento/incremento dell’utenza
- No
X
21. Esiste compartecipazione da parte degli utenti?
- Si
- No
x
22 .Quali sono le modalità di integrazione con la ASL?
Compartecipazione
24. Finanziamenti e Cofinanziamenti previsti: specificare i costi
Cofinanziamento
Finanziamento
Nazionale/Regio
nale
Costo
umane
Prov.le Com.le
Asl
€ 25.000,00
risorse € 25.000,00
Compartecipazi
one
Totale
Finanziamento
€ 20.000,00
€ 20.000,00
Costo
di
struttura e di
mantenimento
82
Totale
€ 25.000,00
€ 20.000,00
€ 45.000,00
83
9. Crescere Insieme (Legge L. 286/98)
1.
Titolo del progetto
“Crescere Insieme”: progetto per l’integrazione scolastica, sociale e culturale dei minori stranieri
esposti a disagio socio-ambientale.
2.
3.
-
Nuovo progetto
Sì X
No Progetto già avviato
Sì No X
4.
Se il progetto dà continuità a servizi/strutture già attivati, indicare se amplia l’ambito
territoriale e/o l’utenza di riferimento
Il progetto “Crescere insieme” potenzia i servizi già attivati attraverso la previsione di aspetti
innovativi basati sul mettere in rete relazioni, conoscenze e progetti di solidarietà. L’approccio
vuole rafforzare la “cittadinanza-attiva” nei minori stranieri esposti a disagio sociale per la piena
realizzazione delle loro risorse secondo la logica della ricostruzione della persona attraverso la
messa in risalto e l’attivazione dei loro punti di forza. Gli impatti positivi derivanti dalle
metodologie messe in atto nei confronti dei minori possono essere raggruppati nei seguenti aspetti:
a) Formativi:
- acquisire una conoscenza più approfondita del proprio intorno;
- sollecitare a superare la visione egocentrica della realtà ed alcuni stereotipi sociali.
b) Strumentali:
- acquisire gli strumenti di base per una lettura di realtà diverse dalla propria;
- stabilire ed elaborare relazioni tra i dati dei diversi indicatori delle realtà esaminate;
c) Comportamentali e cognitivi:
- introdurre nel proprio quotidiano un’attenzione alle realtà differenti dalla propria;
- stimolare, attraverso l’analisi critica, il confronto con la realtà.
5.
Descrizione delle attività, dei servizi e/o prestazioni previste dal Progetto (es. casa di
accoglienza, comunità alloggio, servizio di assistenza domiciliare, ADI)
84
Il progetto “Crescere Insieme” si configura come un insieme di interventi socio-assistenziali,
educativi e riabilitativi a favore di minori stranieri esposti a particolari situazioni di disagio psicosociale residenti nell’ambito territoriale del Distretto Socio-Sanitario n. 1 della Provincia di Rieti.
Nel Comune di Rieti è presente una vasta area di disagio, disabilità e psicopatologia infantile e
adolescenziale. Approssimativamente 300 famiglie con minori ricevono sussidi economici dai
Servizi Sociali e circa un terzo di queste famiglie sono di origine straniera. Inoltre gli interventi
socio-educativi e socio-sanitari sui minori disagiati, spesso multiproblematici, sono parcellizzati e
poco sinergici e per molti di loro non viene elaborato un reale progetto integrato (Comune, ASL,
Scuola, Famiglie ed altri servizi territoriali). Dai numerosi confronti e scambi intercorsi tra
operatori su una comune utenza di minori con disagio socio-ambientale e relazionale è emersa la
chiara necessità, per molti di loro, d’introdurre nella presa in carico dei minori stranieri una figura
caratterizzabile come “Educatore - Mediatore Culturale” che possa svolgere importanti funzioni
integrative, socializzanti e di sostegno al processo di sviluppo dell’autonomia.
6.
Liveas
No.
7.
Macroarea
Minori stranieri.
8.
Costo del progetto (totale)
€ 11.063,44.
L’importo è impegnato dalla Regione Lazio sul capitolo H41504 finalizzato al finanziamento degli
interventi distrettuali in favore dell’integrazione scolastica, sociale e culturale degli immigrati e
compresi nei Piani di Zona per l’annualità 2011, secondo la ripartizione, operata con D.G.R. n.
307/2011.
9.
Servizi/prestazioni erogati
Da un elenco di operatori selezionati verrà costituito un gruppo operativo dove ogni singolo
operatore segua uno o più utenti secondo una modalità specifica di seguito descritta, in uno scambio
continuo con gli altri operatori del gruppo, con il referente progettuale dei Servizi Sociali e,
eventualmente, con lo specialista dell’Area Dipartimentale Materno-Infantile. L’operatore
individuato viene inserito nell’ambito del progetto educativo individuale per espletare la seguente
funzione: diventare, per il minore, una sorta di “fratello maggiore” attraverso il quale egli possa
effettuare una serie di esperienze concrete sia in casa che fuori in grado di mobilitare le sue risorse
affettivo-relazionali e sociali. Il costituire un rapporto empatico e di amicizia attraverso la
85
condivisione di momenti significativi della quotidianità con una figura adulta ma nello stesso tempo
sentita come “un compagno”, “un amico”, “un fratello”, permette al minore straniero di affrontare
aspetti di sé percepiti come fragili o addirittura sconosciuti.
Concretamente, le azioni da attuare sono le seguenti:
a) I Servizi Sociali elaborano un progetto per il singolo minore e lo condividono con la relativa
famiglia.
b) In relazione alla specifica situazione, alle caratteristiche e necessità del minore, alla
tipologia familiare, viene individuato l’operatore idoneo e vengono concordati obiettivi e
modalità di lavoro.
c) L’operatore viene presentato all’utente e alla sua famiglia dai Servizi coinvolti. Si stipula
con la famiglia “il contratto”, vale a dire si chiariscono le funzioni e gli orari dell’operatore,
si definiscono gli obiettivi nonché gli strumenti e le modalità ritenute necessarie per il loro
conseguimento.
d) Vengono effettuati periodici incontri di supervisione con l’operatore.
e) Vengono effettuate periodiche riunioni del gruppo degli operatori impegnati con i diversi
minori al fine di permettere lo scambio delle esperienze e competenze maturate.
f) Vanno previsti incontri dei singoli operatori con i referenti dei Servizi coinvolti per fare il
punto sull’andamento del caso ed apportare eventuali modifiche.
g) E’ possibile promuovere la partecipazione degli operatori ad eventuali corsi di formazione
organizzati dal Comune, Provincia, Regione ecc.
10.
Bacino di utenza
- Distrettuale
- Sub-distrettuale(specificare i Comuni)
- Comunale (specificare il Comune)
11.
X
Tipologia di utenza
Minori stranieri con disagio psico-ambientale a forte rischio psico-patologico individuati dai Servizi
Sociali del Comune di Rieti.
12.
Obiettivi del progetto
Obiettivo generale
Creare veri percorsi individuali d’integrazione dei minori stranieri beneficiari del progetto
“Crescere Insieme”, in modo da consentire loro di sviluppare relazioni interpersonali significative e,
nel contempo, di realizzare percorsi di cambiamento personale nella direzione della maturità e
dell’empowerment personale.
86
Obiettivi specifici
- Sostenere lo sviluppo del minore straniero in difficoltà nelle situazioni in cui la patologia, le
condizioni familiari e socio-ambientali non permettono di individuare altre risorse o di utilizzare al
meglio quelle in atto;
- Affiancare la famiglia nell’accudimento quotidiano riguardo alle cure speciali che il minore
straniero con disagio richiede.;
- Favorire il superamento di fasi critiche per il soggetto, di eventuali dinamiche familiari
conflittuali, e sostenere il bisogno di sperimentare situazioni di vita indipendente dalla famiglia,
momenti di evasione dalla quotidianità, etc.;
- Agevolare la famiglia nei processi educativi e sociali ed alleggerire il peso della cura e della
gestione della patologia del minore;
13.
Tempi di attuazione (data inizio – data fine)
Dall’approvazione del progetto.
14.
Tipologia di strutture
Numero strutture
|_|_|_|
Tipologia struttura
- Gruppo appartamento
- Casa famiglia
- Comunità alloggio
- Comunità di pronta accoglienza
- Casa di riposo
- Casa albergo
- Strutture semiresidenziali (specificare __________________________) - Altro (diversi luoghi nel rispetto dell’esigenze del minore)
X
Capacità di accoglienza della/e struttura/e (n° posti)
|_|_|1|0|
___________________________________________________________________
15.
Numero utenti nel 2010
|_|_|_|_|
___________________________________________________________________
16.
-
Soggetto che gestisce
Comune
Convenzione con cooperative
Convenzione con Associazioni di volontariato
Altro (specificare ____________________________)
X
87
17.
Utenza annuale prevista
|_|_|3|0|
___________________________________________________________________
18.
Personale coinvolto nel progetto
- Amministrativi ( operanti nel settore )
|_|_|1|
- Assistenti sociali ( operanti nel settore )
|_|_|2|
- Sociologi
|_|_|_|
- Psicologi ( ASL di Rieti )
|_|_|1|
- Pedagogisti
|_|_|_|
- * Educatori professionali
|_|_|2|
- Operatori socio-sanitari
|_|_|_|
- Volontari
|_|_|_|
- Mediatori culturali ( operanti nel settore )
|_|_|2|
- Altre figure (specificare _______________________________)
|_|_|_|
* E’ previsto l’impiego di n. 2 Educatori Professionali con esperienza nel settore migrazione e
formazione specifica in mediazione culturale.
19.
Sede della struttura e/o dell’attività
La sede centrale del progetto è sita presso gli uffici dei Servizi Sociali del Comune di Rieti. Le
attività sono svolte in diversi luoghi che variano a seconda delle esigenze e possono riguardare, ad
esempio, aspetti come la scuola, la casa e la famiglia, gli incontri protetti, le attività ludiche e le
attività sportive.
20.
Liste di attesa
- Sì (specificare i motivi)
- No
X
21.
Esistono strumenti di monitoraggio e verifica dei risultati?
- Sì (specificare quali)
X
La valutazione sarà effettuata ex ante, in itinere ed ex post dal responsabile del progetto assieme
allo staff di educatori e dall’assistente sociale di riferimento di ogni minore, e prevede le seguenti
azioni:
- formulazione di ipotesi realistiche di problem solving;
- definizione dei tempi di ciascun obiettivo;
- individuazione e coinvolgimento degli stakeholder.
Sulle seguenti tematiche è previsto l’impiego dei seguenti indicatori:
- personalizzazione dell’intervento;
- progetti personalizzati co-progettati in rete;
- tempestività e flessibilità nelle risposte;
88
- livello di soddisfazione degli utenti e dei familiari.
22.
Esiste copartecipazione da parte degli utenti?
X
- Sì, totalmente
- Sì, parzialmente
- No
23.
Quali sono le modalità di integrazione con la Asl?
Sono previste delle modalità d’intergrazione con l’Azienda ASL ed in particolare con l’Area del
Dipartimento Materno Infantile sulla base delle collaborazioni già consolidate riguardo la presa in
carico di minori con disagio socio-ambientale.
24.
Finanziamenti e Cofinanziamenti previsti: specificare i costi
Costo risorse umane
Cofinanziamento
Finanziamento
regionale
Provinciale Comunale
Asl
N.2 Educatori
Professionali con
esperienza e
formazione specifica
in mediazione
culturale.
Altro
Totale
finanziamento
€ 11.063,44
€ 11.063,44
Costo di funzionamento e
gestione
Costo di struttura e di
mantenimento
Totale
€ 11.063,44
€ 11.063,44
89
Minipiano per i piccoli comuni
Il Distretto Socio - Sanitario Rieti 1 comprende 25 Comuni (Ascrea, Belmonte, Cantalice, Castel di
Tora, Cittaducale, Collalto Sabino, Colle di Tora, Collegiove, Colli sul Velino, Contigliano,
Greccio, Labro, Leonessa, Longone Sabino, Monte San Giovanni in Sabina, Montenero Sabino,
Morro Reatino, Nespolo, Paganico Sabino, Poggio Bustone, Rieti, Rivodutri, Roccasinibalda,
Torricella in Sabina e Turania (Si veda Tab. A, colonna A).
Di questi 19 sono al di sotto dei 2.000 abitanti (tranne Cantalice, Cittaducale, Contigliano,
Leonessa, Poggio Bustone e Rieti). Il territorio si estende su un’area molto ampia e disomogenea
dal punto di vista fisico-geografico, che comporta notevoli difficoltà nel riuscire a garantire
uniformità nella fornitura di prestazioni e servizi sociali.
Dal punto di vista morfologico il territorio si estende nella zona centro-sud e centro-nord del
territorio provinciale e copre una superficie di 971,6 KM quadrati. Il risultato più evidente è, quindi,
proprio la disomogeneità del territorio, che consta di oltre 100 frazioni distanziate notevolmente tra
loro.
Questa configurazione, data la bassa densità abitativa per KM/q (74,3 abitanti per KM/q) e la
distanza media dal capoluogo di provincia (sede primaria dei servizi essenziali), rende necessari
interventi integrati e sinergici che tengano conto di tale difficoltà e siano in grado di conciliare le
esigenze di costruzione della rete con gli ostacoli geografici e nelle comunicazioni.
Va da sé che, a fronte di un territorio morfologicamente caratterizzato in zone montuose e con
distanze significative tra un comune e l’altro, specie in relazione all’assenza di vie di
comunicazione ad elevato scorrimento, tali condizioni incidono negativamente sulla qualità della
vita degli abitanti, rendendoli per lo più “isolati”. Tale isolamento, purtroppo, si riversa in particolar
modo sulle persone più deboli, gli anziani o i disabili che, scoraggiati dagli scarsissimi e lenti mezzi
di trasporto, subiscono più degli altri il disagio di chi non può usufruire dei servizi perché non vi
può accedere comodamente, o almeno senza soverchie difficoltà.
Una ulteriore considerazione, che deriva da quanto appena detto, si riferisce al fatto che tale elevata
presenza di piccoli comuni sbilancia il distretto rispetto alle sue esigenze economiche e possibilità
operative. Infatti, a fronte di un comune capofila come Rieti – anche capoluogo di provincia – che
conta più di 40.000 abitanti, il comune subito dopo più popoloso ne conta poco meno di 7.000 e,
tranne Contigliano, tutti gli altri ne hanno meno di 3.000. Di conseguenza, il distretto è segnato da
una cronica e strutturale difficoltà a far fronte alle esigenze emergenti, dato il loro importo
tendenzialmente fisso ed elevato, a fronte di bilanci comunali decisamente scarni.
A tal proposito, per far fronte agli ostacoli morfologici del territorio, la Conferenza dei Sindaci ha
deciso di suddividere il distretto in 3 sub-aree al loro interno omogenee e con i comuni tra loro
vicini: la prima contempla il solo comune capofila (Subarea 1), la seconda è riferita alla zona nord
(sub area 2) e la terza è riferita alla zona a sud del comune capofila (sub-area 3).
Le principali emergenze emerse in maniera omogenea all’interno delle sub-aree riguardano
fondamentalmente:
a. la realizzazione di interventi diretti ed indiretti conseguenti a ricoveri ospedalieri ed
assistenza socio sanitaria extraospedaliera;
b. l’assistenza a famiglie in particolari situazioni economiche e singoli soggetti
costituenti nuclei familiari privi di reddito;
90
c. la realizzazione di interventi di sostegno, supporto economico ed inserimento sociale
per persone con disabilità grave;
d. l’accesso a un servizio di trasporto per garantire ai cittadini la fruizione del sistema
delle prestazioni, degli interventi e dei servizi attivati a livello distrettuale.
Questa serie di servizi è, in particolar modo, indirizzata alle seguenti tipologie di disagio:
anziani con difficoltà motorie o tali da non garantire una piena
autosufficienza;
insufficiente disponibilità economica, soprattutto in famiglie con minori;
assistenza socio-sanitaria;
disabilità fisica o psicologica;
inclusione di soggetti immigrati.
I Comuni, di piccole o modeste dimensioni, a volte articolati in piccole frazioni, sono costituiti da
una popolazione residente sostanzialmente anziana che percepisce, nella maggior parte dei casi, una
pensione sociale al minimo di legge come unica fonte di reddito. Questa condizione di carenza
economica degli anziani, spesso accompagnata da disagio psico-fisico, da solitudine conseguente
alla mancata assistenza da parte dei familiari, fa sì che debbano essere i Comuni a doversi far carico
di tali oneri, gravando notevolmente sul bilancio comunale.
Gli anziani soli costituiscono l’emergenza prioritaria cui ci si trova a dover far fronte, proprio
perché non potendo provvedere a loro stessi autonomamente, né potendo ricevere adeguata
assistenza dai familiari – spesso assenti - nelle primarie esigenze quotidiane, necessitano,
conseguentemente, di ricoveri in “case di riposo” o strutture residenziali adeguate alle loro esigenze
e bisogni.
La loro difficoltà è rappresentata dall’impossibilità a sostenere la spesa di permanenza presso tali
strutture, perché spesso la retta mensile da erogare è di gran lunga superiore al reddito mensile
percepito dagli stessi.
Una ulteriore emergenza è rappresentata da nuclei familiari con minori a carico, o singoli soggetti
con problematiche di tipo economiche e socio-sanitarie che non sono né occupati né pensionati e
che si trovano senza un reddito che possa consentirgli di fronteggiare i bisogni primari della vita
quotidiana. Tali situazioni richiedono un’attenzione particolare da parte dell’Ente Comunale, che si
trova a mettere in atto interventi volti al supporto di particolari momenti di disagio. Farsi carico di
queste situazioni comporta, dunque, il far fronte a spese di gestione che rientrano in una criticità
non sempre prevedibile e sostenibile con mezzi economici propri del bilancio comunale.
Altri nuclei familiari sono caratterizzati da componenti con disagio psichiatrico o gravi handicap
psico-fisici o psico-sociali (come disagio psichico e dipendenza da alcool) o, ancora, con
problematiche socio-sanitarie, come la tossicodipendenza (che necessitano di sostegno psicologico,
inserimento in centri riabilitativi e contributi economici volti al supporto di particolari momenti di
difficoltà). Sono presenti anche casi di figli a carico con problematiche di tipo socio-sanitarie che
richiedono particolare attenzione perché i familiari si trovano ad affrontare rilevanti spese di
gestione.
Tali spese costituiscono voci di costo familiare di carattere straordinario e non prevedibile e, di
conseguenza, non sono sostenibili ricorrendo a mezzi economici propri o ordinari – anche tenendo
conto che il Servizio Sanitario pubblico non sempre assicura e garantisce l’intera copertura dei costi
– tanto da indurre i cittadini bisognosi a chiedere il sostegno del Comune. Il tutto, ovviamente, si
ripercuote sul bilancio di questi, che si trovano ad accogliere richieste non preventivate a bilancio e
non eludibili.
91
Ci sono poi richieste che provengono dai residenti extracomunitari presenti in numero sempre
crescente nel territorio del distretto. A tale migrazione si accompagnano anche fenomeni di
irregolarità e difficoltà di inserimento sociale che si presentano improvvisamente sotto forma di
richieste di sostegno economico per incombenze sociali (bollette, utenze o altro) o sanitario
(medicine). C’è quindi una urgente necessità di predisporre tutti quei sevizi atti a favorire
l’integrazione di queste famiglie straniere, nel contesto sociale di appartenenza e anche tutti quei
servizi di competenza dell’Ente Comune che favoriscono la realizzazione dei livelli essenziali delle
prestazioni di assistenza sociale.
Infine, viste le caratteristiche del territorio, spesso si presenta la difficoltà di accedere ai servizi a
causa della distanza di questi e dell’assenza di un servizio di trasporto per ovviare a questa
esigenza. L’obiettivo della sub-area è quello di giungere a costituire un servizio integrato che
ottemperi alle esigenze di tutti i soggetti segnalati nei piccoli comuni ad essa afferenti.
Di comune accordo fra tutti i Sindaci del Distretto, si è ritenuto di procedere nella direzione indicata
già nel Piano precedente.
Si è così provveduto ad una ripartizione che tenesse conto delle esigenze emerse con carattere di
priorità, dotandole delle necessarie risorse economiche messe a disposizione dalla Regione Lazio.
Si è deciso di mantenersi lungo le tre direttrici individuate negli anni precedenti: in primo luogo, la
prima parte della somma pari a € 141.968,00 è stata ripartita dalla Regione stessa, su base
percentuale, con il criterio della popolazione, tenuto conto della diversa distribuzione della stessa
sul territorio regionale.
In secondo luogo, principalmente, per stimolare i comuni che fino ad oggi, per mancanza di
adeguate strutture tecniche e capacità operative, pur in presenza di emergenze sociali, non hanno
prodotto progettualità, né richiesto e ottenuto fondi, si è accordato loro un contributo fisso che
ammonta a € 2.400,00, come nel precedente esercizio. Tale contributo, sempre per ragioni di equità
distributiva, è stato esteso a tutti i comuni, andando quindi a costituire uno “zoccolo” comune.
Tale base ammonta complessivamente a € 45.600,00.
La maggiore quota destinata quale zoccolo vuole essere un premio e allo stesso tempo uno stimolo
per quelle piccole realtà che mostrano difficoltà a camminare da sole, sprovviste di strumenti tecnici
e spesso di professionalità adeguate per programmare, gestire e monitorare interventi del tipo.
Una quota di € 5.577,34 viene accantonata per le necessarie attività amministrative di gestione del
progetto, focalizzando l’attenzione sull’attività di monitoraggio, che richiede tempi lunghi e
adeguati sforzi, data la peculiare caratteristica geografica del Distretto di cui si è parlato sopra.
Infine, la rimanente quota del finanziamento complessivo di € 384.006,15 concesso con
deliberazione di Giunta Regionale e pari a € 190.860,61, al fine di dare continuità e favorire la
prosecuzione delle emergenze socio-assistenziali già finanziate con il fondo di cui alla legge
regionale n. 6/2004, e che hanno assunto un carattere di stabilità, nello spirito della richiamata
deliberazione di Giunta Regionale n. 359/2007 e della deliberazione di Giunta Regionale 552/2009,
si è assegnato ai comuni interessati una quota del budget complessivo sulla scorta delle somme già
assegnate, liquidate e spese nelle annualità precedenti.
Ne è risultato il quadro riportato di seguito nella Tabella A) allegata al presente Piano, in cui alla
colonna F sono riportati i fondi complessivi assegnati a ciascun Comune.
92
QUOTA
ZOCCOLO
COMUNE
FISSO
ASCREA
2.400,00
BELMONTE IN SABINA
2.400,00
CASTEL DI TORA
2.400,00
COLLALTO SABINO
2.400,00
COLLE DI TORA
2.400,00
COLLEGIOVE
2.400,00
COLLI SUL VELINO
2.400,00
GRECCIO
2.400,00
LABRO
2.400,00
LONGONE SABINO
2.400,00
MONTENERO SABINO
2.400,00
MONTE SAN GIOVANNI
2.400,00
MORRO REATINO
2.400,00
NESPOLO
2.400,00
PAGANICO SABINO
2.400,00
RIVODUTRI
2.400,00
ROCCA SINIBALDA
2.400,00
TORRICELLA IN
SABINA
2.400,00
TURANIA
2.400,00
TOTALE
45.600,00
QUOTA
QUOTA IN
COSTO
IN BASE
BASE A
ANNI
PERCENTUA
AL
POPOLAZI PRECEDEN LE COSTO
COSTO CONTRIBUTO
ONE
TI
STORICO
STORICO CONCESSO
3.529,82
4200
3,21%
6.296,09
12.225,91
8.857,35
3600
2,75%
5.396,65
16.654,00
3.989,09
0
0,00%
0,00
6.389,09
5.983,63
0
0,00%
0,00
8.383,63
5.130,70
15000
11,45% 22.486,05
30.016,75
2.729,38
0
0,00%
0,00
5.129,38
6.862,81
15000
11,45% 22.486,05
31.748,86
20.614,66
10200
7,78% 15.290,52
38.305,18
4.999,48
12960
9,89% 19.427,95
26.827,43
8.201,25
0
0,00%
0,00
10.601,25
4.015,33
4200
3,21%
6.296,09
12.711,42
10.103,03
9540
7,28% 14.301,13
26.804,16
4.789,53
10740
8,20% 16.100,01
23.289,54
3.700,40
0
0,00%
0,00
6.100,40
2.377,08
6000
4,58%
8.994,42
13.771,50
17.347,28
15000
11,45% 22.486,05
42.233,33
7.348,32
13200
10,07% 19.787,73
29.536,05
18.134,60
3.254,26
141.968,00
6000
5400
131.040
4,58%
8.994,42
4,12%
8.094,98
100% 196.438,15
29.529,02
13.749,24
384.006,15
Il presente Aggiornamento per l’anno 2011 al Piano Distrettuale di Intervento in favore dei Piccoli
Comuni appartenenti al Distretto Socio-sanitario Rieti/1, con il Comune di Rieti quale Comune
Capofila, è stato approvato dall’Assemblea dei Sindaci nella seduta del 13 Ottobre 2011.
93
Piano distrettuale per l’affidamento familiare
Il Distretto Socio Sanitario di Rieti/1, che ha come comune capofila Rieti, comprende nel
complesso 25 Comuni caratterizzati da un assetto territoriale e demografico particolarmente
complesso e diversificato. Da un lato si ha una significativa dispersione territoriale, con molti
comuni siti in territori montani, che rende problematici gli spostamenti e non facilita la
comunicazione; in secondo luogo emerge la scarsa entità della popolazione, tanto che in almeno 19
Comuni l’ammontare totale non supera i 12.000 abitanti; infine, la prevalenza delle fasce più
anziane e un pronunciato indice di invecchiamento.
Ciò determina, soprattutto in questi luoghi, una scarsa presenza di minori. Data la particolare
presenza di nuclei anziani, risulta scarso anche il numero e la tipologia di famiglie disposte
all’affidamento temporaneo di un minore.
Le famiglie affidatarie sono difficili da reperire nel territorio del Distretto Rieti/1 sia per le
difficoltà nell’affrontare la multiproblematicità dei minori da affidare che per l’affiancamento alle
famiglie d’origine. Nonostante le varie iniziative messe in atto dai servizi territoriali sono poche le
coppie e/o le famiglie che si avvicinano a tale progetto non essendo, per la maggior parte, ancora
pronte ad accettare la temporaneità di questo istituto giuridico, ma, soprattutto, ad accogliere minori
in situazione di disagio sociale e psicologico derivanti dalle patologie sociali contemporanee.
Il territorio non è preparato all’affidamento. Esso risulta carente di Associazioni che operino nel
settore dell’affido. Comunque, Le famiglie beneficiarie del finanziamento per l’affido vengono
individuate sia nell’ambito dei corsi periodici organizzati dal GIL adozioni sia attraverso un’azione
di divulgazione con avvisi, manifesti, stands, in collaborazione col volontariato sociale, giusto
quanto stabilito dall’apposito regolamento comunale del Comune capofila.
Attualmente esistono poi tre case famiglia di tipo privatistico, a cui i servizi territoriali del Distretto
Rieti/1 fanno riferimento soprattutto nei momenti di emergenza, di cui 2 situate nel territorio del
Distretto Rieti/1 per minori fino a 11 anni. Esiste poi un centro di prima accoglienza,“Il Nespolo”,
per minori dai dodici a diciotto anni. E’ una struttura pubblica gestita con fondi comunali dal
Comune di Rieti;
Il primo progetto qualificante del Distretto è stato quello di sviluppare un sistema organizzato dei
servizi favorendo un protocollo di intesa che omogeneizzasse gli interventi in tutto il territorio come
indicato dalla Regione Lazio.
Per quanto riguarda il centro di accoglienza per minori “Il Nespolo”, durante il periodo estivo 2008,
i ragazzi in fase adolescenziale sono stati coinvolti in progetti di inserimento di lavoro protetto
attraverso stage e tirocini lavorativi che hanno consentito loro di sviluppare autonomia e
94
indipendenza, inserendosi con più facilità nel progetto di appartenenza; il costo complessivo degli
stages e tirocini formativi si è aggirato intorno a € 3.750,00, oltre alle spese INAIL e assicurative di
responsabilità civile e un simbolico rimborso spese per i partecipanti erogate dai datori di lavoro.
Nel quadro delle linee guida tracciate dalla Giunta Regionale Lazio, il Distretto ha provveduto ad
effettuare una ricognizione degli affidi familiari a tutto oggi attivati nel territorio distrettuale, i cui
dati affluiti sono riepilogati nella tabella A) allegata al presente Piano.
Da essa ne emerge il seguente quadro (aggiornato a giugno 2011): il numero degli affidi familiari
ammonta a complessivi 21 interventi, distinti per sesso in 13 femmine e 8 maschi.
Quanto alla tipologia, si tratta di 13 affidi parentali e 3 affidi eterofamiliari,. Rispetto alla modalità
giuridica di risoluzione del procedimento, in 10 casi si è trattato di affidi giudiziari e in 4 di
procedimenti consensuali.
Per quanto concerne le famiglie di origine, si tratta di famiglie con minori che presentano
problematiche relative a:
a)
carenze educative ed affettive;
b)
presenza di famiglie multiproblematiche con un grave degrado sociale ed economico, spesso
collegato ad un alto numero di minori;
c)
tossicodipendenza, compreso l’alcolismo dei genitori;
d)
figli di immigrati, famiglie allargate con difficoltà relazionali.
Quanto alla distribuzione territoriale, gli affidi sono concentrati su Rieti capoluogo (n. 20) mentre il
rimanente caso appartiene al comune di Cittaducale.
Il contributo Regionale di € 81.228,00 verrà, quindi, ripartito tra il Comune di Rieti e il Comune di
Cittaducale come emerge dall’allegato.
Al fine di omogeneizzare gli interventi e stimolare i Comuni che non hanno assicurato contributi
alle famiglie affidatarie residenti nei rispettivi territori, con il presente Piano Distrettuale si intende
provvedere al sostegno di tutte le famiglie affidatarie, mediante l’assegnazione dei contributi messi
a disposizione dalla Regione Lazio.
Si prevede inoltre di riservare una somma di € 6.202,27 per interventi integrativi che si sono resi
necessari o che dovessero rendersi necessari e che emergeranno senz’altro da una maggiore
conoscenza e diffusione dello strumento dell’affido familiare, di cui i comuni si faranno carico quali
ad esempio: contributo testi scolastici; attività sportive e relative a spese mediche.
Nell’ambito del Distretto Socio-Sanitario n. 1, relativamente all’affido familiare, opera un team
tecnico interprofessionale costituito dagli Assistenti Sociali che operano nei Comuni e da
Neuropsichiatri e Psicologi dell’A.S.L. RIETI/1 – Dipartimento Materno Infantile.
95
Infine, circa le iniziative per la redazione di un Regolamento Distrettuale per l’affido, si è
provveduto nel corso dell’anno 2008 e anche del 2009 alla stesura di uno schema di Regolamento
Distrettuale del servizio di affidamento familiare dei minori che è stato approvato dall’Assemblea
dei Sindaci il giorno 04.05.2010. Successivamente si è avviata la procedura di approvazione da
parte dei Consigli Comunali del distretto: si allegano al presente piano i verbali di approvazione
sinora pervenuti al comune capofila.
Nella medesima seduta del 04.05.2010 si è pure approvato il relativo e collegato Protocollo
Operativo da sottoscrivere con la ASL di Rieti e che, in quanto modello organizzativo unitario e
omogeneo per tutti i cinque Distretti della Provincia di Rieti, sarà sottoscritto tra la ASL di Rieti ed
i Sindaci dei Comuni capofila di tutti i Distretti socio – sanitari della Provincia di Rieti
Il presente Piano Distrettuale di intervento per l’anno 2010 è stato approvato nell’Assemblea dei
Sindaci del Distretto Socio Sanitario Rieti/1 nella seduta del 13 Ottobre 2011.
96
ALLEGATO A)
Data di
nascita
Sesso
Comune di
Residenza
Data inizio
affido
12/01/2002
M
RIETI
29/04/1993
F
19/11/1994
Bambino
istituzionalizzato con
decreto affido
Tipologia affido
Parentale
Consensuale
02/02/2010
1
1
RIETI
07/01/2002
1
1
M
RIETI
07/01/2002
1
1
05/10/1995
F
RIETI
29/10/1996
1
1
06/11/1990
F
RIETI
10/03/2001
1
31/08/1994
M
RIETI
23/01/2001
02/11/1993
F
RIETI
21/04/2000
09/12/1991
F
RIETI
29/10/2002
08/03/1992
F
RIETI
07/01/2000
1
01/01/2006
M
RIETI
20/11/2007
1
1
29/10/1988
M
RIETI
04/03/1996
1
1
15/01/1991
F
RIETI
12/05/2003
1
1
18/02/1986
F
RIETI
01/09/1989
28/06/1998
24/10/1999
11/02/2005
03/09/2006
M
M
M
F
Eterofamiliare
RIETI
RIETI
1
1
1
1
1
1
1
1
RIETI
RIETI
NO
1
1
1
SI
1
1
1
Giudiziario
NOTE
1
1
1
in casa famiglia per
minori dal 13/12/2006 *
1
in casa famiglia per
minori dal 13/12/2006 *
1
1
in casa famiglia per
minori dal 03/02/2010 *
in casa famiglia per
minori dal 03/02/2010 *
97
Data di
nascita
Sesso
Comune di
Residenza
Data inizio
affido
Bambino
istituzionalizzato con
decreto affido
Tipologia affido
Eterofamiliare
Parentale
Consensuale
Giudiziario
SI
NOTE
NO
20/07/2008
F
RIETI
1
in comunità terapeutica
dall'agosto 2009
11/08/2009
M
RIETI
1
in comunità terapeutica
dall'agosto 2009
03/05/1999
F
RIETI
in casa famiglia per
minori dall' 1/10/2004
in casa famiglia per
minori dal 14/06/2007
30/10/1993
F
RIETI
30/05/2005
F
CITTADUCALE
1
1
1
vedi lettera allegata
98
ALLEGATO B)
PROGETTO
1.
Nuovo progetto
- Si
- No
2.
x
progetto già avviato
- Si
- No
x
3.
Se il progetto dà continuità a servizi/strutture già attivati, indicare se amplia
l’ambito territoriale c/o l’utenza di riferimento
Il servizio si articola su diversi livelli:
-
Territoriale, corrispondente al servizio sociale Comunale, del distretto socio-sanitario n°1 ed
ai servizi ASL interessati.
-
Di Zona con l’estensione dell’attività del progetto di lavoro integrato tra Comune di
Rieti ed ASL-dipartimento materno infantile e del regolamento Comunale per l’affido
familiare approvato con deliberazione del Consiglio Comunale di Rieti n°26
dell’01/07/2005.
5.
-
Miglioramento della prassi operativa adottata.
-
Di diffusione della cultura dell’accoglienza e, in particolare, dell’affido familiare.
-
Di individuazione di reti familiari all’interno della singola comunità locale.
Descrizione delle attività, dei servizi e/o prestazioni previste dal progetto (es. casa
famiglia, comunità alloggio, servizio di assistenza domiciliare, ADI)
Sulla base dell’esperienza dell’affido familiare in ambito territoriale si ritiene quindi opportuno:
- attivare un piano per la presentazione del “Gruppo di Coordinamento Distrettuale” e del
privato sociale e la diffusione della prassi operativa;
- sviluppo delle reti familiari all’interno dell’ambito familiare.
Le motivazione della scelta di tali obiettivi sono riconducibili:
-
alla opportunità di valorizzare esperienze, professionalità, procedure già consolidate
nell’ambito territoriale, per garantire nella misura più elevata possibile il potenziamento
dell’affido familiare, in quanto espressione della solidarietà tra le famiglie e, più in generale,
della presa in carico comunitaria della situazione di disagio o di difficoltà;
99
-
alla necessità di inserire elementi di ulteriore qualificazione nel percorso di lavoro oggi
delineato, non solo per estendere/sviluppare l’assetto organizzativo dell’attuale servizio, ma
anche per migliorare gli interventi a favore dei minori, dotando gli operatori di nuove
risorse;
-
alla scelta strategica di promuovere e sostenere il funzionamento del “Gruppo di
Coordinamento Distrettuale“ attraverso la valorizzazione del ruolo del Privato Sociale, in
grado di mobilitare le risorse del territorio ed orientarle verso forme di mutua solidarietà.
6.
Liveas
Si
7.
Macroarea
Si
8.
Costo del progetto (finanziamento regionale):
€ 81.228,00
9.
Servizi/prestazioni erogati
a) Gruppo di coordinamento distrettuale (composto da Ufficio di Piano, Segretariato
sociale del Distretto, Operatori del Servizio Materno Infantile della AZ. USL):
-
informazione e sensibilizzazione della comunità alle problematiche del minore, della famiglia,
dell’affidamento;
-
collaborazione e collegamento per una progettualità comune con il Privato Sociale, anche in
riferimento alla creazione di una rete di famiglie disponibile all’accoglienza di minori stranieri;
-
valutazione, preparazione sul piano sociale e psico pedagogico degli affidatari
attraverso
momenti individuali e di gruppo;
-
tenuta ed aggiornamento di uno schedario delle famiglie disponibili (banca dati);
-
monitoraggio del Servizio;
-
sostegno agli affidatari attraverso momenti individuali e/o di gruppo;
-
coordinamento, supporto e consulenza tecnica agli operatori del servizio;
-
elaborazione periodica di dati inerenti gli affidamenti;
-
piano di lavoro annuale;
-
formulazione di proposte, indicazioni di linee programmatiche inerenti l’affidamento;
-
verifica e valutazione dell’attività del gruppo;
100
-
attività di monitoraggio, predisposizione di programmi, attuazione di verifiche sui minori
affidati.
b) Servizi Az. Usl
- diagnosi e prognosi familiare in situazione di rischio;
- supporto c/o trattamento psicoterapeutico, se necessario, alla famiglia d’origine, alla famiglia
affidataria ed al minore;
- collaborazione alla formulazione del progetto di affidamento e alla verifica dello stesso con i
servizi sociali distrettuali.
c) Segretariato sociale dei Comuni:
- Individuare i minori da affidare e svolgere indagine sociale sul minore e sulla
famiglia
d’origine;
- formulazione delle proposte e del progetto di affidamento in stretta collaborazione con Gruppo
di coordinamento Distrettuale e Servizi Az. USL;
- rapporto con l’Autorità Giudiziaria minorile;
- abbinamento tra minore e famiglia affidataria;
- sostegno alla famiglia di origine ed al minore;
- supporto e monitoraggio dell’affido come da progetto le modalità e cadenze temporali ritenute
necessarie ed opportune per ogni singola situazione;
- definizione e gestione dell’avvio e della chiusura dell’affidamento.
GLI AFFIDATARI
La famiglia o l’affidatario ideale non sono identificabili rigidamente; si terrà conto, perciò, delle
seguenti caratteristiche:
1. conoscenza e consapevolezza della temporaneità dell’affido e delle sue caratteristiche di
servizio rivolto in via prioritaria a soddisfare le necessità psicologiche e sociali del minore;
2. capacita di comprendere l’individualità dell’affidato e di aiutarlo nel processo di crescita,
tenendo conto delle sue esperienze e dei suoi vissuti;
3. consapevolezza degli impegni da assumere nei riguardi del minore, della sua famiglia, dei
servizi sociali e disponibilità ad instaurare rapporti di collaborazione con gli stessi;
4. capacita degli affidatari di far fronte a situazioni nuove, in riferimento alla necessità di
modificare le relazioni familiari e di organizzare la vita quotidiana per dare accoglienza ad un
nuovo soggetto;
101
5. atteggiamento positivo di tutti i membri della famiglia nei confronti dell’ingresso di “un altro”
nell’ambito familiare.
OBBLIGHI DEL COMUNE
1. disporre il provvedimento di affido consensuale attraverso il responsabile del Distretto Sociale;
ad esso devono essere allegati “l’atto di consenso” e “l’atto di impegno” sottoscritti rispettivamente
dai genitori e dagli affidatari, nonché la relazione sociale, che vengono trasmessi al Giudice
Tutelare per la formalizzazione;
2. nel caso di affido giudiziale, il responsabile del distretto sociale predispone il provvedimento
dell’affido non consensuale, allegando la sola sottoscrizione dell’atto di impegno da parte degli
affidatari;
3. erogare una somma mensile di denaro a favore degli affidatari per contribuire ad ogni necessita
del minore; per gli affidi a tempo pieno l’importo corrisposto non dovrà essere inferiore al minimo
INPS stabilito annualmente;
4. garantire eventuali servizi aggiuntivi c/o provvidenze ulteriori in relazione alle condizioni
psicofisiche del minore e particolari elementi di complessità del progetto;
5. solo nei casi di affido familiare presso parenti obbligati (ex art. 433 e ss. del C.C.) l’erogazione
del contributo e subordinata all’accertamento da parte del Servizio Sociale della situazione socioeconomica del nucleo affidatario e delle esigenze del minore;
6. è facoltà dell’ente, su motivata relazione del Servizio Sociale stabilire una quota di contribuzione
a carico della famiglia d’origine, salvo diverse disposizioni dell’Autorità Giudiziaria;
7. favorire l’accesso e la frequenza del minore alle strutture assistenziali ed educative;
8. favorire la formazione degli operatori addetti al Servizio sulle tematiche specifiche riguardanti
l’affidamento, anche in collaborazione con gli enti e le risorse del territorio.
OBBLIGHI DEGLI AFFIDATARI
rispettare tutte le prescrizioni dell’Ente che ha disposto l’affido e dell’Autorità Giudiziaria;
provvedere al mantenimento, alla cura, all’educazione e all’istruzione del minore in affido
per garantire la sua evoluzione collaborando all’attuazione del progetto predisposto:
rispettare le caratteristiche culturali, religiose ed etniche del minore e della sua famiglia:
mantenere, in collaborazione, con gli operatori del servizio, rapporti con la famiglia
d’origine del minore in affido, tenendo conto di eventuali disposizioni dell’Autorità
Giudiziaria;
rispettare gli accordi relativi alle modalità di rapporto, informando tempestivamente il
servizio di ogni novità rilevante, riguardante il proprio nucleo familiare ed il minore:
102
assicurare la massima discrezione circa la situazione del minore in affido e della famiglia
d’origine;
non richiedere alla famiglia d’origine a terzi alcun contributo a qualsiasi titolo:
far eseguire tutte le terapie mediche che si rendano necessarie e, nel caso di situazione
particolare gravità (ad esempio ricovero ospedaliero), darne tempestiva comunicazione al
servizio;
partecipare alle attività di sostegno (gruppi, colloqui, formazione, ecc,) predisposte dai
servizi secondo le modalità ed i tempi specificati nel progetto;
stipulare un contratto di assicurazione per gli incidenti o i danni provocati o subiti
dall’affidato.
OBBLIGHI DELLA FAMIGLIA DI ORIGINE
1. attivarsi per il superamento delle condizioni che hanno portato all’affido per favorire
il rientro del minore in famiglia anche in collaborazione con gli operatori del servizi;
2. mantenere rapporti costanti con gli operatori dei servizi sociali e favorire il buon
andamento dell’affido;
3. mantenere i rapporti con gli affidatari secondo le modalità concordate con gli
operatori del servizio;
4. rispettare le modalità di rapporto, con il minore, preventivamente concordati con gli
operatori del servizio, nel rispetto delle esigenze del minore stesso e delle eventuali
prescrizioni dell’Autorità Giudiziaria:
5. contribuire alle spese di mantenimento del minore in relazione alle proprie
possibilità economiche e nella misura stabilita dal Servizio Sociale o dal Tribunale
per i minorenni all’atto dell’affidamento;
6. collaborare con i servizi e con gli affidatari, per favorire il rientro del minore in
famiglia.
TERMINE DELL ‘AFFIDO
L’affidamento termina con il cessare delle condizioni di necessità che lo hanno determinato e
comunque può essere interrotto anticipatamente da chi lo ha disposto, tenuto conto dell’interesse del
minore.
Bacino di utenza
- Distrettuale
x
- Sub-distrettuale (specificare i Comuni)
103
- Comunale (specificare il Comune)
11.
Tipologia di utenza
- Minori temporaneamente privi di ambiente familiare idoneo;
- Famiglia d’origine;
- Persone singole disponibili all’affido;
- Famiglie affidatarie
12.
Obiettivi del progetto
-
omogeneizzazione dei protocolli operativi nel Distretto
-
sostegno economico alle famiglie affidatarie ed erogazione dei contributi per spese eccezionali
ed urgenti (sanitarie, testi scolastici, ecc)
-
diffusione della cultura dell’accoglienza e, in particolare, dell’affido familiare
-
promozione di reti familiari all’interno delle singole comunità locali
-
supporto e monitoraggio degli affidi
Si intende, quindi, in un’ottica di lavoro di rete:
- ampliare il numero di famiglie e di persone singole disponibile all’affido;
- offrire loro un’adeguata formazione;
- dare loro sostegno per superare gli ostacoli anche economici che si possono incontrare nella
gestione dei rapporti del minore con le famiglie da seguire;
- garantire al minore la possibilità di trovare punti di riferimento affettivi ed educativi;
- creazione di una rete di famiglia affidataria che si configurino come gruppi di auto-mutuoaiuto a livello distrettuale.
13.
Tempi di attuazione
Annuale
14.
Tipologia di strutture
Numero strutture
0
Tipologia struttura
- Gruppo appartamento
- Casa famiglia
- Comunità alloggio
- Comunità di pronta accoglienza
104
-
Casa di riposo
Casa albergo
Strutture semiresidenziali (Centro diurno)
Altro (Appartamento degli utenti richiedenti)
x
Capacità di accoglienza della/e struttura/e (n. posti)
15. Numero utenti al 30.06.2011
2
1
16. Soggetto che gestisce
- Comune
- Convenzione
- Convenzione con Associazioni di volontariato
Altro (Specificare) Distretto socio-sanitario
17. Utenza annuale prevista
x
2
1
18. Personale coinvolto nel progetto
- Amministrativi
- Assistenti sociali
- Sociologi
0
0
0
0
- Pedagogisti
- Educatori professionali
- Operatori socio-sanitari
ASL
- Psicologi
- Mediatori culturali
- Altre figure (specificare LSU)
Medico di area neurologica
Autisti per trasporto utenti
2
7
1
19. Sede della struttura e/o dell’attività
Comuni del distretto
20. Liste di attesa
- Si (specificare i motivi)
Insufficienza di fondi Regionali e Comunali.
- No
x
21. Esistono strumenti di monitoraggio e verifica dei risultati?
- Si (specificare quali)
- No
x
105
-
Verifiche indirette con i familiari
-
Relazione semestrale e finale sull’andamento dell’affido
-
Questionario finale di verifica
-
Aumento delle famiglie che si rendono disponibili all’affido
-
Aumento delle segnalazioni di minori, da parte degli Assistenti Sociali dei
Comuni,corrispondente alla diminuzione di inserimenti in comunità
-
Attivazione di nuovi interventi che qualifichino ulteriormente il percorso affido
-
Maggiore collaborazione favorita dalla definizione condivisa dei ruoli educativi di ciascun
ente con il privato sociale
22. Esiste compartecipazione da parte degli utenti?
- Si, totalmente
- Si, parzialmente
- No
x
23. Quali sono le modalità di integrazione con la ASL?
Estensione del protocollo operativo esistente tra il Comune di Rieti e la ASL a tutti i Comuni
del distretto.
24. Finanziamenti e Cofinanziamenti previsti: specificare i costi
Cofinanziamento
Finanziamento
regionale
Assegni mensili
alle famiglie
affidatarie
75.025,73
Assegni integrativi
Totale
6.202,27
81.228,00
Provinciale
Comunale
Asl Altro
Totale
Finanziamento
75.025,73
6.202,27
81.228,00
106
Piano distrettuale per le tossicodipendenze (Legge 309/90)
Tipologie e bisogni prevalenti
L’U.O.C. Dipendenze e patologie d’abuso della ASL di Rieti, riferisce di una situazione territoriale
nei confronti di consumi di sostanze tendenzialmente non si discosta da quanto affermato già
nell’aggiornamento del piano di zona 2010.
Il fenomeno delle dipendenze patologie, da un punto di vista dell’analisi, sta assumendo anche nel
nostro territorio, negli ultimi anni, connotazione differenti sia per la tipologia dell’utenza che per le
modalità di consumo
Le caratteristiche dell’utenza, infatti si possono riassumere brevemente in.
• rapida evoluzione del profilo del consumatore: femminilizzazione dei consumi, crescita dei
fenomeni di alcol dipendenza, policonsumi di sostanze legali ed illegali, inizio del consumo
sempre di più ad una età precoce (circa 14 anni),
• difficoltà di aggancio da parte dei servizi pubblici soprattutto per chi abusa di nuove
sostanze o alcol dipendenti giovani che non riconoscono nell’abuso una vera forma di
dipendenza poiché sono cambiati i significati e la percezione del rischio
• Bisogni intermedi tra sanitario e sociale, soprattutto legati al disagio psichico e relazionale
di giovani e adulti; sempre di più i giovani che afferiscono al servizio presentano
problematiche di disagio spesso di doppia diagnosi. Tale disagio generalizzato viene
percepito spesso precocemente dagli operatori dei CIC (gli stessi dell’U.O.C. Dipendenze e
del consultorio adolescenti della stessa ASL)che operano nelle scuole superiori della
provincia
A fronte di una tale situazione, il servizio sta ripensando e lavorando intorno a nuove strategie di
prevenzione e cura, nonché alla riorganizzazione del sistema dei servizi, offrendo trattamenti
differenziati, flessibili, accoglienti e prossimi ad una domanda che è difficile intercettare e che
comunque muta velocemente, portandosi dietro non solo aspetti di ordine sanitario legati alla
dipendenza patologica ma anche di ordine sociale come quelli della casa, del lavoro, della
socializzazione.
Emerge anche quest’anno, perché problema irrisolto, la carenza nel territorio di soluzioni di
accoglienza abitativa a bassa soglia anche per persone in stato di cronicità ; è ormai divenuto
indispensabile anche per la nostra provincia individuare un luogo di pronta accoglienza dove
possano afferire persone sprovviste, anche momentaneamente di abitazione, o per carenze
economiche legate alle poche risorse lavorative o per problematiche legate ad un disagio sociale
più vasto (tossicodipendenza, senza fissa dimora, malati psichiatrici , immigrati ecc.)
Per gli aspetti del reinserimento sociale l’U.O.C. Dipendenze ,in questo anno, in collaborazione con
i diversi comuni del territorio oltre che con le altre istituzioni pubbliche e del privato sociale sta
sviluppando ,con modalità più strutturate e condivise un sistema di rete e raccordi che permetta di
realizzare progetti riabilitativi individualizzati, che ampli le opportunità di inserimento e che
favorisca il reingresso nel mondo del lavoro reale.
Per quanto attiene ai progetti di prevenzione, proprie per le caratteristiche del fenomeno emergente
la ASL ed il distretto socio sanitario si stanno adoperando per conoscere, consolidare ed integrare
tutti gli interventi sin qui svolti dai progetti in collaborazione con i servizi del territorio, strutturando
insieme progetti che abbiano validità scientifica perché già testati anche a livello europeo come il
107
progetto Unplagged che in questo anno scolastico verrà sperimentato nell’ultimo anno delle scuole
medie .
Il progetto di prevenzione distrettuale inserito nel piano di zona (ANTRAN) sta diventando non
solo un contenitore dei diversi progetti esistenti nel territorio, ma anche un volano di nuove idee e
progettualità con al collaborazione degli operatori pubblici che operano nella prevenzione sia in
ambito scolastico che per i centri giovanili .
Questa collaborazione che si sta consolidando è doverosa proprio per i dati dell’ U.O.C.
Dipendenze e Patologie d’abuso che confermano il trend già osservato negli ultimi due anni:
diminuzione dell’età di prima assunzione, abbassamento dell’età di presa in carico al servizio (23
anni) poliabuso di sostanze psicoattive, grave incremento di abuso di alcolici assunti per sballare; di
contro i pesanti disagi di ordine sociale, le carenze di ordine educativo sia in famiglia che a
scuola, le difficoltà nell’affrontare lo stress ed il quotidiano, la mancanza di opportunità lavorative,
,non aiutano i giovani ad inserirsi in maniera positiva nel contesto sociale.
I Servizi dunque si stanno attivando insieme per affrontare al meglio le nuove problematiche e i
le nuove forme di disagio giovanile ormai sempre più diffuse.
Per quanto attiene alla prevenzione ed alla promozione della salute si ravvisa la necessità di attivarsi
su due fronti specifici espressi anche nel progetto di prevenzione “ANTRAN”: creare spazi di
socializzazione per i giovani, non connotati in maniera specifica, nei centri giovanili e di
aggregazione nei quali poter ascoltare i giovani e i loro disagi; attivarsi all’interno delle scuole , in
collaborazione con gli operatori dei CIC per attivare progetti mirati di prevenzione primaria.
Nell’ambito del reinserimento sociale si ritiene opportuno rafforzare la rete dei servizi pubblici e
privati per ampliare le opportunità di inserimento collaborando con il provato sociale e le
associazioni non profit.
Lo stato dell’arte dei progetti annualità 2011
Progetto di prevenzione “ANTRAN”
I due progetti di prevenzione e di reinserimento in questo anno, si sono rimodulati proprio per
affrontare più efficacemente le criticità riscontrate dai servizi e si sono ampliati, nello specifico il
progetto di prevenzione verso altri campi di azione, in particolare nelle scuole .
Pertanto nell’anno 2011 il progetto Antran ha sviluppato diverse attività appresso specificate:
• E’ stato concluso il cortometraggio che ha visto protagonisti circa 15 giovani di 4 centri
giovanili progettato già nel 2009
Già dalla fine del 2009 i ragazzi, insieme alle sentinelle, adulti di riferimento, hanno iniziato
a scrivere la sceneggiatura di 4 brevi racconti che narrassero storie di vita giovanili; tali
racconti sono stati poi sviluppati in un cortometraggio dalla società di cinematografia
“Mediart” con gli stessi ragazzi come attori delle loro storie.
Questo progetto ha avuto molteplici obiettivi il primo dei quali è stato quello di formare un
gruppo di giovani che parlassero dei loro disagi traducendoli in storie ed in filmato con
l’obiettivo di raccontare e di far parlare altri giovani . Tale video intitolato “Storie a
matita” si sta rivelando uno degli strumenti di lavoro importante per la promozione della
salute all’interno dei centri giovanili, delle scuole ed in tutti i luoghi di aggregazione. Il
cortometraggio è stato presentato il giorno 26/11/2010 alla cittadinanza .
108
• La commissione , nel corso di quest’anno, ha attivato una serie di incontri con le scuole
superiori al fine di progettare interventi di prevenzione alle dipendenze utilizzando il video
“Vite a matite”. Quasi tutte le scuole superiori hanno risposte positivamente al progetto.
Un primo intervento sperimentale è stato già realizzato con una classe del liceo scientifico di
Rieti al fine di testare le modalità di intervento.
• Le collaborazioni attivate già dal 2010 dalla Commissione ANTRAN con gli operatori dei
Centri di Informazione e Consulenza della ASL di Rieti, attivi in tutte le scuola medie
superiori , hanno già dato risultati positivi tanto che nell’anno scolastico 2011/2012 gli
operatori dei CIC e di ANTRAN , con equipe integrate inizieranno a svolgere attività di
prevenzione nelle scuole medie superiori utilizzando, la dove è possibile, il cortometraggio
realizzato dai ragazzi dei centri giovanili.
• In questo anno inoltre due comuni del distretto hanno richiesto la collaborazione di
ANTRAN e dell’Informagiovani del Comune di Rieti per realizzare progetti di aggregazione
giovanile all’interno del loro territorio
Progetto di reinserimento socio Lavorativo “Il lavoro da scoprire”
Il progetto ha visto nel 2011 la partecipazione di 3 (2 uomini e 1 donna) utenti dell' Area
Dipendenza, di cui uno ex alcolista e un due con pregresse problematiche di poliabuso . Nel 2011
il progetto di reinserimento non ha potuto subire sviluppi ulteriori per le difficoltà di erogazione
economica dei fondi da parte del comune capofila alla cooperativa ospitante .
Il contesto lavorativo presso cui gli utenti, quest’anno, hanno svolto l'attività è stato quello di una
cooperativa sociale integrata con esperienza di inserimenti di persone svantaggiate; questo ha
permesso al servizio, nella fase iniziale, di effettuare delle specifiche scelte rispetto ad alcuni utenti
per i quali l'attenzione alle difficoltà relazionali ed emotive ha prevalso sui compiti più produttivi e
sull'acquisizione di competenze specifiche.
I 3 utenti hanno svolto il loro reinserimento nella Cooperativa Sociale integrata “Oltre” ; due di
loro nel settore della tipografia , il terzo nel laboratorio del restauro.
Gli obiettivi degli inserimenti lavorativi protetti effettuati all'interno di un percorso terapeutico
riabilitativo cosi come previsto dal progetto " Il lavoro da scoprire" e cosi come è stato già
evidenziato nel primo minipiano per le dipendenze, sono stati
1. mantenere una condizione di drug free,
2. riappropriarsi dei ruoli sociali,
3. acquisire capacità per fronteggiare situazioni a rischio
4. riacquisire regole e senso della vita quotidiana
5. permettere un graduale reinserimento nel proprio sistema di relazioni familiari e sociali
6. acquisire responsabilità, autonomia ed indipendenza
7. ri- attivare le competenze relazionali
8. ri- acquisire competenze e capacità lavorative e professionali.
Per i borsisti il lavoro protetto ha avuto obiettivi , all’inizio ,più a bassa soglia (in particolare con
un utente) come la ri-acquisizione di regole della vita quotidiana, ri-acquisizione di competenze
relazionali ; per altri, invece, attraverso il lavoro, sono stati raggiunti obiettivi a più alta soglia
come l'acquisizione di specifiche competenze nell'ambito di una sempre maggiore differenziazione
dei compiti, per un terzo ancora il lavoro ha rappresentato la riappropriazione di un ruolo familiare
e sociale che ha comportato la stabilizzazione della situazione familiare.
A giugno 2011 un utente è uscito dal programma di reinserimento per problematiche legate
all’abuso di alcol correlate ad un disturbo di personalità . Pertanto negli ultimi 6 mesi gli utenti sono
stati solo due.
E’ al momento difficile inserire nuove persone proprio per le difficoltà di regolarizzare il sostegno
economico del comune capofila alla cooperativa che spesso è costretta ad anticipare il rimborso
109
spese ai borsisti con fondi propri. Tale difficoltà di ulteriori inserimenti diventano ancora più
pesanti nella misura in cui diminuiscono, anche a livello regionale, i fondi a disposizione per il
nostro distretto; a fronte di una sempre maggiore richiesta di progetti di reinserimento in cui il
lavoro è lo strumento terapeutico principale, si evidenzia , negli anni , una sempre maggiore
diminuzione dei fondi a disposizione che sicuramente non aiutano a sostenere progetti efficaci.
Comunque si sottolinea come l'esperienza lavorativa abbia determinato, per tutti, una crescita nella
capacità di collaborare e di sostenersi reciprocamente, aumentando l'empowerment.
Il progetto quindi ha avuto comunque un esito positivo, in quanto tutti hanno raggiunto gli
obiettivi prefissati dal progetto terapeutico individualizzato.
110
PROGETTI LEGGE 309/90
1. Titolo del progetto
IL LAVORO DA SCOPRIRE: conoscenze costruite nella convivenza
2. Nuovo progetto
- Si
-No
X
3. Progetto già avviato
- Si
■
- No
4. Se il progetto dà continuità a servizi/strutture già attivati, indicare se amplia l’ambito
territoriale c/o l’utenza di riferimento
il progetto di reinserimento lavorativo è parte integrante di un progetto terapeutico
individualizzato per persone afferenti all’ U.O.C. Dipendenze e Patologie d’abuso della ASL
che si trovano in una fase avanzata del programma terapeutico o persone all’uscita dal carcere.
I pazienti con programmi a media- alta soglia possono accedere al lavoro in ambiente protetto
dove, ri-acquistano capacità relazionali , autostima oltre che competenze lavorative spendibili
nel mercato de lavoro .I fondi a disposizione nel 2011 non potranno ampliare l’utenza di
riferimento.
5. Descrizione delle attività, dei servizi e/o prestazioni previste dal progetto (es. casa famiglia,
comunità alloggio, servizio di assistenza domiciliare, ADI)
I pazienti sono inseriti nelle attività di una cooperativa sociale integrata (“Oltre”) dove svolgono
attività di restauro, tipografiche, sempre con la presenza di un tutor. Si verificherà sul campo la
possibilità di aggiungere un'altra cooperativa capace di accogliere persone segnalate dall’U.O.C.
Dipendenze che abbia una esperienza nel settore al fine di ampliare la gamma delle attività
6. Liveas
Le borse lavoro ed ogni altra formula di inserimento lavorativo permettono a persone emarginate
per le caratteristiche della patologia ,di sperimentare percorsi di inclusione sociale e lavorativa
con l’obiettivo finale di un possibile inserimento reale nel mondo del lavoro . Il lavoro è lo
strumento più efficace per rinforzare le capacità personali indispensabile per uscire da ogni forma
di dipendenza patologica.
7. Macroarea
Area disagio
8. Costo del progetto
€ 24.234,50 (DGR n. 202 del 6.05.2011)
9. Servizi/prestazioni erogati
Lavoro in ambienti protetti con un tutoraggio continuo che ha dato agli utenti l’opportunità di
consolidare le proprie capacità/risorse personali in termini di autostima e di relazione oltre che
offrire formazione professionale sul campo
10. Bacino di utenza
a. Distrettuale
b. Sub-distrettuale (specificare i Comuni)
■
111
c. Comunale (specificare il Comune)
11. Tipologia di utenza
Max. 4 utenti selezionati dagli Operatori del SER.T. con un programma ad alta soglia
12. Obiettivi del progetto
Obiettivi generali: Reinserimento sociale e lavorativo per soggetti che hanno concluso un
programma terapeutico, o persone all’uscita dal carcere attraverso un programma di reinserimento
progressivo.
Obiettivi specifici:
- rientro graduale all’interno del proprio sistema di relazione garantendo la continuità del
rapporto con la propria comunità di appartenenza;
- mantenimento dello stato di astensione dall’uso di sostanze psicoattive;
- cogestione dei compiti e mansione della vita comunitaria;
- riattivazione di positive competenze relazionali, nella consapevolezza di sé e del proprio
ruolo;
- orientamento alla scelta formativa;
- formazione professionale;
- inserimento lavorativo attraverso tirocini.
13. Tempi di attuazione
Annuale
14. Tipologia di strutture
Numero strutture
1/2
Tipologia struttura
- Gruppo appartamento
- Casa famiglia
- Comunità alloggio
- Comunità di pronta accoglienza
- Casa di riposo
- Casa albergo
- Strutture semiresidenziali (Centro diurno)
- Altro (specificare) Coperative sociali integrate
Capacità di accoglienza della/e struttura/e (n. posti)
15. Numero utenti:
6
16 oggetto che gestisce
- Comune Capofila del Distretto RI/1
- Convenzione
- Convenzione con Associazioni di volontariato
- Altro (Specificare)
17. Utenza annuale prevista:
■
4
112
18. Personale coinvolto nel progetto
- Esperto in materie legali - Amministrativo
- Assistenti sociali laureati
- Sociologi
- Psicologi
- Pedagogisti
- Educatori professionali
- Operatori socio-sanitari
- Volontari
- Mediatori culturali
- Altre figure: Inservienti
- Medico di area neurologica
- Autisti per trasporto utenti
- Infermiere professionale
1
2
1
19. Sede della struttura e/o dell’attività
Comune di Rieti
20. Liste di attesa
- Si (specificare i motivi) X - utenti che possono proseguire il percorso terapeutico attraverso
un lavoro protetto per i quali non sono sufficienti i finanziamenti previsti per il 2011
- No
21. Esistono strumenti di monitoraggio e verifica dei risultati?
- Si (specificare quali)
■
riunioni di gruppo; riunioni periodiche d’equipe; rispetto degli accordi terapeuticiriabilitativi sottoscritti dagli utenti inseriti nel progetto riunioni con la/le cooperativa
- No
22. Esiste compartecipazione da parte degli utenti?
- Si, totalmente
- Si, parzialmente
- No
■
23. Quali sono le modalità di integrazione con la ASL?
Il SER.T. della A.U.S.L. provvede alla preparazione e selezione di coloro che fra i propri utenti
risultino essere in grado di sostenere impegni di reinserimento lavorativo e effettua, le valutazioni
periodiche sul percorso terapeutico lavorativo.
Riunioni Ser.T Comune capofila sull’andamento del progetto
24. Finanziamenti previsti: specificare i costi
€. 24.234,50
113
1. Titolo del progetto
ANTRAN
2. Nuovo progetto
- Si
- No
X
3. Progetto già avviato
- Si
X
- No
4. Se il progetto dà continuità a servizi/strutture già attivati, indicare se amplia l’ambito
territoriale c/o l’utenza di riferimento
Il progetto, in questo anno si è ampliato, in seguito all’inserimento nel paino di zona,sia in termini
di collaborazioni che di progettualità a tutto il distretto per cui si sono attivati nuovi centri di
aggregazione giovanile nei diversi paesi del distretto. Il video “Vite a Matita” presentato con una
conferenza pubblica, si sta adoperando per i progetti di prevenzione nelle scuole.
La esiguità dei fondi per il 2011 limitano di fatto lo sviluppo di ulteriori progettualità
5. Descrizione delle attività, dei servizi e/o prestazioni previste dal progetto (es. casa famiglia,
comunità alloggio, servizio di assistenza domiciliare, ADI)
progetti di prevenzione in tutte le scuole medie superiori , in collaborazione con gli operatori
CIC, con l’utilizzo del video “Vite a matita”
Incontri con alcune Amministrazioni Comunali del distretto per la creazione di
Informagiovani
PARTENARIATO
ANTRAN è un progetto pilota che nasce dalla collaborazione del Centro Giovanile del Comune di
Rieti – Assessorato ai Servizi Sociali, A.U.S.L. di Rieti – D.I.S.S.T.M.I. e A.D.P.A., Comunità
Emmanuel - Centro Pedagogico di Rieti
Gli Operatori, che sono rappresentanti del partenariato, compongono una Commissione tecnicoscientifica che ha il compito di valutare la fattibilità, l’efficacia e l’efficienza degli interventi e, non
ultimo, ha il compito di valutare l’intero processo ed i risultati raggiunti attraverso le azioni
progettuali. L’istituzione della Commissione permette le verifiche in progress, evidenziando le
positività e le criticità delle azioni progettuali.
Il progetto dedicato inizialmente alla promozione della aggregazione giovanile attraverso
l’istituzione e il potenziamento dei centri giovanili già esistenti sull’intero territorio del Distretto
, ha poi sviluppato anche con la collaborazione dei partner quali la comunità terapeutica,
l’informagiovani e la Asl altri possibilità progettuali diventando una fucina di idee allo scopo
di impegnare capacità, potenzialità e risorse in maniera efficace ed efficiente, percorrendo la
strada della promozione al benessere olistico della persona.
6. Liveas
la rilevanza del progetto risiede nella funzione di prevenzione dei comportamenti giovanili
devianti che possono portare a conclamati stati di emarginazione sociale (delinquenza,
tossicodipendenza, comportamento antisociale in genere) che stanno ponendosi sempre più
all’attenzione come emergenze sociali.
114
7. Macroarea
Area minori, giovani e famiglie
8. Costo del progetto
€ 24.234,50 (DGR n. 202 del 6.05.2011)
9. Servizi/prestazioni erogati
Offrire ai giovani delle scuole superiori la possibilità di confrontarsi, con esperti e con
strumenti nuovi quali il video ideato e realizzato da ragazzi , sui temi del benessere e del
disagio
possibilità ai giovani del Distretto di acceder in forma libera ad una struttura che proponga,
sotto opportuno coordinamento di persona che sappia “leggere” il disagio adolescenziale e
giovanile, attività ed incontri che offrano stili positivi di vita e che educhino a tale finalità.
10. Bacino di utenza
a. Distrettuale
b. Sub-distrettuale (specificare i Comuni)
c. Comunale (specificare il Comune)
2.
■
Tipologia di utenza
Popolazione giovanile di età compresa fra i 12 ed i 30 anni
Genitori dei bambini accolti in asilo nido
3.
Obiettivi del progetto
Le finalità del Progetto oltre a quelle evidenziate nel progetto inviato alla Regione Lazio nell’anno
2004 se ne sono previste altre :
•
Prevenzione delle dipendenze patologiche attraverso la riduzione del disagio con conseguente
riduzione della domanda della sostanza o del comportamento di abuso.
•
•
•
Promuovere il ben –essere dei ragazzi in ambito scolastico ed extra scolastico
Emersione dei fenomeni relativi al disagio ancora sommersi e/o latenti.
Promozione dell’aggregazione basata su modelli comportamentali positivi e sani con nuove
attività e nuovi strumenti più adeguati alla popolazione giovanile
Interessamento della fascia d’età compresa fra i 12 ed i 30 anni.
•
4.
Tempi di attuazione
Annuale
5.
Tipologia di strutture
Numero strutture
Le Scuole superiori
0
Tipologia struttura
- Gruppo appartamento
- Casa famiglia
- Comunità alloggio
115
-
Comunità di pronta accoglienza
Casa di riposo
Casa albergo
Strutture semiresidenziali (Centro diurno)
Altro (Centri Giovanili)
Genitori, Associazioni
■
Capacità di accoglienza della/e struttura/e (n. posti)
15. Numero utenti: Variabile
16 oggetto che gestisce
- Comune Capofila del Distretto RI/1
- Convenzione
- Convenzione con Associazioni di volontariato
- Altro (Specificare)
■
17. Utenza annuale prevista: Variabile
18. Personale coinvolto nel progetto
- Operatori CIC
- Assistenti sociali laureati (SER.T. “Commissione”)
- Sociologi (“Commissione”)
- Psicologi (“Commissione”)
- Pedagogisti
- Educatori professionali (Centro giov. “Commissione”)
- Operatori socio-sanitari
- Volontari
- Mediatori culturali (“Sentinelle”)
- Altre figure: Inservienti
- Medico di area neurologica
- Autisti per trasporto utenti
- Infermiere professionale
8
1
2
1
2
3
19. Sede della struttura e/o dell’attività
Comune di Rieti
20. Liste di attesa
- Si (specificare i motivi)
Insufficienza di fondi Regionali e Comunali.
- No
■
21. Esistono strumenti di monitoraggio e verifica dei risultati?
- Si (specificare quali)
■
incontri periodici (max quindicinali) della “Commissione” per la verifica periodica
dell’efficacia dei progetti anche con gli operatori coinvolti
- No
22. Esiste compartecipazione da parte degli utenti?
116
- Si, totalmente
- Si, parzialmente
- No
■
23. Quali sono le modalità di integrazione con la ASL?
L’A.D.P.A., all’interno della “Commissione”, si occupa degli interventi di prevenzione, cura e
reinserimento riguardo le dipendenze latenti e patologiche conclamate.
24. Finanziamenti previsti: specificare i costi
€. 24.234,50
117
Soggiorni estivi e week-end di sollievo in luoghi di villeggiatura per
disabili in età evolutiva e adulti
Si tratta di una iniziativa erogata a favore di 5 utenti con disabilità, ai quali viene garantita la
partecipazione a soggiorni estivi e ad attività a carattere ludico-ricreativo nel territorio del Comune
di Rieti.
Si tratta di gite della durata breve volte a garantire agli utenti e alle loro famiglie un week-end di
sollievo: ai primi con un’attività ludico-ricreative che li porta lontano dai luoghi della quotidianità;
ai secondi, garantendo un week-end di relax senza le incombenze tipiche di chi ha un familiare
disabile e che vede ricadere su di lui la gran parte degli oneri di assistenza.
Visto l’esiguo importo finanziato, 4.075,00 euro, questo anno il progetto sarà attivato per soli 5
utenti.
118
Punto unico di accesso (PUA)
Il distretto Socio-Sanitario Ri1 ha dato avvio ai processi che avranno come momento finale
l’attivazione del PUA, quale funzione in grado di fornire informazioni e orientamento al cittadino,
risolvere problemi semplici e rinviare i casi a maggior complessità verso le sedi adeguate (funzione
filtro – triage), attivando un’unità funzionale di pre-valutazione integrata, così come indicato dalle
Linee d’Indirizzo della Regione Lazio.
L’attivazione del PUA integrato socio-sanitario colma una mancanza rispetto a quanto già previsto
dall’art. 5 del “Regolamento Di Organizzazione Del Distretto” emanato dalla’Asl di Rieti.
Art. 5
Punto Unico di Accesso (P.U.A.)
Il PUA (Punto Unico di Accesso) integrato, sanitario e sociale è il front office avanzato distrettuale
con la funzione di realizzare una presa in carico “ globale” del bisogno del cittadino (sociale,
sanitario o sociosanitario) mediante attivazione di una rete dei servizi idonea a dare la risposta più
immediata ed appropriata. Detto strumento realizza l’integrazione e il raccordo fra servizi, enti,
agenzie pubbliche e private diverse.
Il Punto Unico di Accesso distrettuale (PUA) è luogo del Distretto sociosanitario che svolge
funzione di prima valutazione del bisogno, orientamento del cittadino ed eventuale iniziale presa in
carico.
Fornisce informazioni ed orientamento al cittadino, risolvendone i problemi semplici e rinviando i
casi di maggior complessità ai servizi preposti; effettua una pre-valutazione integrata attraverso
strumenti di valutazione multidimensionale standardizzati e semplificati; si relaziona con la rete dei
servizi ed effettua la presa in carico per i differenti livelli di intensità assistenziale, mediante
valutazione multidimensionale.
Le stesse Linee d’Indirizzo colgono alcuni elementi di criticità del distretto Ri1 (criticità peraltro
comuni ad altre realtà) e di cui si è detto in questo Piano e di cui si dovrà tener conto in sede di
attivazione del PUA:
-
la carenza di Assistenti Sociali nei 23 piccoli Comuni del distretto, cui si è ovviato con
l’attivazione del Segretariato Sociale;
-
le difficoltà legate alla dimensione e conformazione geografica del territorio (che in passato
aveva indotto il distretto a suddividersi in 2 sub-aree), che comporta difficoltà di
spostamento da un punto all’altro del distretto con tempi di percorrenza molti elevati.
Per far fronte a questa particolare situazione, nei Comuni più piccoli del distretto socio-sanitario
Ri1 ci si avvarrà “anche degli “sportelli distrettuali” o degli “sportelli di cittadinanza” (Segretariati
Sociali), presenti nei Comuni e nelle associazioni intercomunali.”, così come previsto al punto 2.4
delle Linee d’Indirizzo Regionali.
119
Per facilitare il lavoro del PUA nell’indirizzamento degli utenti ai servizi adeguati al loro bisogno, il
distretto metterà a disposizione la “Banca dati” dei Servizi Attivati dai Comuni (Punto 3.2 delle
Linee di Indirizzo Regionali), che ormai da diversi anni è stata attivata dall’Ufficio di Piano. Questa
raccoglie sistematicamente i dati sulle strutture e i servizi attivi per i cittadini nei Comuni afferenti
al distretto ed è allegata al presente Piano di Zona.
Un ulteriore strumento che sarà posto a disposizione dal distretto saranno i siti istituzionali dei
Comuni afferenti al distretto e della Asl, nonché il sito dell’Osservatorio Comunale sulla Qualità e
le Politiche Sociali attivo ormai da anni presso l’Assessorato alle Politiche Sociali del Comune di
Rieti.
Al momento, sono stati approntati la bozza di Protocollo d’Intesa e di Regolamento del PUA che
saranno sottoposti ai fini dell’approvazione all’Assemblea dei Sindaci del distretto e al Direttore
della Asl di Rieti (che si propongono qui di seguito).
120
BOZZA DI PROTOCOLLO D’INTESA
TRA I COMUNI DEL DISTRETTO SOCIO-SANITARIO RI/1 e IL DISTRETTO AUSL
RIETI PER LA REALIZZAZIONE DEL “Punto Unico di Accesso, PUA”
Visto il Decreto Legislativo n. 229 del 19 giugno 1999 “Norme per la razionalizzazione del Servizio
sanitario nazionale a norma dell'art.1 della Legge 30 novembre 1998 n. 419” con riferimento alla
parte relativa all'integrazione sociosanitaria (art.3 septies);
Vista la Legge n. 328 del 8 novembre 2000 “Legge quadro per la realizzazione del sistema
integrato di interventi e servizi sociali";
Vista la DGR Lazio n. 433 del 19 giugno 2007 “Indicazioni ed interventi per la realizzazione di
iniziative tese ad integrare le attività sanitarie e sociosanitarie. Incentivazione dei processi di deospedalizzazione nella Regione Lazio”;
Visto il Decreto del Presidente della Regione Lazio in qualità di Commissario ad Acta n. U 0018
del 5 settembre 2008 allegato 1 “Programmazione per l’integrazione sociosanitaria nella Regione
Lazio” ed allegato 2 “Linee guida per la stesura del Piano Attuativo Locale Triennale 2008-2010”
nella parte relativa alla progressiva istituzione presso ogni Distretto Sanitario, di un Punto Unico di
Accesso Integrato (PUA), con funzioni di orientamento ed accompagnamento, interconnessione,
continuità assistenziale, valutazione e personalizzazione dell’assistenza;
Vista la Legge Regione Lazio n 2 del 27 02 2009 “ Istituzione del centro di accesso unico alla
disabilità (CAUD). Modifica alla legge regionale 12 dicembre 2003 n. 41 (Norme in materia di
autorizzazione all’apertura ed al funzionamento di strutture che prestano servizi socioassistenziali)“
Vista Legge 7 giugno 2000 n. 150 “Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione
delle Pubbliche Amministrazioni”;
Preso atto che la realizzazione della Punto Unico di Accesso al sistema dei servizi sociali e sanitari
ha come caratteristica peculiare il fatto di considerare la persona nella sua unità permettendo di
affrontare le situazioni nella loro complessità, attraverso una azione integrata e globale in modo tale
da poter rispondere esaurientemente all’esigenza di informazione e di orientamento dei cittadini;
Considerato che il “Punto unico di accesso integrato sanitario e sociale (PUA), inteso quale
funzione del Distretto è in grado di fornire informazioni e orientamento al cittadino, risolvere
problemi semplici e rinviare i casi a maggior complessità verso le sedi adeguate”, per la ASL, tali
sedi vanno individuate con i servizi sanitari, per i Comuni con i propri servizi sociali e socioassistenziali, svolgendo così una funzione di filtro e triage, svolgendo un’attività di pre-valutazione
integrata, che potrà essere svolta sia in uno o più punti di accesso, ma anche promossa come
funzione e modello organizzativo” (Allegato linee guida Decreto del Presidente della Regione Lazio
2008)
I COMUNI DEL DISTRETTO SOCIO-SANITARIO RI/1 e l’AUSL Rieti nella persona
dell’Assessore alle Politiche Sociali di Rieti, in qualità di Comune Capofila, e nella persona del
Direttore del Distretto Sanitario,
121
sottoscrivono il presente protocollo di intesa per l’attivazione del Punto Unico di Accesso rivolto ai
cittadini presenti nel Distretto Socio-Sanitario Rieti1.
ART 1
Finalità
Obiettivo del presente Accordo sono :
realizzare attraverso il Punto Unico di Accesso (P.U.A.) una modalità e un sistema di accesso ai
servizi sociali e sanitari – da parte dei cittadini presenti nel territorio (residenti, domiciliati, presenti
temporaneamente) del Distretto Socio-Sanitario Rieti1, che garantisca alla singola persona e alla
collettività un’informazione e un orientamento ai servizi sanitari, socio-sanitari, sociali e socioassistenziali presenti nel territorio del Distretto Socio-Sanitario Rieti1 o in altri territori, questo in
particolare per gli interventi di tipo sanitario e socio-sanitario.
ART 2
Obiettivi del PUA
a)
Il PUA si pone:
1.
“con una funzione prevalente di orientamento e accompagnamento”, in questa funzione si
pone come sistema di sicurezza per il cittadino per “trovare il servizio giusto” in grado di rispondere
al proprio bisogno di assistenza;
2.
come sistema di rete integrato dei servizi socio-sanitari, garantendo una vera e propria presa
in carico del cittadino, attraverso anche una valutazione di primo livello dei differenti livelli di
intensità assistenziale, mediante valutazione multidimensionale.
b)
Il PUA per la funzione che svolge promuove, direttamente ed indirettamente, un modello di
accoglienza ed orientamento dei cittadini, facilitando altresì la cultura dell’integrazione tra i servizi
e gli interventi in ambito socio-sanitario ;
c)
Il PUA deve essere considerato come uno “spazio” fisico e funzionale non monotematico,
dove il cittadino di qualunque fascia di età, con qualunque problematica sanitaria, socio-sanitaria,
socio-assistenziale, di qualunque estrazione sociale ed etnia, può e deve trovare il giusto
orientamento ai servizi. Il ché significa che nel PUA avranno titolo ad essere accolte e gestite tutte
le istanze: da quelle delle persone diversamente abili, a quelle dei minori, da quelle degli anziani a
quelle con particolari patologie, da quelle con disagi socio-assistenziali a quelle disagi psicologici;
d)
Per una ottimizzazioni delle risorse, una gestione più efficace ed efficiente delle richieste,
per migliorare la capacità di accoglienza e di risposta ai cittadini, tutte le diverse attività
attualmente configurate come punti o sportelli indipendenti dedicati dovranno confluire all’interno
del PUA. Fermo restando che si dovrà dare visibilità e chiara tracciabilità dell’accoglienza destinata
alle diverse tipologie di utenze attraverso specifiche campagne informative e promozionali integrate
promosse e attuate dagli uffici e servizi deputati a tale funzione;
e)
Funzione del PUA è promuovere una semplificazione dei percorsi che i cittadini debbono
seguire attraverso un’appropriata accoglienza ed una attenta analisi dei bisogni.
122
f)
Garantire un sistema aggiornato dei dati riguardanti le diverse risorse sanitari, sociosanitarie, sociali, socio-assistenziali pubbliche, del privato accreditato, dell’associazionismo e del
volontario attraverso la banca dati del Distretto Socio-Sanitario Rieti1;
g)
Promuovere, attraverso i rispettivi servizi competenti delle programmate campagne di
informazione rivolte ai cittadini e alle istituzioni sia pubbliche che del privato sociale.
ART.3
Procedure di attuazione
Al fine di rendere operativo e adeguato alle reali esigenze dei cittadini l’Assessore alle Politiche
Sociali di Rieti, in qualità di Comune Capofila, e il Direttore del Distretto Sanitario, direttamente o
tramite i Servizi di riferimento dovranno definire entro 30 giorni dalla sottoscrizione del presente
Protocollo un REGOLAMENTO che definisca:
•
modalità di organizzazione e gestione del PUA;
•
procedure di erogazione degli interventi;
•
le modalità di accesso dei cittadini al PUA;
•
giorni e orari di apertura al pubblico, diretta, telefonica, via e-mail;
•
le risorse umane, strutturali, strumentali, economiche, impegnate dai due Enti;
•
l’individuazione di referenti da parte degli Enti sottoscrittori del presente protocollo.
L’attività di programmazione e verifica che si prevede debba essere effettuata almeno ogni 6 mesi
dai firmatari del presente protocollo, e che può prevedere modifiche e cambiamenti in rapporto alle
esigenze del territorio, non richiede nessuna modificazione del presente atto in quanto indipendente
dallo stesso, seppure ed esso correlata negli obiettivi e nelle finalità che non possono essere
disattese.
.
ART. 4
Modifiche e durata del Protocollo d’Intensa.
Il presente Protocollo d’Intesa può essere sottoposto a verifica, modificazione ed integrazioni su
richiesta di una delle parti, ma non prima da un anno di sperimentazione dalla data del presente
Protocollo.
Il presente Protocollo d’Intesa, sottoscritto dai legali rappresentanti delle Amministrazioni
interessate, è approvato ai sensi dell’art. 34, comma 1, del D.Lgs 267/2000.
Rieti li_________________________
Letto confermato e sottoscritto
l’Assessore alle Politiche Sociali di Rieti
Direttore del Distretto Sanitario
Comune Capofila
123
BOZZA DI REGOLAMENTO DEL “PUNTO UNICO D’ACCESSO”
(PUA)
Approvato dai Comuni Del distretto Socio-Sanitario Ri1 con Assemblea del __/__/201_
Art 1 – OGGETTO
Il presente regolamento disciplina gli interventi di carattere sociosanitario in risposta ai bisogni
complessi, erogati a favore dei cittadini residenti o temporaneamente presenti nei Comuni del
Distretto Sociosanitario di Rieti1.
Tali interventi vengono attivati con l’istituzione di un PUA (Punto Unico di Accesso) integrato
Distrettuale e comportano, scelte condivise sulle modalità di recepimento dei bisogni e
dell’omogeneità delle risposte socio assistenziali date, con assunzione di responsabilità negli
adempimenti e nelle decisioni ed il reciproco coinvolgimento degli Enti aderenti alla gestione
associata.
Con il presente regolamento si vogliono definire gli aspetti organizzativi generali del Servizio,
nonché, gli aspetti procedurali inerenti le fasi di intervento previste dal progetto. Gli interventi
hanno la funzione di garantire ai cittadini risposte personalizzate rispetto ai loro bisogni ed allo
stesso tempo equità di trattamento per l’accesso ai servizi. Inoltre il sistema della rete
opportunamente attivato permette l’omogeneità della risposta per tutto l’ambito Territoriale del
Distretto nel rispetto almeno dei Livelli Essenziali di Assistenza.
Nel Regolamento vengono descritte le modalità di accesso ai servizi e di valutazione omogenea al
fine di favorire l’unitarietà della risposta a parità di bisogno, con particolare riferimento alla tutela
dei soggetti più deboli.
Inoltre, al fine di garantire risposte adeguate in tempi certi e soprattutto la continuità assistenziale ,
in modo particolare nel caso di interventi Ospedale – Territorio , definisce le modalità di interazione
tra le varie strutture esistenti nel territorio, concorrendo ad un utilizzo più appropriato del ricorso al
ricovero nelle strutture ospedaliere.
Disciplina, altresì, il funzionamento dell’équipe multidisciplinare e i rapporti tra questa e i servizi
sociali e sanitari degli Enti aderenti alla gestione associata.
Art. 2 – FINALITA’ DEL SERVIZIO
Il Punto Unico di Accesso (PUA) rappresenta il luogo di attivazione della rete socio-sanitaria
territoriale, dove si realizza l’integrazione istituzionale tra i servizi sociali e i servizi sanitari e
l’integrazione professionale delle diverse figure coinvolte.
Il PUA garantisce, anche attraverso la tempestiva attivazione delle UV (Unità di Valutazione
garantita dall’équipe multidisciplinare), la tempestività e la continuità delle cure alla persona con
problemi socio-sanitari complessi, assicura adeguate informazioni sull’offerta dei servizi a sostegno
di una scelta consapevole dell’utente e della sua famiglia, garantisce una valutazione
multidimensionale del bisogno e la predisposizione di un progetto personalizzato, accorciando i
tempi di risposta ed evitando percorsi complicati che costituiscono spesso le cause
dell’ospedalizzazione impropria.
Attraverso i tre livelli operativi individuati nel progetto, si intende assicurare:
- l’accoglienza, l’ascolto e la valutazione del bisogno socio-sanitario;
- l’equità nell’accesso ai servizi, con particolare tutela dei soggetti più deboli;
- l’unitarietà della risposta.
Art. 3 – ÉQUIPE MULTIDISCIPLINARE
L’équipe multidisciplinare della rete PUA-UVT è costituita, come da Progetto, dai seguenti
operatori:
- N. __ Operatori Sociali dei Comuni del Distretto Sociosanitario ;
124
- Medici referenti del PUA del Distretto Sociosanitario;
- N. __ Assistenti Sociali referenti del PUA del Distretto Sociosanitario;
- N. __ Infermieri del PUA del Distretto Sociosanitario;
- N. ___ Istruttori Amministrativi del PUA del Distretto Sociosanitario;
- N. __ Assistenti Sociali Pua territoriale II° livello (18 ore settimali);
- N. __ Assistente Sociale Ospedale-territorio (30 ore settimanali).
- N. __ Psicologo Pua territoriale II° livello (16 ore settimanali).
I componenti dell’équipe multidisciplinare operano nei tre livelli d’intervento, contemplati nel
Progetto, in termini collaborativi e in un ottica di costante integrazione degli interventi
sociosanitari. Collaborano per l’attuazione del Progetto personalizzato, sia in ordine agli specifici
interventi previsti, sia nell’espletamento della attività necessarie alla concretizzazione delle azioni
programmate.
Art. 4 – SEGNALAZIONE
La segnalazione può essere di due tipi:
Diretta, quando il cittadino, un suo familiare o il suo rappresentante legale, si rivolge al servizio
personalmente per segnalare un bisogno.
Indiretta: quando il PUA riceve una segnalazione dal Medico di Medicina Generale, dalla struttura
ospedaliera o da altra fonte non contemplata nella segnalazione diretta (Interlocutori istituzionali
locali e del Terzo Settore; Operatori dei servizi sociali; Operatori dei servizi sanitari).
La presentazione della domanda può avvenire o con accesso diretto o tramite altri mezzi di
comunicazione (telefono, fax, mail). La comunicazione va sempre indirizzata al Front Office del
PUA.
Art. 5 – I LIVELLI OPERATIVI DEL PUA
Il PUA è organizzato nei seguenti tre Livelli Operativi:
I Livello: accesso, in termini di accoglienza, informazione, orientamento e accompagnamento
(Funzioni Front Office)
L’attività di primo livello viene svolta da tutti gli operatori sociali dei Comuni del Distretto e dagli
operatori del PUA sito nel Distretto Sociosanitario della Asl di Rieti.
Il primo livello (Front Office) rappresenta la porta d’accesso ai servizi, nella quale l’operatore
assume un ruolo centrale nell’accoglienza, ascolto e orientamento dell’utente, finalizzato a fornire
risposte adeguate ai bisogni espressi.
L’operatore di primo livello fornisce informazioni sulle risorse e sui servizi presenti nel territorio, al
fine di consentirne l’utilizzo appropriato da parte degli utenti, e un primo orientamento.
L’operatore di primo livello, dai dati raccolti durante il colloquio, valuterà la natura del bisogno
espresso dall’utente, distinguendolo in bisogno semplice, la cui soluzione troverà risposta nei
servizi di competenza dislocati nel territorio, oppure, in bisogno complesso, la cui soluzione troverà
risposta nell’integrazione tra i servizi sociali e sanitari.
Nel caso in cui l’operatore di primo livello (Front Office) risolva il problema o risponda
direttamente alla richiesta, registra comunque le informazioni sulla scheda standardizzata e le
trasmette al secondo livello di competenza territoriale (Back Office) per tenere traccia
dell’intervento.
L’operatore di primo livello individuato il bisogno complesso, provvederà alla compilazione di
un’apposita scheda di contatto e il modulo d’autorizzazione al trattamento dei dati personali, la
quale verrà tempestivamente inviata (fax, mail o altro) alla sede PUA di secondo livello di
competenza territoriale (Back Office). Quando sia necessario trasferire ulteriori informazioni, non
contenute nella scheda di segnalazione, l’operatore di primo livello dovrà contattare
telefonicamente l’Assistente Sociale del PUA di secondo livello (Back Office).
In caso di bisogno complesso, sarà cura dell’operatore di primo livello informare l’utente sull’iter
procedimentale che verrà seguito per la presa in carico della richiesta.
125
Per accelerare la procedura, nel caso di utenti già conosciuti al Servizio Comunale o alla ASL, è
possibile procedere direttamente, soprattutto nei casi di richieste per Progetti “ritornare a casa” o di
rivalutazioni, senza attivare il II livello.
II Livello: Pre valutazione, avvio della presa in carico, identificazione dei percorsi assistenziali
e attivazione dei servizi (Funzioni Back Office)
Per ottemperare alle funzioni previste in questa fase, è necessario l’intervento di tutte le figure
professionali presenti nella rete (MMG, Medico Distrettuale, Ass. Sociale, Psicologo, etc.) che, in
base alle competenze adeguate al singolo caso effettueranno la lettura e la decodifica del bisogno
complesso, al fine di garantire la presa in carico globale della persona da parte dell’équipe
multidisciplinare.
In questo modello svolge un ruolo fondamentale, proprio al fine di interagire con la rete,
l’Assistente Sociale propria del II livello, del PUA che svolge i seguenti compiti :
- Ricezione della scheda di contatto, proveniente dal I livello ;
- Creazione di apposita “cartella” individuale;
- Trasmissione della scheda di segnalazione alla sede PUA sita nel Distretto Sociosanitario,
affinché si provveda alla registrazione del caso nella banca dati;
- Attivazione dell’indagine sociale sul caso utilizzando gli strumenti tipici della professione,
provvedendo non solo all’analisi del bisogno espresso, ma studiando e analizzando le risorse
presenti e/o potenziali del nucleo familiare e della rete sociale, le risorse presenti nel
territorio (o extra ambito) istituzionali e non;
- Eventuale attivazione dell’Intervento dello Psicologo, il quale con l’attività di couseling,
supporterà la famiglia nella decodifica del bisogno e nella valorizzazione delle risorse
presenti. Tale supporto potrà essere richiesto anche nei casi di improvvisi eventi invalidanti
che influiscono sugli equilibri individuali e familiari, con importanti mutamenti di ruoli e
dei rapporti familiari e sociali. Lo psicologo e l’Assistente Sociale opereranno in modo
integrato e coordinato, al fine di offrire all’UVT una diagnosi psicosociale utile alla
predisposizione del Piano Personalizzato d’intervento.
- Raccolta della documentazione sociale e sanitaria, da inserire nella cartella individuale, sulla
base di quanto previsto nell’apposito modulo di “check list”, relativa al caso preso in carico;
- Contatti con il Medico Distrettuale ASL per il completamento delle informazioni sanitarie
(scheda di valutazione multidimensionale e relazioni sanitarie compilata dal Medico di
Medicina Generale dell’utente );
- Compilazione della scheda di prevalutazione, nella quale verranno riportate le informazioni
relative al bisogno rilevato, alle azioni intraprese, ai soggetti coinvolti, etc.;
- Conclusione dell’istruttoria, con invio all’Unita di Valutazione Territoriale e all’operatore
sociale del Comune di residenza dell’utente circa le risultanze dell’indagine effettuata per
l’effettuazione dell’UVT integrata .
In questa fase il medico del Distretto si occuperà di coinvolgere tutte le figure professionali
sanitarie (MMG, eventuali specialisti,etc) al fine di garantire una valutazione sociosanitaria globale
del caso.
Terminata la fase di prevalutazione, il caso dettagliatamente analizzato dalle singole figure
professionali, verrà portato all’attenzione dell’Unita di Valutazione Territoriale che, sulla base
dell’indagine effettuata dall’equipè del PUA, provvederà alla predisposizione del Progetto
Personalizzato, contenente interventi sociali e sanitari integrati, e attuerà periodiche rivalutazioni
dei risultati perseguiti.
L’UVT effettua una valutazione Multidimensionale del bisogno dell’utente, utilizzando una
metodologia standardizzata e omogenea su tutto il territorio distrettuale, attraverso l’utilizzo di uno
strumento univocamente definito.
126
La parte amministrativa del Distretto sociosanitario, sarà responsabile della calendarizzazione delle
UVT , in base alle segnalazioni pervenute dalla rete e dal rispetto dei tempi richiesti per ogni
singolo caso.
I vari interventi e le valutazioni professionali verranno raccolte, insieme alla cartella individuale nel
fascicolo dell’utente e andranno curate a carico del Distretto .
III Livello : Monitoraggio e valutazione (Funzioni Back Office):
In cui si provvederà a realizzarre le seguenti funzioni:
- monitoraggio e valutazione dei percorsi attivati e delle procedure operative per l’accesso alle
prestazioni e ai percorsi assistenziali.
- aggiornamento della mappa dei servizi e delle risorse del territorio.
Art. 4 – SEDI DEL PUA TERRITORIALE
I livello :
Sede del Distretto sanitario della Asl di Rieti, sito a __________________, con orario di
apertura dal __________ al ________ dalle ore ____ alle ore ____;
Sede dei Servizi Sociali Professionali dei Comuni del Distretto , con orario di apertura dal
__________ al ________ dalle ore ____ alle ore ____.
II livello:
ha sede presso i Comuni di:
Rieti: che avrà in carico i cittadini residenti nei Comuni di Rieti e gli utenti ricoverati c/o
l’Ospedale _________, , con orario di apertura dal __________ al ________ dalle ore ____ alle
ore ____;
_____: che avrà in carico i cittadini residenti nei Comuni di ____________ , con orario di
apertura dal __________ al ________ dalle ore ____ alle ore ____;
______: che avrà in carico i cittadini residenti nei Comuni di ____________, , con orario di
apertura dal __________ al ________ dalle ore ____ alle ore ____.
Sede del Distretto sanitario della Asl di Rieti, sito a ___________________________, , con
orario di apertura dal __________ al ________ dalle ore ____ alle ore ____.
Art. 5 – TEMPISTICA DI ATTIVAZIONE DELLA RISPOSTA
Per quanto riguarda i tempi di risposta alle domande dell’utenza si prevedono i seguenti:
I Livello: Accoglienza-Segnalazione: giorni _____
II Livello: Registrazione dell’utente, indagine sociosanitaria, prevalutazione giorni _____
III Livello : Presa in carico e ipotesi di intervento, affidamento e collegamento con UVT giorni
_____
Art. 6 – INDIVIDUAZIONE DEL RESPONSABILE DEL PUA TERRITORIALE E SUOI
COMPITI
È previsto che ogni PUA abbia un referente responsabile cui l’utenza possa rivolgere le proprie
istanze.
I suoi compiti sono quelli di coordinare e monitorare l’adempimento delle funzione del PUA,
secondo le procedure, i tempi e le modalità esplicative previste nel presente regolamento.
127
Progetti non rientranti nel budget di distretto ma che meriterebbero di essere
finanziati visto l’alto valore per il territorio
128
PARTE QUARTA
PROSPETTO RIEPILOGATIVO PROGETTI FINANZIABILI
ANNO 2011
(D.G.R. 202/2011 e 307/2011)
Budget Assegnato (DGR 307/2011)
Fondo Emergenze piccoli Comuni (LR.6/04)
Legge 309/90 (Tossicodipendenza)
Affido Familiare
Non Autosufficienza
Soggiorni estivi e week-end di sollievo
in luoghi di villeggiatura per disabili in
età evolutiva e adulti
Totale
1 Ufficio di Piano3
10
11
12
13
14
Case alloggio Dis. Psichici
Centro riabilitativo Spinacceto
ADI persone non autosufficienti
Segretariato sociale
Progetto Legge 285/974
Progetto Legge 162/985
Ippoterapia
L. 286/98 Immigrati
TOTALE PARZIALE
Minipiano emergenze
Piccoli Comuni
Fondo L. 309/90
Affido Familiare
Non Autosufficienza6
Soggiorni estivi e
week-end di sollievo in luoghi
di villeggiatura per disabili in
età evolutiva e adulti
TOTALE
1.151.253,30
384.006,15
48.469,00
81.228,00
0,00
€
€
4.075,00
1.669.031,45
Importo
Compartecipazione Totale
Finanziato
76.000,00
0,00
76.000,00
Progetto
2
3
4
5
6
7
8
9
€
€
€
€
€
193.923,64
76.800,00
338.127,57
202.725,85
103.612,80
124.000,00
25.000,00
11.063,44
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
20.000,00
384.006,15
0,00
1.151.253,30
193.923,64
76.800,00
338.127,57
202.725,85
103.612,80
124.000,00
25.000,00
11.063,44
20.000,00 1.171.253,30
384.006,15
48.469,00
81.228,00
0,00
48.469,00
81.228,00
0,00
4.075,00
4.075,00
1.669.031,45
20.000,00 1.689.031,45
3
Quota non superiore all’8% del budget assegnato dalla Regione Lazio pari a € 1.151.253,30 (DGR 965/2009) – La
quota è comprensiva del Forum Assessorati.
4
Quota non inferiore al 9% del budget di cui alla DGR 307/2011 pari a € 1.151.253,30.
5
Quota non inferiore al 5% del budget di cui alla DGR 307/2011 pari a € 1.151.253,30.
6
Quota che non deve essere inferiore al 15% del budget di cui alla DGR 307/2011 pari a € 1.151.253,30. Il Fondo “Non
Autosufficenza” non risulta finanziato per l’anno 2011.
129
Indirizzo sede operativa dell’Ufficio di Piano :
c/o Servizi Sociali
del Comune di Rieti
V.le Matteucci, 82
02100 Rieti
Numero telefonico:
0746/287243 - 287275
Numero fax:
0746/498566
Indirizzo E-Mail:
[email protected]
Nominativo coordinatore:
Dr. Luca FALCONI
c/o Settore Amministrativo
del Comune di Leonessa
Piazza VII Aprile
02016 Leonessa (RI)
Numero telefonico:
0746/923212
Numero fax:
0746/923219
Indirizzo E-Mail:
[email protected]
130
ALLEGATI AL PIANO DI ZONA. ACCORDO DI PROGRAMMA,
VERBALE DELL’ASSEMBLEA DEI SINDACI DI APPROVAZIONE DEL
PIANO DI ZONA E DELL’ACCORDO DI PROGRAMMA, VERBALI DELLE
RIUNIONI CON IL TERZO SETTORE E DELLA CONCERTAZIONE CON I
SINDACATI
131
ACCORDO DI PROGRAMMA
L’Accordo di programma vigente si intende valido anche per l’attuazione del piano di
zona relativo all’anno 2011. Per quanto riguarda le sub aree, nel rispetto di quanto
stabilito dalla Regione Lazio, le stesse sono abolite (così come comunicato alla
Regione Lazio in data 01/08/2011 con lettera raccomandata, prot. n. 41036), restando
in capo al Comune Capofila tutto l’iter procedurale per la stesura, attivazione,
prosecuzione ecc. dei relativi progetti contenuti nel Piano di Zona, ivi compresi i
bandi per l’appalto dei servizi.
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