Nascita, sviluppo, fine di un “organo di comunicazione interna”

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Nascita, sviluppo, fine di un “organo di comunicazione interna”
Il NIA (Notiziario Interno Agip)
Nascita, sviluppo, fine di un “organo di comunicazione interna”
“Nella storia di una grande azienda ci sono degli angolini di storia anche fuori dal “core business”.
GENESI
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Condizionamenti personali.
Mi ero dimesso dalla Presidenza del Consiglio di Amministrazione Nazionale del Fondo Sociale ENI e
lasciata la supervisione dei 5 CdA Aziendali derivati del Contratto di Lavoro Nazionale Energia ENI; il
movimento sindacale aveva deciso una modalità di conduzione del FS che non condividevo più, e che
non ero quindi più in grado di interpretare.
Cercavo, dopo 5 anni di “pseudo distacco sindacale”, una ricollocazione piena nei ranghi aziendali;
disposto ovviamente a tornare nella mia qualifica di “Geofisico”, ma senza un particolare entusiasmo.
Quindi .... “passavo di lì”.
Il D.G. del personale, (il Dr Zaccherini) mi aveva conosciuto e osservato al lavoro durante i diversi
contatti e incontri tra la Pres. Naz. FS e i diversi D.G. del personale delle varie Aziende “energia” del
Gruppo; durante i 5 anni di servizio avevo comunque frequentato diversi stage su temi del lavoro e due
sulla “comunicazione” nel mondo del lavoro.
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La proposta.
Più o meno il discorso fu il seguente.
Abbiamo una carenza-problema: Una scarsissima circolazione d’informazione; specialmente con i
moltissimi colleghi sparsi all’estero e con i nostri non petrolio (minerario, nucleare, fotovoltaico).
Sarebbe necessario trovare un modo per migliorare la “comunicazione interna” al Gruppo Agip; attivare cioè una modalità per rendere più vicine le persone. Però non ci serve un classico “house organ”;
non uno strumento d’immagine verso l’esterno, che comunque non sarebbe di competenza della Dir.
Gen. del personale; bensì qualcosa diretto solo ai dipendenti; con un’imposizione drastica e tassativa:
“senza lasciarsi trascinare a tirare cordate a qualcuno”.
Vuole tentare? Le do un paio di mesi per farmi una proposta.
Accettai, avanzando due condizioni: Volevo essere sempre certo del “a chi fare riferimento”, e, se
fallivo, che mi trovasse comunque un’altra collocazione concreta (non un posto scaldascaranna! Ma un
lavoro vero e proprio).
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La preparazione
Cominciai ritagliandomi uno spazio fisico con una barriera di mobili in un capannone dismesso, mi
venne affidata “una ragazza” per la macchina da scrivere e il telefono.
Scoprii che esisteva in Italia una libera Associazione della Stampa Interna Aziendale (a Torino); portai a casa molta documentazione. In breve raccolsi le pubblicazioni aziendali di tutt’Italia, che poi estesi
al mondo petrolifero internazionale. Analizzai 108 (cento otto) strumenti d’informazione mirata. Cioè
analizzai “cosa e come facevano gli altri”.
Feci un’indagine, per verificare cosa veniva già pubblicato all’interno: Ordini di servizio, Comunicazioni interne (ufficiali), gli stati d’avanzamento del programma dei pozzi, le rassegne stampa dell’Eni,
qualcosa nelle bacheche. Comunque tutto a circolazione molto limitata, protetta, mirata, se non riserIl NIA (Notiziario Interno Agip) - RomM
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vata; documenti che, tra l’altro, codificavano nei fatti anche una sorta di gerarchia tra chi riceveva
informazione e chi ne era escluso.
Mi resi conto che il Gruppo Agip aveva il personale sparso in modo molto complesso: La sede, quattro grosse concentrazioni e una decina di piccoli gruppi di lavoro in Italia; 35 unità all’estero. La gente
si muoveva con frequenza, al punto che non esisteva un indirizzario unico; anche gli stipendi avevano
diverse modalità di indirizzo, spesso non coincidenti con le residenze o le abitazioni.
Preparai una “flow chart” che analizzava tutte le condizioni cui poteva soggiacere un organo di informazione adatto a tali condizioni reali: a chi rivolgerlo, i limiti, la frequenza, il budget, come e dove
spedirlo, chi fosse autorizzato a scrivere, chi l’avrebbe controllato, chi responsabile legale, quanti addetti, ecc, ecc. Poi i contenuti, quali e quanti, quanto approfonditi, a favore o contro chi o che cosa, ecc.
Allegai un appunto dove facevo presente che, data la situazione, per modificare la strategia di comunicazione sarebbe stata indispensabile uno sforzo collaborativo di tutta la struttura di governo
dell’Azienda, ma specialmente una modifica dell’atteggiamento di estrema, inutile, dannosa “riservatezza” in uso in certo funzionariato aziendale, elaborata e mutuata da vecchi schemi burocratici; “brutalmente”, era necessario tentare di demolire uno dei punti di forza di molti micro-personaggi che in
Azienda applicavano un criterio tipo: “intanto che lo so solo io, vedrai che passano da me!” Sostanzialmente il motivo per cui non circolava informazione!
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L’inizio
Dopo alcune riunioni di approfondimento, venne deciso di fare un tentativo, sperimentale, con un
Numero Zero, che avrebbe dovuto saggiare l’accettazione, i consensi, l’organizzazione; oppure verificare la impossibilità o la inutilità di impegnarsi in uno strumento del genere.
In particolare, venne stabilita “la linea” di conduzione, larghissima nei metodi e negli approcci,
strettissima nei contenuti e nella sostanza. Anticipando, dirò che dopo la 3° uscita, si consolidò su
queste istruzioni: “Vada dove vuole, apra tutte le porte ermetiche, eviti le provocazioni, scriva ciò che
crede giusto, poi passi di qui e non si arrabbi se butto via qualcosa. (Non ha mai buttato via nulla!);
frequenza di pubblicazione “quando le 24 pagine previste sono piene”.
Puntammo essenzialmente sui contenuti, trascurando e quasi disprezzando la grafica. Non dovevamo farci belli con nessuno! La “chiave” venne dai colleghi, tramite le risposte alla domanda “Cosa ti
piacerebbe sapere dell’Azienda (più di quanto già tu non sappia)?”.
Il primo n°, lo zero, vide la luce il 15/6/81, con la speranza-impegno di uscire almeno ogni due mesi;
consolati e sostenuti da una lettera del Pres. Agip, ing. Cimino, che sposò il rischio di sponsorizzare
un’avventura che poteva essere chiusa in pochi numeri! Si fidò del D.G. del Personale. Allegata al n° zero collocammo una scheda, da compilare a discrezione, chiusa, anonima, da ritornare per posta interna,
contenente domande sull’utilità o meno dell’iniziativa.
Partimmo con una caccia furiosa agli indirizzari dei colleghi: 7-8 fonti diverse; specialmente difficili
nel minerario, nel nucleare, nel fotovoltaico, e nei contratti estero. Tutto scritto con la macchina elettrica “a pallina” e carattere “micron”; 3500 fotocopie pinzate nell’angolo in alto, tutte spedite per posta,
e all’interno come le buste stipendio.
Raccogliemmo e analizzammo circa 800 schede di ritorno, quasi tutte non anonime, un test più che
solido, nessun sfottò. Registrammo straordinari livelli di consenso e almeno tre serie opposizioni: una
“pesantissima“, ma lealmente e apertamente espressa, (proveniente da le “relazioni esterne”, che temevano invasioni di ruolo); altre due più “sfumate”, … basate su perplessità (sostanzialmente i “bloccatori di informazione” e i “non divulgatori”, che ho citato).
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Lo slogan risolutivo fu una nota che apparve su di una scheda anonima: “stampalo, anche su carta da
pacchi, ma mandamelo” (il contrario cioè dello schema dominante in molti “media”, aziendali che era
ed è: Bella impaginazione; bella carta; bravi scrittori; … scarso aiuto al cambiamento.
Per aprire le porte … una lettera del D.G. del Personale, formato ridotto, plastificata, da tenere in tasca: Un vero e proprio “pass” che presentava e chiariva il ruolo e lo scopo dell’intervento, (avrebbe potuto sembrare quasi un’ispezione); stabiliva, sollevava e richiamava sul D.G. le responsabilità, chiedeva
la massima apertura informativa e collaborazione (del resto, come si sarebbe potuto scrivere su qualcosa o su qualcuno “senza aver ben capito” le situazioni, in dettaglio!)
Poi arrivò il Mac, un “Quadra”, (un Apple, l’unico in azienda!) il meglio che c’era allora, ed un programma di impaginazione professionale, il QxP (QuarkXPress); poi venne aggiunto un collega e successivamente un secondo, un’altra addetta di segreteria, successivamente alternata con una persona di
scuola grafica.
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Lo sviluppo
Per i primi undici anni (88 ni invece dei 66 programmati), durante la mia gestione, introducemmo
pochissime varianti grafiche: i primi 13 numeri in ciclostile, testo su una sola facciata, pinzati in alto,
un po’ di colore solo in copertina, per distinguerli tra di loro; dal 14° al 38° divenne un quadernetto in
A4, con le copertine a colori lucide con foto, interno sempre “macchina da scrivere”; dal 45° passammo
alle tecnologie tipografiche e al “outsourcing” per la stampa e le spedizioni, nuova copertina, foto e colore anche all’interno; dal 61° fummo costretti ad una modifica nel “logo” che ci venne imposta dai funzionari della Magistratura di registrazione.
In tutto questo tempo però rimanemmo concentrati solo sui contenuti e su un programma che aveva come slogan “pian piano li incontriamo tutti!”: in 11 anni, 39 missioni all’estero, numerose in
Italia, più le numerose dei colleghi (schema di missione 5-6 gg di lavoro, 1 gg di riposo da turista, non
un’ora di straordinario, i viaggi lunghi in businnes-class).
Le difficoltà furono: “dedurre sempre le situazioni reali”, anche le più delicate; filtrare e detergere
da personalismi o eventuali spunti polemici, o da critiche offensive verso i partner e i Paesi ospiti; proporre “solamente delle verità” (in qualche caso, purtroppo, “non tutta”); evitare comunque pesanti mascherature; lasciare trasparire la sensazione delle fatiche (in molti luoghi notevoli), dei disagi (tanti),
ma anche della passione (veramente molta) con cui si lavorava in luoghi poco confortevoli, a volte pericolosi.
Il tutto da proporre al Management di riferimento e al DG. Se tutto quadrava veniva l’OK.
Sistematicamente venivano cancellati tutti i nomi dei colleghi che tentavamo di citare come particolarmente disponibili a collaborare con la Redazione: “è loro dovere e basta!” era la precisa logica.
Fin dall’inizio, tutto doveva essere scritto solo dalla Redazione (non erano previste collaborazioni,
proprio per una questione di equilibrio tra le strutture aziendali “potenti”, che già potevano facilmente
“scriversi addosso”, e quelle più deboli e periferiche che non avevano modo di “apparire”).
Momenti straordinariamente gratificanti moltissimi. Alcuni: La rarissima opportunità di poter visionare gli incunaboli segreti del monastero di S. Caterina, nel Sinai (un collega aveva trovato uno della
Saipem con un fratello frate nel monastero); I cappelletti romagnoli gustati nel più profondo bush della
Nigeria, tra i coccodrilli, con le scuse del cuoco perché erano “sbiaditi”; le galline nigeriane facevano i
tuorli molto chiari, non conoscevano il frumentone). 3 o 4 difficili: In Cina, all’interno, fuori dalle nostre
basi; in Corea su un mini-taxi-elicottero; nel Borneo per cercare una cerimonia religiosa cristiana in un
giorno di festa. 2 veramente pericolose: In Libia, otto gg dopo i missili su Lampedusa; L’arresto che subii a Pointe Noire, perché “sorpreso” tra la folla, col taccuino degli appunti in mano durante il passaggio
del Presidente (avrei potuto essere uno della CIA sotto copertura Agip !). Tutte comunque finite bene,
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grazie alla dedizione, iniziativa e collaborazione dei colleghi ai quali mi appoggiavo. Quindi, …. Gratitudine, tanta.
Col n° 88, Giugno ’92, eravamo a 7200 copie in italiano, 3700 in inglese, 700 in francese, con
l’apertura consolidata a collaborazioni esterne alla Redazione.
Dopo di me, col n° 100 fece un enorme salto di qualità: carta, grafica, collaborazioni, foto di dirigenti,
ecc. Dal 117, ulteriore nuova grafica, carta pesantissima, intervento di artisti esterni, 9000 copie bilingui, in emulazione con i più quotati “house organ” delle imprese petrolifere mondiali.
Poi, venne l’ENI SpA – Divisione Agip, 7500 copie monolingua; dal ’97 venne riregistrato non più Agip, ma ENI; con il n° 135 passò definitivamente a Roma, all’ENI-Coordinamento editoriale. Col n° 138,
marzo 2002, venne definitivamente chiuso.
R.M. (revis. Febb 2015)
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